lunedì 20 novembre 2017

"Caso" Galilei

(di    Mauro Faverzani) 

Il cosiddetto “caso Galilei” torna a far parlare di sé dopo l’articolo del giornalista Paul Badde pubblicato sul quotidiano tedesco Welt” e ripreso lo scorso 3 novembre dall’agenzia Kreuz.net. Articolo, che capovolge e stravolge la “vulgata” sull’argomento, sostenendo come dar torto alla Chiesa sia oggettivamente impossibile. Per due motivi: «Innanzi tutto – scrive Badde – perché Galilei è divenuto a lungo un mito, senza che ve ne fosse un motivo reale. In secondo luogo, perché in questo processo fu l’Inquisizione ad aver ragione e non il contrario».

Il giornalista fa notare come oggi in questa faccenda siano paradossalmente gli stessi intellettuali atei e “mangiapreti” a dar man forte alla Chiesa, dal filosofo marxista Ernst Bloch fino allo scettico agnostico Paul Feyerabend, che nel 1976 scrisse nel suo saggio Contro il metodo obbligato (traduzione più fedele al titolo originale tedesco rispetto alla resa italiana, più semplicistica, “Contro il metodo”– NdA): «La Chiesa nel caso Galilei si attenne alla ragione molto più di quanto fece Galilei stesso, poiché tenne in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali derivanti dagli insegnamenti dello scienziato. Il verdetto fu razionale e giusto e la sua revisione fu dettata soltanto da logiche di opportunismo politico». È, questo, un passo poco noto e di raro citato testualmente, benché risulti paradigmatico. E che fa il paio con quello scritto da Rino Cammilleri nella sua rubrica “L’antidoto” il 15 gennaio 2008, allorché fece notare come non fosse stata «la Chiesa a metter bocca nella scienza, ma Galileo a voler fare il teologo».
Senza addentrarsi nello specifico, poiché materia già trattata – e con rigore scientifico – in altra sede, val la pena solo ricordare come la “condanna” fosse consistita, in realtà, soltanto nella recita dei sette salmi penitenziali ogni settimana per tre anni, compito oltre tutto che l’imputato – col consenso della Chiesa – delegò volentieri alla figlia monaca, Suor Maria Celeste. Niente carcere, dunque, niente torture, niente isolamento, niente censure, tanto che l’opera ritenuta il suo capolavoro scientifico, Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, uscì cinque anni dopo la sentenza.
La verità sta nelle parole del medievista francese, Leo Moulin, che nel suo libro L’Inquisizione sotto l’Inquisizione dichiarò: «Date retta a me, vecchio incredulo che se ne intende: il capolavoro della propaganda anti-cristiana è l’essere riusciti a creare nei cristiani, nei cattolici soprattutto, una cattiva coscienza. A furia di insistere, dalla Riforma ad oggi, ce l’hanno fatta a convincervi di essere i responsabili di tutti o quasi i mali del mondo. Vi hanno paralizzato nell’autocritica masochista. E voi, così spesso ignoranti del vostro passato, avete finito per crederci. Invece io, agnostico ma storico che cerca di essere oggettivo, vi dico che dovete reagire, in nome della Verità. Spesso, infatti, non è vero. E se qualcosa di vero vi fosse, è anche vero che, in un bilancio di venti secoli di Cristianesimo, le luci prevalgono di gran lunga sulle ombre». Che debbano essere i laicisti ed i non credenti a convincere i Cattolici, è il colmo…


