mercoledì 3 agosto 2011

San Francesco d'Assisi. Gli scritti

San Francesco riceve le stimmate
"Viene dal cielo una gran luce:
Un celeste Serafino rivestito di sei ali inchiodato sulla croce.
Riconosce il Poverello il Signore Crocifisso:
cresce il fuoco nel suo cuore..."




Scritti del Serafico Padre San Francesco


 REGOLE ED ESORTAZIONI


REGOLA NON BOLLATA

(1221)



[1]     Questa è la prima Regola che il beato Francesco com­pose, e il signor papa Innocenzo gli confermò senza bol­la.

PROLOGO


[2]     1 Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo! 2 Questa è la vita del Vangelo di Gesù Cristo, che frate Francesco chiese che dal signor papa Innocen­zo gli fosse concessa e confermata. Ed egli la concesse e la confermò per lui e per i suoi frati presenti e futuri.

[3]     3 Frate Francesco e chiunque sarà a capo di que­sta Religione, prometta obbedienza e reverenza al signor papa Innocenzo e ai suoi successori.
         4 E tutti gli altri frati siano tenuti ad obbedire a frate Francesco e ai suoi successori.

CAPITOLO I

CHE I FRATI VIVANO IN OBBEDIENZA, IN CASTITÀ

E SENZA NULLA DI PROPRIO


[4]     1 La regola e vita dei frati è questa, cioè vivere in obbedienza, in castità e senza nulla di proprio, e seguire la dottrina e l’esempio del Signore nostro Gesù Cristo, il quale dice: 2 «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e poi vieni e seguimi; 3 e: «Se qualcuno vuol venire die­tro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi se­gua»; 4 e ancora: «Se qualcuno vuole venire a me e non odia il padre, la madre, la moglie e i figli, i fratelli e le sorelle e anche la sua vita stessa non può essere mio disce­polo». E: «Chiunque avrà lasciato il padre o la ma­dre, i fratelli o le sorelle, la moglie o i figli, le case o i cam­pi per amore mio, riceverà il centuplo e possederà la vita eterna».

CAPITOLO II

DELL’ACCETTAZIONE E DELLE VESTI DEI FRATI


[5]     1 Se qualcuno, per divina ispirazione, volendo sce­gliere questa vita, verrà dai nostri frati, sia da essi beni­gnamente accolto.
         2 E se sarà deciso nell’accettare la nostra vita, si guardino bene i frati dall’intromettersi nei suoi affari temporali, ma, quanto prima possono, lo presentino al loro ministro.
         Il ministro poi lo riceva con bontà e lo conforti e diligentemente gli esponga il tenore della nostra vita. 4 Dopo di che, il predetto, se vuole e lo può spiritual­mente, senza impedimento, venda tutte le cose sue e procuri di distribuire tutto ai poveri.

[6]     5 Si guardino i frati e il ministro dei frati dall’in­tromettersi in alcun modo nei suoi affari, 6 né accetti­no denaro né direttamente né per interposta persona. 7 Se tuttavia fossero nel bisogno, possono i frati riceve­re le altre cose necessarie al corpo, ma non denaro, co­me gli altri poveri, per ragione della necessità.

[7]     5 E quando sarà ritornato, il ministro gli conceda i panni della prova, per un anno, e cioè due tonache sen­za cappuccio e il cingolo e i calzoni e il capperone fino al cingolo. 9 Finito l’anno e il periodo della prova, sia ricevuto all’obbedienza. 10 Dopo di che non potrà passare ad altra Religione, né andar vagando fuori del­l’obbedienza, secondo la prescrizione del signor Papa, e secondo il Vangelo, poiché nessuno che mette ma­no all’aratro e guarda indietro è adatto al regno di Dio.
         11 Se però venisse qualcuno che non può dar via le cose sue senza impedimento, pur desiderandolo spiri­tualmente, le abbandoni, e ciò è sufficiente.
         12 Nessuno sia ricevuto contro le norme e le pre­scrizioni della santa Chiesa.

[8]     13 Gli altri frati poi che hanno promesso obbe­dienza, abbiano una sola tonaca con il cappuccio e un’al­tra senza cappuccio, se sarà necessario, e il cingolo e i calzoni.
         14 E tutti i frati portino vesti umili e sia loro con­cesso di rattopparle con stoffa di sacco e di altre pezze con la benedizione di Dio, poiché dice il Signore nel Vangelo: «Quelli che indossano abiti preziosi e vivono in mezzo alle delizie e quelli che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re». 15 E anche se sono tacciati da ipocriti, tuttavia non cessino di fare il bene; né cerchino vesti preziose in questo mondo perché possano avere una veste nel regno dei cieli.

CAPITOLO III

DEL DIVINO UFFICIO E DEL DIGIUNO


[9]     1 Dice il Signore: «Questa specie di demoni non si può scacciare se non con la preghiera e col digiuno». 2 E ancora: «Quando digiunate non prendete un’aria me­lanconica come gli ipocriti».

[10]   3 Perciò tutti i frati, sia chierici sia laici, recitino il divino ufficio, le lodi e le orazioni come sono tenuti a fare.
         4 I chierici recitino l’ufficio e lo dicano per i vivi e per i defunti, secondo la consuetudine dei chierici. Per i difetti e le negligenze dei frati dicano, ogni gior­no, il Miserere mei, Deus con il Pater noster.
         6 Per i frati defunti dicano il De profundis con il Pater noster.
         7 E possano avere soltanto i libri necessari per adempiere al loro ufficio. 3 Anche ai laici che sanno leggere il salterio, sia concesso di averlo; 9 agli altri, invece, che non sanno leggere, non sia concesso di avere alcun libro.

[11]   10 I laici dicano il Credo in Dio e ventiquattro Pater noster con il Gloria al Padre per il mattutino, cin­que per le lodi, per l’ora di prima il Credo in Dio e sette Pater noster, con il Gloria al Padre; per terza, sesta e no­na, per ciascuna di esse, sette Pater noster; per il vespro dodici, per compieta il Credo in Dio e sette Pater noster con il Gloria al Padre; per i defunti sette Pater noster con il Requiem aeternam; e per le mancanze e le negligenze dei frati tre Pater noster ogni giorno.

[12]   11 E similmente, tutti i frati digiunino dalla fe­sta di Tutti i Santi fino al Natale e dalla Epifania, quan­do il Signore nostro Gesù Cristo incominciò a digiunare, fino alla Pasqua. 12 Negli altri tempi poi, eccetto il venerdì, non siano tenuti a digiunare secondo questa norma di vita. 13 E secondo il Vangelo, sia loro lecito mangiare di tutti i cibi che vengono loro presentati.

CAPITOLO IV

DEI RAPPORTI TRA I MINISTRI E GLI ALTRI FRATI


[13]   1 Nel nome del Signore! 2 Tutti i frati, che sono costituiti ministri e servi degli altri frati, distribuiscano nelle province e nei luoghi in cui saranno, i loro fra­ti, e spesso li visitino e spiritualmente li esortino e li confortino. 3 E tutti gli altri miei frati benedetti dili­gentemente obbediscano loro in quelle cose che riguar­dano la salute dell’anima e non sono contrarie alla no­stra vita. 4 E si comportino tra loro come dice il Signo­re: «Tutto quanto desiderate che gli uomini facciano a voi, fatelo voi pure a loro» 5 e ancora: «Ciò che tu non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri».

[14]   6 E si ricordino i ministri e servi che il Signore dice: «Non sono venuto per essere servito, ma per servire»; e che a loro è stata affidata la cura delle ani­me dei frati, perciò se qualcuno di essi si perdesse per loro colpa e cattivo esempio, nel giorno del giudizio do­vranno rendere ragione davanti al Signore [nostro] Gesù Cristo.

