venerdì 25 novembre 2011

"Sono proprio gli scriccioli della terra quelli che sostengono il mondo"




12.11.11


Eletti, amici cari, chi confida in Me non ha da temere, ma vive nella pace, pieno di speranza sempre viva.



Sposa amata, già ti ho parlato a lungo, negli intimi colloqui, di quanto sia importante confidare in Me, Gesù. Hai ben compreso le Mie Parole, piccola Mia?

Mi dici: “Mi hai parlato a lungo, Dolce Amore, di questo argomento ed ho capito che molto può ricevere da Te chi molto in Te confida, poco chi poco confida, nulla chi nulla confida. Se tutti gli uomini confidassero pienamente in Te, la vita sulla terra sarebbe un dolce passaggio verso il Cielo perché, Gesù Santissimo, altro non chiedi che di aiutare ogni anima a raggiungere la Felicità del Paradiso. Il Tuo Cuore è tutto Amore, solo Amore, sempre Amore e vuole donare continuamente e mai togliere. Dolce Gesù, quando vedo tristezza sul Tuo sublimissimo Volto, capisco che è il momento di togliere e grande è il Tuo Dolore. In questo presente accade, spesso, di vederTi nella grande tristezza. Con l'adorazione continua vorrei un poco lenire il Tuo Dolore; ma poi penso: sono solo uno scricciolo, che posso fare per il mio adorato Signore? Certo, poco. Capisco che grande è la pena del Tuo Cuore in questo tempo speciale; gli uomini, che dovrebbero essere ardenti di amore per Te, sono sempre più freddi, tanto che il Padre caro ha mandato sulla terra, in modo speciale, la Madre Santissima per scaldare i cuori e portarli al Cielo.”

Sposa amata, ascolta bene le Mie Parole e trasmettile al mondo: vedo le anime ardenti d'amore per Me. Le vedo e le conosco ad una ad una: sono quelle dei piccoli più piccoli della terra. Sono queste anime che ottengono da Me le cose più grandi per l'intera Umanità, come anche quelle di fermare il tempo per dare la possibilità a popoli e nazioni di giungere alla conversione. Sposa cara e fedele, sono proprio gli scriccioli della terra quelli che sostengono il mondo; il nemico infernale li teme, in modo speciale, perché gli tolgono potere: uno solo di questi scriccioli è come un esercito schierato. Sposa cara, vedrai accadere tante cose e capirai i limiti dell'azione del terribile nemico che vorrebbe tanto, ma sta perdendo potere e poco può, proprio per la presenza sulla terra dei Miei strumenti d’amore: essi costituiscono una barriera alla sua azione nefasta. Questo dico: beato l'uomo che da Me, Dio, si è lasciato plasmare in modo speciale ed ora è un Mio forte condottiero: sarà al Mio seguito e combatterà la grande battaglia che terminerà col trionfo del Mio Cuore con quello della Madre Mia Santissima; sarà vittorioso con Me Che sono l'Eterno Vittorioso ed entrerà nella Mia Gloria! Non così sarà per colui che Mi ha resistito: triste ed amara sarà la sua fine! Resta, felice, nel Mio Cuore e godine le Delizie d'Amore che mai avranno fine. Ti amo.
Vi amo.

                                                                                              Gesù



AVE MARIA!
AMDG

Santa Caterina d'Alessandria



Matrimonio mistico 
di santa Caterina d'Alessandria e santi Autore CorreggioMatrimonio mistico di santa Caterina d'Alessandria e santi


Biografia 

Oltre alla incerta data di nascita (probabilmente 287) e al fatto che fu sottoposta a martirio ad Alessandria d'Egitto nel 304, della sua vita si sa poco ed è difficile distinguere la realtà storica dalle leggende popolari.
Secondo la tradizione, Caterina è una bella giovane egiziana che, in occasione dell'insediamento ad Alessandria del governatore Massimino Daia, avvenuto nel 305, si presentò a palazzo nel bel mezzo dei festeggiamenti, nel corso dei quali si celebravano feste pagane con sacrifici di animali. Caterina rifiutò i sacrifici e chiese al governatore di riconoscere Gesù Cristo come redentore dell'umanità.

