XIV
Personalità umana
Una scrittura che esprime bontà
Nella copiosa documentazione per il processo di canonizzazione fu presentato anche un esame grafologico realizzato nel 1984 dal professor Giuseppe Ziveri su alcuni scritti di Padre Pio redatti in un arco di tempo dal 1905 al 1950.
L'analisi ha evidenziato innanzitutto nel Padre «il segno sostanziale dell'altruismo in un effondersi continuo a bene degli altri» e lo ha descritto «ricco di immaginazione, delicato nel comportamento, amabile, fortemente intuitivo, di intelligenza qualitativamente superiore e acuta». Fra le doti attribuite al Padre, le principali erano «il senso di osservazione, di concentrazione e di intuito psicologico così intensi da riuscire a "penetrare" nella verità, scrutando in profondità nell'animo delle persone». Proseguiva la relazione del professor Ziveri: «Le lettere armoniche, gli spazi uguali, l'ordine e la regolarità presenti negli scritti giovanili stanno ad indicare una ricca vita interiore, equilibrio e delicatezza dei sentimenti, ottima apertura mentale e generosità. La continuità grafica rivela grande senso del dovere verso il prossimo e forte equilibrio interiore: una persona di parola con coscienza retta».
Le pulsioni grafomotorie lo fanno risultare «fortemente emotivo» e «paziente, mite e silenzioso, con notevole spirito di adattamento». Anche la gradazione dell'inclinazione destrorsa «convalida Padre Pio come un generoso che si lascia guidare spesso dal cuore, bisognoso di tanta tenerezza e amore; un amore che lui stesso profonde in maniera forte per tutto e per tutti».
Con l'avanzare dell'età, la grafia «rivela un graduale indebolimento fisico e un calo dell'energia psichica, che lo portano a visioni talvolta pessimistiche unite a senso di colpa. Questo, in antitesi con la velocità di scrittura che, aumentando con il passare degli anni, sta ad indicare vitalità, spontaneità, prontezza di riflessi e decisione». Sempre nella maturità, la grafia acquista tratti più marcati e impazienti, «rivelando un velo di diffidenza. Portato alla meditazione e alla commozione per amore, appaiono ora frequenti sbalzi di umore nel continuo dibattersi tra una forza ottimistica e momenti di tristezza profonda».
Alcuni anni più tardi un'altra analisi grafologica è stata preparata dalla dottoressa Daniela Torbidoni De Rosa, su incarico del professor Francesco Di Raimondo, il quale, nel volume L'esperienza di tin collaboratore medico, ne ha sintetizzato i risultati:
«L'analisi evidenzia, sin dall'età evolutiva, una personalità a due componenti. L'una è rivolta all'utilizzo delle proprie energie vitali per affrontare, anche in modo forte, i problemi esistenziali; l'altra è caratterizzata dall'oblatività come fattore primario di socializzazione, un'attenzione particolarmente sensibile all'animo umano che si manifesta con atti di conciliazione, di consiglio e di conforto».
Andando avanti nella vita di consacrato, «la sua grafia rivela un ridimensionamento delle pretese dell'Io, con prevalenza crescente dell'istanza a una vita spirituale elaborata e sostenuta con forza ed energia dal suo carattere. In particolare emerge la volitività con cui Padre Pio, con grande sofferenza, riesce a dominare la sua naturale impulsività, garantendo a se stesso la linearità di un comportamento di fedeltà e obbedienza ai principi etici e religiosi abbracciati».
<<Totalmente diversa è la struttura di personalità che ha accompagnato un altro grande mistico, Padre Pio da Pietralcina, che ha dovuto arrendersi a qualcosa di meno gratificante per un uomo: la perdita del controllo mentale su di sé.
Questo grafologicamente è facilmente intuibile dal fatto che nella sua scrittura esistono molti segni di espressione diretta di tendenze della personalità su cui non è possibile compiere alcun lavoro mentale di smistamento o separazione di parti a favore di altre. Qui tutta la personalità è qualcosa che non accetta nessuna mediazione, né aggiustamenti mentali o volitivi, per i segni: Slanciata in forte grado che pretende l’espressione immediata di ciò che sente a livello di sentimento; assenza completa di larghezza tra parole, quindi nessuna mediazione del pensiero critico; Aste con il concavo a destra in modo spiccatissimo, quindi nessuna possibilità di giocare all’imposizione su di sé tramite la forza di carattere; Filiforme in alto grado, che segnala la presenza di una sensibilità talmente sottile nel percepire correnti impalpabili, per cui sente tutto su di sé e risponde a tutto senza mediazioni.
L’unico arresto visibile nella scrittura di Padre Pio è quello dato dagli stacchi frequenti, dal tentativo di analisi su se stesso e su ciò che ha vissuto con quell’intensità. Ma lo stacco è solo una pausa, un tentativo di rendere meno irruente il suo percorso; non è una facoltà intellettiva come il Largo tra parole, che sostiene la mente tramite la ponderazione.
Quindi Padre Pio non ha potuto che esprimere se stesso con questa assolutezza e questa assenza totale di mediazioni mentali, vale a dire di manipolazione da parte della personalità in modo da poter presentare se stesso – tramite la selezione di parti all’interno di sé – in modo più corretto, più logico, più rifinito sotto tutti i punti di vista.
Al di fuori infuriava la polemica: era un santo o un isterico, se non addirittura un volgare approfittatore della credulità altrui? E dentro di lui c’era lo stesso, inquietante interrogativo: cosa ha a che fare con Dio, che è anche Mente logica, Mente razionale, il mio percorso?
Per Padre Pio nessuna mediazione o manipolazione mentale era possibile su di sé: questo sono io nella mia totalità, non riesco a discriminare parti di me a favore di altre parti di me, perché nella mia struttura di personalità ho troppi segni di apertura e di cessione per fare questo. La mia esperienza mistica non può che essere l’accettazione totale; altrimenti io non ho gli strumenti né mentali né di forza di carattere per percorrere questa strada.
Ma si può comprendere anche quale angoscia possa generare nella personalità un percorso così al buio (della luce della mente), per cui non si sa nemmeno esattamente se si sta andando nella direzione del Cielo o dell’inferno.
Riguardo a questo scriveva: “Preferirei mille croci, anzi ogni croce mi sarebbe dolce e leggera se non avessi questa prova, di sentirmi cioè sempre nell’incertezza di piacere al Signore nelle mie operazioni.”
La riabilitazione della Chiesa lo sollevò appena da questo stato di angoscia.>>