giovedì 7 maggio 2015

Io sono la vite vera

 Io sono la vite vera
Vangelo: Gv 15,1-8 


 
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C'è nel tempo in cui viviamo una grande scarsità di amore. Intimamente sentiamo che il ‘volersi bene' è davvero il clima di ogni vita, che sia davvero tale, ma oggi è facile dire ‘ti amo', ma spesso è solo un modo di dire e non una verità. La ragione forse è nel fatto che siamo troppo incentrati sul nostro ego, che mette sempre in primo piano noi stessi, non accorgendosi che così ci creiamo una casa senza porte e finestre, ossia viviamo al buio.
La grandezza di un uomo si misura dalla profondità con cui sa tessere i rapporti con gli altri che gli sono vicini o che si incontrano nella vita, creando così rapporti che diventano, non solo sicura condivisione in tutto, ma costituiscono solide fondamenta su cui regna la fiducia. Ed è essenziale per la vita questo modo di stare insieme o vicini: un grande dono.
Così come la fragilità o nullità di un uomo è nella superficialità o possessività dei suoi sentimenti: questi apparentemente hanno manifestazioni chiassose, che sembrano ‘esprimere' chissà quale amore, ma in effetti sono tanto effimeri, che non sanno andare al di là delle parole o dei gesti manifestati con facilità e apparente effusione o possono condurre a violenze inaudite. Purtroppo questo nostro mondo è intriso di questo effimero o possessivo ‘abbracciarsi', per poi altrettanto rapidamente ‘dimenticarsi' o ‘distruggere' la persona amata.
Ci definiamo tutti amici: in apparenza ne abbiamo tanti, forse troppi, soprattutto virtuali, ma quando ci guardiamo ‘dentro' o cerchiamo la loro mano, o vorremmo posare il nostro capo sul loro petto, come fece l'apostolo Giovanni con Gesù nell'Ultima Cena, facilmente incontriamo un vuoto spaventoso, che rivela la misura dei nostri rapporti: un ‘girare a vuoto', un vano egocentrismo.
Qui e proprio qui è uno dei profondi dolori che vivono in tanti: quello di sentirsi soli, non abbastanza amati, o amati senza la necessaria profondità o amati senza la libertà.
Così ci ammonisce oggi l'apostolo Giovanni: "Figlioli non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa...". (I lett. Gv. 3, 18-24)
Sono parole chiare: il comando di Dio è che amiamo tutti, senza eccezioni, tutti quanti il Signore mette sulla nostra strada, e non solo ‘con la lingua', che sa sempre trovare bellissime - a volte ingannevoli - parole. Se le parole di amore che si dicono tutti i giorni, ovunque, diventassero nostra vita, avremmo un mondo senza nuvole e di una serenità primaverile. La realtà invece è che si ha l'impressione di viaggiare nel buio pesto.
Dobbiamo diventare capaci di ‘amare coi fatti e nella verità'.
Ma l'amore, che è ‘dare la vita' a chi non ne ha, per noi cristiani, ha la sua origine, non solo dal comandamento: ‘Amatevi come io vi ho amati', ma ha una sorgente nell'Amore stesso del Padre, ossia da come viviamo il nostro rapporto con Dio, che non è assente, non assiste impassibile, non è estraneo agli eventi della nostra esistenza, anzi desidera che la nostra vita sia totalmente immersa in Lui e possa così ricevere ispirazione, forza, fino all'eroismo.
È lo stesso Gesù che ce lo dice, nel Vangelo di oggi: "Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla... Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli". (Gv. 15, 1-18)
Parola impegnativa da parte di Dio nei nostri confronti. Parole che ci fanno riflettere sulla ragione di tanti nostri fallimenti o - Dio voglia - di tanti frutti.
È desolante vivere, affaticarsi, soffrire, ed alla fine avere la sensazione di essere a mani vuote.... come dei falliti. E di questi miseri ce ne sono tanti. Ma non sono ‘falliti' i santi della carità e tutti i santi che hanno fatto e fanno della vita ‘nascosta in Dio', una vita ‘colma di frutti'.
Scriveva Paolo VI, il 21 agosto 1964: "Perché lavorare? Perché amare gli altri? Perché essere buoni, essere onesti? Perché soffrire? Perché vivere, perché morire, se non c'è una speranza sopra di questa nostra vita pellegrinante sulla terra? A dare il senso, il valore, la dignità, la libertà, la gioia, l'amore al nostro passaggio sulla terra è una vita cristiana immersa nell'amore del Padre. -. Per questo l'invito: ‘Rimanete in me e io in voi' vuol essere possente come un grido che dovrebbe rimanere come ammonimento... Essere cristiani vuol dire accorgersi, ed essere coinvolti, che siamo amati da Dio; che lassù c'è Chi ci vuol bene: una Provvidenza esiste su di noi; l'amore del Padre ci guarda, e una tenerezza infinita ci ammanta... ma per vivere questo Amore occorre sapere uscire da noi stessi, dai nostri piccoli e angusti interessi e amare in grande: ciò è possibile solo se si ‘rimane ogni giorno in Dio'.
Un'utopia? No. È la sola regola per vivere già qui la dolcezza di essere amati da Chi è l'Amore e la forza di amare come Lui.
Preghiamo ed operiamo, perché, soprattutto i nostri fratelli cristiani perseguitati, i migranti che fuggono dalla guerra e dalla fame, e tutti coloro che non sono amati, come il Padre desidera, non si abbandonino mai allo sconforto, ma sempre sperino, sostenuti dall'Amore e dalla Forza dello Spirito, dalla tenerezza della Mamma Celeste e dalla nostra carità e solidarietà fattiva.
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Una voce bellissima disse: "Giuseppe, qui c'è Gesù."