Martirio 

Di fronte alla richiesta della ragazza, il governatore convocò un gruppo di retori affinché la convincessero ad onorare gli dei. Tuttavia, per l'eloquenza di Caterina, non solo non la convertirono, ma essi stessi furono prontamente convertiti al Cristianesimo. Il governatore ordinò la condanna a morte di tutti i retori e dopo l'ennesimo rifiuto di Caterina la condannò a morire anch'essa su una ruota dentata. Tuttavia, lo strumento di tortura e condanna si ruppe e Massimino fu obbligato a far decapitare la santa. Secondo una leggenda posteriore, il suo corpo fu trasportato dagli angeli sul monte Sinai. In questo luogo, nel VI secolo, l'imperatore Giustiniano fondò il monastero che porta il nome della santa.

Madonna col Bambino in gloria con le sante 
Madonna col Bambino in gloria con le sante Caterina, Lucia, Cecilia, Barbara e Agnese

Caterina, Lucia, Cecilia, Barbara 
e Agnese. Autore Moretto
*

Santa Caterina, Grande Martire di Alessandria

Santa Caterina era figlia di Consto, governatore di Alessandria in Egitto durante il regno dell'imperatore Massimiliano (305-313). Ad Alessandria Caterina ricevette una raffinata e profonda educazione da parte di famosi letterati, scienziati e filosofi. 

Rifiutò numerosi pretendenti appartenenti alle migliori famiglie dell'impero, sostenendo che avrebbe unicamente sposato l'uomo che l'avrebbe superata in sapienza, saggezza e ricchezza. 

La madre di Caterina, che professava in segreto la fede cristiana, inviò la figlia al proprio padre spirituale, un eremita che trascorreva una vita di preghiera nella solitudine di un territorio isolato, riparandosi in una caverna. Dopo avere ascoltato Caterina il sant'uomo le disse di conoscere un Uomo la cui bellezza era più radiosa del sole, la cui saggezza governava tutto il creato e la cui ricchezza si estendeva al mondo intero. La descrizione dello sposo celeste produsse nell'anima della giovane donna un ardente desiderio di conoscerlo. Accomiatandosi da Caterina, l'anacoreta donò alla giovane un'icona raffigurante la Madre di Dio che regge fra le braccia Gesù. Esortò inoltre Caterina a pregare con fede la Regina del cielo affinché le mostrasse il proprio Figlio. Dopo avere trascorso la notte in preghiera, Caterina ebbe una visione: la Vergine esortava il proprio Figlio a volgersi verso la giovane, ma Gesù si rifiutava di acconsentire alla richiesta e distoglieva il proprio sguardo da Caterina, definendola di miserabile discendenza e stolta, come chiunque non sia stato lavato dalle acque battesimali e suggellato con il sigillo dello Spirito Santo. Caterina tornò dall'anacoreta, rattristata. Questi la ricevette con affetto, la istruì nella fede cristiana, la esortò a mantenere la propria purezza ed integrità e a pregare incessantemente. Poi Caterina ricevette il S. Battesimo. Immediatamente vide la Madre di Dio: Gesù, tra le sue braccia, guardando Caterina con tenerezza le donò un anello, il pegno dello Sposo celeste.

In quel tempo l'imperatore Massimiliano si trovava ad Alessandria per festeggiare una ricorrenza pagana. La celebrazione sontuosa prevedeva sacrifici animali in gran numero, alla presenza di un'enorme folla. In quella circostanza vennero offerti sacrifici umani: le vittime erano cristiani che si erano rifiutati di venerare gli idoli e di rinnegare Cristo. La santa sentì la necessità impellente di appellarsi al capo dei sacerdoti pagani, cioè allo stesso imperatore, per chiedere clemenza. Presentandosi a lui, Caterina confessò la propria fede nel Dio unico e con sapienza ed eloquenza denunciò gli errori dei pagani. Per controbattere alle parole di Caterina, l'imperatore ordinò di riunire 50 tra i più dotti retori dell'impero, ma la Santa ebbe la meglio su costoro, al punto di convertirli alla fede cristiana. L'imperatore ordinò che i confessori cristiani fossero messi al rogo: questi affrontarono il martirio dopo che Caterina ebbe tracciato su di loro il segno della Croce.

Massimiliano, ritenendo di non poterla più convertire, tentò di blandirla promettendole ricchezze e fama: di fronte al netto rifiuto di Caterina l'imperatore ordinò ai suoi aguzzini di torturarla e incarcerarla. L'imperatrice Augusta, avendo ricevuto notizia del comportamento di Caterina, si recò nella prigione dove era rinchiusa e si intrattenne con lei. Augusta fu impressionata dalla forte e limpida fede di Caterina, il cui volto risplendeva della Grazia divina. La santa istruì l'imperatrice nella fede cristiana, e questa si convertì.

