venerdì 30 maggio 2014

Il pifferaio


Il pifferaio di Hamelin è una fiaba tradizionale tedesca, trascritta, fra gli altri, dai fratelli Grimm. È anche nota come Il Pifferaio Magico o con altri titoli simili. Si ritiene che essa sia stata ispirata da un evento accaduto nella città tedesca di Hameln in Bassa Sassonia, nel XIII secolo.
Una illustrazione della fiaba su una vetrata di una chiesa di Goslar

Trama

La storia si svolge nel 1284 ad Hameln, in Bassa Sassonia. Un uomo con un piffero si presenta in città e propone di disinfestarla dai ratti; il borgomastro acconsente promettendo all'uomo un adeguato pagamento. Non appena il Pifferaio inizia a suonare, i ratti, incantati dalla sua musica, si mettono a seguirlo, lasciandosi condurre fino al fiume Weser, dove annegano.
La spergiura gente di Hamelin, ormai liberata dai ratti, decide incautamente di non pagare il Pifferaio. Questi, per vendetta, riprende a suonare mentre gli adulti sono in chiesa, attirando dietro di sé tutti i bambini della città. Centotrenta bambini lo seguono in campagna e vengono rinchiusi dal Pifferaio in una caverna. Nella maggior parte delle versioni, non sopravvive nessun bambino, oppure se ne salva uno che, zoppo, non era riuscito a tenere il passo dei compagni. Varianti più recenti della fiaba introducono unlieto fine in cui un bambino di Hamelin, sfuggito al rapimento da parte del Pifferaio, riesce a liberare i propri compagni. Una variante dice che i bambini entrano in questa caverna seguendo il pifferaio magico e fuoriescono da un'altra caverna, la grotta di Almaş in Transilvania. Questa era una delle leggende che spiegava l'arrivo dei sassoni inTransilvania, che così sarebbero appunto i bambini portati dal pifferaio magico di Hamelin.

Origini della fiaba

Il più antico riferimento a questa fiaba si trovava in una vetrata della chiesa della città di Hameln e risalente circa al 1300. Della vetrata si trovano descrizioni su diversi documenti del XIV e XVII secolo, ma pare che essa sia andata distrutta. Sulla base delle descrizioni, Hans Dobbertin ha tentato di ricostruirla in tempi recenti. L'immagine mostra il Pifferaio Magico e numerosi bambini vestiti di bianco.
Si pensa che questa finestra sia stata creata in ricordo di un tragico evento effettivamente accaduto nella città. Esisterebbe tuttora una legge non scritta che vieta di cantare o suonare musica in una particolare strada di Hameln, per rispetto nei confronti delle vittime. Nonostante le numerose ricerche, tuttavia, non si è ancora fatta luce sulla natura di questa tragedia. In ogni caso, è stato appurato che la parte iniziale della vicenda, relativa ai ratti, è un'aggiunta del XVI secolo; sembra dunque che la misteriosa vicenda di Hamelin avesse a che vedere solo con i bambini. (Paradossalmente, l'immagine del Pifferaio seguito da un esercito di topi è quella che la maggior parte delle persone associa a questa fiaba, magari senza ricordare nient'altro della vicenda).
Le principali ipotesi circa gli avvenimenti di Hamelin sono le seguenti[1]:
  • I bambini furono vittime di un incidente; forse annegarono nel Weser, o furono travolti da una frana.
  • I bambini furono vittime di una epidemia e furono portati a morire fuori dalla città per proteggere il resto della popolazione. Si è ipotizzato che l'epidemia potesse essere dipeste. Altri, con riferimento al fatto che i bambini "danzavano" dietro al Pifferaio, hanno pensato alla malattia di Huntington oppure al ballo di San Vito, piuttosto comune in Europa nel periodo che seguì le epidemie di peste nera. Secondo queste ipotesi, il Pifferaio è una rappresentazione simbolica della Morte o della malattia. Parlano di queste epidemie di ballo di San Vito la Cronaca di Erfurt del 1237 e la Cronaca di Maastricht del 1278.[2]
  • I bambini lasciarono la città per partecipare a un pellegrinaggio, a una campagna militare, o addirittura una nuova Crociata dei bambini, e non fecero mai ritorno. In questo caso, il Pifferaio rappresenterebbe il reclutatore.
  • I bambini abbandonarono volontariamente i loro genitori e Hameln per fondare nuovi villaggi, durante la colonizzazione della Germania orientale. Questa teoria porta come prova i numerosi luoghi con nomi simili ad Hameln sia nei dintorni della città che nelle colonie orientali. Le migrazioni di bambini nel XIII secolo sono un fatto ampiamente documentato, e quest'ultima teoria gode di un notevole credito; il Pifferaio sarebbe un reclutatore che condusse via buona parte della gioventù di Hamelin per fondare una colonia nella Germania orientale. Tale Decan Lude, originario di Hameln, avrebbe posseduto intorno al 1384 un libro di cori che conteneva un verso in latino che riportava questo evento. Il libro è andato perduto, si pensa intorno al XVII secolo.
  • Oltre che alle "epidemie coreutiche", vale a dire balli di gruppo aventi spesso scopo terapeutico, la leggenda del pifferaio magico include elementi mutuati da remote tradizioni orali legate al viaggio verso un misterioso al di là. Due elementi rafforzano questa idea: la presenza del bambino zoppo e il motivo della caverna. È un dato accertato dagli studi sulle religioni dell'Eurasia il fatto che la zoppìa era uno degli attributi delle persone che fungevano da mediatori con l'al di là. La caverna è, fin dallapreistoria, un luogo sacro e, soprattutto, un passaggio verso l'altro mondo. Molti miti in EuropaAsia e America raccontano di un eroe (spesso un cacciatore) che, inseguendo la preda, giunge in una caverna fatata nella quale vivono i Signori degli animali e che si rivela il luogo in cui la selvaggina cacciata rinasce a nuova vita.[3]
Un racconto tedesco degli eventi di Hameln, purtroppo non illuminante, è sopravvissuto in una iscrizione databile 1602-1603, trovata proprio nella città della fiaba::
(DE)
« Anno 1284 am dage Johannis et Pauli
war der 26. juni -
Dorch einen piper mit allerley farve bekledet
gewesen CXXX kinder verledet binnen Hameln geboren -
to calvarie bei den koppen verloren. »
(IT)
« Nell'anno 1284, il giorno di Giovanni e Paolo
il 26 di giugno
Da un pifferaio, vestito di ogni colore,
furono sedotti 130 bambini nati ad Hameln
e furono persi nel luogo dell'esecuzione vicino alle colline. »
La più antica fonte rimasta è datata circa 1440Jobus Fincelius menziona la vicenda nel suo De miracolis sui temporis (1556), identificando il Pifferaio con il Diavolo.

