giovedì 15 agosto 2013

15 AGOSTO: ASSUNZIONE


15 AGOSTO
ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE IN CIELO

L'Assunzione della Madonna è una delle solennità liturgiche più ricche di gioia. Gaudent Angeli! Gaudete, quia cum Christo regnat! (Si rallegrano gli Angeli! Rallegratevi anche voi, perché regna con Cristo!).
La Chiesa del cielo e quella della terra si uniscono alla felicità infinita di Dio, che incorona sua Madre e cantano con amore la gioia verginale di Colei, che si introduce per tutta l'eternità nella gioia del suo Figlio e Angeli e Santi si affrettano ad acclamarla Regina, mentre la terra gioisce, per aver dato al Cielo la sua gemma più bella.

Glorificazione dell'anima di Maria.
Questo è il giorno natalizio di Maria, quello in cui si celebrano ad un tempo il trionfo della sua anima e quello del suo corpo. Consideriamo prima la glorificazione dello spirito, meno notata, perché comune a tutti i Santi. Il raggiungimento della visione beatifica da parte dell'anima di Maria è cosa di tanto splendore e di tanta ricchezza che riverbera una luce inimitabile sulle nostre più alte speranze. Non ci è possibile immaginare la bellezza di questa suprema rivelazione in cui lo sguardo già così puro e penetrante, della creatura più perfetta, si aprì repentinamente davanti ad un abisso di infinita Bontà, ma, con l'aiuto della grazia divina, tentiamo di levare i nostri pensieri verso la cima, sulla quale si compie questa meraviglia che i nostri occhi non distinguono ancora.

Veramente si tratta di una cima: è il punto di arrivo di un'ascensione continua e perseverante, perché, piena di grazia nel momento della Concezione, l'Immacolata continuò quaggiù a crescere davanti a Dio.


L'Annunciazione, il Natale, il Calvario, la Pentecoste hanno segnato le tappe di questo progresso meraviglioso e ad ogni tappa l'amore verginale e materno si è accresciuto e arricchito, tendendo ad un'altezza che nessuna creatura potrà mai raggiungere. La luce di gloria che investe d'improvviso l'anima di Maria e le rivela le grandezze del Figlio in tutta la loro magnificenza e la sua dignità materna, supera di molto la gloria di tutti gli Angeli e di tutti i Santi, perché, dopo la santa Umanità di Cristo, stabilita alla destra del padre nel santuario della Divinità, nulla possiede il mondo più perfetto di quest'anima materna irradiante purezza, bellezza, tenerezza e gioia: Beata Mater!


Lascerà ancora questo raggiungimento trionfale della felicità suprema qualche possibilità di sviluppo all'anima di Maria? Per sé no, perché ormai tutto in lei è perfetto e nell'eternità non si cresce nella perfezione. Aperta in modo totale sugli splendori del Verbo, suo Figlio, l'anima di Maria soddisfa ormai perfettamente tutte le esigenze della sua vocazione sublime. È lo stato d'anima di una perfetta Madre di Dio.


Ma Maria ebbe un figlio solo, Gesù. Madre di Dio Salvatore, è madre altresì di tutti coloro, che attingeranno alla sorgente della Salvezza, e la sua Maternità di grazia si estenderà fino alla fine del mondo. Nella luce beatifica, l'anima di Maria vede tutti i suoi figli e tutti i disegni di Dio su ciascuno di essi e, con un fiat di amore, consente e partecipa all'universale Provvidenza, in cui Dio la chiama ad avere un posto di intercessione, che non conosce limiti.

 Maria si unisce così al Sacerdote Sommo, che intercede per noi incessantemente la misericordia del Padre e la sua preghiera ottiene per la Chiesa, della quale è il tipo ideale, una Assunzione permanente fino a quando la pienezza del Corpo mistico sarà raggiunta in modo definitivo. 
L'anima di Maria, nell'attesa di questa apoteosi, meglio di qualsiasi altro santo, "impegna il suo Paradiso a fare del bene sulla terra". Sia allora libero lo slancio della nostra gioia, uniamo alla confidenza la gratitudine, lodiamo degnamente la nostra Avvocata, la Mediatrice, la Madre, che prende il suo posto di Regina, presso il trono dell'Agnello.

Fede della Chiesa nell'Assunzione di Maria.
L'origine di questa fede non ha una data precisa, ma da molti secoli la Chiesa afferma che il corpo di Maria è in Cielo unito all'anima sua gloriosa e questo privilegio del corpo di Maria è l'elemento distintivo del mistero dell'Assunzione. Il Sommo Pontefice Pio XII, il primo novembre del 1950, compiendo il voto unanime di vescovi e fedeli, proclamò solennemente come "dogma rivelato che Maria, l'Immacolata Madre di Dio, sempre Vergine, al termine della sua vita terrena, fu elevata, anima e corpo, alla gloria del cielo" (Bolla dogmatica Munificentissimus Deus).

La definizione non dice se Maria passò, vivente, dalla terra al Cielo, o se, come il Figlio, subì la morte e risuscitò, prima di entrare nella gloria. Il privilegio insigne dell'Immacolato Concepimento, la Verginità e la Santità perfetta (potevano certo rendere) [ RESERO ]  Maria immortale. (ma la Madre del Salvatore, che imitò sempre fedelmente il Figlio, volle senza dubbio seguirlo fino al sepolcro, perché doveva, come lui, e come tutti noi nell'ultimo giorno, trionfare pienamente con una risurrezione gloriosa, sul peccato e sulla morte.)

Leggende.
Leggende apocrife, diffuse verso la fine del IV secolo, hanno volgarizzato narrazioni spettacolari, meravigliose e spesso incoerenti, sulla morte di Maria e sul trasporto del suo Corpo in Paradiso. Gli Apostoli, riuniti prodigiosamente presso la Madre del Salvatore, avrebbero assistito alla sua morte e ai suoi funerali. San Tommaso, giunto troppo tardi, avrebbe voluto la riapertura della tomba, il che permise di costatare che il Corpo verginale era stato portato in luogo noto a Dio soltanto. La nostra fede e la nostra certezza teologica non devono accettare questi documenti senza valore, nati forse fra comunità eretiche. Predicazione e insegnamento pastorale devono fare a meno di seguire queste maldestre imitazioni del racconto evangelico della Risurrezione del Signore. Queste leggende non hanno dato origine alla fede della Chiesa nella Assunzione, ma hanno anzi ritardata di parecchi secoli la perfetta unanimità di essa. Il pensiero cristiano dovette prima sbarazzarsi della dannosa loro influenza, per poter giungere a discernere bene i motivi veri, che portano a considerare l'Assunzione corporea di Maria una verità di fede.

La fede unanime.
Quale motivo permise dunque al Sommo Pontefice di definire dogma di fede l'Assunzione? Lo dichiara la Bolla pontificia con precisione: il consenso unanime dei Vescovi e delle Chiese oggi in comunione con la Sede Apostolica. Questa convinzione universale dei Pastori e dei fedeli non sarebbe mai stata possibile, se l'oggetto di essa non fosse in qualche modo contenuto nella Rivelazione.

Prove scritturali.
Dove troviamo la verità dell'Assunzione nella rivelazione cristiana? Nei documenti della Chiesa primitiva non abbiamo traccia di una tradizione orale di origine apostolica. Forse appena vi allude l'Apocalisse indirettamente, quando descrive la Chiesa in questi termini: "Apparve in Cielo un segno grande: una donna vestita di sole, la luna ai suoi piedi e sulla sua testa una corona di dodici stelle" (Ap 12,1). Tipo e modello perfetto della Chiesa è Maria, la Madre di Dio e può essere che qui san Giovanni abbia fatto [ha fatto] una indiretta allusione alla presenza di Maria in Cielo.

È invece certo che i Libri sacri attribuiscono a Maria titoli e funzioni provvidenziali, che nel loro insieme esigono, come normale coronamento, il privilegio dell'Assunzione corporale. Dando un senso mariano al Versetto del Genesi, noto con il nome di Protoevangelo: "Stabilirò inimicizia fra te e la donna, fra la sua generazione e la tua, essa ti schiaccerà il capo", la tradizione cristiana espressa autenticamente nella Bolla dogmatica Ineffabilis, vide in questa sentenza divina l'annuncio di un trionfo perfetto di Cristo e della sua Madre sul peccato e tutte le conseguenze di esso. Pio IX si era appoggiato a questo testo, per definire l'Immacolata Concezione e non è impossibile vedere in questo testo anche una rivelazione implicita di un trionfo perfetto sulla morte.

Checché si pensi di questo testo misterioso, il Vangelo associa sempre Maria agli atti essenziali della Redenzione e specialmente al sacrificio della Croce e come si potrebbe credere che non sia più corporalmente unita al Figlio nell'esercizio del suo attuale sacerdozio celeste? Il Vangelo dichiara inoltre Maria piena di grazia, benedetta fra tutte le donne e soprattutto Madre del Signore e tanti titoli costituiscono, come vedremo, una rivelazione implicita della glorificazione immediata della sua anima e del suo corpo.

La mancanza di reliquie.
Tuttavia riconosciamo che i primi secoli cristiani non conobbero in modo positivo e preciso l'Assunzione di Maria. Dobbiamo tener presente un fatto importante: in nessun luogo fu mai rivendicato il Corpo della Santa Vergine, né mai furono cercati i resti e, in epoca in cui le reliquie dei santi erano molto onorate, ciò diventa un indice importante. Sembrerebbe che fin da quei tempi lontani si pensasse che il Corpo di Maria non poteva essere sulla terra. Sant'Epifanio, morto nel 377, dopo aver vissuto molto tempo in Palestina, confessa la sua ignoranza riguardo alla morte e al sepolcro di Maria, ma neppure una riga del suo scritto insinua che i resti mortali della Vergine sarebbero conservati quaggiù. Egli mette solo in dubbio i racconti fantasiosi che cominciano a diffondersi e si chiede se Maria è morta e se è morta martire e risponde che a queste domande non si può dare una risposta e, senza affermare l'Assunzione, pare tuttavia non ne faccia oggetto delle sue prudenti riserve.

Il pensiero cristiano, all'inizio del secolo V, l'epoca del concilio di Efeso, particolarmente interessato alla dottrina mariana, affronta il problema della sorte riservata al Corpo di Maria e afferma che i racconti apocrifi interpretano in modo sconveniente e ridicolo una verità, che si impone da sé alle anime illuminate dalla fede: il Corpo di Maria non si è corrotto nella tomba: Dio lo ha miracolosamente portato in Paradiso.

