venerdì 13 gennaio 2017

E' DAVVERO PENOSO RIPORTARE CERTE COSE: MA BISOGNA SAPERE FINO A CHE PUNTO ARRIVA IL DIAVOLO


IN QUESTO BLOG I LETTORI generalmente HAN TROVATO PASCOLO SOSTANZIALE
INTORNO ALLE VERITÀ FONDAMENTALI  CATTOLICHE
SENZA INDUGIARE SUGL'ERRORI DEGLI ERETICI.
QUESTO POST POTREBBE  APPARIRE COME INVERSIONE DI MARCIA
MA COSÌ  NON È.  IL BUON CATTOLICO  DEVE CAPIRE COME STANNO LE COSE,
USARE IL CERVELLO  E    P R E G A R E



titolo cristo e i cristiani nel talmud


di Mons. Justinas Bonaventura Pranaitis

gesù cristo davanti a caifa

La storia dei rapporti tra cristianesimo ed ebraismo è senz'altro uno dei temi più discussi di questa nostra epoca. In questi ultimi anni, infatti, le autorità della sinagoga, appoggiate da influenti lobby ebraiche d'oltre Oceano, hanno esercitato forti pressioni sulla Gerarchia cattolica affinché quest'ultima, dopo aver rigettato con il Decreto conciliare Nostra Ætate(1965) il suo insegnamento bimillenario sulla religione ebraica, riconosca le proprie «colpe» e chieda pubblicamente perdono per avere ingiustamente perseguitato per secoli i figli d'Israele. Mentre però il presunto antisemitismo di cui viene accusata la Chiesa cattolica è motivo di reiterati e ormai quotidiani mea culpa, non risulta a tutt'oggi che alcun rappresentante delle varie comunità ebraiche abbia mai chiesto pubblicamente scusa alla Chiesa e ai cristiani per il più che accertato odio anticristiano di cui trasuda quel concentrato di «saggezza» rabbinica che è il Talmud... Leggere per credere.

 Presentazione

Secondo una convinzione comunemente diffusa tra i cristiani dei nostri giorni, il testo fondamentale sui cui poggia l'odierno ebraismo sarebbe
costituito dall'Antico Testamento, e in particolare dalla Toràh, ossia dai primi cinque Libri della Bibbia che contengono la Legge mosaica. In realtà, uno studio anche superficiale di questa religione rivelerebbe come tale convinzione sia errata e lontana dalla verità.

Per il fedele della sinagoga, infatti, il testo essenziale cui attingere per conoscere le norme da seguire e diventare un pio ebreo è il Talmud (dall'ebraico lamad, che significa «apprendimento», «dottrina, ammaestramento»). Per quanto ciò possa sembrare strano, l'ebraismo post-cristiano - quello cioè sviluppatosi dopo l'avvento del cristianesimo - ritiene che la Bibbia, al contrario del Talmud, sia un testo incompleto e di scarsa importanza.

Ma cos'è esattamente il Talmud? Trattasi di un'ampia raccolta di insegnamenti rabbinici che va dal I secolo a. C. al V sec. d. C. Il Talmud consta di due raccolte: la Mishnàh, la più antica, e la Ghemarà, la più recente. I maestri della Mishnàh abbracciano cinque o sei generazioni per un totale di centocinquanta autori. La prima edizione della Mishnàh, commentata dall'ebreo spagnolo Mosé Maimonide (1135-1204) venne stampata a Napoli nel 1492.

