sabato 6 maggio 2017

SIGNUM MAGNUM 6


Principali figure di Maria

Soprattutto l'Eterno Padre ha desiderato metterci dinanzi agli occhi parecchie belle e meravigliose figure del suo cuore, per farci comprendere quanto gli sia caro e prezioso questo cuore che per le rarità, le perfezioni, le innumerevoli meraviglie di cui è dotato, non può essere rappresentato che da una quantità di figure.

Fra le tante, ne sottolineo dodici: sei nelle varie parti del mondo, cioè: in cielo, nel sole, sulla terra, nelle fontane che dissetano, nel mare, nel paradiso terrestre. Altre sei, in sei cose delle più considerevoli che si siano viste al mondo: il roveto ardente, visto da Mosè, l'arpa misteriosa di Davide, 
il trono magnifico di Salomone, il tempio meraviglioso di Gerusalemme, la fornace prodigiosa di Daniele, e 
il Monte  Calvario. 
Le esamineremo una dopo l'altra.


Risolvi: Dio ha cosparso il mondo di richiami di Maria. Dio l'ha vista e collocata ovunque. Impara anche tu a scoprire Maria ovunque Dio l'ha posta e a moltiplicare i richiami della sua presenza.

JHS
MARIA!

giovedì 4 maggio 2017

SIGNUM MAGNUM 5

Primo fondamento della Devozione al Cuore di Maria
a) Il Cuore dell'Eterno Padre


5. Maria profetizzata e prefigurata

Maria profetizzata
Fondamento primo della devozione al Cuore di Maria è lo stesso adorabile cuore dell'Eterno Padre e l'amore incomprensibile di cui questo cuore è ricolmo per Lei, Madre del suo Figlio. 

Questo amore ha spinto il Padre a darci parecchie eccellenti immagini del cuore della Madre di Gesù.

Come ha voluto mostrare a noi in figure Gesù, per il quale Egli ha fatto e ha voluto rifare e riparare tutte le cose, così ha preso singolare contento nel dipingerci quella che aveva scelto da tutta l'eternità per Madre del Riparatore adorabile.
«A prophetis praenuntiata, a Patriarchis figuris et aenigmatibus praesignata, ab Evangelistis exhibita et monstrata» (S. Girol., Serm. de Assump.).
Maria è colei che i Profeti predissero lungo tempo prima della sua nascita, che i Patriarchi hanno designato con numerose figure e che gli Evangelisti ci hanno annunziato;
è colei alla Quale fanno capo tutte le predizioni dei Profeti e tutti gli enigmi della S. Scrittura: «Ecce ad quam concurrunt omnia eloquia Prophetarum, omnia aenigmata Scripturarum» (S. Ildef., Serm., 1).

Lo Spirito Santo, l'ha predetta per mezzo dei Profeti, l'ha annunciata coi divini oracoli, l'ha manifestata con le figure, l'ha promessa coi fatti che l'hanno preceduta, l'ha completata con le cose che la seguirono:
Spiritus Sanctus de illa per Prophetas praedixit, per oracula intimavit, per figuras innotuit, per praecedentia promisit, per subsequentia complevit» (S. Ildef., Lib. de Virg. Mariae).

Maria prefigurata
S. Damasceno dice: «Tu spiritalis es Eden. Te olim arca figuravit, Te rubus delineavit, tabulae a Deo exaratae exspresserunt, legis arca praenuntiavit, urna aurea, candelabrum, mensa, virga Aaronis quae floruit, aperte praesignarunt» (Orat. I De Dormit. Mariae).
Il Paradiso terrestre, l'arca di Noè, il roveto ardente, le tavole della legge, l'arca dell'alleanza, il vaso d'oro contenente manna, il candeliere d'oro che stava nel tabernacolo, la tavola dei pani della proposizione, la verga d'Aronne, la fornace di Babilonia erano altrettante figure di questa incomparabile Vergine.
Volle inoltre darci dei ritratti e delle immagini singolari dei suoi misteri, delle sue qualità, delle sue virtù e delle stesse più nobili facoltà del suo corpo verginale in più punti delle Scritture.


