domenica 14 agosto 2016

Sant’Antonio parla della preghiera


Benedetto XVI  
VOLETE INNAMORARVI DI PIU' DI SANT'ANTONIO? COMINCIAMO COL GUSTARE QUANTO CI INSEGNA PAPA BENEDETTO XVI IN QUESTA STUPENDA UDIENZA

S. ANTONIO DI PADOVA
sac. e Dott. della Chiesa (1195-1231)
Papa Benedetto XVI 
Udienza Generale S. Antonio di Padova
10 febbraio 2010

Oggi vorrei parlare di un santo appartenente alla prima generazione dei Frati Minori: Antonio di Padova o, come viene anche chiamato, da Lisbona, riferendosi alla sua città natale. Si tratta di uno dei santi più popolari in tutta la Chiesa Cattolica, venerato non solo a Padova, dove è stata innalzata una splendida Basilica che raccoglie le sue spoglie mortali, ma in tutto il mondo. Sono care ai fedeli le immagini e le statue che lo rappresentano con il giglio, simbolo della sua purezza, o con il Bambino Gesù tra le braccia, a ricordo di una miracolosa apparizione menzionata da alcune fonti letterarie.
Antonio ha contribuito in modo significativo allo sviluppo della spiritualità francescana, con le sue spiccate doti di intelligenza, di equilibrio, di zelo apostolico e, principalmente, di fervore mistico.

Nacque a Lisbona da una nobile famiglia, intorno al 1195, e fu battezzato con il nome di Fernando. Entrò fra i Canonici che seguivano la regola monastica di sant’Agostino, dapprima nel monastero di San Vincenzo a Lisbona e, successivamente, in quello della Santa Croce a Coimbra, rinomato centro culturale del Portogallo. Si dedicò con interesse e sollecitudine allo studio della Bibbia e dei Padri della Chiesa, acquisendo quella scienza teologica che mise a frutto nell’attività di insegnamento e di predicazione. 
A Coimbra avvenne l’episodio che impresse una svolta decisiva nella sua vita: qui, nel 1220 furono esposte le reliquie dei primi cinque missionari francescani, che si erano recati in Marocco, dove avevano incontrato il martirio. La loro vicenda fece nascere nel giovane Fernando il desiderio di imitarli e di avanzare nel cammino della perfezione cristiana: egli chiese allora di lasciare i Canonici agostiniani e di diventare Frate Minore. La sua domanda fu accolta e, preso il nome di Antonio, anch’egli partì per il Marocco, ma la Provvidenza divina dispose altrimenti. In seguito a una malattia, fu costretto a rientrare in Italia e, nel 1221, partecipò al famoso “Capitolo delle stuoie” ad Assisi, dove incontrò anche san Francesco. 

Successivamente, visse per qualche tempo nel totale nascondimento in un convento presso Forlì, nel nord dell’Italia, dove il Signore lo chiamò a un’altra missione. Invitato, per circostanze del tutto casuali, a predicare in occasione di un’ordinazione sacerdotale, mostrò di essere dotato di tale scienza ed eloquenza, che i Superiori lo destinarono alla predicazione. Iniziò così in Italia e in Francia, un’attività apostolica tanto intensa ed efficace da indurre non poche persone che si erano staccate dalla Chiesa a ritornare sui propri passi. 
Antonio fu anche tra i primi maestri di teologia dei Frati Minori, se non proprio il primo. Iniziò il suo insegnamento a Bologna, con la benedizione di san Francesco, il quale, riconoscendo le virtù di Antonio, gli inviò una breve lettera, che si apriva con queste parole: “Mi piace che insegni teologia ai frati”. Antonio pose le basi della teologia francescana che, coltivata da altre insigni figure di pensatori, avrebbe conosciuto il suo apice con san Bonaventura da Bagnoregio e il beato Duns Scoto.

Diventato Superiore provinciale dei Frati Minori dell’Italia settentrionale, continuò il ministero della predicazione, alternandolo con le mansioni di governo. Concluso l’incarico di Provinciale, si ritirò vicino a Padova, dove già altre volte si era recato. Dopo appena un anno, morì alle porte della Città, il 13 giugno 1231. Padova, che lo aveva accolto con affetto e venerazione in vita, gli tributò per sempre onore e devozione. Lo stesso Papa Gregorio IX, che dopo averlo ascoltato predicare lo aveva definito “Arca del Testamento”, lo canonizzò solo un anno dopo la morte nel 1232, anche in seguito ai miracoli avvenuti per la sua intercessione.