domenica 19 novembre 2017

Procombenti

SIAMO IN GUERRA



di Aldo Grandi
mercoledì, 15 novembre 2017
Non è una esagerazione né, tantomeno, una boutade. Siamo in guerra, una guerra non dichiarata, subdola, strisciante, un conflitto dove non si sparano, fortunatamente, colpi di cannone, di fucile o di pistola, ma qualcosa che, sia pure senza ferire a morte, fa molto male, ma, soprattutto, distrugge forse anche di più perché pur lasciando in vita, finisce per minare, smembrare, devastare, annientare ogni capacità di resistenza dell’individuo.
Loro hanno deciso. I signori del Nuovo Ordine Mondiale, i colletti bianchi inamidati giacca e cravatta, i servi di quel sistema che un giorno volevano abbattere e nel quale, adesso, sono immersi fino all’ultimo dei pochi capelli rimasti, vogliono ridurre all’uniformità l’intero genere umano sotto la bandiera di una eguaglianza fittizia prodotto dell’annientamento sistematico e pianificato di ogni differenza.
Ci uccidono giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno e per farci digerire meglio il nostri funerale ci infliggono, complice una casta di giornalisti e intellettuali prezzolati e pagati per la loro obbedienza assoluta, i sensi di colpa più disparati al fine di farci sentire non solo peggiori, ma anche peccatori senza speranza, esseri umani mortificati nel loro desiderio di sentirsi sovrani laddove la stessa Costituzione, ormai bollita, assegna loro questa prerogativa. Nelle aule di (in)giustizia, in Tv, sui giornali, nell’Ideologia imperante madre del Pensiero Unico Dominante chi non si adegua, chi non si fa ombra di se stesso, chi non si rende conforme, chi, soprattutto, rivendica il proprio diritto a scegliere, è un alieno, un uomo senza qualità, uno zombie privo di ogni capacità relazionale e per questo non in grado di essere accettato dai dispensatori di carte e tarocchi che pretendono di governare l’Umanità.
Siamo in guerra, una guerra dove la faccia fasulla e ipocrita di chi pretende di insegnare e detenere la verità assoluta affonda i suoi colpi a forza di mistificazioni, bugie, tradimenti, truffe linguistiche, contaminazioni razziali e antropologiche degne del miglior Victor Frankestein, mostruosa creatura sorta dal genio malato di un umano e sulla falsariga, nel secolo diciannovesimo, degli esperimenti sull’assemblamento di parti di cadaveri portati avanti dal più vecchio dei Darwin, Erasmus, nonno di Charles, il padre della teoria evoluzionista della specie.
Ci vogliono uccidere nelle poche certezze che abbiamo, annientando l’unica cosa senza la quale un essere umano altro non è se non un ammasso di pelle e ossa: l’Identità.
Cercano in tutti i modi di compiere questo genocidio provando a farci comprendere che la trasgressione è la normalità, che persino l’identità sessuale, la più antica, la più evidente e la più, antropologicamente parlando, fondamentale, altro non è se non una impressione che può essere cambiata a proprio piacimento, in nome di una tendenza che annienta ogni differenza in nome di una massificazione senza senso e senza corrispondenza con la natura.
Ma non basta. Sanno che un uomo senza radici è come un fiore reciso o una pianta ficcata in un vaso, senza alcun legame con chi o cosa l’ha generata. E allora si sforzano in ogni modo di sradicare l’essere umano dal proprio terreno, intensificano i tentativi per fargli accettare che l’uomo non è cittadino della propria terra e padrone della propria anima, bensì cittadino di un mondo dove le anime vagano in cerca di un posto sicuro che non esiste più e che non troveranno mai se non nell’annientamento di ogni volontà e di ogni autonomia di pensiero, pronti soltanto a consumare ciò che il sistema proporrà loro.
E allora questi bastardi senza gloria e senza dignità importano a milioni esseri umani di altre galassie per riempire i sacchi della loro assurda ignoranza e della loro smisurata presunzione. Vogliono creare, al pari di Hitler e dei suoi seguaci, di Stalin, Lenin e di tutti coloro che non hanno mai accettato l’uomo così com’è, ma come avrebbero voluto fosse, l’Uomo Nuovo, fatto su misura, creato a tavolino, incapace di avere bisogni se non quelli dettati da coloro che detengono il potere, automi governabili a piacimento, una massa amorfa e modellabile ancora più facilmente di sempre proprio perché senza identità e senza radici.
Ecco perché cancellano i confini, odiano la geografia, deportano migranti, impongono religioni e modelli di comportamento, stabiliscono nuove regole e si ritirano, per studiarle e applicarle, nei loro Transatlantici e nelle loro torri d’avorio protetti dai servi più o meno sciocchiche credono, così, di poter sopravvivere all’Estinzione senza rendersi conto che ritardano soltanto la loro morte.
E per prima cosa ammazzano il linguaggio, lo massacrano, lo deformano mascherando questa impietosa carneficina linguistica con lo sviluppo del progresso e la parità di genere quando l’unico genere che creano è un indistinto replicante senza passato e senza futuro. Questo è il mondo dove stiamo andando e le responsabilità sono tutte in chi crede di poter modellare l’uomo come se fosse una pallina di pongo o di Das, in una classe politica di Sinistra inquinata e recalcitrante ad ogni sentimento ed emozione, tradizione e appartenenza, e in una Chiesa cattolica che, invece di occuparsi del sacro, è scesa sul terreno del profano assumendo le sembianze di un ente benefico che piace tanto alla Sinistra perché, sostanzialmente, fa quello che piace a lei.
La parola di dio non è la parola di B alias papa F. E la parola di chi vuole ucciderci niente vale al cospetto della nostra capacità di non cedere, di non mollare, di essere pronti a combattere ogni giorno, ogni mattina, dal risveglio all’addormentarsi, una guerra senza confini, pronti a non fare cedimenti, a non accettare compromessi, a cercare in tutti i modi di trasmettere ai nostri e vostri figli ciò che i nostri avi, pur con tutti i problemi e difetti, hanno trasmesso a noi.
Arriva, fatale, un momento, nella vita di ognuno, in cui se non sarà lui ad occuparsi della politica, fatalmente sarà la politica ad occuparsi di lui. E di noi. Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo permetterglielo.

sabato 18 novembre 2017

Tutta la preziosità del dono che Gesù vi ha fatto


Dongo (Como), primo aprile 1988. 
Venerdì Santo

Ecco tua Madre

«Figli prediletti, accogliete oggi il dono supremo di mio figlio Gesù che sta per morire sulla Croce.

Ecco tua Madre.
In questo momento Io mi trovo sotto la sua Croce, trapassata da una spada di dolore. 
Ho visto mio Figlio salire l'erta del Calvario, schiacciato sotto il peso della Croce; il capo ferito dalla corona di spine; il corpo ridotto dalla flagellazione tutto una piaga; il volto sfigurato dal sangue e dal dolore; i suoi occhi velati dal pianto; il suo Cuore oppresso dal peso della ingratitudine e della mancanza di amore.
Ho sentito i colpi dei chiodi che gli hanno trapassato le mani ed i piedi; il forte urto della Croce nel terreno che lo ha fatto trasalire di dolore; i gemiti del suo corpo crocifisso nelle ultime ore della sua sanguinosa agonia.
Ora sono sotto la Croce e sono schiacciata sotto il peso delle bestemmie e delle urla di odio e di cattiveria disumana di coloro che assistono alla sua esecuzione.
Raccolgo nel calice materno del mio Cuore Immacolato ogni goccia del suo patire, la sua grande sete, il perdono al ladrone pentito, la preghiera per coloro che lo crocifiggono, il sentirsi abbandonato anche da Dio, il suo gesto di filiale affidamento al Volere del Padre.
Ma qualche istante prima che il Suo Cuore divino si chiuda alla vita terrena, si apre al suo ultimo dono: Ecco tua Madre.
Così sono diventata Madre di tutta l'umanità redenta da mio Figlio.
Sono vera Madre di tutti voi.
Il sepolcro nuovo, che lo accoglie ormai morto, si trasforma nella culla in cui tutti voi nascete alla vita.
Ricevete con amore questo suo ultimo dono, figli prediletti, perché, accanto alla culla in cui voi siete rinati, vi è la presenza della Madre che Gesù vi ha donato.

Accoglietemi nella vostra vita, perché vi possa aiutare a percorrere lo stesso cammino, su cui Gesù vi ha preceduto.

Apritemi le porte della vostra casa sacerdotale, perché possa abbellirla ed ornarla di santità e di purezza.

Vivete assieme a Me ogni giorno, per essere confortati nel portare la vostra Croce e nel seguire Gesù fino al Calvario.

Lasciatevi formare da Me, se volete che la vostra vita sacerdotale venga profumata dal fiorire di tutte le virtù.
Nel venerdì santo di questo anno mariano, comprendete tutta la preziosità del dono che Gesù vi ha fatto, quando si è aperto a dirvi quelle parole che non dovete dimenticare mai più: ECCO TUA MADRE.
E vivete sempre nella riconoscenza a Gesù per avervi fatto questo suo ultimo dono».

AMDG et BVM

GALILEO GALILEI...

