sabato 21 gennaio 2012

SANT'AGNESE: «E' un'offesa allo Sposo attendere un amante. Mi avrà chi mi ha scelta per primo. Carnefice, perché indugi? Perisca questo corpo: esso può essere amato e desiderato, ma io non lo voglio»





21 enero SANTA INES krouillong karla rouillon santoral catolico


Il ben documentato martirio di Agnese, esaltata da sant’Ambrogio, supera i confini della chiesa romana e diventa oggetto di «memoria» da parte della Chiesa universale.

«A imitazione del Cristo tuo Figlio, la santa martire Agnese ha reso gloria al tuo nome e ha testimoniato con il sangue i tuoi prodigi, o Padre, che riveli nei deboli la tua potenza e doni agli inermi la forza del martirio, per Cristo nostro Signore» (Prefazio dei martiri).

Il culto della santa, già assai popolare nel quarto secolo, poggia sull’età giovanissima della fanciulla (12 anni) e sull’esempio di fortezza reso in un periodo in cui la cristianità di Roma e di Cartagine era funestata da numerose defezioni. Il nome stesso di Agnese (Agnella) ha un bel sapore biblico. Lei, che ha vinto per il sangue dell’Agnello, ha realizzato in sé le nozze mistiche che l’Agnello celebra con la Chiesa, sua sposa.
***

Non ancora capace di soffrire e già matura per la vittoria



Dal Trattato «Sulle vergini» di sant'Ambrogio, vescovo
(Lib. 1, cap. 2. 5. 7-9; PL 16, 189-191)

E' il giorno natalizio per il cielo di una vergine: seguiamone l'integrità. E' il giorno natalizio di una martire: offriamo come lei il nostro sacrificio. E' il giorno natalizio di sant'Agnese!

Si dice che subì il martirio a dodici anni. Quanto è detestabile questa barbarie, che non ha saputo risparmiare neppure un'età così tenera! Ma certo assai più grande fu la forza della fede, che ha trovato testimonianza in una vita ancora all'inizio. Un corpo così minuscolo poteva forse offrire spazio ai colpi della spada? Eppure colei che sembrava inaccessibile al ferro, ebbe tanta forza da vincere il ferro. Le fanciulle, sue coetanee, tremano anche allo sguardo severo dei genitori ed escono in pianti e urla per piccole punture, come se avessero ricevuto chissà quali ferite. Agnese invece rimane impavida fra le mani del carnefici, tinte del suo sangue. Se ne sta salda sotto il peso delle catene e offre poi tutta la sua persona alla spada del carnefice, ignara di che cosa sia il morire, ma pur già pronta alla morte. Trascinata a viva forza all'altare degli dei e posta fra i carboni accesi, tende le mani a Cristo, e sugli stessi altari sacrileghi innalza il trofeo del Signore vittorioso. Mette il collo e le mani in ceppi di ferro, anche se nessuna catena poteva serrare membra così sottili.

Nuovo genere di martirio! Non era ancora capace di subire tormenti, eppure era già matura per la vittoria. Fu difficile la lotta, ma facile la corona. La tenera età diede una perfetta lezione di fortezza. Una sposa novella non andrebbe si rapida alle nozze come questa vergine andò al luogo del supplizio: gioiosa, agile, con il capo adorno non di corone, ma del Cristo, non di fiori, ma di nobili virtù.

Tutti piangono, lei no. I più si meravigliano che, prodiga di una vita non ancora gustata, la doni come se l'avesse interamente goduta. Stupirono tutti che già fosse testimone della divinità colei che per l'età non poteva ancora essere arbitra di sé. Infine fece sì che si credesse alla sua testimonianza in favore di Dio, lei, cui ancora non si sarebbe creduto se avesse testimoniato in favore di uomini. Invero ciò che va oltre la natura è dall'Autore della natura.
A quali terribili minacce non ricorse il magistrato, per spaventarla, a quali dolci lusinghe per convincerla, e di quanti aspiranti alla sua mano non le parlò per farla recedere dal suo proposito! Ma essa: «E' un'offesa allo Sposo attendere un amante. Mi avrà chi mi ha scelta per primo. Carnefice, perché indugi? Perisca questo corpo: esso può essere amato e desiderato, ma io non lo voglio». Stette ferma, pregò, chinò la testa.
Avresti potuto vedere il carnefice trepidare, come se il condannato fosse lui, tremare la destra del boia, impallidire il volto di chi temeva il pericolo altrui, mentre la fanciulla non temeva il proprio. Avete dunque in una sola vittima un doppio martirio, di castità e di fede. Rimase vergine e conseguì la palma del martirio.


OREMUS:
<<Dio onnipotente ed eterno, che scegli le creature miti e deboli per confondere le potenze del mondo, concedi a noi, che celebriamo la nascita al cielo di sant'Agnese vergine e martire, di imitare la sua eroica costanza nella fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio ...

Omnípotens sempitérne Deus, qui infírma mundi éligis, ut fórtia quæque confúndas, concéde propítius, ut, qui beátæ Agnétis mártyris tuæ natalícia celebrámus, eius in fide constántiam subsequámur. Per Dóminum.>>

AVE MARIA!
AMDG


venerdì 20 gennaio 2012

In quello splendore è apparsa, in piedi, sull’altare, grande, fulgida, piena di maestà e di dolcezza, la Vergine Maria, così come è nella Medaglia Miracolosa.



