martedì 31 maggio 2016

MARIA SS.ma REGINA

 Beatae Mariae Virginis Reginae ~ II. classis

Tempora: Feria III infra Hebdomadam II post Octavam Pentecostes
Sancta Missa

Divinum Officium             Kalendarium


Lettura 1
Dal libro dell' Ecclesiastico
Sir 24:5-11
5 Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo, primogenita di tutta la creazione.
6 Io ho fatto sorgere nel cielo una luce indefettibile e come vapore ho coperto tutta la terra.
7 Ho posto la mia tenda in alto: il mio trono è sopra una colonna di nube.
8 Io sola ho percorso la volta del cielo, sono penetrata nelle profondità dell'abisso, ho camminato sui flutti del mare
9 E su tutta la terra: ho preso dominio su ogni popolo
10 E gente:
11 Ho soggiogato, con la mia forza, il capo dei potenti e degli umili; e in tutti questi ho cercato riposo, e mi fermerò nei domini del Signore.
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.






AVE MARIA!

MATER SALUTIS

giovedì 26 maggio 2016

Isacco Newton

ANEDDOTI


     «Una volta, fu chiesto a Isacco Newton in che modo l'uomo trasformato in polvere poteva ricomporsi di nuovo per dar luogo ad un corpo.

      Senza dire una parola, egli raccolse un pugno di limatura di ferro, lo mescolò con la sabbia e domandò al suo interlocutore: "Lei saprebbe separare la polvere di ferro da questa massa?". L'altro rispose di no. 
      Allora, il saggio prese una calamita, l'accostò al composto e subito le particelle di ferro si attaccarono alla calamita. 
     Quindi, Newton disse con calma: "Colui che ha posto una tal forza nel ferro inanimato, non potrà dare di nuovo un involucro corporale alla nostra anima immortale?"»

Una sola è la Verità. E' GESU'


SERVIRE il Signore - diceva Severino Boezio (480-526) - è più nobile che conquistare i regni del mondo. E difendere-proclamare la Verità è servire il Signore.

Ho molti amici col nome Maurizio. L'ultimo in ordine di tempo mi ha regalato un post mirabile e coraggioso che offro anche a voi, amici di "Maria Giglio della Trinità", e Buona lettura

Monstra Te esse Matrem
AVE MARIA!

mercoledì 25 maggio 2016

“Pati et non mori”, e cioè patire e non morire...

25 maggio: Santa Maria Maddalena, carmelitana (1556-1597):NON HO DESIDERATO ALTRO CHE TE


Nel mese di maggio dell’anno 2003 ho presentato Santa Gemma Galgani nel centenario della sua morte (1903) con il titolo “Icona della sofferenza amorosa”. Gemma è una santa dell’era moderna che ha saputo trasformare tutte le proprie sofferenze, in strumento di salvezza, in unione al Cristo che muore per amore dell’umanità.

A qualche anno di distanza vi presento una altra santa che è vissuta sulla stessa lunghezza d’onda di Gemma, con gli stessi sentimenti di unione alla passione di Cristo, anche se è vissuta tre secoli prima: Santa Maria Maddalena de’ Pazzi. Gemma e Maria Maddalena hanno in comune le grandi sofferenze che sperimentarono nella vita, totalmente unite al Cristo non sul monte Tabor (il che sarebbe facile) ma sul monte Calvario (dal quale è più istintivo e immediato fuggire, come fecero gli Apostoli).
Due sante che, nell’amore totale (unione mistica) a Cristo sperimentarono, nella propria carne mortale, non solo le sue più grandi sofferenze ma anche la gioia più indicibile e indescrivibile (momenti estatici), proprio perché vissero nell’amore, soffrendo e desiderando vivere e soffrire per essere più vicine a Cristo sofferente e così salvatore.



In convento a sedici anni

Caterina di Geri de’ Pazzi nacque a Firenze nel 1566 da una nobile e facoltosa famiglia. Fece la prima Comunione a dieci anni, cosa molto insolita a quei tempi, e nello stesso anno ebbe la prima estasi, un dono del Signore che si ripeterà altre volte.
Tornata a Firenze, dopo una breve parentesi a Cortona, all’età di quindici anni chiese di fare due settimane di “stage” vocazionale, non in azienda, quindi, ma in convento, per studiare il proprio futuro, la propria professione da esercitare nella vita (vocazione). Questa esperienza la fece tra le carmelitane di Santa Maria degli Angeli a Firenze, un convento di stretta osservanza. E Caterina superò la prova, brillantemente. Capì qual era la strada che Dio voleva da lei. E nonostante la giovane età aveva gia deciso.

