sabato 23 agosto 2014

Ultime News

Ultime News

Il Pater, o Padre nostro, è la più perfetta, la più sublime, la più santa, la più utile delle preghiere, primieramente perché è una preghiera composta da un Dio; poi perché contiene tutto ciò che Dio domanda da noi, e tutto ciò che noi abbiamo da chiedere a Dio per i nostri bisogni. Il "Pater" detto con fervore è un atto di tutte le virtù.


  1. Eccellenza del Pater, e sue domande.
  2. Padre nostro.
  3. Che sei nei cieli.
  4. Prima domanda.
  5. Seconda domanda.
  6. Terza domanda.
  7. Quarta domanda.
  8. Quinta domanda.
  9. Sesta domanda.
10. Settima domanda.
11. Conclusione.
12. Il Pater del Serafico Padre S. Francesco d'Assisi.




1. ECCELLENZA DEL «PATER» E SUE DOMANDE. 

Il Pater, o Padre nostro, è la più perfetta, la più sublime, la più santa, la più utile delle preghiere, anzitutto perché è una preghiera composta da un Dio; poi perché contiene tutto ciò che Dio domanda da noi, e tutto ciò che noi abbiamo da chiedere a Dio per i nostri bisogni.



Questo noi facciamo in sette domande, di cui le tre prime, cioè ­ Sia santificato il nome tuo - Venga il regno tuo - Sia fatta la volontà tua come in cielo così in terra - si riferiscono all'onore, al servizio, all'amore, all'adorazione dovuti a Dio

Le quattro ultime: - Dacci oggi il nostro pane quotidiano - Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori - Non c'indurre in tentazione - Ma liberaci dal male - si riferiscono alla nostra utilità, e comprendono ogni nostro bisogno...


2. PADRE NOSTRO. - 

La parola Padre si rivolge particolarmente alla prima persona della Santissima Trinità, che è il Padre; tuttavia si intende dire anche al Figlio e allo Spirito Santo, come componenti, in una indivisibile Unità, l'Augustissima Trinità, il Dio uno e trino il quale per molti rispetti è nostro Padre; 1° perché ci ha creati...; 2° ci ha riscattati...; 3° ci ha rigenerati nelle acque del santo battesimo...; 4° ci ha adottati in figli...; 5° perché la sua provvidenza veglia sopra di noi...; 6° perché ci ha chiamati all'eredità celeste, avendoci costituiti coeredi con Gesù Cristo.



«Che cosa non darà ai suoi figli, esclama S. Agostino, Quegli che ha dato loro di essere suoi figli?» (Serm. III). Che dignità, che gloria, che felicità è la nostra di poter chiamare Iddio nostro padre! e voglia il cielo che lo sia difatti! 
«Che onore è per noi, esclama S. Cipriano, il chiamare Dio nostro padre e, come Gesù Cristo è Figlio di Dio, essere anche chiamati figli di Dio, ai quali sta promessa l'eternità! Non dimentichiamo mai che il chiamare Dio nostro padre, c'importa il dovere di regolarci da figli di Dio; affinché se noi siamo felici di avere per padre un Dio, egli sia contento di averci per figli. Diportiamoci come templi vivi di Dio, acciocché ognuno veda che Dio abita in noi (De Orat. domin.)».



Pater noster. Padre nostro... padre di tutti gli uomini che per conseguenza sono fratelli... Ne viene perciò a noi il debito di pregare per gli altri, di amarci come fratelli, di soccorrerci a vicenda... S. Ambrogio dice: «Ciascuno prega per tutti, e tutti pregano per ciascuno; di qui deriva il gran vantaggio, che ciascuna preghiera di ogni fedele è sorretta dal concorso di tutto il popolo (De Caino C. IX)». S. Cipriano dice: «Vuole Gesù che ciascuno preghi per tutti, come egli ci ha tutti portati in se medesimo (De Oratione)»... Pregando per tutti, partecipiamo alle orazioni di tutti.. .



«Voi mi chiamerete padre», disse il Signore per bocca di Geremia (III, 19). Dio vuol essere chiamato padre, commenta S. Tommaso (1.a 1.ae q. V, a. 7),  perché è il creatore dell'universo, secondo quelle parole di Gesù Cristo: «Io ti rendo grazie, o padre mio, Signore del Cielo e della terra» (MATTH. XI, 25);  perché ci ha adottati, secondo quelle parole di S. Paolo ai Romani: «Voi avete ricevuto lo spirito di adozione dei figli di Dio, spirito in cui gridiamo: Abba, Padre» (Rom. VIII, 15);  perché ci ha fatto da maestro e pedagogo, come dice Isaia: «Il padre farà conoscere ai suoi figli la verità» (XXXIII, 19);  perché ci corregge, dicendo il Savio: «Il Signore castiga coloro che ama, e pone in loro il suo affetto come padre nel figlio» (Prov. III, 12).

3. CHE SEI NEI CIELI. - 

Padre nostro che sei nei cieli: Pater noster qui es in coelis. Queste parole accennano: 1° l'onnipotenza di Dio; 2° che Dio nostro padre abita nel più alto dei cieli e che il cielo è nostra patria, eredità nostra; 3° la necessità d'innalzare l'anima nostra al di sopra delle cose terrene; 4° che non bisogna né desiderare né domandare altro se non ciò che mette al cielo; 5° che dobbiamo riguardarci come stranieri su la terra, e disprezzare il mondo con i suoi beni e piaceri e onori e incentivi; 6° che dobbiamo schivare l'inferno, e per conseguenza il peccato che vi conduce, e resistere al demonio che vorrebbe divenire nostro padre, per ucciderci per l'eternità...