Giuseppe era uomo di colore sulla quarantina che viveva in Sudafrica. Giuseppe era un buon cattolico e lavorava come domestico presso una famiglia olandese. 
In quella casa Giuseppe faceva un po' di tutto, e a volte era obbligato a lavorare talmente tanto che non sempre gli era concesso di andare a messa nei giorni di festa. 
E così, appena poteva si recava in chiesa nei giorni feriali, visto che di pomeriggio un paio d'ore libere le aveva sempre. Di solito dalle cinque alle sei; a quell'ora, generalmente, il missionario-parroco del posto era in chiesa anche lui per la recita del breviario e vedeva Giuseppe seduto in fondo, nell'ombra, immobile. 

Un giorno gli chiese: "Giuseppe, si vede che gusti la preghiera. Ma cosa dici al Signore in tutto questo tempo?"
"Oh padre, cosa posso dirgli io non ho studiato, non so pregare... Lo guardo così semplicemente, e gli dico: Gesù, qui c'è Giuseppe."
"Solo questo gli dici?"
"Eh sì padre, solo questo, non so dirgli altro."
Per il sacerdote questa fu una meditazione molto seria: quel povero servo analfabeta sembrava essere stato elevato alla preghiera di unione con Dio. 

Una sera chiamarono d'improvviso: una disgrazia! Un camion, non si sa come mai, era passato a tutta velocità per una via del centro e aveva travolto due persone. Una delle vittime viveva ancora e aveva supplicato che si avvertisse il parroco per poter ricevere Gesù Eucaristia. 
Il missionario accorse premuroso. Fu condotto a una casetta bassa, oscura vicina alla villa di un uomo bianco inondata di luce. C'erano lì alcune persone che, vedendo il padre si misero in ginocchio intorno al giaciglio su cui agonizzava l'uomo. Una lanterna illuminava debolmente la stanza. Quell'uomo aveva il corpo straziato, ma il suo viso era intatto: era Giuseppe.

Il povero servo morente vedendo il sacerdote abbozzò un sorriso: "Padre, mi ha portato il Signore?"... Parlava a stento, si sentiva appena, le parole si perdevano nel rantolo. Il missionario si affrettò a disporre ogni cosa per l'ultima Comunione a Giuseppe. Non c'era un tavolo, non una sedia. Tra i presenti si trovava una bambina Bantù. Nelle sue manine aperte e accostate al petto il padre pose l'astuccio, vi distese sopra il bianco lino e su di esso la teca con I'Eucaristia. Dopo l'atto di dolore, che tutti recitarono insieme, il padre diede l'assoluzione. Poi aprì la teca, si genuflesse davanti alla bambina-altare e, presa la Particola consacrata, si voltò verso Giuseppe: "Ecco l'Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo". 
Nel silenzio che seguì, si sentì una voce bellissima dire: "Giuseppe, qui c'è Gesù."
Le parole erano venute dall'Ostia che il padre teneva in mano. Un brivido indefinibile di soprannaturale pervase la cameretta. 
Il povero servo nero, ricevuto il Signore, socchiuse gli occhi felice e non li riaprì più.

"Mi compiaccio con te, o Padre, Signore del cielo e della terra, che hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e ai saggi e le hai rivelate ai semplici." Matteo 11, 25

SOLITUDINE


+ G.M.G.

