domenica 1 febbraio 2015

«La Sindone? Sono sicuro: è del I secolo»

«La Sindone? Sono sicuro: è del I secolo»

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Il viso della Sindone
(©reporters)
(©REPORTERS) IL VISO DELLA SINDONE

Intervista a Fanti, che pubblica i risultati di analisi dell’Università di Padova: «Data del 33 a.C. con un’incertezza di 250 anni»


DOMENICO AGASSO JR

TORINO

«Grazie a un progetto di ateneo dell’Università di Padova è stato possibile sviluppare metodi alternativi di datazione della Sindone basati sull’analisi meccanica e opto-chimica, dopo ovvie tarature. I risultati di queste analisi hanno prodotto datazioni tutte tra loro compatibili fornendo una data del 33 a.C. con un’incertezza di 250 anni». Lo annuncia Giulio Fanti, professore associato di Misure meccaniche e termiche all’Università di Padova,  che pubblica gli esiti del suo lavoro nel volume “La Sindone: primo secolo dopo Cristo!”, scritto insieme a Pierandrea Malfi con approfondimento di Marco Conca (Edizioni Segno, 2014, pagg. 415, 20 euro).

Vatican Insider lo ha intervistato.

Perché nel titolo quel punto esclamativo?
«Di per sé sarebbe un controsenso, perché le mie datazioni potrebbero essere sbagliate. Ma l’ho messo in risposta a quello che è stato fatto dopo la radiodatazione del 1988, quando gli scienziati hanno dato un risultato “conclusivo”, cioè indiscutibile. Invece nulla è indiscutibile dal punto di vista scientifico. E infatti hanno sbagliato. E oltre a questo gli stessi scienziati si sono fatti fotografare alla lavagna con la data del risultato del metodo radiocarbonico col punto esclamativo. Ecco allora che in risposta a quella fotografia, ho messo anch’io il punto esclamativo: è una provocazione».

La radiodatazione del 1988 decretò la Sindone medievale, lei la definisce non corretta: però non potrebbero essere errate anche le sue nuove datazioni?
«Sappiamo che la radiodatazione del 1988 ha sbagliato: è dimostrato anche da diversi articoli pubblicati su riviste italiane ed estere: non ha considerato un effetto sistematico fondamentale, probabilmente un fenomeno ambientale come un incendio, di cui oggi non siamo a conoscenza. Dopo le analisi del 1978 e 1988 la Sindone è stata esposta al timolo, un battericida molto forte che però altera la percentuale di carbonio 14 soprattutto su tessuti antichi; quindi dal punto di vista chimico si sa che se oggi venisse radiodatata di nuovo ci sarebbe l’effetto dell’esposizione al timolo. Lo dico non per criticare quello che è stato fatto, però ciò che viene fuori è che nel giro di venti o trent’anni la Sindone può essere ringiovanita. E alla luce di quello che è successo in questi decenni, chi ci può dire che nel I millennio d.C. la Sindone non sia stata conservata con qualche conservante che ha influito notevolmente? Oggi come oggi quindi noi sappiamo che il carbonio 14 sulla Sindone ha dato grossi problemi con un effetto sistematico. Ecco perché allora abbiamo eseguito queste datazioni alternative: io le ho fatte a livello più scientifico con l’appoggio dell’Università, ma già qualche anno fa il chimico americano Ray Rogers aveva realizzato un’analisi che ha definito la Sindone come più antica del medioevo. Io presento tre metodi indipendenti che danno risultati coerenti tra di loro: tutti collocano la Sindone a molto tempo prima del medioevo, addirittura intorno al I secolo. Dunque abbiamo cinque metodi: quello del carbonio 14, i tre miei e quello di Rogers. Potremmo avere sbagliato anche noi, però con quattro metodi diversi e indipendenti che hanno gli stessi risultati, chi è che può avere ragione? Fintantoché non verrà fuori – e io sono convinto che non verrà fuori – che tutti noi abbiamo sbagliato, allora diventa più attendibile quella del I secolo, coerente con l’epoca in cui Gesù di Nazareth visse in Palestina. Adesso aspetto i commenti dei vari scienziati, che per il momento sono positivi: ho avuto solo conferme e nessuna contrarietà».