4. PRIMA DOMANDA. - 

Sanctifìcetur nomen tuum. Sia santificato il Nome tuo. Con queste parole noi chiediamo: 1° la conservazione delle grazie ricevute nel santo battesimo...; 2° la nostra santificazione quotidiana; 3° che tutti gli uomini giungano alla santità...; 4° che Dio sia adorato, servito, amato da tutte le creature; 5° che tutti gli attributi di Dio siano celebrati e la sua gloria sia esaltata in tutto il mondo.



Sia santificato il nome tuo: con ciò vogliamo dire: la vostra maestà, o Signore, la vostra grandezza, la potenza, la bontà, la misericordia, la giustizia, la provvidenza vostra, ecc., siano conosciute, proclamate, benedette, encomiate, in ogni tempo e luogo, e per sempre... Ogni uomo vi lodi, vi ami, vi tema, vi ringrazi...

5. SECONDA DOMANDA. - 

Adveniat regnum tuum. Venga il regno tuo. Nella prima domanda, manifestiamo il nostro desiderio di vedere Dio conosciuto, amato, servito, adorato da tutte le creature, e di arrivare noi medesimi alla santità; in questa seconda esprimiamo il voto di vedere ristabilito il regno di Dio nel suo quadruplice senso.
1° Vi è il regno di Dio su tutte le creature. Di esso dice il Salmista: «Il vostro regno, o Signore, è un regno che abbraccia tutti i secoli; e il vostro impero si estende di generazione in generazione» (Psalm. CXLIV, 13).
2° Il regno mistico, cioè il regno di Dio su le anime, per la grazia e per la fede. Ci sottrae alla tirannia del peccato, del mondo, del demonio, della carne, e fa nascere in noi ogni sorta di virtù...
3° Il regno di Dio nel cielo. Perciò quando diciamo: Venga il regno tuo, chiediamo che si apra per noi il regno di Dio, rimuneratore dei Santi...
4° Il regno di Dio quale si avrà nel giorno del giudizio universale, e che sarà il preludio del regno eterno...

6. TERZA DOMANDA. - 

Fiat voluntas tua sicut in coelo et in terra. Sia fatta la tua: volontà, come in cielo, così in terra. Possiamo considerare in Dio due volontà: la volontà assoluta e la volontà di desiderio. Con quella Dio vuole definitivamente una cosa, per esempio, la Creazione, e a tale volontà nulla può resistere. Con questa Dio ci ammaestra di
quello che vuole che noi osserviamo. Ora, a quest'ultima volontà si riferisce la domanda del Pater: Sia fatta la tua volontà. Con queste parole noi auguriamo a noi medesimi tutti i beni; poiché gli eletti i quali adempiono perfettamente la volontà di Dio, sono pienamente felici e colmi dei tesori della divinità, come indicano quelle parole di Gesù Cristo, in S. Matteo (XII, 50): «Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è mio fratello, mia sorella, mia madre».



Sia fatta la tua volontà. Ma qual è la volontà del Padre? La volontà di Dio, risponde S. Paolo, è che voi vi facciate santi (I Thess, IV, 3). E il Salvatore medesimo dopo di aver detto, che egli non era venuto su la terra per compiere la sua volontà, ma la volontà del Padre, soggiunse che la volontà del Padre il quale lo aveva mandato, è che non si perda nessuno di quelli che gli ha dati, ma che li risusciti nell'ultimo giorno. La volontà del Padre è questa, che chiunque vede il Figlio e crede in lui, abbia la vita eterna (IOANN. VI, 40).



La volontà di Dio, che Gesù Cristo ha fatto e insegnato, è, dice S. Cipriano (De Oratio dom.), l'umiltà nel conversare, la stabilità nella fede, la modestia nel tratto, la giustizia nelle azioni, la misericordia nelle opere, la disciplina e l'assennatezza nei costumi. Fare la volontà di Dio, vuol dire non saper fare ingiurie, ma saperle tollerare; aver pace con tutti e amare Dio di tutto cuore; amarlo come padre, temerlo come Dio; preporre Gesù Cristo a tutto, perché egli medesimo ha preferito noi ad ogni creatura; tenerci inseparabilmente uniti al suo amore; abbracciarci fortemente e con confidenza alla croce e quando si tratta del suo nome e dell'onor suo, spiegare fermezza nel rendergli testimonianza con le parole, costanza nel combattere per lui, e pazienza fino alla morte, per essere coronati. Così operando, diventiamo eredi di Gesù Cristo; adempiamo l'ordine del Signore; facciamo perfettamente la volontà di Dio.



Dobbiamo conformare la nostra volontà a quella di Dio, 1° nella nostra condotta, cioè dobbiamo volere quello che egli vuole, obbedire alla sua legge; 2° nei nostri pensieri, intenzioni e desideri. Qui, come nei fatti, la nostra volontà deve avere quella di Dio per oggetto, cioè deve mirare a lei e non guardare altro; per conseguenza essa deve non volere che cose buone, conformi alla retta ragione, alla coscienza illuminata, ed anche in questo caso non volerle se non in quanto esse possono essere gradite a Dio.



Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Gli eletti in cielo faranno e fanno eternamente la volontà di Dio in modo ammirabile e perfetto; questo forma la loro fèlicità. Bisogna, per quanto è in noi, prendere modello dai Santi. Oh quanto sarebbero felici gli uomini, se non cercassero che la volontà di Dio! Dio farebbe la volontà degli uomini che sarebbero tutti santi, e la terra si cambierebbe in paradiso.
Per terra s'intende anche il corpo, e per cielo, lo spirito. In questo senso, recitando le citate parole del Pater, l'uomo domanda che il suo corpo faccia la volontà di Dio, non meno che lo spirito; ovvero, come spiega S. Cipriano, che il corpo stia soggetto allo spirito, come lo spirito sta sottomesso a Dio (De Orat. dom.).



