Alberto Magno
L’UNIONE CON DIO
CAPITOLO I
LA MASSIMA PERFEZIONE SPIRITUALE E’ POSSIBILE ALL’UOMO MEDIANTE
IL DISTACCO DELLA INTELLIGENZA E DELLA VOLONTA’ DA TUTTE LE COSE
Perché l’autore scrive questo opuscolo
Ho
pensato di scrivere un’ultima parola (per quanto mi è possibile nei languori di
questo esilio e pellegrinaggio) sul distacco completo da tutte le cose; e
sull’unione libera, sicura, assoluta e totale con Dio. Il fine della perfezione
cristiana, infatti, non è altro che la carità che a Dio ci unisce (1).
L’unione con Dio quale s’impone a tutti
gli uomini
L’uomo
che vuol giungere a salvezza è obbligato a questa unione di carità, e deve per
conseguenza praticare i divini precetti e conformarsi alla divina volontà.
Tale
vita escluderà tutto ciò che ripugna all’essenza della virtù della carità, cioè
il peccato mortale.
L’unione con Dio quale si impone ai
religiosi
Ma i
religiosi si sono votati inoltre alla perfezione evangelica e alle opere di
supererogazione e di consiglio, per arrivare più facilmente al loro fine ultimo
che è Dio (2). Per cui essi evitano ciò che potrebbe impedire l’atto e il
fervore della carità e ostacolare il loro slancio verso Dio.
Essi
hanno rinunciato a tutti i beni del corpo e dell’ingegno e non osservano che il
voto della loro professione religiosa (3).
Condizioni dell’unione perfetta con Dio
Dio è
spirito, e coloro che l’adorano devono adorarlo “in spirito e verità” (4),
devono cioè adorarlo con una conoscenza e un amore, una intelligenza e una
volontà spogli da ogni illusione terrena.
Infatti
il Vangelo dice: “Quando adorate, entrate nella vostra casa” ossia nell’intimo
del vostro cuore e “dopo aver chiusa la porta” dei vostri sensi, con cuore
puro, con coscienza senza rimproveri e con fede senza finzione “pregate il
Padre in spirito e verità, nel segreto della vostra anima” (5).
L’uomo
saprà realizzare questo ideale quando sarà disinteressato e spogliato di tutto,
quando sarà interamente raccolto in se stesso, quando avrà messo da parte e
dimenticato l’universo intero per mantenersi nel silenzio in presenza di Gesù
Cristo, mentre la sua anima purificata eleverà con sicurezza e confidenza i
suoi desideri a Dio, e con tutto lo slancio del suo cuore e del suo amore si
dilaterà, s’inabisserà, s’infiammerà, si immedesimerà in lui, fino nel più
intimo del suo essere, con una sincerità e una pienezza senza limiti.
CAPITOLO
II
SI PUò
DISPREZZARE TUTTE LE COSE TERRENE PER TENDERE ALL’UNIONE INTIMA CON DIO
Per
raggiungere l’unione perfetta con Dio, bisogna disprezzare i beni terrestri
Ma
l’uomo che intende raggiungere realmente tale stato di perfezione ed entrarvi,
deve assolutamente chiudere occhi e sensi; non preoccuparsi, non turbarsi, non
inquietarsi, non curarsi per nulla delle creature.
Raccogliersi in se stessi e attaccarsi a
Cristo
Bisogna
ch’egli rinunzi completamente a tutte le cose di questo mondo come inutili,
nocive, funeste (6); che si raccolga in se stesso, e la sua anima non abbia
altro pensiero che per il Cristo doloroso.
Egli
dovrà fare ogni sforzo e serbare tutta la sua perseveranza per arrivare a lui
per mezzo di lui: cioè a Dio per mezzo dell’UomoDio, all’intimo della sua
divinità per mezzo delle piaghe della sua umanità.
Bisogna anche
abbandonarsi alla Divina provvidenza
Egli
dovrà infine con tutta semplicità e confidenza abbandonare senza restrizione
ogni cosa alla infinita provvidenza di Dio, secondo le parole di S. Pietro:
“Deponete in Lui tutte le vostre angustie, perché Egli si prende cura di voi”
(7). E altrove è detto “Non inquietatevi di nulla” (8); “Affida al Signore le
tue cure: ed egli sarà il tuo tutore” (9); “Mi fan lieto, o Signore, le opere
tue” (10); “Sempre io tengo il Signore innanzi a me” (11); “Incontrai l’amato
del mio cuore” (12) e “mi venne ogni bene insieme” (13) con lui.
Bisogna
infine cercare di esplorare il tesoro celeste
Ecco il
tesoro celeste e nascosto, la pietra preziosa che si deve preferire a tutto, e
cercare con umile fiducia e con sforzo costante, nella tranquillità del
silenzio, con la massima energia dell’anima, dovesse pur costarci la perdita
del benessere corporale, della lode, dell’onore.
Se così
non fosse, per qual motivo ci faremmo religiosi? “Che gioverebbe a un uomo
guadagnare tutto il mondo se perdesse l’anima sua?” (14).
Che
importa lo stato, la santità della professione, l’abito dei perfetti, la testa
tosata, tutto l’esteriore di una vita separata dal mondo, se poi manca lo
spirito d’umiltà e di verità dove soltanto abita il Cristo per mezzo della fede
e della carità? Dice S. Luca: “Il regno di Dio è dentro di voi” (15) ed è
appunto il Cristo.
CAPITOLO III
LA LEGGE DELLA PERFEZIONE DELL’ UOMO IN QUESTA VITA
L’unione con Dio è proporzionata al
distacco dalle cose terrestri
Più lo
spirito è assorbito dal pensiero e dalle cure delle cose di questo mondo, più
perde l’intimità della sua devozione e s’allontana dalle cose celesti. Al
contrario, più si darà premura di allontanare le sue facoltà dal ricordo,
dall’amore, dal pensiero delle cose inferiori per fissarle nelle cose
superiori, più sarà perfetta la sua devozione, e più diventerà pura la sua
contemplazione.
E’
impossibile che l’anima possa applicarsi, perfettamente a due oggetti nello
stesso tempo, quando essi sono dissimili come il giorno e la notte (16).
Chi
vive unito a Dio abita nella luce, chi si attacca al mondo vive nelle tenebre.
In che
consiste la più alta perfezione in questo mondo
La più
alta perfezione dell’uomo in questa vita consisterà dunque nel raggiungere una
tale intimità con Dio, da procurare che tutte le facoltà e potenze dell’anima
rimangano raccolte in lui e formino come un medesimo spirito con lui (17) e
l’anima non ricordi che Dio, non senta e non comprenda che Dio, che tutti i
suoi affetti, uniti nella gioia dell’amore, non trovino riposo che nel possesso
del Creatore.
L’immagine
di Dio, impressa nell’anima, è infatti costituita dalla ragione, della memoria
e dalla volontà; ma fino a quando queste facoltà non portano l’impronta
perfetta di Dio, non gli rassomigliano come nei giorni della prima creazione
dell’uomo (18).
L’immagine
di Dio deve essere impressa negli atti dell’uomo
La
forma dell’anima è Dio, che deve imprimersi in essa come il sigillo sulla cera,
come la marca sul proprio oggetto (19).
E ciò
si realizza pienamente soltanto quando la ragione è completamente illuminata
dalla conoscenza di Dio, verità suprema, e la volontà è interamente incatenata
all’amore dell’eccelso bene, e quando la memoria è pienamente assorta nella
contemplazione e nel godimento della felicità eterna e nel soave, dolce riposo
di tale felicità. E siccome la gloria dei Beati in cielo, non è altro che il
possesso di questo stato, è chiaro che l’iniziato possesso del medesimo,
costituirà la perfezione dell’uomo nella vita presente.
CAPITOLO IV
L’UOMO DEVE OPERARE SECONDO LA SUA INTELLIGENZA E NON SECONDO I
SENSI
Bisogna purificare l’anima dalle illusioni
e preoccupazioni terrene
Beato
colui che allontana da sé assiduamente le illusioni e le immaginazioni, e che
orienta ed eleva la sua anima verso Dio. Fortunato colui che riesce ad obliare
le apparenze e opera interiormente, dirigendo con purezza e semplicità la
propria intelligenza e volontà verso il purissimo Dio!
Sforzatevi
di allontanare dalla vostra anima le illusioni, le apparenze, le immaginazioni,
insomma tutto ciò che non è Dio (20).
E’
necessario che tutto ciò che voi fate per Iddio derivi da una intelligenza, da
una affezione, da una volontà egualmente purificate.
In
poche parole, fine di tutte le vostre azioni deve essere di tendere verso Dio e
di trovare in lui il riposo intimo, per mezzo di una intelligenza perfettamente
pura e di una volontà completamente a lui consacrata, esente da
rappresentazioni e preoccupazioni umane.
Non si arriva a Dio per mezzo dei sensi
Non con
gli organi materiali né coi sensi esterni si arriva a Dio, ma con ciò che
caratterizza l’essere umano, vale a dire con l’intelligenza e la volontà (21).
Per conseguenza fino a che l’uomo s’indugia e si diverte in cose che
interessano l’immaginazione e i sensi, è evidente che non ha ancora superato
gli istinti e i limiti di ciò che vi è di animale in lui, di ciò che egli ha in
comune coi bruti.
L’animale
irragionevole non comprende, e non è impressionato che nella immaginazione e
nei sensi, perché non ha facoltà più nobili. Ben altrimenti accade all’uomo,
dotato di intelligenza, di volontà, di libero arbitrio, e creato ad immagine e
somiglianza di Dio. Soltanto dunque per mezzo di queste facoltà, senza altri
intermediari, egli deve tendere a lui e fissarsi in lui (22).
Il
demonio ci tenta per mezzo dei sensi per impedire la nostra unione con Dio
Il
demonio fa tutto il possibile per impedire questo santo esercizio.
Egli
vede in esso un principio, un dolce preludio di vita eterna e ne è invidioso;
si sforza dunque, con una tentazione o con l’altra, di allontanare l’anima da
Dio. Eccita le passioni, provoca agitazioni inutili, preoccupazioni.
indiscrete, turbamenti, conversazioni sregolate, irragionevoli curiosità.
Seduce
per mezzo della lettura di libri vani, di relazioni pericolose, con
l’agitazione e con le novità; ricorre alle dure prove, alle avversità, ecc.
Le
preoccupazioni terrestri, anche se oneste possono essere di ostacolo alla
nostra unione con Dio
Può
anche darsi che tutte queste cose non siano talvolta che colpe leggere, o non
siano neppure colpe; è nondimeno fuori di dubbio che rappresentino sempre un
grande ostacolo all’opera di unione con Dio.
Dobbiamo
dunque concludere che quand’anche tutto ciò sembrasse utile o, se si vuole,
necessario, conviene 1iberarne i sensi, come di un male, si tratti di grandi o
di piccole cose.
Ciò che
in qualsiasi modo si è udito o fatto, o detto, non deve lasciare in noi alcuna
preoccupazione, o effervescenza dell’immaginazione. Né prima, né dopo, né
durante, dobbiamo attaccarvi i sensi interni o esterni al punto da esserne
turbati.
Risultati del distacco dalle cose terrene
Quando
le rappresentazioni sensibili non agitano più la memoria né lo spirito, allora
l’uomo non è più disturbato nelle sue preghiere, nelle meditazioni, nella
recita del divino ufficio, in nessuno insomma dei suoi esercizi spirituali.
Non vi
saranno più in lui quei ricordi del passato che generano le distrazioni.
Voi
potrete allora, senza difficoltà e con sicurezza, nel silenzio e nella pace,
affidare voi stessi e quanto vi appartiene all’infallibile e salda Provvidenza.
Iddio allora combatterà per voi, vi darà una libertà e delle consolazioni
migliori, più nobili, più dolci di quelle che avreste goduto abbandonandovi
giorno e notte alle corse folli della immaginazione, alle vane agitazioni
lusinghiere della vostra anima, che sarebbe stata sacrificata, senza ragione,
col vostro corpo, il vostro tempo, le vostre forze (23).
Non bisogna impressionarsi di nulla
Bisogna
dunque che ogni avvenimento, qualunque ne sia l’origine, sia accettato in
silenzio, nella pace e tranquillità dello spirito. Essi ci vengono sempre dalla
mano patema della Provvidenza.
Allontaniamo
dunque con molta cura le preoccupazioni materiali, per quanto ce lo permette la
nostra professione.
Purifichiamo
pensieri ed affetti, per fissarci in Colui al quale ci siamo votati così
frequentemente e così totalmente.
Non vi
siano più intermediari fra lui e la nostra anima.