La famiglia, fece grandi resistenze: farsi monaca, lei una ragazza nobile, ricca, bella, con all’orizzonte un ottimo matrimonio? Aveva un futuro ricco e brillante, senza problemi economici o di inserimento nella società nobile fiorentina. Ma cosa voleva di più a sedici anni?
Sì, Caterina voleva di più, molto di più: voleva Dio stesso, il Tutto che dà senso a tutto. Non era una infatuazione adolescenziale la sua, ma una ferma decisione, non un proposito di corto respiro, ma un progetto per tutta la vita.

Le pressioni aumentarono, ma lei non cedette. Come molti genitori “moderni” che non accettano la vocazione religiosa dei loro figli, anche il padre di Caterina non voleva assolutamente. Tuttavia alla fine cedette e, per consolarsi davanti alla “perdita” della figlia così giovane e così bella, ottenne da lei il permesso (era una condizione) di farle un ritratto, da ammirare a casa e da mostrare... ai propri amici.
E così nel 1582 Caterina entrò in convento, vestendo l’abito carmelitano, e prendendo un nuovo nome: Maria Maddalena.
Già durante il noviziato fu colpita da una misteriosa e dolorosa malattia. Per i dottori non c’era niente da fare, loro vedevano già le porte del Paradiso aprirsi per la giovane suora. La madre superiora poi, molto premurosa, le permise di fare in anticipo (non c’era più tempo terreno!) la professione religiosa, per questo la portarono in cappella. Era il mattino del 27 maggio 1584, festa della Santissima Trinità.

Subito dopo entrò in estasi molto profonda che la unì spiritualmente alla Trinità, durante la quale, come lei stessa affermò, aveva offerto a Dio il proprio cuore. Si “risvegliò” tra le lacrime, di consolazione e di gioia, per quello che aveva sperimentato.
Lassù avevano stabilito diversamente, ed infatti Maria Maddalena guarì miracolosamente e riprese la propria formazione principalmente con lo studio della Scrittura (i Vangeli in particolare), dei Padri della Chiesa (in primis Sant’Agostino), e gli scritti dei Santi (con un posto d’onore per Santa Caterina da Siena).


Compartecipazione alle sofferenze di Cristo per la Chiesa

Quella prima esperienza soprannaturale non rimase isolata, infatti i fenomeni estatici continuarono in modo impressionante anche in seguito. L’8 giugno 1584 vide il dramma della Passione del Cristo; due giorni dopo scambiò il proprio cuore con quello di Gesù, il 28 giugno ricevette le stigmate e alcuni giorni dopo, il 6 luglio, la corona di spine.
Nell’aprile dell’anno seguente ricevette dal Cristo un anello, simbolo delle nozze mistiche. Questi rapimenti, puro dono di Dio, avvenivano non solo durante la preghiera ma anche durante altre attività, come affermarono i testimoni.

Il suo confessore inoltre per accertarsi che quello che viveva veniva da Dio e che non erano illusioni o frutto di isterismi, le comandò di mettere tutto per iscritto. Ella obbedì naturalmente, anche se poi disse che nonostante tutti i propri sforzi non riusciva a mettere in parole terrene le esperienze che viveva. Il confessore incaricò allora tre sue consorelle a stendere per iscritto le parole pronunciate da Suor Maria Maddalena durante i rapimenti estatici.
Fu proprio questa felice intuizione che ha regalato ai posteri ben cinque volumi di manoscritti, ricchi di profonda dottrina spirituale, che ebbero un impatto profondo sulla spiritualità cristiana dei secoli seguenti fino ai nostri giorni.


