sabato 20 giugno 2015

Totus tuus. Mirabile esempio del beato Giovanni Paolo II !

Giovanni Paolo II: Totus tuus: A Cristo attraverso Maria
di François-Marie Léthel Prelato segretario della Pontificia Accademia di Teologia su L'Osservatore Romano del 17 dicembre 2009



Il motto Totus tuus, che riassume tutta la spiritualità cristocentrica e mariana di san Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716), è stato il filo conduttore di tutta la vita del Beato Giovanni Paolo II. Il santo francese e il suo grande discepolo polacco sono due esempi luminosi della stessa santità sacerdotale, d'una vita interamente vissuta nell'amore di Gesù e dei fratelli sotto la guida materna di Maria. Totus tuus! Due parole che sono una preghiera indirizzata a Gesù per mezzo di Maria e nel suo Cuore Immacolato. È un atto d'amore come dono totale di sé. Nello stesso senso anche santa Teresa di Lisieux definisce l'amore:  "Amare è dare tutto e dare se stesso".
 
 Luigi Maria di Montfort e Teresa di Lisieux sono infatti come due fari di santità che hanno illuminato in modo particolare il pontificato di Giovanni Paolo II, nella grande prospettiva del concilio Vaticano ii tracciata dalla Lumen gentium.
 
 
Le loro opere principali - il Trattato della vera devozione alla santa Vergine di Luigi Maria, e la Storia di un'anima di Teresa - sono dei testi dottrinali di massima importanza e perfettamente convergenti per illuminare la via della santità per tutti, come via dell'amore vissuta con Maria.

 La dottrina di Teresa viene espressa nel racconto della sua vita, mentre quella del Montfort è espressa in un trattato. Ma tutti e due, alla fine dei loro scritti, invitano il lettore a darsi totalmente e per sempre a Gesù nell'amore dello Spirito Santo, attraverso le mani e il cuore di Maria. Con Maria e in Maria, ogni battezzato può veramente "vivere d'amore" nel quotidiano e realizzare la sua vocazione alla santità nel dono totale di sé e per sempre. La totalità e radicalità di tale dono viene espressa attraverso due forti simboli biblici:  "Olocausto all'Amore" (Teresa), "Schiavitù d'Amore" (Luigi Maria), in riferimento al sacrificio di Gesù, "Olocausto" della nuova alleanza di colui che ha preso per noi "la condizione di schiavo" fino alla morte sulla croce.

 Nella vita di Karol Wojtyla, questo Totus tuus è diventato come il respiro della sua anima, il battito del suo cuore a partire dal 1940 quando ha scoperto, all'età di venti anni, il Trattato del Montfort. Molte volte, Giovanni Paolo II racconterà tutto questo. Lo ha fatto in modo speciale, nel 1996, al momento del suo 50° anniversario di sacerdozio nel libro Dono e mistero. Secondo la sua testimonianza, è un laico, Jan Tyranowski - adesso servo di Dio - che gli aveva fatto conoscere il Trattato del Montfort e le Opere di san Giovanni della Croce, aprendolo alla più profonda vita spirituale, negli anni durissimi dell'occupazione nazista in Polonia.

 Il giovane Karol doveva lavorare come operaio in una fabbrica, scoprendo progressivamente nello stesso periodo la sua vocazione al sacerdozio. Parlando di questo periodo, Giovanni Paolo II insisteva sul "filo mariano" che aveva guidato tutta la sua vita fin dall'infanzia, nella sua famiglia, nella sua parrocchia, nella devozione carmelitana allo scapolare e la devozione salesiana a Maria ausiliatrice. La scoperta del Trattato - ricorda lo stesso Papa polacco - l'aiutò a fare un passo decisivo nel suo cammino mariano, superando una certa crisi:  "Ci fu un momento in cui misi in qualche modo in discussione il mio culto per Maria ritenendo che esso, dilatandosi eccessivamente, finisse per compromettere la supremazia del culto dovuto a Cristo.
 
 Mi venne allora in aiuto il libro di san Luigi Maria Grignion de Montfort che porta il titolo di Trattato della vera devozione alla santa VergineIn esso trovai la risposta alle mie perplessità. Sì, Maria ci avvicina a Cristo, ci conduce a Lui, a condizione che si viva il suo mistero in Cristo (...). L'autore è un teologo di classe. Il suo pensiero mariologico è radicato nel mistero trinitario e nella verità dell'Incarnazione del Verbo di Dio (...). Ecco spiegata la provenienza del Totus tuus. L'espressione deriva da san Luigi Maria Grignion de Montfort. È l'abbreviazione della forma più completa dell'affidamento alla Madre di Dio che suona così:  Totus tuus ego sum et omnia mea tua sunt. Accipio te in mea omnia. Praebe mihi cor tuum, Maria" (Dono e mistero, pp. 38-39).

