domenica 6 luglio 2014

CONCEPCIÓN CABRERA DE ARMIDA, MATERNITA’ SPIRITUALE NEI CONFRONTI DEI SACERDOTI


CONCEPCIÓN CABRERA DE ARMIDA, MATERNITA’  SPIRITUALE NEI CONFRONTI DEI SACERDOTI

Dati biografici di una maternità spirituale:

La Venerabile Concepción Cabrera de Armida, nacque a San Luis Potosí, Messico (1862) e morì a Città del Messico (!937). Moglie di Francisco Armida (1884-1901) con lui ebbe nove figli. Fu modello di sposa e di madre. Conosciuta familiarmente come “Conchita”.

Durante gli Esercizi Spirituali del 1889, ricevette una forte ispirazione che per tutta la vita lasciò in lei una impronta indelebile: ”La tua missione è di salvare anime”. Fondò, suscitò le “Opere della Croce”: “L’Apostolato della Croce” (1894), “Le Religiose della Croce del S. Cuore di Gesù” (1897), “L’Alleanza d’Amore con il S.Cuore di Gesù” (1909), “La Fraternità Sacerdotale” (1912). Nel 1914 cooperò con il Venerabile P. Félix de Jesùs Rouger alla fondazione dei Missionari dello Spirito Santo. Fra quelli che l’aiutarono con i loro consigli spirituali, bisogna ricordare il Servo di Dio P. Antonio Plancarte y Labastida (che guidò i suoi primi Esercizi Spirituali), il P. Alberto Cuzcó y Mir, SJ, il Venerabile P. Félix de Jesùs Rouger , il Venerabile Mons. Ramón Ibarra y González e il Servo di Dio, Mons. Luis M. Martínez. Tra gli innumerevoli studi sulla sua vita e i suoi scritti, bisogna fare risaltare quelli di due grandi scrittori teologi: P. Michel M. Philipon, OP, e P. Juan Gutiérrez, MSpS.

Sono 46 le sue opere pubblicate. I suoi manoscritti sono raccolti in 158 volumi. Il suo Diario Spirituale, oppure “Cuenta de Conciencia”, abbraccia 40 anni della sua vita. I contenuti di questi scritti, pubblicati e non, riflettono sempre l’amore appassionato per Cristo e per farlo amare e conoscere.

Nei suoi scritti emergono i temi seguenti: la vita trinitaria partecipata, l’esperienza cristiana di Dio, l’amore per Dio, la Croce, il Cuore di Gesù, la vita secondo lo Spirito Santo, l’Eucaristia, Maria, la Chiesa, il sacerdozio, la salvezza delle anime. Le sue esperienze girano intorno all’Incarnazione del Verbo per opera dello Spirito Santo nel seno di Maria, accentuando gli sposalizi con Cristo  fino a condividere con Lui i Suoi stessi amori (specialmente per le anime e per i sacerdoti). La vita spirituale come vita trinitaria, configurazione con Cristo e vita nello Spirito Santo sono lo sviluppo dei doni ricevuti nel Battesimo. Le sue virtù eroiche furono riconosciute da S. Santità Giovanni Paolo II nel 1999).

Madre spirituale delle anime, specialmente dei sacerdoti.

Concepción Cabrera de Armida (“Conchita”), guidata dal Signore, a poco a poco prese coscienza di essere madre delle anime  e in modo speciale, madre spirituale dei sacerdoti. Questi grandi desideri, suscitati nel suo cuore dal Signore, sarebbero divenuti una vita di sintonia sponsale con Lui, condividendone la stessa oblazione sacerdotale.

La sua maternità spirituale si orientò inizialmente verso la salvezza e santificazione di tutti i redenti, come il Signore le aveva suggerito: “Tu mi darai molte anime” (CC 1, 151 - 152); “tu salverai molte anime” (CC 4, 279, 24  ottobre 1894); “migliaia di anime passeranno attraverso le tue mani per offrirmele” (CC 11, 93, 25 giugno 1899); “molte anime trarranno profitto  dalle grazie che ti ho dato” (CC 19, 322, 23 dicembre 1903); “ama le anime perché Io le amo” (CC 27, 166, 15 maggio 1907).

Conchita non è centrata in se stessa, ma piuttosto negli altri, a imitazione dell’amore di Cristo. L’amore per le anime andò concretandosi nel desiderio della santificazione dei sacerdoti: “Sei destinata per la santificazione delle anime, molto particolarmente per quelle dei sacerdoti” (CC 18, 221, 29 giugno 1903).

Questo amore di Cristo per le anime e in modo speciale per i sacerdoti si riflette particolarmente nell’amore materno di Maria che sarà modello per Conchita: “Perché sei madre (dice Gesù a Conchita) con un riflesso di Maria, [sei] misticamente mia e dei miei sacerdoti” (CC 50, 176, 6 gennaio 1928). Perciò, nel cuore di Conchita dovrà riflettersi la tenerezza materna che Cristo trovò in Maria: “Dunque, questa tenerezza materna proveniente da quella di Maria, la vengo a cercare nel tuo cuore di Madre e nel cuore dei tuoi [figli]” (CC 49, 95 6 ottobre 1927). Da qui verrà a Conchita la necessità di imitare Maria nella sua generosa fedeltà e nella immolazione con Cristo: “Madre mia, Vergine santa, dammi il tuo Cuore e i tuoi battiti per sapere amare Gesù” (CC 49, 218, 26 ottobre 1927).

L’amore materno di Maria per i sacerdoti proviene dall’unione e identificazione dei sacerdoti con Cristo come “altri Gesù”: “Per questo Maria è più Madre dei sacerdoti perché insieme a Me, sta quella fibra sacerdotale unita alla mia natura umana divinizzata, nel suo seno immacolato. Per questo Maria ha molto di sacerdotale e per questo al momento dell’Incarnazione del Verbo nel suo grembo purissimo, Maria cerca per giustizia il suo Gesù, in ogni Sacerdote, concepito insieme a Me nel suo grembo verginale” (CC 50,172, 6 gennaio 1928).

Cristo ha comunicato alla Chiesa questo stesso amore, Per questo, la vita di Conchita sarà una immolazione continua a favore della Chiesa: “Sacrificati per la Chiesa… Voglio che sia vittima per la Chiesa” (CC 10, 194- 195, 27 maggio 1898). “Infatti, il mio primo amore, dopo quello del Padre mio, è Maria e, dopo i miei sacerdoti, la mia Chiesa e in essa le anime. Questi sono i miei amori e in questi immensi amori, ci sono anche i miei dolori” (CC 49, 91 - 92, 6 ottobre  1927).

L’amore di Cristo per i suoi sacerdoti si capisce a partire dall’Incarnazione del Verbo, come partecipi in modo speciale, dello stesso sacerdozio di Cristo: “Il [Padre] col suo sguardo amoroso di infinita tenerezza, pose in Me, il suo Verbo, la sua intelligenza o intelletto, la sua potenza, il suo amore e in quello sguardo eterno che Io capii e sentii, germinarono i Sacerdoti nel Sacerdote” (CC 51, 32, 26 febbraio 1928).

Dall’amore di Cristo per il Padre nello Spirito Santo e dal suo amore per Maria e per la Chiesa, nasce, dunque l’amore speciale per i sacerdoti. “Io amo i ministri della mia Chiesa come la pupilla dei miei occhi e perciò mi danno dolore le offese fatte a ciò che amo di più e che loro dovrebbero amare” (CC 35, 106 - 107, 26 febbraio 1911). “I miei sacerdoti sulla terra, dopo Maria, sono l’opera perfetta del Padre perché sono il riflesso del suo Unico Figlio… Il Padre, nella  moltitudine dei sacerdoti, vede solamente un Sacerdote, vede solamente Me nei sacerdoti semplificati in Me” (CC 50, 388, 15 febbraio 1927). Di questo amore per i suoi sacerdoti, Cristo vuole contagiare Conchita affinché si senta madre spirituale Sua: “I dolori intimi del mio Cuore… sono l’origine e la culla del sacerdozio e saranno sempre la sorgente delle vocazioni… Niente di più intimo nel mio Cuore come i miei sacerdoti” (CC 54, 128, 24 novembre 1929).