...AVEVA TORTO O RAGIONE?

e Crombette ci dà una mano

...
pag145 Fortunatamente, ...è facile cercare da dove è venuta la Relatività e analizzare le sue basi scientifiche. Questa inchiesta alla quale le circostanze mi hanno portato in un modo del tutto naturale, mi ha permesso di fare al contempo tutto il processo dell'Astronomia moderna... Alla scuola laica, al liceo e al Politecnico, tutti i miei professori avevano acceso nella mia intelligenza l'amore per la verità scientifica basata sugli esperimenti, e devo dire che ancor'oggi tengo molto alto questo amore per la verità scientifica, giacché lo studio dell'universo è certamente un eccellente mezzo per arrivare alla verità. Ora, nel 1921, mentre mi trovavo a Londra, dopo lunghe assenze dalla Francia, si produsse l'offensiva relativista. Tutti possono ricordarsi con quale rapidità e con l'aiuto di quale chiassosa pubblicità Einstein divenne celebre. Articoli, conferenze, incoraggiamenti dalle società scientifiche, tutto fu messo in opera per volgarizzare in pochi mesi la Relatività. Stupito da tutto ciò che leggevo di assurdità e paradossi, ben sapendo che questo movimento non poteva essere nato dall'oggi al domani, cercai di informarmi il più velocemente possibile sulle cause e le origini di questa audace rivoluzione scientifica. Fu in un libro sulla Relatività, del politecnico Becquerel, che scoprii gli altarini. Tralasciando tutto l'apparato matematico di questo libro, tutte le sedicenti dimostrazioni rigorose delle peggiori assurdità, mi resi presto conto che ci doveva essere in queste teorie un grave errore di principio. Fu allora che lessi per la prima volta che esiste un esperimento che prova che la terra non si sposta. Ma ecco il modo in cui lo presenta Becquerel: «Q uesto studio ci condurrà al celebre esperimento col quale Michelson aveva pensato di mettere in evidenza il movimento della terra; vi troveremo, tra l'effetto previsto e il risultato sperimentale, una discordanza completa e cercheremo le cause profonde di questo disaccordo... Non si è mai ottenuto, nell'esperimento di Michelson, nessuno spostamento delle frange in nessuna epoca dell'anno. Tutto appare come se la terra fosse immobile. Il disaccordo tra l'esperimento e la teoria è brutale! » Documentandomi meglio appresi, non senza stupore, che questo esperimento, di cui i miei professori non avevano mai parlato, era stato fatto dallo scienziato Michelson a 145 - La terre ne bouge pas, Douriez-Bataille, Lilla, riedizione del 1934. 146 Chicago, fin dal 1880, e da lui ripetuto numerose volte fino al 1887. Ed è qui che richiamo con insistenza l'attenzione dei lettori. Dal 1880 al 1887, cioè oltre cinquant'anni fa, Michelson aveva cercato, con l'aiuto di un apparecchio studiato in modo molto logico, di svelare e misurare la velocità della terra attorno al sole. Il suo apparecchio aveva sempre risposto "velocità nulla". Logicamente, bisognava concluderne che la terra non gira; ma i maestri della scienza lasciarono questi esperimenti sotto il moggio. Perché non li hanno resi classici come tutti gli altri? Perché non li hanno divulgati? Perché sono stati nascosti ai professori e agli istruttori di allora? Avevano paura di rallentare lo zelo e di raffreddare l'entusiasmo dei tribuni e dei divulgatori che facevano allora a gara per distruggere le antiche credenze nelle masse popolari in nome dell'affare Galileo? E i miei lettori comprenderanno adesso tutta la gravità della questione..., intuiranno con che paziente risoluzione io ne ho scavato le profondità per dodici anni e come sono felice di annunciare... le irrefutabili dimostrazioni, basate su quattro esperimenti, di questa semplice verità: La terra non gira!» Plaisant dettaglia quindi il primo esperimento di Michelson, l'esperimento di Iena, il secondo esperimento di Michelson, quello della girandola elettrica e quello del gravimetro di cui abbiamo già parlato. In un terzo opuscolo146 egli scrive questa frase che può essere considerata come una conclusione: « Ho verificato, in un modo che non può lasciare alcun dubbio, che la Scienza classica moderna nasconde scientemente ai suoi allievi degli esperimenti la cui interpretazione immediata dimostra l'immobilità della terra, e che questa stessa Scienza autorizza i relativisti, che io comparo volentieri a degli estremisti dell'errore moderno, ad avvalersi di questi stessi esperimenti per affermare le loro assurdità e distruggere il buon senso.» Se ci poniamo dal solo punto di vista scientifico, possiamo riassumere come segue il sistema astronomico di Plaisant: egli riprende integralmente l'ipotesi di Tycho Brahè; fa dunque, da questo punto di vista, una netta marcia indietro in rapporto all'ipotesi di Galileo; ma al contempo raggiunge la teoria di Mach e di Einstein sul campo gravifico universale, ed in questo si trova, certo a sua insaputa, tra le truppe d'avanguardia. L'opinione di Plaisant cade dunque sotto il colpo dei due principali rimproveri che si possono fare all'ipotesi di Tycho Brahe, cioè: «Come l'immensità dell'universo, in cui la Via Lattea è, in ogni caso, estremamente lontana dalla terra, potrebbe fare un giro in 24 ore?» Plaisant può ben dirci che le stelle sono molto meno lontane di quanto non pretendano gli astronomi, sono comunque ben oltre gli ultimi pianeti di cui si conosce bene la distanza, il che le obbligherebbe a percorrere milioni di chilometri al secondo, velocità concepibile solo per dei movimenti ondulatori, ma incompatibile con una natura materiale. Ora, se gli astri sono luminosi, non lo sono perché sono luce pura, come suppone Plaisant, ma perché la materia di cui sono formati è portata all'incandescenza; l'analisi permette di riconoscervi la presenza di corpi terrestri e le meteoriti lo confermano. In secondo luogo, né Plaisant né Tycho-Brahe spiegano come la terra potrebbe restare in equilibrio al centro dell'universo essendo sprovvista di qualsiasi movimento. Plaisant ha ragione di dirci che serve un punto fisso a una geometria razionale; ma la geometria è un'astrazione mentre il mondo è concreto. Comparazione non è ragione, e un'affermazione richiede una dimostrazione. Si capisce benissimo che la luna deve girare attorno alla terra per non cadervi sopra; si vede meno come la terra potrebbe non cadere sul sole se non fosse essa stessa animata di un certo movimento. Plaisant ha un bel fare della terra il polo centrale cavo di un campo gravifico a poli asimmetrici, di cui il secondo è il cielo; la sua supposizione richiederebbe per la terra una massa capace di far equilibrio al resto dell'universo, concezione anormale e d'altronde incompatibile con l'idea di una  terra cava. Per di più, niente nella Bibbia, ispiratrice dei nostri due studiosi, richiede la non rotazione della terra su se stessa; noi al contrario abbiamo mostrato, con una traduzione stretta dei Libri Sacri, che essi menzionavano a più riprese questa rotazione. Quanto al campo gravifico universale di Plaisant, esso è esposto alle stesse obiezioni che noi abbiamo fatto a quello di Einstein. Il fatto che Plaisant sia partito da una concezione diversa da quella di Mach, non vi cambia niente se il risultato è lo stesso. La concezione che tutte le forze esterne a un pezzetto di rame farebbero equilibrio alle sue forze interne, lungi dallo spiegare il movimento, è tale da escluderlo poiché vi è equilibrio. Il grande merito di Plaisant, che non deve essere sottostimato, è di aver preso nettamente posizione contro il Relativismo, di averne denunciato gli effetti nefasti e di avergli opposto un saggio di teoria costruttiva. Citeremo ancora di lui, su quest'ultimo punto, i seguenti passaggi: «É risaputo come Nordmann cercò, nei suoi libri e nel Matin, di precipitare la marcia verso l'assurdità e l'agnosticismo dopo che "Tourne-t-elle?" ha convinto i massoni che una teoria seria era oggetto di un tentativo di ritorno alla verità dell'immobilità della terra che avrebbe rimesso in causa tutta la questione religiosa nelle masse popolari. Questo astronomo era senza dubbio stato avvisato che doveva aver luogo una conferenza pubblica su questo argomento, giacché nei quindici giorni che l'hanno preceduta, due articoli sono apparsi in prima colonna sul Matin con dei titoli sensazionali. Ed ecco la conclusione di uno dei due articoli: "Il processo di Galileo non è dunque stato, senza dubbio, che un gigantesco malinteso, nel quale Galileo e i suoi giudici dicevano la stessa cosa con dei linguaggi diversi. Essi ebbero dunque torto a condannarlo, poiché egli affermava gli stessi fatti, ma con altre parole". Avete capito bene: il processo di Galileo, un uomo davanti a dei giudici, la tortura di cui è implicitamente minacciato, il rogo che può domani consumarlo, tutto ciò è un semplice malinteso. Giudici e accusato dicevano la stessa cosa senza avvedersene! 

