lunedì 6 ottobre 2014

"E poi?" - Domenica 5 Ottobre 2014, XXVII Domenica del Tempo Ordinario - Anno A


"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta

Domenica 5 Ottobre 2014, XXVII Domenica delle ferie del Tempo Ordinario - Anno A

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 21,33-43.

Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò.
Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. 
Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono. 
Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. 
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! 
Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità. 
E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. 
Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?». 
Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo». 
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri? 
Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare.
Traduzione liturgica della Bibbia 

Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" 
di Maria Valtorta : Volume 9 Capitolo 592 pagina 354.

11 [...] Il cielo appena imbianca al confine d’oriente, pur essendo ancor gremito di stelle. Le vie sono avvolte in una penombra più penosa del buio notturno che la luna temperava col suo candore. Ma il milite romano ha buoni occhi e, come vede Gesù avanzarsi verso la porta, gli va incontro.
«Salve. Ti ho atteso...». Si arresta titubante. 
«Parla senza paura. Che vuoi da Me?». 
«Sapere. Tu hai detto: “La pace che Io do permane anche nella guerra, perché è pace d’anima”. Io vorrei sapere che pace è, e cosa è l’anima. Come può l’uomo che è in guerra essere in pace? Quando si apre il tempio di Giano si chiude quello della Pace. Non possono le due cose essere insieme nel mondo». 
Parla addossato al muretto verdastro di un orticello, in una vietta stretta come un sentiero fra i campi, fra povere case, umido, tetro, buio. Tolto un lieve bagliore che indica l’elmo brunito, non si avverte altro dei due che parlano. L’ombra annulla i volti e i corpi in un unico nero. 
La voce di Gesù risuona piana e luminosa nella sua gioia di gettare un seme di luce nel pagano. «Nel mondo, in verità, non possono essere pace e guerra insieme. Una esclude l’altra. Ma nell’uomo di guerra può esser pace anche se combatte la guerra comandata. Può essere la mia pace. Perché la mia pace viene dal Cielo e non la lede il fragor della guerra e la ferocia delle stragi. Essa, cosa divina, invade la cosa divina che l’uomo ha in sé, e che anima è detta». 
«Divina? In me? Divo è Cesare. Io sono un figlio di contadini. Ora sono un legionario senza alcun grado. Se sarò prode, potrò forse divenire centurione. Ma divo no». 
«Vi è una parte divina in te. È l’anima. Viene da Dio. Dal vero Dio. Perciò è divina, gemma viva nell’uomo, e di divine cose si alimenta e vive: la fede, la pace, la verità. Guerra non la turba. Persecuzione non la lede. Morte non l’uccide. Solo il male, fare ciò che è brutto, la ferisce o uccide, e anche la priva della pace che Io dono. Perché il male separa l’uomo da Dio». 

12«E cosa è il male?». 
«Essere nel paganesimo e adorare gli idoli quando la bontà del vero Dio ha messo a conoscenza che c’è il vero Dio. Non amare il padre, la madre, i fratelli e il prossimo. Rubare, uccidere, esser ribelli, aver lussurie, essere falsi. Questo è il male». 
«Ah! allora io non posso avere la tua pace! Sono soldato e comandato ad uccidere. Per noi allora non c’è salvezza?!». 
«Sii giusto nella guerra come nella pace. Compi il tuo dovere senza ferocia e senza avidità. Mentre combatti e conquisti, pensa che il nemico è simile a te e che ogni città ha madri e fanciulle come la tua madre e le tue sorelle, e sii prode senza essere un bruto. Non uscirai dalla giustizia e dalla pace, e la mia pace resterà in te». 
«E poi?». 
«E poi? Cosa vuoi dire?». 
«Dopo la morte? Che avviene del bene che ho fatto e dell’anima che Tu dici che non muore se non si fa il male?». 
«Vive. Vive ornata del bene che ha fatto, in una pace gaudiosa, più grande di quella che si gode in Terra». 
«Allora in Palestina uno solo aveva fatto il bene! Ho capito». 
«Chi?». 
«Lazzaro di Betania. Non è morta la sua anima!». 
«In verità egli è un giusto. Però molti sono pari a lui e muoiono senza risuscitare, ma la loro anima vive nel Dio vero. Perché l’anima ha un’altra dimora, nel Regno di Dio. E chi crede in Me entrerà in quel Regno». 
«Anche io, romano?». 
«Anche tu, se crederai alla Verità». 
«Cosa è la Verità?». 
«Io sono la Verità, e la Via per andare alla Verità, e sono la Vita e do la Vita, perché chi accoglie la Verità accoglie la Vita». 

13Il giovane soldato pensa,... tace... Poi alza il volto. Un volto ancor puro di giovane, e ha un sorriso limpido, sereno. Dice: «Io cercherò di ricordare questo e di sapere più ancora. Mi piace...». 
«Come ti chiami?». 
«Vitale. Di Benevento. Delle campagne della città». 
«Ricorderò il tuo nome. Fai veramente vitale il tuo spirito nutrendolo di Verità. Addio. Si apre la porta. Esco dalla città». 
«Ave!». 
Gesù va lesto alla porta e si affretta per la via che conduce al Cedron e al Getsemani e da lì al campo dei Galilei. 

