lunedì 6 novembre 2017

Un po' di storia ...vera. Checché dicano altri pulpiti

Trattenimento VIII. Lutero. 

 P. Ora, [è don Bosco che parla] miei cari figli, che vi veggo qui nuovamente radunati, e con voi parecchi dei vostri compagni, ripiglierò volentieri il filo de' nostri trattenimenti. 

 Uno de’ F. 
Ci diceste che avevate tante belle cose da raccontarci; per questo abbiamo anche condotto con noi questi Compagni, i quali pure desiderano grandemente di ascoltarvi. 

 P. Le cose, che io mi prendo a trattare, sono senza fallo della massima importanza. Siamo al secolo decimosesto, secolo famoso in cui un diluvio di eretici sotto il nome di Protestanti si ribellarono alla Chiesa e le fecero danno immenso. La setta Protestante si suole denominare Chiesa Riformata, perchè i fondatori di lei pretesero di riformare la Chiesa Cattolica. I seguaci di questa setta si appellano Riformati, e gli autori della Riforma vollero chiamarsi Riformatori. 

 F. Oh stravaganza! E quali furono mai gli uomini così arditi da assumersi l'incarico di riformare la Chiesa di Gesù Cristo? 

 P. Diversi furono questi uomini tanto stravaganti e tanto audaci. Capo di tutti fu Martino Lutero, {230 [230]} cui tenne dietro un altro eresiarca eziandio famoso, cioè Giovanni Calvino. 

 F. O caro padre; vi abbiamo già tante volte udito a nominare Calvino e Lutero; ora fateci il piacere di raccontarci la loro vita; desideriamo assai di conoscerla. 

 P. Io vi narrerò di buon grado la vita di questi due famosi eresiarchi, perchè vista la loro pessima condotta e conosciuta la perversa loro dottrina, possiate guardarvene e fuggirla. Ma voglio innanzi accennarvi alcune circostanze, le quali furono come a dire l'esca e le legna che servirono a fomentare il terribile incendio della pretesa Riforma. 

 F. Diteci quali siano state queste circostanze? 

 P. La circostanza ossia la ragione principale che nel secolo XVI trasse un grande numero di Cristiani a separarsi dalla Chiesa Cattolica fu il desiderio di una vita più libera e sciolta. Miei teneri figli, io vi ripeto una grande verità, procurate di non dimenticarla. Tra tutti quelli, che in vari tempi si allontanarono dalla Chiesa Cattolica, neppure uno ciò fece per desiderio di vita più virtuosa, ma solamente per menare vita sregolata, e seguire una morale che lasciasse il freno disciolto alle umane passioni. Oltre a questo vi furono tre altre circostanze, che servirono come di pretesto ai promotori della Riforma. 

 F. Qual è il primo di questi pretesti? 

 P. La prima circostanza, o meglio il primo pretesto di cui si valsero i novatori a promuovere la loro Riforma, fu la smania di essere indipendenti dal Romano Pontefice. Credo che ancora avrete a mente come i Greci siansi separati dalla Chiesa Romana. Da prima cominciarono dal sottrarsi alla ubbidienza del Capo della Chiesa; donde poscia come per inevitabile conseguenza caddero in una moltitudine di errori e disordini senza fine. Questo spirito di indipendenza nel fatto della religione dai Greci passò nella Germania, la quale perciò suole riguardarsi come culla della Riforma protestante. Voi lo vedete: è sempre la storia di Lucifero che si solleva e a Dio medesimo si ribella. 

 F. Dunque la prima cagione si riduce alla superbia e al desiderio di vivere capricciosamente. E la seconda cagione quale fu? 

 P. La seconda cagione ossia il secondo pretesto, di cui seppero approfittare i promotori della Riforma, fu il prurito che in parecchi Sovrani nacque di volersi appropriare i beni delle Chiese. Sia che il facessero per avarizia o per invidia verso il clero, la cui autorità era in grande venerazione, sia che sentissero astio maligno contro la Religione medesima, il fatto è questo che non pochi principi agognavano avidamente alla spogliazione delle Chiese. Dal che potete immaginare con quale gusto {232 [232]} essi accogliessero e spalleggiassero una setta, la quale mercè l'appropriazione dei beni delle Chiese, saziava la loro ingordigia. La storia ci ammaestra che quando si vuol combattere la Religione, prima di tutto si comincia dallo spogliare i sacri ministri dei beni che posseggono legalmente. 

