giovedì 24 ottobre 2013

«Sopportate e astenetevi, dice Tertulliano; chi osserverà questi due punti, vivrà senza peccato, e sarà felice (Ad Martyr.)».










I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Perfezione

Data: Domenica, 03 maggio @ 11:57:26 CEST
Argomento: Vita cattolica: Matrimonio, laicato...


 1. Che cosa è la perfezione. 
 2. Gradi della perfezione. 
 3. Felicità e ricchezze della perfezione. 
 4. Mezzi per arrivare alla perfezione.







1. CHE COSA È LA PERFEZIONE. - «Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro celeste», dice Gesù Cristo (MATTH. V, 48). «Siate perfetti» - ripete il grande Apostolo (II Cor XIII, 11). 

Ma che cosa è questa perfezione, e in che consiste? 

Consiste primieramente nell'imitare Gesù Cristo: «Chi dice di essere in Gesù Cristo, deve camminare per la via per cui ha camminato Gesù Cristo» (I IOANN. II, 6). 
In secondo luogo, consiste nel far vivere Gesù Cristo in noi, e nel vivere noi solamente di Gesù e per Gesù. Lo dice S. Paolo il quale certamente viveva secondo là perfezione: «Io vivo, ma non già io, ma è Gesù che vive in me; perché tutto il mio vivere sta in Gesù Cristo» (Gal II, 20), (Philipp. I, 21).

*Un dotto, avendo incontrato un mendicante, gli domandò: Donde ne vieni tu? - da Dio, rispose l'accattone. - Dove hai imparata così grande sapienza? - L'ho trovata là dove ho abbandonato tutte le creature. - Chi sei tu? - Io sono re. - Dov'è il tuo regno? - Nell'anima mia: perché ho imparato a governare i miei sensi esteriori ed interiori, affinché tutti gli affetti e le potenze tutte dell'anima mia mi stiano soggette. - Chi ti ha guidato a questa perfezione? - Il mio silenzio, le mie preghiere, le mie meditazioni, la mia unione con Dio. Io ho lasciato tutto ciò che non è Dio, ed ho trovato il mio Dio, e godo in lui pace e riposo continuo (TAULERO, p. 685). Ecco la perfezione.. .


La perfezione dell'uomo, secondo Sant'Agostino, sta nel riguardarsi come imperfettissimo. «Non essere mai contento, dice questo santo Padre, di quello che sei, se vuoi arrivare a quello che non sei; poiché dal punto in cui ti compiaci di te stesso, ti arresti; se poi tu dici: basta, allora sei perso (Serm. L, de Tempo)». 

La perfezione consiste nel progredire di virtù in virtù, fino a che si arrivi alla casa di Dio (Psalm. LXXXIII, 7); cosicché, come spiega S. Giovanni, chi già è giusto, si studi di divenirlo di più; chi già è santo, diventi più santo (Apoc. XXII, 11). Di questo abbiamo un bell'esempio nel giovinetto Gesù a cui lode nota l'Evangelista, che cresceva del continuo in saggezza, come in età, e in grazia presso Dio e presso gli uomini» (Luc. II, 52).


La vera perfezione dei giusti è di non mai presumere di essere tali, perché loro non succeda che non continuando la loro via, non corrano il pericolo di cadere là dove cesserebbero di avanzare... La perfezione è un'eroica generosità, una grande e costante applicazione a progredire in tutte le virtù, a praticare le opere meravigliose ch'esse inspirano. 

Perciò dobbiamo imitare, in certo senso, l'avaro; come questi non è mai sazio di oro, così noi non siamo mai sazi di grazia, di virtù, di buone opere. Voi conservate benissimo ciò che avete acquistato, se lavorate sempre ad accumulare. Quello che possedete andrà via scemando a misura che cessate di acquistare. 

S. Marciano, incontratosi con un cacciatore, gli domandò: Che cosa fate voi? - E questi: Caccio lepri e cervi, come vedete, e li perseguito finché li ho presi. ­ Anch'io, riprese il Santo, corro dietro a Dio, e non cesserò da questa caccia divina, finché non l'abbia preso e me ne sia impadronito per sempre (Ha THEODORETUS in Philotet.). 

Il cuore dell'uomo perfetto cerca sempre di ascendere, dice il Profeta (Psalm. LXXXIII, 6); il Savio paragona la vita dei giusti al sole levante che si avanza e cresce finché sia giunto al meriggio (Prov. IV, 18). «Felice colui, esclama S. Gerolamo, che ogni giorno avanza; che non considera quello che ha fatto di bene ieri, ma pensa quello che deve fare quest'oggi per avanzare. Il santo è sempre disposto ad ascendere, il peccatore a discendere; e quindi siccome l'uomo perfetto si perfeziona ogni giorno più, così l'uomo peccatore discende e decresce ogni giorno (In Psalm. LXXXIII)». 

S. Agostino chiama perfetto l'uomo, quando lavora tutta la sua vita a tendere verso l'immutabile, eterna vita, e che vi si adopera con tutto l'animo (De doctrina christ., C. XXII).

«Ogni allievo che alla scuola di Gesù Cristo non avanza è indegno, dice S. Bernardo, del suo insegnamento. La vera virtù non conosce confine; non è limitata da tempo; non dice mai basta, ma ha sempre fame e sete della giustizia, di modo che se sempre vivesse, sempre per quanto sta da lei, si sforzerebbe di divenire più giusta; s'ingegnerebbe a tutto potere di andare dal perfetto al sublime della perfezione. Infatti essa non si è già dedicata al servizio di Dio per un dato tempo, come un servo ordinario, ma gli si è consecrata per sempre. Ecco come parla il giusto: Signore, io non dimenticherò mai la vostra legge salutare, perché voi mi santificate per mezzo suo. La perfezione non è per il tempo, ma per l'eternità. La continua fame del perfetto merita di saziarsi eternamente. E sebbene il tempo le ponga ben tosto fine, essa ha tuttavia compiuto un lungo spazio di tempo, mediante la continua pratica della virtù» (Epl. CXLII).


«Per quanto lunga sia la nostra carriera, scrive S. Agostino, per quanti passi si siano fatti nella via della perfezione, nessuno non dica mai: questo mi basta, io sono giusto. Chi così parlasse o pensasse, rimarrebbe per via e non toccherebbe la mèta. 
Ecco che cosa dice l'Apostolo: Fratelli miei, io non mi credo di aver già terminato la corsa. Egli corre del continuo, e voi vi arrestate! egli si stima ancora imperfetto, e voi vi vantate della vostra giustizia!» (Serm. XV de Verbo Apost.). «Deh per carità! aggiungete sempre, camminate sempre, avanzate sempre. Meglio e più presto cammina lo zoppo che tiene la via, che non colui il quale corre fuori di strada (Serm. XV, de Verbo Apost.)». 

«No, non è perfetto colui il quale non desidera di essere sempre più perfetto; e si mostra più perfetto colui che tende sempre a maggiore perfezione (Epistola XXXIV, ad Dragon.)». «Il non andare innanzi, dice S. Bernardo, è senza dubbio un indietreggiare. Correte pure quanto volete, ma se non correte fino alla morte, non ottenete il premio del vincitore (Epistola CCLIV, ad Garrinum)».