Ma chi è l’uomo della Sindone?
«Se rimaniamo nell’ambito scientifico non si può dare un nome. Però è interessante che tutti gli indizi – e sono centinaia - in riferimento a una Certa persona corrispondono. Per esempio i romani hanno crocifisso decine di migliaia di persone, e dunque potrebbe essere uno di questi l’uomo: e invece no, perché la crocifissione dell’uomo del Sacro Telo è stata molto particolare, ed è difficile che altre avessero caratteristiche di questo tipo: c’è la corona di spine; e poi in genere la crocifissione veniva data come pena a se stante, ma nel caso di Gesù era un’altra: è stato flagellato, perché Ponzio Pilato voleva dargli un castigo severo ma poi liberarlo, e invece avviene un doppio castigo, e in una situazione “normale” la flagellazione non avrebbe senso con una crocifissione successiva. E come questi ci sono tanti altri indizi: una persona per non credere deve mettere tutta la volontà».

Cosa può avere riprodotto l’immagine corporea?
«Non essendo ancora riproducibile non è possibile spiegare con chiarezza come si sia formata. Allo stato attuale delle conoscenze sembra che sia stata il risultato di una notevole esplosione di energia proveniente dall’interno del corpo avvolto. Questa energia probabilmente fu anche di tipo elettrico e
sviluppò un particolare fenomeno chiamato effetto corona (una miriade di microscariche legate a emissione di elettroni ad altissimo potenziale). Se dal punto di vista scientifico ci sono notevoli difficoltà a supporre l’ambiente in cui questo fenomeno si riprodusse (fortissimi terremoti o temporali), tutto si spiega dal punto di vista della religione cattolica: la Risurrezione con conseguente fuoriuscita dalla Sindone dell’Uomo che divenne meccanicamente trasparente. E questo non è solo “fantasia” di qualche credulone fideista ma è supportato da vari indizi scientifici».

Quali sono questi indizi?
«Per esempio il sangue umano ridiscioltosi nella Sindone esposta all’ambiente umido del sepolcro per un fenomeno chiamato fibrinolisi, ha lasciato i decalchi sul tessuto di lino senza la minima traccia di sbavature che sarebbero invece evidenti se il cadavere avvolto fosse stato rimosso fisicamente. Sono evidenti due diverse configurazioni della Sindone posta attorno all’Uomo: una più avvolgente durante la trasposizione del sangue; una più appiattita dovuta all’esplosione di energia che produsse l’unica “fotografia” che Gesù ci lasciò di sé e della sua dolorosissima Passione».

AMDG et BVM

Dove non si dà gloria a Dio, dove Egli viene dimenticato o addirittura negato, non c’è neppure pace.

Rileggendo un po' di magistero papale...come dono in questo ...anno nuovo, affinché Gesù Bambino voglia illuminarci e guidarci...

      

!!!!!!!! "Ci troviamo alla fine di un anno che nuovamente, nella Chiesa e nel mondo, è stato caratterizzato da molteplici situazioni travagliate, da grandi questioni e sfide
Nella questione della famiglia non si tratta soltanto di una determinata forma sociale, ma della questione dell’uomo stesso – della questione di che cosa sia l’uomo e di che cosa occorra fare per essere uomini in modo giusto. Le sfide in questo contesto sono complesse.

Maschio e femmina come realtà della creazione, come natura della persona umana non esistono più. L’uomo contesta la propria natura. Egli è ormai solo spirito e volontà.
La manipolazione della natura, che oggi deploriamo per quanto riguarda l’ambiente, diventa qui la scelta di fondo dell’uomo nei confronti di se stesso. Esiste ormai solo l’uomo in astratto, che poi sceglie per sé autonomamente qualcosa come sua natura" 

(discorso prenatalizio alla curia 2012)




"...abbiamo veramente posto per Dio, quando Egli cerca di entrare da noi? Abbiamo tempo e spazio per Lui? Non è forse proprio Dio stesso ad essere respinto da noi? Ciò comincia col fatto che non abbiamo tempo per Dio.
La metodologia del nostro pensare è impostata in modo che Egli, in fondo, non debba esistere.
Per essere ritenuto serio, il pensiero deve essere impostato in modo da rendere superflua l’“ipotesi Dio”.

