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mercoledì 25 maggio 2016

“Pati et non mori”, e cioè patire e non morire...

25 maggio: Santa Maria Maddalena, carmelitana (1556-1597):NON HO DESIDERATO ALTRO CHE TE


Nel mese di maggio dell’anno 2003 ho presentato Santa Gemma Galgani nel centenario della sua morte (1903) con il titolo “Icona della sofferenza amorosa”. Gemma è una santa dell’era moderna che ha saputo trasformare tutte le proprie sofferenze, in strumento di salvezza, in unione al Cristo che muore per amore dell’umanità.

A qualche anno di distanza vi presento una altra santa che è vissuta sulla stessa lunghezza d’onda di Gemma, con gli stessi sentimenti di unione alla passione di Cristo, anche se è vissuta tre secoli prima: Santa Maria Maddalena de’ Pazzi. Gemma e Maria Maddalena hanno in comune le grandi sofferenze che sperimentarono nella vita, totalmente unite al Cristo non sul monte Tabor (il che sarebbe facile) ma sul monte Calvario (dal quale è più istintivo e immediato fuggire, come fecero gli Apostoli).
Due sante che, nell’amore totale (unione mistica) a Cristo sperimentarono, nella propria carne mortale, non solo le sue più grandi sofferenze ma anche la gioia più indicibile e indescrivibile (momenti estatici), proprio perché vissero nell’amore, soffrendo e desiderando vivere e soffrire per essere più vicine a Cristo sofferente e così salvatore.



In convento a sedici anni

Caterina di Geri de’ Pazzi nacque a Firenze nel 1566 da una nobile e facoltosa famiglia. Fece la prima Comunione a dieci anni, cosa molto insolita a quei tempi, e nello stesso anno ebbe la prima estasi, un dono del Signore che si ripeterà altre volte.
Tornata a Firenze, dopo una breve parentesi a Cortona, all’età di quindici anni chiese di fare due settimane di “stage” vocazionale, non in azienda, quindi, ma in convento, per studiare il proprio futuro, la propria professione da esercitare nella vita (vocazione). Questa esperienza la fece tra le carmelitane di Santa Maria degli Angeli a Firenze, un convento di stretta osservanza. E Caterina superò la prova, brillantemente. Capì qual era la strada che Dio voleva da lei. E nonostante la giovane età aveva gia deciso.

La famiglia, fece grandi resistenze: farsi monaca, lei una ragazza nobile, ricca, bella, con all’orizzonte un ottimo matrimonio? Aveva un futuro ricco e brillante, senza problemi economici o di inserimento nella società nobile fiorentina. Ma cosa voleva di più a sedici anni?
Sì, Caterina voleva di più, molto di più: voleva Dio stesso, il Tutto che dà senso a tutto. Non era una infatuazione adolescenziale la sua, ma una ferma decisione, non un proposito di corto respiro, ma un progetto per tutta la vita.

Le pressioni aumentarono, ma lei non cedette. Come molti genitori “moderni” che non accettano la vocazione religiosa dei loro figli, anche il padre di Caterina non voleva assolutamente. Tuttavia alla fine cedette e, per consolarsi davanti alla “perdita” della figlia così giovane e così bella, ottenne da lei il permesso (era una condizione) di farle un ritratto, da ammirare a casa e da mostrare... ai propri amici.
E così nel 1582 Caterina entrò in convento, vestendo l’abito carmelitano, e prendendo un nuovo nome: Maria Maddalena.
Già durante il noviziato fu colpita da una misteriosa e dolorosa malattia. Per i dottori non c’era niente da fare, loro vedevano già le porte del Paradiso aprirsi per la giovane suora. La madre superiora poi, molto premurosa, le permise di fare in anticipo (non c’era più tempo terreno!) la professione religiosa, per questo la portarono in cappella. Era il mattino del 27 maggio 1584, festa della Santissima Trinità.