CAPITOLO V

DELLA CORREZIONE DEI FRATI NELLE LORO MANCANZE


[15]   1 Custodite, perciò, le vostre anime e quelle dei vostri fratelli, perché è terribile cadere nelle mani del Dio vivente. 2 Se poi qualcuno dei ministri comandasse a un frate, qualcosa contro la nostra vita o contro la sua anima, il frate non sia tenuto ad obbedirgli, poiché non è obbedienza quella in cui si commette delitto o peccato.

[16]   3 Tuttavia, tutti i frati che sono sottoposti ai mi­nistri e servi, considerino con ponderazione e diligenza le azioni dei loro ministri e servi. 4 E se vedranno che qualcuno di essi vive secondo la carne e non secondo lo spirito, quale è richiesto dalla rettitudine della nostra vita, dopo la terza ammonizione, se non si sarà emenda­to, lo notifichino al ministro e servo di tutta la Fraterni­tà nel Capitolo di Pentecoste, senza che nulla lo impedisca.

[17]   5 Se poi tra i frati, ovunque siano, ci fosse qual­che frate che volesse camminare secondo la carne e non secondo lo spirito, i frati, con i quali si trova, lo ammo­niscano, lo istruiscano e lo correggano con umiltà e dili­genza. 6 Che se, dopo la terza ammonizione, quegli non avrà voluto emendarsi, Io mandino oppure ne riferisca­no al ministro e servo, e il ministro e servo lo tratti co­me gli sembrerà meglio secondo Iddio.

[18]   7 E si guardino tutti i frati, sia i ministri e servi sia gli altri, dal turbarsi e dall’adirarsi per il peccato o il male di un altro, perché il diavolo per la colpa di uno vuole corrompere molti, 8 ma spiritualmente, come meglio possono, aiutino chi ha peccato, perché non quelli che stanno bene hanno bisogno del medico, ma gli ammalati.

[19]   9 Similmente, tutti i frati non abbiano in questo alcun potere o dominio, soprattutto fra di loro. 10 Co­me dice infatti il Signore nel Vangelo: «I principi delle nazioni le signoreggiano, e i grandi esercitano il potere su di esse; non cosi sarà tra i frati; 11 e chi tra loro vorrà essere maggiore, sia il loro ministro e servo; 12 e chi tra di essi è maggiore, si faccia come il minore».

[20]   13 Nessun frate faccia del male o dica del male a un altro 14 anzi per carità di spirito volentieri si servano e si obbediscano vicendevolmente.
         15 E questa è la vera e santa obbedienza del Si­gnore nostro Gesù Cristo.

[21]   16 E tutti i frati, ogni volta che si allontaneran­no dai comandamenti del Signore e andranno vagando fuori dell’obbedienza, come dice il profeta, sappiano che essi sono maledetti fuori dall’obbedienza, fino a quando rimarranno consapevolmente in tale peccato.
         17 Se invece avranno perseverato nei comanda­menti del Signore, che hanno promesso di osservare se­guendo il santo Vangelo e la loro forma di vita, sappiano che sono nella vera obbedienza, e siano benedetti dal Si­gnore.

CAPITOLO VI

DEL RICORSO DEI FRATI AL LORO MINISTRI

E CHE NESSUN FRATE SIA CHIAMATO PRIORE


[22]   1 I frati, in qualunque luogo sono, se non possono osservare la nostra vita, quanto prima possono, ricorra­no al loro ministro e glielo manifestino. 2 Il ministro poi procuri di provvedere ad essi, così come egli stesso vorrebbe si facesse per lui, se si trovasse in un caso simi­le.

[23]   3 E nessuno sia chiamato priore, ma tutti siano chiamati semplicemente frati minori. 4 E l’uno la­vi i piedi all’altro.

CAPITOLO VII

DEL MODO DI SERVIRE E DI LAVORARE


[24]   1 Tutti i frati, in qualunque luogo si trovino pres­so altri per servire o per lavorare, non facciano né gli amministratori né i cancellieri, né presiedano nelle case in cui prestano servizio; né accettino alcun ufficio che generi scandalo o che porti danno alla loro anima; ma siano minori e sottomessi a tutti coloro che sono in quella stessa casa.
         3 E i frati che sanno lavorare, lavorino ed esercitino quel mestiere che già conoscono, se non sarà contrario alla salute dell’anima e può essere esercitato onestamente.
         4 Infatti dice il profeta: «Mangerai il frutto del tuo la­voro; beato sei e t’andrà bene»; 5 e l’Apostolo: «Chi non vuol lavorare, non mangi»; 6 e: «Ciascuno riman­ga in quel mestiere e in quella professione cui fu chiama­to». 7 E per il lavoro prestato possano ricevere tutto il necessario, eccetto il denaro.
         8 E quando sarà necessario, vadano per l’elemosina come gli altri poveri.

[25]   9 E possano avere gli arnesi e gli strumenti adatti ai loro mestieri.
         10 Tutti i frati cerchino di applicarsi alle opere buo­ne; poiché sta scritto: Fa’ sempre qualche cosa di buono affinché il diavolo ti trovi occupato, 11 e ancora: L’ozio è il nemico dell’anima. 12 Perciò i servi di Dio devono sempre dedicarsi alla preghiera o a qualche opera buona.

[26]   13 Si guardino i frati, ovunque saranno, negli eremi o in altri luoghi, di non appropriarsi di alcun luo­go e di non contenderlo ad alcuno.
         14 E chiunque verrà da essi, amico o nemico, la­dro o brigante, sia ricevuto con bontà. 15 E ovunque sono i frati e in qualunque luogo si incontreranno, deb­bano rivedersi volentieri e con gioia di spirito e onorarsi scambievolmente senza mormorazione.

[27]   16 E si guardino i frati dal mostrarsi tristi al­l’esterno e oscuri in faccia come gli ipocriti, ma si mo­strino lieti nel Signore e giocondi e garbatamente amabili.

CAPITOLO VIII

CHE I FRATI NON RICEVANO DENARO


[28]   1 Il Signore comanda nel Vangelo: «Attenzione, guardatevi da ogni malizia e avarizia»; 2 e: «Guarda­tevi dalle preoccupazioni di questo mondo e dalle cure di questa vita». 3 Perciò, nessun frate, ovunque sia e do­vunque vada, in nessun modo prenda con sé o riceva da altri o permetta che sia ricevuta pecunia o denaro, né col pretesto di acquistare vesti o libri, né per compenso di alcun lavoro, insomma per nessuna ragione, se non per una manifesta necessità dei frati infermi; poiché non dobbiamo avere né attribuire alla pecunia e al de­naro maggiore utilità che ai sassi.
         4 E il diavolo vuole accecare quelli che li desiderano e li stimano più dei sassi. 5 Badiamo, dunque, noi che abbiamo lasciato tutto, di non perdere, per sì poca cosa, il regno dei cieli.
         6 E se troveremo in qualche luogo del denaro, non curiamocene, come della polvere che si calpesta, poiché è vanità delle vanità e tutto è vanità.
         7 E se per caso, Dio non voglia, capitasse che un fra­te raccogliesse o avesse della pecunia o del denaro, eccettuato soltanto per la predetta necessità relativa agli infermi, tutti noi frati riteniamolo un falso frate e apo­stata e un ladro e un brigante, e un ricettatore di bor­se, a meno che non se ne penta sinceramente.
         8 E in nessun modo i frati accettino né permettano di accettare, né cerchino, né facciano cercare pecunia per elemosina, né soldi per qualche casa o luogo, né si accompagnino con persona che vada in cerca di pecunia o di denaro per tali luoghi. 9 Altri servizi invece, che non sono contrari alla nostra forma di vita, i frati li pos­sono fare nei luoghi con la benedizione di Dio.
         10 Tuttavia, i frati, per una evidente necessità dei lebbrosi, possono chiedere l’elemosina per essi.
         11 Si guardino però molto dalla pecunia. 12 Si­milmente, tutti i frati si guardino di non andare in giro per alcun turpe guadagno.