Nell’ultimo periodo di vita, Antonio mise per iscritto due cicli di “Sermoni”, intitolati rispettivamente “Sermoni domenicali” e “Sermoni sui Santi”, destinati ai predicatori e agli insegnanti degli studi teologici dell’Ordine francescano. 

In questi Sermoni egli commenta i testi della Scrittura presentati dalla Liturgia, utilizzando l’interpretazione patristico-medievale dei quattro sensi, quello letterale o storico, quello allegorico o cristologico, quello tropologico o morale, e quello anagogico, che orienta verso la vita eterna. Oggi si riscopre che questi sensi sono dimensioni dell’unico senso della Sacra Scrittura e che è giusto interpretare la Sacra Scrittura cercando le quattro dimensioni della sua parola. 
Questi Sermoni di sant’Antonio sono testi teologico-omiletici, che riecheggiano la predicazione viva, in cui Antonio propone un vero e proprio itinerario di vita cristiana. È tanta la ricchezza di insegnamenti spirituali contenuta nei “Sermoni”, che il Venerabile Papa Pio XII, nel 1946, proclamò Antonio Dottore della Chiesa, attribuendogli il titolo di “Dottore evangelico”, perché da tali scritti emerge la freschezza e la bellezza del Vangelo; ancora oggi li possiamo leggere con grande profitto spirituale.
In questi Sermoni sant’Antonio parla della preghiera come di un rapporto di amore, che spinge l’uomo a colloquiare dolcemente con il Signore, creando una gioia ineffabile, che soavemente avvolge l’anima in orazione. Antonio ci ricorda che la preghiera ha bisogno di un’atmosfera di silenzio che non coincide con il distacco dal rumore esterno, ma è esperienza interiore, che mira a rimuovere le distrazioni provocate dalle preoccupazioni dell’anima, creando il silenzio nell’anima stessa. 
Secondo l’insegnamento di questo insigne Dottore francescano, la preghiera è articolata in quattro atteggiamenti, indispensabili, che, nel latino di Antonio, sono definiti così: obsecratio, oratio, postulatio, gratiarum actio. 
Potremmo tradurli nel modo seguente: 
*aprire fiduciosamente il proprio cuore a Dio; questo è il primo passo del pregare, non semplicemente cogliere una parola, ma aprire il cuore alla presenza di Dio; 
*poi colloquiare affettuosamente con Lui, vedendolo presente con me; 
*e poi – cosa molto naturale - presentargli i nostri bisogni; 
*infine lodarlo e ringraziarlo.
In questo insegnamento di sant’Antonio sulla preghiera cogliamo uno dei tratti specifici della teologia francescana, di cui egli è stato l’iniziatore, cioè il ruolo assegnato all’amore divino, che entra nella sfera degli affetti, della volontà, del cuore, e che è anche la sorgente da cui sgorga una conoscenza spirituale, che sorpassa ogni conoscenza. Infatti, amando, conosciamo.
Scrive ancora Antonio: “La carità è l’anima della fede, la rende viva; senza l’amore, la fede muore” (Sermones Dominicales et Festivi II, Messaggero, Padova 1979, p. 37).
Soltanto un’anima che prega può compiere progressi nella vita spirituale: è questo l’oggetto privilegiato della predicazione di sant’Antonio. Egli conosce bene i difetti della natura umana, la nostra tendenza a cadere nel peccato, per cui esorta continuamente a combattere l’inclinazione all’avidità, all’orgoglio, all’impurità, e a praticare invece le virtù della povertà e della generosità, dell’umiltà e dell’obbedienza, della castità e della purezza. 
Agli inizi del XIII secolo, nel contesto della rinascita delle città e del fiorire del commercio, cresceva il numero di persone insensibili alle necessità dei poveri. 
Per tale motivo, Antonio più volte invita i fedeli a pensare alla vera ricchezza, quella del cuore, che rendendo buoni e misericordiosi, fa accumulare tesori per il Cielo. “O ricchi - così egli esorta - fatevi amici… i poveri, accoglieteli nelle vostre case: saranno poi essi, i poveri, ad accogliervi negli eterni tabernacoli, dove c’è la bellezza della pace, la fiducia della sicurezza, e l’opulenta quiete dell’eterna sazietà” (Ibid., p. 29).
Non è forse questo, cari amici, un insegnamento molto importante anche oggi, quando la crisi finanziaria e i gravi squilibri economici impoveriscono non poche persone, e creano condizioni di miseria? Nella mia Enciclica Caritas in veritate ricordo: “L’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento, non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica della persona” (n. 45).
Antonio, alla scuola di Francesco, mette sempre Cristo al centro della vita e del pensiero, dell’azione e della predicazione. È questo un altro tratto tipico della teologia francescana: il cristocentrismo
Volentieri essa contempla, e invita a contemplare, i misteri dell’umanità del Signore, l’uomo Gesù, in modo particolare, il mistero della Natività, Dio che si è fatto Bambino, si è dato nelle nostre mani: un mistero che suscita sentimenti di amore e di gratitudine verso la bontà divina.
Da una parte la Natività, un punto centrale dell’amore di Cristo per l’umanità, ma anche la visione del Crocifisso ispira ad Antonio pensieri di riconoscenza verso Dio e di stima per la dignità della persona umana, così che tutti, credenti e non credenti, possano trovare nel Crocifisso e nella sua immagine un significato che arricchisce la vita. 
Scrive sant’Antonio: “Cristo, che è la tua vita, sta appeso davanti a te, perché tu guardi nella croce come in uno specchio. Lì potrai conoscere quanto mortali furono le tue ferite, che nessuna medicina avrebbe potuto sanare, se non quella del sangue del Figlio di Dio. Se guarderai bene, potrai renderti conto di quanto grandi siano la tua dignità umana e il tuo valore... In nessun altro luogo l’uomo può meglio rendersi conto di quanto egli valga, che guardandosi nello specchio della croce” (Sermones Dominicales et Festivi III, pp. 213-214).