Con la gloria di Dio nel più alto dei cieli è in relazione la pace sulla terra tra gli uomini. Dove non si dà gloria a Dio, dove Egli viene dimenticato o addirittura negato, non c’è neppure pace. Oggi, però, diffuse correnti di pensiero asseriscono il contrario: le religioni, in particolare il monoteismo, sarebbero la causa della violenza e delle guerre nel mondo; occorrerebbe prima liberare l’umanità dalle religioni, affinché si crei poi la pace; il monoteismo, la fede nell’unico Dio, sarebbe prepotenza, causa di intolleranza, perché in base alla sua natura esso vorrebbe imporsi a tutti con la pretesa dell’unica verità.
Se un qualche uso indebito della religione nella storia è incontestabile, non è tuttavia vero che il “no” a Dio ristabilirebbe la pace" 

(notte di Natale 2012) 


"...eppure, questo stesso Dio non può entrare nel mio cuore se non apro io la porta. Porta fidei! La porta della fede! Potremmo rimanere spaventati, davanti a questa nostra onnipotenza alla rovescia. Questo potere dell’uomo di chiudersi a Dio può farci paura" 

(Urbi et orbi 2012)





 !!!!!!!!!!!!! "...In ogni epoca, quando l’uomo non ha cercato tale progetto, è stato vittima di tentazioni culturali che hanno finito col renderlo schiavo. Negli ultimi secoli, le ideologie che inneggiavano al culto della nazione, della razza, della classe sociale si sono rivelate vere e proprie idolatrie; e altrettanto si può dire del capitalismo selvaggio col suo culto del profitto, da cui sono conseguite crisi, disuguaglianze e miseria.

Oggi si condivide sempre più un sentire comune circa l’inalienabile dignità di ogni essere umano e la reciproca e interdipendente responsabilità verso di esso; e ciò a vantaggio della vera civiltà, la civiltà dell’amore. D’altro canto, purtroppo, anche il nostro tempo conosce ombre che oscurano il progetto di Dio. Mi riferisco soprattutto ad una tragica riduzione antropologica che ripropone l’antico materialismo edonista, a cui si aggiunge però un “prometeismo tecnologico”.

Dal connubio tra una visione materialistica dell’uomo e il grande sviluppo della tecnologia emerge un’antropologia nel suo fondo atea. Essa presuppone che l’uomo si riduca a funzioni autonome, la mente al cervello, la storia umana ad un destino di autorealizzazione. Tutto ciò prescindendo da Dio, dalla dimensione propriamente spirituale e dall’orizzonte ultraterreno.

Nella prospettiva di un uomo privato della sua anima e dunque di una relazione personale con il Creatore, ciò che è tecnicamente possibile diventa moralmente lecito, ogni esperimento risulta accettabile, ogni politica demografica consentita, ogni manipolazione legittimata.

L’insidia più temibile di questa corrente di pensiero è di fatto l’assolutizzazione dell’uomo: l’uomo vuole essere ab-solutus, sciolto da ogni legame e da ogni costituzione naturale. Egli pretende di essere indipendente e pensa che nella sola affermazione di sé stia la sua felicità. «L’uomo contesta la propria natura … Esiste ormai solo l’uomo in astratto, che poi sceglie per sé autonomamente qualcosa come sua natura» (Discorso alla Curia romana, 21 dicembre 2012). Si tratta di una radicale negazione della creaturalità e filialità dell’uomo, che finisce in una drammatica solitudine.

La fede e il sano discernimento cristiano ci inducono perciò a prestare un’attenzione profetica a questa problematica etica e alla mentalità che vi è sottesa.