Versioni letterarie

Il resoconto più antico in lingua inglese è quello di Richard Rowlands Verstegan (1548-1636), un antiquario e studioso di controversie religiose, nel suo Restitution of Decayed Intelligence (Anversa1605). Egli cita la liberazione della città di Hameln dai ratti e suggerisce che i bambini perduti siano andati a finire in Transilvania. Sembra che sia Verstegan ad aver coniato l'espressione Pied Piper ("Pifferaio Variopinto"), introducendo quello che nei paesi di lingua inglese è l'appellativo più comunemente associato al Pifferaio (in Italia invece viene comunemente chiamato "Pifferaio Magico"). Piuttosto curiosamente, la data indicata da Verstegan per gli eventi di Hamelin è completamente diversa da quelle proposte da altre fonti, ovvero il 22 luglio 1376. Le note di Verstegan furono la fonte su cui si basò in seguito Nathaniel Wanley per il suo Wonders of the Visible World (1687), a sua volta utilizzato da Robert Browning per la sua celebre poesia.
La vicenda di Hameln interessò anche Goethe, che scrisse una poesia su di essa nel 1803 e la citò anche nel suo Faust.
fratelli Grimm, traendo informazioni da undici fonti diverse, inclusero la fiaba del Pifferaio nel loro Saghe germaniche (Deutsche Sagen), pubblicato per la prima volta nel1816. Nella loro versione, due bambini (uno cieco e uno storpio), rimasero a Hameln; gli altri divennero i fondatori delle Siebenbürgen (Sette Città) (Transilvania).
Basandosi probabilmente sul testo dei fratelli Grimm, Robert Browning scrisse una poesia sul Pifferaio, The Pied Piper, pubblicata nel 1849; la poesia è celebre per il suo humour, per i giochi di parole, e per le rime gioiose. La poesia colloca i fatti di Hameln in data 22 luglio 1376.
(EN)
« When, lo, as they reached the mountain's side,
A wondrous portal opened wide,
As if a cavern was suddenly hollowed;
And the Piper advanced and the children followed,
And when all were in to the very last,
The door in the mountain-side shut fast. »
(IT)
« Quando raggiunsero il fianco della montagna
un meraviglioso portale vi si aprì,
come se si fosse creata improvvisamente una caverna;
il Pifferaio entrò e i bambini lo seguirono,
e quando alla fine tutti furono all'interno,
la porta nella montagna si chiuse velocemente. »
Il luogo menzionato da Browning è la montagna di Coppenbrügge, un luogo noto per essere stato, in tempi antichi, sede di oscuri riti pagani.
Infine, anche lo scrittore Michael Ende ha dato una sua versione della fiaba del pifferaio magico, scritta in forma teatrale di "danza macabra" (divisa per quadri e con finale tragico) e leggermente modificata per raggiungere uno scopo di critica sociale.

Adattamenti e riferimenti

La fiaba in musica

  • L'album del 1980 Super Trouper del gruppo svedese ABBA contiene il brano - dalle sonorità medievali, inconsuete per il quartetto pop - The Piper che, basandosi sulla fiaba del pifferaio, pare utilizzarla come metafora di una situazione politica distopica, in cui un uomo seduce le genti con "fuoco nei suoi occhi" e la paura come arma, oscuro riferimento ai totalitarismi.
  • L'album del 2000 Demons & Wizards del gruppo omonimo include una canzone intitolata The Whistler racconta una variante originale della storia, in cui il Pifferaio, per vendicarsi del debito non saldato dalla gente di Hameln, fa sbranare i bambini dai ratti.
  • Il concept album Too Old to Rock 'n' Roll: Too Young to Die! dei Jethro Tull include una canzone intitolata The Pied Piper, in cui la figura del Pifferaio viene usata come metafora della seduzione, da parte dell'attempato protagonista della storia narrata dal disco, di giovani donne (con un riferimento obliquo alla pedofilia).
  • Il cantautore Edoardo Bennato ha ripreso questa storia nel brano La fantastica storia del Pifferaio Magico, pubblicata nell'album omonimo; anche È arrivato un bastimento. concept-album dello stesso cantautore, pubblicato nel 1983, rappresenta una rivisitazione della fiaba del Pifferaio di Hameln.
  • Nell'album Strade di città gli Articolo 31 cantano una canzone con il titolo "Il Pifferaio Magico" leggermente modernizzata, dove c'è il Re Dittatore che promette al Pifferaio di renderlo famoso, e il Pifferaio infine dà potere ai topi, dicendo che saprebbero gestire la libertà meglio del Re.
  • Il gruppo I ratti della Sabina ha inciso una canzone in dialetto sabino, "Il Pifferaio Magico", che narra appunto la vicenda, ed è inclusa nell'album Circobirò.
  • Il gruppo thrash metal Megadeth fa un riferimento alla fiaba nel ritornello della canzone Symphony of Desctruction, dall'album Countdown to Extinction (1992).
  • Il gruppo alternative rock Radiohead fa un riferimento alla fiaba nel testo della canzone Kid A, dall'album Kid A (2000).
  • La canzone di Roberto Vecchioni Il libraio di Selinunte, dall'album Rotary Club of Malindi, rielabora la fiaba rappresentando il pifferaio che si porta dietro le parole dopo che i cittadini hanno dato al rogo la libreria di uno strano libraio che invece di vendere libri li leggeva a voce alta di notte. Dalla canzone Vecchioni ha ricavato anche un romanzo omonimo.
  • Il gruppo Avant Garde Metal Rat King ha dedicato a questa fiaba il concept album chiamato "The Plague Of Hamelin".
  • Il rapper Eminem fa riferimento alla favola nel brano Lose Yourself (2002), in particolare ne esalta la reazione del personaggio al fatto di non essere stato pagato dai paesani - cioè il rapimento dei bambini - («best believe somebody's paying the Pied Piper», cioè «meglio credere che qualcuno paghi il Pifferaio magico»).
  • La canzone Il flautista e la parata (笛吹男とパレード Fuefuki Otoko to Parade?) dall'album Elysion del gruppo giapponese Sound Horizon presenta chiari riferimenti alla fiaba.

La fiaba nel cinema

La storia del Pifferaio magico di Hameln - The Pied Piper of Hamelin in inglese- è stata raccontata in vari film dall'omonimo titolo, a partire dal silent movie del 1903 e poi con altre versioni nel corso degli anni[4]. Tra esse figurano il film tedesco del 1918 Der Rattenfänger von Hameln, diretto ed interpretato da Paul Wegener e il mediometraggio del1985 Krysař, di Jirí Barta. L'acclamato film di Atom Egoyan Il dolce domani (The Sweet Hereafter1997), basato sull'omonimo romanzo di Russell Banks, contiene numerosissimi riferimenti alla storia del Pifferaio. La voce narrante del film recita la poesia di Browning, con l'aggiunta di versi originali. La storia del film narra di una bambina rimasta storpia durante un incidente dell'autobus della scuola in cui tutti gli altri bambini di una piccola città canadese sono rimasti uccisi.
Nel 1971 il regista francese Jacques Demy ha realizzato un film intitolato The Pied Piper in cui il musicista e cantautore Donovan interpreta i panni del pifferaio che narra la storia del pifferaio magico. Il film è il risultato di un attento lavoro di documentazione e ricostruzione dell'ambientazione, della cultura e delle credenze medievali. Demy si è basato in particolare sulla versione inglese della storia[5]. "Quello che mi interessava di più in questa storia" ha dichiarato Demy, "era la possibilità, vale a dire la necessità, di farvi convivere il realismo e la magia"[6]
Nel terzo film tratto dall'anime e manga Sailor Moon, un gruppo di elfi rapisce i bambini della Terra incantandoli con il suono di un flauto, come il pifferaio di Hameln.