La vita di Conchita, dunque e un riassunto di questi amori di Cristo, a modo di partecipazione spirituale nella realtà di Cristo, Verbo Incarnato; “Nel realizzarsi l’Incarnazione mistica nel tuo cuore, lo Spirito Santo, in virtù della fecondità del Padre, pose nella tua anima il Verbo e con Lui, figlia, anche i suoi sacerdoti” (CC 50, 176, 6 gennaio 1927).

La vita di Conchita è consacrata alla santificazione dei sacerdoti, come conseguenza della partecipazione alle esperienze e agli amori di Cristo Sacerdote. Questo è l’incarico ricevuto dal Signore: “attraverso di te, molti sacerdoti si infiammeranno dell’amore e del dolore” (CC 18, 221, 29 giugno 1903). “Molte volte ti ho chiesto di sacrificarti per loro, di riceverli come tuoi, in virtù del riflesso di Maria in te” (CC 50, 156).

Peculiarità di questa maternità spirituale di Conchita nei confronti dei sacerdoti.

La vita spirituale di Conchita è tutta sacerdotale. Lei vive degli amori di Cristo Sacerdote o del suo Cuore. È lo stesso Signore a contagiarla con l’amore per i sacerdoti, spiegandole, nello stesso tempo, la ragione di essere del sacerdote ministro  e del suo processo di trasformazione in Cristo e della sua esigenza di santità.

Il suo “destino” è dunque quello di diventare vittima a favore della santificazione dei sacerdoti (cfr. Vida 4, 257- 258; CC 18, 221, 29 giugno 1903). È una specie di maternità spirituale a imitazione della maternità di Maria  (CC 50, 176, 6 gennaio 1927). Perciò ha il desiderio che tutti i sacerdoti ardano dello zelo apostolico (CC 49, 16- 23 febbraio 1907), vuole portare su di sé i loro peccati (CC 1, 498. 1893), seguendo le indicazioni di Gesù (CC 1, 514, 24 giugno 1894). Conchita offre la sua vita affinché ci siano sacerdoti santi (CC 21, 475, 8 dicembre 1905) e il suo più ardente desidero è quello di dare a Cristo molti sacerdoti santi per consolarlo (CC 53, 38, 29 novembre 1928).

Lei a poco a poco prese coscienza della sua maternità spirituale nei confronti dei sacerdoti, guidata dalle indicazioni del Signore: “Tu sarai una madre spirituale nascosta… la tua missione è tutta di croce e tutta nascosta”. (CC 7, 268, 14 agosto 1896). La sua risposta fu immediata e generosa nel pregare e offrirsi per i sacerdoti: “Ti offro, o mio amatissimo Gesù attraverso il Purissimo Cuore di Maria, tutti i miei atti, senza eccezione, per la tua maggiore gloria, per la santificazione dei Sacerdoti, per la salvezza e maggiore perfezione delle anime” (CC 18,179, 14 giugno 1903).

È una conseguenza dell’amore di predilezione di Cristo per i suoi sacerdoti: “Ti voglio per Me, per i miei sacerdoti e per le anime. Ti voglio per la Chiesa e per il cielo; ti voglio per il Padre e per lo Spirito Santo… Per questo amore di singolare e di infinita predilezione, ti ho scelto come canale delle mie grazie. E quale grazie!, grazie sacerdotali sgorgate dall’intimo del mio Cuore d’amore” (CC 54, 243 – 244, 27 novembre 1929).

Lei sarà il canale e contenitore delle grazie sacerdotale: “Ti ho resa, non solo canale, ma contenitore di queste grazie di salvezza, inebrianti e purificatrice dei miei sacerdoti. Ti ho resa riflesso della mia Purezza… Ti ho fatto diventare l’eco dei miei amori e dei miei dolori; ho ampliato la tua anima perché ricevessi in essa quello che amo di più sulla terra, i miei sacerdoti, ho condiviso con te i dolori intimi  del mio Cuore amoroso, ora ti ho reso depositaria delle grazie per i miei sacerdoti e ho posto nella tua anima i santi e fecondi germi delle vocazioni del cielo” (CC 54, 244 - 247, novembre 1929).

Obiettivo principale: la santificazione dei sacerdoti:

In questa maternità spicca l’aspetto spirituale di santificazione: “Tu sei destinata alla santificazione delle anime e molto specialmente a quella dei sacerdoti… Verrà una pleiade  di sacerdoti santi i quali incendieranno, in modo speciale, il mondo con il fuoco della Croce ” (CC 18, 221, 29 giugno 1903). Conchita sarà strumento di grazie: “Tu devi salvare molte anime, figlia, portarle alla perfezione, attirare vocazioni, ottenere molte celestiali grazie per i sacerdoti ma con questo mezzo che ti è stato dato, cioè, per mezzo del Verbo con lo Spirito Santo” (CC 39, 269, giugno 1914).

Questa è l’intenzione sottolineata dal Signore: “Ho bisogno di Sacerdoti santi, che nelle mani dello Spirito Santo, saranno una grande leva per sollevare il mondo materializzato e sensuale. Forza, figlia, aiutami a che questo desiderio si compia. C’è bisogno di una crociata per salvare i sacerdoti cattivi, bisogna santificarli, attivando il loro zelo e accendendo in loro l’amore divino. Ma chi può fare questo se non lo Spirito Santo e quelli che sono suoi? Gran parte dei castighi che sono stato costretto a mandare sul mondo, sono stati a causa dei peccati dei Sacerdoti; che cessino, che regni lo Spirito Santo nelle anime scelte e il mondo reagirà a mio favore” (CC 43, 136, settembre 1921). “Non vedi che devono essere un riflesso del Padre mio, una Mia perfetta imitazione, altri Gesù? Insisto e insisterò su questo punto capitale della tua missione sulla terra: i sacerdoti” (CC 53, 369 – 371, novembre 1928).

È una partecipazione della maternità della Chiesa e sintonia con gli amori di Cristo:

La maternità spirituale è nel contesto dell’amore per la Chiesa, condividendo con essa questa maternità: “Estendi ai vescovi e ai sacerdoti  e alla Chiesa intera, che è anche Madre e ha viscere materne, questo amore materno benché nascosto, ma sempre attivo nella tua anima. Unisciti ai suoi dolori nei suoi figli scelti per l’altare, e estendi il tuo zelo e i tuoi sacrifici, offrendoli a favore di questa porzione prediletta che è una fibra palpitante del mio Cuore. Devi dar alla mia Chiesa molti figli, devi acquistare con i tuoi martirii materni e con le tue lacrime la rigenerazione e la perfezione di molti. Aiutami, figlia” (CC 49, 12 settembre 1927).

Conchita appartiene ai sacerdoti perché appartiene a Cristo in modo sponsale: “Allora, perché appartieni ai sacerdoti che formano la Chiesa; perché hai il dovere ineludibile di sacrificarti per loro; perché devi aiutare la Chiesa, anche se segretamente e appartenere a lei a pieno titolo? Poiché sei sua, poiché sei nata per servirla in molti modi. O quale bellissima ed elevata missione  hai avuto in sorte! O piuttosto, quanto gratuitamente, dall’eternità ti scelse la mia bontà per adoperarti al suo servizio!” (CC 49, 387, dicembre 1927).