La giusta collaborazione con istanze internazionali nel campo dello sviluppo e della promozione umana non deve farci chiudere gli occhi di fronte a queste gravi ideologie, e i Pastori della Chiesa - la quale è «colonna e sostegno della verità» (2 Tm 3,15) - hanno il dovere di mettere in guardia da queste derive tanto i fedeli cattolici quanto ogni persona di buona volontà e di retta ragione.

Si tratta infatti  di una deriva negativa per l’uomo, anche se si traveste di buoni sentimenti all’insegna di un presunto progresso, o di presunti diritti, o di un presunto umanesimo.

Di fronte a questa riduzione antropologica, quale compito spetta ad ogni cristiano, e in particolare a voi, impegnati in attività caritative, e dunque in rapporto diretto con tanti altri attori sociali?

Certamente dobbiamo esercitare una vigilanza critica e, a volte, ricusare finanziamenti e collaborazioni che, direttamente o indirettamente, favoriscano azioni o progetti in contrasto con l’antropologia cristiana.

Ma positivamente la Chiesa è sempre impegnata a promuovere l’uomo secondo il disegno di Dio, nella sua integrale dignità, nel rispetto della  sua duplice dimensione verticale e orizzontale. A questo tende anche l’azione di sviluppo degli organismi ecclesiali. La visione cristiana dell’uomo infatti è un grande sì alla dignità della persona chiamata all’intima comunione con Dio, una comunione filiale, umile e fiduciosa. L’essere umano non è né individuo a sé stante né elemento anonimo nella collettività, bensì persona singolare e irripetibile, intrinsecamente ordinata alla relazione e alla socialità.

Perciò la Chiesa ribadisce il suo grande sì alla dignità e bellezza del matrimonio come espressione di fedele e feconda alleanza tra uomo e donna, e il no a filosofie come quella del gender si motiva per il fatto che la reciprocità tra maschile e femminile è espressione della bellezza della natura voluta dal Creatore..., ...vi ringrazio per il vostro impegno a favore dell’uomo, nella fedeltà alla sua vera dignità. Di fronte a queste sfide epocali, noi sappiamo che la risposta è l’incontro con Cristo 

(al pont. cons. Cor Unum, 19.01.2013)



"...nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede (Declaratio di abdicazione 11.02.2013)



Interessante anche la Catechesi del 6.02.2012: L'Anno della fede. Io credo in Dio: il Creatore del cielo e della terra, il Creatore dell'essere umano

«Messa in latino: nella fantasia, e nella realtà»


«Messa in latino: nella fantasia, e nella realtà»
Maurizio Blondet, su Effedieffe 23 luglio 2008
La realtà supera sempre la fantasia, nel nuovo mondo clericale. E' in Francia sopratutto...
Codex Sinaiticus - IV Secolo
Mary Higgins Clark, nata a New York (nel 1927) da famiglia irlandese, è la fortunata autrice di 24 romanzi-thriller, tutti divenuti best-seller; uno dei suoi libri («Where are the children?»), è alla settantacinquesima edizione.

Il suo ultimo romanzo, uscito quest’anno, «Where are you now?» (Dove sei adesso?), contiene un passo significativo: «... Da quando Papa Benedetto XVI aveva dichiarato che ogni parroco poteva celebrare la Messa in latino, padre Devon aveva annunciato che da ora in poi la Messa domenicale delle 11 sarebbe state celebrata in questa lingua tradizionale della Chiesa, che lui parlava correntemente. La reazione dei parrocchiani lo stupì. La chiesa si riempiva da scoppiare a quell’ora, non solo di anziani ma di adolescenti e giovani adulti che rispondevano con ardore Deo gratias anzichè “Sia ringraziato il Signore”, e recitavano il Pater Noster anzichè il Padre Nostro» (1).