 Queste parole in latino, continuamente pregate e ricopiate da Karol Wojtyla sulle prime pagine dei suoi manoscritti, si trovano alla fine del Trattato del Montfort, quando il santo invita il fedele a vivere la comunione eucaristica con Maria e in Maria. Bisogna sottolineare che questo Totus tuus diventa per sempre, dal 1940 al 2005, come la linea direttrice di tutta la vita di Karol Wojtyla, come seminarista e sacerdote, e poi come Vescovo e Papa. Quando, nel 1958, è nominato da Pio xii vescovo ausiliare di Cracovia, sceglie già il Totus tuus come motto episcopale, insieme allo stemma che simboleggia Cristo redentore e Maria accanto a lui, lo stesso che conserverà come Papa. E soprattutto lo vivrà fino alla fine, nelle grandi sofferenze degli ultimi mesi. 

Dopo la tracheotomia, non potendo più parlare, scriverà ultimamente le parole Totus tuus. Sappiamo anche dalle persone più vicine a lui che leggeva ogni giorno un passo del Trattato.
 

 Nei suoi scritti, Giovanni Paolo II ha fatto spesso riferimento a san Luigi Maria, come per esempio nella Redemptoris mater (n. 48). Ma, in modo particolare, verso la fine del suo pontificato, ci ha lasciato una bellissima sintesi della sua dottrina interpretata alla luce del concilio Vaticano ii, nella sua Lettera ai religiosi e alle religiose delle famiglie monfortane dell'8 dicembre 2003. È forse il testo più illuminante per capire il significato teologico profondo del Totus tuus e dello stemma episcopale.

 All'inizio della Lettera (n. 1), Giovanni Paolo II racconta di nuovo la sua scoperta personale, con riferimento al suo libro Dono e mistero. Citando poi il Trattato, egli insiste sulla principale caratteristica della sua dottrina:  "La vera devozione mariana è cristocentrica". Il fondamento di questa dottrina è evidentemente il Vangelo. Ed è proprio a partire dal testo di san Giovanni che viene spiegato lo stemma e il motto Totus tuus:  "La Chiesa, fin dalle sue origini, e specialmente nei momenti più difficili, ha contemplato con particolare intensità uno degli avvenimenti della Passione di Gesù Cristo riferito da san Giovanni:  "Stavano presso la croce di Gesù sua Madre, la sorella di sua Madre, Maria di Cleofa, e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la Madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla Madre:  Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al discepolo:  Ecco la tua Madre! E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa" (Giovanni, 19, 25-27).

 Lungo la sua storia, il Popolo di Dio ha sperimentato questo dono fatto da Gesù crocifisso:  il dono di sua Madre. Maria Santissima è veramente Madre nostra, che ci accompagna nel nostro pellegrinaggio di fede, speranza e carità verso l'unione sempre più intensa con Cristo, unico salvatore e mediatore della salvezza (cfr. Lumen gentium, 60 e 62). Com'è noto, nel mio stemma episcopale, che è l'illustrazione simbolica del testo evangelico appena citato, il motto Totus tuus è ispirato alla dottrina di san Luigi Maria Grignion de Montfort (cfr. Dono e mistero, pp. 38-39; Rosarium Virginis Mariae, 15). Queste due parole esprimono l'appartenenza totale a Gesù per mezzo di Maria:  "Totus tuus ego sum, et omnia mea tua sunt", scrive san Luigi Maria".

 È alla fine del Trattato che si trovano le parole in latino, citate sopra, continuamente ricopiate da Karol Wojtyla, sacerdote, vescovo e Papa. Luigi Maria insegna a vivere la santa comunione con Maria. Si tratta di rinnovare la consacrazione del battesimo nelle mani di Maria per ricevere con lei il Corpo di Gesù:  "Rinnoverai la tua consacrazione, dicendo:  Totus tuus ego sum, et omnia mea tua sunt. Io sono tutto tuo, mia cara Signora, con tutto ciò che mi appartiene. Pregherai questa buona Madre di prestarti il suo cuore, per accogliervi il Figlio suo con le sue stesse disposizioni (...)Le chiederai il suo cuore con queste tenere parole:  Accipio te in mea omnia, praebe mihi cor tuum, o Maria [Ti prendo per ogni mio bene, dammi il tuo cuore, o Maria!]" (Trattato della vera devozione alla santa Vergine, 266).

 Queste parole sono indirizzate al fedele per la sua piena partecipazione all'eucaristia. Ma hanno evidentemente un valore particolare per il sacerdote che celebra la messa. Luigi Maria lo dice, sempre alla fine del Trattato, invitando a rinnovare questa consacrazione mariana "prima di celebrare o di partecipare alla santa messa, alla comunione".
 
 Le parole:  Accipio te in mea omnia ("Ti prendo come ogni mio bene") sono l'appropriazione personale del testo del Vangelo:  Accepit eam discipulus in sua ("Il discepolo la prese con sé", Giovanni, 19, 27). Maria è un dono che il discepolo riceve continuamente da Gesù stesso, e che accoglie nel dono di sé espresso dalle parole Totus tuus ego sum ("Io sono tutto tuo").