Questa maternità fa suoi anche i difetti per chiedere questo rinnovamento: “Appartieni ai sacerdoti, perché devi portare su di te i peccati, le infedeltà e le miserie dei sacerdoti, per espiarli. Ti ho voluta unita a Me in questa forma di speciale predilezione, perché mi consoli in ciò che più mi ferisce, per dare valore e fare brillare ciò che amo di più  nel mondo: i miei sacerdoti (CC 52, 378 – 379, novembre 1928).

In questo senso, Conchita sarà l’espressione di Gesù per i sacerdoti: “Questa è la tua missione, essere Gesù per loro, e sai perfettamente come fui e come sono Io. Che Concha finisca e rimanga Io in te, vivendo, operando e soffrendo a loro favore. Nascosta come il mio stesso Cuore, con tutto il profumo della tua anima solamente mio. Occorre una vita più interiore d’intimità con Me; se la mia bontà ti tolse tutti i tuoi figli è perché Io voglio prendere il posto di tutti nel tuo cuore. Amali, servili, ma prima Io, Io sempre in loro; Io sempre al di sopra  di tutti loro, i figli naturali e quelli spirituali” (CC 54, 241, novembre 1929). 

È una conseguenza dell’intimità con Cristo:

Dalla sintonia con gli amori di Cristo deriva una intimità con Lui, per condividere il suo amore per i sacerdoti“È amore di predilezione infinita: Guarda, avvicinati, dimmi che tu mi ami per te e per tutti i sacerdoti del mondo, perché ho bisogno di crederlo, gioisco nel saperlo. Dimmi che mi ami con la tenerezza di tutti i cuori sacerdotali, che mi adori, che mi offri al Padre trasformata in Me. Dimmi che in ogni sacerdote ci sarai tu, perché ci sono Io, che supplirai in queste anime, il loro amore e i loro sacrifici. Dimmi che ti immolerai insieme a me in tutte le patene, che il tuo sangue unito al Mio, sarà in tutti i calici, e la tua immolazione in tutte le Messe. E posso dirtelo? Oggi sì te lo dico in questo sfogo divorante d’amore” (CC 54, 250 – 251, novembre 1929)

È tutto un programma di vita: “Desidero che tu stia in tutti i sacerdoti come ci sto Io, con la fibra paterna del Padre perché sei madre: nella sostanza delle loro vocazioni, nei loro cuori santi o traditori; sull’altare e nel fango, (senza macchiarti, nella mia Luce, perché la luce non si macchia), ma partecipando in questo senso dei miei amori e dei miei dolori. Desidero il tuo fervore nel loro, i tuoi martirii nella freddezza, tiepidezza e ingratitudine di quelli sleali. Ti desidero con Me in tutti i cuori sacerdotali che sono quelli nei quali più gioisco e nei quali più soffro. Uno stesso fuoco brucerà i due cuori, come incenso fragrante di mirra che salga fino al Cuore del Padre. Pensa che tu non sei solo madre ma anche, in unione con Me, altare, sacerdote e vittima. Ti desidero anima sacerdotale per impetrare e per espiare; per offrirmi al Padre e, in Me, te in questa intima unione compenetrativi e trasformante che devi avere. Io e te in mia unione offriremo al Padre adorato e benedetto tutti i sacerdoti perché siano uno nell’unità della Trinità” (CC 54, 251 – 252, novembre 1929).

La consacrazione di Conchita a questa maternità, amore per i sacerdoti unito all’oblazione di Cristo:

La risposta di Conchita è di piena dedizione o consacrazione a questa maternità in sintonia con il “Sì” di Maria: “Con che ti pagherò, mio divino Signore i tanti benefici e l’acquazzone di grazie di questi giorni? Solo con Te stesso e offro Te al Padre attraverso il Cuore Purissimo di Maria come risarcimento per la tua misericordia e quanto hai detto dei tuoi sacerdoti che sono miei. Io li amo, Gesù mio; serviti di me a loro favore come vuoi; amo i buoni e quelli caduti nel peccato, i tentati e gli esposti [ai pericoli], i passivi e gli attivi, gli apostati e i santi; e per tutti e per ognuno di loro, eccoti il mio sangue, il mio cuore, la mia vita e la mia eternità. Essi saranno la mia preoccupazione costante e tutte le mie immolazioni, unite alle tue, saranno per la loro santificazione. Mi dono, mi consegno, mi consacro ai sacerdoti perché questa è la tua sovrana volontà, e termino i miei esercizi amandoti, benedicendoti, lodandoti, e ripetendoti, con le labbra purissime di Maria e unita a Lei, queste parole: “Ecco la serva del Signore” (CC 54, 312 – 313, novembre 1929).

Il Signore andò guidandola nel suo programma di vita: “Devi aumentare la tua fede e amare Me nei sacerdoti in tutte le forme che ti ho detto; devi dimenticarti di te ed essere per loro quello che sei per Me. Porterai il peso che Io porto, nell’intimo della tua anima, e dividerò con te i miei dolori e i miei aneliti, i miei segreti e le ferite strazianti che i sacerdoti colpevoli causano nel mio petto” (CC 54, 364 - 366, dicembre 1929).
L’amore di Gesù per Conchita fa parte dell’amore dello stesso Gesù per i suoi sacerdoti: “Sei mia e anche il canale delle mie grazie per gli altri. Ma ti voglio ancora di più perché appartieni ai sacerdoti e per questo, sei più Mia, perché, ognuno di essi e tutti loro sono uno solo in Me. Ed appartieni ad essi perché sei Mia e Io te li ho dati, in un modo però da non lasciarti, ma in Me, e sei in Me. E appunto  perché sei Mia e sei in Me appartieni a loro. Se tu non fossi mia non saresti loro… Perché, figlia, è una grande ed elevata grazia che i miei sacerdoti siano tuoi in Me e tu sia anche loro in Me. Io sono il centro e la vita di questo affinità, di questo tipo di unione, la più pura, la più verginale, la più santa e divina perché viene da Me… e se essi, i miei sacerdoti, sono Io, allora sono tuoi, come lo sono e nella maniera e nel modo in cui Io lo sono, con il legame di santa unione spirituale e pura; ma anche con il colore che ha e deve avere per te questa unione: il colore della immolazione volontaria che ogni madre (e ancora di più in questo senso) nei confronti di quelli che sono tuoi” (CC 54, 384 – 385,  dicembre 1929).

Il Signore a poco a poco le spiega il senso di questa maternità, che include la partecipazione all’oblazione sacerdotale di Cristo: “Questa immolazione, finalità principale di questa maternità sacerdotale della quale ti sto parlando, è quella che in unione Mia, Capo di questo Corpo che forma la mia Chiesa nei suoi sacerdoti, ottiene le grazie di ogni genere, per tutte le necessità che ti ho elencato. Ma siccome queste grazie, figlia, sono molto fini, direi che hanno bisogno di più fini martìri partecipati del mio stesso Cuore. Ma a chi posso parteciparli con maggiore libertà e con la sicurezza che vengano accettati, se non al cuore di una madre? Solamente il cuore pervaso da questo amore materno è capace di abbracciare inconcepibili dolori a favore di quelli che sono i suoi figli; solamente questo purissimo e sviscerato amore accetta e abbraccia qualunque martirio, se con questo salva o perfeziona o allontana dal pericolo un figlio. Adesso vedi chiaramente il perché di questa maternità nei confronti dei sacerdoti, e la sfumatura principale con cui si distingue? È necessaria questa sorta di amore per ricevere, sopportare e abbracciare volentieri questo tipo di dolore con il quale si acquistano anche le grazie più fini. Perciò è necessario che ami i sacerdoti come ami Me” (CC 54, 385-386, dicembre 1929).