talmud
mosè maimonide
TalmudMosè Maimonide

Ma a dispetto delle altre religioni che cercano in tutti i modi di diffondere e far conoscere i loro testi sacri, l'ebraismo ha sempre cercato di occultare il suo libro fondamentale, fino a minacciare di scomunica, o nei casi più gravi di morte, chi ne avesse rivelato il contenuto ai non-ebrei. Nel XVII secochristianus in talmude iudeorum, sive rabbinicæ doctrinæ de christianis secretalo questo incomprensibile atteggiamento di totale chiusura verso l'esterno richiamò l'attenzione di molti studiosi cristiani (Wagenseil, Rohling, i due Buxtorf, Eisenmenger, Bartolocci, Imbonati, Pfefferkorn, ecc...) che hanno cercato di carpire il motivo di tale segretezza. Lo studio di questo testo - che altro non è che un codice di comportamento - condotto da questi profondi conoscitori dell'ebraico portò ad una prima importante scoperta: il rigido regime di separazione dagli altri popoli che vige presso gli ebrei trae le sue origini dall'insegnamento talmudico relativo ai non-ebrei, e in particolare ai cristiani. In effetti, il primo dato che emerse dalla lettura dei diversi trattati che compongono questo libro (Iore DeaOrac sciaimScioscen ammispat, ecc...) è che, in virtù della sua Alleanza con Yahwéh, l'ebreo si considera come una specie di superuomo, superiore a tutti gli altri suoi simili, una sorta di semidio con diritto di dominio su tutte le altre nazioni. Tuttavia, ciò che impressionò maggiormente questi studiosi cristiani durante la lettura dei vari trattati fu l'ossessiva istigazione del lettore all'odio verso Gesù Cristo (ritenuto un falso messia, un mago e quanto di peggio si possa immaginare) e verso i Suoi seguaci (considerati alla stregua di pagani idolatri da evitare o da sterminare). Temendo che la rivelazione delle maledizioni e degli insulti contro il cristianesimo contenuti nel Talmud scatenasse violente reazioni contro gli israeliti sparsi in tutto il mondo, i rabbini, riuniti in sinodo in Polonia, corsero ai ripari e diramarono un decreto che conteneva le seguenti istruzioni: «Poiché abbiamo saputo, come tutti i figli d'Israele, che molti cristiani cercano d'approfondire la lingua nella quale i nostri libri sono scritti, vi intimiamo, sotto pena di incorrere nella scomunica maggiore [...] di togliere dalle nuove edizioni della Mishnàh e dalla Ghemarà quanto si riferisce alle azioni di Gesù di Nazaret». Ecco dunque spiegato il motivo per cui le recenti traduzioni del Talmud (messe in vendita anche presso le librerie cattoliche) non contengono nemmeno uno dei passi che troverete citati dall'Autore in questo libretto. Nonostante questa cortina fumogena eretta dai giudei attorno al loro testo sacro, l'Autore del presente studio, Mons. Justinas Bonaventura Pranaitis (1861-1917) 1, riuscì verso la fine del XIX secolo scorso a venire in possesso di molti trattati originali in cui le maledizioni e gli improperi contro Cristo e i cristiani non erano stati amputati.

Nel 1892, con il titolo Christianus in Talmude Iudeorum, sive Rabbinicæ doctrinæ de Christianis secreta(«I cristiani nel Talmud, ossia la dottrina rabbinica segreta sui cristiani»), usciva la più completa e più accurata raccolta di massime talmudiche che sia mai stata pubblicata e che oggi vi ripresentiamo non certo per fomentare nel lettore volgari pulsioni antisemite, così aliene dallo spirito che anima le pagine del Vangelo, ma perché i cristiani tornino a operare per la conversione degli ebrei e a pregare secondo le intenzioni della Chiesa, così chiaramente espresse nella veneranda liturgia preconciliare del Venerdì Santo: «Affinché Dio, nostro Signore, tolga il velo dai loro cuori ed essi conoscano Gesù Cristo [...] e siano strappati alle loro tenebre».

PARTE PRIMA
LA DOTTRINA DEL TALMUD SUI CRISTIANI


Nella prima parte di questo libro, vedremo quali sono gli insegnamenti del Talmud sull'Autore della religione cristiana, Gesù Cristo; nella seconda, quello che esso prescrive circa i Suoi seguaci.

CAPITOLO I
GESÙ CRISTO NEL TALMUD

Molte sono le cose che si possono leggere nei diversi libri talmudici sull'origine di Gesù Cristo e sulla Sua vita, morte e dottrina. Tuttavia, bisogna avvertire che non sempre e dovunque Egli viene chiamato con lo stesso nome, ma con altri diversi quali «quell'uomo», «un tale», «il figlio del fabbro», «l'appeso», ecc...

 I nomi attribuiti a Gesù Cristo

Il vero nome di Gesù Cristo in ebraico è Iesciua Annostriossia «Gesù Nazareno»
Gesù viene chiamato Notsri dagli ebrei per via della città di Nazareth nella quale fu educato; per cui anche i cristiani nel Talmud sono chiamati notsrim. Poiché la voce Iesciua, che significa «salvezza», designa il Salvatore, di rado il nome di Gesù si incontra scritto per esteso nei libri ebraici 2, ma quasi sempre e ovunque si legge con l'abbreviazione Iesciu, nome che viene letto dagli ebrei con malizia, come se fosse originato dalle lettere iniziali delle tre parole Immasc' Sciemo Veziecro«Siano distrutti il suo nome e la sua memoria» 3.

Nel TalmudGesù Cristo viene chiamato oto isc, ovvero «quell'uomo», vale a dire «noto a tutti»
Nel trattato Aboda zara 6 a si legge: «Cristiano (è chiamato) colui che segue l'erronea dottrina di quell'uomo, il quale comanda che si consideri festivo il primo giorno dopo il sabato, e cioè che si santifichi il primo giorno dopo il sabato».

Più semplicementeGesù Cristo viene chiamato peloni, cioè «quel tale»
Nello Sciaghigà 4 b., si legge «Maria [...] madre di quel tale», così come viene denominata nello Sciabbat, 104 b. Vedremo ben presto come questa Maria altri non sia che la Madre di Gesù Cristo.