Allora
soltanto noi potremo senza indugi e inciampi, passare direttamente dalle piaghe
dell’umanità di Gesù Cristo alla luce della sua divinità.
CAPITOLO V
DOBBIAMO RICERCARE LA PUREZZA DI CUORE PIÙ D’OGNI ALTRA COSA
Si
trova la purezza del cuore riunendo le proprie affezioni in Dio
Voi dunque
che desiderate percorrere il sentiero più breve e più sicuro per arrivare un
giorno alla patria celeste, alla grazia, alla gloria eterna, mettete ogni
vostra cura a mantenere il cuore in una inviolabile purezza, l’anima in libertà,
i sensi nella quiete.
Raccogliete
tutte le affezioni del vostro cuore per gettarle in seno a Dio.
Bisogna, quanto più è possibile, liberarsi
dalle preoccupazioni inutili
Staccatevi,
per quanto è possibile, dalle vostre conoscenze e da tutto ciò che potrebbe
ostacolare i vostri propositi.
Cercate
ardentemente e continuamente il luogo, il tempo, il modo di godere la pace e la
contemplazione. Non amate nulla più del segreto della solitudine, evitate i
discorsi mondani sempre pronti ad ostacolarvi, fuggite le turbolenze di un mondo
incessantemente agitato e rumoroso (24).
Sforzatevi
costantemente di purificare, di illuminare e pacificare il vostro cuore,
chiudete le porte dei sensi carnali, per raccogliervi abitualmente in voi
stessi, e fate in modo che il vostro cuore resti chiuso, per quanto è
possibile, a tutto ciò che può venirvi dalla terra.
Importanza della purezza di cuore
Fra
tutti gli esercizi spirituali la purezza del cuore tiene il primo posto.
Essa è
il fine e la ricompensa di tutto il lavoro spirituale e non appartiene che a
colui il quale vive veramente secondo lo spirito e da buon religioso.
Mettete
dunque ogni vostra cura, ogni vostra capacità e ogni energia per liberare il
vostro cuore, i vostri sensi e le vostre affezioni da tutto ciò che potrebbe
ostacolarne la libertà, incatenarvi e rendervi schiavi.
Combattete
costantemente per riunire tutte le affezioni disordinate del vostro cuore
nell’amore della sola e pura verità e del bene supremo.
Effetti della purezza di cuore
L’anima
vostra allora potrà ancorarsi tenacemente in Dio e nelle cose divine, voi
sdegnerete le frivolezze della terra e il vostro cuore si verrà trasformando,
fino nella più intima fibra, in Nostro Signore Gesù.
Quando
avrete incominciato a spogliarvi e a liberarvi di ciò che è terrestre, a semplificare
e tranquillizzare con fiducia il cuore e lo spirito in Dio, per bere ed
assaporare con tutte le vostre potenze i flutti dei favori divini, e a fissare
la vostra volontà ed intelligenza in Dio, allora non vi sarà più necessario
ricorrere agli insegnamenti della divina Scrittura per apprendervi l’amor di
Dio e del prossimo: lo Spirito Santo vi istruirà e dirigerà (25).
Non bisogna trascurare nulla per uscire da
se stessi
Non
risparmiate dunque nessuno sforzo, nessuna fatica, nessuno slancio, per purificare
il vostro cuore, per fissarvi immobili e tranquilli in Dio, come se fosse già
spuntato per voi il giorno dell’eternità che è il giorno di Dio.
Per
amore di Gesù plasmate in voi stessi un’anima pura, una coscienza serena e una
fede sincera, e di fronte a tutte le prove, a tutti gli eventi, confidate in
Dio senza restrizione, non curandovi d’altro che di obbedire assolutamente alla
sua volontà e ai suoi desideri.
Per
arrivare a questo, dovete rientrare frequentemente in voi stessi e rimanervi il
più possibile, onde effettuare in voi il distacco da ogni cosa terrena.
Serbate
la vostra anima nella purezza e nella calma; preservate la vostra intelligenza
dalla polvere di quaggiù, proteggete la libertà della vostra volontà,
attaccatevi con ardente amore al bene supremo, tenete la vostra memoria al
disopra delle cose di questo mondo, per fissarla nel bene essenziale e
increato.
L’unione
di intelligenza e d’amore con Dio è la suprema perfezione sulla terra
La
vostra anima con tutte le sue facoltà e potenze sia raccolta in Dio in modo da
formare con lui un solo spirito. In questo consiste tutta la perfezione
possibile all’uomo sulla terra.
Tale
unione d’intelligenza e d’amore per cui l’uomo si conforma in tutto alla volontà
eterna e suprema, ci permette di diventare, per grazia, ciò che Dio è per
natura (26).
Non
dimentichiamolo: nello stesso istante in cui l’uomo, con l’aiuto di Dio riesce
a vincere la sua volontà, vale a dire, riesce ad allontanare da sé ogni amore,
ogni preoccupazione disordinata, per lanciarsi decisamente, con tutte le sue
miserie, nel seno di Dio, diventa immediatamente così gradito a Dio che ne
riceve il dono della grazia.
La
grazia poi gli comunica la carità e l’amore; la carità mette termine a tutte le
esitazioni, a tutti i timori, ed egli confida soltanto in Dio.
E’
dunque ben vero che la più grande felicità consiste nel porre tutta la nostra
fiducia in Colui che non può mancarci. Fino a quando resterete in voi stessi,
sarete vacillanti e instabili. Gettatevi con confidenza sul cuore di Dio, egli
vi riceverà, vi guarirà, vi salverà (27).
La felicità dell’unione con Dio
Se
saprete riflettere frequentemente su queste verità, troverete in esse più
felicità e gioia per la vita che non in tutte le ricchezze, in tutti gli onori,
in tutte le delizie; non solo, ma persino più che in tutta la sapienza e la
scienza di questo mondo menzognero e ripieno di corruzione, anche se possedeste
tali beni in copia maggiore di quanta ne ebbero coloro che vi hanno preceduti.
CAPITOLO VI
L’UOMO CHE VUOLE ACQUISTARE LA VERA PIETA’ DEVE PURIFICARE LA
PROPRIA INTELLIGENZA E I PROPRI AFFETTI
Il distacco interiore fa gustare le cose
del cielo
E’ fuor
di dubbio che più voi sarete liberi dalle occupazioni e dai ricordi esteriori e
mondani, più la vostra anima riacquisterà forza e capacità per gustare le cose
del cielo. Imparate perciò a staccarvi dalle cose terrene.
Dio ama
molto tale rinuncia. Le sue delizie sono di stare coi figlioli degli uomini
(28) cioè con coloro che dopo avere allontanato le distrazioni e le passioni,
sanno, con cuore puro e retto, tendere, donarsi e attaccarsi a lui.
Se la
memoria, l’immaginazione, i pensieri strisciano spesso a terra, accadrà
necessariamente che gli avvenimenti nuovi, i ricordi del passato e molte altre
cose, inevitabilmente vi preoccuperanno e distrarranno. Lo Spirito Santo è
assente da questi pensieri che mancano di saggezza.
Il vero
amico di Gesù Cristo deve dunque essere talmente unito con la propria
intelligenza e buona volontà alla volontà e alla bontà divina, da togliere alle
passioni ogni appiglio su lui e da evitare di indagare se è schernito, amato o
considerato come persona da poco. La buona volontà può arrivare a tutto, può
dominare ogni cosa.
Suscita nell’anima il disinteresse per le
miserie personali
Se la
volontà è buona e pienamente conforme e unita alla volontà di Dio, come
consiglia l’intelligenza, poco importa che la carne, i sensi, l’uomo esteriore,
siano inclini al male e fiacchi per il bene, oppure che l’uomo interiore si
trovi senza amore per le cose spirituali (29). Importa soltanto che per la fede
e la buona volontà l’uomo resti unito a Dio con tutta l’anima.
Egli vi
riuscirà, se riconoscerà la propria imperfezione e il proprio nulla; se
comprenderà che il proprio bene non si trova che nel suo Creatore; se abbandona
a Lui se stesso con tutte le sue potenze, le sue forze e le creature tutte, per
nascondersi interamente in seno a lui con pieno slancio, per dirigere ogni sua
azione verso Dio, senza cercare nulla all’infuori di Dio; se riconosce d’aver
trovato in lui tutto il bene e tutta la felicità della perfezione.
Divinizza l’uomo
L’uomo
allora, giunto a questo stato di perfezione, sarà, in certo qual modo,
trasformato in Dio; non potrà più pensare, amare, comprendere, ricordare che
Dio o le cose di Dio; non vedrà più se stesso e le altre creature se non in
Dio; non avrà altro amore che per Iddio; le creature e se stesso si
presenteranno alla sua memoria solo più nella luce di Dio.
Rende l’anima veramente umile
Simile
conoscenza della verità, rende sempre l’anima umile, severa verso se stessa e
non verso gli altri; mentre la saggezza mondana rende l’anima superba, frivola,
piena d’orgoglio e d’alterigia.
La libertà interiore è necessaria per
elevarsi a Dio
E’
dunque necessario considerare come dottrina fondamentale e veramente spirituale
quella che ci mostra quanto sia chimerico aspirare di giungere alla conoscenza,
al servizio, alla familiarità con Dio e al suo pieno possesso, se non si è
prima distaccato il proprio cuore dalle affezioni terrene, non solamente dalle
persone, ma da ogni altra creatura o cosa; se non si riesce a tendere verso il
Creatore con tutto il cuore, liberamente, senza secondi fini, senza timori né
esitazioni, con fiducia illimitata nella sua universale provvidenza (30).
CAPITOLO VII
COME PRATICARE IL RACCOGLIMENTO DEL CUORE
E’ necessario entrare in se stessi per elevarsi a Dio
Nel
libro “De spiritu et anima”, al cap. XXI (31) è detto che salire verso Dio
significa rientrare in se stessi. Infatti colui che rientra nel suo intimo e
studia se stesso per superarsi, si eleva veramente verso Dio.
Dobbiamo
dunque liberare e proteggere il nostro cuore dalle distrazioni del mondo,
ricondurlo alle gioie intime, per fissarlo infine nella luce della
contemplazione divina.
Vita e
riposo del nostro cuore è dimorare in Dio, sostenuti dall’amore e dolcemente
vivificati dalla divina consolazione.
Bisogna vincere gli ostacoli che
impediscono di entrare in sé stessi
Ma
molti ostacoli ci impediscono di sperimentarlo, e con le sole nostre forze non
potremo mai arrivarvi. L’anima distratta da tante preoccupazioni, non è aiutata
dalla memoria a rientrare in se stessa, perché le ombre di tante cose la
rendono cieca; non è aiutata dall’intelligenza, a causa delle passioni che la
seducono; né si ripiega su se stessa neppure per il desiderio di gioie
interiori e di delizie spirituali.
Essa è
talmente immersa nelle cose sensibili e passeggere, che non può ritornare a sé
come verso la immagine di Dio.
L’anima purificata si eleva spontaneamente
E’ dunque
indispensabile che, guidata dal rispetto e dalla confidenza dell’umiltà,
l’anima si elevi al disopra di se stessa e di ogni creatura, con l’abbandono di
tutte le cose, e possa dire intimamente: Colui che io cerco, amo e desidero fra
tutti, più di tutti, al disopra di tutto, non appare ai sensi né
all’intelligenza: egli oltrepassa gli uni e l’altra.
Dio non è percepito dai sensi, ma
piuttosto nell’esperienza intima
Dio non
è visibile ai sensi, ma deve essere l’oggetto di tutti i nostri desideri. Egli non
ha corpo, ma è infinitamente amabile così da attirarsi gli affetti dell’anima; è
incomparabile, ma seduce soltanto i cuori puri. E’ soprattutto amabile e dolce.
La sua bontà è la sua perfezione sono infinite.
Allora
l’anima entra nelle tenebre dello spirito; si eleva maggiormente e penetra più
profondamente in se stessa (32).
Questo
modo di salire fino alla misteriosa visione della SS. Trinità nell’Unità,
dell’Unità nella Trinità, per mezzo di Nostro Signor Gesù Cristo, è più ardente
nell’anima a misura che la forza d’ascensione le è più intima; e più
vantaggiosa a misura che la carità la rende più concreta. Nel mondo
dell’esperienza spirituale non c’è nulla di più elevato di ciò che è più
intimo.
Questa esperienza delle cose divine è una
pregustazione di cielo
Non
stancatevi dunque, non riposate mai fino a quando non abbiate ricevuto in
qualche modo la caparra o un anticipo di questa futura pienezza, finché non
abbiate ottenuto qualche primizia delle soavità e delle dolcezze divine.