CAPITOLO IX

DEL CHIEDERE L’ELEMOSINA


[29]   1 Tutti i frati si impegnino a seguire l’umiltà e la povertà del Signore nostro Gesù Cristo, e si ricordino che nient’altro ci è consentito di avere, di tutto il mondo, come dice l’apostolo, se non il cibo e le vesti, e di questi ci dobbiamo accontentare.

[30]   2 E devono essere lieti quando vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, tra in­fermi e lebbrosi e tra i mendicanti lungo la strada.

[31]   3 E quando sarà necessario, vadano per l’elemosi­na.
         4 E non si vergognino, ma si ricordino piuttosto che il Signor nostro Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, onni­potente, rese la sua faccia come pietra durissima, né si vergognò; 5 e fu povero e ospite, e visse di elemosine lui e la beata Vergine e i suoi discepoli. 6 E quando gli uomini facessero loro vergogna e non volessero dare loro l’elemosina, ne ringrazino Iddio, poiché per tali umilia­zioni riceveranno grande onore presso il tribunale del Signore nostro Gesù Cristo.
         7 E sappiano che l’umiliazione è imputata non a co­loro che la ricevono ma a coloro che la fanno.
         8 E l’elemosina è l’eredità e la giustizia dovuta ai po­veri; l’ha acquistata per noi il Signor nostro Gesù Cristo. 9 E i frati che lavorano per acquistarla avranno grande ricompensa e la fanno guadagnare e acquistare a quelli che la donano; poiché tutte le cose che gli uomini lasce­ranno nel mondo, periranno, ma della carità e delle ele­mosine che hanno fatto riceveranno il premio dal Signo­re.

[32]   10 E con fiducia l’uno manifesti all’altro la pro­pria necessità, perché l’altro gli trovi le cose necessarie e gliele dia. 11 E ciascuno ami e nutra il suo fratello, come la madre ama e nutre il proprio figlio, in tutte quelle cose in cui Dio gli darà grazia. 12 E colui che non mangia non giudichi colui che mangia.

[33]   13 E ogniqualvolta sopravvenga la necessità, sia consentito a tutti i frati, ovunque si trovino, di prendere tutti i cibi che gli uomini possono mangiare, così come il Signore dice di David, il quale mangiò i pani dell’offerta che non era permesso mangiare se non ai sacerdoti. 14 E ricordino ciò che dice il Signore: «Badate a voi che non vi capiti che i vostri cuori siano aggravati dalla crapula e dall’ubriachezza e dalle preoccupazioni di questa vita 15 e che quel giorno piombi su di voi all’improvviso, poiché cadrà come un laccio su tutti coloro che abitano sulla faccia della terra». 16 Similmente, ancora, in tempo di manifesta necessità tutti i frati provvedano per le cose loro necessarie cosi come il Signore darà lo­ro la grazia, poiché la necessità non ha legge.

CAPITOLO X

DEI FRATI INFERMI


[34]   1 Se un frate cadrà ammalato, ovunque si trovi, gli altri frati non lo lascino senza avere prima incaricato un frate, o più se sarà necessario, che lo servano come vorrebbero essere serviti essi stessi; 2 però in caso di estrema necessità, lo possono affidare a qualche per­sona che debba assisterlo nella sua infermità.

[35]   3 E prego il frate infermo di rendere grazie di tutto al Creatore; e che quale lo vuole il Signore, tale de­sideri di essere, sano o malato, poiché tutti coloro che Dio ha preordinato alla vita eterna, li educa con i ri­chiami stimolanti dei flagelli e delle infermità e con lo spirito di compunzione, così come dice il Signore: «lo quelli che amo, li correggo e li castigo».
         4 Se invece si turberà e si adirerà contro Dio e con­tro i frati, ovvero chiederà con insistenza medicine, de­siderando troppo di liberare la carne che presto dovrà morire, e che è nemica dell’anima, questo gli viene dal maligno ed egli è uomo carnale, e non sembra essere un frate, poiché ama più il corpo che l’anima.

CAPITOLO XI

CHE I FRATI NON FACCIANO INGIURIA NÉ DETRAZIONE,

MA SI AMINO SCAMBIEVOLMENTE


[36]   1 E tutti i frati si guardino dal calunniare alcuno, e evitino le dispute di parole, 2 anzi cerchino di con­servare il silenzio, se Dio darà loro questa grazia. 3 E non litighino tra loro, né con gli altri, ma procurino di rispondere con umiltà, dicendo: Sono servo inutile.

[37]   4 E non si adirino, perché chiunque si adira col suo fratello, sarà condannato al giudizio; chi avrà detto al suo fratello «raca», sarà condannato nel Sinedrio; chi gli avrà detto «pazzo», sarà condannato al fuoco della Geen­na. 5 E si amino scambievolmente, come dice il Si­gnore: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate scambievolmente come io ho amato voi». 6 E mostri­no con le opere l’amore che hanno fra di loro, come dice l’apostolo: «Non amiamo a parola né con la lingua, ma con le opere e in verità ». 7 E non oltraggino nessu­no; 8 non mormorino, non calunnino gli altri, poiché è scritto: «i sussurroni e i detrattori sono in odio a Dio». 9E siano modesti, mostrando ogni mansuetudine verso tutti gli uomini. 10 Non giudichino, non condanni­no; 11 e come dice il Signore, non guardino ai più pic­coli peccati degli altri, 12 ma pensino piuttosto ai loro nell’amarezza della loro anima.
         13 E si sforzino di entrare per la porta stretta, poiché dice il Signore: «Angusta è la porta e stretta la via che conduce alla vita; e sono pochi quelli che la trova­no».

CAPITOLO XII

DEGLI SGUARDI IMPURI E DELLA COMPAGNIA DELLE DONNE


[38]   1 Tutti i frati, ovunque siano o vadano, evitino gli sguardi impuri e la compagnia delle donne. 2 E nessu­no si trattenga in consigli né cammini solo per la strada né mangi alla mensa in unico piatto con esse.
         3 I sacerdoti parlino con loro onestamente quando amministrano la penitenza o per qualche consiglio spiri­tuale.
         4 E nessuna donna in maniera assoluta sia ricevuta all’obbedienza da alcun frate, ma una volta datole il con­siglio spirituale, essa faccia vita di penitenza dove vor­rà. 5 E tutti dobbiamo vigilare molto su noi stessi e dobbiamo mantenere le nostre membra pure, poiché di­ce il Signore: «Chiunque avrà guardato una donna per de­siderarla, ha già commesso adulterio con lei, nel suo cuo­re». 6 E l’apostolo: «Non sapete che le vostre membra sono tempio dello Spirito Santo?; perciò, se uno violerà il tempio di Dio, Dio distruggerà lui».

CAPITOLO XIII

DELL’EVITARE LA FORNICAZIONE

 

[39]   1 Se un frate, per istigazione del diavolo, dovesse fornicare, sia spogliato dell’abito, che per il turpe pecca­to ha perduto il diritto di portare, e lo deponga del tut­to, e sia espulso totalmente dalla nostra Religione. 2 E dopo faccia penitenza dei peccati.

CAPITOLO XIV

COME I FRATI DEVONO ANDARE PER IL MONDO


[40]   1 Quando i frati vanno per il mondo, non portino niente per il viaggio, né sacco, né bisaccia, né pane, né pecunia, né bastone. 2 E in qualunque casa entreranno dicano prima: Pace a questa casa. 3 E dimorando in quella casa mangino e bevano quello che ci sarà presso di loro. 4 Non resistano al malvagio; ma se uno li percuote su una guancia, gli offrano l’altra. 5 E se uno toglie loro il mantello, non gli impediscano di prendere anche la tunica. 6 Diano a chiunque chiede; e a chi to­glie il loro, non lo richiedano.

