mercoledì 2 dicembre 2015

"Vedo un ramo di mandorlo"

Il mandorlo di Geremia e il fascino di van Gogh

Autore: Riva, Sr. Maria Gloria  Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it  E-mail: Avvenire del 03/04/2014
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2015

Il mandorlo, il vigilante, colui che vede prima. Uno dei simboli che ci affascinano perché vorremmo caratterizzassero il nostro modo di vivere: essere vigilanti. Tutta la quaresima ci ha preparati a questo. La Pasqua ci trovi in fiore, pronti a rispondere. Grazie per tutti quelli che, rispondendo al nostro appello, ci hanno regalato un ramo di mandorlo.
La primavera giunge con i suoi tepori e non è raro trovare sulle nostre strade [sulla fine di gennaio] meravigliosi mandorli in fiore, spesso solitari in mezzo ad alberi spogli. Una visione simile l’ebbe un tempo il profeta Geremia.

In uno dei momenti più critici dell’attività del profeta, quando ormai la speranza di ritrovare fede e sicurezza a Gerusalemme sembrava perduta a causa del re di Babilonia che premeva alle porte della città, Dio chiama Geremia a vedere in modo nuovo le cose che gli stanno attorno. Alla domanda divina:«Cosa vedi Geremia?» il profeta rispose:«Vedo un ramo di mandorlo». (Ger 1, 11)
Mandorlo in ebraico si dice shaqued, che significa il vigilante. Così Dio, risponde giocando sull’ambivalenza della parola: «Hai detto bene: io, infatti, vigilo (shoqued) sulla mia Parola per realizzarla». Dio chiede a Geremia di non fidarsi delle apparenze e di arrendersi a Babilonia per avere salva la vita. Una scelta controcorrente che il popolo non sarà in grado di fare. Il mandorlo compare nella Scrittura come simbolo di novità e di vita a dispetto di un panorama invernale, segnato dalla morte.

Alessandro Bonvicino, artista bresciano considerato uno dei grandi esponenti del rinascimento e chiamato Il Moretto per il nome del nonno, dipinse Geremia mollemente appoggiato a un albero di mandorlo. Benché la visione del ramo di mandorlo imponga al profeta di guardare verso il cielo, egli abbassa gli occhi a terra e guarda il cartiglio che tiene in mano. Sopra di esso si legge il passo: «Ero come un agnello mansueto portato al macello, non sapevo che essi tramavano contro di me» (Ger 11,19). Qui Geremia allude a se stesso ma in realtà annuncia Cristo. È quest’Agnello la Parola sulla quale Dio vigila. 
Il Moretto unisce i due passi del profeta per farci comprendere che, come Geremia, anche noi siamo chiamati a scorgere dentro le trame dei nemici la strada della salvezza, anzi la Presenza del Salvatore. 
Il mandorlo compare anche nella vita di Giacobbe, il quale si addormentò sopra un guanciale di pietra in prossimità di una città chiamata Luz, che significa mandorla. Qui vide la famosa scala di Giacobbe, cioè le porte della città di Dio. Pertanto si crede che le porte della città di Luz, intesa come città della luce, si nascondano presso le radici di un mandorlo. Le trova solo chi è in grado di guardare la vita e la realtà andando oltre le apparenze. Anche noi, dunque, pur dentro il panorama talora inquietante della storia siamo chiamati a trovare, contro ogni apparenza, il passaggio della speranza.

Il mandorlo affascinò profondamente anche Vincent van Gogh. La nascita del nipote, figlio del fratello Theo, cui fu dato il suo stesso nome, fu per lui motivo di rinascita. Per il bimbo, van Gogh, dipinse un bellissimo mandorlo su campo azzurro. L’artista racconta al fratello quanto la fioritura di quest’albero incantasse il suo animo fino a fargli dimenticare le sofferenze psichiche delle quali soffriva. Furono queste che gli impedirono, alla fine del suo ultimo inverno, di dipingere più e più tele sul mandorlo.