*Ecco un abbozzo della perfezione cristiana, tracciato da S. Cipriano

«L'umiltà nel tratto, la stabilità nella fede, la riservatezza nelle parole, la giustizia nelle azioni, la castigatezza nei costumi; 

non mai fare ingiuria, sopportare quelle che ci si fanno, mantenere la pace e l'unione con tutti, amare Dio come un padre, temerlo come un giudice, preferire Gesù Cristo a ogni altra cosa, come egli ha preferito noi a tutto;

unirci inseparabilmente alla sua carità, stringerci con coraggio, confidenza e perseveranza alla sua croce; 

quando si tratta del suo nome e del suo onore, mostrare costanza nei discorsi per confessarlo, fiducia nelle prove, pazienza nei patimenti e nella morte per arrivare alla corona; 

fare tutto questo è voler essere coeredi di Gesù Cristo, è un adempire il precetto di Dio, è un fare la volontà del Padre celeste» (De Orat. domin.).

*In verità, diceva S. Macario, chi tiene il disprezzo in conto di lode, la povertà stima tesoro, la fame ha in luogo di eccellente alimento, non muore giammai (Vit. Patr.).


2. GRADI DELLA PERFEZIONE. - 

A coloro che tendono alla perfezione, S. Giovanni Climaco assegna per lezione queste pratiche: 

«L'obbedienza, il digiuno, il cilizio, la cenere, le lacrime, la confessione, il silenzio, l'umiltà, le vigilie, il coraggio, il freddo, il lavoro, le prove, il disprezzo, la contrizione, l'oblio delle ingiurie, la carità fraterna, la dolcezza, la fede semplice senza curiosità, il disprezzo del mondo, la rinunzia ai parenti, il distacco da ogni cosa, la semplicità congiunta all'innocenza, la brama di essere dimenticato». 

Più alte opere prescrive a quelli che già sono avanti nella perfezione. La vita di costoro, egli dice, sta nel trionfare della vanagloria e dei moti inconsulti dell'animo, nello sperare fermamente la salute; nel riposo dell'anima, nella discrezione, nel ricordo ben radicato e continuo del giudizio finale, nella misericordia, nell'ospitalità, nella modesta correzione, nella preghiera. 

Quelli finalmente che sono giunti alla perfezione, vuole che abbiano il cuore libero di ogni impedimento, posseggano carità perfetta, umiltà profondissima, siano interamente morti al mondo e tutti assorti in Gesù Cristo, attendano con fervore alla contemplazione, ricevano tutti i lumi celesti, desiderino la morte, odiino la vita, fuggano del continuo il proprio corpo (Grad. XXVI).

Bisogna tendere alla perfezione di Dio medesimo. Consumata perfezione, altissima elevazione è l'imitazione di Dio. «E giacché imitarlo non ci è dato, come avverte S. Gerolamo, nella potenza, nella magnificenza, nell'eternità e in altri simili attributi; possiamo almeno imitarlo da lontano nella dolcezza, nell'umiltà, nella carità, nella purezza, nella santità» (Epist.). «Bisogna imitare, dice S. Tommaso, l'immutabilità di Dio con la costante uguaglianza d'animo così nelle prosperità, come nelle avversità; la sua prescienza, con la previdenza dei fini ultimi; la sua veracità, la sincerità, la pazienza, la clemenza, l'obbedienza, la carità sua» (4 q. II, art. 7).

«Chi è colei che si avanza come l'aurora nascente, bella come la luna, splendida come il sole?» (Cantic. VI, 9). Chi è colei che si leva come aurora nascente? ecco l'anima che comincia la sua perfezione... Bella come la luna; ecco l'anima che avanza in perfezione... Splendida come il sole; ecco l'anima arrivata all'apice della perfezione. 

Quello che qui è indicato sotto figura, viene chiaramente spiegato dallo Spirito Santo nel libro della Sapienza, dove si legge: «Il principio della sapienza è il vero, il sincero desiderio della regola; la cura della regola diviene il suo amore; l'amore della sapienza porta all'osservanza delle sue leggi; l'osservanza delle leggi mette alla consumazione della santità; e la santità avvicina, anzi unisce l'uomo a Dio» (Sap. VI, 13-20).


La scala della perfezione consta di due bracci e di dodici scalini, scrive S. Bernardo. 

Il braccio a destra è il disprezzo di se stesso fino all'amore di Dio; quello a sinistra significa il disprezzo del mondo fino all'amore del regno celeste. 

I dodici scalini, sono: 1° l'odio del peccato...; 2° la fuga del peccato...; 3° il timore dell'odio di Dio...; 4° la soggezione al Creatore in ogni cosa...; 5° l'obbedienza al proprio superiore...; 6° la sommissione al proprio uguale...; 7° la condiscendenza verso l'inferiore...; 8° mettersi nell'ultimo luogo...; 9° meditare incessantemente il proprio fine...; 10° sempre temere delle proprie opere...; 11° confessare umilmente i propri pensieri...; 12° lasciarsi condurre in tutto dalla mano di Dio, secondo il suo volere... 

Per questa scala discendono e ascendono gli angeli, e gli uomini montano al cielo» (Serm. in Cant.).


*La perfezione, dice S. Basilio, è una scala al cui sommo è la carità e i cui scalini sono formati da altrettante rinunzie. 

1° Rinunziare alle cose terrene...; 2° obliarle interamente...; 3° detestarle, disprezzarle come fango...; 4° spogliarsi dell'attaccamento al prossimo, agli amici...; 5° odiare l'anima propria per Gesù Cristo...; 6° rinunziare alla propria volontà, al proprio giudizio...; 7° mortificare incessantemente le proprie voglie per adempire quello che ha detto Gesù Cristo: «Chi vuole venire dopo me, rinunzi a se medesimo, prenda la sua croce, e batta le mie orme» (MATTH. XVI, 24)...; 8° seguire Gesù e da lui imparare l'umiltà e la mitezza...; 9° amare in ogni caso ed efficacemente il prossimo, compresi i propri nemici...; 10° abbracciarsi a Dio, e formare con lui un solo spirito (In Psalm.). 

Questa scala poggia alla casa di Dio, alla porta del cielo.

*Cassiano scrive: «L'ordine, secondo il quale voi potrete con tutta facilità ascendere alla cima della perfezione, è il seguente: Il cominciamento della salute e della sapienza è il timore di Dio; dal timore del Signore nasce la compunzione salutare; dalla compunzione del cuore deriva la rinunzia, il distacco, il disprezzo di ogni umano desiderio; da questa negazione nasce l'umiltà; l'umiltà genera la mortificazione della volontà; con la mortificazione della volontà si schiantano o si recidono le radici di tutti i vizi; estirpati i vizi, le virtù attecchiscono, crescono, fioriscono, fruttificano; mediante la nascita, l'accrescimento e l'impero delle virtù, si acquista la purezza del cuore; per mezzo della purità del cuore si arriva al possesso della perfetta carità» (Institut.).




3. FELICITÀ E RICCHEZZE DELLA PERFEZIONE.

S. Paolo, che era perfetto, così descrive ai Corinzi le meraviglie, le ricchezze, gli stupendi, frutti della sua perfezione: «Ci diportiamo in tutto come ministri di Dio, con molta pazienza, nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angustie, nelle battiture, nelle prigioni, tra le sedizioni, nelle fatiche, nelle vigilie, nei digiuni; con la castità, con la scienza, con la longanimità, con la mansuetudine, con lo Spirito Santo, con la carità non simulata; con la parola di verità, con la virtù di Dio, con le armi della giustizia a destra e a manca; per mezzo della gloria e dell'ignominia, dell'infamia e del buon nome; come seduttori, eppur veraci; come ignoti, ma pure conosciuti; come moribondi, ed ecco che siamo vivi; quasi melanconici, e pure sempre allegri; quasi mendichi, ma che molti facciamo ricchi; quasi privi di tutto, e possessori di ogni cosa» (II Cor. VI, 4-10).