Origine della Festa dell'Assunzione.
Le sole liturgie siriaca ed egiziana, attingono in quell'epoca ai racconti leggendari per le loro descrizioni della dormitio di Maria. Gerusalemme ha dal 450 la sua festa annuale della Madre di Dio fissata al 15 agosto, ma per due secoli l'ufficio non accenna all'Assunzione. Agli inizi del secolo VII la festa della Dormitio è istituita a Bisanzio, con decreto dell'Imperatore Maurizio, e presto, forse sotto l'influenza degli apocrifi, ma soprattutto per il senso profondo, che la Chiesa possiede delle verità della fede, oggetto principale della festa diventa l'ingresso del Corpo di Maria nella gloria. La festa dell'Assunzione è introdotta a Roma verso l'anno 650 e nella stessa epoca, forse anche alquanto prima, come in Gallia per la dipendenza di san Gregorio di Tours dagli apocrifi, l'Assunzione diviene oggetto di una commemorazione solenne fatta prima il 18 gennaio e più tardi il 15 agosto.

La festa a Roma.
Per la dottrina affermata, la celebrazione della festa dell'Assunzione costituiva per la Chiesa Romana un fatto di importanza capitale e, cosa ancor più degna di nota, Roma accettava la fede nell'Assunzione, senza aderire alle leggende. La sua liturgia ha una sola allusione all'Assunzione, ma è di una precisione mirabile e porta tutto il problema al suo vero centro. È la celebre orazione Veneranda nobis, che si recitava quando partiva la processione, che precedeva la Messa. "Signore, dobbiamo venerare la festa di questo giorno nel quale la Santa Madre di Dio fu sottomessa alla morte temporale. Ella tuttavia non poté essere trattenuta dai legami della morte, avendo generato nella sua propria sostanza il vostro Figlio incarnato, nostro Signore".
Non si poteva essere insieme più sobrii, più completi e più precisi. La fede nella morte, nella risurrezione e nell'Assunzione di Maria è affermata nettamente ed è messo in evidenza il motivo fondamentale di questa fede: la Maternità divina o, meglio, il fatto che la carne di Cristo, Verbo Incarnato, è stata presa da Maria. Questo gioiello della liturgia mariana data per lo meno dal secolo VIII, cioè dal tempo in cui, in Oriente, sant'Andrea, vescovo di Creta dal 711 al 720, predicando un triduo sulla Dormitio della Madonna, esponeva il dogma dell'Assunzione su basi puramente dottrinali e indipendenti da tradizioni apocrife.
San Germano di Costantinopoli e san Giovanni Damasceno, sebbene meno prudenti e riservati, riallacciano essi pure l'Assunzione alle sue sorgenti autentiche ed è necessario citare qualche passo delle loro ammirabili omelie.

Discorso di san Germano.
"Come avresti potuto essere concepita e poi svanire in polvere, esclama san Germano, Tu che, per la carne che desti al Figlio di Dio liberasti il genere umano dalla corruzione della morte? ...
Era mai possibile che il vaso del tuo Corpo, che fu pieno di Dio, se ne andasse in polvere, come qualsiasi carne? Colui, che si è annientato in te, è Dio fin dal principio e perciò vita, che precedette i secoli, ed era necessario che la Madre della Vita abitasse insieme con la Vita e cioè che si addormentasse per un istante nella morte, per assomigliare a Lui e che poi il passaggio di questa Madre della Vita fosse come un risveglio.
Un figlio prediletto desidera la presenza della madre e la madre, a sua volta, aspira a vivere col figlio. Era giusto perciò che salissi al Figlio tu che ardevi nel cuore di amore per Dio, frutto del tuo seno; era giusto ancora che Dio, nell'affetto filiale che portava alla Madre sua, la chiamasse presso di sé a vivere nella sua intimità" (Primo discorso sulla Dormitio PG 98; col. 345, 348).
In un secondo discorso ritorna sullo stesso argomento in termini ancora più precisi: "Tu avevi da te stessa la tua lode, perché tu sei la Madre di Dio ... Per questo bisognava che il tuo Corpo, un corpo che aveva portato Dio, non fosse abbandonato in preda alla corruzione e alla morte" (Secondo Discorso, col. 357).
D'ora in poi queste considerazioni nutriranno tutti i discorsi sulla Dormitio e sull'Assunzione della Madonna. Il padre Terrien scrive: "I discorsi di san Giovanni Damasceno sulla preziosa morte e Assunzione di Maria sono un inno perpetuo, che egli canta in onore della Vergine benedetta, e in esso richiama tutti i privilegi, tutte le grazie, tutti i tesori, dei quali fu prodigiosamente arricchita dal cielo, e tutti li riallaccia alla Maternità divina come raggi al loro centro" (Mère de Dieu, t. ii, p. 371-372).
L'oriente è ormai conquistato alla fede tradizionale nell'Assunzione di Maria e il suo pensiero non subirà più sbandamenti.

La fede in Occidente.
In occidente appaiono difficoltà. Il popolo cristiano, docile agli insegnamenti della liturgia, aderisce, nel suo complesso, senza riserve alla dottrina dell'Assunzione, ma i teologi, per lo meno nella Gallia, restano esitanti e temono gli apocrifi. Essi non negano l'Assunzione, ma non vogliono impegnarvi la fede della Chiesa e ai tempi di Carlomagno (verso l'anno 800) un concilio capitolare di Aix-la-Chapelle omette l'Assunzione nell'elenco delle feste della Madonna, riservandosi di esaminare, se possa essere conservata e sarà data una risposta affermativa solo nel 813, al concilio di Magonza.
La crisi aumenta nel secolo IX. La notizia sull'Assunzione, che abbiamo nel Martirologio di Adone, lascia di proposito nel dubbio la questione dell'Assunzione corporale e rigetta i dati frivoli ed apocrifi, che sono stati diffusi in argomento. Nella stessa epoca l'abate di Gorbia, Pascasio Radberto rivolge a dei religiosi un lungo sermone Cogitis me, nel quale ha l'abilità di farsi credere san Gerolamo e, mentre con parole commoventi celebra la morte della Madonna [1], comincia mettendo in guardia sul racconto del Passaggio di Maria dalla terra al cielo. A suo modo di pensare, non si sa nulla sulla sorte riservata al Corpo di Maria. È una reazione certo esagerata, ma dal fondo sano, alla troppo facile credulità verso gli apocrifi, allora in voga nella Gallia (la liturgia gallicana aveva preso molto da tali scritti). Il lato più curioso di questo episodio è che il sermone Cogitis me, sotto il nome di san Gerolamo, passò presto nelle lezioni del Breviario lungo l'ottava dell'Assunzione e ci volle la riforma di san Pio V, per eliminare dal Breviario un testo, che si allontanava dalla dottrina comune della Chiesa in un punto molto importante.
Nei due secoli che seguirono l'apparizione del Cogitis me, gli spiriti furono esitanti e san Bernardo, ad esempio, non afferma mai espressamente l'Assunzione corporale di Maria, sebbene non vi sia indizio che l'insieme del clero e del fedeli abbia condiviso gli scrupoli degli eruditi. La liturgia romana, in uso in tutto l'occidente, celebrava l'Assunzione di Maria, e, per il popolo cristiano, si trattava di Assunzione corporale, sicché la Colletta Veneranda affermava sempre chiaramente la fede comune, senza vincolarla ai documenti apocrifi.

Lo pseudo Agostino.
Sul finire del secolo X, o all'inizio dell' XI, ebbe un influsso decisivo sul pensiero teologico un nuovo libro sull'Assunzione, il cui autore è ancora ignoto, anche se fu molto presto attribuito a sant'Agostino. Non si trattava di riabilitare le leggende apocrife, ormai squalificate, ma di poggiare la verità dell'Assunzione di Maria su basi scritturali e dottrinali sicure e questo piccolo trattato sull'Assunzione è un capolavoro di chiarezza e di profondità. Procede con metodo scolastico, con ordine, senza digressioni e l'esposizione, in apparenza austera, è animata da sana e solida devozione mariana, tanto da rivelare la mano di un grande maestro e di un uomo di fede. È il miglior trattato sull'Assunzione che possieda la tradizione cristiana e bisogna citarne almeno le ultime righe.
"Nessuno nega che Cristo poté concedere a Maria questo privilegio (l'Assunzione corporale). Se Egli lo poté, lo volle, perché vuole tutto quello che è giusto e conveniente. Pare dunque che si possa, con ragione, concludere che Maria godette nel corpo, come nell'anima, una felicità inenarrabile nel Figlio e con il Figlio; che sfuggì alla corruzione della morte colei la cui integrità verginale fu consacrata, dando alla luce un Figlio così grande. Vive tutta intera colei dalla quale noi abbiamo la vita perfetta, è con Colui che portò nel suo seno, presso Colui che concepì, generò, nutrì della sua carne. Madre di Dio, nutrice di Dio, domestica di Dio, compagna inseparabile di Dio. Io non ho la presunzione di parlare di lei in modo diverso, perché non oso pensare in modo diverso" (Liber unus de Assumptione Virginis, PL 40, col. 1148).

Il trattato, riportando la questione dell'Assunzione corporale di Maria sul vero terreno dogmatico, esercitava un'influenza grandissima sui predicatori e sui teologi e, nel secolo d'oro della Teologia, il consenso era unanime: sant'Alberto Magno, san Bonaventura, san Tommaso d'Aquino parlano dell'Assunzione corporale di Maria come di verità accettata da tutta la Chiesa. La causa ormai è vinta.
Eruditi umanisti francesi sollevarono qualche dubbio nel secolo XVII, ma non si tratta della negazione del fatto dell'Assunzione, bensì della discussione delle sue basi storiche e, avvelenata da malignità, la battaglia termina presto, per mancanza di combattimenti.

L'Immacolata Concezione e l'Assunzione.
La dottrina dell'Assunzione tornò di attualità dopo la definizione del dogma dell'Immacolato Concepimento di Maria, nel 1854. I due privilegi si sostengono vicendevolmente e si basano su fondamenti comuni e non desta stupore il fatto che, quindici anni dopo, al Concilio Vaticano, un numero considerevole di vescovi indirizzi al Sommo Pontefice una supplica volta ad ottenere la definizione dogmatica dell'Assunzione corporea di Maria.

L'impulso magnifico dato agli studi mariani dal Sommo Pontefice Leone XIII, continuato da san Pio X, sviluppò e consolidò il pensiero cristiano, ma la Santa Sede restava in prudente attesa. San Pio X rispondeva, ad una domanda prematura, che la questione doveva essere ancora studiata lungamente.

L'opera di Pio XII.
Era serbato a Pio XII l'onore di coronare questa lenta penetrazione della verità dogmatica. Agli inizi del suo Pontificato, fissando la festa del Cuore Immacolato di Maria nel giorno ottavo dell'Assunzione, il Sommo Pontefice incoraggiava una devozione, che è condizionata all'attuale esistenza nella gloria del Corpo glorioso della Madonna. 

Il passo decisivo fu compiuto nel 1946, quando Pio XII inviò a tutti i vescovi del mondo cattolico un questionario sulla fede nell'Assunzione corporale di Maria e sulla opportunità di una definizione. Le risposte furono quasi tutte favorevoli e costituivano una testimonianza moralmente unanime della Chiesa universale in favore della verità dogmatica dell'Assunzione. 