CAPITOLO XV

CHE I FRATI NON POSSEGGANO BESTIE, NÉ VADANO A CAVALLO


[41]   1 Ordino a tutti i miei frati sia chierici che laici, che vanno per il mondo o dimorano nei luoghi, di non avere né presso di sé, né presso altri, né in nessun altro modo, alcuna bestia.
         2 E non sia loro lecito andare a cavallo se non vi siano costretti da infermità o da grande necessità.

 

CAPITOLO XVI

DI COLORO CHE VANNO TRA I SARACENI E GLI ALTRI INFEDELI


[42]   1 Dice il Signore: «Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi. 2 Siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe».
         3 Perciò qualsiasi frate che vorrà andare tra i Sara­ceni e altri infedeli, vada con il permesso del suo mini­stro e servo.
         4 Il ministro poi dia loro il permesso e non li osta­coli se vedrà che sono idonei ad essere mandati; infatti dovrà rendere ragione al Signore, se in queste come in altre cose avrà proceduto senza discrezione.

[43]   5 I frati poi che vanno fra gli infedeli, possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi. 6 Un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani.
         7 L’altro modo è che quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché essi credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, Crea­tore di tutte le cose, e nel Figlio Redentore e Salvatore, e siano battezzati, e si facciano cristiani, poiché, se uno non sarà rinato per acqua e Spirito Santo non può entrare nel regno di Dio.

[44]   8 Queste ed altre cose che piaceranno al Signore, possono dire ad essi e ad altri; poiché dice il Signore nel Vangelo: «Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli»; 9 e: «Chiunque si vergognerà di me e delle mie parole, il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando tornerà nella gloria sua e del Padre e degli angeli».

[45]   10 E tutti i frati, ovunque sono, si ricordino che si sono donati e hanno abbandonato i loro corpi al Si­gnore nostro Gesù Cristo. 11 E per il suo amore devo­no esporsi ai nemici sia visibili che invisibili, poiché di­ce il Signore: «Colui che perderà l’anima sua per causa mia la salverà per la vita eterna».
         12 «Beati quelli che sono perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. 13 Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi». 14 E: «Se poi vi perseguitano in una città fuggite in un’altra. 15 Beati sarete, quando gli uomini vi odie­ranno e vi malediranno e vi perseguiteranno e vi bandiran­no e vi insulteranno e il vostro nome sarà proscritto come infame e falsamente diranno di voi ogni male per causa mia; 16 rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. 17 E io dico a voi, miei amici: non lasciatevi spaventare da loro18 e non temete coloro che uccidono il corpo e dopo di ciò non possono far niente di più.
         19 Guardatevi di non turbarvi. 20 Con la vostra pazienza infatti salverete le vostre anime. 21 E chi persevererà sino alla fine, questi sarà salvo».

CAPITOLO XVII

DEI PREDICATORI


[46]   1 Nessun frate predichi contro la forma e le pre­scrizioni della santa Chiesa e senza il permesso del suo ministro. 2 E il ministro si guardi dal concederlo senza discernimento. 3 Tutti i frati, tuttavia, predichino con le opere. 4 E nessun ministro o predicatore consideri sua proprietà il ministero dei frati o l’ufficio della predi­cazione, ma in qualunque ora gli fosse ordinato, lasci, senza alcuna contestazione, il suo incarico.

[47]   5 Per cui scongiuro, nella carità che è Dio, tut­ti i miei frati occupati nella predicazione, nell’orazione, nel lavoro, sia chierici che laici, che cerchino di umiliar­si in tutte le cose, 6 di non gloriarsi, né godere tra sé, né esaltarsi dentro di sé delle buone parole e delle opere anzi di nessun bene che Dio dice, o fa o opera talora in loro e per mezzo di loro, secondo quello che dice il Si­gnore: «Non rallegratevi però in questo, perché vi stanno soggetti gli spiriti».

[48]   7 E siamo fermamente convinti che non appar­tengono a noi se non i vizi e i peccati. 8 E dobbiamo anzi godere quando siamo esposti a diverse prove, e quando sosteniamo qualsiasi angustia o afflizione di ani­ma o di corpo in questo mondo in vista della vita eter­na. 9 Quindi tutti noi frati guardiamoci da ogni super­bia e vana gloria; 10 e difendiamoci dalla sapienza di questo mondo e dalla prudenza della carne. 11 Lo spirito della carne, infatti, vuole e si preoccupa molto di possedere parole, ma poco di attuarle, 12 e cerca non la religiosità e la santità interiore dello spirito, ma vuo­le e desidera avere una religiosità e una santità che ap­paia al di fuori agli uomini.
         13 È di questi che il Signore dice: «In verità vi di­co, hanno ricevuto la loro ricompensa». 14 Lo spiri­to del Signore invece vuole che la carne sia mortificata e disprezzata, vile e abbietta, 15 e ricerca l’umiltà e la pazienza e la pura e semplice e vera pace dello spirito; 16 e sempre desidera soprattutto il divino timore e la divina sapienza e il divino amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

[49]   17 E restituiamo al Signore Dio altissimo e sommo tutti i beni e riconosciamo che tutti i beni sono suoi e di tutti rendiamogli grazie, perché procedono tutti da Lui. 18 E lo stesso altissimo e sommo, solo vero Dio abbia, e gli siano resi ed Egli stesso riceva tutti gli onori e la reverenza, tutte le lodi e tutte le benedizioni, ogni rendi­mento di grazia e ogni gloria, poiché suo è ogni bene ed Egli solo è buono.
         19 E quando vediamo o sentiamo maledire o fare del male o bestemmiare Dio, noi benediciamo e faccia­mo del bene e lodiamo il Signore che è benedetto nei se­coli. Amen.

CAPITOLO XVIII

COME I MINISTRI DEVONO RADUNARSI INSIEME


[50]   1 Ciascun ministro possa riunirsi con i suoi frati, ogni anno, ovunque piaccia a loro, nella festa di san Mi­chele arcangelo, per trattare delle cose che riguardano Dio. 2 Ma tutti i ministri, quelli che sono nelle regioni d’oltremare e oltralpe una volta ogni tre anni, e gli altri una volta all’anno, vengano al Capitolo generale nella fe­sta di Pentecoste, presso la chiesa di Santa Maria della Porziuncola a meno che dal ministro e servo di tutta la fraternità non sia stato ordinato diversamente.

 

CAPITOLO XIX

CHE I FRATI VIVANO CATTOLICAMENTE


[51]   1 Tutti i frati siano cattolici, vivano e parlino cattolicamente. 2 Se qualcuno poi a parole o a fatti si allontanerà dalla fede e dalla vita cattolica e non se ne sarà emendato, sia espulso totalmente dalla nostra fraternità.

[52]   3 E riteniamo tutti i chierici e tutti i religiosi per padroni in quelle cose che riguardano la salvezza dell’anima e che non deviano dalla nostra religione, 4 e ve­neriamone l’ordine sacro, l’ufficio e il ministero nel Si­gnore.

CAPITOLO XX

DELLA PENITENZA E DELLA COMUNIONE

DEL CORPO E DEL SANGUE DEL SIGNORE NOSTRO GESÙ CRISTO


[53]   1 I frati miei benedetti, sia chierici che laici, con­fessino i loro peccati ai sacerdoti della nostra Religione. 2 E se non potranno, si confessino ad altri sacerdoti prudenti e cattolici, fermamente convinti e consapevoli che da qualsiasi sacerdote cattolico riceveranno la penitenza e l’assoluzione, saranno senza dubbio assolti da quei peccati, se procureranno di osservare umilmente e fedelmente la penitenza loro imposta.
         3 Se invece in quel momento non potranno avere un sacerdote, si confessino a un loro fratello come dice l’apostolo Giacomo: «Confessate l’uno all’altro i vostri pec­cati». 4 Tuttavia per questo, non tralascino di ricor­rere ai sacerdote poiché solo ai sacerdoti è concessa la potestà di legare e di sciogliere.