Subito dopo entrò in estasi molto profonda che la unì spiritualmente alla Trinità, durante la quale, come lei stessa affermò, aveva offerto a Dio il proprio cuore. Si “risvegliò” tra le lacrime, di consolazione e di gioia, per quello che aveva sperimentato.
Lassù avevano stabilito diversamente, ed infatti Maria Maddalena guarì miracolosamente e riprese la propria formazione principalmente con lo studio della Scrittura (i Vangeli in particolare), dei Padri della Chiesa (in primis Sant’Agostino), e gli scritti dei Santi (con un posto d’onore per Santa Caterina da Siena).


Compartecipazione alle sofferenze di Cristo per la Chiesa

Quella prima esperienza soprannaturale non rimase isolata, infatti i fenomeni estatici continuarono in modo impressionante anche in seguito. L’8 giugno 1584 vide il dramma della Passione del Cristo; due giorni dopo scambiò il proprio cuore con quello di Gesù, il 28 giugno ricevette le stigmate e alcuni giorni dopo, il 6 luglio, la corona di spine.
Nell’aprile dell’anno seguente ricevette dal Cristo un anello, simbolo delle nozze mistiche. Questi rapimenti, puro dono di Dio, avvenivano non solo durante la preghiera ma anche durante altre attività, come affermarono i testimoni.

Il suo confessore inoltre per accertarsi che quello che viveva veniva da Dio e che non erano illusioni o frutto di isterismi, le comandò di mettere tutto per iscritto. Ella obbedì naturalmente, anche se poi disse che nonostante tutti i propri sforzi non riusciva a mettere in parole terrene le esperienze che viveva. Il confessore incaricò allora tre sue consorelle a stendere per iscritto le parole pronunciate da Suor Maria Maddalena durante i rapimenti estatici.
Fu proprio questa felice intuizione che ha regalato ai posteri ben cinque volumi di manoscritti, ricchi di profonda dottrina spirituale, che ebbero un impatto profondo sulla spiritualità cristiana dei secoli seguenti fino ai nostri giorni.


Nella fossa dei leoni

Nello stesso anno 1585 le fu detto che sarebbe stata privata della percezione della grazia divina. In altre parole: era l’annuncio di una lunga prova di aridità spirituale, del deserto della desolazione più nera da attraversare, la “notte dello spirito” insomma: si sarebbe sentita esistenzialmente inutile e addirittura abbandonata spiritualmente da Dio, sottoposta ad ogni genere di tentazioni. Fino a quella terribile e drammatica del suicidio. Ma anche in quel momento della più bassa disperazione la sua fede rimase ferma: depose infatti il coltello ai piedi della statua di Cristo e si affidò di nuovo e totalmente a Lui.
Dopo essere sopravvissuta alla “fossa dei leoni” come lei chiamò quel terribile periodo di prova, nel 1598 divenne Maestra delle novizie, e alcuni anni dopo anche vice priora. Suor Maria Maddalena poteva insegnare alle altre consorelle, attraverso le sofferenze e le prove spirituali subite e superate.


Qual era il suo insegnamento alle novizie e il suo messaggio per noi oggi?
Prima di tutto e soprattutto veniva messa in risalto la bontà paterna di Dio, e non il suo volto severo di giudice inflessibile, come si usava in quel tempo. È l’amore infinito del Padre che ci dona il Verbo nell’Incarnazione e attraverso la Sua santa umanità entra in piena comunione con l’umanità di tutti i tempi, e questo avviene attraverso il dono continuo dello Spirito Santo, che ci conforma, se lo si lascia lavorare, al Cristo. Secondo Santa Maria Maddalena la radice di tutto in Dio è l’amore, e questa volontà di amore e donare amore a tutti avrebbe fatto sì che l’Incarnazione sarebbe avvenuta anche senza il peccato. È su questa Umanità di Cristo che ella insiste molto: “Chi non passa per questa santa umanità non può arrivare a salvamento”, essa infatti è “il ponte”, la “scala”, la “nave che conduce in porto”. Il Verbo incarnato posto “come per incudine tra l’ira di Dio e l’iniquità dell’uomo”, è strumento perfetto di Redenzione.