 F. La terza di queste cagioni quale fu? 

 P. La terza cagione, ossia la terza cosa che favorì la strana Riforma, fu, (e in palesarvelo mi si stringe il cuore di dolore), oltre la generale ignoranza dei popoli fu, dico, la cattiva condotta di alcuni ecclesiastici. 

 F. Come! alcuni ecclesiastici colla loro cattiva condotta diedero motivo alla Riforma? 

 P. Voi avete ben ragione di farne le maraviglie. Gli ecclesiastici, i quali avrebbero dovuto essere i difensori della Religione, gli ecclesiastici non dico tutti, nè molti, ma certo non pochi di essi ne sono stati i disprezzatori. Ma voi dovete notare che fra i dodici Apostoli pur vi ebbe un Giuda; e perciò non dovete tanto maravigliarvi, se nel secolo decimosesto alcuni ecclesiastici, come altrettanti Giuda, abbiano fatto piaghe profondissime alla Santa Religione di Gesù Cristo. Capo di questi ecclesiastici ribelli alla Chiesa fu Martin Lutero. 

 F. Or finalmente siamo a Martin Lutero. Ci gusta grandemente di conoscere la vita di questo famoso eresiarca. {233 [233]} 

 P. Fu costui un uomo per ogni risguardo stravagante. Nacque di poveri genitori in Islebia, città della Sassonia; e fin da fanciullo diede a divedere natura e costumi sì perversi, che molti scrittori della sua vita non esitarono di credere che fosse figlio del diavolo. Aveva sortito ingegno svegliato, animo travagliativo, ma superbo, ambizioso, pronto alla ribellione, alla calunnia, rotto ad ogni vizio e specialmente all'impudicizia. Occupandosi con assiduità allo studio, riuscì ad acquistarsi nome di letterato, ed all’età di vent’anni fu nominato maestro di filosofia. Un uomo tanto scostumato, quale era Lutero, un uomo che non erasi mai posto alla pratica della virtù, nè tampoco a istruirsi delle cose di Chiesa, pareva non dovesse punto essere chiamato da Dio allo stato ecclesiastico. Ciò non ostante un improvviso accidente a ciò lo  risolse. 

 F. Raccontatecelo. 

 P. L'accidente che risolse Lutero ad abbracciare lo stato religioso fu la morte di un suo compagno di scuola, cadutogli ai piedi colpito dal fulmine. Lutero ne rimase spaventato in modo, che fece voto di farsi monaco, e di fatto entrò nell'Ordine degli Agostiniani. Mettendo in opera tutte le arti dell'ipocrisia riuscì a tenere per qualche tempo nascosta la malvagità del suo cuore, e farsi ordinare {234 [234]} sacerdote. Ma a corto andare i suoi superiori conobbero ch'egli era un orgoglioso, un arrogante, un disobbediente a tutti, e come pessimo il licenziarono dal chiostro. Lutero allora tolse giù la maschera, svestì l'abito religioso, e fuggito di convento posesi a predicare contro a quella Religione in cui era nato, su cui basava la sua prima educazione, e alla cui difesa aveva consacrati i suoi giorni con voto solenne. Ciò avveniva nel 1517. 

 F. Peccato! se non fosse stato un sacerdote, forse non sarebbe stato creduto, e non avrebbe fatto tanto male. Ma quale pretesto Lutero ebbe per rivoltarsi così alla chiesa? 

 P. Lutero tolse pretesto dal fatto seguente. Il sommo Pontefice Leone decimo desiderando di condurre a buon termine la stupenda basilica, a cui in Roma già da molto tempo erasi posto mano, ad onore del Principe degli Apostoli, invitò i fedeli di tutto il mondo ad aiutare il compimento della grande costruzione con volontarie limosine, concedendo particolari indulgenze agli oblatori. Credo che vi ricorderete ancora che cosa siano le indulgenze. Le indulgenze, come imparaste nel Catechismo, sono l'applicazione dei meriti di Gesù Cristo, di Maria Santissima e dei Santi, mediante la quale applicazione ci viene condonata in tutto od in parte la pena temporale dovuta ai peccati, già rimessi entro o fuori del Sacramento della Penitenza. {235 [235]} Io spero di potervi con acconci trattenimenti istruire come Gesù Cristo abbia dato al Capo visibile della Chiesa la facoltà di dispensare le indulgenze, e come tale dispensa siasi sempre praticata dal tempo degli Apostoli sino a noi. 