[54]   5 E così contriti e confessati ricevano il corpo e il sangue del Signor nostro Gesù Cristo, con grande umiltà e venerazione, ricordando le parole del Signore. «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eter­na», 6 e ancora: «Fate questo in memoria di me».

CAPITOLO XXI

DELLA ESORTAZIONE E DELLA LODE CHE POSSONO FARE TUTTI I FRATI


[55]   1 E questa o simile esortazione e lode tutti i miei frati, quando a loro piacerà, possono annunciare ad ogni categoria di uomini, con la benedizione di Dio:
2 Temete e onorate,
lodate e benedite,
ringraziate e adorate
il Signore Dio onnipotente
nella Trinità e nell’Unità,
Padre e Figlio e Spirito Santo,
creatore di tutte le cose.
3 Fate penitenza,
fate frutti degni di penitenza,
perché presto moriremo.
3 Date e vi sarà dato,
Perdonate e vi sarà perdonato;
E se non perdonerete agli uomini le loro offese,
il Signore non vi perdonerà i vostri peccati.
Confessate tutti i vostri peccati.
7 Beati coloro che muoiono nella penitenza,
poiché saranno nel regno dei cieli.
8 Guai a quelli che non muoiono nella penitenza,
poiché saranno figli del diavolo
di cui compiono le opere,
e andranno nel fuoco eterno,
9 Guardatevi e astenetevi da ogni male
e perseverate nel bene fino alla fine.

CAPITOLO XXII

AMMONIZIONE AI FRATI


[56]   1 O frati tutti, riflettiamo attentamente che il Si­gnore dice: «Amate i vostri nemici e fate del bene a quelli che vi odiano», 2 poiché il Signore nostro Gesù Cri­sto, di cui dobbiamo seguire le orme, chiamò amico il suo traditore e si offrì spontaneamente ai suoi crocifis­sori. 3 Sono, dunque, nostri amici tutti coloro che in­giustamente ci infliggono tribolazioni e angustie, ignominie e ingiurie, dolori e sofferenze, martirio e morte, 4 e li dobbiamo amare molto poiché, a motivo di ciò che essi ci infliggono, abbiamo la vita eterna.

[57]   5 E dobbiamo avere in odio il nostro corpo con i suoi vizi e peccati, poiché quando noi viviamo secondo la carne, il diavolo vuole toglierci l’amore del [Signore nostro] Gesù Cristo e la vita eterna e vuole perdere se stesso con tutti nell’inferno; 6 poiché noi per colpa no­stra siamo ignobili, miserevoli e contrari al bene, pronti invece e volonterosi al male, perché, come dice il Signore nel Vangelo: 7 «Dal cuore procedono ed escono i cattivi pensieri, gli adulteri, le fornicazioni, gli omicidi, i furti, la cupidigia, la cattiveria, la frode, la impudicizia, l’invidia, le false testimonianze, la bestemmia, [la superbia], la stoltezza, 8 Tutte queste cose cattive procedono dal di dentro del cuore dell’uomo, e sono queste cose che contaminano l’uomo».
         9 Ora invece, da che abbiamo abbandonato il mondo, non abbiamo da fare altro che seguire la volontà del Si­gnore e piacere unicamente a Lui.

[58]   10 Guardiamoci bene dall’essere la terra lungo la strada, o la terra sassosa, o quella invasa dalle spine 11 secondo quanto dice il Signore nel Vangelo: «Il seme e la parola di Dio 12 Quello che cadde lungo la strada e fu calpestato sono coloro che ascoltano la parola di Dio e non la comprendono; 13 e subito viene il diavo­lo e porta via quello che è stato seminato nei loro cuori, perché non credano e siano salvati. 14 Quello poi che cadde nei luoghi sassosi, sono coloro che appena ascoltano la parola, subito la ricevono con gioia; 15 ma quando sopraggiunge una tribolazione o una persecuzione a causa della parola, ne restano immediatamente scandalizzati; an­che questi non hanno radice in sé, sono incostanti, per­ché credono per un certo tempo, ma nell’ora della tentazio­ne vengono meno. 16 Quello che cadde tra le spine, sono coloro che ascoltano la parola, ma le cure di questo mondo e la seduzione delle ricchezze e gli altri affetti disordinati entrano nel loro animo e soffocano la parola, sicché ri­mangono infruttuosi. 17 Infine il seme affidato alla ter­ra buona, sono coloro che, ascoltando la parola con buo­ne, anzi ottime disposizioni, la intendono e la custodiscono e portano frutti con la perseveranza».

[59]   18 E perciò noi frati, così come dice il Signore, «lasciamo che i morti seppelliscano i loro morti».
         19 E guardiamoci bene dalla malizia e dall’astuzia di Satana, il quale vuole che l’uomo non abbia la sua mente e il cuore rivolti a Dio; 20 e, circuendo il cuore dell’uo­mo con il pretesto di una ricompensa o di un aiuto, mira a togliere e a soffocare la parola e i precetti del Signore dalla memoria, e vuole accecare il cuore dell’uomo, at­traverso gli affari e le preoccupazioni di questo mondo, e abitarvi, così come dice il Signore: 21 «Quando lo spirito immondo è uscito da un uomo va per luoghi aridi e senz’acqua in cerca di riposo e non la trova; e allora dice: 22 Tornerò nella mia casa da cui sono uscito. 23 E quando vi arriva, la trova vuota, spazzata e adorna. 24 Allora egli se ne va e prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui, poi entrano e vi prendono dimora, sicché l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima.

[60]   25 Perciò, tutti noi frati, stiamo bene in guardia, perché, sotto pretesto di ricompensa, di opera da fare e di un aiuto non ci avvenga di perdere o di distogliere la nostra mente e il cuore dal Signore.
         26 Ma, nella santa carità, che è Dio, prego tutti i frati, sia i ministri che gli altri, che, allontanato ogni impedimento e messa da parte ogni preoccupazione e ogni affanno, in qualunque modo meglio possono, si im­pegnino a servire, amare, adorare e onorare il Signore Iddio, con cuore puro e con mente pura, ciò che egli stesso domanda sopra tutte le cose.

[61]   27 E sempre costruiamo in noi una casa e una dimora permanente a Lui, che è il Signore Dio onni­potente, Padre e Figlio e Spirito Santo, e che dice: «Vigi­late dunque e pregate in ogni tempo, affinché possiate sfug­gire tutti i mali che accadranno e stare davanti al Figlio dell’uomo. 28 E quando vi mettete a pregare, dite: Pa­dre nostro che sei nei cieli. 29 E adoriamolo con cuore puro, poiché bisogna sempre pregare senza stancarsi mai; 30 infatti il Padre cerca tali adoratori. 31 Dio è spirito, e bisogna che quelli che lo adorano, lo adorino in spirito e verità ». 32 E a lui ricorriamo come al pastore e al vescovo delle anime nostre, il quale dice: «Io sono il buon Pastore, che pascolo le mie pecore e do la mia vita per le mie pecore». 33 «Voi siete tutti fratelli. 34 Non vogliate chiamare nessuno padre vostro sulla terra, perché uno solo è il vostro Padre, quello che è nei cieli. 35 Né fatevi chiamare maestri, perché uno solo è il vostro maestro, che è nei cieli, [Cristo]». 36 «Se rimarrete in me e rimarranno in voi le mie parole, doman­derete quel che vorrete e vi sarà fatto. 37 Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, ci sono io in mezzo a loro. 38 Ecco, io sono con voi fino alla fine dei seco­li. 39 Le parole che vi ho detto sono spirito e vita. 40 Io sono la via, la verità e la vita».