 Il 14 agosto 1950, il Sommo Pontefice annunciava che, per coronare l'anno giubilare, avrebbe solennemente proclamato il dogma mariano e fissava la cerimonia al primo novembre, nella festa di Ognissanti. Pensiero ammirabile, che associava la Chiesa trionfante alla gioia dei cattolici del mondo intero, accorsi in folla, per applaudire al trionfo di Maria.

L'ammirabile continuità nell'attaccamento della Chiesa alla dottrina dell'Assunzione è una delle testimonianze più belle della sua vita collettiva, e degno di nota è il fatto che tale attaccamento fu mantenuto, nelle ore più critiche, nell'affermazione discreta ma equilibrata della Liturgia Romana. Dopo il secolo VII, la Chiesa d'Occidente celebrò sempre l'Assunzione corporale di Maria e tale celebrazione fu lo strumento provvidenziale che fissò sempre maggiormente la luce divina nello spirito dei Pastori e dei fedeli. Cantando nell'allegrezza Assumpta est Maria in coelum il loro pensiero correva d'istinto alla gloria totale di Maria. Essi non si ponevano questioni critiche, né si chiedevano se il trionfo era dell'anima soltanto; essi vedevano levarsi nella gloria Maria, la Madre di Dio, Madre nel suo Corpo e Madre nella sua Anima.




SANTA MESSA

In occasione della definizione del dogma, che rivestì di splendore particolare e nuovo la festa dell'Assunzione, l'antica Messa del 15 agosto lasciò il posto ad una nuova Messa resa obbligatoria dal 1951.

EPISTOLA (Gdt 13,22-25; 15,10). - Il Signore t'ha benedetta nella sua potenza, perché per mezzo di te ha annientati i nostri nemici. O figlia, tu sei benedetta dal Signore Dio altissimo a preferenza di tutte le altre donne della terra. Benedetto sia il Signore, creatore del cielo e della terra, che diresse la tua mano nel troncare la testa del principe dei nostri nemici. Oggi Dio esaltò il tuo nome da essere lodato per sempre dagli uomini, che si ricorderanno in eterno della potenza del Signore. Per essi tu non hai risparmiato la tua vita, e, viste le angustie e le tribolazioni del tuo popolo, ne hai impedita la rovina davanti a Dio. Tu sei la gloria di Gerusalemme, la letizia d'Israele, l'onore del nostro popolo.

Le vittorie di Maria.
Abbiamo qui gli stessi versetti del libro di Giuditta, che leggiamo nella festa dei Dolori di Maria. La vocazione della Vergine Santa somiglia a quella del Signore: Era necessario che il Cristo soffrisse, per entrare nella gloria (Lc 24,26) ed era necessario, allo stesso modo, che una spada di dolore penetrasse l'anima di sua Madre, perché fosse associata al trionfo e alla gloria di Gesù.
Maria ci appare, oggi più che mai, Regina vivente e trionfante nel cielo e i nostri canti di gioia si uniscono alla lode di santa Elisabetta, per salutarla benedetta fra tutte le donne e possiamo e dobbiamo rivolgere le parole, che il Sommo Sacerdote Onia diceva a Giuditta, molto tempo prima della Incarnazione, a Colei che per il demonio è più temibile di tutta l'armata dei cristiani e che sul Calvario, unita al Figlio immolato, schiacciò il capo al serpente.
Da quel giorno le vittorie di Maria non sono cessate e, come non c'è grazia che a noi non giunga per Maria, così per Maria si conseguono tutte le vittorie della Chiesa, tutte le vittorie del cristiano su Satana. Non abbiamo dubbio alcuno che il trionfo offerto da S. S. Pio XII alla Regina del cielo e della terra sia il segno di una serie di vittorie per la Santa Chiesa, come lo fu, un secolo fa, la proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione.

VANGELO (Lc 1,41-50). - In quel tempo: Elisabetta, ripiena di Spirito Santo, esclamò ad alta voce: Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno. Come mai m'è concesso che venga a me la madre del mio Signore? Ecco, infatti, appena il suono del tuo saluto mi è giunto all'orecchio, il bambino ha esultato di gioia nel seno. E te beata che hai creduto, perché s'adempiranno le cose a te predette dal Signore. E Maria disse: L'anima mia glorifica il Signore; ed il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore; perché egli ha rivolto lo sguardo all'umiltà della sua serva; ecco, fin d'ora tutte le generazioni mi chiameranno beata: poiché grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente, e santo è il suo nome. E la sua misericordia si stende in ogni età su quanti lo temono.

La preghiera di Maria.
Sebbene sgorgati dalle labbra della Vergine nella casa della cugina Elisabetta, i versetti del Magnificat sono, nel loro senso profondo, l'espressione della preghiera abituale di Maria. Raccolte le parole nella Scrittura, se le era applicate, contemplando nel silenzio le meraviglie che Dio operava in Lei e per Lei.
Furono senza dubbio la preghiera di tutta la vita della Santa Vergine e la Chiesa, cantando il Magnificat ogni giorno, in tutte le solennità vi trova sempre un senso nuovo e più profondo. Maria lo ripeté a Nazaret, a Cana, dopo la Risurrezione, sul Monte degli Ulivi, quando Gesù salì al cielo e molti autori spirituali pensano che lo cantasse, nel suo cuore colmo di dolore, il Venerdì santo a sera, mentre discendeva dal Calvario.
Più ancora il Magnificat è la preghiera della Vergine Santa nel giorno in cui Dio colma la misura delle grazie e dei favori verso la Madre del suo Figlio, elevandola corporalmente al cielo e coronandola Regina dell'universo.

Magnificat.
La sua anima, giunta alla pienezza della perfezione e il suo spirito illuminato dalla visione beatifica glorificano il Signore e godono la salvezza data a lei, più che a tutte le altre creature.
Ricorda che era una piccola creatura, l'ancella del Signore, e che, per sua bontà, senza meriti da parte sua, Egli ha rivolto a lei i suoi occhi.

Ed ecco che tutti i secoli la proclameranno beata e bene lo sappiamo noi, che, interrogando la storia, vediamo le vestigia lasciate dal culto e dall'amore per la Vergine Immacolata; noi che, presenti realmente o presenti attraverso le onde sulla piazza di san Pietro in Roma il mattino della festa di Ognissanti del 1950, abbiamo cantato la Vergine salita al cielo con acclamazioni entusiastiche e interminabili.
Sì, Egli fece in Maria cose grandi, Colui che può tutto e queste cose grandi noi non sapremmo ricordarle tutte, ma in questa festa noi ne vediamo il coronamento nella Assunzione al cielo.
E questa felicità non è felicità di Maria soltanto, perché noi pure esultiamo, non solo perché sappiamo felice presso Dio la nostra Madre, ma perché crediamo che un giorno la raggiungeremo, essendo la misericordia divina per tutti coloro che temono il Signore, per coloro che lo servono con fedeltà.
Come è vile il mondo! I grandi, i potenti, coloro che si gonfiavano di orgoglio nella loro potenza, nella loro scienza, nelle loro ricchezze, sono cancellati dalla memoria dei popoli. Erano sazi, non avevano bisogno della salvezza portata dal Messia. La Vergine umilissima, ignorata da tutti, e con lei i discepoli di Gesù sono ora saziati dei beni veri e la loro potenza, la loro felicità sono eterne.
Tutto questo è opera della fedeltà e della tenerezza di Dio al quale sia onore e gloria nei secoli dei secoli.

PREGHIAMO
O Dio onnipotente ed eterno che hai assunto alla gloria celeste, in corpo ed anima, l'Immacolata Vergine Maria, Madre del tuo Figliolo, concedici di essere sempre protesi verso le cose celesti, onde meritare di essere partecipi della sua gloria.

PREGHIERA 
DI S. S. PIO XII 
A MARIA SANTISSIMA ASSUNTA

"O Vergine Immacolata, Madre di Dio e Madre degli uomini!

1. Noi crediamo con tutto il fervore della nostra fede nella vostra assunzione trionfale in anima e corpo al cielo, ove siete acclamata Regina da tutti i cori degli Angeli e da tutte le schiere dei Santi;
e noi ad essi ci uniamo per lodare e benedire il Signore, che vi ha esaltata sopra tutte le altre pure creature, e per offrirvi l'anelito della nostra devozione e del nostro amore.

2. Noi sappiamo che il vostro sguardo, che maternamente accarezzava l'umanità umile e sofferente di Gesù in terra, si sazia in cielo alla vista della umanità gloriosa della Sapienza increata, e che la letizia dell'anima vostra nel contemplare faccia a faccia l'adorabile Trinità fa sussultare il vostro cuore di beatificante tenerezza;
e noi, poveri peccatori, noi a cui il corpo appesantisce il volo dell'anima, vi supplichiamo di purificare i nostri sensi, affinché apprendiamo fin da quaggiù a gustare Iddio, Iddio solo, nell'incanto delle creature.

3. Noi confidiamo che le vostre pupille misericordiose si abbassino sulle nostre miserie e sulle nostre angosce, sulle nostre lotte e sulle nostre debolezze; che le vostre labbra sorridano alle nostre gioie e alle nostre vittorie; che Voi sentiate la voce di Gesù dirvi di ognuno di noi, come già del suo discepolo amato: Ecco il tuo figlio;
e noi, che vi invochiamo nostra Madre, noi vi prendiamo, come Giovanni, per guida, forza e consolazione della nostra vita mortale.

4. Noi abbiamo la vivificante certezza che i vostri occhi, i quali hanno pianto sulla terra irrigata dal sangue di Gesù, si volgano ancora verso questo mondo in preda alle guerre, alle persecuzioni, alla oppressione dei giusti e dei deboli;
e noi, fra le tenebre di questa valle di lacrime, attendiamo dal vostro celeste lume e dalla vostra dolce pietà sollievo alle pene dei nostri cuori, alle prove della Chiesa e della nostra patria.

5. Noi crediamo infine che nella gloria, ove Voi regnate, vestita di sole e coronata di stelle, Voi siete, dopo Gesù, la gioia e la letizia di tutti gli Angeli e di tutti i Santi;
e noi, da questa terra, ove passiamo pellegrini, confortati dalla fede nella futura risurrezione, guardiamo verso di voi, nostra vita, nostra dolcezza, nostra speranza; attraeteci con la soavità della vostra voce, per mostrarci un giorno, dopo il nostro esilio, Gesù, frutto benedetto del vostro seno, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria."

Santità e gloria di Maria [2].
Solo chi conosce la santità di Maria può valutarne la gloria, ma la Sapienza, che ha colmato gli abissi (Prov 8,27), non ci rivelò la profondità di questo oceano al cui confronto le virtù dei giusti e le grazie da essi ricevute non sono che un ruscello. L'immensità della grazia e del merito, che costituisce la soprannaturale perfezione della Vergine benedetta, ci porta a concludere che, nella gloria, che consacra la santità degli eletti, deve avere altrettanta superiorità.
Mentre i predestinati si scaglionano nei diversi gradi della celeste gerarchia, la Madre santa di Dio si eleva oltre tutti i cori dei beati (Liturgia della festa) formando da sola un ordine distinto, un cielo nuovo, in cui le armonie angeliche ed umane sono superate. Dio è in Maria più glorificato, meglio conosciuto e più amato che in tutto l'universo e per questo, secondo l'ordine della Provvidenza creatrice, che subordina il meno perfetto al più perfetto, Maria doveva essere Regina della terra e del cielo.