Ein Kerem, Nostra Signora di Sion,
tomba di 
Alphonse Marie Ratisbonne


a Roma per mezzo della Medaglia Miracolosa

Ratisbonne, un giovane intelligente e ricco ebreo di Strasburgo, era stato educato lontano dalla religione. “Non credevo neppure in Dio”, scrive di se stesso. “Non avevo mai aperto un libro di argomento religioso.
Con evidente riluttanza accetta dal barone Bussières la Medaglia Miracolosa.
Poco tempo dopo, il 20 gennaio 1842, il signor de Bussières entra insieme con lui nella chiesa di S. Andrea delle Fratte, per sbrigare in sacrestia alcuni particolari relativi ad una funzione in suffragio del defunto signor Laferronays: anzi è già stato preparato il catafalco al centro della chiesa. Qui gli appare l’Immacolata e lo converte all’istante.
Lo stesso signor de Bussières racconta così il fatto: “Ritornando in chiesa, non scorgo subito Ratisbonne. Poco dopo lo trovo inginocchiato davanti alla cappella di S. Michele Arcangelo. Mi avvicino a lui, lo tocco tre o quattro volte, prima che egli si renda conto della mia presenza. Finalmente si volge verso di me con il volto bagnato di lacrime, abbassa le mani e mi dice , con un’espressione che mi è impossibile descrivere: Oh, quanto ha pregato per me quel signore!”.
“Io stesso ero rimasto stupefatto; sentivo di trovarmi di fronte ad un miracolo. Rialzo Ratisbonne, lo accompagno, lo trascino quasi, per così dire, fuori dalla chiesa, gli chiedo di raccontarmi quel che gli è capitato, di dirmi dove vuole andare. Mi conduca dove vuole – esclamò – dopo quello che ho visto, farò quel che vuole lei”.
“Insisto perché mi spieghi; non riesce; la sua commozione è troppo forte. Estrae dal petto la medaglia miracolosa, la copre di baci e la bagna di lacrime. Lo accompagno a casa e, malgrado le mie insistenze, non riesco ad ottenere nulla da lui, ad eccezione di esclamazioni frammiste a singhiozzi. “ Ah, come sono contento! Quanto è buono Iddio! Quale pienezza di grazia e di bontà! Quanto son degni di compassione coloro che non lo sanno…”.
“Lo accompagnai subito alla chiesa del Gesù, da Padre de Villefort, che gli raccomandò di raccontare ogni cosa. Allora Ratisbonne trae fuori la medaglietta, la bacia, la mostra a noi ed esclama: “Io l’ho vista, io L’ho vista!” e la sua commozione si accresce ancor di più. Ma poco dopo, più calmo riesce a spiegarsi; ecco le sue precise parole: “Ero in chiesa da un po’ di tempo, quando improvvisamente provai un’emozione indicibile. Sollevai gli occhi: l’intero edificio era svanito al mio sguardo. Una sola cappella, per così dire, concentrava il mondo intero. E in mezzo a quella luce che si irradiava ovunque, è apparsa la Vergine Santissima, ritta sopra l’altare, grande, risplendente, piena di maestà e di amorevolezza, quale è rappresentata nella mia medaglia; una forza irresistibile mi spingeva verso di Lei. La Santissima Vergine mi fece segno con la mano di inginocchiarmi. Mi sembrò che dicesse: va bene! Ella non mi parlò affatto, ma io compresi tutto”.
“Durante il breve racconto Ratisbonne si interruppe più volte, come per frenare la commozione che si impadroniva di lui. Lo ascoltammo con gioia e riconoscenza, e contemporaneamente ammiravamo l’ ampiezza e la profondità delle vie di Dio e dei tesori ineffabili della Sua misericordia. In particolare ci colpì una sua espressione, per la sua misteriosa profondità: “Ella non mi parlò affatto; ma io compresi tutto”. In effetti, da quel momento è sufficiente ascoltare Ratisbonne: la fede cattolica sgorga dal suo cuore, come un profumo prezioso dal vaso che lo racchiude, ma non lo può mantenere inerte dentro di sé. Parla della presenza reale, come un uomo che crede in essa con tutte le forze della propria anima (ma dire questo è ancora poco), come un uomo che ne ha l’esperienza.
“Lasciato il Padre de Villefort, siamo andati a rendere gloria a Dio, innanzi tutto nella basilica della SS. Vergine Maria, quindi a S. Pietro.
“È impossibile descrivere il rapimento estatico di Ratisbonne mentre si trovava in queste chiese. “ Ah! - mi diceva stringendomi le mani – ora comprendo l’amore dei cattolici per le loro chiese e la devozione che impone loro di addobbarle e di abbellire!…Come si sta bene qui! Non si vorrebbe mai uscire da qui!… Questa non è più terra, è quasi il paradiso!”.
“Davanti all’altare del Santissimo Sacramento, la presenza reale della divinità lo soggiogava fin al punto tale che veniva meno, se non se ne allontanava subito: tanto gli sembrava tremendo rimanere alla presenza del Dio vivo, con la macchia del peccato originale! E andava a rifugiarsi in una cappella della Santissima Vergine.
“Qui – diceva rivolgendosi a me – non posso, non posso aver paura, sento di essere protetto da una misericordia sconfinata”. Pregava con il più grande fervore sulla tomba dei santi Apostoli. La storia della conversione di San Paolo, che gli avevo narrata, era causa di lacrime ancor più abbondanti.
“Gli chiesi nuovi particolari sulla visione che aveva avuto. Non riusciva a spiegarsi in qual modo fosse passato dal lato destro della chiesa alla cappella situata sul lato sinistro, pur essendo separato dal catafalco.Tutt’a un tratto si era trovato umilmente inginocchiato davanti alla cappella.In un primo momento era riuscito a scorgere la Regina del cielo in tutto lo splendore di una bellezza immacolata, ma i suoi occhi non erano in grado di sopportare quello splendore divino. Tentò per altre tre volte di volgere lo sguardo verso la Madre della misericordia e per tre volte i suoi tentativi furono inutili, perché qualcosa gli impediva di sollevare gli occhi più in alto delle mani benedette, dalle quali uscivano, sotto forma di raggi luminosi, torrenti di grazia.
“ “Oh, mio Dio! – esclamava – io che solo mezza settimana fa bestemmiavo ancora, io che provavo un odio violento verso la religione cattolica!…Tutti, però, mi conoscono, sanno bene che, umanamente parlando, avevo tutti i motivi per rimanere ebreo. La mia famiglia è ebrea, la mia fidanzata è ebrea, mio zio materno è ebreo”“.
Ma ascoltiamo la dichiarazione dello stesso convertito, contenuta in una lettera scritta al parroco della chiesa della Santissima Vergine Maria della Vittoria, a Parigi. Ecco alcuni brani di tale lettera:
“Mio fratello Teodoro, nel quale ponevo una grande speranza, era diventato cristiano e poco tempo dopo – malgrado le insistenti suppliche e lo sconforto che aveva provocato – era andato oltre, era divenuto sacerdote e svolgeva il proprio ministero sacerdotale nella stessa città e sotto gli occhi delle mia famiglia sconsolata. Questi gesti del mio fratello minire mi avevano disgustato enormemente e avevano provocato in me sentimenti di disprezzo nei confronti del suo abito e del suo stato.Educato tra giovani cristiani indifferenti come me, non provavo né simpatia né antipatia verso il cristianesimo. Tuttavia la conversione di mio fratello, che consideravo una pazzia inesplicabile, mi indusse a credere nel fanatismo dei cattolici e sentivo un’avversione nei loro riguardi…