[62]   41 Manteniamoci dunque fedeli alle parole, alla vita, alla dottrina e al santo Vangelo di colui che si è degnato pregare per noi il Padre suo e manifestarci il nome di lui, dicendo: «Padre, glorifica il tuo nome» e: «Glorifica il Figlio tuo perché il Figlio tuo glorifichi te». 42 «Padre, ho ma­nifestato il tuo nome agli uomini, che mi hai dato, perché le parole che tu hai dato a me, io le diedi loro; ed essi le han­no accolte e hanno riconosciuto che io sono uscito da te ed hanno creduto che tu mi hai mandato. 43 Io prego per loro; non prego per il mondo, 44 ma per quelli che mi hai dato, perché sono tuoi, e tutto ciò che è mio è tuo. 45 Padre santo, custodisci nel Nome tuo coloro che mi hai dato, af­finché siano una cosa sola come noi. 46 Questo io dico nel mondo, affinché abbiano la gioia in se stessi. 47 Io ho comunicato loro la tua parola, e il mondo li ha odiati perché non sono del mondo, come non sono del mondo io. 48 Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che tu li guardi dal male. 49 Rendili gloriosi nella verità. 50 La tua parola è verità. 51 Come tu hai mandato me nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo. 52 E per loro io santifico me stesso, affinché anche loro siano santificali nella verità. 53 Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che crederanno in me, per la loro paro­la, affinché siano perfetti nell’unità, e il mondo conosca che tu mi hai mandato e li hai amati, come hai amato me. 54 Ed io renderò noto a loro il tuo Nome, affinché l’amo­re col quale tu hai amato me sia in loro ed io in loro.
         55 Padre, quelli che mi hai dato, voglio che dove io sono siano anch’essi con me, perché contemplino la tua gloria nel tuo regno». Amen.

CAPITOLO XXIII

PREGHIERA E RENDIMENTO DI GRAZIE


[63]   1 Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, Padre santo e giusto, Signore Re del cielo e della terra, per te stesso ti rendiamo grazie, perché per la tua santa volontà e per l’unico tuo Figlio con lo Spirito Santo hai creato tutte le cose spirituali e corporali, e noi fatti a tua immagine e somiglianza hai posto in Paradiso, 2 E noi per colpa nostra siamo caduti.

[64]   3 E ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, cosi per il santo tuo amore, col quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergi­ne beatissima santa Maria, e, per la croce, il sangue e la morte di Lui ci hai voluti redimere dalla schiavitù.

[65]   4 E ti rendiamo grazie, perché lo stesso tuo Figlio ritornerà nella gloria della sua maestà per destinare i reprobi, che non fecero penitenza e non ti conobbero, al fuoco eterno, e per dire a tutti coloro che ti conobbero e ti adorarono e ti servirono nella penitenza: Venite, bene­detti dal Padre mio, entrate in possesso del regno, che vi è stato preparato fin dalle origini del mondo.

[66]   5 E poiché tutti noi miseri e peccatori, non sia­mo degni di nominarti, supplici preghiamo che il Signore nostro Gesù Cristo Figlio tuo diletto, nel quale ti sei compiaciuto, insieme con lo Spirito Santo Paracli­to ti renda grazie così come a te e a lui piace, per ogni cosa, Lui che ti basta sempre in tutto e per il quale a noi hai fatto cose tanto grandi. Alleluia.

[67]   6 E per il tuo amore supplichiamo umilmente la gloriosa e beatissima Madre sempre vergine Maria, i beati Michele, Gabriele e Raffaele e tutti i cori degli spi­riti celesti: serafini, cherubini, troni, dominazioni, prin­cipati, potestà, virtù, angeli, arcangeli; il beato Giovan­ni Battista, Giovanni evangelista, Pietro, Paolo, e i beati Patriarchi, i profeti, i santi innocenti, gli apostoli, gli evangelisti, i discepoli, i martiri, i confessori, le vergini, i beati Elia e Enoch e tutti i santi che furono e saranno e sono, affinché, come a te piace, per tutti questi benefici rendano grazie a Te, sommo vero Dio, eterno e vivo, con il Figlio tuo carissimo, il Signore nostro Gesù Cristo e con lo Spirito Santo Paraclito nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia.

[68]   7 E tutti coloro che vogliono servire al Signore Iddio nella santa Chiesa cattolica e apostolica, e tutti i seguenti ordini: sacerdoti, diaconi, suddiaconi, accoliti, esorcisti, lettori, ostiari, e tutti i chierici, e tutti i religiosi e le religiose, tutti i conversi e i fanciulli, i poveri e i miseri, i re e i principi, i lavoratori e i contadini, i servi e i padroni, tutte le vergini e le continenti e le maritate, i laici, uomini e donne, tutti i bambini, gli adolescenti, i giovani e i vecchi, i sani e gli ammalati, tutti i piccoli e i grandi e tutti i popoli, genti, razze e lingue, tutte le na­zioni e tutti gli uomini d’ogni parte della terra, che sono e saranno, noi tutti frati minori, servi inutili, umil­mente preghiamo e supplichiamo perché perseveriamo nella vera fede e nella penitenza, poiché nessuno può salvarsi in altro modo.

[69]   8 Tutti amiamo con tutto il cuore, con tutta l’ani­ma, con tutta la mente, con tutta la capacità e la fortezza, con tutta l’intelligenza, con tutte le forze, con tutto lo slancio, tutto l’affetto, tutti i sentimenti più profondi, tutti i desideri e la volontà il Signore Iddio, il quale a tutti noi ha dato e dà tutto il corpo, tutta l’anima e tutta la vita; che ci ha creati, redenti, e ci salverà per sua sola misericordia; Lui che ogni bene fece e fa a noi miserevoli e miseri, putridi e fetidi, ingrati e cattivi.

[70]   9 Nient’altro dunque dobbiamo desiderare, niente altro volere, nient’altro ci piaccia e diletti, se non il Crea­tore e Redentore e Salvatore nostro, solo vero Dio, il quale è il bene pieno, ogni bene, tutto il bene, vero e sommo bene, che solo è buono, pio, mite, soave e dol­ce, che solo è santo, giusto, vero, santo e retto, che solo è benigno, innocente, puro, dal quale e per il quale e nel quale è ogni perdono, ogni grazia, ogni gloria di tutti i penitenti e giusti, di tutti i santi che godono insieme nei cieli.

[71]   10 Niente dunque ci ostacoli, niente ci separi, niente si frapponga.
         11 E ovunque, noi tutti, in ogni luogo, in ogni ora e in ogni tempo, ogni giorno e ininterrottamente crediamo veramente e umilmente e teniamo nel cuore e amiamo, onoriamo adoriamo, serviamo, lodiamo e benediciamo, glorifichiamo ed esaltiamo, magnifichiamo e rendiamo grazie all’altissimo e sommo eterno Dio, Trinità e Unità, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose e Salvatore di tutti coloro che credono e sperano in lui, e amano lui che è senza inizio e senza fine, immutabile, invisibile, inenarrabile, ineffabile, incomprensibile, inin­vestigabile, benedetto, degno di lode, glorioso, so­praesaltato, sublime, eccelso, soave, amabile, dilette­vole e tutto sopra tutte le cose desiderabile nei secoli dei secoli. Amen.