14Fra gli ulivi del monte raggiunge Giuda di Keriot, che sale anche lui svelto verso il campo che si desta. Giuda ha un atto quasi di spavento trovandosi di fronte Gesù. Gesù lo guarda fisso, senza parlare. 
«Sono stato a portare il cibo ai lebbrosi. Ma... ne ho trovati due a Innon, cinque a Siloan. Gli altri, guariti. Ancora là, ma guariti, tanto che mi hanno pregato di avvertire il sacerdote. Ero sceso alla prima luce per esser libero poi. Farà rumore la cosa. Un così gran numero di lebbrosi guariti insieme dopo che Tu li hai benedetti al cospetto di tanti!». 
Gesù non parla. Lo lascia parlare... Non dice né: «Hai fatto bene», né altra cosa attinente all’azione di Giuda e al miracolo, ma fermandosi all’improvviso e guardando fissamente l’apostolo gli chiede: «Ebbene? Che ha mutato l’averti lasciato libertà e denaro?». 
«Che vuoi dire?». 
«Questo: ti chiedo se ti sei santificato da quando ti ho reso libertà e denaro. E tu mi capisci... Ah! Giuda! Ricordalo! Ricordalo sempre: tu sei stato quello che ho amato più di ogni altro, avendone meno amore di quanto tutti gli altri mi hanno dato. Avendone anzi un odio maggiore, perché odio di uno che trattai da amico, del più feroce odio del più feroce fariseo. E ricorda ancor questo: che Io neppure ora ti odio, ma, per quanto sta al Figlio dell’uomo, ti perdono. Va’, ora. Non c’è più nulla da dirsi fra Me e te. Tutto è già fatto...». 
Giuda vorrebbe dire qualcosa, ma Gesù con un gesto imperioso gli fa cenno di andare avanti... E Giuda, chino il capo come un vinto, va avanti... 

15Al limite del campo dei Galilei gli undici apostoli e i due servi di Lazzaro sono già pronti. 
«Dove sei stato, Maestro? E tu, Giuda? Eravate insieme?». 
Gesù previene la risposta di Giuda: «Io avevo da dire qualcosa a dei cuori. Giuda andò dai lebbrosi... Ma sono guariti tutti meno sette». 
«Oh! perché sei andato? Volevo venire io pure!», dice lo Zelote. 
«Per essere libero ora di venire con noi. Andiamo. Entreremo in città dalla porta del Gregge. Facciamo presto», dice ancora Gesù. 

16Si avvia per il primo, passando per gli uliveti che conducono dal campo, a quasi mezza via fra Betania e Gerusalemme, all’altro ponticello che accavalla il Cedron presso la porta del Gregge. 
Delle case di contadini sono sparse per i clivi, e quasi in basso, presso le acque del torrente, una scapigliata pianta di fichi si penzola sul rio. Gesù si dirige ad essa e cerca se fra il fogliame largo e grasso sia qualche fior di fico maturo. Ma il fico è tutto foglie, molte, inutili, ma non ha un sol frutto sui rami. 
«Sei come molti cuori in Israele. Non hai dolcezze per il Figlio dell’uomo, e non pietà. Possa da te non nascere mai più alcun frutto, e alcuno da te non ne mangi in futuro», dice Gesù. 
Gli apostoli si guardano. L’ira di Gesù per la pianta sterile, forse selvatica, li stupisce. Ma non dicono nulla. Solo più tardi, valicato il Cedron, Pietro gli chiede: «Dove hai mangiato?». 
«In nessun luogo». 
«Oh! Allora hai fame! Ecco là un pastore con qualche capra pascolante. Andrò e chiederò latte per Te. Faccio presto», e va a gran passi, tornando cauto con una vecchia scodella colma di latte. 
Gesù beve e rende con una carezza la tazza al pastorello che ha accompagnato Pietro... 

17Entrano in città e salgono al Tempio e, adorato il Signore, Gesù torna nel cortile dove i rabbi tengono le loro lezioni. 
La gente gli si affolla intorno e una madre, venuta da Cintium, presenta il bambino che un male ha reso cieco, credo. Ha gli occhi bianchi come chi ha una vasta cateratta sulla pupilla o un’albugine. Gesù lo guarisce sfiorando le orbite con le sue dita. E poi subito inizia a parlare: 

«Un uomo comprò un terreno e lo piantò a vigneti, vi edificò la casa per i coloni, una torre per i sorveglianti, cantine e luoghi per torchiare le uve, e lo diede a lavorare a dei coloni nei quali aveva fiducia. Poi se ne andò lontano. Quando venne il tempo che i vigneti potevano dare del frutto, essendo ormai le viti cresciute sino ad esser fruttifere, il padrone della vigna mandò i suoi servi dai coloni per ritirare gli utili del raccolto fatto. Ma i coloni circondarono quei servi e parte li presero a bastonate, parte li lapidarono con pietre pesanti ferendoli molto, parte li uccisero del tutto. 

Coloro che poterono tornare vivi dal padrone raccontarono ciò che era loro accaduto. Il padrone li curò e consolò e mandò altri servi ancor più numerosi. E i coloni trattarono questi come avevano trattato i primi. Allora il padrone della vigna disse: “Manderò loro il mio figliuolo. Certo essi avranno riguardo al mio erede”. Ma i coloni, vistolo venire e saputo che era l’erede, si chiamarono l’un l’altro dicendo: “Venite. Riuniamoci per essere in molti. Trasciniamolo fuori, in un luogo remoto, e uccidiamolo. La sua eredità resterà a noi”. E, accogliendolo con ipocriti onori, lo circondarono come per fargli festa, poi lo legarono dopo averlo baciato e lo picchiarono forte e lo portarono con mille motteggi al luogo del supplizio e l’uccisero. 