Il giorno seguente Caterina fu condotta in tribunale, dove fu minacciata di morte per tortura in caso non avesse rinnegato la propria fede e offerto un sacrificio agli déi. La Santa confessò Cristo con fede incrollabile e si avvicinò spontaneamente allo strumento di tortura, ma un angelo intervenne e lo ridusse in frantumi. Alla vista di questo prodigio l'imperatrice Augusta, il cortigiano Porfirio e 200 soldati confessarono la propria fede in Cristo, e per questo vennero decapitati su ordine dell'Imperatore.
Successivamente Massimiliano chiese la mano di Caterina. La santa rifiutò, confessando la propria fedeltà allo sposo Cristo, e pose spontaneamente il capo sul ceppo sotto la spada del boia, accettando il martirio.

  Secondo la tradizione le reliquie di Santa Caterina furono trasportate dagli angeli sul monte Sinai; nel VI secolo il capo e la mano sinistra della Martire furono rinvenuti. Le reliquie furono traslate nel Monastero dedicato a Santa Caterina, edificato appositamente dall'imperatore cristiano Giustiniano. Santa Caterina grande Martire è commemorata il giorno 14 novembre del calendario ortodosso.
AVE MARIA!
AMDG


giovedì 24 novembre 2011

Una conversione famosa. In una di quelle case, che si dicono di tolleranza...


Una conversione famosa

A Roma, nel 1873, alcuni giorni prima della festa dell’Assunzione, in una di quelle case, che si dicono di tolleranza, accadde che si ferisse alla mano una di quelle sciagurate giovani. 

Il male, che in sulle prime fu giudicato leggero, inaspettatamente si aggravò tanto che la misera, trasportata all’ospedale, morì nella notte. 

Nello stesso istante una delle sue compagne, che non poteva sapere ciò che avveniva nell’ospedale, cominciò a gridare disperatamente, così che svegliò gli abitanti del quartiere, mettendo lo sgomento fra quelle miserabili inquiline e provocando l’intervento della questura. 

La compagna morta nell’ospedale le era apparsa, circondata di fiamme, e le aveva detto: Io sono dannata e se tu non lo vuoi essere, esci subito da questo luogo d’infamia e ritorna a Dio! - Nulla poté calmare l’agitazione di questa giovane, la quale, appena spuntata l’alba, se ne andò via, lasciando tutta la casa nello stupore, specialmente allorché si seppe della morte della compagna nell'ospedale. 

Stando così le cose, la padrona del luogo infame, che era una garibaldina esaltata, si ammalò gravemente e, pensando all'apparizione della dannata, si convertì e volle un Sacerdote per ricevere i Santi Sacramenti. 

L'autorità ecclesiastica incaricò un degno Sacerdote, Monsignor Sirolli, Parroco di San Salvatore in Lauro, il quale richiese all'inferma, alla presenza di più testimoni, la ritrattazione delle sue bestemmie contro il Sommo Pontefice e la dichiarazione di cessare dall'infame industria che esercitava. 

La donna morì con i Conforti Religiosi. Tutta Roma conobbe ben presto i particolari di questo fatto. I cattivi, come sempre, si burlarono dell’accaduto; i buoni invece ne approfittarono per divenire migliori.

[Brano di Don Giuseppe Tomaselli tratto da "L'inferno c'è". Imprimatur: Catania, 22-11-1954, Sac. N. Ciancio Vic. Gen.]
AVE MARIA!
AMDG

UN FATTO CHE FA RIFLETTERE


Un vescovo zelante abbandonato in purgatorio

Nel libretto intitolato “I nostri morti – La casa di tutti”, Don Giuseppe Tomaselli narra un fatto che fa riflettere. Un giorno, un anziano sacerdote gli disse che viaggiando tanto per l'Europa, l'Asia e l'Africa, aveva avuto modo di conoscere numerosi religiosi e prelati; ma l'uomo più santo che aveva conosciuto era stato Mons. Giovanni Battista Marenco, il zelantissimo vescovo della diocesi di Massa Carrara, morto il 22 ottobre 1921. Dopo circa sette anni dal decesso, in un convento di suore salesiane accadde un fatto sorprendente. Un giorno, verso l'imbrunire, la suora portinaia era nel cortile. Il portone era chiuso. Con sua meraviglia vide sotto i portici un ecclesiastico che passeggiava col capo chino e meditabondo. La suora domandò tra sé chi fosse quella persona, e come aveva fatto ad entrare se il portone era chiuso. Avvicinatasi riconobbe Mons. Marenco.