Televisione

  • Un episodio della serie Wonder Woman con Lynda Carter vede la protagonista contrapposta a un musicista pop chiamato Hamelin Rule che usa la musica e il suono in genere per controllare la mente di alcune giovani donne, tra cui la figlia di Joe Atkinson, e usarle per compiere delle rapine per lui nei backstage mentre lui si esibiva nei concerti.
  • Marco Baliani ha recitato accompagnato al pianoforte da Stefano Bollani "Il Pifferaio di Hamelin" nella trasmissione televisiva Sostiene Bollani del 23 ottobre 2011
  • L'episodio 41 della serie animata italiana Huntik - Secrets & Seekers è dedicata proprio alla leggenda del Pifferaio di Hamelin
  • Secondo l'episodio The Day of the Clown (2008) della serie televisiva di fantascienza Le avventure di Sarah Jane, il Pifferaio è l'incarnazione di un'entità aliena che si nutre di paura, in special modo della paura dei genitori di perdere i propri figli.

Video musicali

La fiaba del pifferaio di Hameln ha ispirato molti video musicali, tra cui quello del gruppo techno tedesco Dune per la canzone Hand In Hand: in una Hameln a metà fra il medievale e il tecnologico, un dispotico sindaco chiama i due membri del gruppo affinché liberino la città dai topi. Il deejay si mette a suonare, la cantante intona una piacevole melodia e i topi scappano. Giunto il momento del pagamento, il sindaco non sborsa un quattrino, quindi il pifferaio si vendica richiamando a sé tutti i giovani e i bambini della città, che fuggono con lui ma non prima di aver dato una lezione al sindaco bugiardo.

Letteratura

  • Importanti riferimenti alla storia del Pifferaio si trovano nell'opera Il cacciatore di topi della poetessa russa Marina Cvetaeva (1925).
  • La storia del pifferaio di Hameln è anche ripresa nel romanzo Un regno in ombra dello scrittore China Miéville.
  • Viene liberamente ispirato a questa favola l'albo numero 210 di Dylan Dog, fumetto italiano dalla Sergio Bonelli editore.
  • Pifferaio è anche il nome di un super criminale della DC Comics, nemico del supereroe Flash. Come il personaggio della fiaba, utilizza un flauto (questa volta tecnologico) per ipnotizzare le sue vittime.
  • Un romanzo di Star Trek - The Next Generation intitolato "I bambini di Hamelin" vede la favola di Hamelin in chiave fantascientifica. In questo libro, Hamelin viene dipinta come una colonia federale di minatori distrutta da una razza chiamata i Choraii, che massacrarono gli adulti e rapirono i bambini e nel corso dei decenni si è cercato di recuperare i rapiti. I Choraii si esprimono attraverso la musica (anche se grazie ai bambini da loro rapiti hanno insegnato ai Choraii l'inglese della Federazione), e le loro navi a secondo delle note usate venivano nominate come quelle note (la Si Bemolle, la Re Maggiore, eccetera).
  • Nei fumetti degli X-Men si intravede un Morlock ispirato al pifferaio di Hamelin.
  • Riferimenti alla vicenda di Hamelin sono rintracciabili nel romanzo di Dan Rhodes, "Il bizzarro museo degli orrori", edito da Newton Compton. L'autore cita la leggenda, parlando delle teorie storiografiche a riguardo dell'evento tragico realmente avvenuto. (pag. 136)

Note

  1. ^ (ENIpotesi circa l'origine della fiaba
  2. ^ Medioevo, Il pifferaio di Hamelin, giugno 2010, pag. 64.
  3. ^ Medioevo, Il pifferaio di Hamelin, giugno 2010, pp. 62-67.
  4. ^ IMDb
  5. ^ Tratto dall'intervista realizzata per Le journal du cinéma l'01/10/1971, documento dell'Ina (Institut National de l'Audiovisuel)
  6. ^ "Ce qui m'intéressait le plus dans cette histoire, c'était la possibilité, voire la nécessité, d'y faire cohabiter le réalisme et la magie" http://www.institut-lumiere.org/retrospective-jacques-demy.html

EDUCAZIONE ALLA SINCERITÀ.


 EDUCAZIONE ALLA SINCERITÀ.

Nulla irrita maggiormente i genitori quanto le bugie dei loro figli; ed hanno ragione, poiché dal momento in cui la doppiezza ha preso possesso del cuore dei bimbi e delle bimbe viene tolta ogni possibilità di confidenza e l’atmosfera diventerà presto irrespirabile. Spesso però i genitori dimenticano che essi stessi devono per primi dare esempio di sincerità ai loro bimbi.


* Nulla irrita maggiormente i genitori quanto le bugie dei loro figli; ed hanno ragione, poiché dal momento in cui la doppiezza ha preso possesso del cuore dei bimbi
e delle bimbe viene tolta ogni possibilità di confidenza e l’atmosfera diventerà presto irrespirabile. Spesso però i genitori dimenticano che essi stessi devono per primi
dare esempio di sincerità ai loro bimbi. 

* Poiché la bugia è un mezzo comodo di difesa per l’essere debole, è indispensabile abituare il fanciullo alla franchezza, prima che la menzogna diventi per lui un’abitudine permanente; siccome il suo giudizio non è ancora formato, rischia di formarsi una coscienza falsa. Ora, chi non sa distinguere più il vero dal falso ben presto non
saprà nemmeno distinguere il bene dal male. 

* È bene che i genitori siano particolarmente esigenti su questo principio dell’educazione morale: non tollerare la bugia e castigarla irremissibilmente. Il mezzo migliore per abituare i bimbi alla purezza di coscienza nei rapporti con Dio e con gli uomini è di perdonarli quando confessano la loro colpa invece di negarla e smascherare le loro
piccole istintive furberie. 

* In una famiglia o in una scuola in cui la franchezza è osservata scrupolosamente, la bugia dei fanciulli sarà un caso sporadico, ma non degenererà in falsità. 