 Ma questo dono di Maria viene sempre da Gesù e porta sempre a Gesù. È il senso della domanda Praebe mihi cor tuum, Maria ("dammi il tuo Cuore, o Maria"). Non si tratta principalmente di amare Maria, ma piuttosto di amare Gesù con il cuore di Maria. La vera devozione a Maria è cristocentrica. Il discepolo che riceve da Gesù stesso il dono di Maria mediante il dono totale di se stesso, entra per mezzo di lei nel mistero dell'Alleanza, nella profondità dell'ammirabile scambio tra Dio e l'uomo in Cristo Gesù. "Dio si è fatto uomo perché l'uomo diventasse Dio", dicevano i Padri della Chiesa. Il Figlio di Dio è disceso dal Cielo e s'è incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno verginale di Maria, per farci salire con lui nel seno del Padre. Maria occupa lo stesso posto nel movimento "discendente" dell'incarnazione e nel movimento "ascendente" della nostra divinizzazione. Come la Somma teologica di san Tommaso d'Aquino anche ilTrattato del Montfort è interamente articolato secondo questa dinamica di exitus et reditus, cioè di andata e ritorno tra Dio e l'uomo in Cristo Gesù.

 La "perfetta devozione a Maria" insegnata da san Luigi Maria consiste essenzialmente nel dono totale di sé espresso nel Totus tuus, integrando tutte le buone pratiche di devozione, specialmente il rosario. Ma nel più profondo è "pratica interiore", vita interiore, un cammino di vita spirituale profonda che deve portare alla santità. Non c'è dubbio che Giovanni Paolo II abbia vissuto questa spiritualità mariana al livello più alto dell'unione trasformante con Cristo. La domanda Praebe mihi cor tuum, o Maria è stata esaudita. Lo stesso Luigi Maria, che ha la meravigliosa esperienza di questa "identificazione mistica con Maria" spera che la sua dottrina porterà molti frutti nei secoli successivi della Chiesa.

 Presentando gli "effetti meravigliosi" (Trattato della vera devozione alla santa Vergine, 213-225) di questa "perfetta devozione", Luigi Maria ci mostra come la persona che vive pienamente il Totus tuus cammina con Maria sulla via dell'umiltà evangelica, che è via di amore di fede e di speranza. Alla fine della sua Lettera ai religiosi e religiose delle famiglie monfortane, Giovanni Paolo II sintetizza questo insegnamento del Trattatosempre alla luce della Lumen gentium. La santità alla quale tutti sono chiamati non è altro che la perfezione della carità. In questa vita sulla terra, l'umiltà è la più grande caratteristica della carità. "È proprio dell'amore abbassarsi", scriveva Teresa di Lisieux all'inizio della sua Storia di un'anima. È lo stesso amore di Dio che in Gesù si fa piccolo e povero dal presepio alla croce. Ed è il significato profondo della "schiavitù d'amore".

 Il punto finale della Lumen gentium era la contemplazione di "Maria, segno di certa speranza e di consolazione per il pellegrinante Popolo di Dio" (n. 68-69). In questa luce finisce anche la Lettera alla famiglia monfortana di Giovanni Paolo II, citando le ultime righe della Lumen Gentium e riassumendo la dottrina del Montfort sulla speranza vissuta con Maria, difendendolo in particolare contro l'accusa ingiusta di "millenarismo". E si ricorda come, nell'antifona Salve Regina, la Chiesa chiama la Madre di Dio "Speranza nostra".

 In tutte le difficoltà della vita sacerdotale, Maria è e sarà sempre l'ancora della speranza, una speranza sicura per il futuro della Chiesa e per la salvezza del mondo. Così anche Papa Benedetto XVI, che ha fortemente voluto questo Anno sacerdotale, ha presentato Maria alla fine della sua enciclica Spe salvi come la "Stella della Speranza" (n. 49-50). 

Santa Giuliana Falconieri


Santa Giuliana Falconieri Vergine
m. 1341
Nipote di uno dei Sette santi fondatori dei Servi di Maria, sant’Alessio, Giuliana Falconieri (1270-1341) ne seguì le orme diventando fondatrice e prima superiora delle Sorelle dell’ordine dei Servi della beata Vergine Maria, dette Mantellate. Con lei avevano preso il velo alcune sue amiche che la seguirono in uno stile di vita improntato al carisma dei Serviti e a una regola molto rigida. Nata a Firenze da una famiglia nobile, visse la vocazione sin da ragazza in casa, divenendo a 14 anni Terziaria. Vestito l’abito, anzi l’ampio mantello scuro che caratterizzò le religiose, resse il convento per 40 anni. Non potendo comunicarsi, nei suoi ultimi giorni la santa chiese che un’ostia consacrata le fosse posata sul petto. La particola – mentre lei moriva dicendo «Mio dolce Gesù, Maria!» – scomparve e ne rimase impresso il segno. Venne beatificata nel 1678 e canonizzata nel 1737. (Avvenire)
Etimologia: Giuliana = appartenente alla 'gens Julia', illustre famiglia romana, dal latino
Emblema: Giglio
Martirologio Romano: A Firenze, santa Giuliana Falconieri, vergine, che istituì le Suore dell’Ordine dei Servi di Maria, chiamate per il loro abito religioso ‘Mantellate’. 

Giuliana dalla vita ha ricevuto tanto: nobiltà di casato, ricchezza di famiglia, amore sviscerato dei genitori, che avevano atteso talmente tanto la sua nascita da considerarla dono del Cielo e, pertanto, meritevole di ogni premurosa attenzione. Dalla vita ha ricevuto anche bellezza fisica, vantaggiose proposte di matrimonio, un’ottima educazione. Ed anche uno zio santo, quel tal Sant’ Alessio Falconieri, che figura tra i Sette Fondatori dei Servi di Maria. 