Ora ditemi voi. Quel padre e padrone che un giorno si accorgerà che il figlio ed erede del suo avere non torna, e scopre che i suoi servi-coloni, coloro ai quali aveva dato la terra ferace perché la coltivassero in suo nome, godendone per quanto era giusto e dandone quanto era giusto al loro signore, sono stati gli uccisori del figlio suo, che farà?». 

E Gesù dardeggia le iridi zaffiree, accese come da un sole, sui convenuti e specie sui gruppi dei più influenti giudei, farisei e scribi, sparsi fra la folla. Nessuno parla. 
«Dite, dunque? Voi almeno, rabbi di Israele. Dite parola di giustizia che persuada il popolo a giustizia. Io potrei dire parola non buona, secondo il vostro pensiero. Dite dunque voi, acciò il popolo non sia tratto in errore». 
Gli scribi rispondono, costretti, così: «Punirà gli scellerati facendoli perire in modo atroce e darà la vigna ad altri coloni, che onestamente gliela coltivino, dandogli il frutto della terra avuta in consegna». 

«Avete detto bene. Così è scritto nella Scrittura: “La pietra che i costruttori hanno scartata è divenuta pietra angolare. Questa è opera fatta dal Signore ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri”. Poiché dunque così è scritto, e voi lo sapete, e giudicate giusto che siano puniti atrocemente quei coloni uccisori del figlio erede del padrone della vigna ed essa sia data ad altri coloni che onestamente la coltivino, ecco, per questo vi dico: “Vi sarà tolto il Regno di Dio e sarà dato a gente che ne produca i frutti. E chi cadrà contro questa pietra si sfracellerà, e colui sopra il quale la pietra cadrà sarà stritolato”». 

18I capi dei sacerdoti, i farisei e scribi, con atto veramente... eroico non reagiscono. Tanto può la volontà di raggiungere uno scopo! Per molto meno altre volte lo hanno avversato, e oggi che apertamente il Signore Gesù dice loro che verrà tolto ad essi il potere non scattano in improperi, non fanno atti violenti, non minacciano, falsi agnelli pazienti che sotto un’ipocrita veste di mitezza nascondono l’immutabile cuore di lupo. 

Si limitano ad accostarsi a Lui, che ha ripreso a camminare avanti e indietro ascoltando questo e quello dei molti pellegrini che sono raccolti nell’ampio cortile, e dei quali molti gli chiedono consiglio per casi d’anima o per circostanze famigliari o sociali, in attesa di potergli dire qualcosa dopo averlo ascoltato dare un giudizio ad un uomo su un’intricata questione di eredità, che ha prodotto divisione e rancore fra i diversi eredi a causa di un figlio del padre, avuto con una serva della casa ma adottato, che i figli legittimi non vogliono con loro né coerede nella spartizione delle case e dei terreni, volendo non avere più nulla in comune col bastardo, e non sanno come risolvere, perché il padre ha fatto giurare avanti la sua morte che, come sempre egli aveva fatto spartendo il pane all’illegittimo come ai legittimi in uguale misura, così essi dovevano ugualmente spartire l’eredità con lui in egual misura. 
Gesù dice a colui che lo interroga a nome degli altri tre fratelli: «Sacrificate tutti un pezzo di terra, vendendolo, di modo da radunare il valore di denaro equivalente al quinto della sostanza totale, e datelo all’illegittimo dicendo: “Ecco la tua parte. Non sei defraudato del tuo, né si è fatto torto al volere di nostro padre. Va’ e Dio sia con te”. E siate abbondanti nel dare, anche più dello stretto valore della sua parte. Fatelo con testimoni che giusti siano, e nessuno potrà in Terra, e oltre la Terra, alzare voci di rimprovero e scandalo. E avrete pace fra voi e in voi, non avendo il rimorso di aver disubbidito al padre vostro, e non avendo fra voi colui che, veramente innocente, vi è causa di turbamento più che se fosse un ladrone messo fra voi». 

L’uomo dice: «Il bastardo ha rubato in verità pace alla nostra famiglia, salute alla madre nostra che morì di dolore, e un posto non suo». 
«Non è lui il colpevole, uomo. Ma colui che lo ha generato. Egli non chiese di nascere per portare il marchio del bastardo. Fu la brama di vostro padre che lo generò per darlo al dolore e per darvi dolore. Siate dunque giusti verso l’innocente che sconta già duramente la colpa non sua. Né abbiate anatema per lo spirito del padre vostro. Dio lo ha giudicato. Non occorrono i fulmini delle vostre maledizioni. Onorate il padre, sempre, anche se colpevole, non per se stesso, ma perché rappresentò in Terra il Dio vostro, avendovi creato per decreto di Dio ed essendo il signore della vostra casa. I genitori sono immediatamente dopo Dio. Ricorda il Decalogo. E non peccare. Va’ in pace». 

19I sacerdoti e scribi gli si accostano allora per interrogarlo: «Ti abbiamo sentito. Hai detto giusto. Un consiglio che più saggio non lo poteva dare Salomone. Ma ora di’ a noi, Tu che operi prodigi e dai sentenze quali solo il sapiente re poteva dare, con quale autorità fai queste cose? Donde ti viene tale potere?». 