Ma nell’insegnamento della Nostra non c’è solo teologia e contemplazione del mistero ineffabile e inesprimibile di Dio, c’è anche un capitolo sull’ascesi: l’anima del discepolo si configura e si unisce a Dio nella misura in cui si spoglia di ogni cosa superflua nel cammino verso Dio e diventa un “nulla”.
Di Maria mette in risalto la santità unica: “la più santa che sia stata, sia al presente e abbia a essere per l’avvenire”, la sua maternità spirituale, ed il suo essere Mediatrice di grazia.
Anche Maria Maddalena, come Caterina da Siena, si adoperò (su richiesta del Signore) per la riforma della Chiesa. Era una missione difficile ma importante. Compito che la spaventò perché si riteneva inadatta e incapace. Era forse un’idea del diavolo o un’auto illusione? I suoi direttori spirituali la incoraggiarono ad andare avanti.


Scrisse alcune lettere al Papa e ad altri prelati in tal senso.
Sembra però che tali missive non siano mai arrivate a destinazione o non siano state prese sul serio.


“Come altri mistici anche la nostra santa godette di mirabili visioni ed estasi, ma fu anche sottoposta a smisurate sofferenze (...). Di pochi altri santi si può dire che contribuirono in tale misura “a ciò che manca alle sofferenze di Cristo (Cor 1,24)” (A. Butler). Tre anni prima della morte cessarono le estasi e dovette affrontare la passione e la salita al Calvario, in unione al Cristo sofferente. Lei accettò di soffrire e di offrire tutto quel dolore, sempre sorretta dall’amore a Cristo, e coniò la famosa espressione
“Pati et non mori”, e cioè patire e non morire, se questo significava la compartecipazione alla passione di Cristo per la Chiesa e per il mondo. Finì la sua vita a soli 41 anni, mentre correva l’anno 1607.
                                                                                               
 MARIO SCUDU SDB ***


Vieni, o Spirito Santo
“Vieni, o Spirito Santo.
Venga l’unione del Padre, il compiacimento del Verbo.
Sei, o Spirito di verità, premio dei santi, refrigerio delle anime,
luce delle tenebre, ricchezza dei poveri, tesoro di quelli che amano,
sazietà degli esaurienti, consolazione dei pellegrini.
Tu sei, insomma, colui nel quale si contiene ogni tesoro.
Vieni Tu, che discendendo in Maria, hai fatto incarnare il Verbo,
e fa’ in noi per grazia quello che hai fatto in lei per grazia e per natura”.
                                                    
 (Dai Manoscritti)

Tu l’Essere di ogni essere
Sei l’essere di te stesso, sei l’essere del tuo Verbo.
Sei l’essere dello Spirito Santo, sei l’essere della Santissima Trinità.
Sei l’essere di ogni cosa che ha essere.
E che cosa si può dire che abbia essere se non tu stesso?
La creatura non ha essere alcuno se non da te stesso.
Tu gli hai dato quell’essere . 
 (Dai Manoscritti)

Davanti al mistero della sofferenza
“Davanti al mistero della sofferenza, del pianto, del dolore nella vita dell’uomo, ci dobbiamo perdere nel disegno di Dio. Si tratta di questo, in sostanza. Ci possiamo arrampicare finché vogliamo, ma ad un certo punto ci dobbiamo fermare, perché non c’è più strada. Il disegno di Dio! Di fronte ad esso i nostri perché debbono tacere, le nostre ribellioni debbono cadere. Dobbiamo soltanto adorare. Allora emerge la beatitudine”. Emerge la gioia anche se si è nel dolore, ritorna la speranza anche se si è nella notte, ritorna il sereno dopo la tragica e dolorosa tempesta. Tutto questo quando ci saremmo concentrati non più sul nostro io che soffre, ma sul Dio che consola”.
                      (
Card. Anastasio Ballestrero, carmelitano e già arcivescovo di Torino)



*** Questo e altri 120 santi e sante sono nel volume di :MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino


IMMAGINI:
1 Anonimo XVI, Firenze : Per lasciarla entrare in convento, il padre chiese come condizione di avere un ritratto della figlia, ora esposto nel Convento delle Carmelitane a Firenze.
2 Luca Giordano (1680) Chiesa di Santa Maria Maddalena de' Pazzi /


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2004-5 VISITA Nr.