CAPITOLO XXIV

CONCLUSIONE


[72]   1 Nel nome del Signore! Prego tutti i frati di im­parare la lettera ed il contenuto delle cose che in questa forma di vita sono state scritte a salvezza della nostra anima, e di richiamarle frequentemente alla memoria. 2 E prego Dio affinché egli stesso, che è onnipotente, trino e uno, benedica tutti quanti insegnano, imparano, custodiscono, ritengono a memoria e praticano queste cose, ogni volta che ricordano e fanno quelle cose che in essa sono state scritte per la salvezza della nostra anima. 3 E supplico tutti, baciando loro i piedi, che le amino molto, le custodiscano e le conservino.

[73]   4 E da parte di Dio onnipotente e del signor Pa­pa, e per obbedienza io, frate Francesco, fermamente co­mando e ordino che nessuno tolga o aggiunga scritto al­cuno a quelle cose che sono state scritte in questa vita, e che i frati non abbiano un’altra Regola.
         5 Gloria al Padre, e al Figlio e allo Spirito Santo, come era in principio e ora e sempre e nel secoli dei secoli. Amen.





REGOLA BOLLATA

(1223)

 


[74a] Onorio, vescovo, servo dei servi di Dio, ai diletti figli, frate Francesco e agli altri frati dell’Ordine dei frati minori, salute e apostolica benedizione.
         La Sede Apostolica suole accondiscendere ai pii voti e accordare benevolo favore agli onesti desideri dei richie­denti. Pertanto, diletti figli nel Signore, noi, accogliendo le vostre pie suppliche, vi confermiamo con l’autorità apostolica, la Regola del vostro Ordine, approvata dal nostro predecessore papa Innocenzo, di buona memoria e qui trascritta, e l’avvaloriamo con il patrocinio del pre­sente scritto. La Regola è questa:

CAPITOLO I


[74]   Nel nome del Signore! Incomincia la vita dei frati minori

[75]   1 La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità.

[76]   2 Frate Francesco promette obbedienza e reverenza al signor papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana. 3 E gli altri frati siano tenuti a obbedire a frate Francesco e ai suoi successori.

CAPITOLO II

DI COLORO CHE VOGLIONO INTRAPRENDERE QUESTA VITA

E COME DEVONO ESSERE RICEVUTI


[77]   1 Se alcuni vorranno intraprendere questa vita e verranno dai nostri frati, questi li mandino dai loro ministri provinciali, ai quali soltanto e non ad altri sia concesso di ammettere i frati. 2 I ministri, poi, diligentemente li esaminino intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa 3 E se credono tutte queste cose e le vogliono fedelmente professare e osservare fermamente fino alla fine; 4 e non hanno mogli o, qualora le abbiano, esse siano già entrate in monastero o abbiano dato loro il permesso con l’autorizzazione del vescovo diocesano, dopo aver fatto voto di castità; e le mogli siano di tale età che non possa nascere su di loro alcun sospetto; 5 dicano ad essi la parola del santo Vangelo, che «vadano e vendano tutto quello che posseggono e procurino di darlo ai poveri». 6. Se non potranno farlo, basta ad essi la buona volontà.

[78]   7 E badino i frati e i loro ministri di non essere solleciti delle loro cose temporali, affinché dispongano delle loro cose liberamente, secondo l’ispirazione del Signore. 8 Se tuttavia fosse loro chiesto un consiglio i ministri abbiano la facoltà di mandarli da persone timorate di Dio, perché con il loro consiglio i beni vengano elargiti ai poveri.

[79]   9 Poi concedano loro i panni della prova cioè due tonache senza cappuccio e il cingolo e i pantaloni e il capperone fino al cingolo 10 a meno che qual­che volta ai ministri non sembri diversamente secondo Dio.

[80]   11 Terminato, poi, l’anno della prova, siano rice­vuti all’obbedienza, promettendo di osservare sempre questa vita e Regola. 12 E in nessun modo sarà loro lecito di uscire da questa Religione, secondo il decreto del signor Papa; 13 poiché, come dice il Vangelo, «nessuno che mette la mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

[81]   14 E coloro che hanno già promesso obbedien­za, abbiano una tonaca con il cappuccio e un’altra senza, coloro che la vorranno avere. 15 E coloro che sono costretti da necessità possano portare calzature. 16 E tutti i frati si vestano di abiti vili e possano rat­topparli con sacco e altre pezze con la benedizione di Dio. 17 Li ammonisco, però, e li esorto a non disprezzare e a non giudicare gli uomini che vedono vestiti di abiti molli e colorati ed usare cibi e bevande delicate, ma piuttosto ciascuno giudichi e disprezzi se stesso.

CAPITOLO III

DEL DIVINO UFFICIO E DEL DIGIUNO,

E COME I FRATI DEBBANO ANDARE PER IL MONDO


[82]   1 I chierici recitino il divino ufficio, secondo il ri­to della santa Chiesa romana, eccetto il salterio, 2 e perciò potranno avere i breviari.

[83]   3 l laici, invece, dicano ventiquattro Pater noster per il mattutino, cinque per le lodi; per prima, terza, sesta, nona, per ciascuna di queste ore, sette; per il Vespro dodici; per compieta sette; 4 e preghino per i defunti.

[84]   5 E digiunino dalla festa di Tutti i Santi fino alla Natività del Signore. 6 La santa Quaresima, invece, che incomincia dall’Epifania e dura ininterrottamente per quaranta giorni, quella che il Signore consacrò con il suo santo digiuno, coloro che volontariamente la digiunano siano benedetti dal Signore, e coloro che non vogliono non vi siano obbligati. 7 Ma l’altra, fino alla Resurrezione del Signore, la digiunino. 8 Negli altri tempi non siano tenuti a digiunare, se non il venerdì. 9 Ma in caso di manifesta necessità i frati non siano tenuti al digiuno corporale.

[85]   10 Consiglio invece, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore Gesù Cristo che, quando vanno per il mondo, non litighino ed evitino le dispute di parole, e non giudichino gli altri; 11 ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, così come conviene. 12 E non debbano cavalca­re se non siano costretti da evidente necessità o infermità

[86]   13 In qualunque casa entreranno dicano, pri­ma di tutto: Pace a questa casa; 14 e, secondo il santo Vangelo, è loro lecito mangiare di tutti i cibi che saranno loro presentati.

CAPITOLO IV

CHE I FRATI NON RICEVANO DENARI


[87]   1 Comando fermamente a tutti i frati che in nessun modo ricevano denari o pecunia, direttamente o per interposta persona. 2 Tuttavia, i ministri e i custodi, ed essi soltanto, per mezzo di amici spirituali, si prendano sollecita cura per le necessità dei malati e per vestire gli altri frati, secondo i luoghi e i tempi e i paesi freddi, così come sembrerà convenire alla necessità, 3 salvo sempre il principio, come è stato detto, che non ricevano denari o pecunia.

CAPITOLO V

DEL MODO DI LAVORARE


[88]   1 Quei frati ai quali il Signore ha concesso la gra­zia di lavorare, lavorino con fedeltà e con devozione 2 così che, allontanato l’ozio, nemico dell’anima, non spengano lo spirito della santa orazione e devozione, al quale devono servire tutte le altre cose temporali. 3 Come ricompensa del lavoro ricevano le co­se necessarie al corpo, per sé e per i loro fratelli, eccetto denari o pecunia, 4 e questo umilmente, come conviene a servi di Dio e a seguaci della santissima povertà.

CAPITOLO VI

[89]                      CHE I FRATI DI NIENTE SI APPROPRINO,

E DEL CHIEDERE L’ELEMOSINA E DEI FRATI INFERMI


[90]   1 I frati non si approprino di nulla, né casa, né luogo, né alcuna altra cosa. 2 E come pellegrini e fore­stieri in questo mondo, servendo al Signore in pover­tà ed umiltà, vadano per l’elemosina con fiducia. 3 Né devono vergognarsi, perché il Signore si è fatto povero per noi in questo mondo. 4 Questa è la sublimità dell’altissima povertà quella che ha costituito voi, fratelli miei carissimi, eredi e re del regno dei cieli, vi ha fat­to poveri di cose e ricchi di virtù. 5 Questa sia la vostra parte di eredità, quella che conduce fino alla terra dei viventi. 6 E, aderendo totalmente a questa povertà, fratelli carissimi, non vogliate possedere niente altro in perpetuo sotto il cielo, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo.