S. Gregorio Nazianzeno dice dei perfetti: «La loro vita è la ricchezza nell'indigenza, l'abbondanza nella penuria, la gloria nel disprezzo, la pazienza nell'infermità, un'ammirabile famiglia nel celibato (la famiglia delle virtù); il disprezzo delle delizie fa la loro delizia; abbracciano l'umiltà, per guadagnare il regno celeste; niente posseggono nel mondo, e ne sono i padroni; vestiti di carne, vivono come se non l'avessero; hanno Iddio per loro porzione e vivono in assoluta inopia per la speranza del regno, e questa povertà completa li fa regnare su tutte le cose» (Orat. I, de Pace).

Le opere delle persone perfette toccano all'eroismo: eroica è la vittoria sopra di se medesimi; eroica la loro vittoria su l'inferno, su le passioni; eroico è il modo col quale superano le difficoltà, vincono gli ostacoli che per l'ordinario si oppongono all'acquisto delle virtù; eroici gli sforzi che fanno per compiere imprese nobili ed ardue. In virtù degli sforzi che facciamo per arrivare alla perfezione, noi diventiamo, dice il Nazianzeno, tanto più terribili ai demoni, quanto più ci avviciniamo a Dio (Orat. I, de Pace).

«I raggi del sole; scrive Seneca, toccano sì la terra, ma stanno là donde vengono (Epist. XLI)». Così è dei perfetti: splendono su la terra, l'illuminano con la loro castità; ma essi dimorano nel cielo, e i raggi di luce che spargono su l'universo partono da Dio medesimo.
E poi i perfetti sono i soli veramente felici, e nel tempo e nell'eternità, perché praticano tutte le virtù le quali soltanto recano. la vera felicità; 
praticano tutto ciò che dà le otto beatitudini predicate da Gesù Cristo. 

Stanno bassi ed umili, e Gesù ha detto: beati i poveri di spirito, perché il regno dei cieli è per loro. 

Sono tutto bontà e dolcezza, e Gesù ha detto: beati i miti, perché possederanno la terra; la terra del loro corpo, la terra dei viventi. 

Essi piangono; e nel Vangelo sta scritto: beati quelli che piangono, perché saranno consolati. 

Non hanno altra brama che di santificarsi, e Gesù ha detto: beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 

Chi più di loro ha viscere di carità, di umanità, di compassione verso il prossimo? e Gesù ha detto: beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia. 

Sono angeli di purità: beati quelli che hanno il cuore puro, perché vedranno Dio. 

Sono pacifici: beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio. 

Soffrono con pazienza le afflizioni, gli insulti, i disprezzi, le croci, le persecuzioni; beati quelli che patiscono persecuzione per la giustizia, perché di loro è il regno dei cieli (MATTH. V, 5-10).




4. MEZZI PER ARRIVARE ALLA PERFEZIONE.

Il mezzo per arrivare alla perfezione è di fare quello in cui consiste la perfezione; cioè l'imitazione di Dio e di Gesù Cristo, secondo l'esortazione di S. Paolo: «Siate imitatori di Dio come figli carissimi, e camminate nell'amore, come Cristo ci ha amati» (Eph. V, 1-2).

S. Egidio, discepolo di S. Francesco, diceva: «Volete voi vederci bene? siate cieco. Volete udire bene? siate sordo. Volete parlare bene? siate muto. Volete camminare bene? tagliatevi i piedi. Volete lavorare bene? recidetevi le mani. Volete amarvi sinceramente? odiatevi. Volete vivere lietamente? mortificatevi. Volete molto guadagnare? perdete tutto. Il modo di divenire ricco sta nell'essere povero. 

Il segreto per vivere felice e tra le delizie consiste nell'affliggervi e nel punirvi. Desiderate di essere tranquillo e sicuro? state sempre nel timore. Vi piace essere innalzato? abbassatevi. Volete gli onori? disprezzatevi e onorate quelli che vi spregiano. Se amate avere il bene, sopportate il male. Se amate stare in riposo, occupatevi. Se amate essere benedetto, desiderate di essere maledetto. Grande sapienza e sublime perfezione è saper praticare queste cose! E appunto perché queste cose sono grandi, gli insensati non vi arrivano» (Lib. I, pag. 65).

Importa sapere ed essere persuasi, l° che siamo molto lontani dalla perfezione; 2° attendere ogni giorno ad avanzare in perfezione; 3° avere insaziabile brama di divenire perfetti; 4° tenere del continuo fisso lo sguardo sul valore della celeste vocazione di Dio, su la palma promessa al vincitore. Per toccare alla perfezione, per meritare la corona, mezzo sovra ogni altro efficace è di esaminarci seriamente, soprattutto sul peccato in noi dominante, e perciò non mai dimenticare l'esame quotidiano della propria coscienza; conosciuto il peccato radicale o dominante, sforzarsi a distruggerlo. 

«Avanzate, dice San Agostino, entrate schiettamente con voi stessi in giudizio senza adularvi e lusingarvi. Poiché non vi è dentro di voi una persona in faccia a cui dobbiate arrossire o possiate vantarvi; ma vi è uno a cui piace l'umiltà. Questi vi provi, e provatevi voi medesimi (Sentent.)».

Fate tutto a maggior gloria di Dio: «Una piccola cosa ben fatta, diceva già Platone, vale molto meglio, che non molte grandi e illustri, fatte alla meglio (Lib. de Repub.)». Tutto ciò che è ben fatto è grande; ma non tutto quel che è grande è ben fatto: e quando non è ben fatto, quello che è grande diventa piccolo. 
Le piccole cose ben fatte, guidano alla perfezione; le grandi, spacciate trascuratamente, conducono all'imperfezione. «L'esercizio di funzioni sante non prova la santità, nota S. Cipriano; per ciò bisogna che si compia santamente quello che è santo (Serm. in Evang.)». Lodate Iddio ogni giorno, dice S. Agostino; e voi lo loderete ogni giorno, se fate bene tutto quello che fate (Sentent.)».

Portatevi adunque, o atleta di Gesù Cristo, in modo che possiate dire con S. Paolo, il più mirabile degli atleti: «Io ho combattuto nel buon arringo, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Del resto aspetto la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi darà in quel giorno; né solo a me, ma anche a tutti quelli cui sta a cuore la sua venuta» (II Tim. IV, 7-8). 

La vita è breve, poco lunga è la corsa, eterna ed immarcescibile la corona... Nel levarvi il mattino, pensate e dite con S. Antonio: «Ho cominciato quest'oggi a correre; solo oggi ho cominciato a servire Dio; può essere che finisca in questo giorno la mia corsa e il mio servizio. Or bene, io, vivrò come se avessi da morire quest'oggi; correrò come se oggi dovessi terminare la mia corsa. Poiché il tempo della corsa non è lungo, e lungo cammino mi resta a fare per giungere al cielo, correrò di carriera e con tutte le forze (Vit. Pat. 1. I).

Altri mezzi eccellenti per arrivare alla perfezione sono: il pensiero della presenza di Dio; la conformità al suo volere; un'umiltà profonda; un assoluto distacco da ogni cosa: ritirarsi in fondo all'anima, studiarvi gli ostacoli alla virtù e rimuoverli decisamente; fermare la mente in Dio; professare una rassegnazione assoluta; disprezzare tutto e desiderare di essere disprezzati da tutti... «Sopportate e astenetevi, dice Tertulliano; chi osserverà questi due punti, vivrà senza peccato, e sarà felice (Ad Martyr.)».