* La minima slealtà dei genitori causa la rovina della loro autorità morale. Anche se il bambino non lo nota subito, tuttavia egli rimane dolorosamente stupito e la sua confidenza si indebolisce. Il bimbo non perdona mai la bugia. Nel piccolo le reazioni non sono quelle degli adulti: non avendo egli spirito critico ne senso di sintesi, prende alla lettera qualunque cosa dicano i genitori: promesse, minacce o anche " profezie ". Ecco a tal proposito una storia vera: Una bambina di cinque anni, abbigliata con una veste nuova preparata dalla mano agile di mamma, sta per uscire con la zia. La mamma vedendo uscire con nerezza la sua piccola le dice: " Chiunque ti scorgerà si sentirà svenire per la meraviglia vedendoti così bella’. ". Il passeggio termina... zia e nipotina ritornano. Questa con viso arcigno, con gesto di disprezzo, si toglie il cappello e lo butta in un angolo. " Cos’hai? " domanda la madre tutta sorpresa. " Nemmeno un passante è svenuto nel
vedermi!... " risponde la piccola. Amaro disinganno! 
Osserverete torse che era ben sciocca questa bimba da prendere alla lettera le parole di mamma? Ma i piccoli prendono sempre alla lettera ciò che loro si dice... 

* Se, per ovvie ragioni, i genitori non potranno rispondere a qualche domanda importuna o indiscreta del bimbo, è sempre meglio dirgli, con tutta semplicità, che, per il momento, per diversi motivi, non possono dargli una risposta esauriente, ma non bisogna mai ingannarlo
neppure un tantino. 

* Non si comprenderà mai sufficientemente di quanto male siano causa nei fanciulli le storie di Babbo Natale e del Bambino Gesù nel camino, o ancora la favola ridicola della vecchia o della cicogna per spiegare la nascita dei piccoli. Questi credono nei loro genitori come al Vangelo ed alcuni sono anche capaci di battersi per ciò che è stato loro detto. Quando poi si accorgono di essere stati ingannati — cosa che accadrà presto o tardi — rimangono terribilmente colpiti anche se subito non lo dimostrano. In alcuni temperamenti generosi e tetri, l’abuso della confidenza può causare un vero trauma psichico e morale. 




* Narrando una favola, avrai cura di premettere: " Questa è una favola, una storia inventata, irreale ". Esponendo invece qualche brano del Vecchio o Nuovo Testamento dirai: " Questa è una storia vera ". È di massima importanza non ingannare una intelligenza ingenua raccontando per veri fatti irreali. A questo riguardo fino a che punto potrai calcare le tinte raccontando la storia di Gesù che scende dal camino la notte di Natale? Come si può pretendere che a sei anni, quando si preparano alla prima Comunione, non credano che quel Gesù che è presente nell’Ostia, non sia il medesimo che porta i regali nelle scarpe? Quale confusione nelle testoline! Quale miscuglio assurdo e pericoloso! Ti meraviglierai allora che i bambini siano furiosi, delusi, straziati di essere stati ingannati; che continuino nella loro vita a giudicare nello stesso modo il sacro e il profano e che ai loro occhi la religione non rivesta altra forma che quella di un mito meraviglioso dato in pasto ai poveri uomini per abbellirne la vita? Non si tratta qui di sopprimere l’albero di Natale scintillante, dalle molte sorprese o di non mettere le scarpe nel camino per festeggiare la notte più commovente; si tratta soltanto di dire la verità tanto bella. I bambini saranno tanto felici di sapere che è la loro mamma a riempire le calzette di giocattoli, presi dalla mangiatoia, vicino a Gesù, per festeggiare con gioia la sua venuta sulla terra. Non ingannare quindi i fanciulli per il piacere di divertirti per la loro credulità. La confidenza è cosa troppo bella per rischiare di perderla per così poco. Sii seminatore di verità. 

* Si prepara una bambina alla prima Comunione. Questa bimba è assai delusa perché viene a sapere che il piccolo Gesù che passa per il camino è la mamma. Il giorno in cui quest’ultima domanda con molta dolcezza: " Dimmi un po’, Simonetta, sei contenta di ricevere presto il piccolo Gesù-Ostia nel tuo cuore? ", la bimba si fa rossa, gli occhi brillano e risponde: " Lo sai, mamma, che non sono così ingenua. Il piccolo Gesù discende nell’Ostia alla stessa maniera che discende nelle scarpe la notte di Natale!... quindi non vale la pena che faccia la prima Comunione ". 

* Non mentirai mai a un bimbo per condurlo a confessare ciò che desideri sapere. Eviterai anche quelle bugie pietose per indurlo a prendere una medicina o per evitare un castigo a scuola. Nicola, di otto anni, deve subire una piccola operazione. La mamma per non spaventarlo gli dice: " Ecco, caro Nicolino, tu andrai a una bella festa e passerai un bel 
pomeriggio; vieni che ti metto il vestito nuovo ". Il bimbo è festante, ma all’entrata dell’ambulatorio incomincia a inquietarsi e ben presto si accorge della realtà: deve subire l’operazione. Inutile aggiungere che il piccolo ha perso ogni confidenza nella mamma. 


* Quando fra due genitori non vi è l’accordo, si determina nel fanciullo un atteggiamento pericoloso di insincerità: " Soprattutto farai attenzione a non dirlo a tuo padre! ", o viceversa: " Se la mamma t’interroga, tu dirai che siamo stati nel tal posto " (quando non è vero). 

* Per formare il fanciullo alla lealtà, non solo gli si darà l’esempio ma gli si farà odiare la menzogna iniettandogli tanto amore alla franchezza, e gliela si renderà facile. 

* Ogni volta che si presenta l’occasione, è cosa ottima mostrare al fanciullo gli svantaggi della bugia. Soprattutto in un mondo dove spesso è glorificato, osannato l’arrivismo, il " sistema egoistico ", la frode nei suoi diversi aspetti, si renda soprattutto noto che la menzogna non da mai ricompensa. Si dimostri che è causa di molti guai: in particolare si corre il pericolo di cadere in contraddizione, di perdere la confidenza, e, per di più, se è
già difficile ingannare gli uomini per molto tempo, vi è Uno che non si riesce mai a ingannare, Dio, testimone sempre presente, cui nulla può sfuggire. 

* Ti guarderai, o mamma, dal lodare qualche bimbo che, grazie alla bugia, si è potuto salvare da una circostanza difficile o ha potuto ingannare gli altri. Frasi come queste: " Ebbene! non fa altro che difendersi! ", oppure: " Saprà trarsi d’impaccio nella vita ", possono, esercitare funesta influenza in un animo giovane. Biasimerai invece
apertamente i bugiardi i quali perdono ogni diritto all’onore e alla confidenza altrui. 

* Non esiterai a proscrivere e screditare sistematicamente ogni inganno, ogni scherzo, ogni slealtà in scuola, sia pure per fare un piacere (per esempio il " suggerire "), soprattutto quell’abitudine riprovevole della copiatura del compito. Mostrerai come tutto questo riesca a danno di tutti. 