Al cap. XXIV dell'«Ecclesiastico» e nella «Cantica», la concezione immacolata è, rappresentata dal giglio che nasce in mezzo alle spine senza esserne ferito; 
la sua nascita, dall'aurora; 
la sua Assunzione dall'arca dell'alleanza che San Giovanni vide in Cielo; 
l'eminenza sublime della sua dignità, della sua potenza, della sua santità dalle altezze del cedro del Libano; 
la sua carità, dalla rosa; 
la sua umiltà, dal nardo; 
la sua pazienza, dalla palma; 
la sua misericordia, dall'olivo; 
la sua verginità, dalla porta chiusa del tempio, che Dio fece vedere ad Ezechiele.

JHS
MARIA!

Un ignobile business criminale

I migranti, "poverini", che usano Gesù come water
di Rino Cammilleri
03-05-2017
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Ecco, una notizia del genere fa torcere le budella dall’indignazione. E non solo ai credenti; vale per ogni persona di medio buonsenso. Cristo non è soltanto addirittura Dio per i cristiani, ma è anche –e dai tempi di Costantino- il simbolo stesso dell’Occidente. Venire a sapere che qualcuno ci defeca sopra sdegna e dovrebbe sdegnare tutti. Lo fanno in quel di Ventimiglia, indovinate chi? «Profughi», poverini. Se ne è accorto qualche giorno fa l’assessore regionale all’agricoltura ligure, Stefano Mai, che ha compiuto un sopralluogo lungo le sponde del fiume Roja.
Perché il sopralluogo? Per vedere che succede nella specie di tendopoli organizzata (da chi?) per dare riparo agli immigrati che rifiutano di andare nel centro di accoglienza gestito dalla Croce Rossa a Ventimiglia. Perché non ci vogliono andare? «Queste persone vivono in situazioni borderline e di clandestinità, sfuggendo ai controlli per entrare più facilmente in contatto con i passeurs, che quasi quotidianamente orbitano proprio in quell’area per prelevarli ed accompagnarli al di là del confine».
Insomma, «un ignobile business criminale», dice l’assessore. Il quale ha personalmente trovato il cesso all’aperto usato dai «profughi» (ripetiamo, poverini: l’aggettivo è sempre d’obbligo, ormai, a sentire i politicamente corretti e, ahimè, pure il papa): si tratta di una testa in marmo di Cristo, staccata da chissà quale statua (decapitazione: vi ricorda niente?) e ricoperta da più strati di escrementi, segno di abitudine collettiva e inveterata. Ora, è appena il caso di notare che la testa di una statua, data la sua forma ovale, non è la più adatta a fungere da water, perciò ogni ignoranza è esclusa.
No, l’atto è voluto, ed è –la si giri come si vuole- la peggiore offesa, ai cristiani e all’Occidente, che chi il cristianesimo e l’Occidente odia possa escogitare. A quale categoria di immigrati detti offensori appartengano è facile immaginare. Sì, perché un ateo o un animista non si accosciano per mettersi a evacuare nel modo più scomodo possibile. In altri luoghi del mondo (indovinate quali) intere cittadine sono intervenute a linciare poveracci solo sospettati di aver strappato una pagina del Libro. Una bambina di cinque anni, analfabeta e ritardata, ne aveva trovato un foglio per strada e ci aveva fatto i coriandoli per una festicciola: è stata sottratta a stento a una sorte terribile.
Asia Bibi è nella cella della morte da otto anni, e ben due politici, un ministro e un governatore, hanno pagato con la vita il tentativo di difenderla. Basta addirittura un equivoco, come nel caso della giovane coppia di coniugi gettati vivi in una fornace. O una semplice incomprensione (il famoso discorso di papa Ratzinger a Ratisbona scatenò pogrom anticristiani in Asia e in Africa). Nel caso dei defecatori di Ventimiglia si potrebbe sperare almeno nella riconoscenza per il Paese che li salva dalle acque, li ospita, li coccola. Seeeh! La loro «cultura» prevale su tutto e tutti, anche sul senso di umanità (sempre che sappiano che cosa sia).
Noi, che siamo di cultura signorilmente superiore (si potrà dire, o è politicamente scorretto?), anziché andare a prenderli a pedate del deretano glissiamo. Anzi, tra noi c’è pure chi è ideologicamente contento. L’assessore ligure si è stretto nelle spalle e ha abbozzato. Al massimo, potrà intervenire per l’inquinamento che quei gentiluomini provocano gettando nel fiume ogni  sorta di immondezza. Al massimo. E sarà fortunato se le anime belle nostrane non lo indurranno a lasciar correre, perché, si sa, ogni popolo ha la sua «cultura». 