“Terminai gli studi di diritto a Parigi, ottenni il diploma e indossai la toga di avvocato. In seguito,però, fui richiamato a Strasburgo da uno zio materno,che faceva di tutto per avermi accanto a sé. Non sono in grado di calcolare la sua generosità. Egli mi regalava cavalli, carrozze, viaggi, migliaia di gesti di munificenza, senza rifiutare di accontentare ogni mio capriccio…Lo zio mi rinfacciava unicamente i miei frequenti viaggi a Parigi. “Tu ami troppo i Campi Elisi”, mi diceva con amorevolezza. Aveva ragione. Io amavo soltanto i piaceri. Gli affari mi facevano perdere la pazienza, l’atmosfera di ufficio mi soffocava. E benché una specie di pudore innato mi tenesse lontano dai piaceri e dalle compagnie cattive, sognavo solamente divertirmi e piaceri e mi dedicavo ad essi con passione e frenesia…
“Ero ebreo solo di nome, poiché non credevo neppure in Dio. Non avevo mai aperto un libro di argomento religioso. Anzi, in casa di mio zio, come pure quando stavo con i miei fratelli e sorelle, non praticavo neppure le più piccole norme del giudaismo.
“Nel mio cuore vi era il vuoto e non ero per nulla felice in mezzo a tutta quell’abbondanza. Mi mancava qualcosa, tuttavia questo oggetto mi era già stato dato: così almeno io penso.
“[Infatti], avevo una nipote, figlia del maggiore dei miei fratelli,che mi era stata destinata fin dal tempo in cui eravamo ambedue fanciulli. Era cresciuta con il suo fascino davanti ai miei occhi e io vedevo in lei tutto il mio avvenire e tutta la speranza di felicità riservata a me…
“Debbo qui rilevare un certo cambiamento verificatosi nelle mie idee religiose all’epoca del mio fidanzamento. Come ho detto, io non credevo in niente; e in tutto questo nulla, in questa negazione di qualsiasi fede mi trovavo in piena armonia con i miei amici cattolici e protestanti. Tuttavia, la vista della mia fidanzata suscitava in me un sentimento della dignità umana. Incominciai a credere nell’immortalità dell’anima; più ancora incominciai istintivamente a pregare Dio, a ringraziarlo per la felicità; tuttavia non ero felice…Non sapevo rendermi conto dei miei sentimenti, guardavo alla mia fidanzata come al mio angelo buono; le parlavo spesso e, in realtà, il pensare a lei elevava il mio cuore verso Dio, che non conoscevo, che non avevo mai pregato e che non avevo mai implorato.
“Considerammo opportuno differire il matrimonio, a causa della troppo giovane età della mia fidanzata: aveva sedici anni. Dovetti, perciò, compiere un viaggio di piacere, in attesa dell’ora della nostra unione.
“Decisi di recarmi a Napoli, di trascorrere l’inverno a Malta, per rinforzare la mia debole salute, e far ritorno in seguito passando attraverso l’Oriente. Avevo con me delle lettere di raccomandazione perfino per Costantinopoli e mi misi in viaggio alla fine di novembre del 1841. Dovevo essere di ritorno all’inizio dell’anno seguente…
“Soggiornai un mese a Napoli, per vedere tutto e annotare tutto. In particolare scrissi contro la religione e contro i sacerdoti che in quelle fortunate località mi sembravano del tutto fuori posto. Oh, quante bestemmie nel mio diario!…”.
Contrariamente alle sue intenzioni, egli [Ratisbonne] capitò tuttavia a Roma, dove si incontrò con il barone Teodoro de Bussières, che dal protestantesimo era passato al cattolicesimo. Il suo odio verso il cattolicesimo si accrebbe maggiormente dopo la visita al ghetto degli ebrei di Roma. Così descrive più oltre le sue impressioni alla notizia che due ebrei si stavano preparando a ricevere il battesimo: “Non sono in grado di esprimere l’indignazione che mi ha afferrato nel sentire una simile cosa; e allorché la mia guida mi chiese se desideravo assistere al rito : “Io? – esclamai – io? Assistere ad una simile viltà? No, no! Non sarei capace di trattenermi dall’avventarmi contro i battezzandi e i battezzati!”.
“Debbo dire, senza paura di esagerare, che non sono sta mai così pieno di veleno contro il cristianesimo come durante la visita al ghetto. Non mi trattenevo dalle derisioni e dalle bestemmie”.
medaille_miraculeuse.jpgCon manifesta riluttanza accettò la medaglia miracolosa dal barone de Bussières; tuttavia poco dopo, il giovedì 20 gennaio, l’Immacolata si mosse a compassione di lui. Egli stesso continua a scrivere nella lettera: “Mi recai in un caffè di Piazza di Spagna, per dare un’occhiata ai quotidiani; mi trovavo lì da poco tempo, quando giunse il signor Edmondo Humann, figlio del ministro delle finanze, e si sedette accanto a me. Ci trattenemmo in conversazione parlando di Parigi, di arte e di politica. Poco dopo mi raggiunse un altro amico, un protestante, il signor Alfredo de Lotzbeck, con il quale ebbi una conversazione ancor più futile. Parlammo di caccia, di svaghi, di divertimenti carnevaleschi, di una splendida serata che il principe di Torlonia aveva organizzato. Non si potè lasciare da parte la cerimonia del mio matrimonio. Rivolsi l’invito al signor de Lotzbeck, il quale mi promise che vi avrebbe senz’altro partecipato. Se in quel momento (era mezzogiorno) un terzo interlocutore mi si fosse avvicinato e mi avesse detto: “Alfonso, tra un quarto d’ora tu adorerai Gesù Cristo quale tuo Dio, tuo Salvatore e ti umilierai in una povera chiesa e ti batterai il petto davanti ad un sacerdote in un convento di Gesuiti, dove passerai il carnevale preparandoti al battesimo , disposto a sacrificarti per la fede cattolica, e rinunzierai al mondo, alla superbia, ai suoi piaceri, alle tue ricchezze, alle tue speranze, al tuo avvenire e, se sarà necessario, rinunzierai alla tua fidanzata, all’affetto della famiglia, alla stima dei tuoi amici, ai legami con gli ebrei… e non desidererai altro che seguire Cristo e portare la sua croce fino alla morte…”, dico che se un simile profeta mi avesse predetto una cosa del genere, avrei pensato che una persona sola sarebbe stata più impazzita di quello, vale a dire colui che sarebbe stato capace di credere nella possibilità di una simile pazzia! E tuttavia, questa pazzia costituisce oggi la mia saggezza e la mia felicità.
“Uscendo dal caffè, mi imbattei nella vettura del signor Teodoro de Bussières, il quale mi chiese se potevo trattenermi alcuni minuti davanti alla chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, che si trovava proprio in quei paraggi, in attesa che egli potesse fare una certa commissione. Mi propose di attendere in vettura; io preferii scendere per dare un’occhiatina alla chiesa.Si stavano facendo dei preparativi per una cerimonia funebre. Chiesi il nome del defunto per il quale erano destinate quelle estreme onoranze. Il signor de Bussières mi rispose: “Si tratta di un mio buon amico, il conte de Laferronays’; non l’avevo mai visto e non provai alcun sentimento all’infuori di un lieve dispiacere, quale si prova alla notizia di una morte improvvisa. Il signor de Bussières mi lasciò perché doveva andare a far preparare una tribuna riservata per la famiglia del defunto. “La prego di non perder la pazienza – mi disse mentre entrava in convento – sarà questione di due minuti”.