Con disprezzo, Cristo viene chiamato anche naggar bar naggar 4, ovvero il «fabbro» o il «figlio del fabbro»; o anche ben sciarasc'ètsim, ossia il «figlio del falegname» 5.

aboda zara
sciabbat
Aboda zaraSciabbat

Inoltre, gli ebrei lo chiamano talui, cioè «l'appeso»
Rabbi Samuel, figlio di Meir, nell'Ilcot acum di Mosè Maimonide, avverte subito che il giorno festivo di Natale e quello della Pasqua dei cristiani sono proibiti agli ebrei perché vengono celebrati «per il fatto che egli fu appeso» 6Rabbi Aben Esdra (1092-1167), nel Commentario al Libro della Genesi (Gn 27, 39), chiama talui colui la cui immagine l'Imperatore Costantino il Grande (280-337) pose nell'insegna: «Ai tempi di Costantino, che cambiò la religione e pose sul suo vessillo l'immagine dell'appeso».

l La vita di Gesù Cristo

Il Talmud insegna che Gesù era impuro e figlio di donna mestruata 7, che aveva l'anima di Esaù ed era stolto, prestigiatore, seduttore e idolatra. Fu crocifisso, sepolto nell'inferno e divenne l'idolo dei suoi seguaci.

Gesù Cristo era bastardo e figlio di donna mestruata
Nel trattato Callà 1 b. (18 b.), viene narrata questa storia: «Un giorno, mentre alcuni vecchi sedevano davanti alla porta della città, si presentarono loro due adolescenti, uno dei quali aveva il capo coperto e l'altro l'aveva lasciato scoperto. Di quell'adolescente che aveva scoperto il capo, Rabbi Eliezer disse che era un "mamzer", cioè un "impuro". Rabbi Ieosciua disse che egli era "ben niddà", ovvergesù cristo luce del mondoo che era stato concepito da una donna mestruata. Rabbi Achiba, invece, affermò che egli non soltanto era impuro, ma anche figlio di donna mestruata. Poiché gli astanti domandarono a Rabbi Achiba il motivo di tale contraddizione verso i suoi colleghi, egli rispose loro che avrebbe confermato quanto aveva asserito. Andò quindi dalla madre di questo fanciullo, e avendola trovata al mercato intenta a vendere legumi, le disse: "Figlia mia, se tu mi vorrai rispondere con tutta verità a ciò che sto per domandarti, io ti prometto di fare tutto il possibile perché tu abbia a godere dell'esistenza anche nell'altra vita". E poiché ella chiedeva che l'altro confermasse con un giuramento quanto aveva promesso, Rabbi Achiba giurò, ma soltanto con le labbra, perché in cuor suo rese subito vano il giuramento. Dopodiché, Rabbi Achiba domandò: "Dimmi: chi è tuo figlio"? Ella rispose: "Quando celebrai le mie nozze mi trovavo nel periodo delle mestruazioni, per cui mio marito si allontanò da me. Ma il mio compare si unì a me e da questo amplesso nacque questo mio figlio". Da ciò risultò chiaro che questo fanciullo era non soltanto impuro, ma anche figlio di donna mestruata. A questa dimostrazione tutti gli astanti esclamarono: "Grande fu Rabbi Achiba quando corresse i suoi dottori". E subito aggiunsero: "Benedetto il Signore Dio d'Israele che rivelò il suo arcano a Rabbi Achiba, figlio di Giuseppe"». Come gli ebrei applichino questo passo a Gesù Cristo e a Maria SS.ma lo dimostra chiaramente il loro libro Toldoth Iesciu, che in ebraico significa «Origini di Gesù», dove, quasi con le stesse parole, è narrata la nascita del nostro Salvatore 8. Sempre in questo senso un'altra narrazione è data nel Sanhedrin 67 a«Fra tutti coloro che, per aver contravvenuto alla legge, sono ritenuti rei di morte, solo verso questi ultimi 9 essi procedono, per l'accertamento delle loro colpe, servendosi di insidie.

