giovedì 4 agosto 2016

IL VERO STATO DELLE ANIME


CAPITOLO V
 IL VERO STATO DELLE ANIME

L’umanità è passata per tre stati successivi, il primo dopo la caduta fino a Mosè e si chiama stato della legge di natura; il secondo da Mosè a nostro Signore ed è lo stato della legge scritta; il terzo da nostro Signore fino a noi, lo stato di grazia che durerà fino alla fine dei tempi.

Sant’Agostino li riassume in tre parole: «Ante legem, sub lege, sub gratia» e, andando più lontano, osserva che questi diversi stati della umanità s’incontrano facilmente nelle anime le quali possono stare «Ante legem», o «sub lege» o «sub gratia».

Un’anima sta «Ante legem» quando sta nell’ignoranza, sia perché non le fu data l’istruzione, sia perché l’ha trascurata, non conoscendone il valore.

Un’anima è «sub lege» quando conosce il bene che deve fare e il male che deve evitare; ma o perché non ha ancora ricevuto la fede, o perché ha trascurato il vivere secondo la fede, sta in peccato pur sapendo che cos’è il peccato.

Un anima è «sub gratia», quando, con conoscenza, ha ricevuto il dono della fede e la grazia di vivere secondo la fede che opera per mezzo della carità: «La fede che opera per mezzo della carità» (Gal. 5,6).

In questo felice stato d’anima cammina in pace nella via dei santi comandamenti: ama le leggi di Dio e soprattutto Dio; è libera nel bene che ama e avanza con fiducia verso la ricompensa che Dio le promette. Bisogna fare questa distinzione nelle anime per proporzionare le istruzioni alla loro necessità e per non esigere da esse ciò che sorpasserebbe le loro forze. Cosi un’anima che sta ancora «ante legem» ha maggior bisogno di ricevere di quanto non è capace di dare; in essa la buona volontà consiste nel ricevere la luce nella misura che le è data, e non le si deve chiedere di più.

L’anima, poi, che è «sub lege» ha bisogno di essere illuminata intorno alla natura della fede, ai misteri dell’Incarnazione, della redenzione, della grazia medicinale del Salvatore, e della natura della carità. Ha bisogno di essere portata alla preghiera e soprattutto al desiderio di una grazia maggiore e più abbondante.

L’anima che sta «sub gratia» chiede di essere ben istruita sulla natura della grazia, della sua gratuità, della sua necessità e sulle sue meravigliose operazioni, e così rimettendosi ad essa con amore, possa camminare nelle strade di tutte le buone opere.

Tale anima ha pur bisogno di essere istruita e affermata nell’umiltà onde non esporsi alle cadute: «Chi crede di stare in piedi guardi di non cadere» (I Cor. 10,12). «Tu resti li in ragione della fede. Non montare in superbia, ma temi» (Rm. 11,20). 

Da qui la necessità che l’istruzione sia proporzionata allo stato delle anime, e che da parte loro l’azione risponda all’istruzione: sarebbe grande sventura chiedere loro più di quanto possono davanti a Dio: per esempio se si volesse condurre alla comunione chi non è neppure «sub lege» o chi stesse «ante legem» in una deplorevole ignoranza Il male fatto alle anime, agendo in questo modo, è incalcolabile e tanto più deplorevole in quanto si sono usati i sacramenti che sono stati ricevuti senza conoscenza, senza preparazione, senza frutto e senza gusto: per cui i sacramenti ricevuti in tal maniera spesso sono gli ultimi sacramenti.

San Domenico di Guzman sproni noi tutti ad essere ferventi nella preghiera, coraggiosi a vivere la fede, profondamente innamorati di Gesù Cristo

DE EN ES FR HR IT PT ]

BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 3 febbraio 2010  

 [Video]

San Domenico di Guzman

Cari fratelli e sorelle,

la settimana scorsa ho presentato la luminosa figura di Francesco d’Assisi, quest’oggi vorrei parlarvi di un altro santo che, nella stessa epoca, ha dato un contributo fondamentale al rinnovamento della Chiesa del suo tempo. Si tratta di san Domenico, il fondatore dell’Ordine dei Predicatori, noti anche come Frati Domenicani.