“La chiesa di S. Andrea è piccola, povera e deserta… Mi sembrava di essere solo… nessun oggetto d’arte richiamava l’attenzione. Dirigevo meccanicamente lo sguardo attorno senza fermare il pensiero su nessuna cosa. Ricordo che un cane nero si aggirava davanti a me e salterellava qua e là…Poco dopo il cane scomparve. Tutta la chiesa scomparve, non vedevo più nulla, o piuttosto – o mio Dio – vedevo una cosa sola!!!
“Come si fa a parlarne? Oh, no! la parola umana non deve neppure tentare di esprimere ciò che non è possibile esprimere! Qualunque descrizione, per quanto mirabile possa essere, sarebbe soltanto una profanazione di una verità ineffabile.
“Ero lì umiliato, inondato di lacrime, con il cuore che mi scoppiava, allorché il signor de Bussières mi richiamò alla realtà.
“Non fui capace di rispondere alle sue pressanti domande, ma alla fine afferrai la medaglietta che tenevo al petto, baciai con effusione l’effigie della SS. Vergine che spargeva le Grazie. Ah, era proprio LEI!
“Non sapevo dove mi trovavo, non sapevo se ero Alfonso o un altro, mi accorgevo di essere totalmente trasformato, mi sentivo interiormente un altro…Volevo ritornare in me stesso e non riuscivo a farlo…una gioia intensissima esplodeva nel mondo della mia anima; non riuscivo a parlare, non volevo rivelare nulla, sentivo in me qualcosa di grandioso e di santo che mi indusse a chiedere di un sacerdote… Mi condussero da lui e solo dopo aver ricevuto un ordine categorico feci la mia narrazione, per quanto mi fu possibile, in ginocchio con il cuore tremante.
“Le mie prime parole furono espressioni di riconoscenza verso il signor de Laferronays e per la confraternita della Santissima Vergine Maria della Vittoria. Sapevo con sicurezza che il signor de Laferronays aveva pregato per me, ma non sarei stato in grado di dire in qual modo l’avevo saputo e in qual modo dovevo rendermi conto della verità che avevo acquisito: con la fede e la conoscenza. Tutto ciò che posso dire è che in quel momento il velo che mi copriva cadde dai miei occhi. Non uno solo, ma tutti i veli che mi avvolgevano scomparvero l’uno dopo l’altro e rapidamente, come la neve, il fango e il ghiaccio sotto l’azione del sole cocente. Uscivo da una tomba, da un abisso di tenebre ed ero vivo, perfettamente vivo…ma piangevo! Vedevo nel fondo dell’abisso le miserie estreme dalle quali ero stato estratto da una misericordia sconfinata; un brivido mi pervadeva alla vista di tutte le mie scelleratezze ed ero stupito, commosso, tutto preso dall’estasi e dalla riconoscenza. Pensavo a mio fratello con una gioia indicibile, ma alle mie lacrime d’amore si mescolavano lacrime di commiserazione. Purtroppo, tante persone scendono tranquillamente, senza preoccuparsene, verso questo abisso con gli occhi velati dalla superbia…scendono, inghiottiti vivi, in tenebre spaventose…e la mia famiglia, la mia fidanzata, le mie povere sorelle!!! Ah, quale inquietudine straziante! Io pensavo a voi, a voi che amo, per voi ho offerto le mie prime preghiere… Non eleverete voi gli occhi verso il Salvatore del mondo, il cui sangue ha lavato il peccato originale? Ah, quanto è detestabile il marchio di questa sozzura! quale trasformazione radicale esso provoca nella creatura, fatta ad immagine e somiglianza divina! “Mi chiedono come abbia fatto a conoscere queste verità, dato che è accertato che non ho mai aperto un libro di contenuto religioso, non ho mai letto una sola pagina della Bibbia e che il dogma del peccato originale, completamente dimenticato o negato dagli ebrei dei nostri tempi, non ha mai occupato la mia mente neppure per un istante; dubito perfino di averne conosciuto la denominazione. Come ero giunto, quindi, alla conoscenza di esso? Non lo saprei dire. Tutto quel che so è che entrando in chiesa non sapevo nulla, mentre uscendo vedevo con chiarezza. Non so spiegare tale cambiamento in altro modo che paragonarmi ad una persona che viene bruscamente svegliata da un sonno profondo, oppure servendosi dell’analogia di colui che, cieco fin dalla nascita, all’improvviso scorge la luce del giorno: egli vede, ma non è capace di definire la luce che lo illumina e chi gli offre la possibilità di vedere gli oggetti della sua meraviglia.
“Se non si riesce a dare una spiegazione della luce fisica, come si potrebbe spiegare quella luce che, in ultima analisi, è la verità stessa? È vero quando dico che non conoscevo la Scrittura, tuttavia io penetravo con lo sguardo il significato e lo spirito dei dogmi. Io sentivo queste cose molto di più che se le avessi viste, e provavo anche le conseguenze ineffabili che esse producevano in me. Tutto ciò avveniva all’interno di me stesso e queste impressioni, mille volte più rapide del pensiero, mille volte più profonde delle riflessioni, non solo toccavano la mia anima, ma in certo modo le facevano cambiar senso di marcia e la indirizzavano in un’altra direzione, verso un altro scopo e lungo un’altra via…
“Il mondo non era più nulla ormai per me. Le mie prevenzioni contro il cristianesimo non esistevano più; dei pregiudizi acquisiti fin dall’età infantile non vi era più nemmeno la traccia; l’amore verso il mio Dio prese talmente il posto di qualsiasi altro amore che perfino la mia fidanzata mi appariva sotto un altro angolo di visuale: l’amavo come si ama un oggetto che Dio tiene tra le proprie mani, come un dono prezioso che impone di amare ancor di più il donatore…
“Mi sentivo disposto a tutto e bramavo ardentemente il battesimo. Si voleva tramandarlo. “Ma – esclamai – quegli ebrei che avevano ascoltato la predicazione degli apostoli furono battezzati immediatamente, mentre voi vorreste procrastinare il mio battesimo? Dopo che ho ascoltato la Regina degli Apostoli?. La mia commozione, i miei ardenti desideri, le mie implorazioni hanno toccato quelle persone compassionevoli, le quali mi hanno accolto tra di loro e mi hanno fatto la promessa – sorgente di benedizioni in eterno ! – del battesimo.
“Non riuscivo a trattenere l’impazienza dell’attesa del giorno stabilito per l’attuazione di quella promessa. Riconoscevo di essere tanto abominevole davanti a Dio, tuttavia quanta bontà, quanta misericordia mi si manifestava durante tutti i giorni della mia preparazione…D’ora in poi la riconoscenza sarà la mia legge e la mia vita. Non son capace di esprimerla a parole, ma farò il possibile per dimostrarla con le opere…”.