Tuttavia del mandorlo ci rimangono diverse versioni nelle quali si vede la passione di Vincent per la pittura giapponese. Forse, il non aver potuto dipingere, in quell’assolato luglio del 1890, la rasserenante bellezza del mandorlo, lo lasciò scivolare nel baratro che lo portò al suicidio. Tutto questo è monito anche per noi: le avversità devono essere occasione per irrobustirci nella speranza e darci la forza di credere anche oggi nell’intervento di Dio, il quale sempre, vigila sulla sua Parola per realizzarla.
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martedì 1 dicembre 2015

MESSA IN LATINO

PERCHÉ DICIAMO LA MESSA IN LATINO ( prima parte)


di don Francesco Ricossa




“Domenica 7 marzo, Paolo VI ha celebrato la Messa vespertina nella chiesa di Ognissanti, in italiano” .In quel giorno, prima domenica di Quaresima del1965, per la prima volta, la Messa non era più celebrata in latino, ma in lingua volgare.
Commenta Mons. Bugnini, principale artefice della riforma liturgica: “Quel 7 marzo divenne una data storica della riforma liturgica ed una sua pietra miliare. Era un p-rimo frutto tangibile del Concilio ancora in pieno svolgimento, l'inizio di un processo di accostamento della liturgia alle assemblee partecipanti, del suo cambiamento di aspetto, dopo secoli di intangibile uniformità” .
Fu solo, quattro anni dopo, il 30 novembre 1969, prima domenica d'Avvento, che fu introdotto un nuovo rito (Novus Ordo Missæ), “impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della santa Messa” per i Cardinali Ottaviani e Bacci, “ammirazione delle altre chiese e comunità cristiane”, per Mons. Bugnini...

Molti pensano ingenuamente che il nuovo rito, quello di Paolo VI, sia semplicemente la traduzione in lingua volgare di quello precedente.
Si tratta in realtà di due testi quasi totalmente diversi: la Messa codificata da S. Pio V  è il risultato dell'evoluzione e del continuo arricchimento del rito romano, dai tempi delle catacombe fino ad oggi; il rito di Paolo VI è stato invece creato a tavolino dai liturgisti del “Consilium ad exequendam constitutionem de Sacra Liturgia” in collaborazione con i rappresentanti delle “chiese” protestanti , nello spirito ecumenista del Vaticano II.

Alcuni movimenti di salvaguardia del latino e del canto gregoriano, pur perfettamente consci della diversità esistente tra rito tradizionale tradotto e rito moderno (modernista), si accontentarono di difendere l'uso della lingua latina nella liturgia, chiedendo ed ottenendo (raramente) delle Messe in latino, magari col nuovo rito.

Di fronte a questa attitudine, i veri fedeli della tradizione reagirono violentemente. Fu il povero Don Bellucco, ad esempio, che, pur essendo eccellente latinista, fece notare come si potesse bestemmiare anche in latino... Della “Messa” di Paolo VI in latino non sappiamo cosa farcene.
Per sottolineare vieppiù questo rifiuto e questa giusta reazione, alcuni utilizzano frasi paradossali, del genere: “preferisco la Messa di S. Pio V in bantù, che la nuova Messa in latino”. L'espressione fa il suo effetto, ma è un po' infelice; se poi si giunge a dire che non ha nessuna importanza il fatto che la Messa (e gli altri riti liturgici) siano celebrati in latino o in volgare, si va (inconsapevolmente?) contro la legge e l'insegnamento della Chiesa. Ha dichiarato, infatti, Pio XII: “Sarebbe tuttavia superfluo il ricordare ancora una volta che la Chiesa ha serie ragioni per conservare fermamente nel rito latino l'obbligo per il sacerdote celebrante di usare la lingua latina, come pure di esigere, quando il canto gregoriano accompagna il Santo Sacrificio, che questo si eseguisca nella lingua della Chiesa” .

Vediamo pertanto assieme quali sono le serie ragioni di cui parla Pio XII.


I. Necessità di una lingua sacra

Non esiste religione che non distingua ciò che è sacro da ciò che è profano. Ciò che è sacro è, per l'appunto, consacrato a Dio, riservato a Lui, e sottratto, di conseguenza, all'uso profano. Nel culto divino, specialmente, vi sono luoghi sacri (le chiese), riti sacri, oggetti sacri, paramenti sacri. La lingua non fa eccezione. Già “in seno al paganesimo, gli antichi romani avevano capito l'immobilità della preghiera pubblica. Quintiliano ci informa che i versetti cantati dai sacerdoti sàlii risalivano ad una così alta antichità che li si capiva con difficoltà, e tuttavia la maestà della religione non aveva permesso che fossero cambiati. Abbiamo visto che gli ebrei, prima del cristianesimo, nelle loro assemblee religiose, leggevano la legge e le preghiere del culto in lingua ebraica, benché questa lingua non fosse più capita dal popolo. Non è forse rifiutare l'evidenza - conclude Dom Guéranger, abate di Solesmes - non riconoscere, in tutti questi fatti l'espressione di una legge di natura in accordo col genio della religione?”.