È una grazia che segue l’itinerario di una donazione ogni giorno più grande: “Desidero che questo amore materno cresca, si ingigantisca e trabocchi a favore dei miei sacerdoti che sono Me. Ma guarda, darai loro, e anch’Io, solamente quello che trabocchi dalla tua anima, come quelle fontane o conchiglie che traboccano solo quando sono piene; Io sono così avido di questo forma d’amore materno che voglio dare solo ciò che trabocca. Ma appunto per questo (e avendoti fatto conoscere l’immenso e divorante amore che ho per i miei sacerdoti) capirai quanto deve ingigantirsi il tuo amore per Me per dare ai sacerdoti, ciò che trabocca “ (CC 54, 388 - 390, dicembre 1929).

Dare a Gesù sacerdoti santi, come missione che ella continuerà dal cielo


La risposta di donazione di Conchita sarà continua e duratura; “Ho offerto tutto [al Padre], in unione al mio divino e amatissimo Verbo, a favore dei sacerdoti tanto amati dal Cuore divino. Appartengo a loro, sono legna per loro e fino all’ultimo dolore e respiro della mia esistenza, lo renderò come un’offerta a loro favore. O sublime missione di dolore e di amore che non merito!. Grazie, Dio mio!, in tutti i sacerdoti vedrò, Te Sommo e primo Sacerdote che voglio amare tanto” (CC 54, 86, aprile 1930). “Sento che non mi accontento solamente di lottare per santificarmi, ma desidero dare Gesù  e in vista di Lui e con Lui, in uno stesso sacrificio, santificare ciò che Lui ama di più, i suoi sacerdoti amati in tutte le gerarchie, la Chiesa tutta” (CC 56, 256-269, dicembre 1930).

Gesù la confermò in questa missione permanente: “Come i miei meriti sono infiniti e duraturi, anche se la tua memoria si cancellasse dal mondo, i miei meriti rimangono e la tua azione sacerdotale sulla terra perdurerà nella Chiesa salvando e perfezionando molti sacerdoti e la tua azione in cielo non terminerà, ma in un altro modo, sempre a favore dei miei sacerdoti, in vista dell’impetrazione e della carità in mia unione. La mia azione redentrice e salvatrice non terminerà finché rimanga anche una sola anima da salvare e la tua azione che è ora di immolazione e poi d’implorazione non terminerà nemmeno questa. Io sono il padrone delle mie grazie e delle anime: a te, in vista dei miei alti fini, ti ho scelta per i miei sacerdoti; e in unione con Maria la tua anima, le impartirà ora che sei in vita e dopo la tua morte. Non finiranno queste grazie perché costarono i meriti infiniti del Dio-Uomo; e ciò che è di Dio non finisce mai, non ha fine” (CC 54, 361-364).

Mons. Juan Esquerda Bifet

venerdì 4 luglio 2014

La tenerezza paterna e anche materna di Padre PIO per la figlia spirituale prediletta.

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CLEONICE MORCALDI

   Padre Domenico Mondrone, su Civiltà Cattolica annota "Chi vi ha assistito anche una sola volta, non ha più dimenticato la messa di Padre Pio, tanto viva era l'impressione di vedere annullare ogni distanza di tempo e di spazio tra l'altare e il Calvario" (Renzo Allegri, A tu per tu con Padre Pio, Ed. Mondadori, pag. 269). Che cosa avvenisse realmente nell'animo, nel cuore di Padre Pio, durante quel rito che lo mette in diretto contatto con Cristo crocifisso, di cui Egli porta sul suo corpo i segni della passione, resta un mistero. Ma un mistero rischiarato ancora una volta da questi famosi "biglietti scritti a mano" da Cleonice Morcaldi, con la risposta scritta di Padre Pio. Alcuni di questi brevi dialoghi scritti ci aiutano a intravedere i sentimenti più intimi del Padre stigmatizzato durante la celebrazione della Santa Messa:
   Tra gli innumerevoli carismi, quello della lacrimazione è certamente quello che, a prima vista, sembra appartenere all'ordinario. In realtà, come ci insegnano anche i Maestri della mistica, esso appartiene ai doni dello Spirito. Padre Leone, condiscepolo di Padre Pio durante gli anni 1903-1908, ci da questa testimonianza relativi agli anni trascorsi insieme nello studentato:"Pregando, Padre Pio piangeva sempre, in silenzio e così abbondantemente che le sue lacrime lasciavano le tracce sulle lastre di pietra del coro. Noialtri giovani ci burlavamo di lui. Allora egli prese l'abitudine di stender per terra, davanti a sé, il suo grande fazzoletto quando s'inginocchiava per pregare. Dopo la preghiera, egli riprendeva il fazzoletto che era tutto bagnato. Si sarebbe potuto strizzarlo! " (Maria Winowska, Il Vero Volto di Padre Pio, Ed. Paoline, pag. 134-135).
   In realtà oltre ad essere un carisma dello Spirito, quello delle lacrime è anche la naturale conseguenza della straordinaria dimensione di fede di Padre Pio. Egli piange perché tocca con mano la miseria umana, ma soprattutto perché avverte, nella sua esperienza mistica, la sublimità, la grandezza, i palpiti del cuore di un Dio misericordioso e infinitamente buono ed amoroso. Non si può negare che, se da una parte egli vive una vita immersa nel mare infinito dell'abbraccio di Dio, dall'altra le pene fisiche, morali, e spirituali, gli pesano, come macigni, per tutta la sua esistenza. Sono lacrime che rendono manifesta la sua straordinaria sensibilità umana, il suo cuore innocente di fronte alla croce, alla malattia, alle incomprensioni. Perché anche Padre Pio, nonostante la sua invitta fortezza, spesso patisce indicibilmente fino a piangere. C'è un episodio degli anni 1930-33, che dimostra come, nonostante l'apparente imperturbabilità di fronte al male ricevuto, soffra profondamente nel suo cuore. Questo fatto è connesso con l'arrivo nel convento di S.Giovanni Rotondo di una serie di divieti impartiti dal Sant'Ufficio. Si nega il carattere soprannaturale delle stigmate e si chiede il suo trasferimento in un altro convento, ordinando l'interruzione di ogni corrispondenza del Padre con i figli spirituali. In più è fatto divieto a Padre Pio di celebrare la Messa in pubblico. D'ora in poi deve celebrare nella cappella interna del convento, senza alcuna partecipazione di popolo. Il testo di queste disposizioni severe emanate dal Santo Ufficio arriva in convento con gli Analecta Capuccinorum, la rivista ufficiale dell'ordine, che ne ripropone la stesura in latino". (cfr. Yves Chiron, Padre Pio, una strada di misericordia, Ed. Paoline, pag. 176 ss.) Ma ascoltiamo la testimonianza di Emmanuele Brunatto, affezionato figlio spirituale di Padre Pio che, in questo periodo, vive nel convento di S. Giovanni Rotondo: "Il padre guardiano stava leggendo il decreto ai confratelli, che ne erano sbalorditi, quando sentì il passo di Padre Pio. Si preoccupò di spostare l'opuscolo, mettendolo su uno spigolo del tavolo, ma Padre Pio, subito dopo essere entrato, lo prese in mano e lo aprì proprio alla pagina che lo riguardava. Lesse il testo in silenzio, senza che un muscolo del suo viso tradisse la più piccola emozione. Dopo di che, fece finta di niente e portò la conversazione su un argomento completamente diverso. Quando arrivò il momento della siesta. si ritirò. Io gli andai dietro. Arrivato alla cella, andò a chiudere le imposte della finestra e si fermò qualche istante come per contemplare da lontano la pianura assolata di Foggia. Poi all'improvviso, si voltò scoppiando a piangere. Mi gettai ai suoi piedi e gli abbracciai le ginocchia: "Padre mio, lei sa quanto l'amiamo! Il nostro amore deve esserle di conforto". La risposta fu dura, quasi un rimprovero: "Ma non capisci, figlio mio, che non piango per me? Avrò meno lavoro e più meriti. Piango per tutte quelle anime che vengono private della mia testimonianza proprio da quelle persone che dovrebbero difenderla" (E. Brunatto, Padre Pio, A.I.D., Genève 1963, pp. 7-8. In Yves Chiron, Padre Pio, una strada di misericordia, Ed. Paoline, pag. 177 ).