* Quanti ratti di diseducazione da parte di alcuni genitori si potrebbero citare riguardo alla lealtà! Non bisogna certamente generalizzare; ma se non si vuole deformare la coscienza del fanciullo, l’evitare scrupolosamente ogni storpiatura della verità è quanto mai importante! La quinta classe sta facendo un compito sulla coniugazione. Anna Maria, nascondendosi, cerca un foglietto. La professoressa la sorprende e le dice: " Che fai? ". La
fanciulla impacciata, risponde: " Mi industrio di sapere cosa bisogna mettere. È la mamma che mi ha insegnato a copiare ". Una famiglia dell’Africa del nord, papa, mamma e
una bimbetta di tre anni va a passare l’estate in Francia. Prima di partire, la mamma aveva raccomandato alla sua piccola: " Se ti domandano l’età, dirai che hai due anni ".
La fanciulla raccontava poi la cosa così: " Quando il capitano mi domandò l’età risposi: due anni, signor capitano. Se avessi detto: tre, il capitano mi avrebbe gettata di sotto! ". 
Il preside del liceo di A... chiama nel suo ufficio i genitori di un allievo e dice loro che questi è stato bocciato perché ha copiato il compito. Il padre rivolgendosi al figlio in presenza del preside così lo apostrofa: " Imbecille, ti sei fatto pescare! ". 
Ecco un fatto raccontato da un’educatrice: Ero in treno. Nella stazione di X sale una mamma e una bambina, di sette o otto anni. " Giannina, dice la madre, se un signore ti domandasse l’età dirai che hai sei anni e mezzo. — Quale signore? — Uno con un basco e
le strisce dorate. — Ma ho sette anni e mezzo, lo vedrà bene! — No, no, ricordati: sei anni e mezzo. — Non è vero, mamma. Tu mi hai insegnato che non bisogna mentire, lo stesso ha ripetuto la signorina a scuola. — Ma sta’ zitta, parla piano e fa’ come ti ho detto ". 
La bimba guarda me e poi la mamma. Penso che sia costernata dinanzi all’atteggiamento della mamma. Non osa chiedere il " perché ", il " come ": senza dubbio è un po’ intimidita. La mamma è arrossita... Non dobbiamo mai dare al fanciullo l’impressione che noi temiamo che egli possa mentire: evitiamo quindi di raccomandargli: " Soprattutto non mentire "; diremo invece: " Su, sono sicuro che mi dirai la verità ". Crederlo capace di mentire vuoi dire far nascere in lui la possibilità della bugia. 

* Credete sempre al fanciullo e alla sua buona fede finché non potete provare il contrario; ciò lo innalza ai suoi occhi e gli da un’idea elevata della virtù della franchezza.

* Non rendete difficile la sincerità, drammatizzando le domande. Un papa che con aria corrucciata dica: " Guai a colui che ha fatto questo! " e poi domandi: " Sei tu?..: " preclude la confessione al colpevole impaurito. 

* Se vi accorgete che il bambino non è stato sincero, non bisogna subito sbugiardarlo. Specialmente, non generalizzate, perché lo radichereste maggiormente nella sua colpa. Abbiate sempre l’avvertenza, almeno per le prime volte, di considerare la bugia come un errore di visuale e dite al fanciullo: " Oh, lo so che sei un ragazzo sincero e che non mi vuoi ingannare; ma forse ti sei sbagliato: un’altra volta, prima di parlare, rifletti bene per
essere sicuro di ciò che dici ". 

* Un fanciullo può avere tanti motivi per mentire, che voi grandi non conoscete. Ciò che vi potrebbe sembrare una menzogna può essere dovuta: 
1. a un punto di vista errato. L’esperienza del fanciullo è ancora molto debole, ha pochi punti di riferimento e non lo si può incolpare d’un apprezzamento errato; 
2. alla fantasia sbrigliata che lo trascina a galoppate fantastiche, alla cui realtà a volte poi crede; 
3. alla forza dei suoi sogni che il suo giudizio ancora poco formato non gli permette sempre di distinguere dalla realtà; 
4. alla sua suggestionabilità. 
Un educatore che interroga un fanciullo deve stare attento a queste caratteristiche, giacché insistendo più del necessario, si possono far confessare cose mai commesse. 
Per questo motivo dovete sempre saper distinguere tra menzogna soggettiva e obiettiva. 


* Quando, esaminate le cause dell’errore, vi sarete accorti che si tratta di vera bugia, ne cercherete i motivi. Da essi dipendono e la gravita della bugia e i mezzi da usare perché il ragazzo si corregga. 
1. Il fanciullo può desiderare di eccellere sugli altri e quindi è portato a raccontare delle vanterie. 
2. La vanità, il desiderio di brillare, di farsi ammirare, sono anche cause d’insincerità. 
3. Il desiderio poi di cavarsela può dirsi la base di tutte le menzogne: per non farsi sgridare, per non consegnare il compito, per spiegare il ritardo; si recita la lezione leggendola o si copia il compito... Per ottenere qualcosa di piacevole: inventa mille ragioni in suo favore. 
4. La timidezza può a volte paralizzare così un ragazzo da non fargli dire la verità: le prime vere bugie sono causate dalla paura. 
5. Una carità male intesa può indurre un ragazzo a dire una bugia per salvare un compagno; pensa che una mancanza di lealtà — la quale non giova a lui stesso — non sia colpa. 
6. Infine la doppiezza conduce alla calunnia. 

* II bambino è sempre portato in un’occasione o nell’altra a negare qualche errore: e se questa prima bugia gli riesce, naturalmente sarà portato a ricominciare; di qui la
necessità d’una grande chiaroveggenza per non lasciare intraprendere al fanciullo una strada pericolosa. Il più difficile sta nell’essere chiaroveggenti senza essere sospettosi, e non tutti vi riescono. Vi sono dei fanciulli che oppongono una resistenza straordinaria all’influsso degli adulti e persistono nella bugia con tenacia. Ciò avviene quando si punisce aspramente la menzogna scoperta. Il fanciullo è naturalmente portato a vender cara la pelle: sapendo che anche in caso di bugia potrà contare su una certa indulgenza, sarà portato più facilmente a dire la verità e ciò è preferibile. 
A volte la bugia-scusa ha un carattere più riprovevole quando ha doppio fine, cioè: insieme alla scusa si attribuisce ad un compagno, o ad altra persona, la propria colpa; in questo caso è più raffinata e merita un più duro castigo; deve essere presa di mira rigorosamente e corretta seriamente. La gelosia del ragazzo verso fratelli e sorelle, desideri di vendetta verso i domestici, sorveglianti e compagni, si uniscono per suscitare in lui quest’altro orientamento. Trovata una simile menzogna sarà conveniente cercare la ragione per cui il fanciullo ha voluto fare del male a questa o quell’altra persona; può essere una preziosa indicazione su una tendenza attualmente predominante. 

La bugia inventata sovente ha un carattere di compenso, presso il fanciullo, come del resto l’ha nell’adulto. Egli inventa tante cose d’ordine materiale o affettivo per

compensare qualche cosa che gli manca o che crede gli manchi. Ho visto bimbi e giovani attribuire a papa e a mamma qualità di cui erano manifestamente privi e prodezze che avevano mai avuto l’occasione di compiere. La ricchezza e le grandi possibilità finanziarie sono sovente oggetto dell’immaginazione infantile; compensano i numerosi rifiuti ricevuti dai loro genitori per aver qualche cosa che avrebbe tatto loro piacere. 
Così per essi il mondo diventa un incanto più piacevole a viversi che un mondo pieno di durezze inaccettabili. 