Le religioni pagane, come la Religione rivelata dell'antico testamento, si sono comportate come farà in seguito la Chiesa Cattolica: hanno utilizzato nella liturgia una lingua sacra, ritirata dall'uso profano, immutabile. La storia delle chiese orientali (generalmente scismatiche) che hanno seguito piuttosto l'uso della lingua volgare nella liturgia, non smentisce la nostra affermazione ma, piuttosto, la conferma involontariamente.

Difatti, pur non adottando, come la Chiesa di rito latino, il principio della lingua sacra, le Chiese orientali hanno subìto il medesimo, universale fenomeno della sacralizzazione della lingua liturgica. La lingua copta, l'armena, l'etiopica, la slavonica “appena hanno sentito il contatto dei misteri dell'altare, sono diventate immobili ed imperiture” (9) per cui, anche le Chiese orientali “celebrano, al pari di noi, il servizio divino in una lingua che non è più capita dal popolo” (9). Al contatto dell'altare, queste lingue si sono “sacralizzate”.

Appare pertanto evidente che sopprimere l'uso di una lingua sacra dalla liturgia equivale a profanarla, andando in questo modo contro la natura e l'indole stessa della religione.


II. La provvidenza ha preparato per la Chiesa tre lingue sacre

Ma non tutte le lingue sono egualmente sacre.
Sempre Dom Guéranger, autorità indiscussa in campo liturgico, constata, al seguito dei Padri della Chiesa e dei mistici medioevali, l'esistenza di “lingue sacre e separate dalle altre da una scelta divina, per servire da intermediario tra il Cielo e la terra”.
Se è indubitabile il fatto che la Chiesa abbraccia ed accoglie tutti i popoli, è altrettanto certo che la Provvidenza ha voluto prima rivelarsi al solo popolo ebraico, per poi fissare la sede del vicario di Cristo nella città di Roma. Il cristianesimo, per libera scelta di Dio, è erede della tradizione ebraica, greca e latina.

Così, pure, scriveva già nel IV secolo sant'Ilario di Poitiers “è principalmente in queste tre lingue (ebraica, greca e latina) che il mistero della volontà di Dio è manifestato; ed il ministero di Pilato fu di scrivere anticipatamente in queste tre lingue che il Signore Gesù Cristo è il Re dei Giudei”. Ebraico (siriaco), greco e latino sono le tre lingue dell'iscrizione della Croce; sono altresì le tre lingue della Sacra Scrittura; “sono state le sole di cui ci si sia serviti all'altare” nei primi quattro secoli  “il che dona loro una dignità liturgica particolarissima e conferma meravigliosamente il principio delle lingue sacre e non volgari nella liturgia”

Che sia il latino pertanto una “lingua sacra” è cosa così indubitabile che persino Paolo VI, il giorno stesso in cui lo eliminava dalla liturgia, lo ha esplicitamente riconosciuto (17 marzo 1965). Sapeva quindi, eliminando il Sacro, di fare un'opera di profanazione.

III. Il latino unisce alla Chiesa di Roma.

“La lingua propria della Chiesa Romana è la latina” (S. Pio X, Tra le sollicitudini, 22/11/1903)
“Gesù Cristo scelse per sé e consacrò la sola città romana. È qui che volle restasse in perpetuo la sede del suo Vicario” (Leone XIII) . Non a caso, quindi, ma per “mirabile disposizione di Cristo” (Papa Gelasio) , san Pietro scelse Roma come sede episcopale del Principe degli Apostoli. La Chiesa è dunque Romana.

La provvidenza che ha scelto Roma, ha scelto anche per la Chiesa la sua lingua, la lingua latina. “Il Signore - disse il cardinal Ottaviani - ha dato un mezzo provvidenziale per mantenere la tradizione e la verità Cattolica; le ha fornito un linguaggio che è tutto speciale, la lingua latina. Il destino di Roma (...) era anche preparato con un elemento che sembrerebbe accidentale ma che è importantissimo: una lingua, la lingua latina...” .