Questo avviene nel mondo della fantasia, o se preferite, della fiction. Nella realtà, ecco cosa si legge nell’editoriale postato sul sito della diocesi francese di Arras, a firma dell’abate Emile Hennart: «... Nel campo religioso, si potrà sottolineare l’apertura del dialogo con l’Islam intrapresa da Papa Benedetto XVI o l’avvicinamento alla Cina. Si potrà per contro spiacersi per i favori accordati ad una liturgia ereditata dal Medio Evo, che sembra ignorare la pratica dei primi secoli della Chiesa, quella dei Padri in special modo».

Che dire? Come sempre, la realtà supera la fantasia. Di molte lunghezze. La diocesi di Arras crede che la Messa in latino venga dal Medio Evo, mentre se mai viene dalla Controriforma (parliamo del 1600, non del 1200); e conferma che la volontà dei «progressisti» nella liturgia è in realtà una sete (archeologica?) di arcaismo: fa riferimento a più o meno fantasiose «pratiche dei primi secoli», specificamente «dei Padri della Chiesa». Quasi che il banale «scambiatevi un segno di pace» (a cui seguono grandi strette di mano) fosse una pratica dei primi cristiani.

Forse, a forza di arcaicismi, i progressisti vogliono arrivare ad una congetturale o fantomatica messa in ebraico; lo suggerisce l’enorme spazio dato alla Torah, a «Israele» e ai Salmi nella liturgia post-conciliare.

Ma chi volesse appurare di prima mano come la pensassero i Padri della Chiesa, e cosa praticavano i cristiani «dei primi secoli», potrà adesso vedere su internet il Codex Sinaiticus. Lo ha messo in linea la biblioteca universitaria di Lipsia, con l’intento di unire ed offrire alla lettura degli specialisti e dei colti l’intero Codex, che è disperso in mezzo mondo: 43 pagine sono appunto a Lipsia, 67 alla British Library, altre sono a San Pietroburgo e a Santa Caterina del Sinai. Per ora, sono in linea oltre 100 pagine; entro il 2009, l’intera opera dovrebbe essere consultabile.

Sui media che si sono dati la pena di dare la notizia, questa è chiamata «la più antica Bibbia del mondo». In realtà è una delle due più antiche, insieme al Codex Vaticanum, che è integralmente conservato in Vaticano. Si tratta di due codici della metà del quarto secolo. Forse due delle 50 copie della Bibbia che Eusebio di Cesarea mandò all’imperatore Costantino da poco passato alla fede in Cristo.

Eusebio, vescovo palestinese, nacque nel 264 e morì verso il 340; Costantino abbracciò pubblicamente il cristianesimo nel 313 (Editto di Milano). Dovrebbe essere dunque una «arcaicità» soddisfacente per i progressisti ansiosi di recuperare le pratiche della prima Chiesa, supposta giudaizzante.

Ebbene: anzitutto, si può constatare che il codex è scritto in greco (caratteri unciali) e non in ebraico; com’è ovvio, dato che già un paio di secoli prima di Cristo gli stessi ebrei di Alessandria - la più grande comunità, più numerosa di quella palestinese - leggevano la Bibbia in greco, non comprendendo più l’ebraico. Solo un paio di secoli «dopo» Cristo, in odio alla Chiesa, abbandonarono la loro Bibbia greca dei Settanta (era il testo che avevano in comune con i cristiani, ed identificava troppo bene il Messia) per ricostruirsi una Torah fatta incollando vari testi ebraico-aramaici (i testi masoretici).

Fatto ancor più significativo: il Codex Sinaiticus contiene tutto il Nuovo Testamento, ma solo un estratto dell’Antico Testamento. Ognuno ne tragga le conclusioni che vuole: ma a quanto sembra, Eusebio di Cesarea, palestinese, pare essere stato tutt’altro che giudaizzante. Non sembra che i primi cristiani fossero avidi di trarre ispirazione dal Deuteronomio o dai Numeri e dal Levitico, ma solo dai passi che nell’Antico Testamento annunciavano il Cristo. Vale la pena di ricordare che la Chiesa pre-conciliare scoraggiava la lettura privata dell’Antico Testamento ai fedeli non preparati.