* Nelle bugie dei fanciulli distinguerai quelle " sociali ", che hanno per scopo d’aiutare gli altri o procurare un interesse personale senza nuocere, e le " antisociali ", che mirano all’interesse personale senza curarsi dei guai procurati agli altri. 

* Bisogna sempre cercare nel fanciullo l’entità reale della menzogna: sarebbe cosa profondamente ingiusta reagire allo stesso modo contro una bugia inventata appositamente per nuocere agli altri che contro un’altra provocata dalla fantasia incosciente di cui il fanciullo è irresponsabile, ma che richiede solamente una rieducazione più cosciente della realtà. 

* Molti psicologi affermano che la maggior parte delle bugie sarebbero causate dal timore; qualche altra da interesse, da testardaggine, dal gusto di fingere, da altruismo o malignità. 


· Accade a volte che il fanciullo mentisce per far piacere ai genitori. La signora Dumesnil-Huchet racconta: " Una madre non trovava una scatola di cioccolatini e incolpava la figlia di otto anni d’averla presa. Dopo aver minacciato e supplicato le dice: "Confessa che sei stata tu e non sarai punita...". Essa si accusa. Dopo qualche giorno la scatola è ritrovata e la bimba dice alla madre meravigliata: "Tu, mamma, m’avevi quasi costretta a confessarmi colpevole, tanto che ho pensato di dirti di sì per farti piacere". Influenza della suggestione! 

* Allorché è impossibile supporre che il fanciullo non abbia voluto ingannare, lo si castighi, perché ogni colpa deve essere punita e non bisogna lasciargli credere di poter ingannare con molta facilità i suoi educatori. In tal caso bisogna fare di tutto perché confessi la sua colpa, parlandogli con bontà e lodando il coraggio di coloro che sanno riconoscere i propri torti, ma non si deve far leva sulla punizione dura che li attende. 
Se confessa, vi mostrerete molto paterni e non lo umilierete oltre misura; dovete però imporgli una punizione normale, almeno nella maggior parte dei casi. Se tenterà di negare, gli esporrete allora senza nessuna aria di vittoria, ma con molta naturalezza, le prove
della sua colpevolezza, chiedendogli di confutarle. Non potrà farlo appunto perché colpevole e allora gli potrete far notare come non sia cosa facile ingannare i genitori. 
Vi guarderete dal considerarlo alla stregua di un bugiardo — cosa che lo istigherebbe maggiormente — ma considererete la sua colpa come accidentale. 
Quando un bimbo abusa della confidenza gli farete notare che è vostro dovere togliergliela per un certo tempo; promettendogli, però, che se ritornerà ad essere schietto, gliela ridarete. In seguito non gli ricorderete la sua menzogna. 

* L’educazione alla lealtà deve essere anche educazione alla discrezione, perché essere leali non consiste nel dire qualunque verità a chiunque e in qualunque momento.

AMDG  et BVM

Cristeros: il martirio del Messico 1926-29




Cristeros: il martirio del Messico 1926-29

PAOLO GULISANO, Viva Cristo Re! Cristeros: il martirio del Messico 1926-29, con presentazione di Franco Cardini, Il Cerchio Iniziative editoriali, 1999, Via Gambalunga 91, 47900 Rimini, pp. 146, € 12,50  
 
Il libro di Gulisano è dedicato ad un episodio assai poco conosciuto della vita del moderno Messico. Si tratta dello scontro tra la classe dirigente del paese, di orientamento massone e socialista, da una parte ed il popolo cattolico che rivendicava solo il diritto di poter continuare a professare la propria fede, dall’altra. 


Come ricorda l’autore del libro, la vicenda trova significativi paralleli nelle violente repressioni operate al tempo della Rivoluzione francese dalle ‘colonne infernali’ nella ribelle Vandea cattolica ed in quella messa in atto appena pochi anni prima da Lenin in Russia contro le chiese cristiane. 
Per spiegare la vicenda messicana degli anni 1926-1929, Gulisano prende le mosse dal punto di svolta della storia messicana che & rappresentato dalla separazione del Messico dalla Spagna avvenuta nel secolo XIX. Tranne una brevissima parentesi, a succedersi al potere nel paese sono infatti soltanto esponenti rivoluzionari accomunati tra loro dalla ferma volontà di sradicare il cattolicesimo. 

La loro opera dovette essere tanto più violenta quanto maggiore era stata la penetrazione della fede nel Messico, iniziata -ricorda a lungo Gulisano- sin dal momento della colonizzazione spagnola e contrassegnata dall’apparizione di Guadalupe del 1531. Qui la Vergine Maria aveva lasciato quale segno soprannaturale la propria immagine riflessa sul mantello dell’indio Juan Diego (poi canonizzato da Giovanni Paolo II nel 2002). 

 
Al pari dell’immagine della Vergine sul mantello, anche la fede era rimasta indelebilmente impressa in quel popolo messicano. Proprio per questo motivo, una secolare pubblicistica di impronta laicista, adirata perch& il popolo messicano non voleva affatto convertirsi a quel radicalismo illuminista che le classi dirigenti importavano dai vicini Stati Uniti, lo avrebbe poi caricaturalmente descritto come passivo, gretto, reazionario, bigotto: con un modello destinato a perpetuarsi in film e libri fino ad oggi..  


A partire da questa compenetrazione tra il popolo messicano e la sua fede, Paolo Gulisano ripercorre nel libro le oppressive legislazioni anticattoliche che, ad ogni rivolgimento politico, si succedono in Messico, per soffermarsi infine sugli avvenimenti che fanno seguito alla morte di Porfirio Diaz nel 1911. E’ da quel momento, infatti, che si prepara lo scontro finale fra il popolo e la classe dirigente del paese.  


Di tale recrudescenza della persecuzione laicista l'episodio emblematico la costituzione detta di Queretaro del 1917, rimasta in vigore fino al dicembre 1991 (seppure, poi, nel tempo, applicata con minor rigore), che rende illegale la pratica religiosa.  
Allo scontro si arriva però nel 1926 quando il Presidente Calles propone la ‘soluzione finale’ della questione cattolica: essa consiste nella previsione di pene severe, fino alla messa a morte per chi battezza, contrae matrimonio religioso o fa catechismo; per i sacerdoti che indossano la talare per tutti coloro, insomma, che professano la fede. Ai cattolici va riconosciuto di aver sopportato fino all’impossibile e di aver cercato fino all’ultimo una via pacifica; solo infatti quando questo non appare più possibile che nasce l'insurrezione. Essa prese il nome di Cristiada mentre cristeros furono detti i suoi protagonisti.  