Gesù li guarda fisso. Non è né aggressivo né sprezzante, ma molto imponente. Dice: «Anche Io ho da farvi una domanda, e se mi risponderete Io vi dirò con quale autorità Io, uomo senza autorità di cariche e povero - perché ciò è questo che volete dire - faccio queste cose. Dite: il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal Cielo o dall’uomo che lo impartiva? Rispondetemi. Con quale autorità Giovanni lo dava come rito purificatore per prepararvi alla venuta del Messia, se Giovanni era ancor più povero, indotto di Me e senza cariche di sorta, essendo vivente nel deserto dalla sua fanciullezza?». 
Gli scribi e i sacerdoti si consultano fra loro. La gente, con occhi spalancati e orecchie ben aperte, pronta alla protesta e all’acclamazione, se gli scribi squalificano il Battista e offendono il Maestro o se appaiono sconfitti dalla domanda del Rabbi di Nazaret, divinamente sapiente, si stringe intorno. Colpisce il silenzio assoluto di questa folla in attesa della risposta. È così profondo che si sentono le aspirazioni e i bisbigli dei sacerdoti o scribi, che parlano fra loro senza quasi usar la voce e occhieggiano intanto il popolo, del quale intuiscono i sentimenti pronti ad esplodere. 
Infine si decidono a rispondere. Si volgono al Cristo che, appoggiato ad una colonna, le braccia conserte sul petto, li scruta senza mai perderli d’occhio, e dicono: «Maestro, noi non sappiamo per quale autorità Giovanni faceva questo né donde veniva il suo battesimo. Nessuno ha pensato a chiederlo al Battista mentre era vivo ed egli, spontaneamente, mai lo ha detto». 
«E nemmeno Io vi dirò con quale autorità faccio tali cose». E volge loro le spalle chiamando a Sé i dodici e, fendendo la folla che acclama, esce dal Tempio. 

20Quando già sono fuori, oltre la Probatica, essendo usciti da quella parte, Bartolomeo gli dice: «Sono divenuti molto prudenti i tuoi avversari. Forse stanno convertendosi al Signore che ti ha mandato e a riconoscerti per Messia santo». 
«È vero. Non hanno discusso la tua domanda né la tua risposta...», dice Matteo. 
«Così sia. È bello che Gerusalemme si converta al Signore Dio suo», dice ancora Bartolomeo. 
«Non vi illudete! Quella porzione di Gerusalemme non si convertirà mai. Non hanno risposto in altro modo perché hanno temuto la folla. Io leggevo i loro pensieri anche se non sentivo le loro parole sommesse». 
«E che dicevano?», domanda Pietro. 
«Questo dicevano. Ho desiderio che voi lo sappiate per conoscerli a fondo e possiate dare ai futuri un’esatta descrizione dei cuori degli uomini al mio tempo. Essi non mi hanno risposto non per conversione al Signore. Ma perché fra loro hanno detto: “Se noi rispondiamo: ‘Il battesimo di Giovanni veniva dal Cielo’, il Rabbi ci risponderà: ‘E allora perché non avete creduto a ciò che veniva dal Cielo e indicava preparazione al tempo messianico?’; e se diremo: ‘Dall’uomo’, allora sarà la folla che si ribellerà dicendo: ‘E allora perché non credete a ciò che Giovanni, nostro profeta, disse di Gesù di Nazaret?’. È dunque meglio dire: ‘Non sappiamo’”. Ecco cosa dicevano. Non per conversione a Dio, ma per calcolo vile e per non avere a confessare con le loro bocche che Io sono il Cristo e faccio queste cose che faccio perché sono l’Agnello di Dio del quale parlò il Precursore. E neppure Io ho voluto dire con quale autorità faccio queste cose che faccio. Già molte volte l’ho detto fra quelle mura e in tutta la Palestina, e i miei prodigi parlano ancor più delle mie parole. Ora non lo dirò più con le mie parole. Lascerò che parlino i profeti e il Padre mio, e i segni del Cielo. Perché il tempo è venuto in cui tutti i segni verranno dati. Quelli detti dai profeti e segnati dai simboli della nostra storia, e quelli che Io ho detto: il segno di Giona; vi ricordate di quel giorno a Cedes? E il segno che attende Gamaliele. Tu Stefano, tu Erma e tu Barnaba che hai lasciato i compagni, oggi, per seguirmi, certo molte volte avete sentito il rabbi parlare di quel segno. Ebbene, presto il segno sarà dato». 
Si allontana su per gli uliveti del monte, seguito dai suoi e da molti discepoli (dei settantadue) oltre altri, come Giuseppe Barnaba, che lo segue per sentirlo parlare ancora.

Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/


domenica 5 ottobre 2014

Giuseppe Capoccia, Magistrato di Lecce, dal Papa Benedetto XVI



LAUDETUR   JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!

Santa Faustina K.




OTTOBRE

Meditazioni

1. La misericordia creatrice. — O mio Dio, tutto ciò ch'è in me ti adori, mio creatore e mio Signore! Poiché tu sei la felicità in te stesso e non hai bisogno di noi per essere felice, fu la tua misericordia a chiamare all'esistenza le creature, comunicando ad esse qualche cosa dell'intima tua vita, che fa di te un Dio solo in tre Persone. Desidero glorificare la tua misericordia con ogni palpito del mio cuore, parlando della tua pura bontà alle anime e incoraggiandole ad aver fiducia in essa.