In ogni caso, il testo del Sinai, come quello Vaticano, dimostrano che il canone delle Scritture era già perfettamente stabilito prima del 340 dopo Cristo. Nel Codex Sinaiticus, i libri dei Vangeli sono esattamente nell’ordine che conosciamo oggi.
Naturalmente, queste osservazioni non intaccheranno la fede giudaica dei progressisti. Né le loro liturgie fanta-archeologiche. In cui peraltro sono possibili inserzioni di tutt’altro genere: un lettore di un sito cattolico francese (2) segnala che nella sua chiesa, il giorno della festività dei Santi Pietro e Paolo, il giovane sacerdote ha celebrato ostentando, sui paramenti, un adesivo con il simbolo del Gay Pride (un’altra celebrazione che era in corso a Parigi di quel giorno).

In Francia, il laicismo al potere ha vietato «l’esibizione ostentatoria dei segni di appartenenza religiosa», una norma contro il velo delle musulmane (ma anche della kippà); ora, è chiaro che invece in chiesa si può ostentare l’adesione ad una perversione, promossa ad «identità sessuale».

Si potrebbe chiedere a quale testo masoretico il prete francese si sia ispirato per questa sua celebrazione liturgica della propria omosessualità; sarebbe gradita la citazione originale in ebraico (o aramaico, se del caso) che autorizza la finocchieria. Ci pare infatti che questa «pratica» fosse punita da Mosè con pene atroci. Ma possiamo sbagliare. La realtà supera sempre la fantasia, nel nuovo mondo clericale.


1) Padre Devon è uno dei personaggi del romanzo; è zio del protagonista, il 21 enne Charles che, dieci anni fa, ha lasciato il suo appartamento di Manhattan e gli studi alla Columbia University, ed è sparito nel nulla. Salvo che ogni anno, alla festa della mamma, chiama sua madre al telefono, la dice che sta bene, e riattacca. Nemmeno la morte di suo padre nella strage dell’11 settembre lo fa tornare a casa. Sua sorella Carolyn, 26 anni, si mette alla sua ricerca. Troverà le tracce di suo fratello ma anche quelle di un serial killer che uccide giovani donne... Insomma un thriller alla Mary Higgins Clark. Porterà a milioni di lettori la nostalgia per la Messa di sempre.
2) «Le blog d’Yves Daoudal», http://yvesdaoudal.hautetfort.com/ luglio 2008.

Dottor Alessandro Gnocchi su Riscossa Cristiana

Il viaggio del VdR
in Sri Lanka e nelle Filippine

di Alessandro Gnocchi

Il viaggio di F in Sri Lanka e nelle Filippine ha lasciato segni profondi nelle coscienze di molti cattolici. Il Vescovo di Roma che indossa paramenti altrui e le profanazioni dell’Eucaristia. C’è una logica nella successione degli eventi…


Pubblicato sul sito Riscossa Cristiana
nella rubrica del martedì “Fuori moda” - La posta di Alessandro Gnocchi
 
  27 gennaio 2015

Titolo, impaginazione e neretti sono nostri



Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it, con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.

martedì 27 gennaio 2015

Sono pervenute in Redazione:

Gentilissimo dottor Gnocchi,
magari esagero, ma vorrei parlare ancora dell’ultimo viaggio del Papa per chiederle un chiarimento. Nelle immagini che abbiamo visto tutti, specialmente in quelle che mostrano il Vicario di Cristo con rappresentanti di altre religioni, c’è qualcosa che istintivamente mi turba, ma non riesco a mettere a fuoco di che cosa si tratta. Sarei persino tentato di pensare che sono io a vedere il male dove non c’è, ma poi mi dico che tutto quanto vedo ha poco a che fare con il cattolicesimo.
Mi può aiutare a capire se c’è qualcosa che non va in queste manifestazioni e, in tal caso, di che cosa di tratta?
Grazie per l’attenzione