Le tappe della Vita di Padre Pio da Pietrelcina 



AMDG et BVM
AVE MARIA PURISSIMA!

giovedì 3 luglio 2014

INCONTRO PAPA-ARTISTI

INCONTRO DEL SANTO PADRE CON GLI ARTISTI: LO SPECIALE DEL BLOG


DISCORSI DEL SANTO PADRE

Il Papa: "La fede non toglie nulla al vostro genio, alla vostra arte, anzi li esalta e li nutre, li incoraggia a varcare la soglia e a contemplare con occhi affascinati e commossi la méta ultima e definitiva, il sole senza tramonto che illumina e fa bello il presente" (Discorso del Santo Padre in occasione dell'incontro con gli Artisti nella Cappella Sistina, 21 novembre 2009)

Il Papa agli Artisti: "Cari amici, vorrei rinnovare a voi e a tutti gli artisti un amichevole e appassionato appello: non scindete mai la creatività artistica dalla verità e dalla carità, non cercate mai la bellezza lontano dalla verità e dalla carità, ma con la ricchezza della vostra genialità, del vostro slancio creativo, siate sempre, con coraggio, cercatori della verità e testimoni della carità" (Discorso del Santo Padre in occasione dell'inaugurazione della mostra in onore del 60° Anniversario della sua ordinazione sacerdotale, 4 luglio 2011)

Il Papa: "Quando la fede, in modo particolare celebrata nella liturgia, incontra l’arte, si crea una sintonia profonda, perché entrambe possono e vogliono parlare di Dio, rendendo visibile l’Invisibile"(Catechesi udienza generale, 18 novembre 2009)

Il Papa inaugura la Cappella Paolina: "I due volti, su cui si è soffermato il nostro sguardo, stanno l’uno di fronte all’altro. Si potrebbe anzi pensare che quello di Pietro sia rivolto proprio al volto di Paolo, il quale, a sua volta, non vede, ma porta in sé la luce di Cristo risorto. E’ come se Pietro, nell’ora della prova suprema, cercasse quella luce che ha donato la vera fede a Paolo" (Discorso del Santo Padre, 4 luglio 2009)

Il Papa: "Alla carenza di punti di riferimento ideali e morali, che penalizza particolarmente la convivenza civile e soprattutto la formazione delle giovani generazioni, deve corrispondere un’offerta ideale e pratica di valori e di verità, di ragioni forti di vita e di speranza, che possa e debba interessare tutti, soprattutto i giovani" (Discorso del Santo Padre alle Pontificie Accademie, 28 gennaio 2010)

CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’INCONTRO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI CON GLI ARTISTI (21 NOVEMBRE 2009)

INCONTRO PAPA-ARTISTI: FOTOGALLERY REPUBBLICA.IT

I PRECEDENTI

Incontro di Paolo VI con gli artisti, 7 maggio 1964

Messaggio di Paolo VI agli artisti a conclusione del Concilio Vaticano II, 8 dicembre 1965

Lettera di Giovanni Paolo II agli Artisti, 4 aprile 1999

ARTICOLI E COMMENTI

Due anni fa, il 21 novembre 2009, l'incontro di Benedetto XVI con gli artisti nella Cappella Sistina (Ralf Van Bühren)

«La Chiesa ha bisogno dell’arte, l’arte ha bisogno della Chiesa». L’incontro di Papa Benedetto XVI con gli artisti (Massimo Introvigne) 

Incontro Papa-artisti: L’azzardo della bellezza (Emanuele Boffi)

Incontro Papa-artisti. Per un nuovo ordine cattolico. La domanda di Mosebach al Papa (Marco Respinti) 

Naturale, spirituale, senza guru. L’arte che fa felice Papa Ratzinger (Nikos A. Salingaros)

Pupi Avati: una dichiarazione d’amore del Papa agli artisti (Silvia Gattas)

Incontro Papa-artisti: La vera bellezza non ha padroni (Pigi Colognesi) 

Ci voleva la “scossa” di Benedetto per rianimare il mondo dell’arte (Palmieri) 

Incontro Papa-artisti: La voglia dell’incontro e di restare a ragionarci su (Camon)

Incontro Papa-artisti: Scoprire attorno a lui pure chi non ti aspetti (Rondoni)

Incontro Papa-artisti: Il mondo ha bisogno di bellezza (Massimo Camisasca)

Mons. Luigi Negri commenta l'incontro del Papa con gli artisti

Sospinti verso l’alto: la bellezza di Benedetto commuove gli artisti (Giuseppe Frangi)

Non sarà facile per il Papa far riscoprire il sacro (Magnaschi)

Arte: i geni ci sono. Mancano i committenti (Buscaroli)

Magister: perché la Chiesa italiana ha dimenticato il bello? (Sussidiario)

Gli artisti di fronte al Giudizio universale. L’incontro col Pontefice nella Cappella Sistina raccontato da Timothy Verdon (Rodari)

Angelo Branduardi parla del suo incontro col Papa (Venturini) 

Incontro Papa-artisti: La strategia della bellezza (Accattoli)

Gli artisti dal Papa, Camon: mi dispiace per gli assenti. Risposta ad Elkann

Una carezza del Pontefice alla cultura (Mondo)

Le ragioni dell'architettura sacra contemporanea: Costruire la fede (Maria Antonietta Crippa) 

Papa-artisti, intervista a Mizar e un breve commento all'incontro di sabato (Francesco Colafemmina)

Non si spengono gli echi dell’incontro del Papa con gli artisti: il commento dello storico dell'arte Timothy Verdon (Radio Vaticana)

Incontro Papa-artisti: interviste a Giacomo Poretti e Giuseppe Tornatore (Muolo)

Il Papa agli artisti. Un commento di Pietro De Marco 

Incontro Papa-artisti. Elogi all’iniziativa persino dal «New York Times» e da «Al-Jazeera» (Cardinale)

Incontro Papa-artisti, Sorrentino: "Magari anche lo Stato mostrasse la stessa stima". Paladino: "Una chiamata alle armi e l´arte deve rispondere" 

Incontro Papa-artisti: La bellezza salverà il mondo (Davide Rondoni)

Il bello non ha né etichette né religione. Alain Elkann risponde a Ferdinando Camon (La Stampa)

Gli intellettuali dal Papa? Una triste farsa (Vittorio Sgarbi)

Incontro Papa-artisti: Ritorno a casa (Marcello Filotei)

Il Papa esalta il valore del bello (Valiante)

Incontro Papa-artisti, Alessandro Zaccuri: «Io, quasi un intruso grato alle parole belle»

Intenso incontro di Benedetto XVI con oltre 260 esponenti del mondo della creatività (Muolo) 

La Chiesa e l'arte: non teoria ma un'offerta di amicizia (Rondoni)

L'appassionato appello di papa Benedetto XVI ai 260 artisti italiani e stranieri riuniti nella Cappella Sistina (Fabrizio)

Incontro Papa-artisti: L'uomo riscattato dalla bellezza 

Benedetto XVI: Artisti, siate testimoni di speranza per l’umanità (Petrucci)