Solitudine, i miei momenti preferiti.
Solitudine, ma sempre con Te, o Gesù e Signore.
Accanto al Tuo Cuore il tempo mi passa piacevolmente
E la mia anima trova il suo riposo.
Quando il cuore è colmo di Tè e pieno d'amore,
E l'anima arde d'un fuoco puro,
Anche nel massimo abbandono non sente la solitudine,
Poiché riposa nel Tuo grembo.
O solitudine, momenti della più intensa compagnia,
Benché abbandonata da tutte le creature,
M'immergo tutta nell'oceano della Tua Divinità,
E Tu ascolti dolcemente le mie confidenze.

È così insensibile il morire di un'anima!

 Linee essenziali 
del vostro carattere di apostoli.


Esser sempre vigili e pronti.

I vostri lombi siano cinti, sempre cinti, e le vostre lampade accese come è di coloro che da un attimo all'altro devono partire o correre incontro ad un che arriva. E infatti voi siete, voi sarete, sin che la morte vi fermi, gli instancabili pellegrini alla ricerca di chi è errante; e finché la morte la spenga, la vostra lampada deve esser tenuta alta e accesa per indicare la via agli sviati che vengono verso l'ovile di Cristo.

Fedeli dovete essere al Padrone che vi ha preposti a questo servizio. Sarà premiato quel servo che il Padrone trova sempre vigilante e che la morte sorprende in stato di grazia.
Non potete, non dovete dire: "Io sono giovane. Ho tempo di fare questo e quello, e poi pensare al Padrone, alla morte, all'anima mia".  
Muoiono i giovani come i vecchi, i forti come i deboli. E all'assalto della tentazione sono vecchi e giovani, forti e deboli, ugualmente soggetti. Guardate che l'anima può morire prima del corpo e voi potete portare, senza sapere, in giro un' anima putrida. È così insensibile il morire di un'anima! Come la morte di un fiore. Non ha grido, non ha convulsione... china solo la sua fiamma come corolla stanca, e si spegne.
Dopo, molto dopo talora, immediatamente dopo talaltra, il corpo si accorge di portare dentro un cadavere verminoso, e diviene folle di spavento, e si uccide per sfuggire a quel connubio...
Oh! non sfugge! Cade proprio con la sua anima verminosa su un brulicare di serpi nella Geenna.

Non siate disonesti come sensali o causidici che parteggiano per due opposti clienti, non siate falsi come i politicanti che dicono "amico" a questo e a quello, e poi sono di questo e di quello nemici. Non pensate di agire in due modi. Dio non si irride e non si inganna. Fate con gli uomini come fate con Dio, perché offesa fatta agli uomini è come fatta a Dio. Vogliate che Dio veda voi quali volete esser veduti dagli uomini.

Siate umili.
Non potete rimproverare il vostro Maestro di non esserlo. Io vi do l'esempio. Fate come faccio.
Umili, dolci, pazienti. Il mondo si conquista con questo. Non con violenza e forza.

Forti e violenti siate contro i vostri vizi. Sradicateli, a costo di lacerarvi anche lembi di cuore. Vi ho detto, giorni or sono, di vigilare gli sguardi. Ma non lo sapete fare. Io vi dico: meglio sarebbe diveniste ciechi con lo strapparvi gli occhi ingordi, anziché divenire lussuriosi.

Siate sinceri. Io sono Verità. Nelle eccelse come nelle umane cose. Voglio siate schietti voi pure. Perché andare con inganno o con Me, o coi fratelli, o con il prossimo? Perché giocare di inganno? Che? Tanto orgogliosi qual siete, e non avete l'orgoglio di dire: "Voglio non esser trovato bugiardo"?

E schietti siate con Dio. Credete di ingannarlo con forme di orazione lunghe e palesi? Oh! poveri figli! Dio vede il cuore! Siate casti nel fare il bene. Anche nel fare elemosina. Un pubblicano ha saputo esserlo prima della sua conversione. E voi non lo sapreste? Sì, ti lodo, Matteo, della casta offerta settimanale che Io e il Padre solo conoscevamo tua, e ti cito ad esempio. È una castità anche questa, amici. Non scoprire la vostra bontà come non scoprireste una figlia giovinetta agli occhi di una folla. Siate vergini nel fare il bene. È vergine l'atto buono quando è esente da connubio di pensiero di lode e di stima o da fomite di superbia.

Siate sposi fedeli della vostra vocazione a Dio. Non potete servire due padroni. Il letto nuziale non può accogliere due spose contemporaneamente. Dio e Satana non possono dividersi i vostri amplessi. L'uomo non può, e non lo possono né Dio né Satana, condividere un triplice abbraccio in antitesi fra i tre che se lo dànno.