 

AMDG 

giovedì 19 gennaio 2012

"Al di fuori della croce non vi è altra scala per salire al cielo" (santa Rosa da Lima)

Crocifisso, Madrid Prado (cm. 169)



IL CROCIFISSO AL CENTRO DELL'ALTARE

Il crocifisso deve mantenere la sua posizione centrale, essendo peraltro impossibile pensare che possa in qualche maniera essere di disturbo alla celebrazione del Sacrificio Eucaristico

da Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Papa

Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 218, pone la domanda: «Che cos'è la liturgia?»; e risponde:
«La liturgia è la celebrazione del Mistero di Cristo e in particolare del suo Mistero pasquale. In essa, mediante l'esercizio dell'ufficio sacerdotale di Gesù Cristo, con segni si manifesta e si realizza la santificazione degli uomini e viene esercitato dal Corpo mistico di Cristo, cioè dal Capo e dalle membra, il culto pubblico dovuto a Dio».

Da questa definizione, si comprende che al centro dell'azione liturgica della Chiesa c'è Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, ed il suo Mistero pasquale di Passione, Morte e Risurrezione.
La celebrazione liturgica deve essere trasparenza celebrativa di questa verità teologica. Da molti secoli, il segno scelto dalla Chiesa per l'orientamento del cuore e del corpo durante la liturgia è la raffigurazione di Gesù crocifisso.

La centralità del crocifisso nella celebrazione del culto divino risaltava maggiormente in passato, quando vigeva la consuetudine che sia il sacerdote che i fedeli si rivolgessero durante la celebrazione eucaristica verso il crocifisso, posto al centro, al di sopra dell'altare, che di norma era addossato alla parete. Per l'attuale consuetudine di celebrare «verso il popolo», spesso il crocifisso viene oggi collocato al lato dell'altare, perdendo così la posizione centrale.

L'allora teologo e cardinale Joseph Ratzinger aveva più volte sottolineato che, anche durante la celebrazione «verso il popolo», il crocifisso dovrebbe mantenere la sua posizione centrale, essendo peraltro impossibile pensare che la raffigurazione del Signore crocifisso – che esprime il suo sacrificio e quindi il significato più importante dell'Eucaristia – possa in qualche maniera essere di disturbo.
 Divenuto Papa, Benedetto XVI, nella prefazione al primo volume delle sue Gesammelte Schriften, si è detto felice del fatto che si stia facendo sempre più strada la proposta che egli aveva avanzato nel suo celebre saggio "Introduzione allo spirito della liturgia". Tale proposta consisteva nel suggerimento di «non procedere a nuove trasformazioni, ma porre semplicemente la croce al centro dell'altare, verso la quale possano guardare insieme sacerdote e fedeli, per lasciarsi guidare in tal modo verso il Signore, che tutti insieme preghiamo».

Il crocifisso al centro dell'altare richiama tanti splendidi significati della sacra liturgia, che si possono riassumere riportando il n. 618 del Catechismo della Chiesa Cattolica, un brano che si conclude con una bella citazione di santa Rosa da Lima:
 «La croce è l'unico sacrificio di Cristo, che è il solo "mediatore tra Dio e gli uomini" (1 Tm 2,5). Ma, poiché nella sua Persona divina incarnata, "si è unito in certo modo ad ogni uomo" (Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22) egli offre "a tutti la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale" (ibid.).
Egli chiama i suoi discepoli a prendere la loro croce e a seguirlo (cf. Mt 16,24), poiché patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme (cf. 1 Pt 2,21). Infatti egli vuole associare al suo sacrificio redentore quelli stessi che ne sono i primi beneficiari (cf. Mc 10,39; Gv 21,18-19; Col 1,24). Ciò si compie in maniera eminente per sua Madre, associata più intimamente di qualsiasi altro al mistero della sua sofferenza redentrice (cf. Lc 2,35). "Al di fuori della croce non vi è altra scala per salire al cielo" (santa Rosa da Lima; cf. P. Hansen, Vita mirabilis, Louvain 1668)».