- Eccellenza, e voi qui?... Non siete morto?...
- Mi avete lasciato in Purgatorio!... Ho lavorato tanto in questo Istituto e non si prega più per me!
- In Purgatorio?... Un Vescovo così santo?...
- Non basta esser santi davanti agli uomini; bisogna essere tali davanti a Dio!... Pregate per me!...

Ciò detto, sparì. La Suora corse ad informare la superiora, e l'indomani tutte e due si diressero alla volta di Torino, per narrare il fatto al Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Filippo Rinaldi, il quale indisse pubbliche preghiere nel Santuario di Maria Ausiliatrice, onde intensificare i suffragi. Dopo una settimana Mons. Marenco riapparve nello stesso Istituto, dicendo: Sono uscito dal Purgatorio!... Ringrazio della carità!... Prego per voi! -

Questo fatto deve far riflettere. Se un vescovo zelantissimo e di grande virtù è stato tenuto per anni a soffrire atrocemente in purgatorio, figuriamoci cosa accade a quelle anime che conducono una vita rilassata e peccaminosa, e che si salvano per un pelo, dopo aver fatto in fin di vita una Confessione appena accettabile.
AMDG et BVM

Per trovare l'Amato non le bastano i gemiti e le preghiere e l'aiuto di buoni mediatori


Cantico Spirituale (B) – 
San Giovanni della Croce.

STROFA 3
Buscando mis amores,
iré por esos montes y riberas;
ni cogeré las flores,
ni temeré las fieras,
y pasaré los fuertes y fronteras.

In cerca del mio amore
andrò per questi monti e queste rive,
non coglierò mai fiore,
non temerò le fiere,
supererò i forti e le frontiere.

SPIEGAZIONE

<<I. L'anima
vedendo che per trovare l'Amato non le bastano i gemiti e le preghiere e l'aiuto di buoni
mediatori come, secondo la prima e seconda strofa, ha fatto in passato, spinta da grande amore e da
un desiderio molto verace di cercarlo, non vuole omettere alcuna diligenza a lei possibile. Infatti
quella che ama Dio davvero non si lascia vincere dalla pigrizia nel fare quanto può per trovare il
Figlio di Dio, suo Sposo; anzi, anche dopo aver fatto tutto il possibile, non è soddisfatta e pensa di
non aver fatto niente. Perciò in questa terza strofa, afferma di volerlo cercare da se stessa con le sue
opere ed espone il modo che deve seguire per trovarlo, che è quello di esercitarsi nelle virtù e nelle
pratiche spirituali della vita attiva e contemplativa, non ammettendo∙ perciò alcun piacere e delizia.
Inoltre non si perde di coraggio, perché le forze e le insidie dei tre suoi nemici, mondo, carne e
demonio, non saranno capaci di impedirle il cammino.
Dice quindi:
In cerca del mio amore
cioè del mio Amato.

2. L'anima
fa capire che per trovare davvero Dio non basta soltanto pregare con il cuore e con le
labbra, neppure con l'aiuto altrui, ma è necessario che anch'essa da parte sua faccia tutto ciò che
può, perché Dio suole stimare più un'opera sola propria di una persona che molte fatte da altri per
lei. Perciò, ricordando qui le parole dell'Amato: Cercate e troverete (Le. II, 9), l'anima stessa risolve
di andarne in cerca, per mezzo della sua opera, per non restare delusa nella ricerca, come accade a
molti, i quali vorrebbero che Dio non costasse loro più che pronunziare una parola, e anche ciò fatto
malvolentieri e non vogliono fare niente che costi loro un po', tanto che ad alcuni dispiace perfino di
alzarsi da un luogo dove stanno comodamente. In tal modo vorrebbero che il sapore scendesse sulle
loro labbra e nel loro cuore senza muovere un dito e senza mortificarsi rinunziando a qualche loro
gusto, consolazione e voglia inutile.
Ma finché non usciranno in cerca dell'Amato, per quanto gridino a Dio, non lo troveranno. Anche la
sposa dei Cantici lo cercava così, ma non lo trovò finché non uscì per cercarlo. Lo dice con queste
parole: Nel mio letto, di notte, cercai l'amore dell'anima mia, ma non lo trovai. Mi leverò e andrò in
giro per la città; per le vie e per le piazze cercherò colui che l'anima mia ama (Cant. 3, 12).E
soggiunge di averlo trovato dopo aver sofferto alcuni travagli (Ibid. 3, 4)∙
 Cristo di san Giovanni della Croce
 3. Chi
dunque cerca Dio volendo rimanere nei propri gusti e nelle proprie comodità, lo cerca di
notte e quindi non lo trova. Colui invece che lo cerca mediante le buone opere e l'esercizio delle
virtù, lasciando il letto dei suoi gusti e dei suoi piaceri, lo cerca di giorno e quindi lo trova, perché
ciò che è introvabile di notte, si scopre di giorno. Di ciò parla lo Sposo nel libro della Sapienza:
Luminosa e immarcescibile è la Sapienza e facilmente è veduta da quei che l'amano e trovata da
quei che la cercano. Previene coloro che la bramano, mostrandosi ad essi per prima. Chi per lei si
leverà di buon mattino, non si stancherà, perché la troverà seduta alla porta di casa (Sap. 6, 1315).
Da questa frase si comprende come; uscendo dalla porta della propria volontà e dal letto dei propri
gusti, l'anima appena fuori, troverà la Sapienza divina, cioè il Figlio di Dio, suo Sposo.
Perciò ella dice:
in cerca del mio amore,
andrò per questi monti e queste rive.