Il Pontefice agli Artisti: «La fede non toglie nulla al vostro genio, lo nutre» (Tornielli)

Tornatore: «Dal Papa una carezza alla cultura» (Riccardi) 

Riccardo Cocciante: "Dal Papa parole alte, condivisibili, necessarie per tutti, e che fanno tanto bene all'arte e alla Chiesa" (La Rocca)

Il Papa lancia la sfida all’arte spettacolo (Doninelli)

Incontro Papa-artisti: Un arrivederci che segna la storia tra arte e fede (Osservatore Romano)

Incontro Papa-artisti, Vian: Un'alleanza nuova

Il regista Tornatore: "Il discorso del Papa? Una carezza alla cultura in un periodo in cui questa riceve solo schiaffi"

Papa-artisti: mai come oggi la bellezza può salvarci (Izzo)

L'incontro di Benedetto XVI con gli artisti nella Cappella Sistina: il vostro genio testimoni al mondo la speranza e un riflesso dell'Infinito

Il commento degli artisti all'incontro con il Papa (Radio Vaticana)

Il Papa agli artisti: «Non temete di credere» (Avvenire online) 

Benedetto XVI incontra gli artisti: "La fede nutre il vostro genio"

Il Papa incontra gli artisti: la fede non toglie nulla al vostro genio (Asca)

Benedetto XVI: Vera bellezza salva mondo da disperazione

Da Moretti a Zeffirelli, 260 artisti incontrano Benedetto XVI

Anche agnostici all'incontro del Papa con gli artisti (Carlo Dignola)

A colloquio con Bruno Cagli, tra gli invitati all'incontro del Papa con gli artisti: Non si può abbandonare la musica sacra all'improvvisazione (O.R.)

Ravasi: Chiesa e artisti, fine del divorzio (Panorama)

Il regista Zanussi: «Arte di massa senz’anima» (Giuliano)

Oggi il Papa incontra gli artisti: Il gran compito di generare stupore (Guerriero)

La Chiesa e lo spirito dell’arte (Giansoldati)

Il Papa ama l’arte purché sia arte. Il Pontefice «impregnato di Mozart» incontrerà gli artisti nella Cappella Sistina (Bertoncini)

Il Papa ama l’arte purché sia arte. Il Pontefice «impregnato di Mozart» incontrerà gli artisti nella Cappella Sistina (Bertoncini)

Prof. Stefano Zecchi: Se la chiesa è un garage mette in fuga anche Dio

Che cosa significa per la Chiesa la fine dell’esilio musicale della scuola romana e di Domenico Bartolucci (Rodari)

Il Papa incontra gli artisti nella Cappella Sistina (Radio Vaticana)

Alla vigilia dell'incontro con gli artisti Papa Benedetto fa da cicerone (Magister)

Catechesi del Santo Padre, Vian: La via della bellezza

Alla scoperta della Cappella Sistina: Il codice primario di un capolavoro (Antonio Paolucci)

Artisti in Vaticano senza confini. Verdon: tornare al significato. Un appello di laici in difesa del sacro (Calabrò) 

Ravasi ci spiega il (suo) manifesto per una santa alleanza tra artisti e Chiesa (Burini)

La grande polifonia romana fa ritorno in San Pietro. Il rientro del Maestro Domenico Bartolucci (Magister)

Ennio Morricone: Musica western? Sì, ma non in chiesa (Giuliano)

Intervista di Mons. Ravasi a "La Croix" (Fides et Forma)

Uno sguardo alla vita ed al messaggio di Suor Faustina, ci permetterà di capire meglio l'infinita ricchezza della divina misericordia.


Carissimo Amico/a,

«La mentalità attuale sembra opporsi al Dio di misericordia, e tende ad eliminare dalla vita ed a togliere dal cuore umano la nozione stessa di misericordia, constata Papa Giovanni Paolo II. La parola e l'idea di misericordia sembrano mettere a disagio l'uomo che, grazie ad uno sviluppo scientifico e tecnico finora sconosciuto, è diventato padrone della terra che ha sottomesso e dominato... Tuttavia, la situazione del mondo attuale non palesa soltanto trasformazioni capaci di far sperare per l'uomo un avvenire terreno migliore, ma rivela altresì molteplici minacce, di gran lunga peggiori di quelle che si erano conosciute finora» (Enciclica Dives in misericordiaDM, 2, 30 novembre 1980).

In occasione della cerimonia di beatificazione di Suor Faustina Kowalska, il 18 aprile 1993, il Papa dice anche: «Il bilancio di questo secolo che volge al termine presenta, oltre alle conquiste, che hanno spesso superato quelle delle epoche precedenti, un'inquietudine ed una paura profonda quanto all'avvenire. Di conseguenza, dove, se non nella misericordia divina, il mondo può trovare la via d'uscita e la luce della speranza?»
Uno sguardo alla vita ed al messaggio di Suor Faustina, ci permetterà di capire meglio l'infinita ricchezza della divina misericordia.


Un'educazione austera

Il 25 agosto 1905, a Glogow (Polonia), nella casa dei coniugi Kowalski, nasce una bambina, terza di una famiglia che conterà dieci figli. Il giorno seguente, con il santo battesimo, riceverà il nome di Elena. Suo padre si guadagna con difficoltà il pane quotidiano, benchè passi le giornate a coltivare una terra poco generosa, ed una parte delle notti ad esercitare il mestiere di falegname. In questa famiglia patriarcale, i genitori predicano più con l'esempio che con le parole. I figli vengono allevati con affetto, ma anche con energia e addirittura con durezza.

Elena è di indole allegra ed espansiva. Benchè si faccia notare come ottima alunna, rimarrà a scuola solo due anni: si ha bisogno di lei in casa per le pulizie e per il lavoro nei campi. A 9 anni, fa la prima comunione, e diventa più meditativa, cerca momenti di silenzio e di solitudine. A 14 anni, la si manda a lavorare in una fattoria dei dintorni. Ciò porterà in casa un po' di denaro, ed essa potrà farsi un vestito della festa per andare a Messa. Dopo un anno di servizio pieno di abnegazione, di gentilezza e di diligenza, Elena dichiara a sua madre: «Mamma, devo farmi suora; devo entrare in convento!»
La risposta è un «no» categorico. I Kowalski, a corto di denaro e pieni di debiti, non possono assumersi le spese per la costituzione del corredo, vale a dire pagare gli abiti religiosi, condizione per l'ammissione in convento delle postulanti. Elena deve dunque pazientare: torna al lavoro, più lontano, nella città di Lodz.


In mezzo a ballerini sfrenati...


Passano due anni. Elena ha 18 anni. Supplica di nuovo i genitori di permetterle di realizzare finalmente la sua vocazione. Identico rifiuto netto. Delusa, la ragazza si lascia andare ad una certa tiepidezza e si sforza di soffocare nei divertimenti la chiamata di Dio. Eccola al ballo, una domenica sera, con sua sorella. Balla, ma il suo cuore risente uno strano malessere. Ad un tratto, vede Gesù accanto a sè: è lì, tutto insanguinato, coperto di piaghe, con il volto tormentato dal dolore, lo sguardo implorante, straziante. Le dice: «Per quanto tempo ti sopporterò ancora? Fino a quando mi deluderai?» Elena, stupefatta, sconvolta, smette immediatamente di ballare. Non sente più nessun suono; non vede più nulla della sala da ballo e dei ballerini che continuano a turbinare, sfrenati. Se ne va senza farsi notare, e corre fino alla cattedrale di San Stanislao Kostka.