Altri, sotto il nome di terra, intendono i peccatori, e sotto quello di cielo, i giusti. Secondo questa interpretazione, la domanda del Pater esprimerebbe l'augurio che i peccatori facciano la volontà di Dio, come la fanno i giusti... Per il cielo S. Agostino intende Gesù Cristo; e per la terra, la Chiesa sposa di Gesù Cristo; il che equivarrebbe a dire: Compia la Chiesa la vostra volontà, o mio Dio, come l'ha compiuta Gesù Cristo (De Orat. dom.).



Il riposo, la pace, la gioia, la santità, la perfezione del cristiano consistono nel rinnegare la propria volontà, per uniformarla a quella di Dio, sia nell'avversa che nella prospera fortuna, e nella sanità e nelle malattie, e nella vita, e nella morte. «Che altro abomina e punisce Dio, se non la propria volontà dell'uomo?», dice S. Bernardo, e conchiude: «Cessi adunque questa volontà e non vi sarà più inferno (De Resurrect.)». Un'intera conformità alla volontà divina, scrive il medesimo Padre, unisce l'anima al Verbo, come la sposa è unita allo sposo (Serm. XXVIII, in Cantic.). E come vera sposa altro non cerca né desidera se non ciò che piace allo sposo, e per parte sua lo sposo non fa nulla che possa dispiacere alla sposa; così l'anima che ambisce di essere la sposa di Gesù Cristo non vuole altro se non ciò che piace a Gesù Cristo il quale poi non fa nulla che a lei dispiaccia. O preziosa e felice unione!



Essendo la volontà di Dio eccellente e perfetta, non vi è cosa tanto utile, quanto il sottomettervisi interamente: chi segue questa via, arriverà ad alta perfezione; anzi l'ha già raggiunta, perché tutta la perfezione consiste in ciò... Dio sa benissimo quello che ci conviene, quello che ci occorre per renderci felici, sia nel tempo, sia nell'eternità, mentre noi lo ignoriamo. Non siamo dunque noi ciechi e nemici di noi medesimi, quando mettiamo la nostra volontà invece di quella di Dio? Che cosa avviene allora? Non facciamo più né la volontà di Dio né la nostra... Faraone si ostina nel voler fare il proprio volere, rifiutando di fare quello di Dio; e sapete come è finito... Mosè fa in tutto la volontà di Dio, e considerate come Dio a sua volta, fa quella di Mosè in Egitto, in riva al Mar Rosso e nel deserto. Gli angeli ribelli non vogliono piegarsi al volere di Dio; cosa ne è di loro?... Adamo si mette per la medesima strada, e dove va a finire?

7. QUARTA DOMANDA. - 

Panem nostrum quotidianum da nobis hodie. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Con questa quarta domanda preghiamo Dio che ci dia il necessario per la vita dell'anima e del corpo... Dimandiamo quello che appartiene a noi, non quello che appartiene agli altri...
I re sono, al pari del più misero dei loro sudditi, i mendichi di Dio. «Il mendicante vi domanda l'elemosina, dice S. Agostino, e anche voi siete i mendicanti di Dio. Che cosa vi domanda l'accattone? del pane, e voi che altro domandate a Dio, se non Gesù Cristo che dice: «Io sono il pane vivo disceso dal cielo? (Serm. XV, de Verb. Domini secund. Matth.)». La parola pane, panem, comprende la sanità, il vitto, il vestito, l'alloggio e simili... Noi domandiamo il pane materiale; ma domandiamo ancora principalmente il pane spirituale dell'anima: la grazia..., l'eucaristia..., la salute..., la gloria eterna...
Dacci il pane, panem: non chiediamo altra cosa, perché il pane ci basta; lo chiediamo per noi e per gli altri, da nobis: chiediamo il pane di ciascun giorno, panem nostrum quotidianum, non il pane per il domani perché il domani non è in nostro potere. Con ciò Dio c'insegna a non accumulare per spirito di avarizia e a non affannarci dell'avvenire. Chiediamo poi che ce lo dia oggi, da nobis hodie, perché ci è necessario, e necessario al presente.

8. QUINTA DOMANDA. - 

Dimitte nobis debita nostra, sicut et nos dimittimus debitoribus nostris. Perdona a noi i nostri debiti, come noi li perdoniamo agli altri... Nelle prime quattro domande imploriamo dei beni, nelle tre ultime supplichiamo perché ci siano risparmiati dei mali.
Perdona a noi, dimitte nobis, perché noi siamo tutti, qual più qual meno, colpevoli... «Perché nessuno, dice S. Cipriano, si compiaccia di se stesso, e si creda innocente e s'insuperbisca, la voce divina gli insegna ch'egli pecca ogni giorno, poiché gli è fatto comando d'implorare ogni giorno il perdono dei propri peccati (De orat. Domin.)».
Perdona a noi i nostri debiti, debita nostra. Il peccato è il più grave debito che l'uomo possa contrarre con Dio, a cagione della ingiuria infinita che col peccato egli fa a Dio... Quest'ingiuria è così enorme, che né l'uomo, né l'angelo, né alcuna creatura poté ripararla... Bisognò per questo che il Verbo si facesse uomo e spargesse il sangue su la croce.
Perdona a noi come noi perdoniamo a quelli che ci hanno offeso: Sicut et nos dimittimus debitoribus nostris. Ecco la condizione alla quale Dio lega il nostro perdono. Se vogliamo ch'egli ci perdoni, perdoniamo... Per conseguenza chi pronunzia queste parole del Pater, mentre nutre in cuore pensieri di odio, o desideri di vendetta, e non delibera di scacciarli, pronunzia la sua sentenza di condanna. Se voi, dice Gesù Cristo, perdonate agli altri le offese, il vostro Padre celeste vi perdonerà le vostre; ma se voi ricusate il perdono agli uomini, il Padre vostro celeste lo ricuserà anche a voi (MATTH. VI, 14-15). «Perdonate e vi sarà perdonato; poiché si userà con voi quella misura medesima che voi avrete usato con gli altri» (Luc. VI, 37-38).