Piergiorgio Tomassoni


Caro Alessandro Gnocchi,
a Manila, durante la Messa celebrata dal Papa, abbiamo visto cos’è successo al momento della Comunione: le ostie passate di mano in mano tra i fedeli (alcune pare siano anche finite in terra), senza il minimo rispetto per il Corpo di Cristo. E tutto questo è accaduto in mezzo a una gran gazzarra. Uno spettacolo che mi ha fatto venir da piangere.
Ricordo la domenica 3 giugno del 2012, quando Benedetto XVI celebrò la Messa all’aeroporto di Bresso, vicino a Milano. Era la giornata mondiale della famiglia, c’ero anch’io. Eravamo circa un milione, eppure al momento della Comunione tutto si era svolto in ordine, con tantissimi sacerdoti che si erano portati verso i settori in cui erano stati suddivisi i fedeli. Ogni sacerdote era assistito da un chierichetto col piattino e la Comunione veniva data in bocca.
Mi viene da chiedermi: dei preti, e tra questi addirittura il Papa, che lasciano succedere quel che è successo a Manila, credono ancora che l’ostia consacrata è corpo di Cristo, o sono lì a sbrigare una faccenda che non li interessa più di tanto?
E qui vorrei anche parlare della Comunione data in mano, di tanti ministri “straordinari” che non si capisce a cosa servano, ma non vorrei dilungarmi.
Le sarò davvero grato se mi dirà il suo parere. Grazie

Costanzo Scalvi





Caro Tomassoni, caro Scalvi,

il viaggio di F in Sri Lanka e nelle Filippine ha lasciato segni profondi nelle coscienze di molti cattolici. Ne sono prova le tante lettere che ancora arrivano in redazione e a questa rubrica. Ho scelto le vostre due tra le molte che acutamente puntano l’indice su temi passati in secondo in piano rispetto a quelli rilanciati con clamore dai media.
Non che giornali e televisioni abbiano fatto male il loro mestiere o abbiano strumentalizzato dichiarazioni innocue del povero Santo Padre che cade per troppa ingenuità nella trappola di giornalisti brutti, sporchi e cattivi.
Un P che esibisce pugni a chi offende la mamma e che invita i cattolici a non figliare come conigli è una notizia: e che notizia.

Ma c’è anche altro: e che altro.
Giornali e televisioni, per loro natura, non lo colgono perché, se anche lo cogliessero, non sarebbe di rilevanza mediatica. Ma è tutt’altro che secondario, anzi è ciò che spiega le terribili uscite che poi fanno il giro del mondo provocando in pochi nanosecondi i danni che le care vecchie eresie di una volta producevano in decenni o in secoli.

Caro Tomassoni, fa onore alla sua intelligenza e alla sua onestà cattolica il dubbio di pensare a essere lei nell’errore quando si sente turbato da certe immagini. Ma fa ancora più onore alla sua intelligenza e alla sua onestà cattolica concludere che quanto devia dalla retta fede non è giustificato o giustificabile solo perché “lo fa” o “lo dice” il Papa. In una Chiesa dove la quasi totalità dei cattolici ha buttato il cervello all’ammasso, ed è passato dalla razionalità bavarese all’irrazionalità della Pampa nello spazio di un “Buonasera”, mantenere un corretto uso dell’intelligenza è un atto quasi eroico.

Arrivando al dunque, caro Tomassoni, il suo istinto, che chiamerei “sensus fidei”, le dice il vero e non è strano che la metta in guardia dalle immagini che la turbano.

Se guarda con un po’ di attenzione foto e video che mostrano Francesco assieme ai rappresentanti di altre religioni, noterà che spesso il Papa è rivestito con abiti o simboli altrui, ma non vedrà mai il rappresentante di un’altra religione portare anche il più piccolo simbolo cristiano. Lo stesso schema vale quando Bergoglio, da “vescovo di Roma”, incontra ortodossi e protestanti. In questo caso, avendo in comune la croce, il “vescovo di Roma” si spoglia del primato di Pietro e indossa simbolicamente i paramenti altrui attraverso gesti di umiliazione che non toccano, anzi esaltano, la sua persona, ma ledono la dignità della Chiesa cattolica, Corpo Mistico di Nostro Signore.