Particolare attenzione Gulisano dedica quindi alla formazione dell'Esercito di Cristo Re (questo era il suo nome ufficiale) soprattutto per comprendere quale fu lo spirito che l’animò sino alla fine ed all’illustrazione dell’enciclica Iniquis afflictisque emanata, proprio durante lo scontro, da Pio XI a sostegno delle ragioni dei cristiani. 

 
Uno dei capitoli più commoventi del libro è dedicato alla descrizione delle figure che si arruolano e muoiono martiri nelle file dei Cristeros. Spicca tra tutti costoro, la figura del gesuita p. Miguel Pro, ucciso in odio alla fede e, di recente, canonizzato da Giovanni Paolo II.  
Chiude il libro la descrizione delle vicende che segnarono la fine dell’insurrezione cristera con il tragico seguito di repressioni ai danni della popolazione sempre nel tentativo di estirpare la fede dal paese.  


La pressoché totale ignoranza che circonda il martirio dei cristeros anche all’interno del mondo cattolico, suggeriva da tempo che qualcuno fosse disposto a ripercorrere la loro vicenda storica anche perchè una loro storia completa è mai stata scritta: nemmeno dai vincitori. Questa restituzione della memoria è stato l’intento dell’autore: sulla scia, del resto, del Pontefice che, in più occasioni, ha indicato nei martiri messicani del XX secolo i modelli di un’autentica fede.  
Andrea Gasperrini

*** *** ***



I martiri di Cristo Re 
 
 di Paolo Gulisano 

Sono i Cristeros, cattolici perseguitati che per affermare il loro diritto di vivere la fede si trovarono costretti a prendere le armi. Al grido di Viva Cristo Rey. In Messico, negli anni Venti del secolo scorso. Dominato dalla Massoneria. 

[Da "Il Timone" n. 14 Luglio/Agosto 2001] 

Tra gli eventi che nel XX hanno visto per protagonisti quelli che Giovanni Paolo II chiama "i nuovi martiri", uno era finora sfuggito all’attenzione del grande pubblico: il martirio subito dalla Chiesa in Messico. Raccontiamo questa storia dimenticata, che diffficilmente si trova nei libri di storia, quella di una rivolta di coraggiosi, di contadini, maestri, impiegati, madri di famiglia, che insorsero in difesa della libertà concrete (di fede, di diritto ad un insegnamento libero, ad una socialità non soffocata dallo Stato), che combatterono contro il genocidio culturale: l’epopea dei Cristeros. 

Prima della celeberrima rivoluzione avvenuta agli inizi del XX secolo, il Messico aveva conosciuto, nello spazio di cinquant’anni, settantadue colpi di stato e trentasei costituzioni: la corsa al potere era continua e avveniva nel crepitio delle fucilate. Tra i vari litiganti chi seppe trarre profitto fu l’Amministrazione Statunitense, appoggiando di volta in volta gli ambiziosi contendenti e soffiando sul fuoco della discordia. Fin dai primi anni della loro indipendenza gli Stati Uniti rivolsero particolare attenzione alle ricchezze dell’ex-colonia spagnola. Ai primi dell’Ottocento incorporarono la Louisiana e la Florida, e oltre ai commerci vi impiantarono ben presto un’aggressiva attività missionaria protestante, allo scopo di "delatinizzare" quelle regioni la cui popolazione era quasi interamente cattolica. A metà del secolo, gli USA crearono un incidente diplomatico col Messico, a cui fece seguito una breve ed intensa guerra di annessione: a bandiera a stelle e strisce sventolò così in tre nuovi stati - il Texas, la California, il New Mexico - un territorio enorme e dalle immense risorse naturali. Fu sempre Washington ad appoggiare le rivolte che servivano a sbarazzarsi di uomini divenuti non graditi, sostituendoli con personaggi più malleabili, che appena giunti al potere si affrettavano a rilasciare concessioni minerarie a importanti compagnie americane per lo sfruttamento di oro, platino, mercurio, rame, ferro, carbone e argento. 

Per lo più, alla vigilia della prima Guerra Mondiale, una nuova scoperta, quella del petrolio, accentuò l’interesse nord-americano per i territori al di là del Rio Grande. 

Scoppiata la Rivoluzione nel 1910, una serie di ditattori si susseguì al potere: dapprima Carranza, autore nel 1917 di una Costituzione ferocemente anti-cattolica, e quindi Obregone Callas, eletti coi voti del 2% della popolazione. 

La Rivoluzione, inizialmente sostenuta dalla sollevazione dei peones, che sognavano una più equa riforma agraria e che erano animati da un profondo sentimento religioso, finì in realtà per porre a capo della nazione messicana una classe dirigente massonica che diede il via ad una massiccia opera di scristianizzazione della società. Il generale Plutarco Calles fu il principale protagonista dell’opera di persecuzione. Nato negli USA, fu l’esponente di quell’ideologia apparentemente contradditoria - un misto di liberismo e leninismo, di giacobinismo e autoritarismo pragmatico - che diede i fondamenti ideologici e pratici al "Partido Revolucionario lnstitutional". Il collante di tale composita ideologia fu l’appartenenza massonica dei suoi seguaci e un nemico da abbattere con odio determinato: la Cbiesa Cattolica. La persecuzione religiosa raggiunse il suo vertice con la "Legge Calles" del 14 giugno 1926, con la quale la Chiesa Cattolica, che rappresentava non solo la religione del popolo messicano, ma la sua stessa anima e identità culturale e nazionale, tu privata di tutti i diritti. 

I vescovi messicani, sostenuti da Papa Pio Xl, ordinarono di chiudere al culto le chiese, dal momento che ne andava della vita stessa dei sacerdoti e della libertà del popolo di Dio. Cominciò a scorrere il sangue dei martiri, I cattolici perseguitati trovarono il coraggio di manifestare pubblicamente la propria fede, affrontando dapprima la repressione poliziesca e quindi quella militare. Calles impose aqli impiegati cattolici una scelta: rinunciare a Cristo o perdere il posto. Su 400 maestri di Guadalajara, ben 389 preferirono essere destituiti piuttosto che rinnegare la fede. Mentre le prigioni andavano riempiendosi sempre più, i cattolici costituitisi nella "Lega per la difesa della libertà religiosa", continuarono la battaglia civile e non violenta con il boicottaggio nei confronti dello Stato: acquistare solo lo stretto necessario, disertare teatri e luoghi di divertimento, rinunciare a viaggi, ritirare i depositi dalle banche. Il boicottaggio venne propagandato dai giovani attivisti in vari modi e in ogni parte del paese e la risposta violentissima del regime non si fece attendere: le detenzioni vennero sostituite dalle esecuzioni sommarie. Il generale Gonzales, comandante delle truppe della regione di Michoacan, emise questo decreto in data 23 dicembre 1927: "Chiunque farà battezzare i propri figli, o farà matrimonio religioso, o si confesserà, sarà trattato da ribelle e fucilato". 