Nonostante questo insieme di doni naturali c’è chi da subito pensa che quella ragazza bella, forse allevata nella bambagia come tutti i figli nati quando i genitori sono avanti negli anni, sia fatta più per il cielo che per la terra. E non si sbaglia. Non sa cosa sia uno specchio, non si cura del proprio abbigliamento, non dimostra alcun interesse per gioielli e piaceri mondani, che pure non le mancherebbero se soltanto volesse. Rimanda al mittente le proposte di matrimonio, anche quelle serie e motivate e serie, che riceve; dimostra una straordinaria inclinazione per le pratiche di pietà e per la vocazione religiosa: insomma, una ragazza da convento. 
Ed infatti in convento ci va, non appena mamma, morendo, la lascia completamente sola; anzi, fonda un monastero proprio, scegliendo, com’è naturale, la linea spirituale tracciata dal santo zio Alessio, la spiritualità dei Servi di Maria, appunto, che ha già respirato in famiglia e nella quale si è addestrata con la guida di un altro santo, Filippo Benizi, vivendo in casa come una consacrata. 

L’esempio di Giuliana è contagioso viene e seguito da molte compagne della ricca borghesia fiorentina; dai Servi di Maria ereditano l’ampio mantello nero a causa del quale vengono subito battezzate dal popolo come “le Mantellate”. Vivono in contemplazione ed esercitano la carità, digiunano completamente il mercoledì e il venerdì di ogni settimana, il sabato si accontentano di pane ed acqua, tutti i giorni trascorrono la maggior parte del loro tempo nella preghiera e nella meditazione dei sette dolori di Maria. Il clima fiorentino in cui si trovano a vivere è pervaso da nuova vita e da antichi rancori, la città è divisa da inimicizie e discordie che ogni giorno si traducono in sanguinose vendette. 

Le Mantellate si assumono spontaneamente il compito di pregare e digiunare, per rasserenare gli animi, per ottenere la pace dei loro concittadini. Giuliana, in particolare, alle opere di digiuno e di preghiera, aggiunge anche il dono prezioso dei suoi dolori fisici, soprattutto quelli di stomaco, che la perseguitano per diversi anni, giungendo al punto da consumarla completamente e da non permetterle di assumere il benchè più leggero alimento. E’ per questo che quel 19 giugno 1341, a lei, morente, viene negato anche il conforto del viatico, perché si ha paura che neppure riesca a deglutire l’ostia consacrata. Gliela depongono solo su un corporale, che è stato steso sul suo petto, ma tra lo stupore di tutti l’ostia svanisce. Le sue monache credono di sciogliere l’enigma quando, appena spirata e mentre ne stanno ricomponendo il cadavere, notano in corrispondenza del cuore un marchio viola, grande appunto come l’ostia consacrata, come se questa si fosse impressa nel suo corpo: il marchio che le Mantellate ancora oggi portano impresso sul loro abito religioso, a ricordo della miracolosa ultima “comunione” della loro fondatrice. Proclamata santa da Clemente XII nel 1737, Giuliana Falconieri è festeggiata il 19 giugno ed invocata particolarmente contro i dolori di stomaco.


Autore: Gianpiero Pettiti

Kasper

Kasper, Angelus della discontinuità e della rottura    Il profeta Walter Kasper    17 marzo 2013:

*In questi giorni, ho potuto leggere un libro di un Cardinale – il Cardinale Kasper, un teologo in gamba, un buon teologo – sulla misericordia. E mi ha fatto tanto bene, quel libro, ma non crediate che faccia pubblicità ai libri dei miei cardinali! Non è così! Ma mi ha fatto tanto bene, tanto bene … Il Cardinale Kasper diceva che sentire misericordia, questa parola cambia tutto. E’ il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto.
*PF improvvisa in italiano, ma pensa, riflette e si prepara in spagnolo, quindi non “capita” che gli scappa, “per caso”, una citazione come questa.

Il cardinale Kasper… il superecumenista che mette in dubbio le verità cattoliche, per PF sarebbe un “buon teologo”, alla cui fonte lui si abbevera con piacere e compiacimento.
Siamo proprio a posto!  Povero cardinale Ratzinger, dopo essersi sbracciato per otto anni per cercare di far credere nella sua famosa “esegesi della riforma nella continuità”, senza peraltro riuscirci se non con pochi affezionati… ecco che arriva… fresco fresco… il “Vescovo di Roma” venuto da “quasi la fine del mondo”… e d'un sol colpo d'“Angelus”, il primo!, manda definitivamente in pensione, non solo l'esegesi ratzingeriana, ma perfino il Vaticano II… per affermare “autorevolmente” che la buona teologia è quella del post-concilio… quella eretica del cardinale Kasper e dei suoi sodali, come PF.
***Sobrii estote, et vigilate: quia adversarius vester diabolus tamquam leo rugiens circuit, quaerens quem devoret: cui resistite fortes in fide.  Siate temperanti e vigilate: il vostro nemico il diavolo come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare: resistetegli saldi nella fede. I Pt. 5, 8-9