9. SESTA DOMANDA. - 

Et ne nos inducas in tentationem. E non c'indurre in tentazione. Notiamo che non si dice: Liberaci dalla tentazione; infatti la tentazione, di per se stessa, non è peccato; altrimenti Gesù Cristo non avrebbe permesso al demonio di suggerirla a lui medesimo. L'unico male che si può trovare nella tentazione è di consentirvi. Il male viene dalla volontà dell'uomo che si abbandona alle sollecitudini della carne e del demonio. La tentazione è un bene, in quanto che mette alla prova l'uomo, ne eccita la vigilanza, lo porta a diffidare di se medesimo ed a fuggire il pericolo; si fa occasione e causa di grandi meriti per coloro che la combattono. Perciò i grandi Santi furono ordinariamente i più tentati. Soccombere alla tentazione è un perdersi; resisterle è un piacere a Dio che ci aiuta a vincere; è un ornare di brillanti la propria corona, accrescere la propria ricompensa, accertare la propria salvezza, andare al cielo... Gli Apostoli insegnano che in mezzo alle spine di molte tentazioni, serpeggia la via che conduce al regno di Dio (Act. XIV, 21).
Non c'indurre in tentazione vuoi dire: Signore, io non vi domando di essere liberato dalla tentazione, se tale non è il vostro volere, ma datemi grazia di resisterle, di vincerla, di uscir trionfante dalla lotta... Queste parole c'insegnano che dobbiamo temere e non fidarci delle proprie forze... Ci ammoniscono del continuo bisogno in cui siamo della preghiera e della grazia di Dio, per non dare orecchio alla tentazione e soccombere... «Senza di me, dice Gesù Cristo, non potete fare nulla» (IOANN. XV, 5). «Io tutto posso, dice l'Apostolo, in colui che mi sorregge» (Philipp. IV, 13). Se Dio è con noi, dice ancora il medesimo Apostolo, chi ci starà contro? (Rom. VIII, 31). Oh Dio! non lasciateci vincere dalle tentazioni del demonio, del mondo, della carne, delle miserie di questa vita, del peccato!...

10. SETTIMA DOMANDA. - 

Sed libera nos a malo. Ma liberaci dal male, cioè dal peccato... Qui Dio ci ordina di chiedere la nostra intera liberazione dal peccato, perché il peccato è di natura sua cattivo, mentre la tentazione non lo è... Con queste parole noi domandiamo ancora di essere difesi contro i mali del corpo, le malattie, ecc.; ma queste cose le chiediamo sotto condizione, che tale sia il beneplacito di Dio; perché i mali corporali non sono peccati. Non così è dei mali dell'anima, i quali si riducono al peccato, perché solo il peccato può nuocere e macchiare l'anima; quindi chiediamo in modo assoluto al Signore che ce ne scampi.

11. CONCLUSIONE. - 

Amen. Così sia. Questo augurio che chiude il Pater, è una breve ed infiammata orazione che domanda l'adempimento di tutto ciò che si contiene nel Pater; di modo che si può considerare come conclusione di ciascuna delle sette domande.
Si noti che nel pater non si fa specifica menzione né di ingegno, né di sanità, né di ricchezze, né di forza, né di sapienza umana, né di sposo, né di sposa, né di famiglia, né di gloria, né di altro bene qualunque o corporale o spirituale o materiale, perché tutto questo è indifferente e non si devono domandare né tutte, né alcune di queste cose se non in quanto possono giovare alla gloria di Dio, alla nostra salute, alla salute ed alla santificazione del prossimo.



Il Pater detto con fervore è un atto di tutte le virtù. 

Infatti si fa un atto di fede con quelle parole: - Padre nostro che sei nei cieli; - 
un atto di speranza, dicendo: - Venga il tuo regno; - 
un atto di amore, esclamando: - Sia santificato il tuo nome; - 
un atto di obbedienza e di umiltà, chiedendo: - Che sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra; - 
un atto di ringraziamento e di sommissione, dicendo: - Dacci oggi il nostro pane quotidianoun atto di carità fraterna, dicendo: - Perdona a noi come noi perdoniamo agli altri; - 
un atto di timor di Dio e di diffidenza di noi medesimi, supplicando: - Che non c'induca in tentazione; - 
finalmente un atto di contrizione e di detestazione del peccato, dicendo: - Liberaci dal male

- Felice pertanto colui che dice sovente, con divozione e fervore, quest'ammirabile e preziosa preghiera...


12. IL « PATER » DEL SERAFICO PADRE S. FRANCESCO D'ASSISI. - 

Ecco il pater che S. Francesco d'Assisi aveva costume di recitare in ciascun'ora del giorno: 

«Santissimo nostro Padre, nostro creatore, nostro redentore, nostro salvatore, nostro consolatore; 
che sei nei cieli, negli Angeli, nei Santi; illuminandoli affinché ti conoscano, perché, o Signore, sei luce; infiammandoli del tuo divino amore, perché tu, o Signore, sei amore; abitando in loro e riempiendoli di felicità, perché tu, o Signore, sei il bene sommo ed eterno, dal quale vengono tutti i beni, e fuori del quale non vi è sorta di vero e solido bene. 
Sia santificato il tuo nome; fatti conoscere a noi, affinché noi non ignoriamo la larghezza dei tuoi benefizi, la lunghezza delle tue promesse, l'altezza della tua maestà, la profondità dei tuoi giudizi. 
Venga il tuo regno, affinché tu regni in noi con la tua grazia, e ci faccia arrivare al tuo regno, dove si trovano la chiara visione e il perfetto amore, la beata società e l'eterno possesso di te medesimo. 
Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo, affinché ti amiamo con tutto il cuore, pensando continuamente a te; con tutta l'anima, sospirando a te con incessante desiderio; con tutto lo spirito, a te volgendo le nostre intenzioni, e cercando il tuo onore in ogni cosa; con tutte le nostre forze, applicando ogni facoltà ed energia, sì dell'anima che del corpo, all'esercizio del tuo amore; ed ancora affinché amiamo il nostro prossimo come noi medesimi, eccitandolo con tutto il nostro potere ad amarti, rallegrandoci dell'altrui bene come proprio, compatendo ai suoi mali e non offendendo nessuno. 