Meditando queste parole possiamo capire meglio l'importanza dell'immagine del Crocifisso per la nostra cultura, per il nostro umanesimo nato dalla fede cristiana. Proprio guardando il Crocifisso vediamo, come dice sant'Antonio, quanto grande è la dignità umana e il valore dell'uomo. In nessun altro punto si può capire quanto valga l'uomo, proprio perché Dio ci rende così importanti, ci vede così importanti, da essere, per Lui, degni della sua sofferenza; così tutta la dignità umana appare nello specchio del Crocifisso e lo sguardo verso di Lui è sempre fonte del riconoscimento della dignità umana.
Cari amici, possa Antonio di Padova, tanto venerato dai fedeli, intercedere per la Chiesa intera, e soprattutto per coloro che si dedicano alla predicazione; preghiamo il Signore affinché ci aiuti ad imparare un poco di questa arte da sant’Antonio. 

I predicatori, traendo ispirazione dal suo esempio, abbiano cura di unire solida e sana dottrina, pietà sincera e fervorosa, incisività nella comunicazione. 
In quest’anno sacerdotale, preghiamo perché i sacerdoti e i diaconi svolgano con sollecitudine questo ministero di annuncio e di attualizzazione della Parola di Dio ai fedeli, soprattutto attraverso le omelie liturgiche. Siano esse una presentazione efficace dell’eterna bellezza di Cristo, proprio come Antonio raccomandava: “Se predichi Gesù, egli scioglie i cuori duri; se lo invochi, addolcisci le amare tentazioni; se lo pensi, ti illumina il cuore; se lo leggi, egli ti sazia la mente” (Sermones Dominicales et Festivi III, p. 59).

AMDG et BVM

Sull'OMELIA: Alcuni appunti purtroppo dimenticati



La primissima regola che un sacerdote deve rispettare prima di salire sull' altare è quella della preghiera. 


"Una omelia -  dice don Umberto Neri - se non è accompagnata dalla preghiera diventa superficiale e incomprensibile". 



Altri canoni fondamentali sono: 

lo studio dei passi biblici, 
la messa al bando di frasi fatte o formule precostituite, 
l' uso delle parole semplici e 
di uno schema precedentemente preparato. 


Il predicatore, inoltre, 

deve evitare improvvisazioni, 
leggere con voce calma e attenta punteggiatura, 
deve usare parole umili e discorsive prive di espressioni altisonanti


Ma soprattutto, il prete non deve mai dimenticarsi che "Gesù parlava a tutti con la semplicità delle parabole". 

sabato 13 agosto 2016

Dieci ragioni...