2. La misericordia redentrice. — Signore, tu ci doni la tua grazia unicamente perché sei misericordioso. Allorché l'uomo non seppe superare la sua prova, avresti potuto rigettarlo. Tuttavia ti commosse la naturale debolezza di questo composto d'anima e di corpo che noi siamo e promettesti di riparare di persona la perdita della nostra felicità. Dobbiamo unicamente all'abisso della tua misericordia, se non siamo puniti come meritiamo. Che la tua misericordia, Signore, sia adorata! Perfino gli angeli stupiscono per la magnanimità con cui la eserciti in favore degli uomini!

3. La misericordia che s'incarna. — Solo la tua misericordia, Signore, ch'è divina, può rimettere le colpe e, al tempo stesso, arricchire con la grazia la creatura perdonata. La misericordia ti spinse a scendere personalmente fra di noi. Ma, dove discenderai, Signore? Forse nel tempio di Salomone? O preferisci che ti venga edificato un nuovo tempio per poter manifestarti in esso? Ma, o Signore, che tempio prepararti, se la terra intera altro non è che «lo sgabello dei tuoi piedi»? Il tuo tempio sarà il grembo di una madre senza macchia: «Il Verbo di Dio si fece carne e pose la sua tenda fra di noi». Il Verbo di Dio in questo modo è l'incarnazione della sua stessa misericordia! Nessuno ora, Signore, ha motivo di temere nell'avvicinarsi a te. Sei Padre del tuo unigenito Figliolo e, grazie a lui, sei anche il Padre nostro. Sia gloria alla tua misericordia, la quale ti ha condotto fra di noi!

4. La misericordia nei santi Sacramenti. — Da quando, partendo anche come uomo verso il cielo, ci lasciasti te stesso nel Sacramento dell'altare, non vi è miseria che possa esaurire la tua misericordia. Qui si trova il tempio della tua pura bontà, qui l'umanità coglie il rimedio della propria debolezza. Tu, dopo essere spirato sulla croce, ci donasti la tua vita eterna nei santi Sacramenti aprendone nel tuo fianco squarciato la sorgente. Qui si rivela la tua misericordia onnipotente, di qui scorrono per noi tutte le grazie.

5. Desidero celebrare la tua gloria. — O Dio, che tanto generosamente dispensi la tua misericordia, quanto devi amare questa nostra umanità, in favore della quale prodighi te stesso senza posa! O mio Creatore e mio Signore, scorgo dovunque le tracce della tua onnipotenza e l'impronta della tua misericordia senza fine con cui circondi ogni creatura. Mio Creatore e Salvatore, desidero celebrare la tua gloria in nome di tutto ciò che tu hai creato. Voglio chiamare l'universo intero ad adorare la tua misericordia!


LAUDETUR   JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!

C’è molta confusione nella Chiesa per il Sinodo che si apre oggi





Antonio Socci pagina ufficiale
7 h · Modificato ·

 


LE STREPITOSE PAGINE DI RATZINGER DA CUI BERGOGLIO PUO’ IMPARARE COSA E’ IL PAPATO. E SUL SINODO UN KASPER A SORPRESA….. (per evitare equivoci segnalo che le pagine qua sotto non sono nel libro: questo è un articolo pubblicato stamani su "Libero")

C’è molta confusione nella Chiesa per il Sinodo che si apre oggi e discuterà sulla comunione ai divorziati risposati. Molti credenti sono smarriti di fronte alla via “rivoluzionaria” indicata dal cardinale Kasper che fu incaricato da papa Francesco di lanciare la novità al Concistoro di febbraio e che dice sempre di parlare a nome di papa Francesco (“Io ho parlato con il Santo Padre. Ho concordato tutto con lui”) .
La schiacciante maggioranza dei cardinali è in totale dissenso da lui. Dunque ora cosa accadrà?
Davvero il Papa può intraprendere una via che capovolge quanto la Chiesa, in base alle stesse parole di Gesù e ai testi paolini, ha costantemente insegnato per duemila anni? E’ possibile mettere in discussione i comandamenti, il Vangelo e i sacramenti?

VERITA’ SUL PAPATO

Qualcuno crede che i Papi possano farlo e i media alimentano questa aspettativa. In realtà non è affatto così, perché – come ha sempre ripetuto Benedetto XVI – la Chiesa è di Cristo e non dei papi, i quali sono temporanei amministratori e non padroni.
Essi sono sottoposti alla legge di Dio e alla Parola di Dio e devono servire il Signore e custodire il “depositum fidei” loro affidato. Non possono impadronirsene o mutarlo secondo proprie idee personali.
Quello che tanti – anche fra i credenti – ignorano sono i limiti strettissimi che la Chiesa da sempre ha posto ai papi, mentre riconosceva l’ “infallibilità” petrina nei pronunciamenti “ex cathedra” sui temi di fede e di morale.

