Evagrio Pontico
ANTIRRHETIKOS
GLI OTTO SPIRITI MALVAGI
Capitolo 1
La gola
L’origine del frutto è il fiore e l’origine della vita
attiva è la temperanza chi domina il proprio stomaco fa diminuire le passioni,
al contrario chi è soggiogato dai cibi accresce i piaceri. Come Amalec è
l’origine dei popoli così la gola lo è delle passioni. Come la legna è alimento
del fuoco così i cibi sono alimento dello stomaco. Molta legna anima una grande
fiamma e un’abbondanza di cibarie nutre la cupidigia. La fiamma si estingue
quando viene meno la legna e la penuria di cibo spegne la cupidigia. Colui che
ha potere sulla mascella sbaraglia gli stranieri e scioglie facilmente i vincoli
delle proprie mani.
Dalla mascella gettata via sgorga una fonte d’acqua e la
liberazione dalla gola genera la pratica della contemplazione. Il palo della
tenda, irrompendo, uccise la mascella nemica ed il lògos della temperanza uccide
la passione. Il desiderio di cibo genera disobbedienza e una dilettosa
degustazione caccia dal paradiso. Saziano la strozza i cibi fastosi e nutrono
l’insonne verme dell’intemperanza.
Un ventre indigente prepara ad una preghiera
vigile, al contrario un ventre ben pieno invita ad un lungo sonno. Una mente
sobria si raggiunge con una dieta molto scarna, mentre una vita piena di
mollezze tuffa la mente nell’abisso. La preghiera del digiunatore è come il
pulcino che vola più alto dell’aquila mentre quella del crapulone è avvolta
nelle tenebre. La nube nasconde i raggi del sole e la grassa digestione dei cibi
offusca la mente.
Capitolo 2
Uno specchio sporco non riflette distintamente la forma che
gli si pone di fronte e l’intelletto, ottuso dalla sazietà, non accoglie la
conoscenza di Dio. Una terra incolta genera spine e da una mente corrotta dalla
gola germogliano cattivi pensieri. Come il brago non può emanare fragranza
neppure nel goloso sentiamo il soave profumo della contemplazione. L’occhio del
goloso scruta con curiosità i banchetti, mentre lo sguardo del temperante
osserva i simposi dei saggi. L’anima del goloso enumera i ricordi dei martiri,
mentre quella del temperante imita il loro esempio. Il soldato vigliacco
rabbrividisce al suono della tromba che preannuncia la battaglia, ugualmente
trema il goloso di fronte ai proclami di temperanza.
Il monaco goloso,
sottomesso a sferzate dal proprio stomaco, esige il suo tributo giornaliero. Il
viandante che cammina di buona lena raggiungerà presto la città e il monaco
temperante arriverà presto ad uno stato di pace; il viandante lento si fermerà
solo, all’aperto, ed il monaco ghiottone non raggiungerà la casa dell’apàtheia.
L’umido vapore del suffumigio profuma l’aria, come la preghiera del temperante
delizia l’olfatto divino.
Se ti concedi al desiderio dei cibi nulla più ti
basterà per soddisfare il tuo piacere: il desiderio dei cibi, infatti, è
come il fuoco che sempre accoglie e sempre avvampa. Una misura sufficiente riempie
il vaso mentre un ventre sfondato non dirà mai: «basta!». L’estensione delle
mani mise in fuga Amalec e una vita attiva elevata sottomette le passioni
carnali.
Capitolo 3
Stermina tutto ciò che ti ispirano i vizi e mortifica
fortemente la tua carne. In qualunque modo, infatti, sia ucciso il nemico, esso
non ti incuterà più paura, così un corpo mortificato non turberà l’anima.
Un cadavere non avverte il dolore del fuoco e tantomeno il temperante sente
il piacere del desiderio estinto. Se percuoti un egiziano, nascondilo sotto la
sabbia, e non ingrassare il corpo per una passione vinta: come infatti nella
terra grassa germina ciò che è nascosto così nel corpo grasso rivive la passione.
La fiamma che illanguidisce si riaccende se viene aggiunta della legna secca e
il piacere che si va attenuando rivive nella sazietà dei cibi; non compiangere
il corpo che si lagna per lo sfinimento e non rimpinzarlo con pranzi sontuosi:
se infatti lo rinforzerai ti si rivolterà contro muovendoti una guerra senza
tregua, finché renderà schiava la tua anima e ti menerà servo della lussuria.
Il corpo indigente è come un
docile cavallo e mai disarcionerà il cavaliere: questo, infatti, costretto dal
freno, arretra e obbedisce alla mano di chi tiene le briglie, mentre il corpo,
domato dalla fame e dalle veglie, non recalcitra per un cattivo pensiero che lo
cavalca né nitrisce eccitato dall’impeto delle passioni
AVE MARIA!