 F. Ebbene che cosa Lutero trovò da riprovare in questo fatto? 

 P. L'impetuoso Lutero trovò degli abusi in queste indulgenze, come di fatto ve ne ebbero; i quali abusi provenivano da parecchi di coloro, che raccoglievano siffatte elemosine. Egli pertanto diedesi a predicare vivamente contra tali abusi; di poi passò ad inveire contro alle stesse indulgenze. Da un disordine passando ad un altro, Lutero si pose sotto i piedi affatto i comandi dei suoi superiori e divenne tutto furore contro alla Chiesa. Come fondamento delle sue dottrine ponendo la libera interpretazione delle Sacre Carte, diessi a predicare che ciascuno era padrone di intendere la Bibbia a modo suo; e quindi farsi una religione quale meglio gli talentasse. A coloro che avevano fatto voto di castità assentì che contraessero matrimonio; e per guadagnarsi la protezione di Filippo sovrano d'Assia gli permise di sposare una seconda moglie, vivente la prima. Diede ampia facoltà ai principi di appropriarsi i beni delle Chiese; abolì la Confessione, la Messa, i digiuni e le astinenze, le opere penitenziali, e {236 [236]} soppresse le feste e tutte le cerimonie sacre. In questa guisa progredendo da errore ad errore Lutero giunse a negare la libertà nell'uomo, a contaminare tutte le cose sacre, e a fare Iddio autore medesimo e del male e del peccato. 

 F. Ohimè che brutta dottrina! Il Papa ed i Vescovi non si occuparono a confutarla? 

 P. I Papi, i Vescovi, le Università, ed i più dotti Cattolici gridarono all'empietà ed  all'eresia. Papa Leone X, che allora governava la Chiesa, usò tutte le possibili sollecitudini per farlo ravvedere. Scrisse a lui e ad altri diverse lettere piene di carità e di benevolenza; da Roma inviò legati in Germania, affinchè lo persuadessero a non allontanarsi da quella Religione, in cui era stato da Dio creato, istruito, e che egli aveva insegnato essere la sola vera, l'unica che presenti i caratteri della divinità. Ma nulla valse ad illuminare l'accecato eresiarca. Dandola a traverso dei vizi, e trasportato dalla superbia divenne ancor più ostinato. Pel che messosi a capo di una schiera di libertini si diede a disseminare i suoi errori per tutta la Germania. L'imperatore Carlo V volle tentare di porre un argine a quei perturbatori; e pubblicò un decreto dove ordinava che gli eretici si acquetassero, finchè le cose fossero bene esaminate dalla Chiesa. Ma quegli spiriti turbolenti non solo rifiutarono {237 [237]} di obbedire, ma protestarono contro gli ordini imperiali; e per sostenere la loro protesta presero le armi e portarono la strage e lo spavento in tutti i paesi, in cui fu loro dato di penetrare. Dalla Protesta fatta di non voler obbedire all'imperatore, questi eretici furono appellati Protestanti, e con siffatto nome sono ancora oggidì chiamati i seguaci di Lutero, di Calvino, di Pietro Valdo, e in generale tutti gli eretici che ne seguono gli errori.

AMDG et BVM

SegnidalCielo

COME SONO FONDAMENTALI E CHIARE QUESTE PAROLE DEL PAPA GPII: INEQUIVOCABILI ! EPPURE MOLTI LA PENSANO DIFFERENTEMENTE RINNEGANDOLE. RIFLETTIAMOCI CON VERA LIBERTA' DI SPIRITO.

IT ]

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
ALL'APERTURA DEL SINODO DEI VESCOVI PER L' EUROPA
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Basilica di San Pietro - Giovedì, 28 novembre 1991