Fonte: Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Papa


AVE MARIA!
AMDG

mercoledì 18 gennaio 2012

DIFENDICI, O MADRE DI DIO, CON LA TUA PROTEZIONE E SOLLEVA E CONFORTA LA NOSTRA ANIMA



Quando la Chiesa non può tacere

(di Luigi Negri* su La Bussola del 16/01/2012) Sulla vicenda della rappresentazione teatrale “Sul concetto di volto del Figlio di Dio”, in programma a Milano dal 24 al 28 gennaio, che tanto fa discutere per il suo contenuto blasfemo e per le manifestazioni annunciate da diversi gruppi cattolici che propongono messe e preghiere di riparazione, abbiamo sentito il vescovo di San Marino-Montefeltro, monsignor Luigi Negri.

Intervengo sulla base delle notizie lette e ascoltate in questo periodo. Notizie che sono a volte confuse e contraddittorie sui dettagli, ma chiare quanto alla sostanza, provengono da fonti diverse e certamente perciò non sono ideologicamente condizionate.
Mi pare che innanzitutto ci sia da dire che questo è un episodio miserevole dal punto di vista della espressione, non dico artistica, ma dell’espressione umana. Ed è certamente la conferma di quello che ho già detto immediatamente dopo gli scontri di Roma del 15 ottobre scorso, in ordine alla distruzione della statua della Madonna: il filo conduttore, che unisce espressioni che apparentemente sembrano divergere moltissimo, è l’anticristianesimo.

Ormai l’ideologia dominante è quella anticristiana, quella che tende all’abolizione sistematica della presenza e dell’annunzio cristiano, sentito come una anomalia che mette in crisi questa omologazione universale operata dalla mentalità laicista, consumista, istintivista.
Quindi da questo punto di vista il giudizio non può che essere inappellabilmente negativo: è un’espressione meschina di una volontà di eliminare la tradizione cristiana, in questo caso colpendo il contenuto fondamentale della fede. Colpendo l’immagine e la figura di Gesù Cristo nei confronti del quale nella scritta finale – credo che apparirà ancora malgrado tutte le modificazioni a cui in qualche modo sono stati costretti – apparirà il rifiuto di essere figli di Dio. E quindi si manifesta la volontà di sostituire alla figliolanza divina la proclamazione della propria autonomia e autosufficienza, che è stato il delirio della modernità.
C’è poi il problema della reazione. Su questo io mi devo avventurare con molta circospezione perché non intendo prestare il fianco a nessuna critica nei confronti di altre Chiese o di altri confratelli. Sono stato molto lieto nell’apprendere che – in situazione analoga - la Chiesa francese e in particolare il capo della Conferenza episcopale francese, il cardinale di Parigi, ha proposto un gesto rigorosamente penitenziale in ordine a questa blasfemia implicando la struttura fondamentale della Chiesa.
Io mi chiedo questo, e su questa domanda mi fermo: una Chiesa particolare – o una connessione di Chiese particolari che aderiscono alle Conferenze episcopali nazionali – che non reagisca in termini assolutamente essenziali e pubblici a questo attacco violento alla tradizione cattolica, io mi chiedo: se non interviene su questo punto, su che cosa interviene?
Che cosa mette più in crisi la possibilità di una comunicazione obiettiva della fede di questa serie di iniziative tese a screditare, a criminalizzare, a corrompere la nostra tradizione? Certo che se le Chiese cosiddette ufficiali – ma il termine mi è assolutamente ostico perché la Chiesa è una sola, non è né quella ufficiale né quella carismatica, la Chiesa è il mistero del popolo di Dio nato dal mistero di Cristo morto e risorto e dall’effusione dello Spirito, quindi c’è una Chiesa sola –; se la Chiesa non reagisce adeguatamente in modo certamente non rancoroso, non livido, assumendo in senso uguale e contrario l’atteggiamento demenziale di questi parauomini di cultura; se non reagisce la Chiesa, allora necessariamente possono intervenire in maniera protagonistica gente o gruppi che nella Chiesa non hanno a cuore soltanto la difesa della Chiesa ma hanno a cuore l’espressione legittima delle loro convinzioni.
Allora poi non si dica che la protesta è dei tradizionalisti; la protesta è dei tradizionalisti perché la Chiesa come tale non prende una posizione, che a me sembrerebbe assolutamente necessaria.
Nella mia diocesi non è previsto lo spettacolo, fortunatamente. Questo è il vantaggio delle piccole comunità diocesane, ai margini del grande impero massmediatico. Ma nel caso che nella diocesi di MIlano questo spettacolo si verificasse effettivamente, io devo considerare che sono ancora immanente alla Chiesa di Milano e vi sarò finché campo. Sono capo, sono padre della Chiesa di San Marino-Montefeltro, ma sono figlio della Chiesa di Sant’Ambrogio e di San Carlo, nella quale ho ricevuto il battesimo e tutti i sacramenti fino all’ordinazione episcopale. Non potrò quindi non considerare una presa di posizione discreta, misurata, che dica il dissenso di un vescovo di origine ambrosiana nei confronti di quello che accade nell’ambito della società milanese.
* Vescovo di San Marino-Montefeltro


AVE MARIA! 
AMDG

martedì 17 gennaio 2012

S. ROSARIO! S. ROSARIO! S. ROSARIO!

LA VOSTRA ARMA
CONTRO IL MALE:

I benefici e i meriti della preghiera del Rosario sono magnificamente delineati negli scritti dell’anima carismatica polacca, Barbara Klosowna  (1951). Questi messaggi parlano da soli.

 Parole di Nostra Signora:

"II Rosario deve essere la gioia dei vostri cuori, la luce dei vostri pensieri, il desiderio ardente della vo­stra volontà, l'anello che vi unisce al Cielo.
È la fonte inesauribile dei tesori che Io vi offro con le mie mani immacolate. Dipende solo da voi accoglierlo e recitarlo.