Interrompiamo la citazione per porre questa domanda: ma allora, quelli che per più di trecento anni hanno veementemente rimproverato alla Chiesa di aver sostenuto "i propri errori" contro "la verità" di Galileo, hanno dunque avuto torto, anch'essi, per la stessa ragione della Chiesa nel condannare Galileo? - Perché non l'hanno detto allora: "è un semplice malinteso?" Perché dirlo solo adesso che gli esperimenti sono contro Galileo?» Plaisant prosegue: «La scienza sostiene di non occuparsi di morale. Aspettate che l'avvocato di un omicida trasporti davanti ai giurati questa bella teoria e che dica semplicemente: "Siamo in presenza di un semplice malinteso. Questo coltello insanguinato che voi credete di vedere sul tavolo non esiste che nella vostra immaginazione, o piuttosto è la stessa cosa sostenere che esiste o che non esiste; non più del cuore della vittima nel quale si è creduto di trovarlo mesi orsono". E non crediate che io esageri. Jeans, segretario perpetuo della Royal Academy, a Londra, ha pubblicato un lungo articolo, il 24 marzo 1928, su Nature, da cui estraggo i seguenti passaggi; l'inizio: "L'antropologia e la geologia ci dicono che l'uomo esiste sulla terra da circa 300.000 anni ed è a questa antichità che dovremo risalire per incontrare il nostro antenato, la scimmia"; e l'ultima frase: "L'immagine che l'uomo vede è forse una semplice creazione della sua mente nella quale nulla esiste eccetto lui. L'universo, che noi studiamo con tanta cura, è forse un sogno e noi siamo forse delle cellule cerebrali nella mente di un sognatore". Se per caso qualcuno sostenesse davanti a voi (questa tesi), non accontentatevi di trattarlo da folle, ma consigliategli di colpire un muro a colpi di pugno fino a soffrirne; e se egli nega la sofferenza fino a sanguinare, e se nega il sangue fino a rompersi la mano, infine fino a quando sia arrivato ad uno stato tale per cui un'anima 148 compassionevole venuta per curarlo avrà (allora) trovato la via della sua ragione e del suo cuore per dirgli: "Ma sì, mio povero amico, il muro esiste, e l'universo anche, e proprio così come noi li vediamo; quelli che vi hanno detto il contrario sono degli insensati, come voi fino a poco fa; sì, dei veri banditi scientifici che le autorità dovrebbero distruggere senza pietà, giacché essi sono gli agenti diretti di Satana che, non potendo distruggere l'universo prima del tempo segnato da Dio, non hanno trovato niente di meglio che pretendere e far insegnare che l'universo, questo testimone fastidioso e irrecusabile dell'esistenza di Dio, non esiste più". É del resto inutile contare attualmente sui poteri pubblici per mandare all'impiccagione o alla ghigliottina gli uomini potenti che seminano tali dottrine e che sono infinitamente più colpevoli dei ladri e degli assassini ai quali essi danno la scusa di credere alla relatività del portamonete, della cassaforte o della vita umana. In Inghilterra o in Francia non c'è manifestazione scientifica dove i ministri non rincarino la dose su queste assurdità con un pomposo elogio della Scienza. Tutti sanno che i ministri dell'Istruzione pubblica e della Giustizia, in Francia, non sono liberi, forse ancor meno su questo terreno scientifico che nei domìni religiosi o politici. Ho avuto un giorno l'opportunità di sondare a fondo la mentalità che impedisce a certi uomini di conservare la chiara nozione della loro libertà di fronte a certi dogmi della Scienza. Era il 1925..., mi trovavo tra Modane e Chambèry, nel corridoio di un vagone, a fianco di due inglesi di circa trent'anni che discutevano del progresso indefinito della Scienza. Forse erano dei professori o degli assistenti di un'università britannica. Entrambi erano convinti che il progresso, malgrado degli alti e bassi, malgrado le guerre e le catastrofi materiali, era assolutamente certo, e la loro affermazione risvegliò in me tali sentimenti che non potei impedirmi di chieder loro di prendere parte alla conversazione. Li portai a parlare di Michelson, di Einstein, dell'idea di Creazione, della Fede, della Bibbia, per la quale essi non nascosero affatto di avere la più completa indifferenza, ed io finii per chieder loro quale sarebbe il loro atteggiamento se un giorno la stessa Scienza scoprisse che tutta la Bibbia è vera, parola per parola. Non dimenticherò mai la fredda risoluzione che c'era negli occhi blu del più attempato di questi britannici quando mi rispose che, anche in questo caso, egli lascerebbe la Bibbia da parte. Erano dei massoni? Forse dei giuramenti solenni li legavano irrevocabilmente a questa corsa sfrenata verso l'impenitenza finale senza alcun diritto di guardare indietro; lo ignoro, ma ho ben misurato, quel giorno, con quali nemici la Verità aveva a che fare; sono stato confermato nella certezza dell'opera abominevole che le riviste Nature, in Inghilterra, e Revue Générale des Sciences, in Francia, hanno la missione di proseguire costi quel che costi, ed ho rabbrividito nel pensare che tanto di filosofi cattolici sono preda di una tale congiura. Ora, nel 1922, lessi in qualche numero scompagnato di una rivista che si occupa di società segrete, una lista di istruzioni generali ad uso dei membri di società di libero pensiero della periferia sud di Parigi; una di queste era di non lasciar mai rimettere in causa la questione della mobilità della terra. Sapevo troppo bene che era per l'affare Galileo che la fede era stata tolta dall'intelligenza delle masse popolari per stupirmi di un tale consiglio e per non considerarlo come una prova, indiretta senza dubbio, ma molto importante, dell'immobilità della terra. La tattica adottata dalla massoneria, e oggi imposta all'umanità da tutto un sindacato internazionale la cui sede sociale dev'essere a Londra o a Chicago, è d'altronde ben comprensibile. La scienza anticattolica, il cui successo demagogico è basato sull'infame leggenda di Galileo, si è rotta il naso in un vicolo cieco e la logica esigerebbe imperiosamente un ritorno indietro; ma siccome essa è riuscita a trascinare l'umanità e anche la Chiesa Cattolica nel suo vicolo cieco, bisogna ad ogni costo impedir loro di pensare di tornare sui propri passi. In quel grande giornale del mattino, la prima colonna è periodicamente affidata ad un astronomo la cui sola missione è di riversare nei cervelli di un milione di lettori 149 l'assurdità e lo scetticismo e di appannare la chiarezza delle intelligenze proprio come gli altri sporcano la purezza dei cuori. É proprio lui che, avendo letto Tourne-t-elle? del 1922 senza neanche accusare ricevuta, e inseguito dalle verità che questo opuscolo racchiude, non ha avuto paura di intitolare La terre tourne-t-elle? un capitolo di 50 pagine nel suo libro odiosamente intitolato Le Royaume des Cieux (1923), di non farvi allusione alcuna al mio opuscolo, ai miei argomenti e al modo in cui io concepisco l'universo, e infine di terminare questo capitolo con l'enormità seguente: La terra gira? Sì, se vi piace; no, se non vi piace. No, signor Nordmann, se la terra gira o non gira, ciò non dipende né da voi né da me, non più di quanto non dipenda da voi essere uomo o donna. O si è l'uno o si è l'altra, e l'esperimento di Michelson ha provato che la terra non gira. Tanto peggio per voi se non vi piace che ci sia un paradiso e un inferno. Speriamo che scegliate la parte buona prima che sia troppo tardi.» 