Santa Monica e sant'Agostino
pregate per noi!


Il testimone della nostra coscienza


UTILITÀ DELLA TRIBOLAZIONE

È bene per noi avere qualche volta pene e contrarietà, poiché spesso fanno rientrare l'uomo in se stesso, gli fanno riconoscere che quaggiù si trova in esilio e che non deve riporre la sua speranza in alcuna cosa del mondo. 

Riesce anche vantaggioso che talvolta soffriamo, perché veniamo contraddetti; che gli altri abbiano di noi un concetto falso ed inadeguato, anche se le nostre opere e le nostre intenzioni sono rette. Queste cose spesso giovano a renderci umili e ci premuniscono dalla vanagloria. 

Quando all'esterno siamo disprezzati dagli uomini e non ci si presta fede, allora più facilmente noi cerchiamo Dio, perch'Egli è il testimonio della nostra coscienza. Per questo l'uomo dovrebbe ancorarsi in Dio così saldamente, da non avere alcun bisogno di cercare tante consolazioni umane. 

Quando un uomo di buona volontà è tribolato o tentato oppure è afflitto da cattivi pensieri, allora comprende d'avere maggiormente bisogno di Dio, senza del quale scopre che non può fare nulla di buono. 
Allora, anche, si rattrista, piange e prega a causa del male che patisce. 
Allora, gli rincresce di vivere più a lungo e desidera che venga la morte, per potersi sciogliere dal corpo ed essere con Cristo. 
Allora avverte anche, chiaramente, che la sicurezza perfetta e la pace piena non hanno dimora in questo mondo.


PREGHIERA - ORAZIONE (II)





I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Preghiera (II)

Data: Domenica, 18 gennaio @ 09:07:49 CET
Argomento: Vita cattolica: Matrimonio, laicato...


7. La preghiera è un onore, una gloria, una felicità.
8. Motivi di pregare.
9. Qualità della preghiera: 1° Che cosa si deve fare prima della preghiera; 2° Bisogna pregare nel nome di Gesù Cristo; 3° Bisogna pregare con attenzione; 4° Con zelo, diligenza, fervore; 5° Con fede e confidenza; 6° Con umiltà e compunzione; 7° Bisogna pregare per quanto è possibile in istato di grazia; con cuore puro e scevro di odio; 8° Bisogna pregare sovente e perseverare nella preghiera fino alla morte.







7. LA PREGHIERA È UN ONORE, UNA GLORIA, UNA FELICITÀ. - Come è bella e vera quella sentenza del Crisostomo: «La corte e le orecchie dei principi sono aperte per poche persone privilegiate, ma la corte e le orecchie di Dio stanno spalancate per chiunque voglia avervi accesso» (De Orand. Dom. l. II). 

Nei reali appartamenti non si penetra che a stento; ai monarchi, raro è che si possa parlare, tanti sono gli ostacoli che chiudono il passo alla loro reggia, ed alla loro persona! Ma la preghiera ha libera entrata in cielo; essa va a Dio quando le talenta; entra nella corte celeste, si spinge fino al trono della divinità, da sola e ad ogni istante, senza che nessuna guardia le gridi: olà, dove vai? il re del cielo non dà udienza; tu a quest'ora lo importuni. Anzi, le guardie della corte divina, che sono gli Angeli, dicono a chi prega: vieni, entra, chiedi quanto vuoi e ti sarà dato. - E se è onore insigne l'essere ammesso all'udienza di un re, che onore infinitamente più, grande non è quello di avere sempre libero l'accesso alla persona del re del cielo! 
   Il mendicante è cacciato via dai palazzi abitati da uomini i quali in fin dei conti sono simili a lui per natura; e i poveri, i miserabili sono quelli che il gran Dio ammette più facilmente nel suo corteo ed ascolta con più premura. Andate, dice continuamente ai suoi ministri il Re dei re, il Signore dei monarchi, andate per le piazze e per le contrade, nei vicoli e per i crocicchi, e conducete qua tutti gli  
accattoni, infermi, ciechi, sciancati che troverete e fate loro ressa che entrino, in modo che la mia casa si riempia  (Luc. IX, 21-23).

   Ma non solamente questo gran Dio ci permette di rivolgerci a lui, assicurandoci che ci darà tutto quella che dimanderemo, la qual cosa è già altissimo onore e singolarissima distinzione, ma ce ne fa un obbligo... Supponiamo che un mendicante ardisse accostarsi alla mensa di un ricco, con quali parole e con quali maniere ne sarebbe scacciato! e il più misero dei mendicanti va, per mezzo della preghiera, a sedersi quando vuole alla tavola di Dio, presso la persona medesima di Dio. Che dignità! che onore! che gloria!... «Ti è permesso conversare con Dio, scrive il Crisostomo, ti è lecito trattenerti con lui a tuo piacere, per mezzo della preghiera ti è dato di meritare quello che brami. E benché tu non possa intendere con le orecchie del corpo la voce di Dio, ricevendo quello che domandi, ben vedi ch'egli si degna parlare con te, se non con parole certo con benefizi (In Eccles. c. VIII)».
   Dimandate e riceverete, affinché il vostro gaudio sia perfetto, dice Gesù Cristo (IOANN. XVI, 24)... «E qual felicità più grande può avere l'uomo, esclama S. Basilio, che quella di riprodurre su la terra i concerti degli Angeli, attendere alla preghiera su l'alba, esaltare il Creatore con inni e cantici? E poi, spuntato il sole, applicarsi al lavoro, non però mai dimenticando la preghiera? E finalmente, condire come di sale, tutte le azioni con cantici spirituali? (In Psalm.)».

   «Io ha creato la pace per frutta della preghiera», dice il Signore per bocca d'Isaia  (ISAI. LVII, 19). Ecco la mercede, la felicità, la dolcezza della preghiera: è la pace. Nulla infatti rende l'uomo tanto contento, allegro, tranquillo, quanto la preghiera, principalmente nelle prove, nelle tribolazioni, nella contrizione, e nel pianto dei peccati... Al mondo stolto che non prega, riesce di grave pena la preghiera; non trova tempo per pregare; non può intendere come le anime virtuose possano tanto amare e praticare la preghiera, da consecrarvi ore intere non solo senza noia, ma anzi con diletto. Infelici! essi non conoscono l'unzione della preghiera; non gustarono mai, perché non ne sono meritevoli, o meglio, perché non vogliono le consolazioni ineffabili, le dolci gioie che accompagnano questo divino trattenimento con Dio! La preghiera è veramente un saggio anticipato delle delizie celesti. Anime tepide, aride, negligenti, pigre, provatevi, fate qualche sforzo e comprenderete quello che dico, perché lo sentirete, lo proverete in fondo al cuore.



 8. MOTIVI DI PREGARE. - «Domandate, dice Gesù Cristo, cercate, picchiate»  (MATTH. VII, 7). Domandate per ottenere forze; perché voi non siete che debolezza... Cercate la luce e la verità con la preghiera, perché voi non siete che tenebre ed errori... Bussate con l'orazione alla porta del cielo e della grazia; perché vi sono necessari ambedue... Chiedete la grazia senza la quale non potete nulla... Sforzatevi di ritrovare con la preghiera la veste dell'innocenza e delle virtù che avete smarrita... Battete affinché vi siano aperti i tesori del Cuore ricchissimo di Gesù Cristo.
 I motivi che ci spingono a pregare sono la nostra povertà..., la nostra fiacchezza..., i nostri debiti spirituali... , le colpe, l'accecamento..., il tempo che ci è data apposta perché preghiamo..., la morte..., il giudizio..., l'inferno, il paradiso..., l'eternità.