L’ERETICO CARDINALE WALTER KASPER di Don Lugi Villa. Questo articolo del compianto Don Luigi è stato pubblicato sulla rivista. mensile Chiesa Viva, n° 433 - dicembre 2010. Impaginazione e sottolineature sono nostre  

Certo, è un fatto grave!
Di sua propria confessione ha rotto la comunione di fede, indispensabile per l’unità cattolica.
A riguardo della necessità di appartenere alla Chiesa per essere salvi, il card. Walter Kasper ha scritto: «Con le sue Dichiarazioni, il Concilio [Vaticano II] ha rigettato l'antica teoria esclusiva e la pratica secondo la quale, dal fatto che Gesù Cristo è il solo e unico Mediatore della salvezza, non cè salvezza fuori della fede in Cristo, “Extra ecclesiam nulla salus” [Fuori della Chiesa non cè salvezza], secondo il famoso assioma del vescovo Cipriano di Cartagine [morto nel 258] [...]. Questa teologia esclusiva fu rimpiazzata da una teoria inclusiva (...). In Gesù Cristo la salvezza è venuta a tutti i popoli in maniera universale che include tutto ciò che è buono e vero nelle altre religioni».
Da parte mia, io credo che la Chiesa cattolica romana è la Chiesa di Cristo, fuori della quale non può esservi salvezza. È uno dei dogmi cattolici che nessuno può salvarsi fuori della Chiesa cattolica (Pio IX: “Quanti conficiamur maerore”, Dez. 2867).

Da questa divergenza di fede, scende una profonda divergenza di concezione nella pratica ecumenica, quale descritta dallo stesso Walter Kasper: «Prima del Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica intendeva il ristabilimento dellʼunità dei cristiani unicamente in termini di ritorno dei nostri fratelli separati alla vera Chiesa di Cristo... da cui si erano disgraziatamente separati. Questa fu l’espressione che usò Pio XI nella sua enciclica “Mortalium animos” del 1928. Il Concilio Vaticano II ne fece un cambiamento radicale (...). il vecchio concetto dell’ecumenismo del ritorno è stato rimpiazzato, oggi, da quello di “itinerario comune”, che dirige i cristiani verso il fine della comunione ecclesiale, compresa come unità nella “diversità riconciliata».

Ora, questo falso profeta, travestito da pecora, ma che dentro è un lupo rapace (Mt. 7, 15), non è stato mai denunciato, anzi!.. fu elevato agli onori cardinalizi e poi nominato Presidente del “Segretariato per l'Unità dei cristiani”. Davanti a questi fatti, come potranno rimproverarci di seguire i consigli di Cristo di diffidare (Mt. 7, 15) di fronte a coloro che sono all’origine di tali promozioni? E che abbiamo a comprendere la necessità che noi abbiamo di richiamare di essere protetti da sicure garanzie necessarie a salvaguardare la nostra fede cattolica, perché i nemici della Chiesa sono, ormai, all’interno di Essa!

Uno dei quali è chiarissimamente anche il cardinal Kasper che nega persino la divinità di Gesù Cristo. A comprova dei suoi “errori” che dovevano essere condannati con “anatemi”. Noi non ci sbagliamo se osiamo dire che il cardinale Kasper non ha la fede cattolica!
Chi ha letto il suo libro: “Gesù, il Cristo” si sarà reso conto che il card. Kasper non crede che Gesù sia Figlio di Dio, in senso proprio. Secondo Lui, «questa confessione di Gesù Cristo Figlio di Dio... è un residuo di mentalità mitica, passivamente accettato» (p. 223).
Noi ci domandiamo: dove mette la confessione di Pietro a Cesarea di Filippo (Mt. 16, 16): «Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivente», sanzionata da Gesù stesso: «Beato te, Simone Bar Jona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli».  Ma Kasper se la cava dicendo che Pietro disse: «Tu sei il Messia» (p. 142).
Anche del testo di Mc. 14. 61-63: «Sei Tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?»; e Gesù rispose: «Si, lo sono!». Quindi, per Kasper, Gesù sarebbe solo un “uomo” svuotandosi del suo “Io Dio”.
È più che evidente che il cardinale Kasper non ha più la fede cattolica dicendo che la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo é un'invenzione di San Paolo e di San Giovanni, per cui riporta una affermazione di Smulders (Catechismo olandese): «la dottrina della divinità e dell'umanità di Gesù costituisce uno sviluppo della convinzione originaria della fede che quest'uomo é la nostra salvezza divina».

È doveroso, quindi, che anche noi abbiamo a combattere coloro che contraddicono - come dice San Paolo - «agli scritti insubordinati, ingannatori della gente, bisogna chiudere la bocca» (Tito 1, 7-11), come dovrebbe fare Roma, con gli “errori” dellʼeretico cardinale Walter Kasper!
Qui, ne riporteremo almeno i principali: -
Dopo essere stato il responsabile principale del “Catechismo Tedesco per Adulti”, pieno di inesattezze, di errori, dicendo persino che “i dogmi possono essere unilaterali, superficiali, ostinati, stupidi e prematuri”; dopo d’aver scritto che “un uomo moderno non può credere, perché incontra ostacoli che non riesce a superare, per cui deve accettare questa responsabilità”, e che “la fede la si può soltanto testimoniare”, e via dicendo; riportiamo, qui, altre “eresie” che portano la sua perfida firma.