pag 149:

La teoria di Ollivier 


Dopo Gustave Plaisant, ecco un secondo politecnico, Maurice Ollivier, che, nel suo libro Fisica moderna e realtà, ci dice anche lui che la terra non gira. Citiamo alcuni passaggi del suo studio: «Quando mi ritirai in campagna e, per semplice curiosità, mi misi a scoprire e poi a guardare più da vicino la Fisica contemporanea, non avevo più gli occhi ammirativi dei vent'anni ma nessuna prevenzione contro di essa. Da Newton a Maxwell, quanti nomi illustri avevo imparato a venerare! Dei lavori dei loro successori non sapevo, per contro, quasi nulla, salvo di alcuni esperimenti. Ma come cercare di prendere la misura del "genio" di Einstein? Qual era, almeno per l'essenziale, l'opera di un Niels Bohr, di un Louis de Broglie, di un Heisenberg? Dunque, con libertà di spirito, lessi dei grandi corsi attualmente professati e dei libri. Ci fu subito qualche stupore, della sorpresa. Poteva la realtà essere tale? Ed io rilessi. Gli sviluppi matematici, a prima vista li ammisi. Ma certi ragionamenti mi sembravano dubbi, per non dire viziosi. Dei sofismi? E rilevai delle contraddizioni bizzarre, delle contraddizioni via via più numerose e nei campi più diversi. Da dove provenivano? Poco a poco, il dubbio fece posto allo stupore... Con tanto di potenza intellettuale e di sapere, quale contrasto! E le critiche, venute una dopo l'altra, a precisarsi, a ordinarsi, con le idee, con argomenti nuovi. É allora che, risalendo ai princìpi, e non senza aver esitato davanti allo straordinario di certe conseguenze, intravidi le prospettive scientifica, filosofica, e anche, cosa inattesa, religiosa di un'opera. Il mio lavoro diveniva una appassionante "azione cattolica". Ecco la storia di questo libro. Spero che i... miscredenti non me ne vorranno di questa franchezza, e che le menti devote cercheranno di vederci chiaro senza spirito di parrocchia. Non mi si voglia dunque fare alcun processo di intenzione, soprattutto malevolo! Non si tratta affatto di una fantasia paradossale. Scrivendo con convinzione, io chiedo al lettore dell'obiettività. Di cosa si tratta? Essenzialmente, del reale. Sul reale, quali sono i veri postulati, i postulati fondamentali della Fisica contemporanea? Innanzitutto quello del Vuoto assoluto, cioè del niente: un vuoto infinito al quale si conferisce, almeno in pectore, l'esistenza. É come sottintendere l'esistenza del niente 147 - Les editions du Cédre, 13, R. Mazarìne, Parigi. 150 (sotto la copertura della parola "mezzo"). E, per chiave di questo Vuoto, un numero: la velocità della luce sarebbe sempre misurata con lo stesso numero, per quanto rapido e vario sia il movimento proprio dell'osservatore! Infine... non più traiettoria: tutto saltellerebbe a caso nel Vuoto e nell'istantaneo. C'è da stupirsi che, trattandosi del reale, un irrealismo tanto crudo sia così pieno di contraddizioni?... Non si spiega il reale a prezzo di contraddizioni inveterate. Esiste un ordine vero nello spirito e nelle cose, il tutto insieme. Non avremmo più la forza di credervi? Quanto ai progressi tecnici, argomento minore che è illusorio, non sono di tutti i tempi? Lo si dimentica nel rumore e nella propaganda, mentre, dalla macchina a vapore alla bomba atomica, le teorie si succedono e con delle idee più o meno false sul calore o sull'energia nucleare, gli ingegneri lavorano... Un'arringa di questo tipo non potrebbe dunque soddisfare tutti i filosofi, almeno presumo, né i cristiani riflessivi. La civiltà occidentale, in effetti, se anche fosse più industrializzata, perderebbe persino la sua ragion d'essere se, essendo le cime oscurate da nuvole, pensassimo di poter restare tranquillamente confusi nelle conche di questa incoerenza. Fatto essenziale e dunque primo, c'è del continuo nel nostro universo sensibile, e non "il Vuoto". Fatta questa riflessione e anche a priori, è una certezza, e il resto, tutto il resto, ne consegue. Lo si potrà dotare di ogni sorta di virtù o di tendenze occulte, il niente non è nemmeno un "mezzo di riferimento", ancor meno di casualità: non esiste. Che importa adesso, almeno per uno spirito religioso, che la terra giri o non giri! É lo stesso... Ma essa è immobile, questo è un fatto. Gli esperimenti di Michelson ne danno la prova; e ve ne sono altre... In particolare, avendo la nostra atmosfera del continuo che supporta le onde, le equazioni dell'elettromagnetismo non vi si verificherebbero affatto - non potremmo neanche scriverle - se la terra con la sua atmosfera fosse trasportata nello spazio in vortice. Anche