   9. QUALITÀ DELLA PREGHIERA. 

1° Che cosa si deve fare prima della preghiera. - «Prima di metterti all'orazione, prepara l'anima tua», dice l'Ecclesiastico  (Eccli. XVIII, 23). Ci prepariamo alla preghiera: 1) con la lettura...; 2) col pentimento...; 3) con la considerazione della divina maestà alla quale si va a parlare...; 4) con la meditazione del proprio nulla...; 5) con la considerazione dei propri bisogni...; 6) con la considerazione dei vantaggi della preghiera...; 7) con la premeditazione delle cose che intendiamo domandare, perché non ci accada di chiedere cose o inutili, a nocevoli, o ingiuste; ma la nostra domanda versi intorno ad oggetti giusti, santi, degni di Dio, a lui graditi, a noi salutari. S. Bernardo dice: «Quale tu ti apparecchierai per comparire innanzi a Dio con la preghiera, tale a te si mostrerà Iddio; com'egli troverà voi, così voi troverete lui; perché egli è santo, sarà con chi è santo, egli l'innocente, sarà con l'innocente (Serm. in Cantic.)».

   Dio avrà cura di esaudire chi preparerà la sua preghiera nell'attenzione e nel raccoglimento; si mostrerà premuroso e liberale con chi apparterà diligenza e generosità.
   Chi si mette a pregare senza preparazione, chi si avvicina a Dio senza darsene pensiero, non placa Dio con la sua orazione, ma lo tenta, l'irrita, lo provoca con la sua temerità, con l'audacia, con l'irriverenza, con l'impudenza sua; principalmente poi se trovandosi in peccato, e quindi nemico di Dio e sotto il peso della sua collera, osa chiamarlo amico, senza che provi nessun dolore di averlo offeso. Dio ascolta solamente coloro che gli indirizzano le preghiere accompagnate da fede retta e da buone opere...
   Dunque, prima di cominciare la preghiera, pensate che voi siete una persona sommamente vile, perché peccatore ingrato, che siete cenere, polvere e corruzione; e per questa considerazione umiliatevi. Pensate quindi alla grandezza del Dio innanzi a cui vi portate con la preghiera; che è un Dio sapientissimo, santissimo, ottimo, onnipotente; amatore delle nature angeliche, riparatore della natura umana, creatore di tutte le cose. Ammirate, rispettate, adorate la divina maestà intimamente presente; ella sta davanti a voi. Amate la sua immensa bontà che è inclinata ad ascoltarvi, ad esaudirvi, a farvi del bene. Riaccendete la vostra speranza, ben sapendo che non uscirete né a mani vuote, né col cuore desolato, dalla presenza di un così gran re, dopo di avergli indirizzata la vostra preghiera.


   Ecco un modo pratico per apparecchiarvi alla preghiera: 1) la intendo pregare per dare lode, benedizione, onore a Dio. Una preghiera cosiffatta è un atto di religione. 2) Mi propongo di pregare Dio per piacergli; questa preghiera vi è ordinata dall'amore. 3) Voglio pregare per ringraziare Dio di tutti i suoi doni temporali e spirituali, concessi a me e a tutti gli altri; ecco un atto di riconoscenza. 4) Voglio pregare per imitare Gesù Cristo, la Beata Vergine Maria, gli Angeli beati e tutti i Santi del cielo, che mai non cessano dal pregare; unisco le mie preghiere alle loro orazioni ed ai loro meriti; ed in questa unione io offrirò le mie preghiere a Dio. Ecco l'iperdulia ed il culto dei Santi... 5) Voglio pregare per ottenere il perdono dei miei peccati e soddisfarvi; ecco un atto di penitenza... 6) Voglio pregare per la liberazione delle anime del purgatorio, per ottenere ai peccatori il perdono, ai giusti l'aumenta della loro giustizia; ecco un atto dell'amor del prossimo... 7) Intendo ancora pregare per chiedere un aumento di grazia e di gloria, cioè di umiltà, di carità, di mansuetudine, di castità, di sobrietà, di forza, di costanza, di perseveranza, di zelo, e in conseguenza per domandare un accrescimento di gloria celeste che corrisponda all'aumento di queste virtù e di queste grazie: ecco un atto di speranza e di differenti virtù... Utilissima cosa è avere tali intenzioni non solamente nella preghiera, ma ancora in tutte le azioni del giorno... Ci siamo noi fino ad oggi apparecchiati così alla preghiera? 
     
   2° Bisogna pregare nel nome di Gesù Cristo. - E promessa formale del divin Redentore, che tutto quello che dimanderemo al Padre nel nome suo, egli lo farà (IOANN. XIV, 13). «Se non sempre subito, osserva S. Agostino, sempre per certo; poiché le grazie sono talora differite, non mai negate (De Orat.)». Altra volta ripete: «Vi do la mia parola, che qualunque cosa domandiate al Padre mio in mio nome, egli ve la darà n; e si lagnava con gli Apostoli, che non avessero fino a quel giorno domandato nulla in nome suo  (IOANN. XVI, 23-24). Per questo noi vediamo la Chiesa conchiudere tutte le sue orazioni con l'invocazione del nome di Gesù Cristo.
   Perché bisogna pregare nel nome di Gesù Cristo? Primieramente, perché Gesù è il nostro mediatore presso il Padre  (I IOANN. II, 1). Secondariamente, perché Gesù Cristo ci ha riscattati... In terzo luogo perché tutte le grazie vengono da lui che ne è l'autore ed il dispensiere... In quarto luogo; perché tutto abbiamo da lui, tutto dobbiamo a lui, e principalmente l'efficacia delle nostre preghiere...
   Quando è che noi domandiamo, ossia preghiamo nel nome di Gesù Cristo? Risponde S. Gregorio: «Il nome del Figliuolo di Dio è Gesù; e Gesù vuol dire Salvatore: pertanto prega nel nome di Gesù, chi domanda cose le quali veramente giovino alla sua eterna salute (Homil. XXVII. in Evang.)». Siccome poi Gesù Cristo ci ha aperto il cielo, si è fatto uomo. ed è morto per procurarcelo, il vero mezzo di pregare nel nome di Gesù Cristo, sta nel mettere in pratica quelle parole del Salvatore: «Cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia, ed il resto l'avrete per di più»  (MATTH. VI, 33).


   3° Bisogna pregare con attenzione. - Perché mai Gesù Cristo c'inculca di pregare in segreto, di allontanarci dal tumulto quando vogliamo pregare se non per insegnarci a stare attenti e raccolti nel tempo della preghiera? «Quando pregherete, dice, entrate nella vostra camera, e chiuso l'uscio, pregate il Padre vostro in segreto; ed egli che vede nel segreto, vi retribuirà»  (MATTH. VI, 6). Entrate nella vostra stanza, cioè raccoglietevi dentro di voi medesimi, fate attenzione a quello che dite... Chiudete l'uscio, cioè vigilate sui vostri sensi, cacciate le distrazioni, applicatevi con tutto l'animo all'orazione. Entrate nella vostra cella che è il vostro cuore; perché, secondo la frase di S. Francesco d'Assisi, «quando preghiamo, il corpo deve tenere luogo di cella, e l'anima fare l'uffizio di romito (S. Bonav. in eius vita)». «State attenti nelle vostre preghiere», avvisa S. Pietro (I, IV, 7). «Non impiegate nel pregare molta copia di parole, scrive S. Agostino, ma con poche parole la preghiera riesce eccellente, quand'è fatta con pia e perseverante attenzione (Serm. XV, de Verb. Dom.)». Tale era la preghiera di S. Paolo il quale diceva: «Pregherò con lo spirito, pregherò con attenzione»  (I Cor XIV, 15).