Non
cessate di perseguirle fino all’ora in cui “appare il Signore in Sion” (33).
Quando
si tratta del progresso spirituale, dell’unione e dell’intimità con Dio, non ci
si deve concedere alcun riposo, né cedere a nessuna fatica, prima d’aver
conquistato l’oggetto dei propri voti.
L’ascensione dell’anima verso Dio
Osservate
colui che s’arrampica sulla montagna e seguite il suo esempio. Se la nostra
anima si lascia incantare e sedurre dalle cose che incontra sul suo passaggio,
spesso si smarrisce in sentieri ignoti, si sfibra e si divide in tante frazioni
quanti sono i suoi desideri. Ma segue allora un movimento senza scopo, una
corsa senza profitto, una stanchezza senza riposo.
Se, al
contrario, il nostro corpo e il nostro spirito, sedotti dall’amore e dal desiderio,
si liberano dalle distrazioni di quaggiù, abbandonano a poco a poco le cose
umane per raccogliersi nel solo bene immutabile e vero, vi dimorano e vi si
fissano coi vincoli dell’amore, essi si fortificano, e il loro raccoglimento
sarà maggiore quanto più in alto si eleveranno sulle ali della conoscenza e dei
desideri.
Il
nostro cuore e la nostra anima possono farsi un’abitudine del bene supremo
Essi si
fanno, per così dire, un’abitudine del bene supremo e finiscono col divenirne
inseparabili.
Essi arrivano
al possesso imperituro della vera vita che è Dio (34); la possiedono in un modo
eterno, senza alcun timore delle vicissitudini e dei mutamenti dei tempi e
riposano nel godimento pacifico di questa felicità interiore, nella segreta
intimità con la Divinità.
E non
usciranno più fuori di se stessi né fuori di Gesù che è per i suoi discepoli la
via, la verità, la vita (35).
CAPITOLO VIII
IN TUTTE LE COSE L’UOMO DEVE AFFIDARSI A
DIO
Il distacco dalle cose terrene riconduce
l’uomo alla vera perfezione
Da
tutto ciò che si è detto, si può concludere che quanto più saranno completi
l’abbandono delle cose terrestri e l’unione con Dio per mezzo della volontà e
dell’intelligenza, tanto più ci si avvicinerà allo stato d’innocenza e di
perfezione. Che vi è di migliore, di più felice, di più dolce?
E’
dunque cosa della massima importanza tenere l’anima talmente distaccata da
tutte le cose, che né il mondo, né gli amici, né la prosperità, né l’avversità,
né il presente, né il passato, né l’avvenire, e neppure gli stessi peccati,
almeno fino a un certo grado, siano motivo di grave turbamento.
Il paradiso in terra
Sforzatevi
di vivere soltanto con Dio, fuori dal mondo, in una specie di vita
spiritualizzata, come se la vostra anima fosse già separata dal corpo e nell’eternità.
Nel
soggiorno dei Beati, la grande preoccupazione dell’anima non sarà il secolo, né
lo stato del mondo, né la pace, né la guerra, né il buono o il cattivo tempo, né
altra cosa di quaggiù, ma Dio solo sarà l’oggetto dei suoi slanci, dei suoi desideri,
dei suoi amori.
Sforzatevi
perciò fin da ora di staccarvi dal vostro corpo e da ogni cosa creata presente
o futura.
Fissate,
per quanto è possibile, immutabilmente, chiaramente, vivamente l’occhio della
vostra anima sulla luce increata.
Allora
l’anima vostra purificata dalle cose terrestri, sarà come un angelo unito a un
corpo cui la carne non dà molestia e che non si occupa di cose vane e futili.
L’anima
si unisce a Dio nonostante le tentazioni e le prove
Fortificate
la vostra anima contro le tentazioni, le persecuzioni, le ingiurie, affinché
nell’uno o nell’altro caso, essa rimanga saldamente e tranquillamente unita a
Dio. E quando turbamenti, scoraggiamenti, confusione di spirito vi assalgono,
non irritatevi, non lasciatevi abbattere. Non ricorrete allora a preghiere
vocali per esserne liberati, né ad altri conforti; cercate solamente di
riprendervi con un coraggioso sforzo della volontà e della riflessione, per
ricondurre la vostra anima verso Dio, lo vogliano o no i sensi del corpo.
L’anima
pia deve essere talmente unita a Dio, deve conservare e rendere il suo volere
così conforme al volere divino, da non sentirsi più occupata né sedotta da
alcuna creatura, come prima della sua creazione, assolutamente come se non
esistessero che Dio e quest’anima (36).
L’anima
distaccata dal mondo riceve senza turbarsi ciò che la Provvidenza le manda
Essa
riceverà allora senza turbamento, senza esitazione, senza timore tutto ciò che
la Provvidenza le manderà. Non cesserà di essere in ogni circostanza piena di fiducia
nel Signore, senza perdere la pazienza, né la pace, né uscire dal silenzio.
Ecco perché il distacco completo dell’anima dalle cose create è supremamente
utile alla vita spirituale e per restare intimamente unirti e sottomessi a Dio.
Non occorrono intermediari tra Dio e
l’anima
Allora
non vi saranno più intermediari tra Dio e voi.
Da dove
verrebbe infatti l’intermediario? Non dall’esterno, perché la virtù della
povertà volontaria vi ha spogliati di ogni bene terreno, e la virtù della
castità vi ha spogliati del vostro corpo; non dall’interno, perché l’obbedienza
vi ha spogliati della vostra volontà e della vostra anima. Nulla più sussiste
tra Dio e voi.
Questa dottrina s’impone soprattutto ai
religiosi
Che
siete religiosi lo dimostrano la vostra professione, il vostro stato, il vostro
abito, i vostri capelli tagliati e gli altri segni della vostra vita religiosa;
resta però a vedere se siete un religioso finto o sincero, spetta a voi darne
la risposta.
Ma
notate bene quanto gravemente voi pecchereste e prevarichereste contro il
Signore vostro Dio, se offendendo la sua giustizia, agiste in tutt’altro modo
che da religioso; se con la volontà o con l’amore vi attaccaste alla creatura
invece che al Creatore, se preferiste insomma la creatura al Creatore.
CAPITOLO IX
LA CONTEMPLAZIONE IN DIO DEVE ESSERE
PREFERITA A TUTTI GLI ALTRI ESERCIZI
Il nulla originale della creatura deve
farei tendere a Dio
Tutto
ciò che esiste al di fuori di Dio è opera del Creatore.
Ogni
creatura è dunque un complesso di possibilità e di essere e, come tale, è per
sua natura limitata: essendo venuta dal nulla, è circondata dal nulla e tende
al nulla (37).
Ad ogni
istante la creatura riceve necessariamente dall’Artista supremo l’esistenza, la
conservazione, l’azione e tutto quanto possiede.
Essa è
realmente insufficiente ad operare per sé e per gli altri, come è importante il
nulla di fronte all’essere, il finito di fronte all’infinito.
Bisogna
dunque che la nostra vita, i nostri pensieri, le nostre opere, siano in Colui,
di Colui, per Colui e da Colui che col minimo atto della sua volontà potrebbe e
saprebbe produrre delle creature immensamente più perfette di quante oggi ne
esistono.
Le perfezioni del Creatore devono
attirarci
E’ di
conseguenza impossibile che, sia per l’intelligenza come per la volontà, esista
un pensiero, un amore più utile, più perfetto, più fortunato di quelli che
riposano in Dio, l’eccelso Creatore, l’unico e vero Bene, dal quale, nel quale,
per il quale, verso il quale tutto acquista la propria missione.
Dio è
perfettamente sufficiente a se stesso ed agli altri, perché racchiude
eminentemente in sé, da tutta l’eternità, le perfezioni di ogni essere.
Non vi è
nulla in Dio che non sia Dio stesso. In lui e da lui esistono le cause di tutto
ciò che avviene: in lui esistono le origini immutabili di tutte le cose
mutevoli, dotate o prive di ragione.
Tutto
ciò che avviene nel tempo, ha in lui il suo principio eterno.
Egli
riempie tutto; il suo essere è in tutte le cose e perciò egli è più presente e
più intimo alle cose di quanto lo siano le cose a se stesse (38).
Esiste una contemplazione
In lui
tutto è uno e tutto vive eternamente (39).
Senza
dubbio, la debolezza e l’inesperienza (40) della intelligenza possono
obbligarci a servirci delle creature nelle nostre contemplazioni. Tuttavia vi è
una contemplazione ottima, vera, fruttuosa che si rende possibile ad ogni
mortale. In tutte le sue contemplazioni e meditazioni, abbiano esse per oggetto
il Creatore o la creatura, l’uomo può riuscire a trovare la sua gioia soltanto
nel Creatore, il Dio uno e trino; ad infiammare il cuore di amore di Dio e
della vera vita, in sé e negli altri, per meritare la felicità della vita
eterna.
Differenza fra la contemplazione dei santi
e quella dei filosofi
E’
necessario notare qui una differenza fra la contemplazione dei fedeli cristiani
e quella dei filosofi pagani.
I
pagani non cercavano che la propria perfezione ed ecco perché si limitavano
alla loro intelligenza; essi non si proponevano che d’arricchire il loro ingegno
di una nuova conoscenza. Ma la contemplazione dei santi, che è poi quella dei
cristiani, ha per fine l’amore di Dio contemplato. Ecco perché essa non si
limita alla intelligenza ma arriva alla volontà per accendervi l’amore.
I santi
nelle loro contemplazioni si propongono soprattutto di aumentare la loro carità.
Vale di più infatti, conoscere Gesù Cristo e possederlo spiritualmente per
mezzo della grazia, che possederlo col suo corpo o anche nella sua essenza, ma
senza la grazia.
Più l’anima è pura e più ha la capacità di
contemplazione
Ora,
man mano che l’anima si purifica ed entra in se stessa, l’occhio della
contemplazione le si dilata, ed essa si prepara una scala per ascendere fino
alla contemplazione di Dio.
Questa
contemplazione infuocherà l’anima d’amore per le cose celesti, divine, eterne e
le farà sommamente disdegnare come nullità tutto ciò che è terreno e
temporaneo.
Si conosce Dio soprattutto per via di
negazione
Quando
cerchiamo di conoscere Dio per via di negazione, noi neghiamo in lui ciò che
appartiene al corpo, ai sensi, alla immaginazione; neghiamo perfino ciò che è
proprio della nostra ragione, insomma l’essere come lo si incontra presso le
creature (41). E’ il miglior modo, secondo san Dionigi, l’arrivare alla
conoscenza di Dio (42), quale ci è permesso acquistarla sulla terra.
E’ in
questa oscurità che abita Dio e nella quale entrò Mosè per elevarsi fino alla
luce inaccessibile (43).
Ma non è
dallo spirito, bensì dal corpo che si deve incominciare. Bisogna seguire la via
ordinaria e andare dalla fatica dell’azione al riposo della contemplazione:
dalle virtù morali, alle virtù della visione sublime (44).
Il vero bene è Dio solo
Ma
infine, o anima mia, perché consumarti vanamente in tante cose? Tu soffri di
indigenza. Non cercare e non amare che il bene perfetto, il quale assomma in sé
tutti i beni, e ciò ti basterà.
Guai a
chi sa e possiede tutto all’infuori di questo bene! Se conoscesse
contemporaneamente questo bene ed ogni scienza, non sarebbe felice a causa
della scienza, ma solamente a causa di questo bene. San Giovanni ha scritto:
“La vita eterna è di conoscervi” (45) e il Profeta: “lo sarò sazio quando mi
sarà apparsa la vostra gloria” (46).
CAPITOLO X
NON BISOGNA PREOCCUPARSI DI POSSEDERE LA
DEVOZIONE SENSIBILE, MA DI RESTARE UNITI A DIO CON LA VOLONTA’
La
devozione vera consiste essenzialmente nell’unione della volontà con Dio
Non
cercate troppo avidamente la devozione attuale, le dolcezze sensibili o le lacrime;
abbiate piuttosto somma cura di restare interiormente uniti a Dio con
l’intelligenza e la buona volontà (47).
Nulla
piace tanto a Dio quanto un’anima purificata dalle tracce, dalle illusioni ed
immagini della creatura.
Il
religioso deve essere libero dalle creature, per restare interamente unito a
Dio, attaccarvisi, ed essergli intimamente incatenato.
Praticate
dunque l’abnegazione di voi stessi, per seguire unicamente Gesù Cristo, vostro
Signore e vostro Dio, che fu veramente povero; obbediente, casto, umile e
paziente e la cui vita e morte furono di scandalo per molti, come ci dice il
Vangelo (48).