La chiesa è quasi deserta. Si prosterna, con la faccia contro terra, davanti al Santissimo esposto nel brillante ostensorio; e, con tutto il cuore, vibrante di attesa e di umile sottomissione, chiede a Gesù Cristo: «Cosa devo fare?... – Va' immediatamente a Varsavia, lì entrerai in un convento». Elena si rialza, con il cuore traboccante di gioia, spiega tutto alla sorella, le chiede di salutare i genitori da parte sua, e, senza bagagli, prende il primo treno per Varsavia. Trova provvisoriamente un posto di domestica tuttofare presso una famiglia cattolica. Ma nessuna porta di convento si apre davanti a lei: non si sa che farsene di quella contadina incolta e senza dote. Persevera nelle sue ricerche, e finalmente viene introdotta presso la Madre Superiora delle Suore di Nostra Signora della Misericordia.


Va' a trovare il padrone di casa


Imbarazzata, la Madre Superiora le dice: «Va' a chiedere al Padrone di questa casa se vuol riceverti». Piena di gioia, Elena va nella cappella e, inginocchiata davanti al Tabernacolo, chiede: «Padrone di questa casa, mi vuoi ricevere?» Immediatamente, sente queste parole: «Ti accolgo, sei nel mio Cuore». Torna dalla Superiora che la interroga: «Allora, ti ha accettata nostro Signore? – Sì. – Se Lui ti ha accettata, ti accetto anch'io». Elena (che, in religione, si chiamerà ormai Suor Faustina) comincia così una vita totalmente consacrata al servizio di Cristo misericordioso e della di Lui Santa Madre.
Felice all'inizio, la postulante è ben presto delusa: accolta come conversa, è completamente assorbita da lavori di pulizia, di manutenzione, ecc. ed ha ben poco tempo per la preghiera, la meditazione, il cuore a cuore con Gesù Salvatore. Quasi decisa a lasciare la Congregazione, per cercarne un'altra più contemplativa, supplica il divino Maestro di illuminarla: improvvisamente, il Volto insanguinato di Nostro Signore le appare, nella sua stanza: «Qui ti ho chiamata, qui ti preparo grandi grazie».
Totalmente abbandonata alla volontà divina, Suor Faustina diventerà una vera contemplativa, in varie case della Congregazione e fra lavori continui, che esegue con ingegno e dedizione: cucina, giardino, portineria, ecc.

Il 22 febbraio 1931, le appare nuovamente Nostro Signore. È avvolto in un'ampia veste bianca, una mano è alzata in un gesto di assoluzione, l'altra è posata sul suo divino Cuore. Da quel Cuore scaturiscono in direzione della terra due fiotti di luce, uno rosso, l'altro bianco, i cui fasci si allargano progressivamente fino a ricoprire il mondo intero. E Gesù dice a Suor Faustina: «Dipingi un'immagine simile a ciò che vedi e scrivici sotto: 'Gesù, in te confido'. Desidero che tale immagine sia venerata in tutto il mondo. Prometto a coloro che la venereranno la vittoria sulle forze del peccato, soprattutto nell'ora della morte. Li difenderò io stesso, come mia gloria».
«Cosa significano i due fasci di raggi, uno rosso, l'altro bianco? interroga Suor Faustina. – Questi raggi significano l'acqua ed il sangue. L'acqua che purifica le anime; il sangue che è la vita dell'anima. Sgorgano dal mio Cuore trafitto sulla Croce». San Giovanni testimonia infatti: Uno dei soldati aprì il costato di Gesù con un colpo di lancia e subito ne uscirono abbondantemente sangue ed acqua! (Giov. 19, 34). L'acqua rappresenta il Battesimo ed il sacramento della Penitenza; il sangue, l'Eucaristia.
Suor Faustina è incapace di disegnare o di dipingere. Seguendo le sue indicazioni, un artista realizzerà la santa icona di Gesù misericordioso
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Ma quante lotte, contraddizioni, derisioni e smacchi le sono riservati fino al 1935, data alla quale, timidamente, il quadro verrà esposto nel celebre santuario di Nostra Signora d'Ostra Brama, a Wilno, grazie agli sforzi del suo confessore, don Sopocko. Subito, l'icona attira l'attenzione, e le grazie straordinarie di conversione si moltiplicano. Dopo la morte di Suor Faustina, verrà riprodotta in tutto il mondo.


Per chi la misericordia?


Che cos'è la misericordia? Essere misericordiosi significa avere un cuore velato di tristezza davanti all'altrui miseria, come se si trattasse della propria. L'effetto della misericordia è quello di sforzarsi di allontanare, per quanto possibile, tale miseria dal prossimo. La misericordia divina è l'amore di Dio per gli uomini in preda alla sofferenza, l'ingiustizia, la povertà ed il peccato. Mostra Dio particolarmente prossimo all'uomo. Gesù Cristo ha rivelato, con il suo stile di vita e le sue azioni, come l'amore di Dio sia presente nel mondo in cui viviamo. Tale amore attivo è capace di chinarsi su ogni figliol prodigo, su ogni miseria morale (ogni peccato). «La misericordia è come il secondo nome dell'amore, ed è, in pari tempo, il modo in cui si rivela e si realizza per opporsi al male che è nel mondo, che tenta ed assedia l'uomo, gli si insinua fin nel cuore e può farlo perire nella geenna» (DM, 7).

«Sulle orme di San Paolo, la Chiesa ha sempre insegnato che l'immensa miseria che opprime gli uomini e la loro inclinazione al male ed alla morte non si possono comprendere senza il loro legame con la colpa di Adamo e prescindendo dal fatto che egli ci ha trasmesso un peccato dal quale tutti nasciamo contaminati» (Catechismo della Chiesa Cattolica, CCC, 403). Abbiamo tutti bisogno della misericordia, poichè siamo tutti colpiti dalle conseguenze del peccato di Adamo. Le nostre colpe personali non hanno fatto che aggravare la nostra situazione: «Agli occhi della fede, nessun male è più grave del peccato, e niente ha conseguenze peggiori per gli stessi peccatori, per la Chiesa e per il mondo intero» (CCC, 1488). La perversità del peccato grave si comprende meglio quando si considerano le conseguenze eterne: «È soltanto in questa visione escatologica (del cielo e dell'inferno) che si può avere l'esatta misura del peccato e sentirsi spinti in modo decisivo alla penitenza ed alla riconciliazione (con Dio e con il prossimo)» (Giovanni Paolo II, Riconciliazione e penitenza, 26, 2/12/1984).


Il frutto del peccato


Nella sua misericordia, Dio ha voluto mostrare a Suor Faustina la conseguenza eterna del peccato grave. Scrive nel suo «Giornalino»: «Oggi, sono stata introdotta da un angelo negli abissi dell'inferno. È un luogo di grandi supplizi. La sua estensione è terribilmente vasta. Vi ho visto diversi tipi di sofferenze: – La prima è la perdita di Dio. – La seconda: i perpetui rimorsi della coscienza. – La terza: la sorte dei dannati non cambierà mai. – La quarta: è il fuoco, acceso dall'ira di Dio, che penetrerà nell'anima senza distruggerla. – La quinta: le tenebre incessanti, un odore terribile, soffocante. E, malgrado le tenebre, i demoni e le anime dannate si vedono l'un l'altro e vedono tutto il male altrui ed il loro. – La sesta: è la continua compagnia di Satana. – La settima: una terribile disperazione, l'odio di Dio, le maledizioni, le bestemmie.
«Che ogni peccatore sappia che sarà torturato per tutta l'eternità attraverso i sensi di cui si è servito per peccare. Scrivo questo per ordine di Dio, acciocchè nessuna anima possa scusarsi affermando che l'inferno non esiste, o che nessuno vi è andato e non si sa come sia. Io, Suor Faustina, per ordine di Dio, sono penetrata negli abissi infernali per parlarne alle anime e testimoniare che l'inferno esiste... Ho notato una cosa, ed è che lì vi erano molte anime che avevano messo in dubbio l'esistenza dell'inferno... Così, prego ancor più ardentemente per la salvezza dei peccatori. Invoco su di loro senza posa la divina Misericordia. O Gesù mio, preferisco agonizzare fino alla fine del mondo noi massimi supplizi, piuttosto che offenderti con il minimo peccato».
Questa testimonianza personale della beata è tanto più degna di attenzione che non contraddice in nulla la dottrina della Chiesa: «La Chiesa afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità... Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da Lui per una nostra libera scelta» (CCC, 1035, 1033).