Proprio nella Costituzione dogmatica “Pastor Aeternus” con cui al Concilio Vaticano I si definiva l’infallibilità papale, si legge:
“Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede”.
Il grande Joseph Ratzinger così spiegava questo principio ignorato dalla gran parte dei credenti:
“Il papa non è il signore supremo – dall’epoca di Gregorio Magno ha assunto il titolo di ‘servo dei servi di Dio’ – ma dovrebbe essere - amo dire – il garante dell’ubbidienza, della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, escludendo ogni arbitrio da parte sua. Il papa non può dire: La Chiesa sono io, oppure: La tradizione sono io, ma al contrario ha precisi vincoli, incarna l’obbligo della Chiesa a conformarsi alla parola di Dio. Se nella Chiesa sorgono tentazioni a fare diversamente, a scegliere la via più comoda, deve chiedersi se ciò è lecito. Il papa non è dunque un organo che possa dare vita a un’altra Chiesa, ma è un argine contro l’arbitrio”.

Dopo queste chiare spiegazioni Ratzinger aggiungeva:
“Faccio un esempio: dal Nuovo Testamento sappiamo che il matrimonio sacramentale è indissolubile. Ci sono correnti d’opinione che sostengono che il Papa potrebbe abrogare quest’obbligo. Ma non è così. E nel gennaio del 2000, rivolgendosi ai giudici romani, il papa (Giovanni Paolo II) ha detto che, rispetto alla tendenza a voler vedere revocato il vincolo dell’indissolubilità del matrimonio, egli non può fare tutto ciò che vuole, ma deve anzi accentuare l’obbedienza, deve proseguire anche in questo senso il gesto della lavanda dei piedi”.

Anche il cardinale Caffarra, un’autorità sui temi morali già dal pontificato di Giovanni Paolo II, opponendosi alla proposta di Kasper, ha sottolineato che nemmeno i pontefici possono sciogliere il vincolo del primo matrimonio, quindi la Chiesa non può riconoscere un secondo matrimonio, né di diritto, né di fatto, come prospetta Kasper con l’ammissione all’eucarestia dei divorziati risposati.
Caffarra ha anche voluto ricordare la parole di Giovanni Paolo II in un’allocuzione alla Sacra Rota: “emerge con chiarezza che la non estensione della potestà del romano Pontefice ai matrimoni rati e consumati, è insegnata dal magistero della Chiesa come dottrina da tenersi definitivamente anche se essa non è stata dichiarata in forma solenne mediante atto definitorio”.

Il cardinale di Bologna ha spiegato il peso di queste parole di papa Wojtyla: “La formula è tecnica, ‘dottrina da tenersi definitivamente’ vuol dire che su questo non è più ammessa la discussione fra i teologi e il dubbio tra i fedeli”.
In pratica questa verità non può nemmeno essere messa in discussione fra i credenti. Conseguentemente non è possibile nemmeno mutare la disciplina relativa all’accesso all’eucaristia.

IL KASPER DI IERI

C’è un libro significativo dello stesso cardinale Kasper, un volume oggi introvabile e dimenticato da tutti che fu pubblicato appena dieci anni fa da Herder e Queriniana e s’intitolava “Sacramento dell’unità. Eucaristia e Chiesa”.
Fu scritto e pubblicato in occasione dell’anno eucaristico indetto da Giovanni Paolo II fra 2004 e 2005. Quel libro di Kasper che tocca vari punti spinosi e contestati e sembra davvero in linea col magistero di sempre della Chiesa e di papa Wojtyla.

Per quanto riguarda l’accesso alla comunione sacramentale, Kasper sottolinea che non può essere per tutti: “non possiamo invitare tutti a riceverla”.
Non vi si può accedere in stato di peccato grave, ma solo quando – tramite la confessione – si è in grazia di Dio per “non mangiare e bere indegnamente il corpo e il sangue del Signore”.
Kasper aggiunge: “L’affermazione che l’unità e la comunione sono possibili soltanto nel segno della croce ne include un’altra, e cioè che l’eucaristia non è possibile senza il sacramento del perdono. La Chiesa antica era pienamente cosciente di questo nesso. Nella Chiesa antica la struttura visibile del sacramento della penitenza consisteva nella riammissione del peccatore alla comunione eucaristica. Communio, excommunicatio e reconciliatio costituivano tutt’uno. Dietrich Bonhoeffer, il teologo luterano giustiziato dai nazisti nel 1945, ha messo giustamente in guardia dalla grazia a buon mercato. ‘Grazia a buon mercato è sacramento in svendita, è la cena del Signore senza la remissione dei peccati, è l’assoluzione senza confessione personale’. La grazia a buon mercato è per Bonhoeffer la causa della decadenza della Chiesa”.

La “concezione superficiale” dell’eucaristia, spiegava Kasper, “disgiunta dalla croce e dal sacramento della penitenza conduce alla banalizzazione di tali aspetti e alla crisi dell’eucaristia quale quella a cui oggi assistiamo nella vita della Chiesa”.
Il cardinale tedesco arrivava a scrivere giustamente: “La crisi della concezione dell’eucaristia è il nucleo stesso della crisi della Chiesa odierna”.
Ognuno può facilmente valutare la contraddizione fra questo Kasper dell’altroieri e il Kasper di oggi.

PASTORALE ?

Gli “innovatori” del Sinodo, di cui egli è uno dei capifila, ovviamente non hanno il coraggio di mettere in discussione apertamente la dottrina, perché questo significherebbe mettere in soffitta il Vangelo stesso.
Essi sostengono che non si tratta di cambiare la dottrina, ma solo la pastorale sull’accesso all’eucaristia.