Nella fossa dei leoni

Nello stesso anno 1585 le fu detto che sarebbe stata privata della percezione della grazia divina. In altre parole: era l’annuncio di una lunga prova di aridità spirituale, del deserto della desolazione più nera da attraversare, la “notte dello spirito” insomma: si sarebbe sentita esistenzialmente inutile e addirittura abbandonata spiritualmente da Dio, sottoposta ad ogni genere di tentazioni. Fino a quella terribile e drammatica del suicidio. Ma anche in quel momento della più bassa disperazione la sua fede rimase ferma: depose infatti il coltello ai piedi della statua di Cristo e si affidò di nuovo e totalmente a Lui.
Dopo essere sopravvissuta alla “fossa dei leoni” come lei chiamò quel terribile periodo di prova, nel 1598 divenne Maestra delle novizie, e alcuni anni dopo anche vice priora. Suor Maria Maddalena poteva insegnare alle altre consorelle, attraverso le sofferenze e le prove spirituali subite e superate.


Qual era il suo insegnamento alle novizie e il suo messaggio per noi oggi?
Prima di tutto e soprattutto veniva messa in risalto la bontà paterna di Dio, e non il suo volto severo di giudice inflessibile, come si usava in quel tempo. È l’amore infinito del Padre che ci dona il Verbo nell’Incarnazione e attraverso la Sua santa umanità entra in piena comunione con l’umanità di tutti i tempi, e questo avviene attraverso il dono continuo dello Spirito Santo, che ci conforma, se lo si lascia lavorare, al Cristo. Secondo Santa Maria Maddalena la radice di tutto in Dio è l’amore, e questa volontà di amore e donare amore a tutti avrebbe fatto sì che l’Incarnazione sarebbe avvenuta anche senza il peccato. È su questa Umanità di Cristo che ella insiste molto: “Chi non passa per questa santa umanità non può arrivare a salvamento”, essa infatti è “il ponte”, la “scala”, la “nave che conduce in porto”. Il Verbo incarnato posto “come per incudine tra l’ira di Dio e l’iniquità dell’uomo”, è strumento perfetto di Redenzione.


Ma nell’insegnamento della Nostra non c’è solo teologia e contemplazione del mistero ineffabile e inesprimibile di Dio, c’è anche un capitolo sull’ascesi: l’anima del discepolo si configura e si unisce a Dio nella misura in cui si spoglia di ogni cosa superflua nel cammino verso Dio e diventa un “nulla”.
Di Maria mette in risalto la santità unica: “la più santa che sia stata, sia al presente e abbia a essere per l’avvenire”, la sua maternità spirituale, ed il suo essere Mediatrice di grazia.
Anche Maria Maddalena, come Caterina da Siena, si adoperò (su richiesta del Signore) per la riforma della Chiesa. Era una missione difficile ma importante. Compito che la spaventò perché si riteneva inadatta e incapace. Era forse un’idea del diavolo o un’auto illusione? I suoi direttori spirituali la incoraggiarono ad andare avanti.


Scrisse alcune lettere al Papa e ad altri prelati in tal senso.
Sembra però che tali missive non siano mai arrivate a destinazione o non siano state prese sul serio.


“Come altri mistici anche la nostra santa godette di mirabili visioni ed estasi, ma fu anche sottoposta a smisurate sofferenze (...). Di pochi altri santi si può dire che contribuirono in tale misura “a ciò che manca alle sofferenze di Cristo (Cor 1,24)” (A. Butler). Tre anni prima della morte cessarono le estasi e dovette affrontare la passione e la salita al Calvario, in unione al Cristo sofferente. Lei accettò di soffrire e di offrire tutto quel dolore, sempre sorretta dall’amore a Cristo, e coniò la famosa espressione
“Pati et non mori”, e cioè patire e non morire, se questo significava la compartecipazione alla passione di Cristo per la Chiesa e per il mondo. Finì la sua vita a soli 41 anni, mentre correva l’anno 1607.
                                                                                               
 MARIO SCUDU SDB ***


Vieni, o Spirito Santo
“Vieni, o Spirito Santo.
Venga l’unione del Padre, il compiacimento del Verbo.
Sei, o Spirito di verità, premio dei santi, refrigerio delle anime,
luce delle tenebre, ricchezza dei poveri, tesoro di quelli che amano,
sazietà degli esaurienti, consolazione dei pellegrini.
Tu sei, insomma, colui nel quale si contiene ogni tesoro.
Vieni Tu, che discendendo in Maria, hai fatto incarnare il Verbo,
e fa’ in noi per grazia quello che hai fatto in lei per grazia e per natura”.
                                                    