È questo che la disturba, caro Tomassoni, così come disturba qualsiasi cattolico che vede la Chiesa fondata da Cristo ridotta all’irrilevanza nei confronti di coloro che dovrebbe conquistare all’unico vero Dio. Con simili gesti viene detto che Cristo non è più Via, Verità e Vita, ma solo un’opzione tra tante: evidentemente la più fastidiosa sulla strada che porterà all’Onu delle religioni, visto che deve essere tolta di mezzo in presenza delle altre.



I simboli trasmettono con più potenza e più efficacia il contenuto di tanti discorsi. L’elemento simbolico e quello razionale lavorano su piani diversi, ma sempre in perfetta consonanza. Il salto di livello avviene quando compare sulla scena chi ha la forza e il consenso per condensare in formule ciò che il linguaggio simbolico e quello razionale hanno diffuso per i loro canali. Lo slogan, che è un simbolo capace di usare la forma razionale della parola, per avere presa sociale ha sempre bisogno di un testimonial. Se è il capo visibile della Chiesa cattolica a dire che “L’interreligiosità è una grazia”, tutto è compiuto. Quando lo slogan incontra una faccia, è nato qualcosa di nuovo: in questo caso la “religione dell’interreligiosità”.

Non è un caso, quindi se ciò che scandalizza il signor Scalvi, tocca così poche coscienze. Le profanazioni dell’Eucaristia, cioè le violenze sul corpo reale di Nostro Signore avvenute durante la Messa record di Manila, pare non abbiano turbato più di tanto il corpaccione della Chiesa cattolica tirato su con le vitamine dell’interreligiosità e dell’apertura al mondo. Neanche i vescovi filippini si sono dati tanta pena. Forse erano impegnati a farsi qualche selfie mentre salutavano con le corna.

Eppure, caro Scalvi, lei dice che ci sono stati eventi di simili proporzioni in cui tali profanazioni sono state evitate. E si chiede se questa deriva dimostri che molti cattolici non credono più nella presenza reale di Gesù nell’Eucaristia.

Questo mi pare evidente. Se lei si mettesse in fila per la Comunione in una qualsiasi chiesa dell’orbe cattolico e ponesse la precisa domanda sulla Presenza Reale rischierebbe di contare sulle dita di una mano, forse due, coloro che le diranno convintamene di sì. Recentemente, un amico sacerdote che ha trascorso un anno in un celebre monastero del centro Italia, mi ha detto che la sua attenzione per l’Eucaristia è subito saltata agli occhi. Allora, i maggiorenti del luogo, monaci e sacerdoti, lo hanno preso da parte e gli hanno chiesto, sorridendo con compassione, se per caso non credesse ancora nella storiella della presenza di Gesù nell’ostia consacrata. Pensi a ciò che avviene quasi ovunque appena termina la Messa: una fuga generale da parte di una mandria che volta senza ritegno le spalle a Gesù nel tabernacolo.

Non le dà l’idea di qualcosa che ha a che fare con i disegni del Demonio?

Caro Scalvi, in proposito mi sto facendo un’idea inquietante che penso di poter abbozzare. Fino a un po’ di tempo fa, immaginavo che lo scopo finale del deragliamento dottrinale fosse quello di produrre la caduta della fede nella presenza reale nell’ostia consacrata. Ora mi vado convincendo che questo, pur essendo un risultato già grande per il Demonio, sia solo un mezzo. Lo scopo del Nemico non è quello di oscurare una verità della quale lui non dubita, ma quello di accanirsi sul Corpo di Cristo e farne strazio. Siccome, per farlo, ha bisogno di agire senza ostacoli, la condizione migliore è quella di attaccare la cittadella di Cristo senza che vi siano sentinelle poiché nessuno pensa che vi sia Qualcuno da difendere.

In proposito, caro Scalvi, ho anche qualche altra idea, ma, per ora, penso che basti questo.

Alessandro Gnocchi

Sia lodato Gesù Cristo