1° KASPER NEGA I MIRACOLI      Kasper li dice “leggende”, “racconti” non storici, ma sono «un problema che rende piuttosto strana e difficilmente comprensibile all'uomo moderno l'attività di Gesù…», e scrive che «si ha l'impressione che il N. T. abbia arricchito la figura di Gesù di motivi extra-cristiani per sottolinearne la grandezza e l'autorità» (1).  *E afferma persino che i miracoli, nei Vangeli, “possono essere interpretati anche come opera del demonio. In se stessi, poi, non sono così chiari e non costituiscono necessariamente una prova della divinità di Gesù” (p. 129).
Adesso, è doveroso far conoscere l’anatema del Vaticano I: «Se qualcuno dirà che i miracoli non sono possibili e che perciò tutti i racconti miracolosi contenuti anche nella Sacra Scrittura devono essere relegati tra le leggende e i miti, e che i miracoli non possono giammai essere conosciuti con certezza, né con essi si può debitamente dimostrare l'origine divina della religione cristiana, sia scomunicato!».

2° KASPER NEGA LA RISURREZIONE CORPOREA DI CRISTO     Infatti, scrive: «Nessun testo neo-testamentario asserisce di aver visto Cristo risorgere». E continua: «Gli enunciati della tradizione neo-testamentaria della risurrezione di Gesù non sono affatto neutrali: sono confessioni e testimonianze prodotte da gente che crede» (p. 176). 
Anche della scoperta del “sepolcro vuoto”, scrive: «dobbiamo supporre che non si tratti di cenni storici, ma soltanto di artifizi stilistici, escogitati per richiamare l'attenzione e creare “suspance”» (p. 172)… «in ciò su cui si vuole richiamare l'attenzione, non é il sepolcro vuoto; si annuncia la risurrezione, e il sepolcro viene considerato soltanto come segno di questa fede» (p. 173).
Anche qui, su questa stupidità della “nuova esegesi biblica” v’è l’anatema del Vaticano I: «Se qualcuno dirà che la Risurrezione divina non possa essere fatta credibile da segni esterni, e che perciò gli uomini non devono essere mossi dalla fede se non da sola interna esperienza, o privata ispirazione, sia scomunicato!».

3° PER KASPER NON CI FU “ASCENSIONE” DI CRISTO IN CIELO    Per Lui, l’ascensione al cielo di Gesù va interpretata come una narrazione pasquale. Scrive: «Queste nubi che sottraggono Gesù allo sguardo dei discepoli attoniti, non sono un fenomeno metereologico, ma un simbolo teologico» (p. 203); quindi, niente “apparizioni”: «questi racconti vanno interpretati alla luce di quanto essi vogliono esprimere»; dove si parla di un Risorto che viene toccato con le mani e che consuma i pasti coi discepoli, «non vanno presi alla lettera» (p. 192), anche se, «a prima vista, potrebbero sembrare delle affermazioni piuttosto grossolane che rasentano i limiti delle possibilità teologiche e che corrono il pericolo di giustificare una fede pasquale troppo rozza».   * Quelle apparizioni, quindi, non sono altro che “visioni” puramente spirituali!

4° KASPER AFFOSSA TUTTA LA MARIOLOGIA    Nella “nota 69” scrive: dei «difficili problemi teologici-biblici che la tematica del concepimento verginale solleva», per cui la verginale maternità di Maria è «ancora aperta sul piano biblico». Perciò, il cardinale Kasper difende l'eretico Nestorio, il negatore della divina maternità di Maria. Ma Nestorio fu poi bollato dal Concilio di Efeso col titolo di “Giuda redivivo”. *Kasper, oggi scrive: «Oggi, in seguito alle ricerche condotte dalla teologia storica (?) si è propensi alla riabilitazione». Kasper, quindi, attaccando la divina maternità di Maria, lo si può dire un “Giuda moderno!”.

5° KASPER NEGA L'INFALLIBILITA' DELLA CHIESA   Quindi, la Chiesa cattolica non sarebbe più la custode infallibile della Divina Rivelazione. Ma la “cristologia” del Kasper attesta, così, la rovina di una teologia cattolica di «coloro che ripudiano il Magistero e l'autorità della Chiesa» (2).
Da quello che abbiamo scritto sul cardinale Walter Kasper, possiamo proprio dire che detto cardinale non ha più la Fede cattolica, e che la Chiesa ha un successore degli Apostoli che ha apostatato dalla nostra Fede cattolica.

Eppure, l’allora card. Joseph Ratzinger, per la nomina a Vescovo di Water Kasper, si congratulava scrivendo: «Per la Chiesa cattolica in Germania, in un periodo turbolento, Lei é un dono prezioso» (3). Ma Noi, oggi, ci domandiamo se questi “doni preziosi” non siano, invece, dei veri “castighi”! 
  NOTE 1 - Cfr. W. Kasper, Gesù il Cristo, Queriniana, Brescia, p. 223. 2 - Cfr. Leone XIII, in “Providentissimus” e in “Vigilantiae”. 3 - Cfr. mensile 30 Giorni, maggio 1989.

giovedì 18 giugno 2015

MAI E POI MAI rinunciare ad avere quello di cui hai diritto: la celebrazione delle Messe in rito antico.