1. “Signore . . . Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68).
Questa professione fu pronunciata da Pietro nei pressi di Cafarnao dopo la promessa dell’Eucaristia, che sembrò a molti ascoltatori di Gesù un “linguaggio duro” (cf. Gv 6, 60). “Forse anche voi volete andarvene?” (Gv6, 67), disse il Maestro agli Apostoli. La risposta di Pietro non si fece attendere: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68).
Noi, celebrando oggi l’Eucaristia, ripetiamo queste parole che sono collegate all’annuncio di essa. Le ripetiamo con gli Apostoli. Le ripetiamo a nome della Chiesa, che vive dell’Eucaristia, che vive della parola della vita eterna, che vive del Sacramento della Nuova Alleanza. Le ripetiamo a nome della Chiesa che è in Europa, nelle diverse Nazioni e Paesi del nostro continente: dall’Atlantico agli Urali, dal Mar Mediterraneo al Polo Nord.
2. “Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo” (Rm 1, 7)! Con queste parole dell’apostolo Paolo ai cristiani di Roma vi saluto e vi do il mio cordiale benvenuto ai lavori di questa Assemblea Speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi.
Esprimo il mio ringraziamento ai Padri Sinodali, nostri Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio; ai Delegati Fraterni delle altre Chiese e Comunità cristiane; agli Adiutores, Auditores e ai membri della Segreteria del Sinodo, a cominciare dal Segretario Generale, Monsignor Jan Schotte, che tanto si è prodigato nella fase preparatoria di questo evento ecclesiale; ai giornalisti, a tutti i Fedeli presenti e a quanti pregano in tutta Europa e nel mondo per il buon esito di questa Assise, in un momento così denso di questioni importanti per la vita spirituale e sociale dell’Europa.
Abbiamo letto gli avvenimenti degli ultimi anni come “segni dei tempi”, mediante i quali lo Spirito Santo ci parla e ci convoca a questa iniziativa pastorale.
Inauguriamo questa Assise Sinodale con la celebrazione eucaristica, con la preghiera, e desideriamo collegarla, in modo particolare, con la preghiera di ogni giorno. “Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà: perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 19-20).
Desideriamo che ci riunisca, giorno dopo giorno, questo santissimo Nome; che nella potenza di questo Nome, Cristo sia in mezzo a noi; che il suo Nome ci guidi, così come ha guidato gli Apostoli sin dai primi giorni fino alla Pentecoste; così come ha guidato la Chiesa apostolica in mezzo alle Nazioni e popoli dell’Europa nel corso di quasi due millenni.
3. Riuniti nel Nome di Cristo, noi siamo la Chiesa. Nella potenza del suo Nome Egli è in mezzo a noi e lo Spirito Santo, il suo Spirito, rende insieme a noi la testimonianza a Cristo.
Desideriamo che lo Spirito parli alla Chiesa (cf. Ap 2, 7.11.17); che la Chiesa dell’Europa ascolti lo Spirito Santo, lo Spirito di Verità, il Paraclito; che la sua testimonianza sia fruttuosa nell’ultimo scorcio di questo secolo e di questo millennio.
Riuniti in Assemblea Sinodale desideriamo ascoltare la testimonianza dello Spirito di Cristo. In base a questa testimonianza vogliamo dire alla Chiesa tutto ciò che è essenziale e importante nell’attuale fase della storia. Quindi chiediamo allo Spirito di Verità che la Chiesa sia ascoltata dagli uomini e dalle società prima di tutto per il fatto che essa riceve da Cristo “parole di vita eterna” (cf. Gv 6, 68).
Chiediamo che il tema del Sinodo: “Siamo testimoni di Cristo che ci ha liberato” sia da tutti sentito come proprio, interiorizzato e vissuto con esemplare coerenza di vita. Possa il Sinodo coglierne tutte le esigenze al fine di dare una risposta che sia in grado di mobilitare gli animi per una nuova evangelizzazione dell’Europa in questo momento storico così decisivo.
4. Siamo qui, insieme, anche per fare i conti dinanzi al Re dei secoli, così come i servi dell’odierna parabola. “Fare i conti” alla luce del Vangelo significa anzitutto compiere un atto di “discernimento” e poi un atto di “perdono”.
Alla fine di questo secolo drammatico sembra acquistare importanza particolare la domanda di Pietro: “quante volte dovrò perdonare?” (cf. Mt 18, 21).
La risposta che Cristo dà nella parabola è pure espressa nel discorso della montagna: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5, 7). Infatti dobbiamo perdonare sempre, memori di aver bisogno noi stessi del perdono. Ne abbiamo bisogno molto più spesso di quanto noi stessi dobbiamo perdonare.
Occorre anche che, mediante la mutua comprensione e il perdono reciproco, formiamo sempre più una cosa sola, “perché il mondo creda” (cf. Gv 17, 21): perché creda di più la vecchia Europa cristiana!
Sono molto grato ai nostri Fratelli delle Chiese e Comunità cristiane per aver voluto essere con noi in questo Sinodo come “Delegati Fraterni”. Ad essi va il mio cordiale abbraccio. Auspico che essi, con la loro significativa presenza, con i loro apprezzati consigli e suggerimenti, ma soprattutto con la loro comprensione e carità fraterna, possano contribuire validamente alla desiderata ricomposizione della piena unità, per la quale il Signore ha pregato.
5. Intanto incominciamo nel Nome di Cristo. E mentre incominciamo, ci raggiungono le parole dell’apostolo Paolo, il quale per primo ha attraversato la frontiera dell’Europa per il servizio del Vangelo (cf. At 16, 9-10). Attraverso secoli e generazioni quell’infaticabile servo della Parola e della Croce di Cristo sembra così parlare a noi, qui riuniti: “rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. Non fate nulla per spirito di vanità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma quello degli altri” (Fil 2, 2-4).
6. “Tu hai parole di vita eterna”.
Proprio sulla Parola del Signore sono inserite le radici cristiane dell’Europa, e la testimonianza dello Spirito svela i segni dei tempi anche all’Europa di oggi. Facciamo sì che i frutti dello Spirito (cf. Gal 5, 22-23) abbiano sempre a prevalere sui frutti della carne, che sono tristemente segnati da dissensi, divisioni, fazioni (cf. Gal 5, 20-21).
Lo Spirito del Signore Risorto non ha terminato di parlare. Come afferma l’apostolo Giovanni, colui che crede “farà cose maggiori di queste” (cf. Gv 14, 12). Non tutto è stato rivelato e ciò che saremo non è stato ancora reso noto; l’uomo è continuamente sollecitato dallo Spirito (cf. 1 Gv 3, 2); (Gaudium et spes, 41). Lasciamoci guidare, pertanto, da questo Spirito.
Non è forse questo che il mondo contemporaneo aspetta maggiormente? Non necessita forse di questo l’uomo europeo alle soglie del terzo Millennio? E poiché - come dice san Paolo - “non abbiamo quaggiù una città stabile” (cf. Eb 13, 14), egli avverte la necessità di ancorare sempre più la propria esistenza a Cristo.
Ci ottenga tutto ciò, cari Fratelli e Sorelle, l’umile Serva di Dio, Maria, ed insieme con Lei i Patroni dell’Europa: Benedetto, Cirillo e Metodio, e gli altri Santi e Beati che ci hanno preceduto, nelle nostre patrie europee. Amen!