Il mondo fatto per Cristo e per Maria.
Tenuto presente questo, il mondo esiste per l'Uomo-Dio e per Maria. Il grande teologo Card. Lugo, spiegando le parole dei santi dice: "Come Dio, compiacendosi di tutto creare per il suo Cristo, fece di lui il fine delle creature, così si può dire che, nell'amore per la Vergine Madre, creò tutto il resto, facendo sì che giustamente meritasse di essere chiamata fine di tutte le cose" (De Lugo, De Incarn. Disput. vii, sect. 2).
Maria, Madre di Dio e sua primogenita (Eccli 24,5) aveva titolo e diritto ai beni di Dio e, come sposa, doveva dividerne la corona. "La Vergine gloriosa, dice san Bernardino da Siena, ha tanti sudditi quanti ne ha la Trinità. Tutte le creature, non conta la posizione che hanno nel creato, sono sottomesse alla Vergine: le creature spirituali come gli Angeli, le ragionevoli come l'uomo, le materiali come i corpi celesti o gli elementi, il cielo, la terra, i reprobi, i beati, tutto quanto dipende dalla potenza di Dio. Infatti il Figlio di Dio e della Vergine benedetta, volendo, per così dire, uguagliare in qualche modo all'autorità del Padre quella di sua Madre, si fece, Egli che è Dio, servitore di Maria e, se è esatto dire che tutto, anche la Vergine, obbedisce a Dio, si può rovesciare la proposizione e affermare che tutto, anche Dio, obbedisce alla Vergine" (Discorso per la festa di Maria, c. 6).
Lo Spirito Santo ci dice che il dominio dell'eterna Sapienza comprende cielo, terra e abisso (Eccli 24,7-11) e tutto questo è appannaggio di Maria nel giorno della sua incoronazione e, come la Sapienza divina, Maria può glorificarsi in Dio (ivi 1). Colui, del quale cantò un giorno la magnificenza, oggi esalta la sua umiltà (Lc 1,46-55). La Beata per eccellenza (ivi 48) è ora l'onore del suo popolo, l'ammirazione dei santi, la gloria degli eserciti dell'Altissimo (Eccli 24,1-4). Nella sua bellezza, vada con lo Sposo alla vittoria (Sal 44,4-6) e trionfi dei cuori dei potenti e degli umili (Eccli 24,11). La consegna dello scettro del mondo nelle sue mani non è solo onore, ma realtà e, infatti, da quella consegna, Maria comanda e combatte, protegge la Chiesa, ne difende il capo, tien salde le schiere delle sacre milizie, suscita i santi, dirige gli apostoli, illumina i dottori, stermina l'eresia, ricalpesta l'inferno.

Regina e Madre.
Salutiamo la nostra Regina, cantiamo le sue imprese, siamo docili al suo comando, soprattutto amiamola e confidiamo nel suo amore. Non abbiamo paura che, per le sollecitudini enormi che richiede la diffusione del regno di Dio, dimentichi la nostra piccolezza e le nostre miserie: nulla a lei sfugge di quello che avviene nel più oscuro ridotto sul più lontano confine del suo immenso dominio. Dal suo titolo, in effetto di causa universale, al di sotto di Dio, a buon diritto si deduce l'universalità della sua provvidenza; e i maestri di dottrina (Suarez, 3.a Pars, qu. XXXVII, art. 4; Disp. XXI, sez. 3.a) ci presentano Maria associata nella gloria alla scienza detta di visione, per la quale tutto ciò che è, fu e sarà davanti a Dio è presente. La sua carità non ha imperfezioni e, come il suo amore per Dio sorpassa quello di tutti gli eletti, la tenerezza di cui circonda il più piccolo, il più dimenticato e derelitto figlio di Dio, che è anche suo figlio, supera l'amore di tutte le madri concentrato sopra un figlio solo. Ci previene con le sue sollecitudini, ascolta in qualsiasi momento le umili preghiere, ci segue nelle colpevoli fughe, sostiene nelle debolezze, compatisce nei malanni del corpo e dell'anima, largisce le grazie delle quali è tesoriera. Con le parole di uno dei suoi grandi servi, diciamole dunque:

Preghiera.
<<O santissima Madre di Dio, che abbellisci la terra e il cielo, tu, lasciando la terra non hai abbandonato gli uomini e, se quando eri quaggiù vivevi in cielo, ora che sei in cielo dimori con noi. 
 Veramente felici quelli che ti contemplarono e vissero con la Madre della vita! Ma, come tu abitavi in carne con gli uomini dei primi tempi, ora abiti spiritualmente con noi. Noi ascoltiamo la tua voce, la voce dì noi tutti giunge alle tue orecchie e la protezione continua con cui ci segui è prova della tua presenza. 
Tu ci visiti, il tuo occhio è su ciascuno di noi e, se anche non possiamo vederti, tu sei in mezzo a noi e ti mostri in modi diversi a chi è degno di vederti. La tua carne [glorificata] non arresta la immateriale potenza, l'attività purissima dell'anima tua, che, inseparabilmente unita allo Spirito Santo, si fa sentire dove vuole (Gv 3,8). Ricevi, o Madre di Dio, l'omaggio riconoscente della nostra allegrezza e parla dei tuoi figli a Colui, che ti ha glorificata e, con la sua potenza divina, egli accoglierà qualsiasi tua domanda. Sia egli benedetto nei secoli (san Germano di Costantinopoli: Sulla Dormitio 1).




[1]  Il responsorio Ascendit Christus e l'antifona Hodie gloriosa Virgo caelos ascendit sembrano tolte dal sermone Cogitis me, e tuttavia è certo che Pascasio Radberto non ha riprodotto, né commentato queste parti liturgiche. Sarebbero allora anteriori all'anno 850? Il Pascasio stesso afferma che egli riporta testi liturgici precedenti.
[2] Riportiamo a questo punto quanto il testo del Guéranger pone al 18 agosto, giorno quarto dell'ottava, ormai soppressa.

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 971-987


mercoledì 14 agosto 2013

SGUARDO AL CROCIFISSO


CAPITOLO XLI

PIO SGUARDO AL CROCIFISSO


Un venerdì, mentre Geltrude rimirava il Crocifisso, fu penetrata tutta di dolore e d'amore. Ella disse fiduciosamente a Gesù: «Dolcissimo e amantissimo Salvatore, quanto hai sofferto oggi per la mia salvezza! Ed io miserabile ho trascorso l'intera giornata in occupazioni futili, senza ricordare quanto ogni ora hai patito per me Tu che, essendo la vita, sei morto per amore del mio amore!».

Gesù dall'alto della Croce le rispose: «Io ho supplito alle tue negligenze, raccogliendo oggi, d'ora in ora, nel mio Cuore, quanto avresti dovuto radunare nel tuo, ed è così colmo di grazie per te, che ne è come ingombro, così che aspettavo ansiosamente il momento in cui tu mi avresti diretta questa preghiera perchè senza di essa, tutto quanto ho accumulato per Te non ti avrebbe giovato a nulla. Con questa preghiera invece tu puoi appropriartelo davanti a Dio Padre, come cosa tua».

Riconosciamo l'amore di Dio per gli uomini! Appena l'anima negligente ha formulato un solo pensiero di rimpianto, Gesù offre a Dio Padre, soddisfazione per essa e lo fa con tale pienezza che ogni colpa resta riparata. Oh, quanto merita di essere benedetta e ringraziata una tale misericordia!

Un giorno, mentre Geltrude contemplava con divozione il Crocifisso, comprese che l'anima, guardando amorosamente l'emblema della nostra Redenzione, merita che Dio rivolga con bontà il suo sguardo verso di lei. Sotto l'influsso del medesimo sguardo essa diviene brillante come uno specchio, ove si riflette l'immagine del Salvatore; la Corte celeste si rallegra a tale vista e l'anima ne ha aumento di merito per l'eterna ricompensa.

Geltrude ricevette anche questo insegnamento: quando l'uomo guarda il Crocifisso con divozione, deve pensare che Gesù gli dica con bontà: « Ecco come per tuo amore ho voluto essere appeso nudo, sfigurato, coperto di piaghe, con le membra violentemente distese su d'una Croce! Il mio Cuore è così appassionatamente amante del tuo che, se per salvarti fosse necessario, sopporterei di bel nuovo, volentieri per te sola, tutto quanto ho sofferto per il mondo intero!». 

Tali pensieri devono ridestare nei cuori sentimenti di riconoscenza, perchè è sempre effetto di una grazia divina che gli occhi degli uomini incontrino l'immagine della Croce, e non ve li fissino mai senza che l'anima ne risenta salutari impressioni. La contemplazione dei dolori di Gesù è sempre di profitto; perciò sarebbe assai colpevole il cristiano ingrato che trascurasse di venerare Colui che si è offerto come prezzo inestimabile del nostro riscatto.

Altra volta, mentre il suo spirito era immerso nella considerazione dei patimenti del Redentore, comprese che le preghiere, o meditazioni che hanno qualche relazione con tali misteri, portano all'anima maggior frutto degli altri esercizi. 

Infatti come è impossibile maneggiare la farina senza impolverarsi, così l'anima non può meditare la Passione, sia pure con poco fervore, senza trarne qualche vantaggio. 

Quando una persona legge qualche punto dei dolori di Gesù, essa procura all'anima sua una specie di attitudine e facilità a ricevere i frutti dei medesimi dolori, giacchè l'intenzione di chi medita frequentemente la Passione è più fruttuosa delle innumerevoli intenzioni di altri che non se ne occupano mai. Sforziamoci dunque di coltivare tale sacro ricordo, affinchè diventi per noi favo di miele alla bocca, melodia armoniosa all'orecchio, allegrezza ineffabile al cuore.

"Pater ignosce illis..." Luc. 33, 34

martedì 13 agosto 2013

Festa dell'Assunzione di Maria Vergine



FESTA DELL'ASSUNZIONE DI MARIA VERGINE


La festa della solenne Assunzione di Maria si avvicinava e Geltrude, trattenuta a letto da infermità, non poteva, benchè assai lo desiderasse, recitare tante «Ave Maria» quanti erano stati gli anni passati dalla Vergine in terra [66, oppure 72]. Tuttavia si sforzò di raggiungere quel numero, dividendo in tre parti la Salutazione angelica: Ave Maria - Gratia piena - Dominus tecum. 