Scopre la Messa antica e gli si aprono gli occhi.Pubblichiamo una lettera di un "neofita" della liturgia antica, il quale ha partecipato poco tempo fa e per la prima volta  alla Messa tradizionale, trovandola nell'elenco di MiL "vicino" (50 km!) a casa sua.

Il lettore ci ha confidato in una mail che avere scoperto questo "rito" ha provocato in lui due reazioni: da un lato lo ha affascinato, dall'altro gli ha indotto ad alcune riflessioni che ha voluto condividere con noi (si veda sotto) e che ci ha autorizzati a offrire anche ai nostri lettori di MiL.
Il lettore ha precisato che non è mosso da avversione verso alcuno né da tentazioni scismatiche, anche se, ammette - e come dargli torto, ahinoi - non può non osservare, con dolore, che i marosi che oggi tormentano la barca di Pietro facciano talvolta temere cedimenti della struttura, ma "non praevalebunt".
Egli ammette con amarezza che un certo agire da parte di gran parte della gerarchia ecclesiastica e di moltissimo clero gli causa tristezza, ma, dice, si sa che questo è il tempo della prova durante il quale ancora di più serve tenere fisso lo sguardo su Colui il quale è nostro Re e Salvatore e bisogna affidarci all'azione dello Spirito Santo. 
Il lettore ci affida il suo "pezzo", che ha buttato giù di getto, dirompente, genuino, uscito così: dal pensiero alla tastiera; vorrebbe essere un fraterno richiamo, un invito a scuotere la polvere, a non perdersi nelle nebbie di una religiosità orizzontale al punto da divenire irrilevante e a non aver paura di tornare alla vera Novità che tale non ha mai smesso di essere anche dopo due millenni. 
Concludiamo la nostra presentazione citando le ultime parole che il lettore ci ha scritto nella mail, e che bene intendono lo scopo del Summorum Pontificum quale era nella mente di Benedetto XVI e sintetizzano la recente dichiarazione di intenti del Card. Sarah(ripredere il timone della liturgia):
 "Da neofita sembra di avere intuito che sostenere e far vivere la forma di sempre, oltre a essere una grazia già qui e oggi,  potrebbe aiutare a ricondurre progressivamente anche alcune deviazioni delle forme liturgiche post Vaticano II e ricondurle alla loro giusta e ortodossa dimensione che oggi, in certi casi, cattolica non sembra più."
Sottolineature nostre.
R.
Tra il serio e il faceto: riflessioni di un neofita
 

Ho scoperto che la Messa in rito antico é frequentata da un ristretto numero di speranzosi; diversi per estrazione sociale, età, cultura, anche se la familiarità con la lingua liturgica, ancorché limitata al saper scorrere il messale, lascia intuire un grado di scolarizzazione mediamente non basso.
 

Di loro si potrà dire di tutto tranne che vadano in chiesa per aderire a una convenzione sociale. Loro la Messa se la conquistano, devono cercarla con la caparbietà di un fungaiolo, viaggiando chilometri a volte, nascosta com'è nel sottobosco delle diocesi che quando non fanno orecchie da mercante semplicemente la boicottano, nascondendola alla vista del "popolo di Dio” perché hai visto mai che poi ti diventano tutti cattolici davvero?
 

Il “popolo di Dio”; quanto piace ai vaticanosecondisti questa locuzione. Alcuni di loro se lo immaginano come nel quadro di Pelizza da Volpedo, in movimento, compatto ma in uscita, verso le periferie, un po' americolatineggiante, el pueblo unido, boffianamente liberato, un corteo permanente. Per i restanti invece è una coperta deresponsabilizzante: mica vado a Messa per adorare Nostro Signore, no no, vado per incontrarmi con il "popolo di Dio" e fare quattro chiacchere perché il prete (vaticanosecondista di stretta osservanza anch'egli) ha detto che in Chiesa non servono tanti salamelecchi perchè noi siamo un’assemblea sacerdotalizzata, attiva e partecipe... quasi quella di un condominio...
 

Tornando allo sventurato tradizionalista, una volta individuata l'oasi dove l'episcopo locale non ha imposto orari antelucani o assurede cadenze (tipo il dodicesimo martedì dell'anno bisestile ma solo se cade in un giorno dispari oppure la domenica pomeriggio alle 16.00 ma solo durante la stagione estiva se la località è vicina al mare), il nostro eroe deve sfidare un giudizio ben peggiore di quello divino: quello del suddetto "popolo di Dio" che da tempo è innestato nella Parrocchia dove il meschino frequentava la Messa (nuova) prima di scoprire cosa fosse una Messa antica.
 

E il giudizio dei vaticanosecondisti di stretta osservanza preti o fedeli che siano (rahneriani, marxeriani, kasperiani, schitarranti, novatori, arcobalenisti, misericordiosi e dialoganti con le peggio eresie tranne che con i cattolici innamorati della sana dottrina) é sempre impietoso.
 