 (Dai Manoscritti)

Tu l’Essere di ogni essere
Sei l’essere di te stesso, sei l’essere del tuo Verbo.
Sei l’essere dello Spirito Santo, sei l’essere della Santissima Trinità.
Sei l’essere di ogni cosa che ha essere.
E che cosa si può dire che abbia essere se non tu stesso?
La creatura non ha essere alcuno se non da te stesso.
Tu gli hai dato quell’essere . 
 (Dai Manoscritti)

Davanti al mistero della sofferenza
“Davanti al mistero della sofferenza, del pianto, del dolore nella vita dell’uomo, ci dobbiamo perdere nel disegno di Dio. Si tratta di questo, in sostanza. Ci possiamo arrampicare finché vogliamo, ma ad un certo punto ci dobbiamo fermare, perché non c’è più strada. Il disegno di Dio! Di fronte ad esso i nostri perché debbono tacere, le nostre ribellioni debbono cadere. Dobbiamo soltanto adorare. Allora emerge la beatitudine”. Emerge la gioia anche se si è nel dolore, ritorna la speranza anche se si è nella notte, ritorna il sereno dopo la tragica e dolorosa tempesta. Tutto questo quando ci saremmo concentrati non più sul nostro io che soffre, ma sul Dio che consola”.
                      (
Card. Anastasio Ballestrero, carmelitano e già arcivescovo di Torino)



*** Questo e altri 120 santi e sante sono nel volume di :MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino


IMMAGINI:
1 Anonimo XVI, Firenze : Per lasciarla entrare in convento, il padre chiese come condizione di avere un ritratto della figlia, ora esposto nel Convento delle Carmelitane a Firenze.
2 Luca Giordano (1680) Chiesa di Santa Maria Maddalena de' Pazzi /


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2004-5 VISITA Nr. 

ANGELUS Domenica, 1° Ottobre 2000: Dichiarazione "Dominus Iesus"


BEATO GIOVANNI PAOLO II 

ANGELUS

Domenica, 1° Ottobre 2000

1. I Santi che sono stati oggi elevati alla gloria degli Altari ci spingono a volgere lo sguardo a Cristo. Essi hanno vissuto radicati nella fede in Lui, il Redentore di tutti gli uomini, il Figlio unigenito che è nel seno del Padre e lo ha rivelato (cfr Gv 1,18). I Santi ci invitano a confessarlo con gioia, ad amarlo di cuore e a rendergli testimonianza.

Al vertice dell'Anno Giubilare, con la Dichiarazione Dominus Iesus - Gesù è il Signore - approvata da me in forma speciale, ho voluto invitare tutti i cristiani a rinnovare la loro adesione a Lui nella gioia della fede, testimoniando unanimemente che Egli è, anche oggi e domani, "la via, la verità e la vita" (Gv 14,6). La nostra confessione di Cristo come unico Figlio, mediante il quale noi stessi vediamo il volto del Padre (cfr Gv 14,8), non è arroganza che disprezza le altre religioni, ma gioiosa riconoscenza perché Cristo si è mostrato a noi senza alcun merito da parte nostra. Ed Egli, nello stesso tempo, ci ha impegnati a continuare a donare ciò che abbiamo ricevuto e anche a comunicare agli altri ciò che ci è stato donato, perché la Verità donata e l'Amore che è Dio appartengono a tutti gli uomini.

Con l'Apostolo Pietro noi confessiamo "che in nessun altro nome c'è salvezza" (Atti4,12). La Dichiarazione Dominus Iesus, sulle tracce del Vaticano II, mostra che con ciò non viene negata la salvezza ai non cristiani, ma se ne addita la scaturigine ultima in Cristo, nel quale sono uniti Dio e uomo. Dio dona la luce a tutti in modo adeguato alla loro situazione interiore e ambientale, concedendo loro la grazia salvifica attraverso vie a lui note (cfr Dominus Iesus, VI, 20-21). Il Documento chiarisce gli elementi cristiani essenziali, che non ostacolano il dialogo, ma mostrano le sue basi, perché un dialogo senza fondamenti sarebbe destinato a degenerare in vuota verbosità.