Offrite semplicemente il vostro tempo, la vostra disposizio­ne umile e devota, un minimo di sforzo per raccogliervi recitandolo. Non siate avari del tempo che gli consacrate. Non lasciatelo per l'ultimo quarto d'ora della giornata, pensando che ci sarà abbastan­za tempo per recitarlo.
Con il Rosario si ha la grazia, l'azione dello Spirito Santo, che ci dona la conoscenza del Salvatore nei suoi misteri, ci dona l'amore del Padre mediante il quale le nostre anime diventano capaci di immergersi in Dio. Si realizzano così le parole del Figlio di Dio: "II regno di Dio è in voi; il regno eterno, universale, il regno della verità, della santità e della grazia, il regno della giusti­zia, dell'amore e della pace".


 Il Rosario è per voi.

"Il Rosario è un tesoro inesauribile di grazia del Dio unico nella Santa Trinità.
Ma per usufruire dei suoi benefici ci vuole la fede, che poi diventa gioia.
Il Rosario è vostro. Vi è stato dato per sempre, per ogni momento e per ogni necessità, e dipende da voi approfittarne e agire. Ma esige fedeltà e perseveranza.

È una preghiera che unisce in una grazia comune e in una forza vittoriosa tutti quelli che la stimano e l'amano mentre vivono sulla terra, e li unisce insieme a quelli che sono già nel trionfo del Cielo.
Tienilo come un sigillo sul tuo cuore. Con il Rosario è più facile bussare alla porta della Misericor­dia di Dio".

"Ogni vittoria sul male avvicina alla mèta: è la Mia stessa vittoria, che Io ho già ricevuto dal Figlio Mio. Ogni vittoria sul male avvicina il Mio Regno: la condizione per vincere, è la preghiera continua del Rosario.


La via più breve.

"Io sono la Verità. Tutte le mie parole sono giustizia e verità. Mio figlio ha detto: "Io sono la Verità". Chi ama il rosario ama la Verità. Essa sarà nei suoi pensieri, nelle sue parole, nelle sue conoscenze, nei suoi giudizi.

 Ma è innanzitutto in Me, per Me e grazie a Me che il Rosario raggiunge la verità. Ecco come si realizzano le parole: "Chi agisce in Me, non pecca", come pure le parole: "Io sono la via più corta ver­so la verità, verso il Figlio e verso Dio. Ecco perché Io proclamo il Rosario".

Io sono nel Rosario.

"Ogni mistero ha la sua potenza e il suo fine, ma tutti i venti misteri in­sieme sono come un'armata schiera­ta in battaglia sotto la Mia egida. 
Chi dice il rosario deve sapere e ricordare che tale preghiera è più che avere costruito grandi edifici, o aver fatto scoperte strabilianti.

Colui che troverà Me, troverà la vita e acquisterà la salvezza. Deve ricordare che Io sono nel Rosario. È qui che dovete cercarMi e che Mi troverete.
Ecco ciò che deve incitarvi e incoraggiarvi a recitare il Rosario con più grande fervore. Occorrerebbero più Rosari e recitati meglio per far passare più lar­gamente i fiumi di grazie del Mio Cuore Immacolato. Amen".

L'arma nella battaglia.

"Io sono vicina, vicinissima a coloro che Mi fanno conoscere in spirito e in verità. CercateMi sulle strade del Salvatore nel Rosario. Chi Mi troverà, troverà la via e otterrà la salvezza da Dio.
Il Rosario è la ricerca di Me e di Mio Figlio. È l'aspirazione  alla mèta suprema, la salvezza delle anime attraverso la via santificata dal Rosario.
È l'arma nella battaglia e la consolazione nel riposo. È la sorgente non disseccata, inesauribile di grazie.
È la Mia volontà, il Mio desiderio e il Mio ordine.
Il Rosario è il Mio dono, il dono della Madre ai suoi poveri figli. È il segno visibile della protezione e il sigillo degli eletti. È la gioia degli angeli e il gaudio dei santi. È il terrore e lo spavento dei demoni, domati da esso.
È il più semplice e il più vicino contatto del Cielo con la terra. È il tesoro dei poveri e la forza dei coraggiosi. È infine la gioia del dovere compiuto con amore, è la speranza della ricom­pensa che sarà ottenuta quaggiù come nell'eternità.

Il Rosario è un assorbimento amorevole dei venti misteri, goccia a goccia, come di una pioggia rinfre­scante necessaria affinché la buona terra produca buoni frutti. Voi non credete come si dovrebbe nella potenza del Rosario. Coloro che lo recitano, si uniscono agli Angeli e sono sotto la loro influenza. Il Rosario dona delle ali, è la via facile, la via sicura, la via infallibile, unica, predestinata.

Il dono della Mia Misericordia.


Il Mio Cuore Immacolato accetta tutto e aspetta. Il primo segno che date, è la vostra stima per il Rosario. Da essa deriva la fede nel­la potenza del Rosario, e poi viene l'amore nel recitarlo. Il Mio Cuore è sempre contento quando vede nei vostri cuori la stima, la fede, la speranza, l'amore.

Il Rosario è il Mio bene. Perciò è odiato da quel­li che Mi odiano. Poveretti! Ogni volta che sono discesa sulla terra per il mio amore e la mia pietà per voi, Io vi ho ricordato il Rosario. È il dono della Mia Misericordia. Abbiate fiducia! È arrivato il tempo che il mio Rosario diventi la vostra arma. È nel Rosario che dovete cercarmi e trovarmi. Io sono vicina a voi! Mio figlio ha detto: "I vostri cuori non si turbino! Non abbiate paura!"


Uniti agli angeli.


"Nelle mani dei Santi, il Rosario fu sempre lo stesso, anche se un tem­po era molto più corto. Ma lo reci­tavano con tutta la loro anima  ardente, con l'umiltà e la riconoscen­za per questo "salterio" di Maria. Essi si univano così agli Angeli, ri­manendo sotto la loro influenza. Si sentivano talmente uniti in una po­tente armata, lottando contro l'infer­no, per ottenere la salvezza delle anime!

Erano così fedeli al Rosario che gli consacravano il loro tempo migliore. Così facevano scorrere con amore ogni grano del rosario, sperando di ritrovarli nell'eternità. È su di loro che si sono realizzate le Mie promesse e le parole di Mio Figlio: "La fede trasporta le montagne". I miracoli, in quei tempi, erano talmente universali, che per alcuni potevano diventare una cosa comune.