Il suo successore nella guida dell’Ordine, il beato Giordano di Sassonia, offre un ritratto completo di san Domenico nel testo di una famosa preghiera: “Infiammato dello zelo di Dio e di ardore soprannaturale, per la tua carità senza confini e il fervore dello spirito veemente ti sei consacrato tutt’intero col voto della povertà perpetua all’osservanza apostolica e alla predicazione evangelica”. E’ proprio questo tratto fondamentale della testimonianza di Domenico che viene sottolineato: parlava sempre con Dio e di Dio. Nella vita dei santi, l’amore per il Signore e per il prossimo, la ricerca della gloria di Dio e della salvezza delle anime camminano sempre insieme.

Domenico nacque in Spagna, a Caleruega, intorno al 1170. Apparteneva a una nobile famiglia della Vecchia Castiglia e, sostenuto da uno zio sacerdote, si formò in una celebre scuola di Palencia. Si distinse subito per l’interesse nello studio della Sacra Scrittura e per l’amore verso i poveri, al punto da vendere i libri, che ai suoi tempi costituivano un bene di grande valore, per soccorrere, con il ricavato, le vittime di una carestia.


Ordinato sacerdote, fu eletto canonico del capitolo della Cattedrale nella sua diocesi di origine, Osma. Anche se questa nomina poteva rappresentare per lui qualche motivo di prestigio nella Chiesa e nella società, egli non la interpretò come un privilegio personale, né come l’inizio di una brillante carriera ecclesiastica, ma come un servizio da rendere con dedizione e umiltà. Non è forse una tentazione quella della carriera, del potere, una tentazione da cui non sono immuni neppure coloro che hanno un ruolo di animazione e di governo nella Chiesa? Lo ricordavo qualche mese fa, durante la consacrazione di alcuni Vescovi: “Non cerchiamo potere, prestigio, stima per noi stessi. Sappiamo come le cose nella società civile, e, non di rado nella Chiesa, soffrono per il fatto che molti di coloro ai quali è stata conferita una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità” (Omelia. Cappella Papale per l’Ordinazione episcopale di cinque Ecc.mi Presuli, 12 Settembre 2009).

Il Vescovo di Osma, che si chiamava Diego, un vero e zelante pastore, notò ben presto le qualità spirituali di Domenico, e volle avvalersi della sua collaborazione. Insieme si recarono nell’Europa del Nord, per compiere missioni diplomatiche affidate loro dal re di Castiglia. Viaggiando, Domenico si rese conto di due enormi sfide per la Chiesa del suo tempo: l’esistenza di popoli non ancora evangelizzati, ai confini settentrionali del continente europeo, e la lacerazione religiosa che indeboliva la vita cristiana nel Sud della Francia, dove l’azione di alcuni gruppi eretici creava disturbo e l’allontanamento dalla verità della fede. L’azione missionaria verso chi non conosce la luce del Vangelo e l’opera di rievangelizzazione delle comunità cristiane divennero così le mète apostoliche che Domenico si propose di perseguire. 

Fu il Papa, presso il quale il Vescovo Diego e Domenico si recarono per chiedere consiglio, che domandò a quest’ultimo di dedicarsi alla predicazione agli Albigesi, un gruppo eretico che sosteneva una concezione dualistica della realtà, cioè con due principi creatori ugualmente potenti, il Bene e il Male. Questo gruppo, di conseguenza, disprezzava la materia come proveniente dal principio del male, rifiutando anche il matrimonio, fino a negare l’incarnazione di Cristo, i sacramenti nei quali il Signore ci “tocca” tramite la materia, e la risurrezione dei corpi. Gli Albigesi stimavano la vita povera e austera – in questo senso erano anche esemplari – e criticavano la ricchezza del Clero di quel tempo. Domenico accettò con entusiasmo questa missione, che realizzò proprio con l’esempio della sua esistenza povera e austera, con la predicazione del Vangelo e con dibattiti pubblici. A questa missione di predicare la Buona Novella egli dedicò il resto della sua vita. I suoi figli avrebbero realizzato anche gli altri sogni di san Domenico: la missione ad gentes, cioè a coloro che ancora non conoscevano Gesù, e la missione a coloro che vivevano nelle città, soprattutto quelle universitarie, dove le nuove tendenze intellettuali erano una sfida per la fede dei colti.

Questo grande santo ci rammenta che nel cuore della Chiesa deve sempre bruciare un fuoco missionario, il quale spinge incessantemente a portare il primo annuncio del Vangelo e, dove necessario, ad una nuova evangelizzazione: è Cristo, infatti, il bene più prezioso che gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni luogo hanno il diritto di conoscere e di amare! Ed è consolante vedere come anche nella Chiesa di oggi sono tanti – pastori e fedeli laici, membri di antichi ordini religiosi e di nuovi movimenti ecclesiali – che con gioia spendono la loro vita per questo ideale supremo: annunciare e testimoniare il Vangelo!