Dieci ragioni comparative di superiorità della Messa tradizionale sulla nuova

Vogliamo edificare i nostri lettori, laici e ancor più i sacerdoti, con la traduzione di un breve articolo di Padre Mark, priore benedettino a Tulsa, USA (dove il trad-friendly vescovo Slattery ha installato questo nuovo monastero, con il carisma specifico dell'Adorazione Eucaristica per la santificazione dei sacerdoti). Il religioso spiega di avere iniziato, cinque anni fa, a celebrare la Messa rivolto "spalle al popolo" (come i novatori amano dire; anzi amavano: ora non ci ridono più e preferiscono cambiare argomento). Messa novus ordo, dapprima; dopo il motu proprio, Messa di sempre. Leggete quindi le ragioni per cui ritiene nettamente superiore la celebrazione tradizionale; lo leggano in particolare i preti che ancora non si sono cimentati con questa forma di celebrazione: gustate et videte quam suavis est Dominus.
Enrico

Il 17 Dicembre 2010 segnerà il quinto anniversario del mio celebrare davanti all'altare ad orientem per il Santo Sacrificio della messa. Ho iniziato a offrire la S. Messa esclusivamentead orientem presso il monastero della Croce gloriosa, dove ho servito per un certo numero di anni come cappellano. Ho preparato il cambiamento nell'avvento 2005 con un'appropriata catechesi mistagogica e pastorale.
Poi è venuto Summorum Pontificum

Dopo il 14 settembre 2007, il Summorum Pontificum ha reso molto più facile celebrare il rito tradizionale della Santa Messa e, dopo aver iniziato la mia missione a Tulsa, ho celebrato in forma straordinaria ogni giorno, non avendo alcun desiderio e non vedendo alcuna necessità, nel contesto della vita monastica contemplativa, di celebrare in forma ordinaria.
Nessun ritorno

Ciò detto, dopo cinque anni di celebrazione ad orientem, posso dire che mai ho voglia di ritornare in posizione versus populum. Quando viaggio, io sono, tuttavia, talvolta obbligato a celebrare versus populum, in particolare in Irlanda, in Francia e in Italia; ciò mi lascia una sensazione di inadeguatezza estrema. Soffro di quello che potrei solo descrivere come una mancanza di sacro pudore, o di modestia di fronte ai Santi Misteri. Quando sono obbligato a celebrare versus populum, mi sento visceralmente, per così dire, che c'è qualcosa di molto sbagliato - teologicamente, spiritualmente e antropologicamente - nell’offerta del Santo Sacrificio girato verso l’assemblea.
Dieci vantaggi

Quali sono i vantaggi di stare all'altare rivolto ad orientem, come li ho sperimentati negli ultimi due anni [ossia, utilizzando la forma straordinaria: gli ultimi due anni sono successivi al motu proprio]? Me ne vengono subito alla mente dieci:
  1. Il Santo Sacrificio della Messa è percepito con una direzione e una messa a fuoco teocentriche
  2. Ai fedeli è risparmiato il faticoso clericocentrismo che ha tanto sopraffatto la celebrazione della Santa Messa negli ultimi quarant 'anni.
  3. E’ diventato di nuovo evidente che il canone della messa (Prex Eucharistica) è indirizzato al Padre, dal sacerdote, in nome di tutti.
  4. Il carattere sacrificale della Messa è meravigliosamente espresso e affermato.
  5. Quasi impercettibilmente si scopre la giustezza di pregare in silenzio in alcuni momenti, di recitare alcune parti della messa dolcemente e di cantillare gli altri.
  6. Offre al sacerdote celebrante il vantaggio di una santa modestia.
  7. Mi trovo sempre più identificato con Cristo, eterno sommo sacerdote e Hostia perpetua, nella liturgia del Santuario celeste, oltre il velo, davanti al volto del Padre.
  8. Durante il canone della messa ricevo la grazia di un profondo raccoglimento.
  9. Le persone sono diventate più riverenti nel loro comportamento.
  10. L'intera celebrazione della Santa messa ha guadagnato in riverenza, attenzione e devozione.