Sean fuertes

SIATE FORTI

(OPUSCOLI DEL SERÁFICO PATRIARCA FRANCESCO D´ASSISI - BERNARDO DA FIVIZZANO - TIP. DELLA SS. CONCEZIONE DI R. RICCI. Latino e italiano: Vedi pag. 421-425.
http://archive.org/stream/MN5094ucmf_2#page/n433/mode/2up
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Traducciòn


"Poco antes de morir, San Francisco de Asís reunió a sus seguidores y les advirtió de los problemas venideros, diciendo:

«Sean fuertes, mis hermanos, tomen fuerza y crean en el Señor. Se acerca rápidamente el tiempo en el que habrá grandes pruebas y tribulaciones;
abundarán perplejidades y disensiones, tanto espirituales como temporales; la caridad de muchos se enfriará, y la malicia de los impíos se incrementará.

Los demonios tendrá un poder inusual; la pureza inmaculada de nuestra Orden y de otras, se oscurecerá en demasía, ya que habrá muy pocos cristianos que obedecerán al verdadero Sumo Pontífice y a la Iglesia Romana con corazones leales y caridad perfecta. En el momento de esta tribulación un hombre, elegido no canónicamente, se elevará al Pontificado, y con su astucia se esforzará por llevar a muchos al error y a la muerte.

Entonces, los escándalos se multiplicarán, nuestra Orden se dividirá, y muchas otras serán destruidas por completo, porque se aceptará el error en lugar de oponerse a él.

Habrá tal diversidad de opiniones y cismas entre la gente, entre los religiosos y entre el clero, que, si esos días no se acortaren, según las palabras del Evangelio, aun los escogidos serían inducidos a error, si no fuere que serán
especialmente guiados, en medio de tan grande confusión, por la inmensa misericordia de Dios.

Entonces, nuestra Regla y nuestra forma de vida serán violentamente combatidas por algunos, y vendrán terribles pruebas sobre nosotros.
Los que sean hallados fieles recibirán la corona de la vida, pero ¡ay de aquellos que, confiando únicamente en su Orden, se dejen caer en la tibieza!, porque no serán
capaces de soportar las tentaciones permitidas para prueba de los elegidos.

Aquellos que preserven su fervor y se adhieran a la virtud con amor y celo por la verdad, han de sufrir injurias y persecuciones; serán considerados como rebeldes y cismáticos, porque sus perseguidores, empujados por los malos  espíritus, dirán que están prestando un gran servicio a Dios mediante la destrucción de hombres tan pestilentes de la faz de la tierra. 

Pero el Señor ha de ser el refugio de los afligidos, y salvará a todos los que confían en Él. Y para ser
como su Cabeza, estos, los elegidos, actuarán con esperanza, y por su muerte comprarán para ellos mismos la vida eterna; eligiendo obedecer a Dios antes que
a los hombres, ellos no temerán nada, y han de preferir perecer antes que consentir en la falsedad y la perfidia.

Algunos predicadores mantendrán silencio sobre la verdad, y otros la hollarán bajo sus pies y la negarán. 
La santidad de vida se llevará a cabo en medio
de burlas, proferidas incluso por aquellos que la profesarán hacia el exterior, pues en aquellos días Nuestro Señor Jesucristo no les enviará a éstos un verdadero
Pastor, sino un destructor (exterminador)»
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cfr el original: 
http://archive.org/stream/MN5094ucmf_2#page/n433/mode/2up



JHS
MARIA!

BENEDETTO XVI CI PARLA DI SANT'AGOSTINO FIGLIO DI S.MONICA



Sant'Agostino di Ippona

Cari amici,

dopo la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani ritorniamo oggi alla grande figura di sant'Agostino. 
Il mio caro Predecessore Giovanni Paolo II gli ha dedicato nel 1986, cioè nel sedicesimo centenario della sua conversione, un lungo e denso documento, la Lettera apostolica Augustinum Hipponensem
Il Papa stesso volle definire questo testo “un ringraziamento a Dio per il dono fatto alla Chiesa, e per essa all'umanità intera, con quella mirabile conversione” (AAS, 74, 1982, p. 802). 