A Domenico di Guzman si associarono poi altri uomini, attratti dalla stessa aspirazione. In tal modo, progressivamente, dalla prima fondazione di Tolosa, ebbe origine l’Ordine dei Predicatori. Domenico, infatti, in piena obbedienza alle direttive dei Papi del suo tempo, Innocenzo III e Onorio III, adottò l’antica Regola di sant’Agostino, adattandola alle esigenze di vita apostolica, che portavano lui e i suoi compagni a predicare spostandosi da un posto all’altro, ma tornando, poi, ai propri conventi, luoghi di studio, preghiera e vita comunitaria. In particolar modo, Domenico volle dare rilievo a due valori ritenuti indispensabili per il successo della missione evangelizzatrice: la vita comunitaria nella povertà e lo studio.

Anzitutto, Domenico e i Frati Predicatori si presentavano come mendicanti, cioè senza vaste proprietà di terreni da amministrare. Questo elemento li rendeva più disponibili allo studio e alla predicazione itinerante e costituiva una testimonianza concreta per la gente. Il governo interno dei conventi e delle provincie domenicane si strutturò sul sistema di capitoli, che eleggevano i propri Superiori, confermati poi dai Superiori maggiori; un’organizzazione, quindi, che stimolava la vita fraterna e la responsabilità di tutti i membri della comunità, esigendo forti convinzioni personali. La scelta di questo sistema nasceva proprio dal fatto che i Domenicani, come predicatori della verità di Dio, dovevano essere coerenti con ciò che annunciavano. La verità studiata e condivisa nella carità con i fratelli è il fondamento più profondo della gioia. Il beato Giordano di Sassonia dice di san Domenico: “Egli accoglieva ogni uomo nel grande seno della carità e, poiché amava tutti, tutti lo amavano. Si era fatto una legge personale di rallegrarsi con le persone felici e di piangere con coloro che piangevano” (Libellus de principiis Ordinis Praedicatorum autore Iordano de Saxonia, ed. H.C. Scheeben, [Monumenta Historica Sancti Patris Nostri Dominici, Romae, 1935]).

In secondo luogo, Domenico, con un gesto coraggioso, volle che i suoi seguaci acquisissero una solida formazione teologica, e non esitò a inviarli nelle Università del tempo, anche se non pochi ecclesiastici guardavano con diffidenza queste istituzioni culturali. Le Costituzioni dell’Ordine dei Predicatori danno molta importanza allo studio come preparazione all’apostolato. 
Domenico volle che i suoi Frati vi si dedicassero senza risparmio, con diligenza e pietà; uno studio fondato sull’anima di ogni sapere teologico, cioè sulla Sacra Scrittura, e rispettoso delle domande poste dalla ragione. Lo sviluppo della cultura impone a coloro che svolgono il ministero della Parola, ai vari livelli, di essere ben preparati. Esorto dunque tutti, pastori e laici, a coltivare questa “dimensione culturale” della fede, affinché la bellezza della verità cristiana possa essere meglio compresa e la fede possa essere veramente nutrita, rafforzata e anche difesa. In quest’Anno Sacerdotale, invito i seminaristi e i sacerdoti a stimare il valore spirituale dello studio. La qualità del ministero sacerdotale dipende anche dalla generosità con cui ci si applica allo studio delle verità rivelate.

Domenico, che volle fondare un Ordine religioso di predicatori-teologi, ci rammenta che la teologia ha una dimensione spirituale e pastorale, che arricchisce l’animo e la vita. I sacerdoti, i consacrati e anche tutti i fedeli possono trovare una profonda “gioia interiore” nel contemplare la bellezza della verità che viene da Dio, verità sempre attuale e sempre viva. Il motto dei Frati Predicatori - contemplata aliis tradere – ci aiuta a scoprire, poi, un anelito pastorale nello studio contemplativo di tale verità, per l’esigenza di comunicare agli altri il frutto della propria contemplazione.


Quando Domenico morì nel 1221, a Bologna, la città che lo ha dichiarato patrono, la sua opera aveva già avuto grande successo. L’Ordine dei Predicatori, con l’appoggio della Santa Sede, si era diffuso in molti Paesi dell’Europa a beneficio della Chiesa intera. 