Dacci oggi il nostro pane quotidiano; dacci oggi dì il Signor nostro Gesù Cristo tuo Figlio, facendo sì che ricordiamo, comprendiamo, onoriamo, e l'amore che ci ha manifestato, e tutto quello che ha fatto, detto e sofferto per noi. 
Perdona a noi le nostre colpe, per tua misericordia, per l'ineffabile virtù della passione del tuo diletto Figlio, il Signor nostro Gesù Cristo, per i meriti e l'intercessione della Beata Vergine Maria e di tutti i Santi. Perdonaci come noi perdoniamo a quelli che ci hanno offesi. E perché noi non perdoniamo mai abbastanza, fa', o Signore, che perdoniamo interamente, che amiamo i nostri nemici per amor tuo, e intercediamo divotamente per loro; fa' che non rendiamo a nessuno male per male, e che col tuo aiuto possiamo. essere utili a loro in ogni cosa. 
Non lasciarci soccombere alla tentazione, sia nascosta, sia patente, sia impreveduta e passeggera, sia importuna e persistente; 
ma liberaci dal male passato, presente e futuro. Così sia, secondo la tua volontà, o Signore, e come a te parrà meglio (Biblioth. Ss. Patr., t. V)

Questo Articolo proviene da Pagine cattoliche
http://www.paginecattoliche.it




Domenica 24 Agosto 2014, XXI Domenica del Tempo Ordinario - Anno A Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 16,13-20.

"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta






Domenica 24 Agosto 2014, XXI Domenica del Tempo Ordinario - Anno A

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 16,13-20.

In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?».
Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». 
Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». 
Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». 
E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. 
E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. 
A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». 
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. 

Traduzione liturgica della Bibbia 

Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" 
di Maria Valtorta : Volume 5 Capitolo 343 pagina 309.


1La pianura fiancheggia il Giordano prima che questo si getti nel lago di Merom. Una bella pianura su cui di giorno in giorno crescono più rigogliosi i cereali e s’infiorano gli alberi da frutto. I colli oltre i quali è Cedes sono ora alle spalle dei pellegrini, che infreddoliti camminano lesti nelle prime luci del giorno, guardando con desiderio il sole che ascende e cercandolo non appena il suo raggio tocca i prati e carezza le fronde. Devono aver dormito all’aperto, al massimo in un pagliaio, perché le vesti sono sgualcite e conservano festuche di paglia e foglie secche che essi si vanno levando man mano che le scoprono nella luce più forte.
Il fiume si annuncia per il suo fruscio, che pare forte nel silenzio mattutino della campagna e per una folta riga di alberi delle foglie novelle, che tremolano alla lieve brezza del mattino. Ma ancora non si vede, sprofondato come è nella pianura piatta. Quando le acque azzurre, ingrossate da numerosi torrentelli che scendono dai colli occidentali, si vedono luccicare fra il verde novello delle sponde, si è quasi sulla riva.
«Facciamo la riva fino al ponte, oppure passiamo il fiume qui?» chiedono a Gesù che era solo, meditabondo, e che si è fermato ad attenderli.
«Vedete se c’è barca per passare. È meglio andare di qui...».
«Sì. Al ponte che è proprio sulla via di Cesarea Paneade potremmo incontrare da capo qualcuno messo sulle tracce» osserva Bartolomeo accigliato, guardando Giuda.
«No. Non mi guardare male. Io non sapevo di venire qui e non ho detto nulla. Era facile capire che da Safet Gesù sarebbe andato alle tombe dei rabbi e a Cédès. Ma mai avrei pensato volesse spingersi fino alla capitale di Filippo. Perciò essi lo ignorano. E non li troveremo per mia colpa né per loro volontà. A meno che non abbiano Belzebù che li conduce» dice calmo e umile l’Iscariota.
«Questo è bene. Perché con certa gente… Bisogna avere occhio e misurare le parole, non lasciare indizi dei nostri progetti. Stare attenti a tutto si deve. Altrimenti la nostra evangelizzazione si tramuterà in perpetua fuga» ribatte Bartolomeo.
Tornano Giovanni e Andrea. Dicono: «Abbiamo trovato due barche. Ci passano per una dramma a barca. Scendiamo sull’argine».
E nelle due barchette, in due riprese, passano sull’altra sponda. La pianura piatta e fertile, li accoglie anche qui. Una pianura fertile, ma poco popolata. Solo i contadini che la coltivano hanno casa in essa.