Sul tema della conversione vorrei tornare in una prossima Udienza. È un tema fondamentale non solo per la sua vita personale, ma anche per la nostra. Nel Vangelo di domenica scorsa il Signore stesso ha riassunto la sua predicazione con la parola: “Convertitevi”. Seguendo il cammino di sant'Agostino, potremmo meditare su che cosa sia questa conversione: è una cosa definitiva, decisiva, ma la decisione fondamentale deve svilupparsi, deve realizzarsi in tutta la nostra vita.

La catechesi oggi è dedicata invece al tema fede e ragione, che è un tema determinante, o meglio, il tema determinante per la biografia di sant'Agostino

Da bambino aveva imparato da sua madre Monica la fede cattolica. Ma da adolescente aveva abbandonato questa fede perché non poteva più vederne la ragionevolezza e non voleva una religione che non fosse anche per lui espressione della ragione, cioè della verità. La sua sete di verità era radicale e lo ha condotto quindi ad allontanarsi dalla fede cattolica. Ma la sua radicalità era tale che egli non poteva accontentarsi di filosofie che non arrivassero alla verità stessa, che non arrivassero fino a Dio. E a un Dio che non fosse soltanto un'ultima ipotesi cosmologica, ma che fosse il vero Dio, il Dio che dà la vita e che entra nella nostra stessa vita. 

Così tutto l'itinerario intellettuale e spirituale di sant'Agostino costituisce un modello valido anche oggi nel rapporto tra fede e ragione, tema non solo per uomini credenti ma per ogni uomo che cerca la verità, tema centrale per l'equilibrio e il destino di ogni essere umano. 

Queste due dimensioni, fede e ragione, non sono da separare né da contrapporre, ma piuttosto devono sempre andare insieme. Come ha scritto Agostino stesso dopo la sua conversione, fede e ragione sono “le due forze che ci portano a conoscere” (Contra Academicos, III, 20, 43). 

A questo proposito rimangono giustamente celebri le due formule agostiniane (Sermones, 43, 9) che esprimono questa coerente sintesi tra fede e ragione: crede ut intelligas (“credi per comprendere”) — il credere apre la strada per varcare la porta della verità — ma anche, e inseparabilmente, intellige ut credas (“comprendi per credere”), scruta la verità per poter trovare Dio e credere.

Le due affermazioni di Agostino esprimono con efficace immediatezza e con altrettanta profondità la sintesi di questo problema, nella quale la Chiesa cattolica vede espresso il proprio cammino. 

Storicamente questa sintesi va formandosi, prima ancora della venuta di Cristo, nell'incontro tra fede ebraica e pensiero greco nel giudaismo ellenistico. Successivamente nella storia questa sintesi è stata ripresa e sviluppata da molti pensatori cristiani. L'armonia tra fede e ragione significa soprattutto che Dio non è lontano: non è lontano dalla nostra ragione e dalla nostra vita; è vicino ad ogni essere umano, vicino al nostro cuore e vicino alla nostra ragione, se realmente ci mettiamo in cammino.

Proprio questa vicinanza di Dio all’uomo fu avvertita con straordinaria intensità da Agostino. La presenza di Dio nell’uomo è profonda e nello stesso tempo misteriosa, ma può essere riconosciuta e scoperta nel proprio intimo: non andare fuori – afferma il convertito – ma “torna in te stesso; nell’uomo interiore abita la verità; e se troverai che la tua natura è mutabile, trascendi te stesso

Ma ricordati, quando trascendi te stesso, che tu trascendi un’anima che ragiona. Tendi dunque là dove si accende la luce della ragione” (De vera religione, 39, 72). Proprio come egli stesso sottolinea, con un’affermazione famosissima, all’inizio delle Confessiones, autobiografia spirituale scritta a lode di Dio: “Ci hai fatti per te e inquieto è il nostro cuore, finché non riposa in te” (I, 1, 1).