L'uso della lingua latina unisce quindi le diocesi che ne fanno uso, nel mondo intero, alla Chiesa Romana ed alla sede dell'Apostolo Pietro.
Certo l'uso della lingua latina non è obbligatorio per tutta la Chiesa Universale, ma solo per quella occidentale: le Chiese orientali cattoliche manifestano altrimenti che col latino il loro legame con Roma.

Tuttavia, vi è un fatto indiscutibile che emerge dalla storia dello scisma orientale. Le nazioni slave ove era stata adottata la lingua slava nella liturgia, seguirono quasi completamente lo scisma. Al contrario, le nazioni slave che conservarono la lingua latina, restarono unite a Roma (Cecoslovacchia, Croazia, Slovenia e, soprattutto, la Polonia). Per questo Dom Guéranger elogia l'azione di papa san Gregorio VII al proposito: « Il duca di Boemia, Vratislao, gli aveva chiesto di poter estendere ai suoi popoli, anch'essi di razza slava, la dispensa che Giovanni VII aveva accordato per la Moravia. Gregorio rifiutò con fermezza e, senza accusare il suo predecessore, né ritornare su di un fatto compiuto, proclamò i princìpi della Chiesa sulle lingue liturgiche: “Quanto a ciò che avete chiesto - scrisse a questo prìncipe in una lettera del- l'anno 1080 - desiderando il nostro consenso per fare celebrare nel vostro paese l'ufficio divino in lingua slava, sappiate che non possiamo accedere in alcun modo alla vostra do- manda. (...) 

Non è una scusa dire che alcuni uomini religiosi (S. Cirillo e S. Metodio) hanno subìto con condiscendenza i desideri di un popolo semplice, o non hanno giudicato a proposito portarvi rimedio; la Chiesa primitiva stessa ha dissimulato molte cose che i santi Padri hanno corretto dopo averle sottomesse ad un serio esame. Per cui, con l'autorità del Beato Pietro, vi proibiamo di mettere in pratica quanto ci domandano i vostri con imprudenza e, per l'onore di Dio onnipotente vi ingiungiamo di opporvi con tutte le vostre forze, a questa vana temerità”. 

In poche parole, san Gregorio VII enunciava con piena energia il pensiero della Chiesa, che è sempre stato quello di non esporre il mistero senza veli agli occhi del volgo; scusava la concessione fatta prima di lui e proclamava quel principio, così frequentemente applicato, che le necessità che si sono presentate agli inizi della Chiesa non possono prudentemente di- ventare una legge per i secoli seguenti...

La fede cristiana regnava in Boemia; vi si era stabilita e mantenuta con la liturgia latina; introdurre in questa Chiesa l'uso della lingua volgare equivaleva a farla indietreggiare alle condizioni dell'infanzia.
Spingendo le frontiere della lingua latina fino alla Boemia, san Gregorio VII la faceva avanzare fino alla Polonia, la quale, restando latina, veniva consacrata come baluardo cattolico dell'Europa verso l'Asia » (16).
La pseudo-riforma protestante confermerà, come vedremo, il medesimo principio: l'abbandono della comunione con Roma coinciderà con la sostituzione, nel culto protestante, del latino con la lingua nazionale.


IV. Una lingua universale per la Chiesa Universale

All'argomento fondato sul fatto che la Chiesa è romana, è strettamente collegato quello fondato sull'universalità della Chiesa. Scrive Romano Amerio: “In primo luogo adunque la Chiesa è universale, e l'universalità sua non è puramente geografica né consiste, come si dice nel nuovo canone, nell'essere diffusa su tutta la terra. È un'universalità derivante dalla vocazione, tutti gli uomini essendo vocati, e del suo nesso col Cristo che stringe e aduna in sé tutto il genere umano. (...) Essa (...) non può accettare l'idioma di una gente particolare, sfavorendo le altre” (17).
“La Chiesa - scrisse Pio XI - abbracciando nel suo seno tutte le nazioni (...) esige per la sua stessa natura una lingua universale...” (Ep. Ap. Officiorum Omnium, 1 agosto 1922. AAS. 14, 1922, 452).
Per questo la lingua latina può essere veramente chiamata “cattolica” (che vuol dire uni- versale) secondo l'espressione dello stesso Pio XI nel documento citato (AAS. 14, 1922, 452).
Al contrario, lo scisma orientale e la pseudo-riforma protestante, rompendo l'unità cattolica, hanno creato “chiese” autocefale e nazionali. E come la Chiesa Cattolica esige “per sua natura” una lingua universale, così le “chiese” nazionali, per propria natura, adottano la lingua nazionale, come si constata presso gli “ortodossi”, i protestanti ed i settari del Vaticano II.