Domenico fu canonizzato nel 1234, ed è lui stesso che, con la sua santità, ci indica due mezzi indispensabili affinché l’azione apostolica sia incisiva. 

Anzitutto, la devozione mariana, che egli coltivò con tenerezza e che lasciò come eredità preziosa ai suoi figli spirituali, i quali nella storia della Chiesa hanno avuto il grande merito di diffondere la preghiera del santo Rosario, così cara al popolo cristiano e così ricca di valori evangelici, una vera scuola di fede e di pietà. 
In secondo luogo, Domenico, che si prese cura di alcuni monasteri femminili in Francia e a Roma, credette fino in fondo al valore della preghiera di intercessione per il successo del lavoro apostolico. Solo in Paradiso comprenderemo quanto la preghiera delle claustrali accompagni efficacemente l’azione apostolica! A ciascuna di esse rivolgo il mio pensiero grato e affettuoso.

Cari fratelli e sorelle, la vita di Domenico di Guzman sproni noi tutti ad essere ferventi nella preghiera, coraggiosi a vivere la fede, profondamente innamorati di Gesù Cristo. Per sua intercessione, chiediamo a Dio di arricchire sempre la Chiesa di autentici predicatori del Vangelo.


Saluti:
J’accueille avec joie les pèlerins francophones particulièrement les élèves et les professeurs des collèges Fénelon et du Sacré-Cœur, et ceux de l’Institut Saint Dominique, de Rome. Que Notre Dame du Rosaire, patronne le l’Ordre Dominicain, vous aide à découvrir la présence du Christ dans votre vie et à le suivre généreusement chaque jour. Que Dieu vous bénisse!
I offer a warm welcome to the English-speaking visitors present at today’s Audience, especially those from England, Nigeria and the United States. My greetings also go to the students present, including those from Loyola University Chicago, Rome Campus. Upon all of you I willingly invoke God’s abundant blessings.
Von Herzen heiße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher willkommen. Bitten wir Gott um geistige Kraft, wie Dominikus mutig und freudig den Glauben an Christus zu bezeugen und seine Liebe den Menschen weiterzuschenken. Der Herr geleite euch auf allen euren Wegen.
Saludo a los fieles de lengua española venidos de España y diversos países de Latinoamérica, en particular a los jóvenes provenientes de Chile. Por intercesión de Santo Domingo, suplico a Dios que nunca falten en la Iglesia auténticos misioneros y valientes predicadores del Evangelio. Muchas gracias.
Amados peregrinos de língua portuguesa, uma cordial saudação de boas-vindas para todos, com votos de que a vossa visita ao lugar da Confissão de Pedro seja rica de graças e luzes do Alto, que vos ajudem a ser sempre autênticas e incansáveis testemunhas de Cristo. Em seu Nome, dou-vos a minha Bênção, extensiva a vossos familiares e comunidades cristãs.
Saluto in lingua polacca:
Witam polskich pielgrzymów. Wczoraj obchodziliśmy święto Ofiarowania Pańskiego, z którym jest związany dzień życia konsekrowanego. Wszystkim osobom konsekrowanym, zakonnicom, zakonnikom i świeckim, dziękujemy za duchowe, pasterskie i misyjne dzieło, jakie spełniają w Kościele zgodnie z ich charyzmatem. Polecam ich waszym codziennym modlitwom. Niech Bóg wam błogosławi!
Traduzione italiana
Saluto i pellegrini polacchi. Ieri abbiamo celebrato la festa della Presentazione del Signore, con la quale è legata la giornata della vita consacrata. Ringraziamo tutte le persone consacrate, le religiose, i religiosi e i laici per la loro opera spirituale, pastorale e missionaria che compiono nella Chiesa secondo il loro carisma. Li affido alle vostre quotidiane preghiere. Dio vi benedica!
* * *
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i Vescovi partecipanti all'incontro internazionale promosso dalla Comunità di sant'Egidio, ed auspico che questi giorni di riflessione e di preghiera siano fruttuosi per il ministero che ciascuno è chiamato a svolgere nella propria Diocesi. Saluto i rappresentanti dell’Unione sportiva “Anagni Calcio” e gli artisti del “Circo Americano”, della Famiglia Togni, e li incoraggio ad operare con generoso impegno nei rispettivi ambiti per contribuire a costruire un futuro migliore per tutti. 
Desidero, infine, indirizzare il mio pensiero a voi, cari giovanimalati e sposi novelli. Ricorre oggi la memoria liturgica del martire S. Biagio e nei prossimi giorni ricorderemo altri martiri: sant’Agata, S. Paolo Miki e compagni giapponesi. Il coraggio di questi eroici testimoni di Cristo aiuti voi, cari giovani, ad aprire il cuore all’eroismo della santità; sostenga voi, cari malati, ad offrire il dono prezioso della preghiera e della sofferenza per la Chiesa; e dia a voi, cari sposi novelli, la forza di improntare le vostre famiglie ai valori cristiani.