2«Uhm! Come faremo per il pane? Io ho fame… E qui… non ci sono neppure le spighe filistee… Erba e foglie, foglie e fiori. Non sono una pecorella né un’ape» mormora Pietro ai compagni, che sorridono all’osservazione.
Giuda Taddeo si volta - era un poco più avanti - e dice: «Compreremo pane al primo paese».
«Sempre che non ci facciano fuggire» termina Giacomo di Zebedeo.
«Guardatevi, voi che dite di stare attenti a tutto, dal prendere il lievito dei farisei e dei sadducei. Mi sembra che lo stiate facendo, senza riflettere a ciò che fate di male. State attenti! Guardatevi!» dice Gesù.
Gli apostoli si guardano l’un l’altro e bisbigliano: «Ma che dice? Il pane ce lo ha dato quella donna del sordomuto e l’oste di Cedes. E questo è ancora qui. L’unico che abbiamo. Né sappiamo se potremo trovarne da prendere per la nostra fame. Come dunque dice che comperiamo da sadducei e farisei pane col loro lievito? Forse non vuole che si comperi in questi paesi...».
Gesù, che era di nuovo avanti tutto solo, torna a voltarsi.
«Perché avete paura di rimanere senza pane per la vostra fame? Anche se tutti qui fossero sadducei e farisei, non rimarreste senza cibo per il mio consiglio. Non è di quel lievito che è nel pane che Io parlo. Perciò potrete comperare dove vi pare il pane per i vostri ventri. E se nessuno ve lo volesse vendere, non rimarreste senza pane lo stesso. Non vi ricordate dei cinque pani con cui si sfamarono cinquemila persone? Non vi ricordate che ne raccoglieste dodici panieri colmi di avanzi? Potrei fare per voi, che siete dodici e avete un pane, ciò che feci per cinquemila con cinque pani. Non capite a quale lievito alludo? A quello che gonfia nel cuore dei farisei, sadducei e dottori, contro di Me. È odio, quello. Ed è eresia. Ora voi state andando verso l’odio come fosse entrato in voi parte del lievito farisaico. Non si deve odiare neppure chi ci è nemico. Non aprite neppure uno spiraglio a ciò che non è Dio. Dietro al primo entrerebbero altri elementi contrari a Dio. Talora, per troppo volere combattere con armi uguali i nemici, si finisce a perire o a essere vinti. E, vinti che siate, potreste per contatto assorbire le loro dottrine. No. Abbiate carità e riservatezza. Voi non avete in voi ancora tanto da poterle combattere, queste dottrine, senza esserne infettati. Perché alcuni elementi di esse li avete pure voi. E l’astio per loro ne è uno. Ancora vi dico che essi potrebbero cambiare metodo per sedurvi e levarvi a Me, usandovi mille gentilezze, mostrandosi pentiti, desiderosi di fare la pace. Non dovete sfuggirli. Ma quando essi cercheranno di darvi le loro dottrine, sappiate non accoglierle. Ecco quale è il lievito di cui parlo. Il malanimo che è contro l’amore e le false dottrine. Vi dico: siate prudenti».

3«Quel segno che i farisei chiedevano ieri era “lievito”, Maestro?» chiede Tommaso.
«Era lievito e veleno».
«Hai fatto bene a non darglielo».
«Ma glielo darò un giorno».
«Quando? Quando?» chiedono curiosi.
«Un giorno...».
«E che segno è? Non lo dici nemmeno a noi, tuoi apostoli? Perché lo si possa riconoscere subito» chiede voglioso Pietro.
«Voi non dovreste avere bisogno di un segno».
«Oh! non per poter credere in Te! Non siamo la gente che ha molti pensieri, noi. Noi ne abbiamo uno solo: amare Te» dice veementemente Giacomo di Zebedeo.

4«Ma la gente, voi che l’avvicinate, così alla buona, più di Me, e senza la soggezione che Io posso incutere, chi dice che Io sia? E come definisce il Figlio dell’uomo?».
«Chi dice che Tu sei Gesù, ossia il Cristo, e sono i migliori. Gli altri ti dicono Profeta, altri solo Rabbi, e altri, Tu la sai, ti dicono pazzo e indemoniato».
«Qualcuno però usa per Te il nome stesso che Tu ti dai, e ti dice “Figlio dell’uomo”».
«E alcuni anche dicono che ciò non può essere, perché il Figlio dell’uomo è ben altra cosa. Né è sempre negazione, questa. Perché in fondo essi ammettono che Tu sei da più del Figlio dell’uomo: sei il Figlio di Dio. Altri invece dicono che non sei neppure il Figlio dell’uomo, ma un povero uomo che Satana agita o che sconvolge la demenza. Tu vedi che i pareri sono molti e tutti diversi» dice Bartolomeo.

«Ma per la gente chi è dunque il Figlio dell’uomo?».
«È un uomo nel quale siano tutte le virtù più belle dell’uomo, un uomo che raduni in sé tutti i requisiti di intelligenza, sapienza, grazia che pensiamo fossero in Adamo, e taluni a questi requisiti aggiungono quello del non morire. Tu sai che già circola la voce che Giovanni Battista non sia morto. Ma solo trasportato altrove dagli angeli, e che Erode, per non dirsi vinto da Dio, e più ancora Erodiade, abbiano ucciso un servo e, sottratto il capo di lui, abbiano mostrato come cadavere del Battista il corpo mutilato del servo. Tante ne dice la gente! Perciò pensano in molti che il Figlio dell’uomo sia o Geremia, o Elia, o qualcuno dei Profeti e anche lo stesso Battista, nel quale era grazia e sapienza, e si diceva il Precursore del Cristo. Cristo: l’Unto di Dio. Il Figlio dell’uomo: un grande uomo nato dall’uomo. Non possono ammettere in molti, o non lo vogliono ammettere, che Dio abbia potuto mandare suo Figlio sulla terra. Tu lo hai detto ieri: “Crederanno solo coloro che sono convinti dell’infinita bontà di Dio”. Israele crede nel rigore di Dio più che nella sua bontà...» dice ancora Bartolomeo.
«Già. Si sentono infatti tanto indegni che giudicano impossibile che Dio sia tanto buono da mandare il suo Verbo per salvarli. Fa ostacolo al loro credere in ciò lo stato degradato della loro anima» conferma lo Zelote. E aggiunge: «Tu lo dici che sei il Figlio di Dio e dell’uomo. Infatti in Te è ogni grazia e sapienza come uomo. Ed io credo che realmente chi fosse nato da un Adamo in grazia ti avrebbe somigliato per bellezza e intelligenza ed ogni altra dote. E in Te brilla Dio per la potenza. Ma chi lo può credere fra coloro che si credono dèi e misurano Dio su se stessi, nella loro superbia infinita? Essi, i crudeli, gli odiatori, i rapaci, gli impuri, non possono certo pensare che Dio abbia spinto la sua dolcezza a dare Se stesso per redimerli, il suo amore a salvarli, la sua generosità a darsi in balìa dell’uomo, la sua purezza a sacrificarsi fra noi. Non lo possono, no, essi che sono così inesorabili e cavillosi nel cercare e punire le colpe».