Mentre stava offrendo queste ed altre preghiere, che alcune persone le avevano detto di presentare alla S. Vergine, la graziosa Regina del cielo le apparve rivestita con un manto verde, su cui brillavano numerosi fiori d'oro, in forma di trifoglio. 
Ella le disse: « Porto sul mio abito tanti fiori, quante sono le parole delle preghiere che tu mi hai offerto a nome delle persone che ti hanno raccomandato di presentarmele. Questi fiori brillano più o meno a seconda dell'attenzione posta nel recitare dette preghiere. Ora rivolgo questi divini splendori verso ciascuna di quelle anime, per renderle più gradite al Figlio mio ed a tutta la Corte celeste». 

La Regina del cielo portava, fra quei trifogli, anche alcune rose di meravigliosa bellezza, che avevano sei foglie: tre erano d'oro tempestate di gemme preziose, le altre tre offrivano una mirabile varietà di sfumature. Nelle tre foglie d'oro Geltrude riconobbe le tre parti della Salutazione angelica ch'ella aveva recitato, nonostante la sua debolezza, con un grande sforzo. Il Signore Gesù volle, nella sua immensa bontà, unire a quelle foglie preziose, le altre tre con colori stupendi: la prima per l'amore con cui Geltrude aveva salutato e lodato la sua dolcissima Madre; la seconda per la discrezione mostrata, recitando solo quelle tre parti, giacchè era nell'impossibilità di fare di più; la terza per la perfetta confidenza che le faceva sperare di vedere il Signore e la dolce sua Madre accettare i suoi deboli sforzi.


All'ora di Prima, dopo la quale si doveva cantare la Messa della vigilia dell'Assunzione, ella pregò Gesù di ottenerle grazia e perdono presso la diletta sua Madre, perchè sentiva di essere stata spesso negligente nell'onorarla.
Il Salvatore s'inchinò allora verso la Madre sua e con un tenerissimo abbraccio dimostrò la divozione filiale che sempre aveva nutrito per lei. Indi le disse: « Ricordati, o mia Signora, e mia amorosissima Madre, che per te ho perdonato ai peccatori; guarda ora la mia eletta con quell'amore che avresti s'ella ti avesse sempre servita con la più grande divozione ». A quelle parole la Vergine parve sciogliersi in tenerezza e, per amore del Figlio suo, diede a Geltrude tutta la sua beatitudine.


Alla Messa Vultum tuum durante la colletta: Deus qui verginalem aulam, il Signore Gesù mostrò tanta affezione alla Madre sua, da rinnovarle tutte le gioie della sua santa Concezione, della sua nascita, e quelle che le procurò la sua santa Umanità.
Mentre Geltrude rifletteva alle parole: « In sua difensione munitos - munito dal sua soccorso» ella vide la Madre di bontà stendere il manto, per coprire con la sua protezione tutti coloro che si rifugiavano sotto il suo patrocinio; 

i Santi conducevano alla loro Regina le persone che si erano preparate alla sua festa con esercizi e preghiere speciali. Tali persone assomigliavano a bellissime giovinette e si sedevano rispettosamente davanti alla Madonna, come figlie alla loro madre. Vicino alle medesime volteggiavano schiere di angeli che le difendevano dalle insidie del demonio, eccitandole al bene. Geltrude comprese che quella protezione angelica era accordata alla domanda della colletta: ut sua defensione munitos, - perchè gli spiriti celesti stanno sempre vigilanti agli ordini della gloriosa Vergine, per difendere coloro che l'invocano.

Geltrude vide poi molti animali di diverse specie accorrere verso la Madre di Dio, per rifugiarsi sotto il suo manto. Essi simboleggiavano i peccatori che avevano devozione speciale alla Regina della misericordia. Essa li accoglieva con bontà, li proteggeva sotto il suo manto e li accarezzava con la sua dolce mano, come si usa fare coi cagnolini.
La Vergine rivelava così la sua misericordia verso coloro che a Lei si affidano, dimostrandosi sollecita di ricondurre al Figlio suo tutti quelli che, con un vero pentimento delle loro colpe, hanno sperato malgrado i loro peccati, nella sua misericordiosa mediazione.



All'Elevazione il Signore Gesù sembrò consegnare se stesso, sotto le spoglie sacramentali dell'Ostia, con tutta la beatitudine della sua Divinità ed Umanità, a tutti coloro che assistevano con devozione alla S. Messa in onore della sua dolcissima Madre, bramando di corteggiarla devotamente nella festa dell'Assunzione. Essi, dolcemente attratti e riconfortati dalla virtù vivificante della Divinità, erano confermati nella buona volontà, proprio come un uomo recupera energie, sostentandosi con cibi nutrienti.

Dopo la S. Messa mentre le Monache, secondo le prescrizioni della Regola, si recevano in capitolo, Geltrude vide il Signore Gesù che le precedeva, circondato da una moltitudine di Angeli, attendendo con gioia l'arrivo delle sue Spose.

La Santa, alquanto stupita, chiese: « Come mai, o amatissimo Gesù, tu vieni a questo nostro Capitolo con si grande moltitudine di angeli? Eppure noi celebriamo questa festa in tono assai meno solenne della tua Nascita ed Incarnazione ». Rispose l'amabile Salvatore: « Sono venuto qui come buon padre di famiglia, che si fa premura di ricevere lui stesso gli invitati al suo banchetto. Oggi, per onorare la mia dolcissima Mamma, quando si annuncerà la solennità della sua gloriosa Assunzione, accoglierò con tenerezza speciale tutte le anime che desiderano celebrare devotamente questa festa. Di più per la mia divina autorità, assolverò tutte coloro che umilmente accuseranno le loro infrazioni alla Regola. Nello stesso modo assisto ai vostro Capitolo in ogni festività ed approvo tutto quello che ivi compite, come già ti mostrai nella vigilia della mia Natività ».


Mentre Geltrude assisteva con devozione speciale all'ora di Nona, quando, secondo le nostre costumazioni, inizia la festa dell'Assunzione, conobbe per divina ispirazione che appunto in quell'ora la Vergine venne talmente assorbita in Dio che, spogliata dalla scoria mortale, preludiava la vita celeste, non vivendo più se non per l'azione dello Spirito Santo. Rimase in quello stato fino alla terza ora di notte; allora si lanciò in Dio, adorna delle perfezioni di tutte le virtù, senza il minimo rimpianto di coscienza. Beatamente nelle braccia del Signore, fatta un solo spirito con Lui, entrò nella potenza della Divinità (Sal. LXX).


Ai Vespri, mentre si cantavano i salmi, la Santa vide il Signore attrarre nel suo divin Cuore tutte le lodi che Gli erano rivolte e dirigerle verso la Vergine come un torrente impetuoso, di cui la celeste Sovrana riceveva le onde, secondo il numero dei meriti di cui era arricchita. 

All'antifona: Tota pulchra es - ella si abbandonò nelle braccia del Signore, cercando di far risuonare le parole dell'antifona sul liuto del divin Cuore, in memoria delle tenerezze che il Figlio dell'Altissimo prodigò con queste ed altre parole, a Lei, sua beatissima Madre. A questa dimostrazione d'amore, i torrenti del divin Cuore inondarono con maggior impeto l'anima della Celeste Sovrana, sprizzando gocce di acqua brillanti come fulgide stelle. Tali stelle la circondarono per rallegrarla ed adornarla d'incomparabili splendori; ma il loro numero era così grande che molte caddero al suolo. 

I Santi, rapiti d'ammirazione, s'affrettarono a raccoglierle per offrirle gioiosamente al Signore; con tale atto vollero far comprendere che attingono gioia, gloria, beatitudine nella sovrabbondanza dei meriti della Madre di Dio. 

Tutti gli angeli si associarono con grande allegrezza al fervore della Comunità e fecero risuonare, con la medesima, il responsorio: Quae est ista?. In seguito il Signore cantò con voce sonora il versetto: Ista est speciosa, e lo Spirito Santo parve far vibrare il liuto del Cuore divino per lodare e glorificare la Vergine Maria, benedetta fra tutte le creature.


All'inno: Quem terra pontus ecc. la celeste Regina parve venir meno sotto il peso dell'immenso gaudio, e s'inchinò sul seno del suo amabilissimo Figlio per rìposarsi fino alla strofa: O gloriosa Domina. Si alzò allora, quasi spinta dalla divozione dei fedeli, tendendo a tutti la mano della sua dolce protezione e materna consolazione. Alla dossologia Deo Patri, si levò di nuovo e piegò tre volte le ginocchia con grande riverenza per glorificare la Trinità, sempre adorabile. Rimase così prostrata tutto il tempo del Magnificat, pregando per la Chiesa; durante l'antifona Virgo Prudentissima, fece brillare una luce celeste su tutti coloro che la pregavano con divozione.


Un'altra volta, nella stessa festa dell'Assunzione, Geltrude era così sfinita, che si poté a stento trascinare a Mattutino. Mentre stava seduta, affranta per lo sforzo fatto, il Signore, che si leva in alto, la visitò con le viscere della sua misericordia (Luc. I, 78). Infatti quando si lesse il VI Responsorio, ella fu rapita in spirito e le parve di assistere alla gioconda festa, nella quale la Vergine, dopo d'aver pagato il tributo alla natura, se ne entrò giubilante ne' regni celesti.

Dopo il Responsorio Super Salutem fino al Te Deum, durante il quale ella riprese i sensi, tutti i canti le procurarono speciali illustrazioni e gioie ineffabili. Ne citerò solo alcuna più accessibile alla umana intelligenza. Le parve dunque che il Responsorio Super salutem fosse cantato dai cori riuniti degli angeli e degli apostoli, per rallegrarsi con la Sovrana degli onori ricevuti. Durante quel tempo la gloriosa Vergine, attratta da una forza infinitamente dolce, usciva dalla prigione del corpo per lanciarsi nelle braccia amorose del Figlio. Egli, Padre tenerissimo degli orfani, si sostituiva per così dire alla Chiesa, sua diletta Sposa, e volle raccomandare alla Madre sua le intenzioni che più profondamente interessavano il suo Cuore. Così cantò Lui stesso il VII Responsorio: « Sancta Deo diletta - Santa amata da Dio ». In seguito, mentre la Vergine, man mano s'inalzava, il Figlio, acceso da affezione sempre più tenera per la Madre sua, raddoppiò le lodi, salutandola con l’VIII responsorio: Salve Maria; l'assemblea dei Santi, riprendendo i canti, aggiunse: « Salve, pia Mater christianorum - Salve, tenera Madre dei Cristiani ». In seguito Gesù, personificando ancora la Chiesa sua Sposa, cantò con voce chiara: « Virgo solamen desolatorum - Vergine consolatrice degli afflitti ».

Durante il cantico: Audite me, divini fructus, la beatissima Vergine parve entrare in cielo trasalendo di giubilo, ma la visione del trionfo meraviglioso non potrà mai essere espressa da umano linguaggio. La Vergine parve entrare in un magnifico prato, smaltato di fiori. Quando si cantò il versetto: Et frondete in gratiam, tutti i fiori vollero celebrare l'arrivo d'una sì grande Regina: dai loro petali irradiò una luce affascinante accompagnata da squisiti olezzi e da melodie così soavi, come se tutti i suoni della terra si fossero riuniti in un concerto armonioso.