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana

Ad ogni Ave che un'anima amante dice con amore e con fede io lascio cadere una grazia.>>

IL ROSARIO DI MARIA SS.MA

Cada Ave María del Santo Rosario será una Rosa que alegrará Mi Corazón, y Yo, vuestra Madre, la convertiré en Bendición para cada uno de vosotros y vuestras familias.


8 maggio 1947.

Dice Maria Ss. di Fatima apparendomi come Ella mi appare...:

«Ti ho dato il 5 la vista intellettiva di ciò che è un Rosario ben det­to: pioggia di rose sul mondo. Ad ogni Ave che un'anima amante dice con amore e con fede io lascio cadere una grazia. Dove? Da per tutto: sui giusti a farli più giusti, sui peccatori per ravvederli. Quan­te! Quante grazie piovono per le Ave del Rosario!

Rose bianche, rosseoro. Rose bianche dei misteri gaudiosi, rosse dei dolorosi, d'oro dei gloriosi. Tutte rose potenti di grazie per i meriti del mio Gesù. Perché sono i suoi meriti infiniti che dànno valore a ogni orazione. Tutto è e avviene, di ciò che è buono e santo, per Lui. Io spargo, ma Egli avvalora. Oh! Benedetto mio Bambino e Si­gnore!

Vi do le rose candide dei meriti grandissimi della perfetta, perché divina, e perfetta perché volontariamente voluta conservare tale dall'Uomo, Innocenza di mio Figlio.
Vi do le rose porpuree degli infiniti meriti della Sofferenza di mio Figlio, così volonterosamente consumata per voi. 

Vi do le rose d'oro della sua perfettissima Cari­tà. 
Tutto di Mio Figlio vi do, e tutto di Mio Figlio vi santifica e salva. Oh! io sono nulla, io scompaio nel Suo fulgore, io compio solo il ge­sto di dare, ma Egli, Egli solo è l'inesauribile fonte di tutte le gra­zie!


E voi, mie dilette anime, ascoltate questa Mia parola: Fate con spirito ilare la volontà del Signore. Fare la Sua SS. Volontà con tri­stezza è dimezzare il grande merito del farla. La rassegnazione è già cosa che Dio premia. Ma la gioia del fare la Volontà di Dio centuplica il meritoe perciò il premio, del fare questa divina Volontà, sem­pre, sempre, sempre giusta, anche se forse all'uomo non pare tale. 



Fate dunque con spirito ilare ciò che Dio vuole. E sarete a Lui gradite e a me, Madre vostra, dilettissime. State in pace sotto lo sguardo mio che non vi abbandona ».

(Fonte: Maria Valtorta, I Quaderni del 45-50,  8 maggio 1947, ed. CEV)

Catecismo para niños
AVE MARIA!
IMMACOLATA MIA
E MIO TUTTO!

DUM HINC TRANSIS: DICITO SEMPER AVE! - La preghiera alla Madre della Salvezza è la nostra vera vittoria