   Quando noi preghiamo, è come se dicessimo col Salmista: «Signore, porgete l'orecchio alle mie parole, ascoltate le mie grida; o mio re, o mio Dio, ascoltate la mia preghiera»  (Psalm. V, 1-2). «Signore ascoltate la mia preghiera; essa non viene da bocca mentitrice» (Psalm. XVI, 1). Ora qual sarebbe la sfrontatezza, l'audacia nostra se mentre diciamo a Dio: ascoltateci, porgeteci orecchio, esaudite le preghiere che in tutta sincerità vi indirizziamo, noi non facessimo punto attenzione a quello che diciamo, non pensassimo a quello che dimandiamo, non sapessimo nemmeno noi quello che vogliamo? Noi siamo del continuo in distrazioni volontarie, attendiamo all'orazione sbadati, svagati, pigri, sonnolenti, pensando a tutt'altro che a Dio: ed è questo un pregare? Non è piuttosto un burlarsi di Dio, un insulto a Gesù Cristo?
   La preghiera è un'elevazione della mente a Dio. Ma se mentre la bocca prega, l'anima vaga su la terra, si occupa della famiglia, degli affari, delle creature, e simili cose, può essa dire che è elevata a Dio? Ah! una tale preghiera, non merita il nome di preghiera. Noi ci lamentiamo molte volte che non otteniamo quello che domandiamo. Ah! non è Dio che ricusi di dar celo, ma siamo noi che rifiutiamo di riceverlo. Oseremmo noi tenere tal modo nel chiedere qualche cosa agli uomini? « Voi domandate, diceva già S. Giacomo, e non ricevete, perché domandate male»  (IAC. IV, 3). «Ipocriti, direbbe Gesù Cristo a costoro, bene ha di voi profetato Isaia dove dice: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me» (MATTH. XV, 7-8).


   4° Con zelo, diligenza, fervore. - Quando Gesù c'inculca di domandare, di cercare, certo egli c'insinua con questo modo di parlare, che la preghiera nostra dev'essere fatta con diligenza, zelo, fervore. Tale era la costumanza del profeta Davide il quale poteva dire a Dio: «O Dio, Dio mio, io vi cerco fin dall'aurora; ché assetata di voi è l'anima mia» (Psalm. LXII, 2). E poi ancora: «Io mi sono ricordato di voi stando nel mio letto nel più alto della notte; io ho meditato le vostre meraviglie al primo rompere dell'alba» (Id. 7). «A voi ho gridato, o mio Signore; e al mattino la mia preghiera vi previene» (Psalm. LXXXV, 14). I Santi vegliano la notte in preghiere, si alzano di buon mattino per pregare; e noi? noi poltriamo, noi dormiamo.
   «O anima, dice S. Agostino, sii sollecita con Colui che è tutta sollecitudine a tuo riguardo; sii pura con Colui che è puro, sii santa con Colui che è santo, sii a disposizione di Colui che sta interamente ai tuoi cenni; quale sarai per Iddio, tale sarà Iddio per te (Soliloq.)»; cioè, come si esprime S. Eucherio di Lione: «quanta premura e diligenza noi portiamo all'orazione, tanta ne porrà Dio a esaudirci e a concederci le sue grazie» (Epist.). Se voi siete solleciti della preghiera, se procurate di prepararvi, di attendervi, di ben fare, Dio vi ammetterà volentieri alla sua udienza, coronerà i vostri voti, adempirà i vostri desideri, vi colmerà di benefizi. Quanto meglio le vostre disposizioni concorderanno con quelle di Dio, tanto più vi ascolterà con piacere, vi risponderà con sollecitudine; poiché l'amico conversa volentieri con l'amico, si trattiene con lui lieto e festoso... «La preghiera, scrive l'Alvarez, non è sonno, ma veglia; non pigrizia, ma attività; perché il cuore deve applicarsi con diligenza, e l'intelletto adoprarsi con sollecitudine a comprendere le cose divine, affinché la volontà le gusti e vi si affezioni (In Isaia)».

   Noi siamo sicuri di ottenere tutto ciò che domandiamo con la carità. Una preghiera breve ma fervente, vale infinitamente meglio che lunghissime orazioni fatte con tedio e rilassatezza. «La preghiera fervorosa, dice S. Bernardo, penetra certamente i cieli, donde non ritorna mai, senza alcun dubbio, vuota di effetto. Il grido che va diritto a ferire le orecchie di Dio, è il desiderio ardente che si sprigiona dal cuore per mezzo della preghiera (Serm. IV, in Quadrag.)». «Non sono le alte grida, dice il Crisostomo, che scuotono Iddio, ma è il fervido amore, quello che lo muove. Dio non ascolta la voce, ma il cuore (Homil. de mulier. Chanan.)».

   «Voi m'invocherete, dice Iddio, e vi partirete esauditi; mi cercherete e mi troverete, perché mi avete cercato con tutto il cuore» (IER. XXIX, 12-13). Ecco perché il re Profeta diceva che aveva trovato il suo cuore, per pregare (II Reg. VII, 27): e si augurava che la sua preghiera salisse al cielo come incenso di soave odore (Psalm. CXL, 2). La preghiera fervorosa è incenso di grato odore. Tre cose si richiedono affinché l'incenso s'innalzi e sono l'incensiere, il fuoco, l'incenso. L'incensiere è il cuore, il fuoco dell'incensiere è l'amor di Dio, l'incenso è la preghiera. Senza fuoco, inutile è l'incenso. Quando il cuore avvampa di fervore, la preghiera sale in un attimo fino a Dio, e Dio colma l'anima di mille favori... La preghiera fiacca e accidiosa, è una preghiera non esaudita.
   5° Con fede e confidenza. - Sono chiare le parole di Gesù Cristo: «Tutto quello che domanderete con fede, lo riceverete»  (MATTH. XXI, 22). È vero che la preghiera suppone la fede, altrimenti non si pregherebbe; ma questa non basta, si richiede una fede ferma e viva. Udite l'apostolo S. Giacomo: Se alcuno abbisogna di sapienza, si volga a chiederla a Dio, il quale la dà a tutti con abbondanza, e gli sarà data. «Ma domandi con fede, senza dubitare; perché chi dubita somiglia al flutto del mare, agitato e sobbalzato dal vento. Questo tale non si dia a credere di ricevere cosa veruna» (IAC. I, 5-7).

   «Il fondamento della preghiera è la fede; dunque, ne conchiude S. Agostino, crediamo per poter pregare, e preghiamo che questa fede la quale ci fa pregare, non ci manchi mai, né si intepidisca: la fede inspira la preghiera: la preghiera fatta ottiene la conferma della fede. Vegliate e pregate affinché non entriate in tentazione: che cosa è entrare in tentazione, se non uscire dalla fede? (Tract. XXXVI, de Verb. Domini secundum Lucam)».