Bisogna
comportarsi verso il nostro corpo come se ne fossimo già usciti
L’anima
separata dal corpo non si interessa affatto di ciò che accade al corpo
abbandonato. Sia esso bruciato, impiccato o maledetto: tali oltraggi non la
contristano punto (49); essa pensa soltanto alla sua immutabile eternità,
“all’unica cosa necessaria” di cui parla il Signore nel Vangelo.
Comportatevi
dunque col vostro corpo come se ne foste già usciti; pensate costantemente
all’eternità che la vostra anima deve possedere in Dio; e dirigete con cura la
vostra mente verso questo unico bene di cui il Signore ha detto: “Una sola cosa
è necessaria” (50). La vostra anima si arricchirà allora di una grande
abbondanza di grazia che l’aiuterà ad acquistare la purezza dello spirito e la
semplicità del cuore
La spoliazione di se stesso infonde una
invitta costanza
Questo
unico bene è molto vicino a voi. Respingete ciò che è terreno e le preoccupazioni
di quaggiù e tosto sentirete come vi sia facile attaccarvi esclusivamente a
Dio.
Voi
troverete anche, nello spogliamento di voi stessi, una invitta costanza di
fronte a tutto ciò che può accadervi.
Così
avvenne per i martiri, i Padri della fede, gli eletti e i beati tutti. Essi
disprezzarono ogni cosa e pensarono soltanto a possedere in Dio la sicurezza
eterna per la loro anima.
Armati,
così, interiormente, uniti a Dio con la buona volontà, essi disdegnarono tutte
le cose del mondo come se la loro anima avesse già abbandonato il corpo.
Vedete
da ciò quanto può fare la buona volontà unita a Dio.
L’anima
purificata considera la sua persona esteriore come se non le appartenesse
Possa
la vostra anima, così attratta verso Dio e come separata dalla carne da una
separazione spirituale, considerare la propria persona esteriore con tanta
indifferenza come se non le appartenesse.
Essa
allora trascurerà tutto ciò che può accadere a sé o al corpo, come se tali
fatti accadessero ad altri o a creature irragionevoli.
Chi è
unito a Dio forma un solo spirito con lui.
Per
l’onore supremo di Dio, non spingete dunque mai la vostra audacia fino a
pensare o immaginare, in sua presenza, ciò che arrossireste di udire o di
vedere dinanzi agli uomini.
L’unione con Dio dà la gioia
Voi
dovete elevare i vostri pensieri verso Dio solo e fare di lui l’oggetto delle
vostre meditazioni, come se egli solo esistesse.
Tale
unione vi apporterà grande gioia e sarà un felice inizio della vita futura.
CAPITOLO XI
DOBBIAMO RESISTERE ALLE TENTAZIONI E
SOPPORTARE LE PROVE
Il servizio di Dio non esclude la
tentazione
Chi
vorrà avvicinarsi a Dio con cuore sincero e puro, dovrà necessariamente subire
la tentazione e la prova.
Come resistervi
Regola
da seguire in tutte le tentazioni è questa: non acconsentirvi, appena sono
sentite, ma sopportarle con pazienza, dolcezza, umiltà e longanimità.
Se si
tratta di bestemmie o di cose vergognose, non si può fare di meglio che
disprezzare tali immaginazioni o fantasie come futili.
Senza
dubbio, la bestemmia è colpa, obbrobriosa, orribile; bisogna tuttavia sprezzare
simili tentazioni senza cedere a turbamenti di coscienza. Se disprezzate così
il nemico e le sue suggestioni, egli si ritirerà ben presto. E’ troppo
orgoglioso per subire lo sprezzo e la noncuranza.
Il
miglior rimedio è dunque di non preoccuparsene affatto, come se si trattasse di
mosche che, nostro malgrado, ci volteggiano davanti agli occhi.
Durante
le tentazioni non bisogna allontanarsi dalla presenza di N. Signore
Voi
dunque che servite Gesù Cristo, guardatevi bene dall’allontanarvi facilmente
dalla presenza del Signore, di indignarvi, lagnarvi di queste mosche, cioè
delle tentazioni leggere, delle supposizioni, delle tristezze e pusillanimità,
degli abbattimenti e delle mille nullità che il buon volere e un atto di
elevazione a Dio possono allontanare.
L’unione a Dio si compie con la buona
volontà
Per
mezzo della buona volontà, l’uomo fa di Dio il proprio Signore; dei santi
angeli fa i propri custodi e protettori.
La
buona volontà mette in fuga le tentazioni, come la mano scaccia le mosche che
si posano sulla fronte. “Pace agli uomini di buona volontà” (51).
La
buona volontà è, per l’anima, la sorgente di tutti i beni, la madre di tutte le
virtù.
Chi la
possiede, tiene in sua mano, senza paura di perderlo, tutto ciò che gli è
necessario per vivere bene (52).
Se voi
volete il bene, ma non potete compierlo, Dio ve ne compenserà come se l’aveste
compiuto (53).
Per
legge eterna e immutabile Dio ha stabilito che il merito sia nella volontà, che
in cielo o in inferno la volontà faccia la ricompensa o il supplizio (54).
La
carità non è altro che una grande volontà di servire Dio, un soave desiderio di
piacergli, un bisogno fervidissimo di goderlo.
La
tentazione non è un peccato, ma è la prova della virtù.
La tentazione fortifica la virtù
Per
mezzo della tentazione l’uomo può acquistare molti beni (55), tanto, più che
“la vita dell’uomo sulla terra è una continua tentazione (56).
CAPITOLO XII
EFFICACIA DELL’AMORE DI DIO
Importanza dell’amore di Dio
Tutto
ciò che abbiamo detto nei capitoli precedenti, tutto ciò che è necessario alla
salvezza, non può ricevere che dall’amore il suo più intimo e salutare
perfezionamento.
L’amore
supplisce a tutto ciò che potrebbe mancarci per la nostra salvezza; racchiude
in sé l’abbondanza di ogni bene e non gli manca neppure la presenza
dell’oggetto supremo dei nostri desideri.
Soltanto
per l’amore noi ci orientiamo verso Dio, aderiamo a Dio, siamo uniti a Dio, per
diventare uno stesso spirito con lui e ricevere da lui e per lui la felicità,
quaggiù nella grazia e lassù nella gloria.
L’amore
non trova riposo che nel bene amato, ossia nel suo possesso pacifico e
completo.
L’amore conduce a Dio
L’amore,
o la carità, è la via che conduce Dio all’uomo e l’uomo a Dio.
Dio non
può stare ove non c’è la carità.
Chi ha
la carità, possiede Dio, perché “Dio è carità “.
Non vi è
nulla di più acuto, sottile, penetrante della carità.
Essa
non ha riposo fino a che non ha esplorato tutta la potenza e la profondità
dell’oggetto amato. Essa vorrebbe immedesimarsi in lui, e, se lo potesse,
essere con lui una cosa sola.
Ecco
perché non può sopportare intermediari fra lei e il suo oggetto che è Dio: essa
si slancia violentemente verso di lui e non ha pace fino a quando ha superato
tutto per giungere a lui.
L’amore
ha la virtù di unire e di trasformare; trasforma l’amante nell’amato e l’amato
nell’amante. Nei limiti del passibile, l’uno diventa l’altro.
L’amore crea l’unione fra l’amante e
l’amato
E
anzitutto con quale perfezione d’intelligenza trasporta la persona amata in
colui che ama!
Con
quale dolcezza e soavità l’una vive nel ricordo del secondo! Colui che ama, si
sforza di sapere, non in maniera superficiale, ma fino all’intimo, ciò che
riguarda la persona amata e di penetrare, per quanto gli è possibile, addentro
nella sua vita!
Dopo
viene la volontà.
Essa
trasporta la persona amata nel soggetto che ama.
Quindi,
le due persone, amante e amata, sono unite in una amorosa compiacenza, in una
dolce e intima gioia procurata loro dal reciproco possesso.
Inoltre,
colui che ama si trova nella persona amata anche per la sua conformità di
desideri, di attrazioni e di ripugnanze, di gioie e di tristezze. Si direbbe
che è propria una cosa sola con lui.
Poiché
“l’amore è forte come la morte” (57), porta l’amante fuori di se stesso e fino
nell’intimo dell’amato fortemente ve lo incatena.
L’anima
è molto più presente là dove ama che non dove è principio di vita, perché essa è
nella persona amata con la sua propria natura, con la ragione e la volontà,
mentre nell’essere da essa vivificata è presente soltanto per dargli
l’esistenza, ciò che accade anche negli animali (58).
Soltanto l’amore di Gesù Cristo può
distoglierci da ciò che non è Lui
Bisogna
dunque concludere che una cosa sola può distoglierci dagli oggetti esteriori,
per ricondurci prima in noi stessi e in seguito nella divina intimità con Gesù
Cristo. Essa è l’amore a Gesù e il desiderio delle sue soavità che ci
permettono di sentire, comprendere e gustare la presenza della sua divinità.
La
forza dell’amore è la sola capace di trasportare l’anima dalla terra alle
altezze del cielo.
Nessuno
può pervenire alla suprema beatitudine, se l’amore e il desiderio non gli danno
le ali.
L’amore
è la vita dell’anima, la sua veste nuziale, la sua perfezione (59).
“La
legge, le profezie, i precetti del Signore dipendono da esso” (60). Per questo
l’Apostolo diceva ai Romani: “Il compimento della legge è l’amore” (61) e nella
prima Epistola a Timoteo: “Fine della legge è la carità” (62).
CAPITOLO XIII
DOTI ED EFFICACIA DELLA PREGHIERA. E’
NECESSARIO CONSERVARE IL CUORE NEL RACCOGLIMENTO INTERIORE
La carità e le altre grazie si ottengono
per mezzo della preghiera
Ma noi
siamo incapaci di acquistare la carità ed ogni altro bene, e nulla ci è
possibile offrire da noi stessi al Signore, che è l’autore di tutti i beni.
Tutto
ciò che noi abbiamo, ha avuto inizio da Dio e gli appartiene. Una cosa sola è
nostra; Dio stesso ce la indicò con la sua parola e i suoi esempi, quando ci ha
insegnato a ricorrere alla preghiera in tutte le necessità, in tutti i casi
della vita.
L’umiltà
e la confidenza in Dio rendono la preghiera efficace
Dobbiamo
ricordarci che noi siamo colpevoli, miserabili, poveri, mendicanti, infermi,
indigenti, sudditi, schiavi, fanciulli, e che in noi vi è soltanto una
desolazione completa.
Sforziamoci
dunque, di umiliare profondamente la nostra anima nella prosternazione,
nell’amore e nel timore; facciamo regnare in noi il raccoglimento e la pace;
aggiungiamo ai progressi misurati, sinceri, semplici della modestia, la
grandezza dei desideri, l’ardore e i gemiti del cuore, la semplicità e sincerità
dello spirito e poi supplichiamo Iddio ed esponiamogli con grande confidenza i
pericoli che ci minacciano da ogni parte.
Liberi
e fermi, senza esitazione, affidiamoci e offriamoci completamente a lui fino
nella più intima fibra.
Non
siamo noi forse delle creature che gli appartengono realmente e assolutamente?
Non serbiamo
per noi nulla di noi stessi e allora s’adempirà in noi la parola del beato
Padre del deserto, Isacco, il quale, a proposito della preghiera disse: “Noi
saremo con Dio un solo spirito e Dio solo sarà per noi tutto e in tutte le
cose, quando la perfetta carità con la quale egli per il primo ci ha amati sarà
passata nell’intimo del nostro cuore (63). Ciò avverrà, quando tutto il nostro
amore ed ardore, i nostri desideri e sforzi, tutti i nostri pensieri, tutto ciò
che vediamo, diciamo, speriamo, sarà Dio stesso; quando l’unità che esiste tra
il Padre e il Figlio, tra il Figlio e il Padre, sarà passata nei nostri sensi e
nella nostra anima.
Il distacco da sé e il desiderio di Dio
rendono possibile la preghiera
L’amor
di Dio per noi è puro, sincero, tenace; e noi dobbiamo da parte nostra
restargli uniti con un amore perpetuo, ininterrotto.
Noi
dobbiamo appartenergli in modo tale che le nostre speranze, i nostri pensieri,
le nostre parole, le nostre preghiere non siano che Dio (64).
Si deve
desiderare di possedere quaggiù una idea della beatitudine eterna
L’uomo
che vive secondo lo spirito deve dirigere le proprie intenzioni, i propri
sforzi e gli avvenimenti, in modo da meritare il possesso, in corpo mortale, di
un’idea della beatitudine futura e pregustare quaggiù, in certo qual modo, un
assaggio di felicità della vita celeste.