© Copyright 1991 - Libreria Editrice Vaticana

AMDG et BVM

domenica 5 novembre 2017

In dubiis libertas. In necessariis unitas. - Unus Dominus, una fides, unum baptisma.

Intolleranza dottrinale

Un saggio ha detto che le azioni dell'uomo sono figlie del suo pensiero, e noi stessi abbiamo stabilito che tutti i beni come pure tutti i mali di una società sono frutto delle massime buone o cattive che essa professa. La verità nello spirito e la virtù nel cuore sono pressoché inseparabili ed in stretta relazione: quando lo spirito è in preda al demone della menzogna, il cuore, se pure non ha dato inizio da sé all'ossessione, è assai prossimo a lasciarsi andare in balia del vizio. L'intelligenza e la volontà infatti sono due sorelle per le quali la seduzione è contagiosa; se si vede che la prima si abbandona all'errore, si stenda un pietoso velo sull'onore della seconda.
Ed è per questo, Fratelli miei, è perché non vi è alcun attacco, alcuna lesione nell'ordine intellettuale che non abbia funeste conseguenze nell'ordine materiale, che noi ci impegniamo sia a combattere il male attaccandolo nei suoi principi, sia a prosciugarne la fonte, cioè le idee. Tra di noi si sono accreditati mille pregiudizi: il sofisma, stupito di essere attaccato, invoca la prescrizione; il paradosso si vanta d'aver ottenuto il diritto di cittadinanza. Gli stessi cristiani, che vivono nel bel mezzo di questa atmosfera impura, non ne evitano del tutto il contagio, ma accettano molti errori troppo facilmente; stanchi di resistere sui punti essenziali spesso, per farla finita, cedono su altri punti che sembrano loro meno importanti non accorgendosi, e spesso non volendo accorgersi, di dove potrebbero essere condotti dalla loro imprudente fragilità. [...] 
Il nostro secolo esclama: Tolleranza! Tolleranza! Si ritiene che un sacerdote debba essere tollerante, che la religione debba essere tollerante. Fratelli miei, in ogni cosa niente eguaglia la franchezza, ed io vi dico senza tergiversare che esiste al mondo una sola società che possiede la verità, e che questa società deve essere necessariamente intollerante. [...] 
Fa parte dell'essenza di ogni verità il non tollerare il principio a sé contrario; l'affermazione di una cosa esclude la negazione di questa stessa cosa, come la luce esclude le tenebre. Laddove non v'è nulla di certo, o laddove nulla è definito, i pareri possono divergere e le opinioni possono essere varie; questo lo comprendo e domando la libertà in tutte le questioni dubbie: In dubiis libertas. Ma dal momento in cui la verità si presenta con le caratteristiche che la contraddistinguono con certezza, per il fatto stesso che si tratta di una verità, essa è positiva, necessaria, e di conseguenza è unica ed intollerante: In necessariis unitas; condannare la verità alla tolleranza significa forzarla al suicidio. L'affermazione che dubita di se stessa si suicida, ed essa dubita di se stessa quando lascia con indifferenza che la propria negazione le si ponga a lato. L'intolleranza è per la verità l'istinto di conservazione, l'esercizio legittimo del diritto di proprietà; quando si possiede qualcosa, bisogna difendere questo qualcosa, pena l'esserne interamente privato. 
Così, Fratelli miei, per la necessità stessa delle cose, l'intolleranza è ovunque, perché ovunque vi è bene e male, vero e falso, ordine e disordine; ovunque il vero non sopporta il falso, il bene esclude il male, l'ordine combatte il disordine. [...] 
Per quel che riguarda un certo numero di questioni, in cui la verità fosse meno assoluta, in cui le conseguenze fossero meno gravi, potrei, almeno fino ad un certo punto, venire a patti con voi: sarei conciliante se mi parlaste di letteratura, di politica, d'arte, di scienze amene, perché in tutte queste cose non vi è un tipo unico e determinato, il bello ed il vero sono più o meno delle convenzioni ed al massimo l'eresia in questo campo incorre solamente nell'anatema del senso comune e del buon gusto. Ma se si tratta della verità religiosa, insegnata ovvero rivelata da Dio stesso, se è questione del vostro futuro eterno e della salvezza della mia anima, allora nessuna transazione è più possibile; mi troverete irremovibile, e debbo esserlo. L'essere intollerante è attributo comune a ogni verità: ma la verità religiosa, poiché è la più assoluta e la più importante di tutte le verità, è di conseguenza la più intollerante ed esclusiva. 