   «Bussate e vi sarà aperto», dice Gesù Cristo (MATTH. VII, 7). Domandare e battere indicano la confidenza: non si domanderebbe, tanto meno poi si picchierebbe, quando non si avesse speranza di ottenere. Ma ci vuole una fiducia intera, assoluta, irremovibile... Si cerca, perché si ha fiducia di trovare. In ogni altro luogo la confidenza può essere ingannata; nella preghiera, non mai... Se Dio indugia a concederci quello che chiediamo, si raddoppi la confidenza e si otterrà. Quello che domandate, l'avrete a suo tempo. «Dio, dice il Profeta Abacuc, non ingannerà la vostra fiducia; se tarda a venire, aspettate, poiché verrà e non tarderà» (II, 3). Indegna cosa, è tentennare nella confidenza... Chi manca di fiducia non merita di essere esaudito... La confidenza e la fede sono come le due ali della preghiera, con le quali essa vola fino al trono di Dio e ottiene tutto ciò che le aggrada...
   6° Con umiltà e compunzione. - Se, come insegna S. Paolo, noi non siamo capaci di concepire da noi medesimi il menomo buon pensiero, ma Dio è quegli che ce ne dà il potere (II Cor II, 5), pensate voi se potremo pregare; importa adunque che chi vuole pregare si umilii innanzi a Dio, riconosca le sue miserie e i suoi bisogni. «L'orazione dell'uomo che si umilia, dice il Savio, passa le nubi, penetra nel cielo e non se ne parte finché l'Altissimo l'abbia guardata» (Eccli. XXXV, 21). No, Dio non isdegna mai né rigetta la preghiera dei poveri, cioè di quelli dal cuore umile, la guarda anzi con occhio benigno e cortese; come ci assicura il Salmista  (Psalm. XXI, 25); (Psalm. CI, 18); il quale perciò diceva a Dio: «Ascoltate la mia preghiera, perché io mi sono umiliato profondamente» (Psalm. CXLI, 7).

   L'umiltà è chiamata dal Crisostomo, il carro della preghiera    (De Orat.). Anzi possiamo dire che essa le dà le ali con cui essa vola rapidissima al cielo e senza le quali non fa che strisciare su la terra. Ne avete palpabile esempio nella preghiera del pubblicano, che è accettata immantinente ed esaudita da Dio, mentre quella del fariseo viene ributtata e punita. Osservate anche la preghiera del centurione: per umiltà e basso sentire che aveva di se medesimo, si professa indegno di accogliere tra le sue mura Gesù Cristo; ma appunto, perché se ne conosce indegno, Gesù Cristo vuole andarvi. Ah! «Dio resiste agli orgogliosi, dice S. Giacomo, e dà la grazia sua agli umili» (IAC. IV, 6).

   Nelle nostre preghiere dobbiamo imitare il mendicante. Appoggiato al suo bastone, il capo scoperto, se ne sta alla porta domandando un tozzo di pane per carità, e se ha alcune piaghe, le tiene scoperte. Tutte queste cose, i suoi cenci, le sue miserie, la sua voce fioca, la sua posizione umile, toccano il cuore del ricco il quale stende la sua mano benefica a sollevarlo... Noi siamo tutti quanti, dice S. Agostino, i mendicanti del grande Padre di famiglia; noi stiamo prostesi alla sua porta per domandargli il nostro pane quotidiano. Noi siamo stati scacciati dal paradiso terrestre, spogliati della veste dell'innocenza e privati di ogni bene, dal demonio e dal peccato. Bisogna dunque domandare con umiltà profondissima (Serm. XV, de Verb. Dom. sec. Matth.); cosi pregando siamo certi di ottenere quanto ci occorre, perché sempre Iddio gradì l'orazione degli umili (IUDlTH. IX, 16).
   Quello poi che serve a un tempo ad eccitare in noi l'umiltà e a renderla certamente gradita a Dio e salutare a noi, è la compunzione del cuore; perché Iddio non ripudia mai da sé un cuore contrito ed umiliato (Psalm. L, 19); e l'anima che prega compunta e contrita, al dire di S. Bernardo, avanza rapidamente nella strada della salute (Serm, IV, In Quadrag.).

   «La preghiera, scriveva S. Agostino, si fa meglio con gemiti che con parole, più con le lacrime che con la lingua (Ad Dioscor.)». Oh come bella ed efficace preghiera sono. le lacrime del cuore! «Quando tu pregavi piangendo, disse l'Angelo a Tobia, io presentava la tua preghiera al Signore » (TOB. XII, 12). «Mescoliamo le lacrime alle preghiere, ci suggerisce S. Cipriano: queste sono armi celesti le quali ci rendono invincibili: queste sono fortezze spirituali, e scudi divini che ci difendono (Epist. ad Martyr.)». Lisia si avanza alla testa di ottantamila uomini e di un forte nerbo di cavalleria e va ad assediare Betsura. Corsa voce a Giuda Maccabeo, che il nemico investiva la fortezza, si gettò per terra ai suoi a dimandare al Signore con pianto e gemiti che inviasse un Angelo per la salvezza d'Israele. Allora un cavaliere comparve innanzi ad essi, bianco vestito, con armi d'oro e con la lancia in pugno. Forti di questo soccorso, Giuda col suo esercito attacca battaglia col nemico, ne uccide gran parte, l'altra mette in fuga, riportando una splendida vittoria (II Mach. XI).


   7° Bisogna pregare per quanto è possibile in istato di grazia; con cuore puro e scevro di odio. - Ci assicura S. Giacomo, che molto può la preghiera fervente e assidua del giusto (IAC. V, 16); e le preghiere che S. Giovanni vide esalare come profumi dalle coppe d'oro ch'erano tenute in mano dagli Angeli in Cielo, erano le preghiere dei Santi (Apoc. V, 8). Le orazioni di coloro che si trovano in istato di grazia, sono paragonate ai profumi, a cagione del loro valore e del buon odore. Se Aronne, ponendosi in mezzo al popolo e alzando la voce a Dio con la preghiera, fece cessare la peste che mieteva la moltitudine, è perché era giusto e santo (Num. XVI, 46). Se Mosè, Elia, Samuele, ecc. avevano tanta forza con le loro preghiere, da ottenere quanto chiedevano, e più ancora, lo dovevano allo stato di grazia in cui si trovavano.

   Benché sia cosa desiderabile che chi prega si trovi in istato di grazia, tuttavia il peccatore il quale ha perduto la grazia, deve anche egli pregare, e pregare molto e più che il giusto, per ottenere il perdono dei suoi peccati e riconciliarsi al più presto con Dio. Il malato ha bisogno di medico e di medicina; ora il peccatore è affetto dalla più spaventosa e orribile malattia che lo condurrebbe al sepolcro dell'inferno, se non adoprasse l'efficace rimedio dell'orazione, se non facésse ricorso a Gesù vero medico.

   «Beati quelli dal cuore puro, perché essi vedranno Dio», disse Gesù Cristo (MATTH. V, 8). Ora se avviene che i puri, i casti vedano Dio quaggiù in terra, questo certamente avviene nella preghiera. Se noi ci presentiamo innanzi a Dio per pregarlo con cuore puro, noi potremo, diceva l'abate Giovanni, per quanto è possibile a uomo vestito di carne, vedere Dio e a lui volgere. nella nostra preghiera, l'occhio del nostro cuore, e contemplare in ispirito l'Invisibile (Vit. Patr.). La castità di Giuditta unita alla sua preghiera, salvò il popolo giudeo da uno sterminio totale. La preghiera che parte da un'anima casta, pura, senza macchia, è infinitamente cara e gradita a Dio, e riesce onnipotente per l'uomo. 

   Ora che cosa sarà della preghiera che esce da un'anima tra vagliata dall'ira, rosa dall'odio? «Ah! nessuno, esclama S. Giovanni Crisostomo, sia così audace che si accosti a Dio con la preghiera, se cova nel suo cuore odio e vendetta (Lib. de Orand. Dom.)». Dio rigetta non meno con orrore la offerta, il sacrifizio di chi prega con odio in cuore, che l'oblazione di chi prega col cuore volontariamente tuffato nel più fetente lezzo.