La dolcissima Vergine, gustando la sua incomparabile beatitudine, lodava Dio e salmodiava: Gaudens gaudebo in Domino. Dio Padre, placato alla vista di una Vergine così bella, benedisse la Chiesa militante e le disse nell'abbondanza della sua soavità: Non vocaberis ultra derelicta. In seguito a onore della Vergine Maria, tutto il coro degli angeli cantò con slancio questo inno: Sexaginta sunt reginae, per dimostrare che la Madre di Dio è al di sopra di tutte le gerarchie. Il coro dei Santi incalzò et octoginta concubinae, proclamando che Ella ha ricevuto maggiori privilegi di tutti loro presi insieme. Infine il coro riunito degli Angeli e dei Santi, insistette cantando in nome della Chiesa militante: et adolescentularum non est numerus - per esaltare la Madre di Dio al di sopra di loro tutti. Lo Spirito Santo aggiunse una dolcissima modulazione: Una est columba mea, come se avesse detto: « Ho trovato solo in Essa la mia somiglianza, solo in Essa mi compiaccio di riposare ». Il Figlio di Dio proseguì: perfecta mea: cioè tutto ciò che la mia Divinità e la mia Umanità bramavano trovare nella creatura, l'ho scorto solo in Lei.


Dio Padre aggiunse: una est matris suae, eletta genetricis suae come se, nell'eccesso del suo amore, non potesse trattenere l'espressione della sua tenerezza. Maria venne allora posta con grande riverenza, sul trono di gloria alla destra del Figlio suo, mentre tutta la Corte celeste faceva echeggiare il Responsorio: 
Salve nobilis. Virga Jesse, Salve flos campi, Maria, Unde ortum est lilium convallium. Odor tuus super cuncta pretiosa unguenta; favus distillans labia tua, mel et lac sub lingua tua. Unde - Io ti saluto, nobile stelo di Jesse: io ti saluto, fiore dei campi, Maria. Da te è uscito il giglio delle valli. Nessuna preziosa fragranza può esserti paragonata. Le tue labbra distillano miele, la tua voce è dolce come miele e latte. 

I cittadini del cielo, plaudenti intorno a quel trono regale ed animati da crescente ardore, celebrarono la santissima vita di Maria, cantando con gìoia ineffabile il Responsorio: Beata es Virgo Maria - Fu la Trinità stessa che disse il versetto, per rinnovare in quella Vergine benedetta la dolcezza della Salutazione angelica, che fu l'inizio della sua gloria.

Il coro dei Santi riprese: « Ecce esaltata es - Ecco che sei esaltata » e la pregò d'intercedere per la Chiesa militante. Indi Dio Padre che si compiacque di onorare l'oggetto di tutte le sue tenerezze, iniziò il Responsorio « Ave, Sponsa Sunamitis, secundum Cor Summi Regis: Ave Virgo Mater, Spiritu Sancta teste, Tu olimi Mariam sordibus Aegyptiis millies exosam, Tu Theophtlum desperatum apostatam reconciliasti Filio Tuo. In gratia. O Sancta, o celsa, o benedicta, mitiga et nobis tram Filii tui. In gratiam. - Io ti saluto, Sposa Sunamite secondo il Cuore dell'altissimo Re. Io ti saluto Vergine Madre, come l'attesta lo Spirito Santo. Tu hai riconciliato in grazia col tuo Figlio, e Maria che si era coperta in Egitto da mille colpe, e Teofilo, l'apostata disperato. O Santa, o sublime, o benedetta, placa in nostro favore la. collera del Figlio Tuo ». 

Tale Responsorio incominciato dal Padre con le parole Ave Sponsa, venne continuato dal Figlio: Sunamitis secundum cor Summi Regis e ripreso dallo Spirito Santo: «Ave Mater Maria». Il Figlio aggiunse: Spiritu Sancto teste. E tutti i Santi proseguirono con giubilo: Tu olim Mariam sordibus Aegypti millies exosam; e gli angeli proclamarono Tu Theophilum desperatum apostatam reconciliasti Filio tuo in gratiam. Allora con slancio ineffabile tutti i Santi insieme, in nome della Chiesa militante, piegarono il ginocchio davanti alla Vergine Maria, osannando: O Sancta, o celsa etc. dopo di che la Trinità uscì come fuori dal profondo abisso del suo gaudio, intonando con ammirazione il XII Responsorio: Quae est ista? per proclamare i meriti della gran Madre di Dio.



Geltrude notò poi che la S. Vergine, con la milizia celeste, celebrava la propria beatitudine cantando Te Deum laudamus, a gloria dell'adorabile Trinità. La lode del primo verso si rivolgeva a tutta la Trinità; quella del secondo: Te aeternum Patrem, più specialmente al Padre, quella del terzo Tibi omnes Angeli, ai Figlio; quella del quarto: Tibi Cherubin, allo S. Spirito. Così in ogni versetto ciascuna persona della SS. Trinità era lodata; i sette versetti Tu Rex glortae Christe s'indirizzavano più specialmente al Salvatore, felicitandolo perchè, mediante il suo aiuto, la Vergine aveva sempre glorificato il Signore con tutti i suoi affetti, senza mai lasciarsi distogliere d'alcun che di passeggero. Nei versetti seguenti: Aeterna fac, ciascuna delle Tre Persone divine era lodata a sua volta. Geltrude comprendeva sempre meglio come ogni versetto attribuito al Padre rispondeva allo scopo con perfetta convenienza; lo stesso avveniva per le altre due Persone.

Quando, dopo questa gioconda solennità, ella riprese contatto con la vita ordinaria, si accorse che non solo la sua anima che aveva gustato tante delizie, si era rinvigorita, ma persino il suo corpo aveva ripreso forze da poter camminare da sola senza fatica. La straordinaria energia si mantenne fin dopo la Messa solenne, all'ora del pasto.


Tre anni dopo ella era afflitta ancora da malattia. Nella vigilia dell'Assunzione, volle, fin dal mattino, sodisfare alla sua pietà e vide la Vergine Maria in un delizioso giardino fiorito, olezzante di soavi profumi. Nella gioia tranquilla di una celeste contemplazione la Vergine stava per spirare; la dolce serenità del suo volto, il fascino del suo atteggiamento e la Maestà della persona dicevano ch'Ella era veramente: la piena di grazia! In quel giardino si vedevano magnifiche rose senza spine, gigli splendenti di candore, viole fragrantissime e moltissimi fiori di ogni qualità. Non v'era però un filo di erba. Cosa strana! Quel fiori, più erano lontani dalla Vergine, maggiormente brillavano per grazia, profumo e vigore. La celeste Regina ne aspirava gli olezzi, per esalarne poi gli effluvi nel divin Cuore, che l'amatissimo suo Figlio sembrava aprire davanti a Lei.


Una moltitudine innumerevole di Angeli parve occupare lo spazio che si trovava fra la Vergine e i fiori, di cui aspirava il profumo. Essi rendevano i loro omaggi all'eccelsa Regina e nel contempo lodavano il Signore. Geltrude vide anche S. Giovanni evangelista pregare con fervore al capezzale di Maria, la quale sembrava estrarre dal Santo una specie di emanazione meravigliosa. Tale visione le procurava grandi delizie ed ella desiderava di conoscerne il profondo significato. L'amabile Gesù le disse che il giardino simboleggiava il Corpo immacolato di Maria, e i fiori le virtù di cui era adorna. Le rose più lontane, le più belle, coltivate dagli spiriti celesti con maggior cura, rappresentavano le opere di carità verso Dio e verso il prossimo; più si esercita la carità e più l'anima diventa bella. I gigli dal profumo squisito e immacolato candore, significavano la santa sua vita che i fedeli cercano d'imitare. Infine quella misteriosa emanazione che la S. Vergine sembrava assorbire dal cuore di S. Giovanni, rappresentava la gloria attribuita a questo Santo apostolo, per il bene che la Madre di Dio aveva compiuto liberamente in terra, perchè egli provvedeva a tutti i suoi bisogni.


Geltrude chiese poi a Gesù quale vantaggio avesse San Giovanni per la filiale sollecitudine verso la Vergine». Egli le rispose: « Il mio Cuore si è dolcemente avvicinato a lui con altrettanti gradi d'amore a misura delle sue sollecitudini per la santa mia Madre ». Geltrude vide infine che la persona della benedetta Vergine, posta in quel giardino, rappresentava la sua anima così preziosa. Essa, saziata di delizie coi frutti delle sue virtù, raccoglieva tali frutti in se stessa, mediante un meraviglioso soffio che percorreva, per così dire, il giardino del suo corpo riportando tutto a Dio con slancio di riconoscenza. La beatissima Vergine parve riposare in questa grande gioia fino all'ora di Mattutino, bella quale Geltrude, rapita in estasi, la contemplò in un tranquillo riposo sul seno del diletto Figlio suo. Gesù gustava delizie ineffabili a deporre nel Cuore di sua Madre, tutti i frutti di virtù ch'Ella gli aveva offerti per riconoscenza. Passando dal suo divin Cuore essi acquistavano valore infinito e, simili alle rose e ai gigli delle valli, rivestivano la loro Regina di beltà, e freschezza incomparabile.


Dio Padre cantò Lui stesso, con dolcezza infinita il primo Responsorio dicendo: « Vidi speciosam - Ho visto la tutta bella » per far conoscere agli abitanti del cielo, che t'aveva trovata sulla terra, colomba senza macchia per la sua innocenza: « ascendentem desuper rivos aquarum »: elevata al di sopra delle correnti delle acque, per i suoi desideri:. « cujus tnaestimabilis odor erat in vestimento »: i cui vestimenti, (cioè la sua santa vita), diffondevano un ineffabile profumo, « et sicut dies verni circundabant eam Mores rosa rum et lilia convallium: e i fiori dei rosai e i gigli delle valli, (cioè le sue virtù), la circondavano come una fragrante primavera. Allora lo Spirito Santo, intonando il secondo Responsorio in nome della Santa Vergine, fece brillare di eccelso splendore la santità della sua vita con questa dolcissima modulazione: Sicut cedrus... Come cedro... In seguito tutti i Santi, estasiati dal concerto, espressero la loro ammirazione col III Responsorio: « Quae est ista? ». A ciascuna parola Geltrude riceveva grandi illustrazioni, ma per l'estremo sfinimento, non potè nulla ricordare.


Tutti i Santi, formando una magnifica processione, si riunirono davanti al trono verginale della gloriosa Madre, cantando in armonioso concerto il IV Responsorio: « Gaude Regina praepotens, aeterna lucis proenitens, gaude coelorum Domina, o Virgo pulcherrima. Gaude misericordissima, gaude. perenni gloria. Fac nos laetari, jaciemque tuam speculari, plena virtutis, dulcedinis et ptetatis. Gaude. - Sii felice, o Regina onnipotente, brillante riflesso dell'eterna luce, sii felice, Regina del cielo, o Vergine tutta bella. Sii felice, o misericordiosa Maria, sii felice per la tua inesauribile gloria. Donaci la gioia, mostraci il tuo volto, o piena dì virtù, di dolcezza, d'amore».
I Santi la lodavano per essere la Sovrana potente, che faceva in loro brillare la chiarezza dell'eterna luce; perchè stava per entrare nel suo regno, quale Regina del cielo e della terra; esultavano inebbriati di gioia, perchè più bella di tutte le vergini, splendida in virtù, in grazia, potente in misericordia, e atta a soccorrere tutti gli uomini, di cui sarà la beatitudine poichè, per i suoi meriti, mette il colmo alla gioia di tutti i Santi.