Siate alieni da fame d'oro come da fame di carne, da fame di carne come da fame di potenza. Satana questo vi offre. Oh! le sue bugiarde ricchezze! Onori, riuscita, potere, dovizie: mercati osceni che hanno a moneta la vostra anima. Siate contenti del poco. Dio vi dà il necessario. Basta. Questo ve lo garantisce come lo garantisce all'uccello dell'aria, e voi siete da ben più degli uccelli.

Ma vuole da voi fiducia e morigeratezza. Se avrete fiducia, Egli non vi deluderà. Se avrete morigeratezza, il suo dono giornaliero vi basterà. Non siate pagani, pur essendo, di nome, di Dio. Pagani sono coloro che, più che Dio, amano l'oro e il potere per apparire dei semidei. Siate santi e sarete simili a Dio nell'eternità.

Non siate intransigenti. Tutti peccatori, vogliate essere con gli altri come vorreste che gli altri con voi fossero: ossia pieni di compatimento e perdono. Non giudicate. Oh! non giudicate! Da poco siete con Me, eppure vedete quante volte già Io, innocente, fui a torto mal giudicato e accusato di peccati inesistenti. Il mal giudizio è offesa. E solo chi è santo vero non risponde offesa ad offesa. Perciò astenetevi da offendere per non essere offesi. Non mancherete così né alla carità né alla santa, cara, soave umiltà, la nemica di Satana insieme alla castità. Perdonate, perdonate sempre. Dite: "Perdono, o Padre, per essere da Te perdonato dei miei infiniti peccati".

Miglioratevi d'ora in ora, con pazienza, con fermezza, con eroicità. E chi vi dice che divenire buoni non sia penoso? Anzi vi dico: è fatica più grande di tutte. Ma il premio è il Cielo e merita perciò consumarsi in questa fatica.



E amate. Oh! quale, quale parola devo dire per persuadervi all'amore? Nessuna ve ne è atta a convertirvi ad esso, poveri uomini che Satana aizza! E allora, ecco Io dico: "Padre, affretta l'ora del lavacro. Questa terra e questo tuo gregge è arido e malato. Ma vi è una rugiada che lo può molcere e mondare. Apri, apri la fonte di essa. Me apri, Me. Ecco, Padre. Io ardo di fare il tuo desiderio che è il mio e quello dell'Amore eterno. Padre, Padre, Padre! Guarda il tuo Agnello e siine il Sacrificatore"».

<<SPIRITO SANTO, ISPIRAMI.
AMORE DI DIO, CONSUMAMI.
NEL VERO CAMMINO, CONDUCIMI.
MARIA, MADRE MIA, GUARDAMI.
CON GESU’ BENEDICIMI.
DA OGNI MALE, DA OGNI ILLUSIONE,
DA OGNI PERICOLO, PRESERVAMI.>>

martedì 5 maggio 2015

UN CUORE VERGINALE !

O vergine, o fiore stupendo,
Non resterai più a lungo in questo mondo.
Quanto è bella la tua leggiadria
O Mia casta sposa!
Nessuna cifra può indicare
Quanto è prezioso il tuo fiore verginale.
Il tuo splendore da nulla offuscato.
E coraggioso, forte, invincibile.
Perfino lo splendore del sole pomeridiano
Pare spento ed opaco di fronte ad un cuore verginale.
Non vedo nulla più grande della verginità,
E un fiore estratto dal Cuore di Dio.
O vergine mite, rosa profumata,
Benché molte siano le croci qui in terra,
Occhio non vide né entrò in mente di uomo
Quello che attende una vergine in cielo.
O vergine, o giglio bianco come la neve,
Tu vivi totalmente e solo per Gesù,
E nel puro calice del tuo cuore
C'è una confortevole dimora per Dio stesso.
O vergine, nessuno riesce a cantare il tuo inno,
Nel tuo canto c'è nascosto l'amore di Dio,
Gli stessi angeli non comprendono
Ciò che le vergini cantano a Dio.
O vergine, il tuo fiore di paradiso
Mette in ombra tutti gli splendori del mondo,
E benché il mondo non possa comprenderti,
China umilmente la fronte davanti a te.
Benché la strada di una vergine sia cosparsa di spine,
E la sua vita irta di croci di vario genere,
Chi è così valoroso come lei?
Nulla la spezza, è invincibile.
O vergine, angelo in terra,
La tua grandezza è nota in tutta la Chiesa.
Tu fai la guardia davanti al tabernacolo,
E come un Serafino ti trasformi tutta in amore.