   La preghiera perché sia esaudita deve sgorgare da un cuore scevro di mal talento e pieno di carità. Pregando, l'uomo vuole e dimanda che Dio gli usi misericordia; bisogna dunque che dimentichi e perdoni egli medesimo le ingiurie ricevute dai suoi simili. Tutte le volte che l'uomo che odia profferisce quelle parole del Pater: Perdona a noi come noi perdoniamo a quelli che ci hanno offesi, pronunzia la sua condanna; la sua preghiera è un oltraggio.
   8° Bisogna pregare sovente e perseverare nella preghiera fino alla morte. - Non basta pregare una volta, ma bisogna essere assidui a questo esercizio, e mantenervisi perseveranti fino alla morte. «È necessario pregare sempre e non stancarsi mai» (Luc. XVIII, 1). «Se egli continua a bussare, vi assicuro che gli sarà dato tutto ciò che gli abbisogna» (Luc. XI, 8). «Io vi dico domandate e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate e vi, sarà aperto» (Ib. 9). Tutte queste sentenze sono di Gesù Cristo il quale, notate che non dice: domandate, cercate, battete una volta, due, dieci, mille volte; ma in termini generali raccomanda di sempre chiedere, sempre bussare. E la parola confortava con l'esempio; perché nella preghiera consumava la notti intere (Luc. VI, 12). Tre volte egli prega nel giardino degli ulivi, e solamente dopo la terza volta discende un Angelo a consolarlo. Non è questo un sublime esempio ed un forte stimolo per noi a perseverare nella preghiera?

   «Quando Iddio tarda un po' a darei quello che gli domandiamo, ci vuole far notare il valore dei suoi favori, non ce li nega, scrive S. Agostino; cosa lungamente aspettata, arriva più dolce e cara; se è subito concessa, non se ne tiene conto. Chiedendola e cercandola, cresce con l'appetito Il gusto che poi si prova nell'assaporarla (Epist. XLIII, ad Paulin.)». Quanti beni preziosi e abbondanti non ci darà Iddio nella sua bontà, dice il medesimo Santo; quel Dio che ci esorta a domandare e quasi si corruccia se non domandiamo (Serm. V, de Verb. Domini); insistendo presso di lui con una violenza che, al dire di Tertulliano, gli riesce gratissima (Lib. de Orat.). Del resto, quegli che non persevera nella preghiera, non raccoglie nessun frutto duraturo: come non conseguisce il premio quel corridore il quale cade sfinito prima di avere toccato la mèta: la similitudine è di S. Lorenzo Giustiniani (De ligno vitae, c. IV).

   Degli Apostoli narra S. Luca, che ritornati a Gerusalemme dopo aver assistito all'ascensione del Salvatore, erano del continuo nel tempio a cantare le lodi del Signore (Luc. XXIV, 53); e perseveravano tutti d'accordo nella preghiera con le sante donne e con Maria madre di Gesù, e con i suoi fratelli (Act. I, 14). E tanto era l'amore che portavano alla preghiera, che rinunziarono ad ogni esteriore faccenda, per consecrarsi tutti di proposito alla preghiera continua (Act. VI, 4).

   Da ciò si comprende come inculcassero con tanta premura la preghiera ai cristiani. «Pregate con ogni sorta d'istanza e di supplica, in tutti i tempi, vigilando e pregando senza tregua, in ispirito, per tutti» (Eph. VI, 18). «Vegliate e perseverate nella preghiera con azioni di grazie» (Coloss. IV 2). «Pregate senza posa» (I Thess. V, 17). «La vera vedova deve perseverare giorno e notte nelle preghiere e nelle suppliche» (I Tim. V, 5). E quello che raccomandava ai fedeli, lo eseguiva l'Apostolo medesimo che poteva dire di se stesso: «Io prego del continuo per voi» (Coloss. I, 3). «Non cesso mai dal pregare per voi e dal dimandare che siate forniti della cognizione della volontà di Dio in tutta saviezza e intelligenza spirituale; affinché vi regoliate in maniera degna di Dio, cercando di piacere a lui in tutto» (Ib. 9-10). Mentre S. Pietro era custodito in carcere non si cessava di pregare per lui (Act. XII, 5); e Pietro ne fu scampato; perché grande valore, dice l'Apostolo S. Giacomo, ha la preghiera del giusto purché sia assidua (IAC. V, 16).

   Dice S. Gregorio: «Iddio vuole che lo si preghi, che gli si faccia violenza, che lo si vinca con l'importunità. Perciò dice: Il regno dei cieli va tolto a viva forza, e se ne impadroniscono quelli che usano violenza. Siate dunque assidui alla preghiera, siate importuni nelle vostre suppliche, non scoraggiatevi delle ripulse. Se colui che tu preghi, pare che non ti ascolti, fagli violenza acciocché riceva il regno dei cieli: sii violento per forzare la porta del cielo. Dolce violenza è questa, per cui Dio non si offende, ma si placa: non si danneggia il prossimo, ma lo si aiuta; non si fa peccato, ma lo si cancella (In Psalm. VI)».


   Ascoltiamo perciò il consiglio di S. Gerolamo: «Uscendo di casa tua, armati dell'orazione, e rientrandovi, riabbracciala; non dare mai riposo al tuo corpo se prima non hai nutrito l'anima con la preghiera (Epist.)». Procuriamo con ogni diligenza, secondo il suggerimento di Bartolomeo dei Martiri, di far sì che per mezzo dell'assiduità alla preghiera, il nostro cuore stia sempre aperto a Dio (In eius Vita): ricordando quel detto di S. Isidoro:  «Chi vuol essere del continuo con Dio, deve frequentemente leggere e pregare: la frequenza nella preghiera ci ripara dall'assalto dei vizi (De Summ. Bono, l. III, c. 8)». Noi dovremmo poter dire col Salmista:  «Abbi pietà di me, o Signore, perché ho gridato a Te tutto il giorno» (Psalm. LXXXV, 3). Questo re ci assicura ch'egli lodava e pregava il Signore sette volte al giorno (Psalm. CXVIII, 164).

   Nel fatto di Giuditta è notato che, convocato tutto il popolo nel tempio, vi passò la notte in orazione, chiedendo soccorso al Dio d'Israele (IUDITH. VI, 21). Che cosa fece Gesù allorché si trattò di scegliere i discepoli?  «Se ne andò su la montagna a pregare, e stette in orazione tutta la notte: fattosi giorno, raduno intorno a sé i discepoli e ne scelse dodici tra loro, i quali chiamò Apostoli» (LUC. VI, 12-13). Impariamo da questo esempio a non mettere mai mano ad affare d'importanza, senza aver prima, sovente e per lungo tempo, invocato con la preghiera i lumi dello Spirito Santo.

    «Attendiamo dunque, conchiudiamo con S. Cipriano, a frequenti preghiere» (Epl. ad Martyr.); e ricordiamoci che, come dice lo Spirito Santo, è perseverante nella preghiera, colui che non cessa di pregare finché non abbia ottenuto dall'Altissimo quello che domanda (Eccli. XXXV, 21). Nella perseveranza sta la forza della preghiera; essa ottiene tutto quello che domanda con assiduità... La preghiera perseverante è indicata dal Crisostomo, come l'arma più forte (De Orando Dom.). Chi non cessa di starsene accanto a Dio per mezzo di una preghiera perseverante, assicura l'anima sua da ogni tirannia di passioni...






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