da solo, l'argomento potrebbe bastare. Questo risultato, molto spettacolare, sembra inaudito. Ma rivoltiamo il problema formulando le ipotesi contrarie a quelle che sono ammesse e tutto si chiarisce, sono delle illusioni che cadono. Per esempio, ci si è talmente ripetuto che le stelle sono enormi soli a distanze favolose che, guardando il cielo, non immaginiamo più che possa essere altrimenti. Ma essendo la terra immobile, non si sà più niente di queste distanze (né dei volumi, né delle masse)... Comparati all'enorme inerzia della terra, gli astri sono, in più o in meno secondo la loro natura, dei fenomeni essenzialmente luminosi. Fatto sta che, per l'autore, l'immobilità del nostro habitat è diventata più di una certezza acquisita per esperienza e ragione: è un'evidenza... Davanti al cielo, siamo così riportati alle soglie dell'ignoto. Sono dei punti interrogativi, molti punti interrogativi che conviene porre... Si tratta dello spirito e dei princìpi della Fisica contemporanea. E senza dubbio vi direte anche: "Che ci sia del continuo nella materia, sia! Ma che la terra sia immobile?" Riconosco volentieri che, per uno spirito aperto ma sorpreso, il dubbio è oggi la prima attitudine che conviene. Non è pertanto avere più assoluto nello spirito il pensare che la terra è immobile piuttosto che il contrario... Ho torto? Ho ragione? Nel nostro universo sensibile tempestato da radiazioni, cos'è che gira? Ammetterete dunque, lo spero, che al termine delle sue riflessioni e su questi due punti, che d'altronde sono legati, l'autore sia diventato molto affermativo. Sono i pastori di Caldèa che, nella loro ignoranza ammirativa, vedevano giusto quando la notte, avvolti nei loro mantelli, guardavano sfilare lentamente le stelle. 1

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Chiesa cattolica e pena di morte: Risposte alle domande più frequenti



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A cura di Francesco D’Alpa

Qual è la posizione ufficiale della Chiesa cattolica nei confronti della pena di morte?
La Chiesa cattolica ha sempre insegnato che il cosiddetto “bene comune” (accettato anche come “ragion di Stato”) è un principio superiore di giustizia, in nome del quale è possibile uccidere legalmente il colpevole, anche per reati diversi dall’assassinio. Dunque l’uccisione legale viene posta su di un piano diverso rispetto al comune assassinio, come del resto già previsto nella legislazione mosaica. Agostino d’Ippona e Tommaso d’Aquino sono fra i più autorevoli sostenitori di tale principio.

Come è stata applicata in passato la pena di morte da parte della Chiesa cattolica?
Nel corso della sua storia la Chiesa di Roma ha sempre perseguitato e ucciso quanti si sono allontanati dalla dottrina ufficiale, come i Catari, i Valdesi, i Battisti. L’uccisione dei nemici è stata prassi ordinaria durante le crociate e nel corso della conquista delle Americhe (che causò decine di milioni di morti fra gli indigeni). Per diversi secoli l’Inquisizione ha fatto della tortura e della pena di morte il maggiore deterrente contro gli ebrei, gli eretici e contro le presunte streghe (molte decine di migliaia). E nell’ultimo secolo circa 750.000 serbi ortodossi sono stati uccisi nella Croazia cattolica a causa della loro diversa fede.

Il Vecchio Testamento autorizza l’uccisione del colpevole?
Si, ampiamente. L’omicidio legale o la vendetta diretta di Dio sono una costante perfino per molte infrazioni meno gravi dell’omicidio, ad esempio: «Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno essere messi a morte» (Levitico 20, 10); «Se un uomo avrà un figlio testardo e ribelle che non obbedisce alla voce né di suo padre, né di sua madre […] tutti gli uomini della sua città lo lapideranno ed egli morirà» (Deuteronomio 21, 18-21); «L’uomo che si comporterà con presunzione e non obbedirà al sacerdote che sta là per servire il Signore, suo Dio o al giudice, quell’uomo dovrà morire»(Deuteronomio 17, 12); «Se uomo o donna, in mezzo a voi, eserciteranno la negromanzia o la divinazione, dovranno essere messi a morte. Saranno lapidati»(Levitico. 20, 27); «Se la figlia di un sacerdote si disonora prostituendosi, disonora suo padre: sarà arsa con il fuoco» (Levitico 21, 9); «Chiunque maltratta suo padre o sua madre, dovrà essere messo a morte» (Levitico 20, 9); «Se uno ha un rapporto con una donna durante le sue regole […] tutti e due saranno eliminati dal loro popolo» (Levitico 20, 18); «Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte»(Levitico 20, 11-17).