V. Una lingua “una” per una Chiesa “una”

La Chiesa è una: “Et unam, Sanctam, Catholicam, et apostolicam Ecclesiam”. La sua unità è strettamente collegata alla sua universalità (“cattolica”), ed il centro di questa unità è la sede di Pietro, Vescovo di Roma. La lingua latina, universale e romana, è pertanto vincolo di unità. Lo attesta Pio XII: “L'uso della lingua latina, come vige nella gran parte della Chiesa, è un chiaro e nobile segno di unità” (Enciclica Mediator Dei, 20/XI/ 1947). Al contrario, l'adozione della lingua nazionale nella liturgia è spesso fonte di scontro e di divisione tra i popoli; è l'elemento disgregatore non solo a livello religioso ma anche a livello civile. Basti pensare a quei paesi divisi da conflitti etnici, nei quali i fedeli cattolici un tempo tutti uniti intorno all'altare, assistono al culto in chiese diverse, secondo la lingua che è utilizzata.

Un caso recentissimo è quello di Trieste, ove alcuni hanno protestato contro l'introduzione dello slavo a fianco dell'italiano nel culto presieduto da Giovanni Paolo II durante la visita a questa città. L'altare univa, il tavolo (liturgico) divide. Se così è nella società civile, il fenomeno è più grave in quella religiosa.
Non solo la pseudo-riforma protestante ha fatto nascere delle “chiese nazionali” divise tra loro nel dogma e nella disciplinacome nella lingua liturgica: anche la pseudo- riforma del Vaticano II ha intaccato la mirabile unità dogmatica, disciplinare e liturgica propria alla vera Chiesa Cattolica.

Ogni paese stretto intorno alla propria conferenza episcopale (spesso riottosa nei confronti del “centro”), celebra ormai la liturgia in una lingua estranea a quella degli altri paesi e a quella di Roma stessa.
In molti di questi paesi, in Africa, in America latina, in Asia, “l'inculturazione” voluta dal Vaticano II ha immesso nel culto elementi pagani che la predicazione del Vangelo aveva fatto scomparire. Ovunque, anche a livello liturgico, si assiste al medesimo fenomeno di disgregazione dell'unità che caratterizza sempre lo scisma e l'eresia. L'abolizione del latino è certo stata “una pietra miliare” (Bugnini) verso questo processo di disgregazione dell'unità. 

La confusione delle lingue decretata da Dio per punire l'orgoglio degli uomini nel costruire la torre di Babele, era come sanata dall'uso del latino, la “lingua cattolica”, nella Chiesa di Cristo. Oggi, l'orgoglio della “chiesa conciliare” che ha proclamato “il culto dell'uomo” (Paolo VI) è stato castigato nuovamente (anche) con la confusione delle lingue, confusione che, parafrasando Pio XII, potremmo chiamare “mirabile segno di disunità”.

lunedì 30 novembre 2015

IL PAPA DICE: G L O R I A . . .

CHIEDI CON FEDE SENZA NIENTE ESITARE

IV. - PREGARE CON FIDUCIA.

Eccellenza e necessità della fiducia


L'avvertimento principale che ci fa l'Apostolo S. Giacomo, se vogliamo con la preghiera ottenere da Dio le grazie, è che preghiamo con confidenza sicura di essere esauditi se preghiamo, come si deve, senza esitare: Ma chieda con fede senza niente esitare (Gc 1,6). Insegna S. Tommaso, che l'orazione, siccome prende la forza di meritare dalla carità, così all'incontro ha efficacia di impetrare dalla fede e dalla confidenza (2, 2.ae, q. 83, a. 15). Lo stesso insegna S. Bernardo, dicendo che la sola nostra confidenza è quella che ci ottiene le divine misericordie (Serm. III, De annunt.).