Fratelli miei, nulla è esclusivo quanto l'unità: udite l'espressione di san Paolo: Unus Dominus, una fides, unum baptisma. Nel cielo vi è un solo Signore: Unus Dominus. Dio, che ha l'unità come attributo fondamentale, ha dato alla terra un solo simbolo, una sola dottrina, una sola fede: Una fides; e questa fede, questo simbolo, li ha confidati ad una sola società visibile, ad una sola Chiesa i cui figli sono tutti segnati con lo stesso sigillo e rigenerati dalla stessa grazia: Unum Baptisma. Così l'unità divina, che risiede da tutta l'eternità nello splendore della gloria, s'è prodotta sulla terra con l'unità del dogma evangelico, il cui deposito è stato dato in custodia da Gesù Cristo all'unità gerarchica del sacerdozio: Un solo Dio, una sola fede, una sola Chiesa: Unus Dominus, una fides, unum baptisma. [...] 
Gesù Cristo (disse - ndr): Se qualcuno non è battezzato nell'acqua e nello Spirito Santo; se qualcuno rifiuta di mangiare la mia carne e bere il mio sangue, non avrà parte nel mio regno. Lo confesso, non vi è in ciò sottigliezza alcuna, ma intolleranza, la più positiva, la più franca delle esclusioni. Ed ancora Gesù Cristo ha inviato i suoi Apostoli a predicare a tutte le nazioni, cioè a travolgere tutte le religioni esistenti per stabilire l'unica religione cristiana su tutta la terra, e a sostituire a tutte le credenze dei diversi popoli l'unità del dogma cattolico. E prevedendo i sommovimenti e le divisioni che questa dottrina avrebbe provocato sulla terra, non si è fermato lì, ma ha dichiarato di esser venuto a portare non la pace ma la spada, ad accendere la guerra non solo tra i popoli, ma anche all'interno della stessa famiglia, separando, almeno quanto alle convinzioni, la sposa credente dallo sposo incredulo, il genero cristiano dal suocero idolatra: Gesù Cristo non ha sottilizzato sul dogma. [...] 
Si è parlato della tolleranza dei primi secoli, di quella degli Apostoli; Fratelli miei, non vi si pensa mai, ma lo stabilire la religione cristiana è stato al contrario opera di intolleranza religiosa per eccellenza. Al tempo della predicazione degli Apostoli quasi l'intero universo possedeva questa tanto vantata tolleranza dogmatica; poiché tutte le religioni erano allo stesso modo false e irragionevoli, non erano in guerra fra loro, tutti gli dei si equivalevano, ed erano tutti demoni, non erano esclusivisti, si tolleravano: Satana non è diviso contro se stesso. Roma, moltiplicando le proprie conquiste, moltiplicava anche le proprie divinità, e lo studio della sua mitologia si complicava in proporzione a quello della sua geografia. Il trionfatore che saliva al Campidoglio si faceva precedere dagli dèi conquistati con orgoglio anche maggiore di quanto non trascinasse dietro di sè i re vinti. Nella maggior parte dei casi, in virtù di un senatoconsulto, gli idoli dei Barbari andavano a confluire ormai nelle proprietà della patria, e l'Olimpo nazionale s'ingrandiva quanto l'impero. 
Quando apparve il cristianesimo, nel momento della sua prima apparizione,  non fu rifiutato in un colpo solo; il paganesimo si chiese se, invece di combattere questa nuova religione, non dovesse accoglierla nel proprio seno. La Giudea era divenuta una provincia romana, e Roma, che era solita ricevere e conciliare tutte le religioni, accolse inizialmente senza alcun sgomento il culto proveniente dalla Giudea. Un imperatore pose Gesù Cristo come anche Abramo tra le divinità del proprio oratorio, come pure si vide un altro Cesare proporre di rendergli omaggi solenni. Ma la parola del profeta non tardò a verificarsi: le moltitudini di idoli, che di solito consideravano senza invidia che degli dèi nuovi venissero a mettersi al loro fianco, all'arrivo del Dio dei cristiani emisero all'improvviso un grido di spavento e, scuotendosi di dosso la loro tranquilla polvere, si agitarono sui loro altari minacciati: Ecce Dominus ascendit, et commovebuntur simulacra a facie ejus. A questa vista Roma si fece attenta e presto, quando ci si accorse che questo Dio nuovo era nemico irreconciliabile degli altri dèi, quando si vide che i cristiani, il culto dei quali era stato ammesso, non volevano ammettere il culto della nazione; in breve, quando si fu constatato lo spirito intollerante della fede cristiana, fu allora che cominciò la persecuzione. 