Cosa chiese Maria SS.ma contro l’invasione degli islamici

Madonna di PellestrinaGiovedì 4 agosto il cardinale Pietro Parolin sarà nell’isola di Pellestrina (Venezia) per i 300 anni dall’Apparizione della Madonna. Ci saranno anche il Patriarca di Venezia e il vescovo della nostra diocesi di Chioggia. Trecento anni fa, Maria toccò il braccio di un ragazzo di nome Natalino dicendogli di dire al parroco di far celebrare delle Messe per le anime del Purgatorio “se volemo avere vittoria”. Senza la vittoria della Repubblica veneta nei giorni seguenti il 4 agosto 1716, le nostre donne porterebbero il velo e noi tutti reciteremmo a memoria i versetti del Corano. Invece oggi abbiamo la grazia di portare in trionfo la Madre del Signore Gesù.
Venerata nel santuario di marmo bianco che si specchia sulla laguna di Pellestrina, sùbito innalzato dalla Repubblica Veneta in segno di gratitudine, la bella immagine della Madonna nera dipinta da ignota mano, dal 18 luglio in  poi, esce di casa e inizia il suo percorso di benedizione in tutte le chiese dell’isola. In laguna, centinaia di barche – dalle più piccole ai grandi barconi da pesca – fanno risuonare clakson e trombe. Questa la sua storia.
***
A Natalino Scarpa, il 4 agosto di trecento anni fa, la Madonna, prendendolo per un braccio, disse: «Vien qua fio, vai dal Piovan, e dighe che a fassa celebrare delle Messe per le aneme del Purgatorio, se volemo avere vittoria» («Vieni qui, ragazzo, vai dal parroco e digli che faccia celebrare delle Messe per le anime del Purgatorio se vogliamo avere vittoria»).
Di quale vittoria si trattava? Quella della Repubblica Veneta contro i turchi che invadevano il Mediterraneo e attaccavano le coste dell’Italia, depredando, uccidendo e nel caso migliore costringendo quanti catturavano – uomini e donne – a diventare musulmani.

La vittoria pronosticata da Maria, patrocinata dalle Messe che la gente dell’isola di Pellestrina fece subito celebrare, è arrivata qualche giorno dopo, quando Venezia respinse i turchi a Corfù e a Pretervaradino.
Non sarebbero bastate le armi a difendere le popolazioni e a garantire la fede cristiana, come non erano bastati gli eserciti a difendere Vienna assediata dai musulmani, quando il Beato Marco d’Aviano celebrò l’eucaristia e proclamò la penitenza e l’assoluzione dei soldati.
Non erano bastate le flotte delle navi a Lepanto, quando Pio V proclamò la Madonna Regina del Rosario.
Come si difende la fede? Come si garantisce un popolo?
Spezzoni di eserciti europei vanno a inseguire l’Isis nei Paesi che generano il terrorismo, mentre nelle nostre città aumentano i controlli e per le strade si disseminano drappelli sempre più numerosi di forze dell’ordine.
La condizione richiesta dalla Madonna dell’Apparizione a un ragazzino di un’isola della laguna veneta, significativamente posta a barriera della città di Venezia sul frontale del mare Adriatico, è quella di celebrare delle Messe, interagendo così attraverso la più grande preghiera cristiana.
Non bastano dunque le armi difensive a proteggerci; non bastano le barriere né le più raffinate tecniche investigative. Occorre la preghiera.
Perché? Prima di tutto perché la preghiera ci mette in braccio a Dio.
Nella preghiera diventiamo collaboratori di Dio, che non ha scelto di agire da solo.
Il Dio dell’alleanza nell’antico testamento e il Dio dell’amicizia nel nuovo testamento ci chiama ad essere suoi partner e collaboratori, e domanda di estendere nel mondo il Regno di pace e di fraternità attraverso la vita e la presenza dei suoi figli-alleati.
La preghiera estende la forza e l’efficacia dell’azione di Dio.
In secondo luogo la preghiera raddrizza il nostro cuore e dice a noi stessi e agli altri chi siamo: figli di Dio e fratelli.
La preghiera chiarisce e approfondisce la nostra identità, dice la nostra origine e la nostra appartenenza, rende saldo il nostro intendimento e lo scopo della vita, dona libertà e coraggio. Rende veri e saldi. Libera dall’odio, dalla violenza, dalla vendetta e dalla rappresaglia.
La preghiera dunque è la nostra vera vittoria. Potremo vivere o morire, con la preghiera nulla va perduto di quello che siamo, come nel caso dei martiri sorpresi a pregare e di padre Jacques Hamel ucciso mentre celebrava l’Eucaristia.
L’invito della Madonna dell’Apparizione al giovane Natalino nello specchio della laguna veneta e sulla scena della storia si ripresenta oggi come l’iniziativa più urgente e più mobilitante per tutto il popolo cristiano, «se volemo avere vittoria».
Fonte: La NBQ


AMDG et BVM

Chiesa e post concilio: DESOLAZIONE IN CATTEDRALE, A BARI

Chiesa e post concilio: DESOLAZIONE IN CATTEDRALE, A BARI: Qui e qui le nostre remore. Ma, approfondendo si scopre dell'altro e di peggio. Cose agghiaccianti riguardo a quel che è successo...