Troppo si compiace il Signore della nostra confidenza nella sua misericordia perché allora noi veniamo ad onorarlo ed esaltare quella sua infinita bontà, che egli col crearci ha inteso di manifestare al mondo. Si rallegrino pure, o mio Dio, dice il profeta regale, tutti quelli che sperano in voi, poiché essi saranno eternamente beati, e voi sempre abiterete in essi (Sal 5,11). Iddio protegge e salva tutti coloro che in Lui confidano (Sal 17,31; Sal 16,7). 
Oh, le gran promesse che sono fatte nelle divine Scritture a coloro che sperano in Dio! Chi spera in Dio non cadrà in peccato (Sal 33,22). 
Sì, perché dice David: il Signore tiene gli occhi rivolti a tutti coloro che lo temono e confidano nella sua bontà per liberarli col suo aiuto dalla morte del peccato (Sal 32,18-19). 
Ed in altro luogo dice il medesimo Dio: Perché egli ha sperato in me, lo libererò, lo proteggerò... lo trarrò (dalla tribolazione), e lo glorificherò (Sal 90,14-15). 

Si noti la parola perché egli ha confidato in me, io lo proteggerò, lo libererò dai suoi nemici, e dal pericolo di cadere; e finalmente gli darò la gloria eterna. Parlando Isaia di coloro che ripongono la loro speranza in Dio dice: Questi lasceranno di esser deboli come sono, ed acquisteranno in Dio una gran fortezza; non mancheranno, anzi neppure proveranno fatica nel camminare la via della salute, ma correranno e voleranno come aquile (Is 40,31).
Tutta insomma la nostra fortezza, ci avvisa lo stesso Profeta, consiste nel mettere tutta la nostra confidenza in Dio, e nel tacere, cioè nel riposare nelle braccia della sua misericordia, senza fidare alle nostre industrie, ed ai mezzi umani (Is 30,15).




E dove mai s'è dato il caso che alcuno abbia confidato in Dio, e si sia perduto? (Ecli 2,11). Questa confidenza era quella che teneva sicuro Davide di non aversi mai a perdere: In te ho posta la mia speranza, non resti io confuso giammai (Sal 30,1). 
E che forse, dice sant'Agostino, Iddio può essere ingannatore, mentre egli si offre a sostenerci nei pericoli, se a lui ci appoggiamo, e poi vorrà da noi sottrarsi, quando ad esso ricorriamo? 
David chiama beato chi confida nel Signore (Sal 33,13). E perché? Perché, dice lo stesso profeta, chi confida in Dio, si troverà sempre circondato dalla divina misericordia (Sal 31,10). Sicché costui sarà talmente d'ogni intorno cinto e guardato da Dio, che resterà sicuro dai nemici e dal pericolo di perdersi.

Perciò l'Apostolo tanto raccomanda di conservare in noi la confidenza in Dio, la quale (ci avvisa) certamente riporta da Lui una gran mercede (Eb 10,35). 

Quale sarà la nostra fiducia, tali saranno le grazie che riceveremo da Dio; se sarà grande la fiducia, grandi saranno ancora le grazie. 
Scrive S. Bernardo, che la divina misericordia è una fonte immensa; chi vi porta il vaso più grande di confidenza, quegli ne riporta maggior abbondanza di beni (Serm. 3, De annunt.). 
E già prima lo espresse il Profeta dicendo: Sia sopra di noi, o Signore, la tua misericordia conforme noi in te abbiamo sperato (Sal 32,22). 
Ciò ben si avverò nel Centurione, a cui disse il Redentore, lodando la sua confidenza: Va', e ti sia fatto conforme hai creduto (Mt 8,13). 

E rivelò il Signore a S. Geltrude che chi lo prega con confidenza, gli fa in certo modo tanta violenza, che egli non può non esaudirlo in tutto ciò che gli cerca. La preghiera, dice S. Giovanni Clìmaco, fa violenza a Dio, ma violenza che gli è cara e gradita (Scal. gr. 28).




Accostiamoci adunque, ci avvisa san Paolo, con fiducia al trono di grazia, a fine di ottenere misericordia, e trovare grazia per opportuno sovvenimento (Eb 4,16). Il trono della grazia è Gesù Cristo, che al presente siede alla destra del Padre, non in trono di giustizia, ma di grazia, per ottenerci il perdono, se ci ritroviamo in peccato, e l'aiuto a perseverare, se godiamo la sua amicizia. 