Lo stesso vale anche per la questione ecumenica. Se il Documento, con il Vaticano II, dichiara che "l'unica Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa Cattolica", non intende con ciò esprimere poca considerazione per le altre Chiese e comunità ecclesiali. Questa convinzione s’accompagna alla consapevolezza che ciò non è merito umano, ma un segno della fedeltà di Dio che è più forte delle debolezze umane e dei peccati, confessati da noi in modo solenne davanti a Dio e agli uomini all'inizio della Quaresima. La Chiesa Cattolica soffre - come dice il Documento - per il fatto che vere Chiese particolari e comunità ecclesiali con elementi preziosi di salvezza siano separate da lei.

Il Documento esprime così ancora una volta la stessa passione ecumenica che è alla base della mia Enciclica Ut unum sint. E' mia speranza che questa Dichiarazione che mi sta a cuore, dopo tante interpretazioni sbagliate, possa svolgere finalmente la sua funzione chiarificatrice e nello stesso tempo di apertura. Maria, a cui il Signore sulla croce ci ha affidati quale Madre di tutti noi, ci aiuti a crescere insieme nella fede in Cristo, Redentore di tutti gli uomini, nella speranza della salvezza, offerta da Cristo a tutti, e nell'amore, che è il segno dei figli di Dio.

2. Con affetto saluto tutti i fedeli riuniti qui per onorare i martiri cinesi, in particolare quanti fra voi sono di origine cinese e assistono per la prima volta alla canonizzazione di martiri appartenenti al vostro popolo.
Parimenti, penso a tutti i fedeli cattolici in Cina. So che siete spiritualmente uniti a noi, e sono certo che comprendete che questo è uno speciale momento di grazia per tutta la Chiesa e per tutta la comunità cattolica in Cina. Desidero assicurarvi ancora una volta che prego per voi ogni giorno.

Che i Santi Martiri vi confortino e vi sostengano nel momento mentre anche voi, come loro, testimoniate con coraggio e sincerità la vostra fedeltà a Gesù Cristo e amore autentico per il vostro popolo.
Auguro a voi la pace.

3. Nel concludere questa celebrazione durante la quale sono stati canonizzati numerosi testimoni della fede, saluto tutti i pellegrini di lingua spagnola, soprattutto quelli provenienti dalle terre di origine dei nuovi santi martiri domenicani:  Palencia, Tarragona, Granada, Teruel e Siviglia, e del Paese basco, culla di Santa María Josefa del Corazón de Jesús Sancho Guerra. Che il suo esempio luminoso ci aiuti a essere anche testimoni coraggiosi di Gesù Cristo nella nobile e sempre amata terra spagnola.

4. Al contempo saluto con affetto i Vescovi e i fedeli sudanesi, un grande gruppo di pellegrini degli Stati Uniti, in particolare di Filadelfia. Mediante l'intercessione dei nuovi santi, Katharine Drexel e Josephine Bakhita, che la vostra fede diventi ancora più forte e la vostra testimonianza del Vangelo sempre più efficace!

5. Rivolgo un deferente saluto alle Delegazioni governative di vari Paesi, che hanno voluto partecipare a questa canonizzazione. Preghiamo ora Maria, Regina di tutti i Santi, perché aiuti ogni cristiano ad essere testimone credibile del Vangelo.


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Ecco quanto ebbe a scrivere circa la "Dominus Iesus" il Papa Benedetto XVI:

SULLA "DOMINUS JESUS"


Tra i documenti su vari aspetti dell'ecumenismo, quello che suscitò le maggiori reazioni fu la dichiarazione "Dominus Iesus" del 2000, che riassume gli elementi irrinunciabili della fede cattolica. […]

A fronte del turbine che si era sviluppato intorno alla "Dominus Iesus", Giovanni Paolo II mi disse che all'Angelus intendeva difendere inequivocabilmente il documento.

Mi invitò a scrivere un testo per l'Angelus che fosse, per così dire, a tenuta stagna e non consentisse alcuna interpretazione diversa. Doveva emergere in modo del tutto inequivocabile che egli approvava il documento incondizionatamente.

Preparai dunque un breve discorso; non intendevo, però, essere troppo brusco e così cercai di esprimermi con chiarezza ma senza durezza. Dopo averlo letto, il papa mi chiese ancora una volta: "È veramente chiaro a sufficienza?". Io risposi di sì.