La lontananza di Dio equivale allora alla lontananza da se stessi: “Tu infatti – riconosce Agostino (Confessiones, III, 6, 11) rivolgendosi direttamente a Dio – eri all’interno di me più del mio intimo e più in alto della mia parte più alta”, interior intimo meo et superior summo meo; tanto che – aggiunge in un altro passo ricordando il tempo antecedente la conversione – “tu eri davanti a me; e io invece mi ero allontanato da me stesso, e non mi ritrovavo; e ancora meno ritrovavo te” (Confessiones, V, 2, 2). Proprio perché Agostino ha vissuto in prima persona questo itinerario intellettuale e spirituale, ha saputo renderlo nelle sue opere con tanta immediatezza, profondità e sapienza, riconoscendo in due altri celebri passi delle Confessiones (IV, 4, 9 e 14, 22) che l’uomo è “un grande enigma” (magna quaestio) e “un grande abisso” (grande profundum), enigma e abisso che solo Cristo illumina e salva

Questo è importante: un uomo che è lontano da Dio è anche lontano da sé, alienato da se stesso, e può ritrovare se stesso solo incontrandosi con Dio. Così arriva anche a sé, al suo vero io, alla sua vera identità.

L’essere umano – sottolinea poi Agostino nel De civitate Dei (XII, 27) – è sociale per natura ma antisociale per vizio, ed è salvato da Cristo, unico mediatore tra Dio e l’umanità e “via universale della libertà e della salvezza”, come ha ripetuto il mio predecessore Giovanni Paolo II (Augustinum Hipponensem, 21): al di fuori di questa via, che mai è mancata al genere umano – afferma ancora Agostino nella stessa opera – “nessuno è stato mai liberato, nessuno viene liberato, nessuno sarà liberato” (De civitate Dei, X, 32, 2). In quanto unico mediatore della salvezza, Cristo è capo della Chiesa e a essa è misticamente unito al punto che Agostino può affermare: “Siamo diventati Cristo. Infatti se egli è il capo, noi le sue membra, l’uomo totale è lui e noi” (In Iohannis evangelium tractatus, 21, 8).

Popolo di Dio e casa di Dio, la Chiesa nella visione agostiniana è dunque legata strettamente al concetto di Corpo di Cristo, fondata sulla rilettura cristologica dell’Antico Testamento e sulla vita sacramentale centrata sull’Eucaristia, nella quale il Signore ci dà il suo Corpo e ci trasforma in suo Corpo. 

È allora fondamentale che la Chiesa, popolo di Dio in senso cristologico e non in senso sociologico, sia davvero inserita in Cristo, il quale – afferma Agostino in una bellissima pagina – “prega per noi, prega in noi, è pregato da noi; prega per noi come nostro sacerdote, prega in noi come nostro capo, è pregato da noi come nostro Dio: riconosciamo pertanto in lui la nostra voce e in noi la sua” (Enarrationes in Psalmos, 85, 1).

Nella conclusione della lettera apostolica Augustinum Hipponensem Giovanni Paolo II ha voluto chiedere allo stesso santo che cosa abbia da dire agli uomini di oggi e risponde innanzi tutto con le parole che Agostino affidò a una lettera dettata poco dopo la sua conversione: “A me sembra che si debbano ricondurre gli uomini alla speranza di trovare la verità” (Epistulae, 1, 1); quella verità che è Cristo stesso, Dio vero, al quale è rivolta una delle preghiere più belle e più famose delle Confessiones (X, 27, 38): “Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato! Ed ecco tu eri dentro e io fuori, e lì ti cercavo, e nelle bellezze che hai creato, deforme, mi gettavo. Eri con me, ma io non ero con te. Da te mi tenevano lontano quelle cose che, se non fossero in te, non esisterebbero. Hai chiamato e hai gridato e hai rotto la mia sordità, hai brillato, hai mostrato il tuo splendore e hai dissipato la mia cecità, hai sparso il tuo profumo e ho respirato e aspiro a te, ho gustato e ho fame e sete, mi hai toccato e mi sono infiammato nella tua pace”.

Ecco, Agostino ha incontrato Dio e durante tutta la sua vita ne ha fatto esperienza al punto che questa realtà – che è innanzi tutto incontro con una Persona, Gesù – ha cambiato la sua vita, come cambia quella di quanti, donne e uomini, in ogni tempo hanno la grazia di incontrarlo. Preghiamo che il Signore ci dia questa grazia e ci faccia trovare così la sua pace.

JHS
MARIA!