Allora il coro degli angeli, avanzandosi con solennità, cantarono il versetto fac nos laetari quasi per attrarla a quella gloria, che doveva coronare la sua morte di tanti splendori. I Santi aggiunsero il Gloria Patri, per ringraziare la Trinità di tutte le grazie ricevute dalla Vergine nell'anima e nel corpo.

Le antifone ed i salmi che seguirono furono cantati dall'assemblea dei Santi, offrendo uno spettacolo meraviglioso. Al V Responsorio fu la nobile Vergine stessa che ritta cantò, in un trasporto di gioia e di gratitudine: « Beatam me dicent omnes generationes - Tutte le generazioni mi chiameranno beata ».

Infine la Santissima anima, benedetta fra tutte le creature, sciolta dal corpo, appoggiata con tenerezza al braccio del Figlio, e godendo dei baci dello Sposo, s'immerse, con un'incomparabile unione, alla sorgente di quella beatitudine infinita, dalla quale non doveva più uscire.

Tutta la Corte celeste fu illuminata e rallegrata dalla presenza di sì grande Regina. Mirava la Vergine incomparabile nei dolci amplessi che le prodigava l'ineffabile accondiscendenza del Re supremo; la vedeva esaltata al di sopra di tutti gli Angeli e Santi, posta immediatamente dopo la SS. Trinità. Tutti in coro celebrarono le sue lodi, cantando con meraviglioso trasporto di gioia, il VI Responsorio: Super salutem. Così terminò la visione.

Si vede chiaramente dal fin qui detto, con quale bontà Dio vuol provvedere alla salvezza di molti, accordando le sue grazie di privilegio ad una sola anima, poichè volle completare la visione iniziata tre anni prima.
Se la nostra negligenza chiude per noi la corrente spirituale della grazia, cogliamo qualche. fiore di divozione nel meraviglioso giardino che ci viene aperto.


Un'altra volta, nella stessa festa dell'Assunzione, mentre Geltrude assisteva con fervore a Mattutino, volle avere in ciascuno dei tre Notturni, un'intenzione speciale. A ciascuna parola, a ciascuna nota del primo Notturno, ella ricordò alla gloriosa Vergine le ineffabili consolazioni ch'Ella dovette provare, tanto da parte del diletto suo Figlio, quanto da quella di tutti i Santi, mentre aspettava il momento del benedetto suo transito. A ciascuna parola che Geltrude, o altra persona divota pronunciava per richiamarle quelle gioie, la Vergine senza macchia, si vedeva circondata di rose e di gigli.

Al secondo Notturno Geltrude le ricordò le dolci consolazioni provate, passando dalla terra al cielo, appoggiata soavemente al suo Diletto. La divina Madre riceveva tanti gioielli, quante erano le parole che si pronunciavano nell'intero universo per richiamarle quei gaudi immensi.

Al terzo Notturno Geltrude ricordò alla celeste Regina quella gloria che sorpassa ogni intelligenza, di cui venne rivestita alla sua entrata in cielo, quando Dio le assegna il primo posto, al di sopra di tutti. Ogni parola di quel Notturno portò alla beatissima Vergine innumerevoli raggi di luce, e dolcezze più deliziose dei profumi di aromi squisiti.
Alla S. Messa, Geltrude recitò tre volte il Laudate omnes gentes, e domandò a tutti i Santi, com'era solita fare, di offrire col primo, al Signore, per essa, i loro numerosi meriti, onde prepararla a ricevere il divin Sacramento.


Col secondo pregò la SS. Vergine e col terzo Gesù per lo stesso motivo. La Regina celeste a quella preghiera si alzò ed offrì alla risplendente, sempre tranquilla Trinità, i meriti delle ineffabili grandezze che l'avevano, il giorno dell'Assunzione, inalzata al di sopra degli uomini e degli angeli, rendendola gratissima a Dio. Poi, lasciando il trono che occupava fece cenno a Geltrude, dicendo con infinita tenerezza: « Vieni, mia diletta, e mettiti al mio posto, perchè sei rivestita della perfezione e delle virtù che attiravano su me la compiacenza della SS. Trinità, affinchè tu riceva, per quanto possibile, lo stesso favore ». Ma Geltrude, profondamente stupita, rispose con disprezzo di sè medesima: « O Regina di gloria, come mai potrei io ottenere i tuoi stessi favori? Quali meriti ho io al cospetto del Padre?». La Vergine rispose: « Se farai tre cose te ne renderai capace. Domanda, per la innocentissima purità con la quale ho preparato al Figlio di Dio dimora gradita nel mio seno verginale, di essere tu pure purificata da ogni macchia. Per la profonda umiltà che mi ha esaltata al di sopra degli Angeli e dei Santi, chiedi che tutte le tue negligenze siano riparate. Da ultimo supplica, per l'incomparabile amore che mi ha unita in eterno a Dio, d'essere arricchita di meriti abbondanti ». Geltrude, fatte le tre richieste, venne elevata in spirito, alla gloria sublime che le era stata accordata, con tanta bontà, per i meriti della Regina del cielo. Quando apparve allo stesso posto della Vergine Maria, arricchita de' suoi meriti, il Dio di maestà pose in essa le sue compiacenze, mentre gli Angeli e i Santi le offrivano a gara i più rispettosi omaggi.
Quando la Comunità si avanzava per ricevere il SS. Sacramento, la Regina di gloria si pose in piedi, alla destra di ciascuna Monaca, la coperse mentre si comunicava, con una parte del suo stesso manto, quella porzione che la Suora aveva infiorato con le sue preghiere. La Vergine diceva a Gesù: « Per onorare la mia memoria, o dolcissimo Figlio, guarda quest'anima ». A tali parole il Signore, con divina compiacenza, dimostrò a ciascuna Monaca tenerezze incomparabili e diede a tutte l'Ostia di salute. Geltrude, dopo di essersi comunicata, offrì al Signore in lode eterna l'adorabile Sacramento, per aumento della gloria di Maria SS. quasi per ricambiarla del dono che la celeste Madre le aveva fatto de' suoi meriti. Gesù parve presentare un regalo alla Madre sua dicendole: « Ecco, o Madre, che ti restituisco il doppio di ciò che è tuo: eppure nulla tolgo a questa anima che tu hai arricchito per mio amore ».

Nel ritorno della processione, mentre la comunità cantava l'antifona « Ave Domina mundi, Maria » parve a Geltrude che le falangi celesti, con l'estrema dolcezza delle loro armonie, facessero trasalire il cielo in un nuovo trasporto dell'allegrezza. Bentosto la Vergine apparve rìtta sull'altare, alla destra del suo Figliuolo, rivolto verso il Convento, raggiante di luce meravigliosa. Alle parole: Ave Regina coelorum, tutti i santi, piegando il ginocchio davanti a Lei, la veneravano come Madre del Salvatore. Alle parole: Ave, Virgo Virginum, la Sovrana celeste presentava, con le sue mani, un giglio brillante di candore a tutte le persone presenti, quasi per impegnarle a imitare la sua castità, fortificandosi in questa bella virtù. Mentre si cantava: Per te venit redemptio nostra, le sue viscere materne furono così profondamente commosse, che non potendo sostenere l'eccesso della felicità, s'appoggiò teneramente al Cuore del Figlio suo. Alle parole: « Pro nobis rogamus, rogita - Noi te lo domandiamo, prega per noi! » ella circondò con le caste sue braccia il collo del Figlio e, prodigandogli tenere carezze, gli mostrò le Monache presenti, e i bisogni particolari di ciascuna. Quando s'intonò l'antifona Hodie Beata Virgo, sembrò che la Vergine. s'inalzasse verso le celesti regioni, circondata di gloria, portata dal Figlio suo ed accompagnata dai cori angelici, che applaudivano al suo trionfo. Mentre s'elevava al più alto dei cieli, Ella prese la mano destra del Figlia e: benedisse con essa la Comunità.

Dopo quella benedizione, si vide su ciascuna Monaca come una croce d'oro sospesa con nastro verde. Geltrude comprese che tutti potevano aver parte al frutto di quella benedizione, purchè avessero fede viva e sincera confidenza nella Madre di misericordia.
Ave Maria, Madre dolcissima

Nella stanza aleggia un profumo indefinibile che sa d'incenso, di gigli, di rose, di mughetti e di erbe montane, insieme mescolati.

Tu es spes  et lux 
omnium sperantium in Te

650. Assunzione gloriosa di Maria Santissima



Quanti giorni sono passati? È difficile stabilirlo con sicurezza. Se si giudica dai fiori che fanno corona intorno al corpo esanime, si dovrebbe dire che sono passate poche ore. Ma se si giudica dalle fronde d'ulivo 
su cui posano i fiori freschi, fronde dalle foglie già appassite, e dagli altri fiori vizzi, posati come tante reliquie sul coperchio del cofano, si deve concludere che sono passati dei giorni ormai.

Ma il corpo di Maria è quale era appena spirata. Nessun segno di morte è sul suo volto, sulle piccole mani. 
Nessun odore sgradevole è nella stanza. Anzi aleggia in essa un profumo indefinibile che sa d'incenso, di gigli, di rose, di mughetti e di erbe montane, insieme mescolati.

Giovanni, che chissà mai da quanti giorni veglia, si è addormentato, vinto dalla stanchezza, stando seduto sullo sgabello, con le spalle appoggiate al muro, presso la porta aperta che dà sulla terrazza. La luce della 
lanterna, posata al suolo, lo illumina da sotto in su e permette di vedere il suo volto stanco, pallidissimo, meno che intorno agli occhi arrossati dal piangere.

L'alba deve essere ormai incominciata, perché il suo debole chiarore rende visibili all'occhio la terrazza e gli ulivi che circondano la casa, chiarore che si fa sempre più forte e che, penetrando dalla porta, fa più distinti anche gli oggetti della camera, quelli che, per essere lontani dalla lucernetta, prima si intravvedevano appena.
Ad un tratto una gran luce empie la stanza, una luce argentea, sfumata d'azzurro, quasi fosforica, e sempre più cresce, annullando quella dell'alba e quella della lucerna. Una luce uguale a quella che innondò la grotta 
di Betlemme al momento della Natività divina. Poi, in questa luce paradisiaca, si palesano delle creature angeliche, luce ancor più splendida nella luce già tanto potente apparsa per prima. Come già avvenne quando 
gli angeli apparvero ai pastori, una danza di scintille d'ogni colore si sprigiona dalle loro ali dolcemente mosse, dalle quali viene come un mormorio armonico, arpeggiato, dolcissimo.