4. Per
monti, che sono alti, l'anima intende le virtù; per la loro altezza e per la difficoltà e il
travaglio che si incontra nel salire ad esse. Afferma che per mezzo di esse si eserciterà nella vita
contemplativa.
Per rive, che sono basse, intende le mortificazioni le penitenze e le altre pratiche spirituali mediante
le quali, eserciterà la vita attiva insieme con quella contemplativa, di cui si è parlato, poiché per
trovare certamente Dio e acquistare le virtù, sono necessarie l'una e l'altra.
È quindi come se dicesse: andrò in cerca del mio Amato, praticando le alte virtù e umiliandomi
nelle mortificazioni e negli esercizi umili. Dice questo perché la via per cui si cerca Dio consiste
nell'operare il bene in Lui e nel mortificare il male in sé, nel modo che l'anima spiega nel versi
seguenti:
non coglierò mai fiore.

5. Poiché
per cercare Dio si richiede un cuore nudo, forte e libero da tutti i mali e i beni che
puramente non sono Dio, l'anima in questo verso e nei seguenti dice quanta libertà e quanta forza le
siano necessarie per cercarlo.
Nel presente afferma che non coglierà i fiori incontrati sul suo cammino, per i quali intende tutti i
gusti, i contenti e i piaceri che le si possono offrire in questa vita e che le possono impedire il
cammino qualora essa li voglia cogliere e accettare.
Questi sono di tre specie: temporali, sensuali e spirituali. Poiché sia gli uni che gli altri, se vi si
trattiene o vi si ferma, occupano il cuore e sono all'anima di impedimento per la nudità di spirito
quale si richiede per seguire la via diretta del Cristo, per andare dietro a Lui ella non coglierà
nessuno dei fiori suddetti. E così è come se dicesse: non riporrò il mio cuore nelle ricchezze e nei
beni che offre il mondo, né accetterò i piaceri della carne, né mi fermerò nei gusti e nelle
consolazioni dello spirito per non trattenermi dal cercare il mio Amore per i monti delle virtù e per
le rive dei travagli.
Dice questo per seguire un consiglio dato da David
a coloro i quali vanno per questo cammino: Divitiae si afflluant, nolite cor apponere (Sal. 61, II),
cioè se le ricchezze sovrabbondano non vogliate attaccarvi il cuore, parole da applicarsi sia ai gusti
sensibili come agli altri beni temporali e alle consolazioni dello Spirito.
Perciò c'è da notare che non solo i beni temporali e i piaceri materiali impediscono e contrastano il
cammino verso Dio ma anche le consolazioni e i piaceri spirituali, se posseduti o cercati con spirito
di proprietà, impediscono il cammino della croce di Cristo Sposo. Per tale ragione chi vuole
progredire non deve andare a cogliere questi fiori; ma non solo ciò, deve anche avere animo e forza
per dire:
non temerò le fiere,
supererò i forti e le frontiere.

6. In
questi versi l'anima enumera i tre suoi nemici, mondo demonio e carne, i quali le fanno
guerra e cercano di renderle difficile il cammino. Per fiere intende il mondo, per forti il demonio,
per frontiere la carne.