Ascoltate come gli storici del tempo giustificavano le torture inflitte ai cristiani: non parlavano male della loro religione, del loro Dio, del loro Cristo, delle loro pratiche, le calunnie furono inventate solo più tardi; rimproverano loro solamente di non poter sopportare alcun'altra religione se non la propria. [...] 
Così, Fratelli miei, il principale motivo di risentimento contro i cristiani era la rigidità eccessivamente assoluta del loro simbolo e, come si diceva, l'umore insocievole della loro teologia; se fosse stato solo questione di un ennesimo Dio, non vi sarebbero state lamentele, ma si trattava di un Dio incompatibile, che scacciava tutti gli altri: ecco il motivo della persecuzione. Così lo stabilirsi della Chiesa fu opera di intolleranza dogmatica; tutta la storia della Chiesa non è altro che la storia di questa intolleranza. Chi sono i Martiri? degli intolleranti in materia di fede che preferivano il supplizio al professare l'errore. Che cosa sono i simboli? Formule d'intolleranza che regolano ciò che è necessario credere e che impongono alla ragione dei misteri necessari. Cos'è il Papato? Un'istituzione d'intolleranza dottrinale che, tramite l'unità gerarchica, mantiene l'unità della fede. Perché i Concili? Per arrestare le deviazioni del pensiero, condannare le false interpretazioni del dogma, anatematizzare le proposizioni contrarie alla fede. 
Noi siamo dunque intolleranti ed esclusivi in campo dottrinale, e ne siamo fieri; se non lo fossimo, non avremmo la verità, poiché la verità è una sola e di conseguenza intollerante. La religione cristiana, figlia del cielo, discendendo sulla terra ha mostrato i titoli della propria origine, ha offerto all'esame della ragione fatti incontestabili e che provano irrefragabilmente la sua divinità: ma se essa viene da Dio, se Gesù Cristo, suo autore, ha potuto affermare: Io sono la verità: Ego sum veritas, è ben necessario, in quanto inevitabile conseguenza, che la Chiesa cristiana conservi incorruttibilmente questa verità quale l'ha ricevuta dal cielo stesso; è ben necessario che essa respinga ed escluda tutto ciò che fosse contrario a questa verità e tutto ciò che la distruggesse. Rimproverare alla Chiesa cattolica la sua intolleranza dogmatica, le sue affermazioni assolute in materia di dottrina, è come farle un rimprovero che è in realtà un sommo onore: è come rimproverare alla sentinella di essere troppo fedele e vigilante, è come rimproverare alla sposa di essere troppo delicata e troppo esclusiva. [...] 
Se tutte le religioni possono essere messe sullo stesso piano, è perché si equivalgono tutte; se tutte sono vere, è perché sono tutte false; se tutti gli dèi sono tollerati, è perché non c'è Dio. E quando si arriva a questo punto, non resta più nessuna morale che possa mettere in imbarazzo. Quante coscienze si tranquillizzerebbero se la Chiesa cattolica desse il bacio fraterno a tutte le sette sue rivali! 
L'indifferenza delle religioni è dunque un sistema che affonda le sue radici nelle passioni del cuore umano; ma bisogna anche dire che, per molte persone del nostro secolo, questo sistema si basa su pregiudizi formatisi con l'educazione. In effetti, o si tratta di quelle persone già di età avanzata e che hanno succhiato il latte della generazione precedente, oppure si tratta di coloro che appartengono alla nuova generazione; i primi hanno cercato lo spirito filosofico e religioso nell'Emilio di Jean-Jacques[Rousseau, N.d.T.]; gli altri nella scuola eclettica o progressiva di quei semi-protestanti e semi-razionalisti che al giorno d'oggi possiedono lo scettro dell'insegnamento. [...] 
Siamo giunti là, Fratelli miei, dove logicamente deve arrivare chiunque non ammetta quel principio incontestabile che abbiamo posto, cioè: che la verità è una, e di conseguenza intollerante, esclusiva di ogni dottrina che non sia la propria. E, per riunire in poche parole tutta la sostanza di questa prima parte del mio discorso, vi dirò: Cercate la verità sulla terra, cercate la Chiesa intollerante; tutti gli errori possono farsi mutue concessioni: sono parenti prossimi, poiché hanno un padre comune: Vos ex patre diabolo estis. La verità, figlia del cielo, è la sola a non capitolare.