Le creature angeliche si dispongono a corona intorno al lettuccio, si curvano su di esso, sollevano il corpo immobile e, con un più forte agitar d'ali, che aumenta il suono già esistente prima, per un varco apertosi 
prodigiosamente nel tetto, come prodigiosamente s'aprì il Sepolcro di Gesù, se ne vanno, portando seco loro il corpo della loro Regina, santissimo, è vero, ma non ancora glorificato e perciò ancora soggetto alle leggi della materia, soggezione a cui non era più soggetto il Cristo perché già glorificato quando risorse da morte.

Il suono dato dalle ali angeliche aumenta, ed è ora potente come un suono d'organo. Giovanni, che s'era già, pur rimanendo addormentato, smosso due o tre volte sul suo sgabello, come fosse disturbato dalla gran luce e 
dal suono delle ali angeliche, si desta totalmente per quel suono potente e per una forte corrente d'aria che, scendendo dal tetto scoperchiato ed uscendo dalla porta aperta, forma come un gorgo che agita le coperture 
del letto ormai vuoto e le vesti di Giovanni, spegnendo la lucerna e chiudendo con un forte picchio la porta aperta.

L'apostolo si guarda intorno, ancor mezzo assonnato, per rendersi conto di ciò che avviene. Si accorge che il letto è vuoto e che il tetto è scoperto. Intuisce che un prodigio è avvenuto. Corre fuori sulla terrazza e, come 
per un istinto spirituale o per un richiamo celeste, alza il capo, facendosi solecchio con la mano per guardare senza avere l'ostacolo del nascente sole negli occhi.

E vede. Vede il corpo di Maria, ancor privo di vita ed in tutto uguale a quello di persona dormente, che sale  sempre più in alto, sostenuto dallo stuolo angelico. Come per un ultimo saluto, un lembo del manto e del 
velo si agitano, forse per azione del vento suscitato dalla rapida assunzione e dal moto delle ali angeliche, e dei fiori, quelli che Giovanni aveva disposti e rinnovati intorno al corpo di Maria, e certo rimasti tra le pieghe delle vesti, piovono sulla terrazza e sulla terra del Getsemani, mentre l'osanna potente dello stuolo angelico si fa sempre più lontano e quindi più lieve.
Giovanni continua a fissare quel corpo che sale verso il Cielo e, certo per un prodigio concessogli da Dio, per consolarlo e per premiarlo del suo amore alla Madre adottiva, egli vede, distintamente, che Maria, avvolta ora dai raggi del sole che è sorto, esce dall'estasi che le ha separata l'anima dal corpo, torna viva, sorge in piedi, perché ora Lei pure fruisce dei doni propri ai corpi già glorificati.

Giovanni guarda, guarda. Il miracolo che Dio gli concede gli dà potere, contro ogni legge naturale, di vedere Maria quale è ora mentre sale rapida verso il Cielo, circondata, ma non più aiutata a salire, dagli angeli 
osannanti. E Giovanni è rapito da quella visione di bellezza che nessuna penna d'uomo, né parola umana, né opera di artista potrà mai descrivere o riprodurre, perché è di una bellezza indescrivibile.

Giovanni, stando sempre appoggiato al muretto della terrazza, continua a fissare quella splendida e splendente forma di Dio - perché realmente può dirsi così Maria, formata in modo unico da Dio, che la volle immacolata, perché fosse forma al Verbo incarnato - che sale sempre più in alto. E un ultimo, supremo  prodigio concede Iddio-Amore a questo suo perfetto amatore: quello di vedere l'incontro della Madre Ss. col suo Ss. Figlio che, Lui pure splendido e splendente, bello di una bellezza indescrivibile, scende ratto dal Cielo, raggiunge la Madre, se la stringe sul cuore, e insieme, più fulgenti di due astri maggiori, con Lei ritorna da dove è venuto. 

Il vedere di Giovanni è finito. Egli abbassa il capo. Sul suo volto stanco sono presenti e il dolore per la perdita di Maria e il gaudio per la sua gloriosa sorte. Ma ormai il gaudio supera il dolore. 
Egli dice: «Grazie, mio Dio! Grazie! Io presentivo che questo sarebbe accaduto. E volevo vegliare, per non perdere nessun episodio della sua Assunzione. Ma erano ormai tre giorni che non dormivo! Il sonno, la 
stanchezza, congiunti alla pena, mi hanno abbattuto e vinto proprio quando era imminente l'Assunzione... Ma forse Tu stesso l'hai voluto, o Dio, perché io non turbassi quel momento e non soffrissi troppo... Sì. Certo Tu lo hai voluto, come ora volesti che io vedessi ciò che senza un tuo miracolo non avrei potuto vedere. Mi hai concesso di vederla ancora, benché già tanto lontana, già glorificata e gloriosa, come mi fosse vicina. 

rivedere Gesù! Oh! visione beatissima, insperata, insperabile! O dono dei doni di Gesù-Dio al suo Giovanni! 
Grazia suprema! Rivedere il mio Maestro e Signore! Vedere Lui presso la Madre! Lui simile a sole e Lei a luna, splendidissimi entrambi, e per esser gloriosi e per esser felici d'esser riuniti in eterno! 

Che sarà il Paradiso ora che Voi vi splendete, Voi, astri maggiori della Gerusalemme celeste? Quale il gaudio degli angelici cori e dei santi? È tale la gioia che m'ha dato il vedere la Madre col Figlio, cosa che annulla ogni sua pena, ogni loro pena, anzi, che anche la mia cessa, e in me subentra la pace. Dei tre miracoli che avevo chiesti a Dio, due si sono compiuti. Ho visto tornare la vita in Maria, e la pace la sento tornare in me. Ogni mia angoscia cessa, perché vi ho visti riuniti nella gloria. Grazie di ciò, o Dio. E grazie per avermi dato modo, anche per una creatura, santissima ma sempre umana, di vedere quale è la sorte dei santi, quale sarà dopo l'ultimo giudizio, e la risurrezione delle carni, e la loro rincongiunzione, la loro fusione con lo spirito, salito al Cielo all'ora della morte. Non avevo bisogno di vedere per credere. Perché io ho sempre creduto fermamente ad ogni parola del Maestro. Ma molti dubiteranno che, dopo secoli e millenni, la carne, fatta polvere, possa tornare corpo vivente. A costoro io potrò dire, giurandolo sulle cose più eccelse, che non solo il Cristo tornò vivo, per suo proprio potere divino, ma che anche la Madre sua, tre dì dopo la morte, se morte può dirsi tal morte, riprese vita, e con la carne riunita all'anima prese la sua eterna dimora in Cielo, al fianco del Figlio. 

Potrò dire: "Credete, o cristiani tutti, nella risurrezione della carne, alla fine dei secoli, e alla vita eterna e dell'anima e dei corpi, vita beata per i santi, orrenda per i colpevoli impenitenti. Credete e vivete da santi, come da santi vissero Gesù e Maria, per avere la loro stessa sorte. Io ho visto i loro corpi salire al Cielo. Ve lo posso testimoniare. Vivete da giusti per potere un giorno essere nel nuovo mondo eterno, in anima e corpo, presso Gesù-Sole e presso Maria, Stella di tutte le stelle". Grazie ancora, o Dio! Ed ora raccogliamo quanto resta di Lei. I fiori caduti dalle sue vesti, le fronde degli ulivi rimaste sul letto, e 
conserviamoli. Serviranno... Sì, serviranno a dare aiuto e consolazione ai miei fratelli, invano attesi. Prima o poi li ritroverò...»


Raccoglie anche i petali dei fiori sfogliatisi nel cadere, rientra nella stanza tenendoli in un lembo della veste. 
Nota allora più attentamente l'apertura del tetto ed esclama: «Un altro prodigio! E un'altra mirabile 
proporzione nei prodigi della vita di Gesù e Maria! Egli, Dio, da Sé risorse, e col suo solo volere ribaltò la pietra del Sepolcro, e col suo solo potere ascese al Cielo. Da solo. Maria, santissima ma figlia dell'uomo, per aiuto angelico ebbe aperto il varco per la sua assunzione al Cielo e, sempre per aiuto angelico, è stata assunta là. 
Nel Cristo lo spirito tornò ad animare il Corpo mentre esso era ancora sulla Terra, perché così doveva essere, per far tacere i suoi nemici e per confermare nella fede i suoi seguaci tutti. In Maria lo spirito è tornato quando il Corpo santissimo era già sulle soglie del Paradiso, perché per Lei non era necessario più altro. 
Potenza perfetta dell'infinita Sapienza di Dio...

Giovanni ora raccoglie in un telo i fiori e le fronde rimasti sul lettuccio, vi unisce quelli raccolti fuori e li depone tutti sul coperchio del cofano. Poi lo apre e vi colloca il guancialetto di Maria, la coperta del lettuccio; scende nella cucina, raccoglie altri oggetti usati da Lei - il fuso e la conocchia, le sue stoviglie - e le unisce alle altre cose. 
Chiude il cofano e si siede sullo sgabello esclamando: 

«Ora tutto è compiuto anche per me! Ora posso andare, liberamente, là dove lo Spirito di Dio mi condurrà. Andare! Seminare la divina Parola che il Maestro mi ha data perché io la dia agli uomini. Insegnare l'Amore. Insegnarlo perché credano nell'Amore e nella sua potenza. Far loro conoscere cosa ha fatto Dio-Amore per gli uomini. Il suo Sacrificio e il suo Sacramento e Rito perpetui, per cui, sino alla fine dei secoli, noi potremo essere uniti a Gesù Cristo per l'Eucarestia e rinnovare il rito e il sacrificio come Egli comandò di fare. Tutti doni dell'Amore perfetto! Far amare l'Amore, perché credano in Esso come noi vi abbiamo creduto e crediamo. Seminare l'Amore perché sia abbondante la messe e la pesca, per il Signore. L'amore tutto ottiene, mi ha detto Maria nel suo ultimo discorso, a me, da Lei giustamente definito, nel collegio apostolico, colui che ama, l'amante per eccellenza, l'antitesi dell'Iscariota che fu l'odio, come Pietro l'irruenza e Andrea la mitezza, i figli d'Alfeo la santità e sapienza congiunta a nobiltà di modi, e così via. Io, l'amoroso, ora che non ho più il Maestro e la Madre da amare in Terra, andrò a spargere l'amore tra le genti. L'amore sarà la mia arma e dottrina. E con esso vincerò il 
demonio, il paganesimo, e conquisterò molte anime. Continuerò così Gesù e Maria, che furono l'amore perfetto in Terra».


Misericordia tua et gratia tua ubique praedicatur:
Deus operibus manuum tuarum benedixit

Che belle foto e

Che belle foto e...quanta

nostalgia....










sembra che 

siano passati anni e sono 

solo cinque mesi....




Memento nostri Domina et ora pro nobis:

in laetitiam bonam verte moestitiam nostram.