A Citta del Messico, in tutta risposta, convennero folle di pellegrini da ogni parte della nazione, a ricordo del primo Congresso Eucaristico Nazionale, tenutasi nel 1924 con grande successo, nonostante le restrizioni governative, e sulla cima del Cubilete, centro geografico della nazione, per la prima volta venne lanciato il grido fatidico, segnale di riscossa e di insorgenza, che doveva diventare il grido dei martiri davanti ai plotoni di esecuzione o alle forche di questa nuova Vandea: "Viva Cristo Re!". Ma dì fronte agli arresti, alle confische, ai campi di concentramento, agli stupri e agli eccidi, consumati nell’indifferenza internazionale, rotta solo dalle vibranti proteste del Vaticano, i cattolici si trovarono senza altra alternativa, dopo la testimonianza, il boicottaggio e la resistenza passiva, che prendere le armi: divennero soldati, soldati di Cristo Re o, come venivano sprezzantemente definiti dai nemici, "Cristeros". 

L’11 gennaio 1927 fu proclamato il Manifesto alla nazione detto "de los Altos" e nacque l’Esercito Nazionale dei Liberatori. Il programma politico prevedeva la restaurazione di tutte le libertà soppresse. 

L’esercito si organizzò disponendo unicamente del sostegno dei volontari e della popolazione civile. Le colonne si spostavano continuamente in una tattica di guerriglia. 

L’armata era composta di giovani, contadini e operai, studenti e impiegati, animati e uniti da uno spirito ammirevole: alla sera, prima di addormentarsi, i Cristeros cantavano l’inno "Tropas de Maria". Quando era possibile si conservava il Santissimo, e i soldati si davano il cambio ogni quarto d’ora per L’adorazione. I capi portavano la croce sul petto e i soldati l’immagine della Vergine di Guadalupe; prima di dare battaglia, tutti si facevano il segno della croce e poi si battevano al grido di "Viva Cristo Re". Lo spazio non ci consente di elencare i tanti protagonisti dell’eroica insurrezione, i valorosi e i martiri, alcuni dei quali, sotto il pontficato di Giovanni Paolo II, hanno raggiunto la gloria degli altari, come il gesuita Padre Miguel Agustin Pro, fucilato senza processo. 

Fu una Vandea, abbiamo detto, ma con una conclusione diversa: il desiderio di vedere cessare definitivamente le sofferenze del popolo messicano portò l’Episcopato a siglare accordi con il governo. Il 29 giugno 1929, festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, le chiese del Messico si riaprirono al culto, e le campane tornarono a suonare nel paese: vennero celebrate Messe ovunque, tra l’entusiasmo della popolazione. I Cristeros deposero le armi: discesero dai monti, sciolsero i battaglioni che per tre anni avevano tenuto testa alle truppe governative, e tornarono ai loro villaggi e alle loro città. La gioia per il ritorno della pace si accompagnò però nei loro cuori all’amarezza per la mancata vittoria: i nemici di sempre rimanevano ai loro posti di comando e la tregua, così frettolosamente raggiunta. sapeva di compromesso. 

Molti esponenti dei Cristeros si sentirono traditi: non era stato firmato un accordo, ma una resa. Numerosi membri del clero e laici noti per il loro impegno antigovernativo vennero esiliati e molti Cristeros, appena deposte le armi, furono arrestati e fucilati. Non pochi paesi che avevano dato loro ospitalità vennero saccheggiati e i sacerdoti ritornati nelle loro parrocchie divennero bersagli dell’ostilità governativa. 

Prese il via un’opera più raffinata e meno cruenta di marginalizzazione dell’identità religiosa e culturale del popolo messicano. 

Secondo il filosofo argentino Alberto Caturelli, "il popolo messicano è il prototipo di una comunità martire, della cui testimonianza partecipano tutti i popoli della iberoamerica. Popolo di Cristo Re la cui epopea cristiana ha consacrato tanti messicani come testimoni del Testimone". Impossibile immaginare una gloria maggiore: a noi il dovere dl. non soccombere alla maledizione della dimenticanza. 

Bibliografia 

Paolo Gulisano, Viva Cristo Re! Cristeros: il martirio del Messico 1926-29. Il Cerchio, Rimini 1999. 
L. Zilliani, Messico Martire, Soc. Ed. S. Alessandrino, Bergamo 1935. 
Vandea e Messico, Edizioni Centro Grafico Stampa, Bergamo 1993. 


Cronologia 

· Dicembre 1916: attraverso elezioni manipolate, Carranza diventa Presidente del Messico. Egli si appoggia al liberalismo giacobino, al protestantesimo nordamericano e alla massoneria. Sì inaugura la serie di governi anticattolici che domineranno il Messico per tuffo il secolo XX. 

· 5 febbraio 1917: viene approvata la nuova Costituzione massonica. La Costituzione proibisce l’insegnamento religioso, spoglia la Chiesa di tutti i suoi beni, limita il numero dei sacerdoti e l’esercizio del loro ministero, nega alla Chiesa personalità giuridica, vieta ai sacerdoti di avere proprietà, di votare, ereditare, ma li obbliga al servizio militare. Nel biennio successivo, undici tra arcivescovi e vescovi vengono esiliati negli USA, due a Cuba, altri in Europa. Centinaia di sacerdoti e religiosi vengono cacciati e duemila scuole cattoliche vengono chiuse. 

· 1920: un colpo di Stato militare depone Carranza. lì generale Alvaro Obregòn (1880-1928) è il nuovo presidente. 

· 1924: Scaduto il mandato presidenziale di Obregòn, inizia la "staffetta" con Plutarco Elias Calles. 

· 21 aprile 1926: una lettera pastorale dei vescovi messicani accusa il governo di voler "annichilire il cattolicesimo", aprire le porte ai Protestanti e favorire la Massoneria. 

· 14 giugno 1926: viene emanata la "legge Calles", che restringe ancor di più la libertà religiosa. 

· 31 luglio 1926: per la prima volta, dopo più di 400 anni, i vescovi decidono di sospendere il culto pubblico in tutte le chiese del Messico. Si vive come in un lutto nazionale. 

· Agosto 1926: si contano sei rivolte in diverse zone del Paese e numerose proteste di piazza. La rivolta dei Cristeros è iniziata. Dopo un anno, i Cristeros in armi sono circa 25.000. 

· 18 novembre 1926: nell’Enciclica Iniquis afflictisque, Papa Pio Xl richiama l’attenzione della Chiesa universale sulla "paurosa situazione" dei cattolici messicani. 

· 21 giugno 1929: i vescovi Ruiz Flòres e Pascual Diaz firmano con il Presidente ad interim Emilio Portes Gil un modus vivendi che pone fine agli scontri. lì 29 giugno si riaprono le chiese. Ma la persecuzione continua. Nel 1935 si contano in Messico poco più di 300 sacerdoti, sugli oltre 4.000 presenti all’inizio della rivolta. In 17 Stati non si tollera la presenza di alcun sacerdote. La cristiada era costata la morte di 30.000 cristeros a cui vanno aggiunti 150.000 morti tra il popolo e quasi 40.000 caduti dell’esercito governativo.



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