Card. Louis Edouard Pie [1815-1880] - Œuvres sacerdotales du Cardinal Pie, Tomo I, sermone XXIII, pag. 356-377, traduzione C.S.A.B. - pascendidominicigregis.blogspot.it)

AMDG et BVM

QUALORA LA CHIESA SIA SANTA l'inferno non prevarrà

Maria Valtorta
  • Dai Quadernetti 
  • La Chiesa del mio Cristo, male interpretando la parola del suo Divino Fondatore, si crede tanto forte, tanto invulnerabile, da non curare più, nella maggioranza dei suoi membri, e anche dei membri più eletti, la pratica di quelle azioni che le farebbero amico Iddio. Presume. Si sente superiore a tutto e tutti. Dice: “Io sono stabilita. Nulla prevarrà su me”.
    No. Sappiate comprendere le parole di Dio. Non ricadete negli errori voluti dagli antichi scribi, i quali vollero interpretare le profezie e promesse di Dio secondo che piaceva al loro stolto orgoglio di popolo eletto (…).
    L’inferno non prevarrà qualora la Chiesa sia santa come il suo Eterno Pontefice le impose d’essere. (…) L’inferno prevale in parte  più grande o meno grande, a seconda che la Chiesa si spoglia della santità e quindi dell’aiuto di Dio. E’ sempre prevalere, anche se non è distruggere.
    E nella sua vita secolare la Chiesa mai conobbe un momento simile a questo di languore – là dove non è di corruzione, di triplice corruzione – e mai un simile assalto infernale.
    Leggi Giovanni nella sua Apocalisse. E che sono le stelle che per una terza parte Satana riesce a far precipitare dal loro Cielo, dal cielo della Chiesa?
    Chi se non coloro che, per avermi testimoniato fedelmente, vengono uccisi dalla Bestia uscente dall’abisso? E chi se non coloro che, eletti a luminari della  Chiesa, si sono fatti luci spente? Chi se non i pastori tramutati in idoli per il loro presumere? Chi se non il sale corrottosi in veleno per i piccoli che vedono e si allontanano con disgusto e languiscono o periscono?   Quad.tti 23.12.48 – 48.41
Sancte Mìchaël Archàngele
defènde nos in proèlio,
contra nequìtiam et insìdias diàboli, esto præsìdium.
Ìmperet illi Deus, sùpplices deprecàmur.
Tùque, prìnceps milìtiæ cælèstis,
sàtanam aliòsque spìritus malìgnos
qui ad perditiònem animàrum pervagàntur in mundo,
divìna virtùte, in Infèrnum detrùde.
Amen.
AMDG et BVM