Ecco il
coronamento di ogni perfezione. Bisogna che lo spirito si liberi dalla carne,
per elevarsi sempre più verso le regioni sublimi dell’immateriale, sì che la
vita e i desideri del suo cuore diventino una sola e continua preghiera.
Il
religioso deve elevare sempre la sua anima a Dio, cioè pregare sempre
Quando
l’anima si sarà liberata dal fango delle miserie umane, aspirerà a Dio, dal
quale l’uomo non dovrebbe mai allontanare i suoi pensieri; specialmente il
religioso dovrebbe considerare la minima separazione dal bene supremo, assai più
funesta della più crudele morte; quando l’anima avrà fatto regnare in sé la
pace e sarà perfettamente libera dalle sue passioni, per unirsi strettamente al
solo Bene supremo, allora si avvererà la parola dell’Apostolo: “Pregate senza
tregua” (65) e “in ogni luogo, elevando le mani pure, senza agitazioni, senza
inquietudini” (66).
Infatti
quando questa purezza avrà vinto le attrattive che abbassano l’uomo verso la
materia e l’anima, liberatasi dalla terra, si sarà come trasformata, a
somiglianza dei puri spiriti o angeli, allora tutto ciò che le accadrà o la
preoccuperà o farà, non sarà più che una preghiera purissima e perfetta.
La
contemplazione può diventare facile,
E se
voi continuate nei vostri sforzi, senza, scoraggiamenti, come dicemmo da
principio, ben presto vi riuscirà così facile, così agevole contemplare e
godere nel vostro raccoglimento. e ritiro, come vi riesce ora facile vivere
nella. vostra natura umana.
CAPITOLO XIV
NEI GIUDIZI SI DEVE CERCARE LA
TESTIMONIANZA DELLA PROPRIA COSCIENZA
Per
giungere alla perfezione bisogna esaminare spesso la propria coscienza
Infine
quando si tratta di acquistare in Dio la perfezione, la purezza, la tranquillità
dell’anima, un mezzo assai efficace per arrivarvi, è di ricorrere, sempre nel
silenzio, all’intimo giudizio del nostro spirito, quali siano i nostri
sentimenti, le nostre parole, le nostre azioni.
Dopo
avere allontanato ogni altro pensiero, ci si deve raccogliere completamente in
noi, per metterci di fronte alla verità e conoscerla.
Noi
comprenderemo allora che non ci serve a nulla, anzi che ci è molto nocivo,
essere lodati e onorati all’esterno, mentre in noi stessi siamo colpevoli e condannabili
agli occhi della verità.
La testimonianza della coscienza corregge
il giudizio degli uomini
E’
inutile essere onorati esteriormente tra gli uomini, se la coscienza
interiormente ci accusa. Così pure non abbiamo niente da perdere se siamo
biasimati o perseguitati esteriormente, quando in noi stessi ci sentiamo
innocenti, irreprensibili, inoffensivi. Anzi, noi avremo allora mille ragioni
di rallegrarci pazientemente, silenziosamente, tranquillamente nel Signore.
L’avversità non è mai nociva, là dove non
domina l’iniquità.
Non
bisogna mendicare la ricompensa dagli uomini
Come
nessun male resta impunito, così nessun bene resta senza ricompensa.
Non
imitiamo gli ipocriti che mendicano ricompense e corone dagli uomini: noi
dobbiamo attenderle da Nostro Signore, non ora, ma più tardi; non per il
momento che passa, ma per l’eternità.
Non vi è
quindi nulla di meglio e di più grande, in ogni tribolazione e in ogni
evenienza, che rientrare nel santuario della nostra anima: là invocare Gesù
Cristo nostro Maestro, nostro soccorso nelle tentazioni e nelle contrarietà,
umiliarci confessando i nostri peccati, lodare Dio nostro Padre, che abbatte e
consola, e disporci a ricevere senza turbamento alcuno, con prontezza e
fiducia, dalle mani della sua ineffabile Provvidenza e della sua ammirabile
saggezza tutto ciò che Egli vorrà inviare, a noi o agli altri, di prospero o di
avverso.
Conseguenze della fedeltà nell’ascoltare
la propria coscienza
Allora
i peccati saranno espiati e rimessi (67); sgorgherà dall’anima il pentimento,
vi penetreranno la soavità e la sicurezza, vi discenderanno la grazia e la
misericordia; una dolce familiarità ci attirerà e fortificherà, una
sovrabbondante consolazione ci verrà dal seno di Dio; ci sentiremo vicini a lui
e a lui uniti indissolubilmente.
Bisogna guardarsi dal preferire le
apparenze alla santità vera
Ma
guardiamoci dall’imitare gli ipocriti e i farisei che preferivano le apparenze
esterne del bene e della virtù alla reale santità dell’anima. Non è forse
suprema demenza cercare, desiderare, chiedere a se stessi o agli altri la lode,
la gloria umana, mentre nell’interno si è pieni di peccati innumerevoli e
vergognosi?
Certamente
chi persegue tali vanità, non potrà partecipare ai beni dei quali abbiamo testé
parlato e suo retaggio sarà senza dubbio l’onta. Abbiate dunque costantemente
presenti i vostri peccati; studiate bene voi stessi per umiliarvi.
Non
temiamo il disprezzo degli uomini e disdegniamo le loro lodi
Non
temete, a motivo dei vostri gravi peccati e del grande male che è in voi, di
essere reputati da tutti quale indegnissimo, vilissimo, abiettissimo fango.
Consideratevi
fra gli altri come la scoria fra l’oro, come la cattiva erba tra il frumento,
come la paglia nel grano, come il lupo fra le pecore, come Satana tra i figli
di Dio.
Non
cercate, di conseguenza, d’essere rispettati tra gli altri, né agli altri
preferiti.
Fuggite
invece con tutta l’energia del cuore e dell’anima il veleno dell’adulazione,
della lode, di una riputazione piena di iattanza e di ostentazione; evitate,
secondo le parole del Profeta, di “lodare un peccatore nei desideri della sua
anima” (68); ascoltate Isaia: “Coloro che ti adulano, t’ingannano; essi ti
ostacolano il sentiero ove cammini” (69); e anche Nostro Signore che ci dice:
“Guai a voi quando gli uomini vi loderanno” (70).
CAPITOLO XV
COME SI PUÒ ARRIVARE AL DISPREZZO DI SE
STESSI. UTILITA’ DI QUESTO DISPREZZO
Bisogna arrivare a considerare noi stessi
degni di disprezzo
Più l’uomo
riconosce la sua miseria e più vede chiaramente e perfettamente la maestà di
Dio; più l’uomo, a causa della grandezza di Dio, e della verità e della
giustizia, è vile ai propri occhi, più è stimabile agli occhi di Dio.
Sforziamoci
dunque di reputarci vilissimi, di crederci indegni d’ogni beneficio, di
dispiacere a noi stessi, di piacere a Dio, di passare agli occhi degli altri
per indegni e vili, di non turbarci nelle tribolazioni, né nelle afflizioni ed
ingiurie, di non irritarci contro coloro che ce le infliggono, di non
inquietarci, di non indignarci a loro riguardo.
Cerchiamo,
al contrario, di crederci sinceramente meritevoli di tutte le ingiurie, di
tutto il disprezzo, di tutti i maltrattamenti, di tutti gli sdegni.
I nostri peccati ci rendono degni di
disprezzo
Infatti
colui che per amore di Dio ha nel cuore pentimento e dolore, rifugge
dall’essere onorato e amato; non evita di essere in qualsiasi maniera
calpestato, odiato, ostinatamente disprezzato, al fine di praticare la vera
umiltà e di attaccarsi soltanto a Dio, con cuore veramente sincero e puro.
Ora,
per amare Dio solo, per odiare se stessi, per desiderare di essere piccoli agli
occhi degli altri, non c’è bisogno di lavoro esteriore, né di salute corporale;
è necessario piuttosto il dominio dei sensi, l’opera del cuore, e il riposo
dello spirito.
Come elevare l’anima a Dio
Solamente
col lavoro del cuore e con lo slancio intimo dell’anima potremo contrapporci
alle bassezze della terra, per elevarci e salire fino a ciò che è celeste e
divino.
Così
comportandoci, noi ci trasformiamo in Dio, soprattutto quando con perfetta
sincerità e senza pregiudizi, senza condannare e disprezzare il prossimo,
preferiremo di essere ritenuti da tutti oggetto di onta e di obbrobrio, o
meglio ancora di essere aborriti come fetido fango, piuttosto che di possedere
le delizie terrestri, essere onorati ed esaltati dagli uomini, gioire di
vantaggi e di felicità d’ogni genere in un mondo fugace.
La
nostra consolazione quaggiù deve consistere nel deplorare le offese fatte a Dio
Sì,
proponiamoci di non desiderare, nella presente peritura vita del corpo, altro
conforto che di pentirci, di deplorare e piangere le offese a Dio e le colpe
commesse; impariamo a svalutarci, ad annichilirei e ad apparire ogni giorno più
spregevoli agli occhi altrui; a considerarci, in noi stessi, sempre più indegni
degli altri, per piacere così a Dio solo e rimanere radicati in lui; non
preoccupiamoci d’altro che di Gesù Cristo Nostro Signore che solo deve regnare
nelle nostre affezioni; non abbiamo sollecitudini e cure che per Colui la cui
potenza e provvidenza dà l’essere e il moto a tutte le creature (71).
Non è questa l’ora di gioire, ma di
piangere
Non è
questa l’ora di gioire, è l’ora di piangere di tutto cuore.
Se non
avete il dono delle lacrime, amareggiatevi almeno di non poter piangere; se
invece sapete piangere, gemete per essere stati voi stessi la causa del vostro
dolore con la gravità delle offese fatte a Dio e il grande numero dei vostri
peccati.
Il
condannato che ha ricevuto la sua sentenza non si occupa affatto delle
disposizioni che prendono i carnefici; e così colui che è in cordoglio e
lagrime di pentimento deve rimanere estraneo alle delizie, alla collera, alla
gloria, all’indignazione e alle passioni tutte.
Ben
diverse sono le dimore dei cittadini da quelle dei condannati. Così è per
coloro che hanno nelle loro colpe una ragione di dolersi e di piangere; la vita
e il modo di comportarsi non devono affatto somigliare alla vita e al modo di
comportarsi di coloro che si conservano innocenti e nulla hanno da espiare.
E’
sulla giusta via colui che è indifferente al disprezzo e alla stima del mondo
Chi
amerà veramente Gesù piangerà con lui, lo porterà nel corpo e nel cuore, sentirà
sincero dolore dei peccati e dei delitti commessi, cercherà realmente la
felicità eterna, conserverà gelosamente il timoroso pensiero del suo ultimo
fine e non soffrirà più travagli e fatiche e ansie per altre cose.
L’uomo
che vuole pervenire rapidamente ad una beata impassibilità e a Dio, deve dunque
considerare come un giorno perduto quello in cui non sarà stato disprezzato e
maledetto.
L’impassibilità
di cui parliamo non è altro che l’assenza delle passioni e dei vizi, la purezza
del cuore, la presenza delle virtù.
Consideratevi
dunque già come morti, voi che non potete dubitare di inesorabilmente morire.
Avrete,
infine, una prova che ogni vostro pensiero, ogni vostra parola ed azione è in
obbedienza alla volontà di Dio, se potrete constatare che vi rendono più umili,
più forti in voi stessi e riguardo a Dio.
Ma se
notate in voi il contrario, temete fortemente che pensieri, parole ed azioni
non siano secondo il volere di Dio, non graditi a lui, e non utili a voi.
CAPITOLO XVI
LA PROVVIDENZA DIVINA SI ESTENDE A TUTTE
LE COSE
Bisogna rimettersi completamente alla
Provvidenza di Dio
Per
ottenere ciò che abbiamo detto, per arrivare senza ostacoli, facilmente,
sicuramente, liberamente, tranquillamente fino a Dio, Nostro Signore e Maestro,
per unirci e radicarci in lui con una unione indissolubile e pacifica, nella
prosperità e nell’avversità, per la vita e per la morte, è assolutamente
necessario rimettere ogni cosa, con confidenza e sicurezza, nelle mani della
sua immutabile e infallibile provvidenza. E ciò non deve meravigliarci, poiché
egli dà a tutte le creature anzitutto l’essere, il potere e l’azione, ossia la
sostanza, la facoltà e l’opera, poi la specie, la forma e l’ordine, in numero,
peso e misura.
Tutte le cose dipendono da Dio nel loro
essere e nella loro attività
Come l’opera
d’arte presuppone l’opera della natura, così l’opera della natura presuppone
l’opera di Dio creatore, conservatore, ordinatore, amministratore.