Ma nella Chiesa dogma e pastorale non possono assolutamente essere separate. La ragione teologica della loro unione indissolubile l’ha spiegata ancora una volta Joseph Ratzinger: “pastorale e dogma s’intrecciano in modo indissolubile: è la verità di Colui che è a un tempo ‘Logos’ e ‘pastore’, come ha profondamente compreso la primitiva arte cristiana che raffigurava il Logos come pastore e nel pastore scorgeva il Verbo eterno, che è per l’uomo la vera indicazione della via”.

In sostanza Gesù Buon Pastore è anche il Logos, il Verbo eterno di Dio. Non è possibile separare la misericordia dalla verità.
Ciò significa che non si può mutare l’accesso all’eucaristia per una categoria particolare di persone come i divorziati risposati (per i quali vale la legge che vale per tutti), ma vuol dire pure che verso di loro la Chiesa – come hanno ripetuto papa Wojtyla e Benedetto XVI – intende manifestare in mille altri modi la sua amorosa accoglienza di madre.


Antonio Socci

Da “Libero”, 5 ottobre 2014

www.antoniosocci.com

sabato 4 ottobre 2014

Beata Vergine Maria del Rosario

Liturgia della Beata Vergine Maria del Rosario 

  
   
7 OTTOBRE
BEATA VERGINE MARIA DEL ROSARIO 
Memoria
   
LETTURE: Gl 1,13-15; 2,1-2Sal 9; Lc 11,15-26
  
Nel medioevo, i vassalli usavano offrire ai loro sovrani delle corone di fiori in segno di sudditanza. I cristiani adottarono questa usanza in onore di Maria, offrendole la triplice «corona di rose» che ricorda la sua gioia, i suoi dolori, la sua gloria nel partecipare ai misteri della vita di Gesù suo figlio. Inizialmente questa festa si chiamò di «Santa Maria della vittoria» per celebrare la liberazione dei cristiani dagli attacchi dei Turchi, nella vittoria navale del 7 ottobre 1571 a Lepanto (Grecia). Poiché in quel giorno, a Roma, le Confraternite del Rosario celebravano una solenne processione, san Pio V attribuì la vittoria a «Maria aiuto dei Cristiani» e in quel giorno ne fece celebrare la festa nel 1572. Dopo le altre vittorie di Vienna (1683) e di Peterwaradino (1716), papa Clemente XI istituì la festa del Rosario nella prima domenica di ottobre. Ora, la memoria è intitolata «Beata Maria Vergine del Rosario».

Noi ci rivolgiamo a Maria, meditando e pregando, perché ci aiuti a partecipare ai misteri della vita, morte, risurrezione di Cristo. Sono i misteri che si attualizzano a nostra salvezza nella celebrazione eucaristica e noi chiediamo alla sua materna intercessione che si compiano in pienezza «nell’ora della nostra morte».
 
Bisogna meditare i misteri della salvezza
 
Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate
(Disc. «De aquaéductu»; Opera omnia, edit. Cisterc. 5 [1968] 282-283) 

Il Santo che nascerà da te, sarà chiamato Figlio di Dio (cfr. Lc 1, 35), fonte della sapienza, Verbo del Padre nei cieli altissimi.
Il Verbo, o Vergine santa, si farà carne per mezzo tuo, e colui che dice: «Io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 10, 38) dirà anche: «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo» (Gv 16, 28).
Dunque «In principio era il Verbo», cioè già scaturiva la fonte, ma ancora unicamente in se stessa, perché al principio «Il Verbo era presso di Dio» (Gv 1, 1), abitava la sua luce inaccessibile. Poi il Signore cominciò a formulare un piano: Io nutro progetti di pace e non di sventura (cfr. Ger 29, 11). Ma il progetto di Dio rimaneva presso di lui e noi non eravamo in grado di conoscerlo. Infatti: Chi conosce il pensiero del Signore e chi gli può essere consigliere? (cfr. Rm 11, 24). E allora il pensiero di pace si calò nell'opera di pace: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14); venne ad abitare particolarmente nei nostri cuori per mezzo della fede. Divenne oggetto del nostro ricordo, del nostro pensiero e della nostra stessa immaginazione.
Se egli non fosse venuto in mezzo a noi, che idea si sarebbe potuto fare di Dio l'uomo, se non quella di un idolo, frutto di fantasia?
Sarebbe rimasto incomprensibile e inaccessibile, invisibile e del tutto inimmaginabile. Invece ha voluto essere compreso, ha voluto essere veduto, ha voluto essere immaginato. Dirai: Dove e quando si rende a noi visibile? Appunto nel presepio, in grembo alla Vergine, mentre predica sulla montagna, mentre passa la notte in preghiera, mentre pende sulla croce e illividisce nella morte, oppure mentre, libero tra i morti, comanda sull'inferno, o anche quando risorge il terzo giorno e mostra agli apostoli le trafitture dei chiodi, quali segni di vittoria, e, finalmente, mentre sale al cielo sotto i loro sguardi.
Non è forse cosa giusta, pia e santa meditare tutti questi misteri? Quando la mia mente li pensa, vi trova Dio, vi sente colui che in tutto e per tutto è il mio Dio. E' dunque vera sapienza fermarsi su di essi in contemplazione. E' da spiriti illuminati riandarvi per colmare il proprio cuore del dolce ricordo del Cristo.
 