E quali insidie preparano? Predispongono una stanza interna illuminata da una candela, e collocano testimoni in un'anticamera, in modo che essi possano vedere il tentatore e udirne le parole, ma non questi quelli. Colui che era stato dapprima circuito dal tentatore improvvisamente domanda a quest'ultimo: "Ti prego: ripetimi qui in segreto, ciò che prima mi hai detto". Se l'altro aderisce, subito il tentato gli chiede: "In che vergine mariamodo abbandoneremo il Signore nostro che è nei cieli e serviremo gli idoli"? Se a queste parole il tentatore si converte o ha comunque resipiscenze, bene; ma se invece esclama: "Ecco il nostro dovere; ecco quello che dobbiamo fare in tutto e per tutto", allora i testimoni che sono nella stanza esterna e che hanno ascoltato tutto, subito lo conducano in giudizio e lo lapidino. Così fecero al figlio di "stada" ("meretrice") in Lud, e lo crocifissero la sera di Pasqua. Questo figlio di "stada" ("meretrice") dev'essere inoltre considerato figlio di "pandira". Poiché disse Rabbi Sciasda: "Il marito di sua madre, "stada pandira", è Pafo, figlio di Giuda 10Ma io aggiungo che sua madre è stata la meretrice Maria di Magdala, cioè quella tale acconciatrice di teste femminili, la quale, come dicono nel Pumbaditano, si allontanò da suo marito"». Ciò equivale a dire che anche Maria SS.ma veniva chiamata stada, cioè «meretrice», perché, secondo i Pumbaditani, aveva tradito il marito con adulterio. Simili cose si possono leggere nel Talmud di Gerusalemme 11 e in Maimonide 12. Per quanto riguarda quella Maria di cui è fatta sopra menzione, di essa si dice nel trattato Sciaghigà 4 b«Trovandosi un giorno Rabbi Bibai presso l'Angelo della morte gli disse: "Va, e portami qui Maria acconciatrice di capelli muliebri" (che equivale a dire: "Va, e uccidila"). L'Angelo andò e gli portò Maria acconciatrice di fanciulli (vale a dire un'altra Maria)». Una glossa marginale illustra così questo passo: «Questa storia di Maria acconciatrice di capelli muliebri accadde sotto la seconda casa. Ella fu quindi la madre di N. ("peloni"), come si legge nel trattato Sciabbat» (fol. 104 b). Nondimeno, nello Sciabbat questo episodio viene così riportato: «Disse Rabbi Eliezer ai sapienti: "Non fu forse il figlio di "stada" ("meretrice") a fare uscire le arti magiche dall'Egitto per mezzo di un taglio nella propria carne"? Essi risposero: "Egli fu stolto, e non si chiede l'approvazione degli stolti. Il figlio di "stada", il figlio di "pandira"...», come sopra nel Sanhedrin 67 a».

Tale magia, operata dal figlio di stada, viene così spiegata nel libro Bet Jacob, f. 127 a: «Prima di uscire dall'Egitto, i Magi investigarono minuziosamente dappertutto che non trafugassero l'arte magica per mezzo di qualche scritto, in modo che la potessero poi insegnare agli altri popoli. Perciò, egli escogitò un nuovo sistema, e fu quello di scrivere l'arte magica sulla pelle o d'includervela sotto. La ferita, non appena sanata, non l'avrebbe certamente lasciata scoprire» 13«Da tutto ciò - dice Johannes Buxtorf (1564-1629) 14 - si può capire in modo non troppo oscuro chi mai sia stato "ben stada" ("il figlio della meretrice") o chi mai, esaminati tutti i punti, per lui debba intendersi. Comunque, molte considerazioni dimostrano che nonostante i rabbini nelle addizioni talmudiche si sforzino di dichiarare che essi non vogliono riferirsi a Gesù Nazareno e cerchino di coprire la loro malizia, tuttavia la frode si viene subito a scoprire poiché appare manifesto che essi, nello scrivere tali cose, non vogliono altro intendere e scrivere che di Lui. Infatti: in primo luogo, egli è chiamato anche ben pandira. E che così fosse chiamato da loro Gesù Nazareno appare evidente anche in altri punti nel Talmud 15, dove si fà espressa menzione di "Gesù, figlio di pandira". Anche San Giovanni Damasceno (675-750) 16 nella genealogia di Cristo menziona le parole "pantheræ" e "bar pantheræ". In secondo luogo, questa "stada" ("meretrice") si dice che fosse Maria, e questa Maria viene anche detta madre di "peloni", di N., e con questa espressione si vuole senza dubbio identificare Gesù Cristo. Gli ebrei, infatti, usano mascherare il Suo nome perché si vergognano di pronunciarlo. Se fossero a nostra portata di mano i manoscritti originali, la cosa sarebbe chiaramente provata. Appare dunque evidente che anche questo fu uno dei nomi attribuito alla Madre di Gesù Nazareno. In terzo luogo, Egli viene chiamato "seduttore del popolo". E che per tale fosse ritenuto Cristo dagli ebrei, lo attesta il Vangelo stesso 17, mentre gli scritti odierni confermano che anche oggi gli israeliti lo considerano come tale 18. In quarto luogo, si dice che fosse chiamato l'"appeso"; in ciò è chiaro il riferimento alla crocifissione di Gesù Cristo, specialmente se si aggiunge la circostanza di tempo - la sera di Pasqua - la quale si accorda con il tempo della crocifissione di Nostro Signore.