LO SPLENDORE DI UN CUORE VERGINALE


+Oggi sono stata svegliata da un gran temporale.44
Infuriava un vento impetuoso ed una pioggia tale che sembrava si fossero squarciate le nuvole.
Cadevano fulmini ogni momento.
Mi sono messa a pregare perché il temporale non facesse alcun danno.
Ad un tratto ho udito queste parole: « Recita la coroncina che ti ho insegnato e il temporale cesserà ».
Ho cominciato subito a recitare la coroncina e non l'avevo ancora finita che il temporale è cessato improvvisamente ed ho udito queste parole: « Con essa otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia volontà ».

+Una volta che pregavo per la Polonia, udii queste parole: « Amo la Polonia in modo particolare e, se ubbidirà al Mio volere, l'innalzerò in potenza e santità.
Da essa uscirà la scintilla che preparerà il mondo alla Mia ultima venuta ».

+ Ti saluto, o Amore nascosto, vita della mia anima.
Ti saluto, Gesù, sotto le tenui apparenze del pane.
Ti saluto, mia dolcissima Misericordia che ti riversi su tutte le anime.
Ti saluto, bontà infinita, che spandi all'intorno torrenti di grazie.
Ti saluto, splendore velato, luce delle anime.
Ti saluto, sorgente inesauribile di Misericordia, fonte purissima dalla quale sgorga per noi la vita e la santità.
Ti saluto, delizia dei cuori puri.
Ti saluto, unica speranza delle anime peccatrici.
O mio Gesù, Tu sai che ci sono dei momenti nei quali non ho né pensieri elevati né estro di spirito.
Sopporto pazientemente me stessa e riconosco che questa sono proprio io, poiché tutto ciò che è bello in me è grazia di Dio.
Allora mi umilio profondamente ed invoco il Tuo aiuto e la grazia della Tua presenza non tarda a giungere in un cuore umile.

+O vergine, o fiore stupendo,
Non resterai più a lungo in questo mondo.
Quanto è bella la tua leggiadria
O Mia casta sposa!
Nessuna cifra può indicare
Quanto è prezioso il tuo fiore verginale.
Il tuo splendore da nulla offuscato.
E coraggioso, forte, invincibile.
Perfino lo splendore del sole pomeridiano
Pare spento ed opaco di fronte ad un cuore verginale.
Non vedo nulla più grande della verginità,
E un fiore estratto dal Cuore di Dio.
O vergine mite, rosa profumata,
Benché molte siano le croci qui in terra,
Occhio non vide né entrò in mente di uomo
Quello che attende una vergine in cielo.
O vergine, o giglio bianco come la neve,
Tu vivi totalmente e solo per Gesù,
E nel puro calice del tuo cuore
C'è una confortevole dimora per Dio stesso.
O vergine, nessuno riesce a cantare il tuo inno,
Nel tuo canto c'è nascosto l'amore di Dio,
Gli stessi angeli non comprendono
Ciò che le vergini cantano a Dio.
O vergine, il tuo fiore di paradiso
Mette in ombra tutti gli splendori del mondo,
E benché il mondo non possa comprenderti,
China umilmente la fronte davanti a te.
Benché la strada di una vergine sia cosparsa di spine,
E la sua vita irta di croci di vario genere,
Chi è così valoroso come lei?
Nulla la spezza, è invincibile.
O vergine, angelo in terra,
La tua grandezza è nota in tutta la Chiesa.
Tu fai la guardia davanti al tabernacolo,
E come un Serafino ti trasformi tutta in amore.

El Rosario es el arma
potente que el maligno
no osa ni siquiera mirar...

ROSARI... ROSARI... ANCORA ROSARI... CON QUELLI MIA MADRE DEI FIORI MI DA'


ASSUNZIONE DELLA PERFETTA SANTA VERGINE MARIA MADRE DI DIO E MADRE NOSTRA

Il beato Transito di Maria 10.649 all'entrare del suo settantatreesimo anno di vita. (Quest'ultima data colta da: Josefa Menendez "Invito all'amore". Berruti, Torino 1948, p. 550). 
L'Assunzione di Maria Santissima in Cielo 10.650


*

649 • Transito beato di Maria Ss. 10 35
650 • Assunzione gloriosa di Maria Ss. 10 36
651 • Riflessioni sul Transito di Maria Ss., sulla sua Assunzione e sulla sua Regalità.


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