La realtà dell'inferno ci invita a riflettere sulla gravità della sua causa, il peccato mortale. Si «chiama peccato mortale l'atto attraverso il quale un uomo, liberamente e consapevolmente, rifiuta Dio, la di Lui legge, l'alleanza d'amore che Dio gli propone, preferendo proiettarsi verso se stesso, verso qualche realtà creata e finita, verso qualcosa di contrario alla volontà di Dio» (Enciclica Veritatis splendor, 6 agosto 1993). Ciò si verifica nella disubbidienza ai comandamenti di Dio in materia grave (per esempio: idolatria, apostasia, bestemmia, aborto, eutanasia, contraccezione, adulterio, ecc.).



«Gesù mio, misericordia!»


Dio, dal canto suo, non è in nessun modo l'autore del peccato. Ma c'è di più, Egli non abbandona colui che ha la sventura di offenderLo, ma gli offre instancabilmente la grazia del pentimento. Il Sangue di Cristo, morto per amore, ha ottenuto per noi un accesso sicuro presso il Dio di misericordia: Il sangue di Cristo purificherà la nostra coscienza da tutte le opere di morte (Ebr., 9, 14). La misericordia è la caratteristica di Dio. Una preghiera liturgica della Messa per i defunti comincia così: «O Dio, il cui proprio è di avere sempre pietà e di perdonare...», e l'orazione Colletta della 26^ domenica ordinaria afferma che Dio manifesta la propria onnipotenza soprattutto con il perdono e la misericordia. La misericordia è la massima virtù, poichè spetta a Lui dare agli altri, e, per di più, alleviare la loro indigenza. Questo è il proprio di Dio, che possiede tutto e che può tutto (ved. San Tommaso d'Aquino, II-II, 30, 4). Giovanni Paolo II sottolinea: «La misericordia, in quanto perfezione del Dio infinito, è essa medesima infinita. Infinita dunque ed inesauribile è la prontezza del Padre ad accogliere i figlioli prodighi che tornano a casa. Infinite sono altresì la prontezza e l'intensità del perdono che scaturisce incessantemente dal mirabile valore del sacrificio del Figlio. Nessun peccato dell'uomo può prevalere su tale forza, nè limitarla» (DM, 13).

Il Salvatore dice un giorno a Suor Faustina: «Voglio che i sacerdoti proclamino la mia grandissima misericordia. Voglio che i peccatori si avvicinino a me senza timore alcuno! Fosse l'anima come un cadavere in avanzato stato di putrefazione, non esistesse più, umanamente, alcun rimedio, non è la stessa cosa davanti a Dio! Le fiamme della misericordia mi consumano. Ho fretta di riversarle sulle anime... Nessun peccato, fosse anche un abisso di abiezione, esaurirà la mia misericordia, perchè più vi si attinge e più essa aumenta... È per i peccatori che ho versato tutto il mio sangue. Che si approssimino dunque a me senza alcun timore!» Così si spiega la fiducia di San Bernardo: «Il mio corpo di argilla mi opprime di tutto il suo peso, Satana dispone le sue trappole, ma non sono travolto, non cado, perchè sono solidamente fissato sulla roccia incrollabile. So che ho peccato gravemente, la coscienza me lo rimprovera; ma non mi scoraggio, mi ricordo delle piaghe del mio Salvatore, che è stato ferito per le nostre iniquità (Is. 53, 5). Che cosa c'è di tanto mortale che la morte redentrice di Cristo non guarisca? Quando penso ad un rimedio tanto potente ed efficace, non posso aver paura di nessuna malattia, per quanto sia maligna» (Sermone 61 sul Cantico dei Cantici, 5).

San Benedetto, nel Prologo della sua Regola, ci presenta la misericordia divina come un potente motivo di speranza, ed un appello alla conversione: «È per la riparazione dei peccati che i giorni di questa vita ci sono prolungati come una tregua, come dice l'Apostolo: Ignori che la pazienza di Dio ti induce alla penitenza? Poichè il nostro misericordioso Signore dice pure: Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva. «Il pentimento e la conversione sono le disposizioni necessarie per partecipare alla grazia della Redenzione. Il Santo Padre ci avverte di ciò quando dice: «Da parte dell'uomo, possono limitare (la misericordia) solo la mancanza di buona volontà, la mancanza di prontezza nella conversione e nella penitenza, vale a dire l'ostinazione incessante che si oppone alla grazia ed alla verità, specialmente di fronte alla testimonianza della Croce e della Risurrezione di Cristo» (DM, 13).
Al peccatore pentito, la divina misericordia viene concessa in modo privilegiato nella confessione. «È il sacramento della penitenza o della riconciliazione che appiana la strada di ciascuno, anche quando è subissato da gravi colpe. In questo sacramento, ogni uomo (battezzato) può sperimentare in modo unico la misericordia, vale a dire l'amore che è più forte del peccato» (DM, 13). La misericordia è promessa anche a coloro che sanno perdonare e compatire le altrui sofferenze: Beati i misericordiosi, perchè otterranno misericordia (Matt. 5, 7).


Vittima dell'amore misericordioso

Dopo l'apparizione del 1931, la vita di Suor Faustina è segnata dalla sofferenza fisica, le prove interiori e le umiliazioni. Ma essa accetta tutto con gioia, per ottenere la salvezza dei peccatori, a tal punto che il Sacro Cuore le promette: «Ti darò tutto ciò che vorrai... Per castigare, ho tutta l'eternità. Ora prolungo il tempo della misericordia. Prima di venire in qualità di Giudice, spalanco le porte della mia misericordia... I più grandi peccatori potrebbero diventare grandissimi santi, se confidassero nella mia misericordia». Come Santa Teresa di Gesù Bambino, la religiosa polacca arde di zelo missionario: «Mi sento responsabile di tutte le anime, sento che non vivo per me sola, ma per tutta la Chiesa... O, Gesù mio, abbraccio il mondo intero per offrirlo alla tua misericordia!»

Gli ultimi mesi di Suor Faustina, vissuti in un sanatorio per via della tubercolosi che la consuma fin dal 1933, trascorrono nella preghiera e l'immolazione per gli agonizzanti che la circondano. Ne ottiene spesso la conversione, anche in circostanze umanamente disperate. Si addormenta dolcemente nel Signore, all'età di 33 anni, il 5 ottobre 1938.
Suor Faustina era molto devota alla Santa Vergine, Madre di Misericordia. «Maria, dice il Papa, è colei che conosce più a fondo il mistero della divina misericordia. Ne sa il prezzo, e quanto esso sia grande. Quest'amore misericordioso non cessa, in lei e grazie a lei, di rivelarsi nella storia della Chiesa e dell'umanità» (DM, 9).
Beata Suor Faustina, ottienici, sotto la materna protezione di Maria e di San Giuseppe, il beneficio di accostarci con fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia ed un aiuto divino al momento opportuno (Ebr. 4, 16), per noi e per tutti coloro che ci sono cari, vivi e defunti.
Dom Antoine Marie osb

<<GESU' MIO, 

MISERICORDIA!>>