Nel Sanhedrin 43 a., così essi scrivono: "La sera di Pasqua crocifissero Gesù". In quinto luogo, perché nel Talmud di Gerusalemme si parla di due discepoli dei sapienti posti come vedette e come testimoni, e quindi prodotti contro di Lui. Ciò deve riferirsi a quei due falsi testimoni dei quali fanno menzione gli evangelisti San Matteo 19 e San Luca 20. In sesto luogo, perché del medesimo "ben stada" scrivono che in un taglio della propria carne egli trafugò le arti magiche dall'Egitto. Qualcosa di simile riferiscono a proposito di Gesù Cristo nel velenosissimo libro "Toldoth Iesciu". In settimo luogo, e in questo si accorda anche il periodo di tempo, perché si dice che questo "ben stada" sia vissuto ai giorni di Pappo, figlio di Ieuda, il quale fu contemporaneo di Rabbi Achiba.

Achiba, inoltre, visse al tempo dell'Ascensione di Cristo e oltre. Anche Maria si dice che sia vissuta sotto il secondo tempio. Sommando le cose, risulta chiaro a tutti come in questi passi gli ebrei, in modo subdolo e blasfemo, vogliano intendere sotto il nome di figlio di "stada" non altro che il nome "figlio di Maria", ossia Gesù Cristo. Il fatto che a queste interpretazioni si oppongano altre circostanze non significa nulla. Ciò non è nuovo nei libri dei giudei, poiché essi cercano di mascherare la verità ai cristiani con l’inganno» 21.

- Inoltre, «nei libri più segreti che cercano di non far cadere facilmente nelle mani dei cristiani, gli ebrei dicono che lo spirito di Esaù è passato in Gesù Cristo, il quale è stato tanto empio quanto Esaù stesso» 22.

- Da qualcuno Egli viene chiamato anche stolto e demente 23«Dissero i Sapienti ad Eliezaro: "Stoltofu il figlio di "stada" ("meretrice") e non si chiede l’approvazione degli stolti"».

toldot yeshuGesù Cristo era un prestigiatore e praticava le arti magiche
Nel nefando libro Toldot Yeschu, il nostro Salvatore viene sacrilegalmente bestemmiato con queste parole: «Disse Gesù: "Non hanno forse così profetizzato di me Isaia e Davide miei proavi? Il Signore mi disse: "Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato" 24. Così in altro passo: "Disse il Signore al mio Signore: "Siedi alla mia destra" 25. Ora io salirò verso il Padre mio che sta nei cieli e siederò alla sua destra e questo voi vedrete con i vostri occhi; ma tu Giuda 26 non riuscirai mai ad elevarti fino a Lui". Pronunciò quindi Gesù il gran nome di Dio (IHWH), ed ecco che subito si levò un gran vento che lo sollevò fra il cielo e la terra. Anche Giuda pronunciò quel nome e anche lui fu sollevato dal vento tra il cielo e la terra. In questo modo, entrambi volteggiavano nell'aria davanti allo stupore di tutti gli astanti. Allora Giuda, pronunciato nuovamente il nome divino, afferrò Gesù cercando di precipitarlo a terra. E Gesù, allo stesso modo di Giuda, cercava di precipitare l'altro. Così l'uno e l'altro, alternatamente, si colluttavano. Vedendo allora Giuda di non poterla avere vinta, orinò sopra Gesù e così, essendosi resi immondi, caddero entrambi a terra e non poterono più pronunciare il nome divino prima di essersi purificati». Davvero non so se siano degni di misericordia piuttosto che di odio quelli che prestano fede a simili menzogne fabbricate dal demonio in persona 27. In un altro passo dello stesso libro, viene narrato come nel Santuario vi fosse una pietra che il Patriarca Giacobbe aveva spalmato d'olio 28. In questa pietra erano scritte le lettere del tetragramma IHVH 29 e tutti gli studiosi israeliti sostenevano che la pronuncia di questo nome avrebbe devastato il mondo. Perciò, deliberarono che nessuno potesse comprenderlo, e misero due cani legati a due colonne di ferro davanti al Santuario.

Se mai qualcuno avesse interpretato il valore di quelle lettere, nell'atto di uscire dal Santuario, atterrito dall'abbaiare dei cani, avrebbe completamente perduto la memoria di esse. «Venne Gesù, entrò nel Santuario, interpretò il valore di quelle lettere, le scrisse su una pergamena, tagliò un lembo di carne dal proprio femore e ve la nascose; quindi, pronunciato il nome divino, la pelle si richiuse» 30.

Gesù Cristo era idolatra
Nel trattato Sanhedrin 103 a., le parole del Salmo 91, versetto 10 «e la piaga non si avvicinerà al tuo tabernacolo», sono così spiegate: «Perché non vi sia tuo figlio o il tuo discepolo il quale cosparga di troppo sale, e troppo salando corrompa pubblicamente il suo cibo, come Gesù Nazareno». Bruciare il cibo o cospargerlo con troppo sale o troppo condimento viene proverbialmente detto di chi corrompe i suoi costumi, devia dalla sua strada e macchia il suo buon nome; in una parola, di colui il quale passa all'eresia e all'idolatria diffondendole e difendendole pubblicamente 31.