A questo trono bisogna che ricorriamo sempre con fiducia, cioè con quella confidenza che ci dà la fede nella bontà e fedeltà di Dio, il quale ha promesso di esaudire chi lo prega con confidenza, ma con confidenza stabile e sicura. Chi all'incontro lo prega con esitazione, dice S. Giacomo, che costui non pensi di ricevere niente: Imperocché chi esita è simile al flutto del mare mosso e agitato dal vento. Non si pensi dunque un tal uomo di ottenere cosa alcuna dal Signore (Gc 1,6-7). Niente riceverà perché la sua ingiusta diffidenza, da cui viene agitato, impedirà alla divina misericordia di esaudire le sue domande. 

«Non hai ricevuto la grazia, dice S. Basilio, perché l'hai domandata senza confidenza» (Const. Monac. c. 2). 

Disse Davide, che la nostra confidenza in Dio dev'essere ferma come un monte, che non si muove a qualunque urto di vento: Coloro che confidano nel Signore, sono come il monte Sion; non sarà vacillante in eterno chi abita in Gerusalemme (Sal 124,1). E ciò è quello di cui ci ammonì il Redentore, se vogliamo ottenere la grazia che cerchiamo. Qualsivoglia grazia che domandiate, state sicuri di averla e così l'otterrete (Mr 11,24).


VIENI SIGNORE GESU', 
NOI TI ATTENDIAMO. AMEN.

domenica 29 novembre 2015

OMICIDIO ABORTO


29 Agosto 2011 - Dio Padre: La Mia mano

cadrà con forza su quelle nazioni che 

legalizzano l’aborto

Vengo nel nome di Mio Figlio Gesù Cristo. Io sono l’Alfa e l’Omega, il Dio l’Altissimo. Vorrei dare ai Miei figli di tutto il mondo questo messaggio.

La Mia mano si sta trattenendo dal punire l’uomo per i peccati che commette, grazie alla potenza della preghiera. Farò cadere un grave castigo se l’uomo non si allontana dal peccato di omicidio e di aborto. Già voi, figli Miei, avete visto la Mia rabbia attraverso terremoti, inondazioni, tsunami e altri disordini ecologici. Devo punirvi, figli, perché non potete evitare la punizione per i vostri delitti contro il vostro prossimo.

Il peccato di aborto sarà punito quando la Mia mano cadrà con forza su quelle nazioni che approvano questo abominio. Non vi sarà concesso di uccidere le Mie creature impotenti e, se i Governi continueranno ad approvare leggi condonando questa vile pratica, vedrete la Mia collera discendere con una forza tale che Mi implorerete misericordia per la vostra vita. Eppure non smetterete mai di pensare che state togliendo la vita ai figli non nati.

L’omicidio non sarà più tollerato da Me. Presto sarete fermati. Pregate per le anime di questi esseri indifesi e chiedete la redenzione. Non accettate queste leggi approvate dai vostri Governi, gestiti da pagani e non hanno alcun rispetto per la vita.

Il Mio castigo sui paesi colpevoli di aver legalizzato l’aborto spazzerà via le nazioni. I vostri paesi si frantumeranno in piccoli pezzi e cadranno nell’oceano. Le vostre nefande cliniche e i vostri ospedali, dove effettuate tali pratiche, verranno chiusi e i colpevoli saranno gettati nel fuoco dell’Inferno per i loro atroci delitti.
Vengo a darvi questo Avvertimento ora. Non condonate l’aborto. Alzatevi in piedi nei vostri paesi e lottate per impedire che questo genocidio continui. Se i vostri Governanti continuano a perpetrare i loro atti di orrore sulla Mia creazione subiranno un potente rimprovero.

Fate attenzione ora a questo messaggio, uno dei Miei più urgenti avvertimenti per l’umanità. Togliete la vita ai Miei figli non nati e Io toglierò la vostra. Pregate intensamente, bambini, per la fede di tutti i Miei figli che continuano ad ignorare gli insegnamenti dati sin dall’inizio dei tempi.