A lui
solo, infatti, appartengono la potenza, la saggezza, la bontà infinita, la
misericordia essenziale, la giustizia, la verità, la carità immutabile,
l’immensità e l’eternità.
Nessun
essere potrebbe sussistere ed operare per virtù propria, ma ogni creatura deve
operare per virtù di Dio, cioè del primo motore, del primo principio, causa di
ogni azione e che agisce in ogni essere capace di agire.
Tutto dipende da Dio per l’ordine e
l’armonia
Se si
tratta di creare l’armonia dell’ordine, la Provvidenza di Dio provvede
immediatamente a tutto, fino nei minimi particolari.
Dall’infinitamente
grande all’infinitamente piccolo, nulla può sfuggire all’eterna provvidenza di
Dio; nulla le si sottrae, sia nelle opere della natura, come negli atti della
libertà, come anche nelle opere del caso o fatalità, o in ciò che è stato
voluto da essa.
Non
solo, ma è impossibile a Dio fare alcuna cosa che non cada sotto il dominio
della sua provvidenza, come non può fare nulla che non sia sottomesso alla sua
azione.
La Provvidenza si estende anche ai
pensieri dell’uomo
La
Provvidenza di Dio si estende dunque a tutte le cose, anche ai pensieri
dell’uomo.
Ci dice
infatti la Sacra Scrittura: “Gettate tutte le vostre inquietudini nel seno di
Colui che ha cura di voi” (72). Il Salmista aggiunge: “Gettate i vostri
pensieri nel Signore ed Egli vi nutrirà” (73).
La bontà di Dio si estende a tutti gli
esseri
Nel
secondo capitolo dell’Ecclesiastico è detto: “Considerate, o figli, le
generazioni degli uomini e sappiate ,che nessuno sperò nel Signore e rimase
confuso, che nessuno che ha perseverato nei suoi comandamenti è stato poi abbandonato”
(74). E il Signore dice anche: “Non vi inquietate domandandovi: Che cosa
mangeremo?” (75).
Bisogna confidare in Dio
Dunque
tutto ciò che possiamo sperare da Dio per quanto illimitata ne sia la
grandezza, lo riceveremo, secondo le parole del Deuteronomio: “Tutta la terra
che i vostri piedi calcheranno sarà vostra” (76).
Tutto
ciò che desidererete lo riceverete; più grande sarà la vostra confidenza e più
grande sarà il possesso.
S.
Bernardo disse: “Dio, il Creatore di tutte le cose, è così ricco in
misericordia che qualunque sia la grazia per la quale tendiamo le mani non
mancherà di concederla” (77).
E in S.
Marco è detto: “Tutto ciò che voi domanderete nelle vostre preghiere, abbiate
fede di riceverlo, e lo riceverete” (78).
La confidenza in Dio deve essere ardente e
assoluta
Più la
confidenza in Dio è forte e pressante e in umiltà e in adorazione si rivolge
vivamente a lui, più otterrà con sicurezza, abbondanza e prontezza, quanto
spera.
Ma se a
causa della grande quantità ed enormità dei peccati, la confidenza è lenta ad
elevarsi a Dio, colui nel quale regna questo torpore deve ricordare che a Dio
tutto è possibile; ciò che Egli vuole, avviene infallibilmente e ciò che non
vuole, non può mai realizzarsi e infine è a Lui così facile rimettere numerosi
ed enormi peccati come rimettere un peccato solo.
Dio perdona i peccati
D’altra
parte come un peccatore non saprebbe da se stesso rialzarsi, liberarsi,
purificarsi dai suoi numerosi peccati, così gli è impossibile trarsi anche da
un peccato solo; poiché non soltanto noi non possiamo compiere, ma neppure
possiamo pensare da noi stessi ciò che è bene (79), per la ragione che tutto ci
viene da Dio.
I nostri peccati ostacolano la
misericordia di Dio
Tuttavia
è naturalmente assai più pericoloso essere impantanati in numerosi peccati che
in uno solo.
E,
infatti, nessun male resta impunito, e ad ogni peccato mortale è dovuta, a
rigore di giustizia, una pena infinita, perché ogni peccato mortale è grave
offesa a Dio cui spettano grandezza, dignità, gloria infinite.
Del
resto, secondo l’Apostolo: “il Signore conosce quelli che gli appartengono” ed è
impossibile che uno di essi perisca.
Niente può eludere i divini consigli
Nulla
può eludere i divini consigli, né le tempeste e le ondate dell’errore, né gli
scandali, gli scismi, le persecuzioni, né le avversità, le discordie, le
eresie, né le tribolazioni e le tentazioni di qualunque specie.
Il
numero degli eletti e la misura del loro merito è eternamente e
irrevocabilmente previsto.
Tutto è utile agli eletti
E
questo è così vero, che tutti i beni e i mali che possono venire ad essi o ad
altri, prosperità o avversità, saranno sempre a loro vantaggio.
Anzi,
l’avversità non farà che renderli più provati e più gloriosi.
Non
tardiamo dunque ad abbandonarci, senza diffidenze e timori, alla divina
Provvidenza.
E’ la
Provvidenza che permette il male che da qualsiasi parte ci giunge.
Ed è
bene, è una fortuna che lo permetta.
Il male
non può giungerci in altro modo, né più grave di come essa lo permette, perché
essa sa, può e vuole, per la saggezza delle sue disposizioni, trarne il bene.
Come
per opera sua si compie tutto ciò che è bene, così col suo permesso accade
tutto ciò che è male (80).
Dio trae dal male il bene
Ma dal
male Dio fa derivare il bene e così si manifestano meravigliosamente la sua
potenza, saggezza e clemenza, per mezzo di Nostro Signore Gesù Cristo, la sua
misericordia e giustizia, la forza della grazia, la debolezza della natura, la
bellezza dell’universo nell’opposizione dei contrasti, la gloria dei buoni, la
malizia e la punizione dei cattivi.
Il peccato stesso fa risplendere la bontà
di Dio
Parimenti
nella conversione di un peccatore noi vediamo il valore della confessione,
della contrizione, della penitenza; e la pazienza di Dio, la sua misericordia e
la sua carità, la sua bontà e la sua gloria.
Tuttavia
il peccato non sempre si volge in bene per coloro che lo commettono; ma più
spesso è un grave pericolo e il più grande dei mali, perché causa la perdita
della grazia e della gloria, insozza e provoca il castigo, forse anche il
castigo eterno.
Si
degni Nostro Signore Gesù Cristo di preservarcene!
PIO ESERCIZIO QUOTIDIANO PER MANTENERSI CONTINUAMENTE ALLA
PRESENZA ATTUALE DI DIO (81)
Vantaggi del raccoglimento
Quantunque
voi dobbiate sempre stare raccolti in voi stessi, nei limiti permessi della
debolezza umana, dovete tuttavia ogni giorno, se nulla vi si oppone,
presentarvi con qualche esercizio particolare allo Sposo celeste della vostra
anima: sforzarvi di unirvi a Lui, sia che sentiate devozione, sia che non ne
sentiate affatto.
Bisogna
scegliere una determinata ora per unire particolarmente l’anima a Dio
Per far
questo, vi sceglierete un’ora speciale; per questo scopo potete servirvi, e con
grandissimo vantaggio, dell’esercizio che vi abbiamo precedentemente
raccomandato, dandovi delle formule di aspirazione (82).
Ma
vogliamo anche insegnarvi un altro mezzo che i maestri di vita spirituale
giudicano della più grande utilità.
Per
compiere l’esercizio di unione con Dio bisogna pentirsi dei propri peccati
Comincerete
dunque col raccogliere i vostri sensi e le vostre forze, poi vi prostrerete in
spirito ai piedi di Gesù Cristo, piangerete con dolore ed umiltà i vostri
peccati e li getterete nell’abisso della misericordia di Dio, perché egli li
consumi, li distrugga, li annienti; ecciterete in voi il vivo desiderio di non
avere mai offeso un Padre così buono, per meritare con ciò di piacergli come se
realmente non l’aveste offeso mai.
Proporsi di evitare il peccato
Proporrete
poi, con l’aiuto della grazia, di evitare tutto ciò che a Dio dispiace,
chiederete che vi perdoni per i meriti di Gesù Cristo, della beatissima Vergine
Maria e di tutti i santi.
Domanderete
di essere lavati nel sangue prezioso di Gesù Cristo, di essere perfettamente
guariti e santificati, ed avrete infine ferma fiducia di ottenere l’intera
remissione dei vostri peccati e un completo perdono.
Meditare
la vita del Salvatore
Indi
passerete al ricordo della vita e della passione di Gesù Cristo e ringrazierete
questo divino Redentore.
Umiliarsi profondamente
In
seguito vi porrete in spirito, al disotto di ogni creatura, preferirete tutti
gli altri a voi stessi e li comprenderete tutti nel sentimento di una stessa
carità.
Rinuncerete
a tutto ciò che è inferiore a Dio; vi rassegnerete interamente alla sua volontà
e vi mostrerete disposti a soffrire in spirito di penitenza ogni specie di
tribolazione.
Tutto
ciò deve essere fatto con sincerità somma; ma se non foste ancora pervenuti al
punto di poterlo dire dal profondo del vostro cuore e con piena volontà, ditelo
almeno come lo potete, e sarete a Dio graditi.
Chiedere a Dio la sua grazia
Compiuto
questo, chiederete al Signore quanto vi è necessario per giungere alla unione
perfetta con lui, e invocherete altresì la gloriosa Vergine Maria, madre di
Dio, e tutti gli abitanti della celeste Gerusalemme a fine di ottenere, per
loro intercessione, la grazia che desiderate.
Bisogna
anche pregare per il prossimo
Pregherete
in favore di tutti coloro per i quali Gesù Cristo si è degnato offrirsi come
vittima; e offrirete le vostre preghiere non soltanto per i cristiani, ma anche
per gl’infedeli sparsi in tutto il mondo, sentendo realmente nel profondo del
cuore una viva compassione per quelli che col peccato sfigurano l’immagine di
Dio stampata in loro stessi e si rendono volontariamente estranei alla felicità
che Dio promette nell’eternità e a tutte le delizie del regno dei Cieli.
Bisogna
pregare per le anime del Purgatorio
Vi
interesserete inoltre delle anime dei fedeli defunti, trattenute ancora nelle
fiamme del Purgatorio; estenderete il vostro interessamento a tutta l’immensa
famiglia di Dio e invocherete con tutto il cuore la salvezza di tutti.
Non vi è
mezzo più efficace per attirare su voi gli sguardi della divina misericordia.
Dobbiamo glorificare Dio con una immensa
carità
Dopo ciò
innalzerete la vostra preghiera alla SS. Trinità, celebrandone le lodi;
ecciterete in voi il desiderio di amare Iddio sempre di più. Agli occhi di Dio
i vostri meriti saranno tanto grandi quanto lo saranno stati i vostri desideri,
perché Iddio nella sua misericordia accetta le buone intenzioni degli uomini in
luogo delle buone opere, quando si è nella impossibilità di compierle.
Infine,
con amorose aspirazioni verso Dio, con desideri ardenti, gli chiederete la
grazia di essere felicemente uniti a Lui per sempre.
LO STESSO ESERCIZIO RIDOTTO IN FORMA DI
PREGHIERA
Pensa
di aggiungere a quanto è stato detto una formula di preghiera adatta
all’esercizio giornaliero di cui si è parlato, per un maggior progresso
dell’anima.
L’uomo si riconosce peccatore
O Gesù,
mio Signore e mio Dio! che vi dirò? Io piego, in spirito le ginocchia dinanzi a
voi, depongo il mio cuore ai vostri piedi e riconosco i miei falli.
Ho
peccato, o mio Dio, ho fatto il male in vostra presenza, ho peccato contro il
mio Creatore, contro il mio Redentore, contro il mio Benefattore e Padre.
Ahimè!
sono sempre stato troppo ingrato e infedele verso voi; io sono tutto ciò che vi
è di più miserabile e spregevole, sono cenere, polvere; non sono niente,
Signore.
O
Signore, abbiate pietà di me!
L’uomo domanda la grazia e il perdono
Io
vengo a deporre tutte le mie iniquità, le mie negligenze, le mie mancanze (e
voi sapete, Signore, quale ne sia l’enormità e il numero) nelle vostre piaghe
adorabili.
Vengo a
gettarle nell’immenso braciere del vostro amore, a inabissarle nell’oceano
infinito della vostra misericordia.
Perché,
o Signore, vi ho offeso?
Perché
ho messo un ostacolo alla vostra grazia?
Come mi
dolgo di non aver sempre cercato di piacervi, di obbedire alle vostre sante
ispirazioni e alla vostra divina volontà in tutte le cose!