Gesù Cristo era un tentatore
Nello stesso Sanhedrin 107 b. si legge: «Disse Mar: "Gesù corruppe, tentò e perse Israele.

Gesù fu crocifisso
Già sopra abbiamo visto come Egli abbia scontato con una morte ignominiosa la pena della sua empietà e dei suoi delitti, essendo stato appeso al patibolo della Croce la sera di Pasqua.

Gesù Cristo fu sepolto nell'inferno
Lo Zohar 282 b. dice come Gesù sia perito come una bestia e sia stato sepolto fra le bestie«Mucchio di sporcizie [...] su cui sono stati gettati i cani morti e gli asini morti, e dove sono sepolti i figli di Esaù (i cristiani) e quelli di Ismaele (i musulmani); ivi sono sepolti anche Gesù e Maometto, incirconcisi e immondi, carogne di cani» 32.

http://www.crisinellachiesa.it/articoli/giudaismo/cristo_e_i_cristiani_nel_talmud/cristo_e_i_cristiani_nel_talmud.htm

AMDG et BVM

IL SINCRETISMO RAMPANTE

Il vescovo di Palermo, Mons. Lorefice, ha ceduto in comodato l’antico Oratorio di Santa Maria del sabato all’Unione delle comunità ebraiche italiane, che ne faranno un “luogo di studio e di culto”.
di Cristiano Lugli
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Il sincretismo rampante che da quasi sessant’anni spopola in Roma, definito dal documento conciliare Nostra ætate e confermato con gli incontri “ecumenici” di Assisi – dal 1986 fino ad ora e senza eccezioni – oggi fa un ulteriore e siginificativo passo avanti.
Come mi insegnava un bravo sacerdote con una metafora – che potrebbe forse risultare un po’ cruda a chi è debole di stomaco – la situazione attuale è simile ad un corpo morto il quale, appena morto, risulta ancora totalmente intatto, composto nella bellezza che lo ha distinto in vita, quasi occupato a dormire; man mano che il tempo passa però, il corpo (non più intatto) perde il vigore e la bellezza, lasciando spazio alla decomposizione organica che ne consegue.
L’odierna situazione non dà spazio ad interpretazioni diverse, purtroppo.
Ma tutto questo, per arrivare a parlare di cosa? Del trionfo sincretista celebrato a Palermo, con imprimatur di Mons. Corrado Lorefice, arcivescovo della città siciliana.
La bella novità riguarda i “fratelli maggiori” ebrei, che a più di cinquecento anni dall’espulsione decretata dagli spagnoli torneranno ad avere una sinagoga nel capoluogo di Sicilia.
Il luogo di culto tanto amato dai “dialogatori” del nouvelle ecumenisme avrà sede non in un edificio nuovo o vomunque precedentemente laico ma in un oratorio cattolico, precisamente nell’Oratorio di Santa Maria del Sabato, una piccola chiesa da tempo inutilizzata, divenuta dimora “del ragno e della lucertola”, situato proprio nella zona dove un tempo si trovavano gli antichi quartieri ebraici della Guzzetta e della Meschita.
Il vescovo Lorefice (che certamente non ignora che i “fratelli maggiori” definiscono i cristiani “goyim” maiali, o bestiame in senso lato), visti i presupposti che tanto ci accomunano (!) agli ebrei, ha deciso di accogliere una richiesta di un luogo di studio e di “culto” per l’intera comunità ebraica di Palermo, suggerita da Evelyne Aouate, presidente dell’Istituto Siciliano di Studi Ebraici e ha ceduto in comodato l’Oratorio alla comunità ebraica.
La data scelta per dare l’annuncio ufficiale è proprio oggi, così da rimarcare – per non farsi mancare nulla – l’anniversario del decreto datato 12 gennaio 1493, con cui gli spagnoli applicarono anche in Sicilia il provvedimento con il quale Isabella di Castiglia e Fernando d’Aragona, solo un anno prima, avevano ordinato l’espulsione degli ebrei dai loro possedimenti.
L’importante notizia sarebbe dovuta rimanere riservata proprio fino ad oggi, però le comunità ebraiche nazionali (e si può immaginare pure sovranazionali) non sono riuscite a mantenere nascosto l’entusiasmo per aver “acquisito” un luogo di culto cattolico, cosicché la Jewish Telegraphic Agency, una delle maggiori agenzie di informazione del mondo ebraico, ne ha prontamente dato notizia due giorni fa.
Per l’inaugurazione odierna non sarà tuttavia presente l’arcivescovo di Palermo, per un viaggio già programmato a Gerusalemme, dove si recherà ovviamente in visita al muro del Pianto, insieme a una piccola delegazione proveniente dalla Sicilia.
I festeggiamenti a Palermo avranno comunque luogo senza di lui, nella sede dell’Archivio Storico Comunale, poco lontano dalla chiesa in questione; proprio qui si terrà una cerimonia pubblica sulla storia dell’esilio degli ebrei siciliani, alla presenza del vicario episcopale monsignor Raffaele Mangano, della storica Serena Di Nepi e di Pierpaolo Pinhas Punturello, rappresentante per l’Italia dell’associazione ebraica Shavei Israel.