7. Chiama
fiere il mondo, poiché all'anima che incomincia ad incamminarsi verso Dio, pare che il
mondo le si presenti all'immaginazione sotto l'aspetto di alcune fiere, che la minacciano e la
spaventano.
Ciò accade principalmente in tre maniere: la prima le suggerisce che le verrà a mancare il favore del
mondo, che perderà gli amici, la stima, il merito e perfino il patrimonio. La seconda fiera, che non è
meno terribile della prima, le mette in risalto la difficoltà di rassegnarsi a non avere più gioie e
consolazioni del mondo e a restare priva di tutti i suoi piaceri. La terza fiera, ancora peggiore, le fa
notare che le male lingue si leveranno contro di lei, la prenderanno in giro e la disprezzeranno.
Tali cose sogliono essere messe dinanzi agli occhi di alcune anime in modo tale da rendere loro
difficilissima non solo la perseveranza contro queste fiere, ma anche la possibilità di intraprendere il
cammino.

8. Ad
alcune anime generose sogliono opporsi fiere più interiori e più spirituali che sono difficoltà,
tentazioni, turbamenti e travagli di ogni specie attraverso cui è necessario che passino, i quali Dio
invia a coloro che vuole elevare ad alta perfezione provandole e raffinandole come l'oro nel fuoco,
secondo quanto afferma David: Molte sono le tribolazioni dei giusti, ma da tutte quelle li libererà il
Signore (Sal. 33, 20).
Ma l'anima innamorata, che stima il suo Amato più di ogni altra cosa, confidando nell'amore e
nell'aiuto di Lui, non ha paura di promettere:
non temerò le fiere,
supererò i forti e le frontiere.

9. Dà
il nome di forti ai demoni, che è il secondo nemico, poiché essi con grande forza procurano
di contrastare il passo su questo cammino, perché le loro tentazioni ed astuzie sono più forti e dure a
vincersi e più difficili ad intendersi di quelle del mondo e della carne ed anche perché si rafforzano
con l'aiuto degli altri due nemici, mondo e carne, per lottare aspramente contro l'anima.
Pertanto David parlandone li dice forti: Fortes quaesierunt animam meam (Sal. 53, 5), cioè: I forti
desiderarono l'anima mia. Della quale forza anche il profeta Giobbe dice che non vi è potere sulla
terra da paragonarsi a quello del demonio, il quale fu creato in modo tale da non avere paura di
nessuno (41, 24), cioè nessun potere umano può reggere in confronto con quello di lui. Perciò solo il
potere divino riesce a superarlo e solo la luce divina può capire le sue astuzie.
Per questo l'anima che deve vincerne la forza, non lo potrà fare senza ricorrere alla preghiera, come
del resto non potrà intenderne gli inganni senza umiltà e mortificazione. S. Paolo avvisa i fedeli con
le parole seguenti:
Induite vos armaturam Dei, ut possitis stare adversus insidias diaboli, quoniam non est nobis
colluctatio adversus carnem et sanguinem (Ef. 6, 1112),
vale a dire: Rivestitevi della armatura di
Dio per poter resistere contro le astuzie del nemico poiché questa lotta non è come quella contro la
carne e il sangue, intendendo per sangue il mondo e per armi di Dio l'orazione e la croce di Cristo,
in cui si trova l'umiltà e la mortificazione di cui è stato parlato.

10. Inoltre
l'anima afferma che oltrepasserà le frontiere per le quali, come è stato detto, intende le
ribellioni e le ripugnanze naturali della carne contro lo spirito, poiché, secondo quanto dice S.
Paolo: Caro enim concupiscit adversus spiritum (Gal. 5, 17). La carne appetisce le cose contrarie
allo spirito e si mette come sulle frontiere opponendosi al cammino spirituale. L'anima deve
attraversare queste frontiere superando le difficoltà e atterrando con forza e decisione di spirito tutti
gli appetiti sensitivi e tutte le affezioni naturali poiché, finché non li avrà cacciati, lo spirito ne
rimarrà talmente impedito da non poter passare a vera vita e a diletto spirituale. S. Paolo ci fa
intendere bene la cosa quando dice: Si spiritu facta carnis mortificaveritis, vivetis (Rom. 8, 13). Se
mortificherete le inclinazioni e gli appetiti carnali per mezzo dello spirito, vivrete.

Questo dunque è il metodo che l'anima, come dice in questa strofa, usa per andare in cerca
dell'Amato, metodo che, in poche parole, consiste nell'avere costanza risoluta di non piegarsi a
cogliere i fiori, coraggio di non temere le fiere, forza di oltrepassare i forti e le frontiere
preoccupandosi solo di camminare per i monti e le rive delle virtù nella maniera già detta.>>  

AMDG et BVM