Dio Padre



Quando cominciamo a pregare o iniziamo l’incontro del nostro gruppo della Crociata di preghiera ricordiamo di chiedere ai santi della nostra devozione la sua protezione per noi e per la nostra famiglia diciamo: “San…… prega per noi e per le nostre famiglie”.

- Giornata mensile di preghiera dei gruppi JTM, 7 dicembreci uniremo ai gruppi degli altri paesi per pregare per i governanti, le nazioni e per evitare le guerrequa

- Rivolta araba provocherà disordini globali – l’Italia innescherà l’accadimento, qua.

La preghiera può salvare e salverà l’umanità, qua.

- Ora potete seguire il programma di preghiera del nostro gruppo, sulle nostre nuove pagine di facebook e google +


- 1° Maggio 2014 – La Mia Promessa di tornare si compirà nel corso della vita di questa generazione, qua


- Crociate per argomento: Per la Seconda Venuta di Gesù qua


- "Figlia Mia, i figli di Dio saranno in grado di proteggere la loro fede, il loro coraggio e la loro sicurezza durante tutte le guerre, se continueranno a pregare la Crociata di Preghiera del Sigillo del Dio Vivente. Questo è uno degli ultimi e il più grande Sigillo di Protezione inviato dal Cielo, di tutte le preghiere date all’umanità"qua

- Libro della Verità- Mini webcast parte 3- Preparazione spirituale e fisica, qua

Siete tutti calorosamente invitati a seguire il programma di preghiera del nostro gruppo qua e qua 




-MAI PRIMA D’ORA, LE VOSTRE PREGHIERE SONO STATE COSÌ NECESSARIE. "Figlia mia, chiedo a coloro i quali seguono questi Messaggi, di pregare per questa Missione. Le vostre Preghiere sono richieste, per proteggere quest’Opera da tutte le malvagie insidie e le opere che il Maligno, compie tramite coloro che lo servono e lo onorano. Mai prima d’ora, le vostre Preghiere sono state così necessarie" (MDM 8 giugno 2014), qua 

-Preghiamo per tutte le persone che stanno soffrendo disastri per lo sconvolgimento della natura, così come per quelli che patiscono per le guerre e i combattimenti. Crociate per l'attenuazione dei castighi
Crociate per la pace contro le guerre


- "Vi chiedo di pregare per la speranza e dire il Mio Santo Rosario tutti i giorni per tutti coloro che governano a Roma. Dovete pregare per tutti coloro che gestiscono la Chiesa cattolica. Vi prego di includere l’uomo che siede sulla Cattedra di Pietro, perché egli ha un grande bisogno delle vostre preghiere. Pregate che accetterà la Verità della morte di Mio Figlio sulla Croce e che aprirà il suo cuore alle richieste di Mio Figlio per la Misericordia per tutti i figli di Dio"qua.

Carissimi fratelli invito tutte le persone che sono membri di Gesù all'umanità ad essere obbedienti, e a mettere in pratica questo desiderio di Gesù: "In questo momento, ascoltateMi solo attraverso questi Messaggi" qua

Aggiungiamo tutti i giorni nelle nostre intenzioni del Santo Rosario a Benedetto XVI e anche le altre intenzioni che ci sono state richieste qua 

- “Il mio Rosario è la preghiera più potente e, se è recitata quotidianamente, distruggerà il potere del maligno.” (Madre della Salvezza, Libro della Verità, 14 ottobre 2013), qua



- Consulta la nostra Libreria qua


 - Crociate per argomento: Le crociate divise in 63 argomentqua

 Bisogna essere  pronti, stiamo in guardia e vigiliamo! qua 


Il minimo di preghiere che un membro di Gesù all'umanità deve recitare ogni giorno qua

- "Tutti i Miei discepoli devono recitare ogni giorno la coroncina della Divina Misericordia: essa rinvigorirà le anime e le aiuterà a ottenere la grazia al momento della morte", Gesù a MDM messaggio del 15 novembre 2010,  qua 

- Possiamo chiedere preghiera per le nostre intenzioni, e soprattutto pregare per le persone che ci fanno richieste di preghiera qua.


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- Nei nostri blog il Libro della Verità on line e "PREPARSI PER LA SECONDA VENUTA" potete leggere tutti i messaggi ricevuti da Maria della Divina Misericordia e scaricare diversi file stampabili ed e-books che contengono diversi formati del Libro della Verità