Egli si propone di essere più fedele in
avvenire
Io mi
propongo, con l’aiuto della vostra grazia, di evitare d’ora in avanti tutto ciò
che vi dispiace, pronto a morire mille volte piuttosto che volere qualcosa che
possa offendervi.
O dolce
Gesù, siatemi propizio, per i meriti della vostra santa umanità, per quelli
della vostra beatissima Madre e di tutti i vostri santi.
Lavatemi
nel vostro sangue prezioso, purificatemi completamente, guaritemi e
santificatemi senza riserva.
Il
peccatore benedice e glorifica Gesù Cristo per le sue infinite misericordie
Vi
adoro, vi lodo, vi glorifico, vi benedico, vi ringrazio, mio Signore Gesù, per
tutte le vostre misericordie e i vostri benefici. Vi ringrazio, o Figlio del
Dio vivente, Altissimo Dio, che nell’eccesso della vostra carità per me, vi
siete degnato di farvi uomo.
Per me,
siete nato in una stalla, siete stato avvolto in povere fasce, avete riposato
in una mangiatoia, avete avuto per nutrimento il latte verginale della vostra
Santa Madre, avete sopportato la povertà, l’indigenza, e per trent’anni siete
stato aggravato di una infinità di lavori e di fatiche; per me avete voluto che
un sudore di sangue stillasse dalle vostre membra fra tante angosce; per me
siete stato preso ignominiosamente e caricato d’indegni ferri, avete voluto
soggiacere al peso di una ingiusta condanna, siete stato coperto di vergognosi
sputi, avete ricevuto schiaffi, siete stato rivestito in segno di scherno di
una veste bianca, il cui uso rendeva ridicoli, siete stato esposto ad ogni
specie di scherni, avete voluto essere crudelmente lacerato a colpi di frusta,
e spietatamente coronato di spine, inumanamente inchiodato a una croce e
abbeverato di fiele e aceto.
Voi, o
mio Dio, che avete rivestito gli astri di tanto splendore, siete stato
disprezzato, denudato, coperto di ferite, abbattuto da dolori immensi, sospeso
ad una croce infame.
Per me
voi avete sparso il vostro sangue così prezioso; per me infine siete morto!...
Il peccatore chiede a Gesù Cristo la
grazia di amarlo
O mio
dolce Gesù, unica salvezza della mia anima! fate ch’io vi ami col più ardente
amore e che dal più profondo del cuore compatisca i vostri dolori.
Io
abbraccio la vostra croce adorabile e la bacio per amor vostro e per la vostra
gloria.
Io
saluto le piaghe da voi sofferte per me e nelle quali è inciso il mio nome.
Vi
saluto, mille volte vi saluto, o piaghe benefiche del mio Salvatore, del Dio
che mi ha tanto amato!
Buoni proponimenti del peccatore
O mio
adorabile Salvatore! io, il più miserabile dei peccatori, mi metto in vostra
presenza al disotto di ogni creatura.
Io non
merito che la terra mi sopporti. Fra tutti gli uomini non ve n’è uno che non
debba essere preferito a me.
Io mi
metto al disotto di tutti, e mi faccio volontariamente il servitore di tutti.
Nei trasporti di una sincera carità, abbraccio tutti gli uomini, specialmente
quelli che mi tormentano e mi perseguitano.
Per
amor vostro rinuncio ad ogni peccato, ad ogni vanità, a tutti i piaceri
mondani, a tutto ciò che è contrario all’ordine; rinuncio anche alla mia
propria volontà, abbandono e disdegno tutto ciò che è meno di voi e vi
preferisco a tutto.
Accetto
i vostri disegni sopra di me.
Io
desidero che la vostra santa volontà si compia sempre in me, nel tempo e nella
eternità.
Io mi
offro a voi, pronto a soffrire, con l’aiuto della vostra grazia e per la gloria
del vostro nome, ogni specie d’ignominia, d’ingiuria, di disprezzo e di
obbrobri, ogni specie di tribolazione e di dolori.
Io sono
pronto a soffrire la privazione assoluta di ogni consolazione sensibile.
Io non
mi rifiuto di vivere, se tale è la vostra volontà, in quella povertà e fra
quelle afflizioni in cui voi stesso siete vissuto.
Il peccatore domanda le virtù cristiane
O
amabilissimo Gesù, fate morire in me tutto ciò che vi dispiace.
Ornate
la mia anima delle vostre virtù e dei vostri meriti.
Datemi
la vera umiltà, la vera obbedienza, la vera dolcezza, la vera pazienza, la vera
carità.
Datemi
un assoluto impero sulla mia lingua, su tutte le mie membra, su tutti i miei
sensi.
Datemi
la libertà interiore, lo spirito di povertà, la purezza e la perfetta
contemplazione di voi stesso.
Rendete
la mia anima conforme all’anima umana che faceva parte della vostra santa
umanità, e il mio corpo conforme a quel corpo così puro e così privo di ogni
macchia, che voi avete rivestito.
Spandete
in me la luce serena e brillante della vostra divinità.
Egli desidera di essere trasformato in
Cristo
Io
credo fermamente che abitate in me con la vostra divinità.
Degnatevi
dunque di vedere coi miei occhi, di udire con le mie orecchie, di parlare con
la mia bocca, di agire, insomma, con tutto il mio essere, per operare in me ciò
che vi piace.
Liberatemi
da tutto ciò che mi imbarazza e mi impedisce di essere unito a voi
perfettamente (83).
Per
mezzo delle vostre piaghe adorabili introducetemi fino al fondo della mia
anima, affinché conoscendomi, io conosca voi stesso e vi ami e vi sia
intimamente unito e mi riposi tranquillamente nel godimento delle vostre
perfezioni, per la gloria del vostro nome.
Esauditemi,
o Signore, non in ragione della mia volontà ma della vostra.
Esauditemi
nella misura che vi sembra conveniente alla vostra gloria e alla mia salvezza.
Preghiera alla Vergine Maria e ai Santi
O
Maria, o tenera Madre di Dio, o gloriosa Regina del cielo, abbiate pietà di me.
Intercedete
per me, voi, ch’io posso chiamare un giglio puro e profumato, opera perfetta
della risplendente e pacifica Trinità.
Ottenetemi
la grazia di amare il vostro divin Figlio Gesù Cristo d’un amore perfetto, e di
diventare un’anima secondo il suo cuore.
O voi tutti,
Santi e Sante di Dio! voi, Angeli beati, soccorretemi.
Pregate
per me, immortali abitanti della patria celeste, affinché io possa col vostro
aiuto, piacere al supremo Re, la cui contemplazione immediata e piena di
dolcezza vi inonda di una gioia inesauribile.
Preghiera per tutti gli uomini
O Gesù,
salvatore misericordioso, abbiate pietà della vostra Chiesa; abbiate pietà di
tutti quelli per i quali avete versato il vostro sangue.
Convertite
i poveri peccatori, richiamate gli eretici e gli scismatici, illuminate gli
infedeli che non vi conoscono. Soccorrete tutti coloro che sono in preda a
qualche difficoltà o a qualche tribolazione.
Soccorrete
quanti si sono raccomandati alle mie preghiere o desiderano di raccomandarvisi.
Soccorrete
i miei parenti, i miei amici, i miei benefattori; rendeteli tutti graditi ai
vostri occhi.
Concedete
il perdono e la vostra grazia ai vivi e il riposo e la luce eterna ai defunti.
Per
tutti, Signore, io vi offro il vostro sangue prezioso e tutto ciò che avete
voluto fare e soffrire per la nostra salvezza, vi offro tutti i meriti della
vostra umanità.
Preghiera alla Trinità
O
Trinità! Dio altissimo, clementissimo, misericordiosissimo, Padre, Figlio,
Spirito Santo, Dio uno, voi lo vedete, io spero in voi. Istruitemi, dirigetemi,
sostenetemi.
O
Padre, con la vostra infinita potenza, fissate in voi la mia memoria e
riempitela di santi e divini pensieri.
O
Figlio, con la vostra eterna sapienza, illuminate il mio intelletto, accordategli
la conoscenza della vostra suprema verità e della mia bassezza.
O
Spirito Santo, che siete l’amore del Padre e del Figlio, con la vostra
incomprensibile bontà, trasportate la mia volontà in voi e infiammatela del
fuoco inestinguibile della vostra carità.
Perché
non posso io, adorabile Trinità, lodarvi e amarvi così perfettamente come i
santi e gli angeli del cielo? Almeno, o Signore, ch’io glorifichi come mi è
possibile la vostra saggia e benefica potenza.
Io
benedico la vostra onnipotente e benefica saggezza; e glorifico la vostra
saggia e onnipotente misericordia.
Ma
poiché io non posso abbastanza lodarvi, degnatevi, ve ne scongiuro, di lodarvi
voi stesso in me, con tutta la perfezione che meritate.
Oh! se
avessi tutto l’amore di tutte le creature, con quanta gioia mi affretterei a
volgerlo verso di voi e ad impiegarlo per amarvi!
L’uomo chiede a Dio di immergerlo in lui
O mio
Signore e mio Dio! mio principio e mio fine, o essenza supremamente semplice,
supremamente tranquilla e supremamente amabile, o abisso di dolcezze e di
delizie! o mia amabile luce, e suprema felicità della mia anima! o torrente
d’ineffabile diletto! oceano di gioie inesprimibili! pienezza perfetta di ogni
bene, mio Dio e mio Tutto, che cosa mi potrà mancare, se possiedo voi?
Voi
siete il mio bene unico ed immutabile. Io non devo cercare che voi.
Io non
cerco e non desidero che voi solo. O Signore, attiratemi a voi.
Infuocatemi
del fuoco del più cocente amore.
Considerate
tutta la mia povertà, la mia inanità, la mia ignoranza, la mia cecità. Io
busso, apritemi!
Aprite
ad un orfano che vi implora. Immergetemi nell’abisso della vostra divinità;
rendetemi un solo spirito con voi, affinché io possa un giorno possedere in me
le vostre soavi e sante delizie.
NOTE
(1) Alberto Magno qui parla specialmente
della perfezione dei monaci, sebbene la sua dottrina valga anche per la
perfezione cristiana in generale. Egli scrisse questo piccolo trattato verso la
fine della sua lunga vita, chiusa si all’età di 87 anni.
(2) E’ il dovere che s’impone a tutti i
cristiani. I religiosi s’impongono come dovere ciò che in se stesso non è che
un consiglio. Essi sono tenuti alla pratica dei consigli.
(3)
I voti hanno come fine immediato l’allontanamento degli ostacoli alla
perfezione, ma non costituiscono la perfezione. E’ la carità che costituisce la
perfezione. Alberto Magno non parla che d’un voto, perché allora le formule di
professione religiosa non parlavano che del voto di obbedienza che suppone
tuttavia gli altri due voti di castità e di povertà.
(4) Gv. 4, 23.
(5) Mt. 6, 6.
(6) Quando Alberto Magno e gli altri
mistici affermano che non bisogna curarsi delle creature, intendono dire che
non bisogna curarsene per se stesse, ma non che non si debba occuparsene in un
modo o nell’altro per amore di Dio. Il nostro Dottore d’altronde spiegherà
meglio il suo pensiero in seguito.
(7) 1 Pt. 5, 7.
(8) Fil. 4, 6.
(9) Sal. 55, 23.
(10) Sal. 92, 5.
(11) Sal. 16, 8.
(12) Cn. 3, 4.
(13) Sap. 7, 11.
(14) Mt. 16, 26.
(15) Lc. 17, 21.
(16) Alberto Magno suppone qui che la
preoccupazione di Dio e quella delle creature siano parallele, il che sarebbe
un difetto; e non subordinate, il che non è un difetto ma una virtù.
(17) Bisogna comprenderlo nel senso che
Dio è il principio e il fine supremo di tutte le attività create.
(18) L’immagine perfetta di Dio nell’uomo
non consiste soltanto nel possedere delle facoltà per le quali l’uomo gli
rassomiglia, ma anche nel compiere per mezzo della fede e della carità, per
quanto si può, degli atti simili a quelli che Dio compie, conoscendolo come
egli si conosce ed amandolo come egli si ama.
(19) Gli scolastici chiamano “forma” ciò
che dà l’essere accidentale o sostanziale al composto. Dio è la forma
accidentale dell’anima, perché deve imprimere nella attività di essa qualcosa
della sua propria attività per mezzo della grazia santificante. Inoltre si può
dire che Dio è la forma dell’anima anche nel senso che l’anima, per la
ordinaria provvidenza, deve partecipare all’essere di Dio per mezzo della
grazia santificante, che è una partecipazione reale, sebbene creata, della
natura divina.