E voi chi dite che Io sia? Ditelo proprio per vostro giudizio, senza tenere conto delle mie parole o di quelle altrui. Se foste obbligati a giudicarmi, che direste che Io sia?».

«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» grida Pietro inginocchiandosi a braccia tese verso l’alto, verso Gesù, che lo guarda con un volto tutto luce e che si curva a rialzarlo per abbracciarlo dicendo:

«Te beato, o Simone, figlio di Giona! Perché non la carne né il sangue te lo ha rivelato, ma il Padre mio che è nei Cieli. Dal primo giorno che venisti da Me ti sei fatto questa domanda, e poiché eri semplice e onesto hai saputo comprendere ed accettare la risposta che ti veniva dai Cieli. Tu non vedesti manifestazioni soprannaturali come tuo fratello e Giovanni e Giacomo. Tu non conoscevi la mia santità di figlio, di operaio, di cittadino come Giuda e Giacomo, miei fratelli. Tu non ricevesti miracolo né vedesti farne, né ti diedi segno di potenza come feci e come videro Filippo, Natanaele, Simon Cananeo, Tommaso, Giuda. Tu non fosti soggiogato dal mio volere come Levi il pubblicano. Eppure tu hai esclamato: “Egli è il Cristo!” Dalla prima ora che mi hai visto, hai creduto, né mai la tua fede fu scossa. Per questo Io ti ho chiamato Cefa. E per questo su te, Pietra, Io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’Inferno non prevarranno contro di lei. A te darò le chiavi del Regno dei Cieli. E qualunque cosa avrai legata sulla terra sarà legata anche nei Cieli. E qualunque cosa avrai sciolta sulla terra sarà sciolta anche nei Cieli, o uomo fedele e prudente di cui ho potuto provare il cuore. E qui, da questo momento, tu sei il capo, al quale va data ubbidienza e rispetto come ad un altro Me stesso. E tale lo proclamo davanti a tutti voi».

6 Se Gesù avesse schiacciato Pietro sotto una grandine di rimproveri, il pianto di Pietro non sarebbe stato così alto. Piange tutto scosso dai singhiozzi, col volto sul petto di Gesù. Un pianto che avrà solo riscontro in quello infrenabile del suo dolore di rinnegatore di Gesù. Ora è pianto fatto di mille sentimenti umili e buoni… Un altro poco dell’antico Simone - il pescatore di Betsaida che al primo annuncio del fratello aveva riso dicendo: «Il Messia appare a te!.. Proprio!», incredulo e ridanciano - un poco tanto dell’antico Simone si sgretola sotto quel pianto per far apparire, sotto la crosta assottigliata della sua umanità, sempre più nettamente il Pietro, pontefice della Chiesa di Cristo.

Quando alza il viso, timido, confuso, non sa che fare un atto per dire tutto, per promettere tutto, per rinforzarsi tutto al nuovo ministero: quello di gettare le sue braccia corte e muscolose al collo di Gesù e obbligarlo a chinarsi per baciarlo, mescolando i suoi capelli, la sua barba, un poco ispidi e brizzolati, ai capelli e alla barba morbidi e dorati di Gesù, guardandolo poi con uno sguardo adorante, amoroso, supplichevole, degli occhi un poco bovini, lucidi e rossi delle lacrime sparse, tenendo nelle sue mani callose, larghe, tozze, il viso ascetico del Maestro curvo sul suo, come fosse un vaso da cui fluisse liquore vitale… e beve, beve, beve dolcezza e grazia, sicurezza e forza, da quel viso, da quegli occhi, da quel sorriso…

7 Si sciolgono infine, tornando ad andare verso Cesarea di Filippo, e Gesù dice a tutti: «Pietro ha detto la verità. Molti l’intuiscono, voi la sapete. Ma voi, per ora, non dite ad alcuno ciò che è il Cristo nella verità completa di ciò che sapete. Lasciate che Dio parli nei cuori come parla nel vostro. In verità vi dico che quelli che alle mie asserzioni o alle vostre aggiungono la fede perfetta e il perfetto amore, giungono a sapere il vero significato delle parole “Gesù, il Cristo, il Verbo, il Figlio dell’uomo e di Dio”».


Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/ 






Famosa pagina "agostiniana" sull'opera e i fini del cattolicesimo che anche oggi tutti i pontefici e i sacerdoti dovrebbero tener presente, perché nulla v'è da mutare o da aggiungere.

La Chiesa cattolica maestra di sapienza e di umanità.