Scossi nella loro fede fluida, polimorfa, nemmeno più tiepida e oramai pappaeciccia con il mondo, operatori in una realtà ecclesiale divenuta un centro sociale smunto e soporifero incurante della vera missione della Chiesa (la salus animarum),  senza nemmeno l’ardimento di peccare fino in fondo (chè almeno li nostro Signore li viene a prendere e può farli santi), minestrine riscaldate e sciape, questi cristianucci alla chitarra, come li definì qualcuno, mostrano il loro vero volto: dialoganti ed ecumenici con tutti (anche con chi fino al 1965 era definito eretico) ma chiusi e sprezzanti verso coloro che apprezzano quella liturgia che, ironia del caso, per secoli secoli e fino al 1969 era la liturgia della Chiesa in tutto l'orbe terraqueo... (bizzarro eh?).
 

Loro semplicemente ti disprezzano. In altri tempi ti avrebbero lapidato sul sagrato con una determinazione che nemmeno contro l'adultera; anzi, di quest'ultima si chiedono in fondo che peccato avesse commesso perché se teniamo conto del vissuto esperienziale, delle sfide che la società del tempo le poneva, in un’ottica di dialogo inclusiva e di misericordiosa attenzione per il caso concreto, oggi Kasper l’ammetterebbe alla comunione senza il necessario pentimento salvifico (presupposto per ottenere il misericordioso perdono divino) – quindi lasciata a soffrire nella melma nella quale si trovava - perché alla fine "chi siamo noi per giudicare?".
 

Per i vaticanosecondisti di stretta osservanza va bene tutto (chitarre, bonghi, "balli sacri", vestiti succinti e animali in chiesa, creatività liturgica -abutsiva -, ecc) ma la Messa tradizionale no!
 

Ti dicono, che quella roba li è vecchia; se riesci fai loro osservare che con questo criterio sarebbe da accantonare anche Nostro Signore, perché ormai, dopo duemila anni ...
 

Ti dicono, anzi ringhiano, che tutta quella roba vecchia è per nostalgici chiusi alla novità; ci rifletti e pensi che no, l’età media dei fedeli che hai da poco osservato accalcati tra i banchi di quella chiesetta ove si celebrava la Messa antica non boicottata dal parroco o dal vescovo di turno consente di escludere che si tratti di nostalgia perché non si può avere nostalgia per qualcosa che non si è visto mai; se di nostalgia si tratta è perchè forse nella forma del vetus ordo si scorge con più forza l'ontologica realtà della Messa e la Sua presenza reale, che nella sciattezza liturgica di tante messe contemporanee vengono dissacrate, ignorate e talvolta anche escluse.
 

Ti dicono, anzi grugniscono, che in latino non si capisce niente salvo poi, nei celebrati lavori sinodali, lamentarsi che anche le letture in vernacolo... insomma non è che siano così chiare; troppo astratte, lontane dal vissuto quotidiano e che quindi andrebbero ridotte e sostituite con qualcosa di più immediato, magari una chiacchierata tra celebrante e assemblea (i vaticanosecondisti amano anche questo termine, assemblea).
 

Ti dicono, anzi berciano, che il vaticanosecondo (ai vaticanosecondisti si incrina la voce quando pronunciano questa locuzione) ha rotto con il passato e che indietro non si torna; a questo punto vorresti ricordagli l’ermeneutica della continuità di Benedetto XVI (che fu valido papa al pari di Francesco), che muove anche solo da una considerazione di semplice logica per cui il Concilio non può essere stato un evento extra-ordinem fondatore di una nuova Chiesa, altrimenti sarebbero state cambiate l’insegna e la carta intestata... Caso mai è stato "lo spirito del Concilio", che ha portato la Chiesa lontano rispetto a dove era stata l'intenzione dei padri conciliari...

 
Ma a questo punto non ne avresti più la forza; ti verrebbe da scuotere la polvere dai sandali e di lasciarli a cuocere nella loro minestrina scotta, avversi come sono alla Santa Messa (perché gira gira questo è il nodo) e alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana come Gesù le ha istituite e fondate. Ma comunque non vuoi demordere nè rinunciare ad avere quello di cui hai diritto: la celebrazione delle Messe in rito antico. No a quello non rinunci. E dici "basta" alle vessazioni e ai boicottaggi. Il tradizionalista non è un cattolico di serie B.
 

Si rimarrà in pochi ma come sappiamo all'inizio erano solo dodici, che peraltro se la filarono quasi tutti quando le cose smisero di andare bene; ne rimasero solo una manciata e di questi una era la Madre. Se con un incipit di questo tipo siamo ancora qui a parlarne dopo duemila anni mi sembra evidente che non ci sia molto da temere; salvo, naturalmente, annegare nel pentolone della minestrina.

Lettera firmata
AMDG et BVM

“Cuando veas


“Cuando veas que la gloria de Dios y el bien de la Iglesia exigen que hables, no te calles.

—Piénsalo: ¿quién no sería valiente de cara a Dios, con la eternidad por delante? No hay nada que perder y, en cambio, sí mucho que ganar. Entonces, ¿por qué no te atreves?”


San Josemaría Escrivá de Balaguer, Fundador del 

Opus Dei:”Forja”, No. 459.