MESSALE 
Antifona d'Ingresso  Lc 1,28.42
Ave, Maria, piena di grazia: il Signore è con te;
tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo seno.


Ave, María, grátia plena, Dóminus tecum: benedícta 
tu in muliéribus, et benedíctus fructus ventris tui.

Colletta

Infondi nel nostro spirito la tua grazia, o Padre; tu, che all'annunzio dell'angelo ci hai rivelato l'incarnazione del tuo Figlio, per la sua passione e la sua croce, con l'intercessione della Beata Vergine Maria, guidaci alla gloria della risurrezione. Per il nostro Signore ...


Grátiam tuam, quæsumus, Dómine, méntibus nostris infúnde, ut, qui, Angelo nuntiánte, Christi Fílii tui incarnatiónem cognóvimus, beáta María Vírgine intercedénte, per passiónem eius et crucem ad resurrectiónis glóriam perducámur. Per Dóminum.


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura 
 Gl 1,13-15; 2,1-2
Il giorno del Signore, giorno di tenebra e di caligine.
 

Dal libro del profeta Gioèle
Cingete il cilicio e piangete, o sacerdoti,
urlate, ministri dell’altare,
venite, vegliate vestiti di sacco,
ministri del mio Dio,
perché priva d’offerta e libagione
è la casa del vostro Dio.
Proclamate un solenne digiuno,
convocate una riunione sacra,
radunate gli anziani
e tutti gli abitanti della regione
nella casa del Signore, vostro Dio,
e gridate al Signore:
«Ahimè, quel giorno!
È infatti vicino il giorno del Signore
e viene come una devastazione dall’Onnipotente».
Suonate il corno in Sion
e date l’allarme sul mio santo monte!
Tremino tutti gli abitanti della regione
perché viene il giorno del Signore,
perché è vicino,
giorno di tenebra e di oscurità,
giorno di nube e di caligine.
Come l’aurora,
un popolo grande e forte
si spande sui monti:
come questo non ce n’è stato mai
e non ce ne sarà dopo,
per gli anni futuri, di età in età.

Salmo Responsoriale  Sal 9
Il Signore governerà il mondo con giustizia.

Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
annuncerò tutte le tue meraviglie.
Gioirò ed esulterò in te,
canterò inni al tuo nome, o Altissimo.

Hai minacciato le nazioni, hai sterminato il malvagio,
il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.
Sono sprofondate le genti nella fossa che hanno scavato,
nella rete che hanno nascosto si è impigliato il loro piede.

Ma il Signore siede in eterno,
stabilisce il suo trono per il giudizio:
governerà il mondo con giustizia,
giudicherà i popoli con rettitudine.

Canto al Vangelo  G 12,31-32
Alleluia, alleluia.

Ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori.
E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me
.
Alleluia.

   
   
Vangelo  
Lc 11,15-26
Se io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio
.
 

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, [dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio,] alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.
Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima».


Sulle Offerte

O Padre, rendici degni del sacrificio eucaristico e f
a' che celebriamo con sincera fede i misteri del tuo Figlio, per raccogliere i frutti della redenzione. Per Cristo ...

Fac nos, quæsumus, Dómine, his munéribus oblátis conveniénter aptári, et Unigéniti tui mystéria ita recólere, ut eius digni promissiónibus éffici mereámur. Qui vivit et regnat in sæcula sæculórum.

Prefazio della Beata Vergine Maria I

La maternità della beata Vergine Maria


E’
 veramente cosa buona e giusta,  

nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.

Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti glorifichiamo,
nella memoria della beata sempre Vergine Maria.
Per opera dello Spirito Santo,
ha concepito il tuo unico Figlio;
e sempre intatta nella sua gloria verginale,
ha irradiato sul mondo la luce eterna,
Gesù Cristo nostro Signore.
Per mezzo di lui si allietano gli angeli
e nell’eternità adorano la gloria dei tuo volto.
Al loro canto concedi, o Signore,  

che si uniscano le nostre umili voci nell’inno di lode:

Santo, Santo, Santo …


Vere dignum et iustum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine, sancte Pater, omnípotens ætérne Deus: Et te in ... beátæ Maríæ semper Vírginis collaudáre, benedícere et prædicáre. Quæ et Unigénitum tuum Sancti Spíritus obumbratióne concépit, et, virginitátis glória permanénte, lumen ætérnum mundo effúdit, Iesum Christum Dóminum nostrum. 
Per quem maiestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Cæli cælorúmque Virtútes, ac beáta Séraphim, sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces ut admítti iúbeas, deprecámur, súpplici confessióne dicéntes:

Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus Deus Sábaoth.


Antifona alla Comunione  
Lc 1,31

L'angelo disse a Maria: 
«Ecco, concepirai
e darai alla luce un figlio e gli porrai nome Gesù».


Ecce concípies in útero, et páries fílium, et vocábis nomen eius Iesum.

Dopo la Comunione

O Dio, nostro Padre, concedi a noi, che in questo sacramento abbiamo annunziato la morte e risurrezione del tuo Figlio, di essere sempre uniti alla sua passione per condividere la gioia immensa del suo regno. Per Cristo ...


Quæsumus, Dómine Deus noster, ut, qui in hoc sacraménto Fílii tui mortem et resurrectiónem annuntiámus, eius sócii passiónum effécti, consolatiónis étiam ac glóriæ mereámur esse partícipes. Per Christum.