E coloro che hanno già perso la semplicità del cuore, dei quali Satana ha offuscato la ragione e deformato il giudizio e la co­noscenza della verità, questi poveri eretici hanno rifiutato il Rosario, che è il primo ostacolo contro la colpa e il peccato. E sono diventati nemici.


Il Rosario deve riacquistare la sua antica importanza e il suo valore. È per mezzo del rosario che deve realizzarsi l'unità delle nazioni nella medesima fede, e questo de­ve accadere prima del "compimento del mondo".



Tutto questo è detto per voi e per tut­ti. Tutto questo è in Me e per Me, grazie alla potenza del primo miste­ro del Rosario nel quale si trovano tutte le promesse, perché ho detto: "Io sono la serva del Signore".
Ci sono persone che non vogliono servire, non vogliono servire né Me Stessa, né Dio, né loro stessi.

Bisogna avere una fiducia senza li­miti nella potenza del Rosario. Non deve essere considerato come un fardello, ma come un grande dono d'amore.  A chi sa questo, il Rosario non peserà mai, ma gli darà delle ali".
La via facile e sicura.


Io voglio sempre parlarvi, anche se voi non volete. Amo parlare so­prattutto tramite il Rosario, duran­te il Rosario e nel Rosario. 

È in es­so che Io vi parlo della mia devozione suprema per Dio, della mia vita, delle mie preghiere, del mio lavoro, e della mia unione con Dio attraverso l'amore e la sottomissio­ne alla sua Santa Volontà. Vi parlo dei sentimenti del mio Cuore, cuore di una madre, la più addolorata, ma che in fondo alla sua anima, è la più felice.

La mia felicità deriva dal possesso di Gesù e di una fede suprema nella gloria di Dio. Mostrando il Rosario, Io vi dico che questa via è sicura, infallibile, unica, predestinata. È accessibile a tutti, e grazie a me, è una via, co­me dite voi "aperta, spianata".


Le tracce della via del Rosario, sono forti e visibili, e quando la percorrete, Io cammino con voi, al vostro fianco. Perché allora tante preoc­cupazioni e turbamenti tra voi? Se solo vi decideste a questo atto di volontà, a questo primo sforzo, Io sono con voi su questa via. Dovete saperlo e ricordarlo.

Penetrate spes­so nei sentimenti del mio Cuore. Ed ora, fate scorrere lentamente nel vo­stro pensiero tutti i Misteri dal Mio "fiat" gioioso, attraverso il fiat più doloroso, fino al più umile dei "fiat" nei misteri gloriosi, la cui corona è il mio "Magnificat" costante.

È il Mio testamento per Voi, ma un testamento vivente, perché nei miste­ri, Io sono del tutto viva e presente. Io osservo come lo ricevete, in che modo agite e quanto in ogni Mio figlio, ci sia di Me e della mia eredità".


Distrugge l'eresia.


"Nella contemplazione, il Mio Cuore si è infiammato. Oggi è il primo sabato del mese, e i Miei figli si riuniscono di nuovo nel mondo intero. Io ne ho molti, molti, ed è la gioia del mio Cuore Immacolato.
Io li vedo tutti: quelli che per la prima volta mi regalano i loro "primi saba­ti", e quelli che non lo vogliono fare; e ancora quelli che una volta lo facevano ma che ora non lo voglio­no più fare.



Di Gesù si è detto che tutto ciò che faceva, lo faceva bene. Di Sua Madre, si è detto lo stesso. Allora, se volete fare del vostro meglio, dovete imitare il Figlio di Dio e Sua Mare unendovi a loro.


Recitando il Rosario, bisogna chiedersi: 

- Di questo mistero, che posso applicare nella mia vita? 
- Come posso unirmi a Maria e a Suo Figlio? 
- Come posso scoprire ciò che mi è utile affinché il frutto sia buo­no e che tutto ciò che farò, lo faccia bene?



Satana ha inventato delle eresie per impedire il Rosario, per privare gli uomini del Rosario, perché ogni mistero del Rosario distrugge l'eresia.


Io desidero essere chiamata.

"Io sarò vicina a coloro che Mi chia­mano. Non è mai invano che vengo invocata. Vengo sempre a por­tare grazie numerose e il grande amore del Mio Materno Cuore. Io desidero essere chiamata, desidero accordarvi grazie.
Il Mio cuore è pieno d'Amore, e per questo vi invi­to a pregare il Rosario; ed insisto perché sia recitato bene".

*

MEDITAZIONE DI BARBARA KLOSOWNA


"Di Gesù si dice che tutto ha com­piuto nel miglior modo. Lo stesso si può dire della Sua Santa Madre.
Tutto si compie nel Rosario. Noi possiamo ritrovare ogni mistero nella nostra vita, se ci raccogliamo e riflettiamo.
Gesù ha attribuito la bontà soltanto a Dio. Ma noi dob­biamo aspirare a possedere in noi tale virtù, fino ad esserne comple­tamente sommersi.
Il Rosario ha un valore immenso per l'imitazione di Gesù Cristo e della Santa Vergine. Ci insegna co­me fare e ci facilita il lavoro interiore per conoscere noi stessi.

Non sempre il Rosario ci fa scoprire questo doppio abisso della mise­ria umana e della Misericordia di Dio. Ma arriva il tempo in cui ciò si verifica inconsciamente.
È bene pertanto, recitando il rosario, fare i seguenti confronti: l'Uomo-Dio agisce così, come pure la Sua Santa Madre: l'Uomo-Dio soffre così, come pure la Sua Santa Madre. E per me, qual è il mio po­sto in questo mistero? Che inse­gnamento dà alla mia vita?
 L'importante è che sia recitato con una fede viva, affinché sia fortifi­cata e rianimata in ogni mistero.
La Madre di Dio vuole che la no­stra fede sia fortificata e conferma­ta nel Rosario, fino al punto di spez­zare le rocce e fare dei miracoli!

Di fronte a così tante grazie e be­nefici che possiamo ricevere, dob­biamo dunque pregare meglio il Rosario e recitarlo con un fervore rinnovato!".


Traduzione da "Stella Maris" - Ottobre 2009.
Tratto dal SEGNO DEL SOPRANNATURALE SITO WEB http://www.edizionisegno.it


AVE MARIA!
AMDG