(20) Bisogna evitare queste cose in tanto
e in quanto ci allontanano da Dio. Ma esse possono anche avvicinarci a lui,
quando si percepiscono in Dio e per Iddio.
(21) Soltanto con l’intelligenza e la
volontà vi si arriva formalmente, sebbene sia presupposto l’uso delle facoltà
sensibili.
(22) Le facoltà sensibili servono spesso
per tendere a Dio, quando la loro attività si limita ad essere il mezzo, ma
sono un ostacolo quando la loro attività è il fine.
(23) Questa dottrina è la traduzione
cristiana dell’assioma formulato dal filosofo: “Homo sedendo fit sapiens”:
nella calma l’uomo acquista la saggezza.
(24) Questo è necessario specialmente per
i religiosi.
(25) Si deve comprendere questa parola nel
senso che la Santa Scrittura, presupposta sempre come base, non ci dà di Dio
che una conoscenza oggettiva, mentre lo Spirito Santo ce ne dà una conoscenza
sperimentale.
(26) Dio si conosce e si ama in se stesso
per sua natura, e noi lo conosciamo ed amiamo in se stesso per la sua grazia.
(27) Ciò che è notevolissimo nella
dottrina di questo libro è che essa esige dapprima la perfezione dell’anima e
delle facoltà, dalla quale deriverà quella degli atti. Gli autori più moderni,
da casisti esclusivi, quasi non parlano d’altro che della perfezione degli
atti: il che è meno logico e meno profondo.
(28) Prov. 8, 31.
(29) I sensi dell’uomo esteriore sono
l’immaginazione e le passioni; per l’uomo interiore sono l’intelligenza e la
volontà, che si trovano a volte senza alcun soccorso da parte della devozione
sensibile.
(30) Infatti tutti i disegni di Dio su noi
sono misericordiosi, specialmente dal punto di vista della nostra santificazione,
e gli ostacoli all’attuazione dei piani divini provengono unicamente dalle
nostre sregolate passioni.
(31) Il libro “De spiritu et anima” è di
autore incerto; si trova stampato al seguito delle opere di S. Agostino in
Migne, Patrol. lat., vol. XL, 779.
(32) Queste tenebre dello spirito sono il
silenzio della immaginazione che non è più ascoltata, e quello
dell’intelligenza che è abbastanza illuminata per comprendere che in sostanza
non si capisce nulla della Divinità in se stessa. Il meglio per noi è di negare
in Dio i difetti che constatiamo nelle creature, per la ragione che noi
naturalmente non conosciamo Dio che attraverso le creature le quali sono
infinitamente impotenti a darci una idea adeguata del Creatore.
(33) Sal. 84, 8.
(34) Non si perde Dio, il bene increato,
che attaccandosi illegittimamente al bene creato; se non ci si attacca al bene
creato, non si perde Iddio e si tende a lui senza sforzo.
(35) Gv. 14, 6.
(36) L’anima amante di Dio non, si occupa
delle cose del mondo se non perché sono in relazione a Dio ed ai propri
obblighi.
(37) Ciò è vero perché, secondo la vera
filosofia, la essenza d’una cosa è distinta dalla sua esistenza.
(38) Ogni causa attuale è a Dio più
intimamente presente nella sua opera che l’opera stessa, poiché necessariamente,
la precede.
(39) Gv. l, 3-4.
(40) Noi non abbiamo abitualmente
l’esperienza delle cose divine e da principio possiamo solo paragonarle alle
cose che sperimentiamo quaggiù.
(41) Noi neghiamo in Dio tutto ciò che è
una semplice possibilità o una imperfezione. Noi neghiamo in lui “ciò che è
proprio della nostra ragione” ossia il ragionamento, perché esso presuppone
l’assenza della visione del vero; noi neghiamo in lui “l’essere quale lo
s’incontra nelle creature” perché, nelle creature è fatalmente limitato e
contingente.
(42) Num. 1.
(43) Es. 33; Num. 12,
8; Eb. 3, 2.
(44) A proposito di questa importante
dottrina ci sembra utile citare S. Tommaso, il discepolo di Alberto Magno. “Una
cosa può appartenere alla vita contemplativa in due maniere: o come parte
essenziale o come disposizione.
Le virtù morali non appartengono
all’essenza della contemplazione, il cui fine è unicamente la considerazione
della verità...
Ma esse le appartengono come disposizioni
preliminari... perché calmano le passioni e il tumulto delle preoccupazioni
esterne, e cosi facilitano la contemplazione” (Somma, 2, 2ae, q. 180, a. 2).
Questa distinzione non deve mai essere dimenticata quando si leggono i libri
mistici che procedono dalla Scolastica.
(45) Gv. 17, 3.
(46) Sal. 16, 15.
(47) Questa mirabile dottrina condanna
tutta una letteratura e una fantasticheria insipida, sciocca, viziata,
sensuale, che ai nostri giorni ha invaso il mondo della pietà, vuotate le anime
di sani pensieri e le ha riempite di un sentimentalismo equivoco e nocivo.
(48) Mt. 11, 6; 13, 57; ecc.
(49) E’ il celebre “perinde ac cadaver”
eccellentemente compreso.
(50) Lc. 10, 42.
(51) Lc. II, 14.
(52) Niente di più conforme al Vangelo di
tale dottrina, Gesù Cristo fa cantare sulla sua culla che la pace appartiene
agli uomini di buona volontà (Lc. II, 14); più tardi dichiara che il suo
nutrimento è di fare la volontà del Padre (Gv. 4, 34); altrove afferma ch’egli
non cerca la sua volontà, ma la volontà di colui che lo ha mandato (Gv. 5, 30);
che è disceso dal cielo per compierla (Gv. 6, 38). Vicino a morire chiederà
ancora che sia fatta la volontà del Padre e non la sua (Mt. 24, 26; Lc. 22,
42). Molte volte nel Vangelo ricorre lo stesso linguaggio. Egli vuole che i
suoi discepoli lo imitino. Non chi ripete: Signore, Signore, entrerà - egli
dice nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà di Dio (Mt. 7, 21; Rm. II, 3;
Gc. l, 22); e nella preghiera che c’insegna ci fa chiedere l’adempimento di
questa volontà come mezzo per glorificare Dio e per santificare le nostre anime
(Mt. 6, 10). Infine ci dice pure che se ci conformiamo a questa volontà
suprema, saremo suoi fratelli (Mt. 12, 50; Mc. 3, 35). Quando dunque certe
persone pie si domandano se amano Dio e se potranno amarlo sempre, basterebbe
rivolgere loro la stessa interrogazione in altri termini: compiono esse,
possono esse compiere la volontà di Dio, e i loro doveri per Iddio? Così posta,
la questione si risolve da sé. La ragione di tale dottrina è semplicissima:
amare qualcuno significa volergli bene. Ora, un bene di Dio è la sua benefica
volontà su noi. Il Nostro Signore e Maestro richiamò questo principio quando
disse: “Sarete miei amici se farete quello che io vi comando” (Gv. 15, 4).
(53) In virtù dello stesso principio,
bisogna anche ricordare costantemente questa norma, incontestabile quanto
obliata, che cioè si ha il merito del bene che si vorrebbe effettivamente fare,
ma che non si può compiere in realtà; come si ha il demerito del male che si
vorrebbe fare pur non potendolo compiere.
(54) La “volontà fa la ricompensa o il
supplizio” nel cielo o nell’inferno, perché essendo presupposta la conoscenza
di Dio, la volontà si attacca a lui per amore, o lo odia con ostinazione.
(55) Si può considerare in particolare un
triplice bene: anzitutto la tentazione provoca la lotta e così fortifica la
virtù; poi obbliga l’uomo a fare atti di esplicita adesione alla virtù contro
la quale essa si produce, il che è un’altra perfezione; infine in questa
adesione e in questa lotta sono naturalmente compresi molti atti virtuosi e per
conseguenza meritori. Vi sono dunque possibili vantaggi sia per le disposizioni
sia per gli atti.
(56) Gb. 7, 1.
(57) Cant. VIII, 6.
(58) Si tratta qui dell’anima “in quanto è
umana “ ed è come tale che è più presente là dove ama che non dove dà la vita.
(59) Senza la carità non vi è virtù
perfetta, perché senza essa nessuna virtù conduce l’uomo al suo ultimo fine che
è Dio, sebbene possa condurlo a un fine subalterno. Ed è in questo senso che,
secondo gli antichi teologi, la carità è la “forma” delle altre virtù, poiché
per essa gli atti di tutte le altre virtù sono soprannaturalizzati e diretti al
loro legittimo fine che è Dio. Cfr. T. Th. Sum. 2, 2.ae, q. 23, a. 7, 8.
(60) Mt. 22, 40.
(61) Rm. 13, l0.
(62) 1 Tm. 1, 5.
(63) Dio non può amarsi e non saprebbe
amare le creature che per se stesso; se abbiamo in noi questo amore, saremo in
certo qual modo uno stesso spirito con lui.
(64) Tutta questa dottrina si basa sulla
definizione della preghiera che è essenzialmente “una elevazione dell’anima
verso Dio “.
(65) l Ts. 5, 17.
(66) l Tm. 2, 8.
(67) Tale remissione è possibile quanto
alla colpa per i peccati veniali, quanto alla pena per tutti i peccati.
(68) Sal. 9, 24.
(69) Is. 3, 12.
(70) Lc. 6, 26.
(71) S. Tommaso spiega così la possibilità
e la giustezza di questo sentimento: “Si può senza menzogna credersi e
dichiararsi più abietti degli altri, a causa dei difetti segreti che si
riconoscono in sé e ai doni di Dio che si nascondono negli altri. S. Agostino
dice nel suo libro De Virginit., cap. LI: “Ritenete sempre gli altri migliori
di voi nel fondo della loro anima, sebbene esteriormente voi sembriate migliori
di essi”. Così si può, senza mentire, dirsi e credersi inutili a tutto e
indegni, tenuto conto delle proprie forze. L’Apostolo diceva (2 Cr. 3): “Noi
siamo incapaci di pensare alcunché esclusivamente da noi stessi: la nostra
capacità viene da Dio” (Som. 2. 2.ae, q. 161, a. 6, 1). Non è giusto che vi sia
una differenza fra il colpevole e l’innocente quanto alla pena e alla
riparazione, se vi fu tanta differenza nella colpa e nella prevaricazione?
Dovrebbe forse l’iniquità essere più libera dell’innocenza? Trattiamo dunque
tutte le cose con disdegno e disprezzo, allontaniamoci, separiamoci da esse per
potere con tutta sincerità gettare le basi della penitenza e della riparazione.
(72) l Pt. 5, 7.
(73) Sal. 54, 8.
(74) Ee. 12, 11-12.
(75) Mt. 6, 31.
(76) Dt. 11, 24.
(77) Cf. Serm. I in Perito
(78) Mc. 11, 24
(79) 2 Cr. 3, 5.
(80) Questa dottrina di Alberto Magno
sulla Provvidenza è veramente mirabile. Essa è basata sull’assioma che le
azioni della creatura non sono parzialmente della creatura e parzialmente di
Dio, ma totalmente della creatura e totalmente di Dio. (Cf. S. Th. Cont. Gent. n. 70). La
causalità umana non è affatto parallela alla causalità divina, ma, come dicono
gli Scolastici, subalterna. Basta questa dottrina a salvaguardare tutta
l’azione di Dio e tutta l’azione della creatura. La dottrina del parallelismo
invece diminuisce l’una e l’altra e conduce al fatalismo, attribuendo a Dio
cose che non ha fatto e sopprimendo per l’uomo il principio necessario ad ogni
bene, in particolare la libertà. La dottrina delle causalità subordinate è
anche la prima che spiega come le cose decretate da Dio possono essere
determinate nella causalità suprema, e prodursi infallibilmente senza essere
necessariamente nelle causalità seconde. Questa è alta teologia.
Disgraziatamente certi moderni l’hanno dimenticata.
(81) Questo capitolo e la preghiera che
segue mancano in molte edizioni del nostro opuscolo. Se non sono di S. Alberto,
entrano tuttavia pienamente nel suo pensiero e nel suo argomento. Si sa pure
che il grande Dottore aveva l’abitudine di riassumere in belle preghiere le sue
lezioni più strettamente dogmatiche. Per questi motivi le aggiungiamo qui. Si
può concludere che la vera scienza non gonfia né inaridisce.
(82) Cap. IX.
(83) Quando l’uomo si lascia condurre
dallo spirito di Dio, diventa il fedele strumento di Dio, perché egli
sottomette all’azione di Dio la propria attività, pur conservandola intatta.