Per quanto riguarda la “cessione” della piccola e storica chiesetta, tutto è stato fatto per bene, visto che l’Oratorio di Santa Maria del Sabato sarà ceduto in comodato d’uso all’Unione della Comunità ebraiche italiane, in attesa che a Palermo si costituisca una vera e propria comunità ebraica, ad oggi non ancora consolidatasi in città.
La “parola diocesana” su questo fatto è stata lasciata a don Pietro Magro, già Direttore dell’Ufficio per la pastorale dell’Ecumenismo e del dialogo interreligioso (e chi meglio di lui, dunque), che ha però voluto sottolineare come questa decisione sia partita prima ancora dal Vescovo:
«È stato un gesto voluto personalmente dall’arcivescovo Lorefice. Il senso vuole essere proprio quello di ridare una casa agli ebrei che da qui vennero espulsi. E si inserisce nel cammino più ampio di dialogo e amicizia che a Palermo vede una grande sintonia tra la comunità cattolica e le altre comunità religiose».
Nel complesso in cui è situato l’Oratorio, ricordiamolo, ora “in comodato d’uso agli ebrei”, fino al 1493 sorgeva invece una sinagoga, che dopo i decreti sopra menzionati lasciò il posto alla fede cattolica, in Roma (un tempo) solennemente rappresentata.
Don Pietro Magro ha tenuto a sottolineare che il nome dell’Oratorio rimanda all’ebraismo:
«Il riferimento al sabato nel nome è dovuto al fatto che i confratelli di quell’oratorio raccoglievano di sabato le offerte per la confraternita. Non c’è dunque un legame diretto con la presenza ebraica precedente. Ma è ugualmente bello che nella sua storia questo luogo abbia mantenuto un nome che evoca lo shabbat».
Volentieri ricordiamo agli instancabili sostenitori del dialogo ciò che pensano i “fratelli maggiori” di noi cristiani cattolici, ma prima ancora quel che pensano di Nostro Signore Gesù Cristo e della Santa Vergine, come riportato nel Talmud, che forse dovrebbero avere la decenza di leggersi. Qui è scritto che Gesù era un bastardo e figlio di una donna impura (Trattato Kallah 1 b (18 b)). Che aveva in sé l’anima di Esaù ed era stolto, prestigiatore, seduttore e idolatra. Ancora vien detto nel Talmud che fu crocifisso e sepolto nell’inferno, divenendo l’idolo dei cristiani. Nel Sanhedrin 67 a, si legge che Gesù era figlio di una meretrice, che fu crocifisso la sera di Pasqua, che sua madre fu la prostituta Maria Maddalena. La Madonna è chiamata meretrix o «Stada» poiché secondo i perfidi giudei aveva tradito il marito con adulterio. 
Ancora nello Schabbath 104 b, Gesù è chiamato stolto e demente, prestigiatore, mago. Lo Zohar 282 b dice che Gesù morì come una bestia e fu sepolto tra le bestie. Nello Iore Dea 150, 3. Hagah e 141, 1 Hagah si parla del disprezzo da portare alla Croce, che «dev’essere ritenuta come un idolo e non è lecito usarne prima di distruggerla». Nell’Abhoda Zarah 6 a. Toseph si afferma che il cristiano è chiunque «segue l’errore di colui che comandò di santificare il primo giorno dopo il Sabato».
È davvero penoso (e ce ne scusiamo con i lettori) riportare queste cose, peraltro scritte e mai mutate dagli stessi a cui oggi vengono date chiese, in nome del “dialogo” e della “pace”; tuttavia, nel caso in cui non fosse ancora sufficiente quanto riportato dal libro del Talmud, rimandiamo Lorefice &Co. agli approfonditi studi riportati qui http://www.crisinellachiesa.it/articoli/giudaismo/cristo_e_i_cristiani_nel_talmud/cristo_e_i_cristiani_nel_talmud.htm  ad opera del fine teologo Mons. Justinas Bonaventura Pranaitis, profondo conoscitore della storia e del linguaggio ebraico.
In conclusione, ciò che è certo è il messaggio, forte e chiaro: non c’è più posto per i cattolici nelle chiese e del resto pare proprio non esserci più posto per il Cattolicesimo nella Chiesa. Il tutto ha una sua logica nei progetti di questa nefanda neo-chiesa che si adopera per sgretolare le fondamenta della Verità dall’interno, costituendosi e manifestandosi in un modo ingannevole tipico di Satana, scimmiottando e tentando di deridere la Sposa di Cristo. Il tutto con il beneplacito di coloro che dovrebbero spendere tutto per difenderla, perfino il sangue rappresentato dal color porpora che, quando capita, indossano.
Un nuovo scempio è stato compiuto; ancor meglio potremmo parlare di profanazione del Tempio di Dio, ceduto a coloro che quel Dio, l’unico Dio, ancora non l’hanno riconosciuto, né mostrano di pensare diversamente dal loro antenato, Caifa.