Il popolo eletto era turbato dall’uccisione come pena?
Per nulla. I Salmi contengono espressioni inequivocabili, in tal senso: «O Dio, spezza loro i denti in bocca, schianta le zanne dei leoni, o Signore! Scompaiano come acqua che si sperde; scaglia le frecce e siano annientati. […] Gioirà il giusto al vederne il castigo, si laverà i piedi nel sangue dei perversi. E si dirà: v’è un premio per il giusto, e c’è un Dio che fa giustizia sulla terra» (Salmi 58, 1-11).

Il Nuovo Testamento autorizza l’uccisione legale del colpevole?
Si. Proprio Paolo di Tarso afferma, nella Lettera ai Romani«I magistrati non sono di timore per le buon azioni, ma per le cattive. Vuoi tu non aver paura dell’autorità? Diportati bene e riceverai la sua approvazione. Essa è infatti ministra di Dio per il tuo bene. Se invece agisci male, temi; non per nulla essa porta la spada: è infatti ministra di Dio, esecutrice di giustizia contro chi fa il male» (Romani 13, 2-4).

Questo principio è stato accettato nei secoli successivi?
Si, e il suo campo di azione è stato perfino esteso. Bernardo di Chiaravalle all’inizio del XII secolo legittimò le “guerre sante”, sostenendo: «Un soldato di Cristo […] senza dubbio quando uccide un malvagio non è un omicida, ma, per così dire, un uccisore del male e viene stimato vendicatore di Cristo nei confronti di coloro che fanno il male e difensore dei Cristiani»«Disperdere questi gentili che vogliono la guerra, eliminare questi operatori di iniquità che vagheggiano di strappare al popolo cristiano le ricchezze racchiuse in Gerusalemme […] ecco la più nobile delle missioni».

Ma le Sacre scritture non sostengono che bisogna perfino amare i propri nemici?
Sia nel Vecchio Testamento che nel Nuovo viene sempre operata una distinzione netta fra l’uccisione arbitraria di un altro (ovvero l’omicidio) e l’uccisione legale del colpevole. Gesù, secondo una lettura senza preconcetti del Nuovo Testamento, non ha affatto contraddetto tale distinzione, come dimostra la sua stessa morte.

Con quali motivazioni i teologi cattolici hanno giustificato la pena di morte?
Almeno quattro: (a) preservare la società mettendo il colpevole in condizione di non nuocere; (b) ispirare agli altri uomini un salutare timore del castigo; (c) prendere di mira il colpevole aiutandolo a emendarsi per il suo bene; (d) cercare di ristabilire l’equilibrio morale voluto dalla giustizia assoluta.

I primi cristiani erano favorevoli alla pena di morte?
I primi cristiani aborrivano sia la pena di morte che l’uccisione del nemico in combattimento; e per questo rifiutavano il servizio militare. Ma questo atteggiamento venne mantenuto solo durante il periodo delle persecuzioni. Dopo che il cristianesimo divenne religione di Stato, i suoi più importanti esponenti accettarono sia la pena di morte che il servizio militare.
Comunque, già Tertulliano, nel secondo secolo, pur deprecando alcuni aspetti della condanna a morte (in particolare, il rischio di giustiziare un innocente), non negava la liceità in sé di tale pena.

I papi sono stati favorevoli dottrinalmente alla pena di morte?
Nella Professione di fede per i Valdesi, Innocenzo III scrive nel 1208-1210, riprendendo un tradizione assolutamente concorde: «Per quanto riguarda il potere secolare, dichiariamo che può esercitare il giudizio di sangue senza peccato mortale, purché nel portare la vendetta proceda non per odio, ma per un atto di giustizia, non in modo incauto ma con riflessione».

Tommaso d’Aquino era favorevole alla pena di morte?
Certamente si. Secondo lui, nel momento in cui si vìola la vita degli altri si perde il diritto alla propria. Non è dunque la società a privare il reo del diritto alla propria vita; la società si limita a prendere atto che lo stesso reo se ne è privato, mentre nessun “innocente” ne sarebbe privato.
Per Tommaso, l’omicida può essere legittimamente soppresso secondo il cosiddetto principio del “duplice effetto”, che prevede: (a) la bontà o almeno l’indifferenza morale dell’azione in sé; (b) l’onestà del fine; (c) la non dipendenza dell’effetto buono da quello cattivo, (d) una ragione proporzionatamente grave: «se un uomo è pericoloso alla comunità e la corrompe a causa di un qualche peccato, lodevolmente e giustamente lo si uccide per preservare il bene comune».

Le legislazioni dello Stato Pontificio e dello Stato del Vaticano hanno ammesso la pena di morte?
Non solo la Chiesa Cattolica non ha mai condannato dottrinalmente la pena di morte ma ha risolutamente deprecato le motivazioni di quanti hanno protestato contro di essa. E le legislazioni, prima dello Stato Pontificio e poi dello Stato del Vaticano, l’hanno ritenuta ampiamente legittima e non contraria ai principî del cristianesimo. Fino al papato di Pio IX la pena di morte era correntemente applicata nello Stato Pontificio. Ancora nel 1929, anno di nascita dell’attuale Città del Vaticano, la pena di morte fu inserita (anche se concretamente non applicabile) nel testo della Legge fondamentale dello Stato del Vaticano, da cui solo il 22 febbraio 2001 è stata eliminata definitivamente, pur restando ambigua la sua legittimità teorica nel vigente Catechismo. Lo Stato del Vaticano non ha peraltro sottoscritto la Convenzione Internazionale sui diritti dell’uomo, né aderito all’ONU.