30. 62. Occorre dire altro su questo argomento? Chi non vede che coloro che osano parlare così contro le Scritture cristiane, pur non essendo ciò che si sospetta, tuttavia di certo non sono cristiani? Ai cristiani infatti è stata data questa regola di vita, che amiamo il Signore Dio nostro con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutto lo spirito 91, quindi il nostro prossimo come noi stess92: infatti da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti 93

Giustamente tu, Chiesa cattolica, verissima madre dei cristiani, raccomandi di onorare con assoluta carità e purezza Dio stesso, il cui possesso costituisce la vita beata, senza proporci alcuna creatura da adorare e da servire. Escludi da quella incorrotta e inviolabile eternità, alla quale soltanto l’uomo deve sottomettersi e alla quale soltanto l’anima razionale deve unirsi per non essere miserabile, tutto ciò che è stato creato, che soggiace a cambiamento, che è sottoposto al tempo. Non confondi quello che l’eternità, quello che la verità, quello infine che la pace distingue e non separi più ciò che una sola maestà congiunge. Abbracci anche l’amore e la carità del prossimo così che presso di te abbondano i rimedi contro le varie malattie di cui soffrono le anime per i loro peccati.



30. 63. <<Tu [Chiesa cattolica] istruisci ed educhi i fanciulli nell’ingenuità, i giovani nella forza, i vecchi nella serenità, secondo quanto richiede non soltanto l’età fisica di ciascuno, ma anche quella spirituale. 

Sottometti le mogli ai loro mariti in una obbedienza casta e fedele, non per soddisfare la libidine, ma per propagare la prole, formando una società fondata sulla famiglia. Anteponi i mariti alle mogli, non per prenderti gioco del sesso più debole, ma secondo le leggi dell’amore sincero 94

Sottometti i figli ai genitori in una sorta di libera servitù e anteponi i genitori ai figli in un dominio che ha del religioso. 

Unisci i fratelli ai fratelli con il legame della religione, più saldo e più intimo di quello del sangue. 

Con una reciproca carità congiungi i consanguinei e gli affini, mantenendo i vincoli stabiliti o dalla natura o dalla volontà. 

Insegni ai servi ad essere devoti ai padroni non tanto per la necessità della loro condizione, quanto per il piacere del dovere. 

Per ossequio a Dio sovrano, Signore di tutti, rendi i padroni clementi nei confronti dei servi e più propensi a dare un aiuto che a punire. 

Unisci i cittadini ai cittadini, le nazioni alle nazioni e tutti gli uomini nel ricordo della loro comune origine, non solo per costituire un’unica società, ma quasi per dar luogo ad un’unica famiglia. 

Insegni ai re a vegliare sui loro popoli, ammonisci i popoli a sottostare ai loro re. 
Insegni con cura a chi spetta l’onore, a chi l’affetto, a chi la riverenza, a chi il timore, a chi il conforto, a chi l’ammonizione, a chi l’esortazione, a chi la disciplina, a chi il rimprovero, a chi la punizione, mostrando come non a tutti si deve tutto, mentre a tutti si deve la carità e a nessuno l’ingiustizia.>>

venerdì 22 agosto 2014

IL « PATER » DEL SERAFICO PADRE S. FRANCESCO D'ASSISI.



IL « PATER » DEL SERAFICO PADRE SAN FRANCESCO D'ASSISI. - 

Ecco il "pater" che San Francesco d'Assisi aveva costume di recitare in ciascun'ora del giorno: 

<<Santissimo nostro Padre, nostro creatore, nostro redentore, nostro salvatore, nostro consolatore; 

che sei nei cieli, negli Angeli, nei Santi; illuminandoli affinché ti conoscano, perché, o Signore, sei luce; infiammandoli del tuo divino amore, perché tu, o Signore, sei amore; abitando in loro e riempiendoli di felicità, perché tu, o Signore, sei il bene sommo ed eterno, dal quale vengono tutti i beni, e fuori del quale non vi è sorta di vero e solido bene. 

Sia santificato il tuo nome; fatti conoscere a noi, affinché noi non ignoriamo la larghezza dei tuoi benefizi, la lunghezza delle tue promesse, l'altezza della tua maestà, la profondità dei tuoi giudizi. 

Venga il tuo regno, affinché tu regni in noi con la tua grazia, e ci faccia arrivare al tuo regno, dove si trovano la chiara visione e il perfetto amore, la beata società e l'eterno possesso di te medesimo. 

Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo, affinché ti amiamo con tutto il cuore, pensando continuamente a te; con tutta l'anima, sospirando a te con incessante desiderio; con tutto lo spirito, a te volgendo le nostre intenzioni, e cercando il tuo onore in ogni cosa; con tutte le nostre forze, applicando ogni facoltà ed energia, sì dell'anima che del corpo, all'esercizio del tuo amore; ed ancora affinché amiamo il nostro prossimo come noi medesimi, eccitandolo con tutto il nostro potere ad amarti, rallegrandoci dell'altrui bene come proprio, compatendo ai suoi mali e non offendendo nessuno. 

Dacci oggi il nostro pane quotidiano; dacci oggi dì il Signor nostro Gesù Cristo tuo Figlio, facendo sì che ricordiamo, comprendiamo, onoriamo, e l'amore che ci ha manifestato, e tutto quello che ha fatto, detto e sofferto per noi. 

Perdona a noi le nostre colpe, per tua misericordia, per l'ineffabile virtù della passione del tuo diletto Figlio, il Signor nostro Gesù Cristo, per i meriti e l'intercessione della Beata Vergine Maria e di tutti i Santi. Perdonaci come noi perdoniamo a quelli che ci hanno offesi. E perché noi non perdoniamo mai abbastanza, fa', o Signore, che perdoniamo interamente, che amiamo i nostri nemici per amor tuo, e intercediamo devotamente per loro; fa' che non rendiamo a nessuno male per male, e che col tuo aiuto possiamo. essere utili a loro in ogni cosa. 

Non lasciarci soccombere alla tentazione, sia nascosta, sia patente, sia impreveduta e passeggera, sia importuna e persistente; 

ma liberaci dal male passato, presente e futuro. Così sia, secondo la tua volontà, o Signore, e come a te parrà meglio>> (Biblioth. Ss. Patr., t. V)