Il Magistero di Benedetto XVI: Il Papa: Cari genitori, nel domandare il Battesimo...

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BATTESIMO DI GESU'



Sermone di san Gregorio Nazianzeno
Discorso sui santi Lumi

Non posso contenere gli slanci della gioia, ma ho il cuore sussultante e commosso: e dimentico della mia propria piccolezza, brucio dalla voglia di compiere l'ufficio, o meglio ministero del grande Giovanni: e sebbene io non sia il precursore, pure ne vengo dall'eremo. Cristo riceve dunque il sacramento dell'illuminazione, o piuttosto egli illumina noi col suo fulgore: Cristo è battezzato, discendiamo anche noi con lui per ascendere egualmente con lui.


Giovanni battezza, e Gesù viene a lui, santificando certo anche lui che lo battezza, ma soprattutto per seppellire nelle acque il vecchio Adamo, e innanzi tutto, perché con ciò venissero santificate le acque del Giordano: affinché com'egli era spirito e carne, cosi quelli che sarebbero in spirito battezzati, venissero santificati per la virtù dello spirito e per l'elemento dell'acqua. Il Battista si rifiuta, Gesù insiste. «Io, dice, devo essere battezzato da te» (Matth. 3,14). La lucerna lo dice al. Sole, e la voce parla al Verbo.

Gesù esce dall'acqua, traendo seco in certo qual modo e sollevando il mondo sommerso: e vede non già dividersi, ma aprirsi il cielo, che altra volta il primo Adamo aveva chiuso dietro di sé per sé e per noi; così, come era stato chiuso il paradiso terrestre e interdettone l'ingresso con una spada di fuoco. Lo Spirito Santo rende testimonianza: le somiglianze sono in perfetta armonia. La testimonianza viene dal cielo: perché dal cielo è disceso colui, cui (lo Spirito) rende testimonianza.



Lettura del santo Vangelo secondo Giovanni
Joannes 1:29-34
In quell'occasione: Giovanni vide Gesù venire a sé, e disse: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo. Eccetera.

Omelia di sant'Agostino Vescovo
Trattato 6 su Giovanni, prima della metà

Prima che il Signore andasse nel Giordano a ricevere il battesimo da Giovanni, questi lo conosceva, come lo indica con quelle parole: «Tu vieni da me per essere battezzato? son io che devo essere battezzato da te» (Matth. 3,14). Ecco dunque ch'egli conosceva il Signore, conosceva il Figlio di Dio. Come proviamo ch'egli sapeva già che Gesù battezzerebbe nello Spirito Santo? Prima che questi arrivasse al fiume, mentre molti correvano da Giovanni per essere battezzati, disse loro: «Quanto a me, io vi battezzo con acqua; ma colui che viene dopo di me è più grande di me, cui non son degno di sciogliere il legaccio dei calzari: egli vi battezzerà nello Spirito Santo e nel fuoco» (Lue. 3,16). Egli sapeva già anche questo.


Che apprese egli dunque per mezzo della colomba, perché non sia poi tacciato di menzogna (il che ci guardi Dio dal pensare) se non che ci sarebbe stata in Cristo una certa quale proprietà per la quale la santità del battesimo, sebbene amministrato da molti ministri sia giusti che ingiusti, non sarebbe attribuita se non a colui sul quale discese la colomba, e del quale è detto: «Questi è che battezza nella Spirito Santo?» (Joann. 1, 1). Battezzi pure Pietro, è lui che battezza: battezzi Paolo, è lui che battezza: battezzi Giuda, è lui che battezza. Infatti se la santità del battesimo è in proporzione dei meriti di coloro che battezzano, come c'è diversità di meriti, così ci sarà pure diversità di battesimi: e ognuno crederà d'aver ricevuto un sacramento migliore, quanto più il ministro sembrerà meritevole.

Gli stessi santi (comprendetelo bene, o fratelli), i buoni appartenenti alla colomba, appartenenti alla sorte di questa beata Gerusalemme, gli stessi buoni che fanno parte della Chiesa, dei quali l'Apostolo dice: «Il Signore sa quelli che sono suoi» (2 Tim. 2,19), hanno ricevuto grazie differenti, non tutti hanno gli stessi meriti. Gli uni sono più santi degli altri, gli uni migliori degli altri. Come dunque, per esempio, se uno è battezzato da un ministro giusto e santo, e l'altro da uno inferiore in merito davanti a Dio, inferiore di grado, inferiore per continenza, inferiore per santità di vita, come nondimeno ricevono tutti due una medesima e pari e uguale grazia, se non perché è lui che battezza?