Pio XII era contrario alla pena di morte?
No. Ne ha parlato chiaramente a favore; ad esempio, nell’allocuzione del 22 febbraio 1944, L’imperscrutabile consiglio, affermava: «eccettuati i casi della legittima difesa privata, della guerra giusta e guerreggiata con giusti metodi, e della pena di morte inflitta dall’autorità pubblica per ben determinati e provati gravissimi delitti, la vita umana è intangibile».

Paolo VI era contrario alla pena di morte?
Egli non si è mai pronunciato su questo argomento. Tuttavia, sostenendo che «La legge divina e la ragione naturale escludono, dunque, qualsiasi diritto di uccidere direttamente un uomo innocente», ha precorso l’ambiguità di Giovanni Paolo II nel distinguere fra il diritto alla vita dell’uomo “innocente” e di quello “colpevole”, fra “norma morale” e “norma legale”.
Giovanni Paolo II era contrario alla pena di morte?
Nei primi anni del suo pontificato, Giovanni Paolo II non dimostrò alcun interesse per la problematica della pena di morte, nonostante l’attualità del tema e le richieste di numerosi gruppi abolizionisti. Successivamente si è talora impegnato, a titolo personale, in senso abolizionista, senza peraltro definire ufficialmente questa posizione in alcun documento. La sua scelta era infatti assolutamente personale, incoerente con il pensiero cristiano e con la tradizione, e non impegnava il Magistero. In ogni caso, egli ha sempre attentamente precisato che non si può “uccidere l’innocente”, ma non ha mai sostenuto che non si possa “in assoluto” uccidere legittimamente.

Il Catechismo del 1992 e l’enciclica Evangelium vitae sono contrari alla pena di morte?
No. La pena di morte vi è ambiguamente mantenuta, sia pure limitatamente ai pochi casi di “assoluta necessità”. Questo atteggiamento nasce in gran parte dal bisogno di mediare fra quanti auspicano una presa di posizione incondizionata contro la pena di morte e quanti invece preferiscono per il momento attenersi alle posizioni tradizionali. Da qui, non solo la relativizzazione del diritto alla vita del “colpevole”, ma soprattutto l’ampio uso del termine “innocente”, in entrambi i documenti.

Dopo le critiche al Catechismo del 1992, la Chiesa ha modificato il suo giudizio sulla pena di morte?
Sostanzialmente no, Nell’Editio Tipica del Catechismo (del 1997), si sostiene: «[2267] L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana».

Benedetto XVI è personalmente contrario alla pena di morte?
No. Nel 2004, ad esempio, prima di venire eletto papa, in un Memorandum per la conferenza episcopale degli Stati Uniti, occasionato dalla candidatura alle elezioni di politici cattolici che fanno campagna sistematica per l’aborto, aveva scritto: «Non tutte le questioni morali hanno lo stesso peso morale dell’aborto e dell’eutanasia. Per esempio, se un cattolico fosse in disaccordo col Santo Padre sull’applicazione della pena capitale o sulla decisione di fare una guerra, egli non sarebbe da considerarsi per questa ragione indegno di presentarsi a ricevere la santa comunione. Mentre la Chiesa esorta le autorità civili a perseguire la pace, non la guerra, e ad esercitare discrezione e misericordia nell’applicare una pena a criminali, può tuttavia essere consentito prendere le armi per respingere un aggressore, o fare ricorso alla pena capitale. Ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici sul fare la guerra e sull’applicare la pena di morte, non però in alcun modo riguardo all’aborto e all’eutanasia».

Quali documenti ufficiali confermano tale posizione di Ratzinger-Benedetto XVI?
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, sia nella versione del 1992 che in quella del 1997, alla stesura dei quali egli ha partecipato; e il Compendio del Catechismo, redatto sotto la sua direzione, e pubblicato nel 2005. In questi testi non viene negata la possibilità di ricorrere legittimamente, in casi estremi, alla pena di morte.
Quali sono le fonti ufficiali attuali della catechesi sulla pena di morte?
  1. il n. 2267 dell’Editio Tipica del Catechismo della Chiesa Cattolica (1997), in cui si afferma: «Oggi, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine, rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti» e che fa riferimento (sorvolando su tutte le altre affermazioni dello stesso autore a pieno sostegno della legittimità della pena di morte) a un passo di Tommaso d’Aquino: «Se uno usa maggior violenza del necessario, il suo atto è illecito» (Summa TheologicaII-II, 64, 7).
  2. il n. 469 del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica (2005), che precisa: «La pena inflitta deve essere proporzionata alla gravità del delitto […] Quando i mezzi incruenti sono sufficienti, l’autorità si limiterà a questi mezzi, perché questi corrispondono meglio alle condizioni concrete del bene comune, sono più conformi alla dignità della persona e non tolgono definitivamente al colpevole la possibilità di redimersi».
  3. il n. 56 dell’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II (1995): «Nel medesimo orizzonte (di speranza) si pone altresì la sempre più diffusa avversione dell’opinione pubblica alla pena di morte, anche solo come strumento di legittima difesa, in considerazione delle possibilità di cui dispone una moderna società di reprimere efficacemente il crimine».


Testi di riferimento

  • Francesco D’Alpa. Il “sì” cattolico alla pena di morte. Rivelazione, Tradizione, Contraddizioni pastorali. Catania, Laiko.it 2008. ISBN-13 9788895357058
  • Heinrich Joseph Dominicus Denzinger. Enchiridion Symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morumXXXVIII^ Ed., Bologna, Edizioni Dehoniane 2003.
  • Aldo Martinati. La Dottrina Cattolica con commenti dei padri e dottori della Chiesa e di scrittori antichi e moderni. La morale. Padova, Tipografia Antoniana 1940. Edizione riveduta (senza indicazione di data; circa 1950).
  • Elio Sgreccia. Bioetica. Milano, Vita e pensiero 1986.
  • Roberto Tamanti. La pena di morte. Tra etica della vita e autorità dello Stato. Assisi, Cittadella Editrice 2004.
  • Dionigi Tettamanzi. Nuova bioetica cristiana. Casale Monferrato, Piemme 2000.
  • Tóth Tihamér. I dieci comandamenti. Padova, Gregoriana editrice 1945.
Per gentile concessione dell’Autore, pubblichiamo qui. liberamente scaricabile, «Benedetto XVI e la pena di morte», capitolo tratto dal libro di Francesco D’Alpa Il “sì” cattolico alla pena di morte, Catania 2008.
Ultimo aggiornamento: 23 aprile 2008

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