[91]   7 E ovunque sono e si incontreranno i frati, si mostrino familiari tra loro reciprocamente 8 E ciascu­no manifesti con fiducia all’altro le sue necessità, poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, quanto più premurosamente uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale?

[92]   9 E se uno di essi cadrà malato, gli altri frati lo devono servire come vorrebbero essere serviti essi stes­si.

CAPITOLO VII

DELLA PENITENZA DA IMPORRE AI FRATI CHE PECCANO


[93]   1 Se dei frati, per istigazione del nemico, avranno mortalmente peccato, per quei peccati per i quali sarà stato ordinato tra i frati di ricorrere ai soli ministri pro­vinciali, i predetti frati siano tenuti a ricorrere ad essi, quanto prima potranno senza indugio.
[94]   2 ministri, poi, se sono sacerdoti, loro stessi im­pongano con misericordia ad essi la penitenza; se invece non sono sacerdoti, la facciano imporre da altri sacerdo­ti dell’Ordine, così come sembrerà ad essi più opportu­no, secondo Dio.
[95]   3 E devono guardarsi dall’adirarsi e turbarsi per il peccato di qualcuno, perché l’ira ed il turbamento impediscono la carità in sé e negli altri.

CAPITOLO VIII

DELLA ELEZIONE DEL MINISTRO GENERALE DI QUESTA FRATERNITÀ

E DEL CAPITOLO DI PENTECOSTE


[96]   1 Tutti i frati siano tenuti ad avere sempre uno dei frati di quest’Ordine come ministro generale e servo di tutta la fraternità e a lui devono fermamente obbedire. 2 Alla sua morte, l’elezione del successore sia fatta dai ministri provinciali e dai custodi nel Capitolo di Pentecoste, al quale i ministri provinciali siano tenuti sempre ad intervenire, dovunque sarà stabilito dal ministro generale; 3 e questo, una volta ogni tre anni o entro un termine maggiore o minore, così come dal predetto ministro sarà ordinato.

[97]   4 E se talora ai ministri provinciali ed ai custodi all’unanimità sembrasse che detto ministro non fosse idoneo al servizio e alla comune utilità dei frati, i predetti frati ai quali è commessa l’elezione, siano tenuti, nel nome del Signore, ad eleggersi un altro come loro custode. 5 Dopo il Capitolo di Pentecoste, i singoli ministri e custodi possano, se vogliono e lo credono opportuno, convocare, nello stesso anno, nei loro territori, una volta i loro frati a capitolo.

CAPITOLO IX

DEI PREDICATORI


[98]   1 I frati non predichino nella diocesi di alcun vescovo qualora dallo stesso vescovo sia stato loro proibito. 2 E nessun frate osi affatto predicare al popolo, se prima non sia stato esaminato ed approvato dal ministro generale di questa fraternità e non abbia ricevuto dal medesimo l’ufficio della predicazione.

[99]   3 Ammonisco anche ed esorto gli stessi frati che, nella loro predicazione, le loro parole siano ponderate e caste, a utilità e a edificazione del popolo, annunciando ai fedeli i vizi e le virtù, la pena e la gloria con brevità di discorso, poiché il Signore sulla terra parlò con parole brevi.

CAPITOLO X

DELL’AMMONIZIONE E DELLA CORREZIONE DEI FRATI


[100] 1. I frati, che sono ministri e servi degli altri frati, visitino ed ammoniscano i loro frati e li correggano con umiltà e carità, non comandando ad essi niente che sia contro alla loro anima e alla nostra Regola.

[101] 2 I frati, poi, che sono sudditi, si ricordino che per Dio hanno rinnegato la propria volontà. 3 Perciò comando loro fermamente di obbedire ai loro ministri in tutte quelle cose che promisero al Signore di osservare e non sono contrarie all’anima e alla nostra Regola.

[102] 4 E dovunque vi siano dei frati che si rendono conto e riconoscano di non poter osservare spiritualmente la Regola, debbano e possono ricorrere ai loro ministri. 5 I ministri, poi, li accolgano con carità e benevolenza e li trattino con tale familiarità che quelli possano parlare e fare con essi così come parlano e fanno i padroni con i loro servi; 6 infatti, così deve essere, che i ministri siano i servi di tutti i frati.

[103] 7 Ammonisco, poi, ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino i frati da ogni superbia, vana gloria, invidia, avarizia, cure o preoccupazioni di questo mondo, dalla detrazione e dalla mormorazione.

[104] 8 E coloro che non sanno di lettere, non si preoccupino di apprenderle, ma facciano attenzione che ciò che devono desiderare sopra ogni cosa è di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, 9 di pregarlo sempre con cuore puro e di avere umiltà, pazienza nella persecuzione e nella infermità, 10 e di amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono e ci calunniano, poiché dice il Signore: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano; 11 beati quelli che sopportano persecuzione a causa della giustizia, poiché di essi è il regno dei cieli. 12 E chi persevererà fino alla fine, questi sarà salvo».

 

CAPITOLO XI

CHE I FRATI NON ENTRINO NEI MONASTERI DELLE MONACHE


[105] 1 Comando fermamente a tutti i frati di non avere rapporti o conversazioni sospette con donne, 2 e di non entrare in monasteri di monache, eccetto quelli ai quali è stata data dalla Sede Apostolica una speciale licenza.

[106] 3 Né si facciano padrini di uomini o di donne affinché per questa occasione non sorga scandalo tra i frati o riguardo ai frati.

CAPITOLO XII

DI COLORO CHE VANNO TRA I SARACENI E TRA GLI ALTRI INFEDELI


[107] 1 Quei frati che, per divina ispirazione, vorran­no andare tra i Saraceni e tra gli altri infedeli, ne chie­dano il permesso ai loro ministri provinciali. 2 I mini­stri poi non concedano a nessuno il permesso di andarvi se non a quelli che riterranno idonei ad essere mandati.

[108] 3 Inoltre, impongo per obbedienza ai ministri che chiedano al signor Papa uno dei cardinali della san­ta Chiesa romana, il quale sia governatore, protettore e correttore di questa fraternità,

[109] 4 affinché, sempre sudditi e soggetti ai piedi della medesima santa Chiesa, stabili nella fede cattolica, osser­viamo la povertà, l’umiltà e il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, che abbiamo fermamente promesso.

[109a]        Pertanto a nessuno, in alcun modo, sia le­cito di invalidare questo scritto della nostra conferma o di opporsi ad esso con audacia e temerarietà. Se poi qualcuno presumerà di tentarlo, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio onnipotente e dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo. Dal Laterano, il 29 novembre (1223), an­no ottavo del nostro pontificato.



TESTAMENTO DI SAN FRANCESCO

(1226)


[110] 1 Il Signore dette a me, frate Francesco, d’inco­minciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi 2 e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi mi­sericordia. 3 E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo.

[111] 4 E il Signore mi dette tale fede nelle chiese che io così semplicemente pregavo e dicevo: 5 Ti ado­riamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

[112] 6 Poi il Signore mi dette e mi dà una così gran­de fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che an­che se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere pro­prio a loro. 7 E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non vo­glio predicare contro la loro volontà.

[113] 8 E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori. 9 E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono miei signori. 10 E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo cor­poralmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri.

[114] 11 E voglio che questi santissimi misteri sopra tutte le altre cose siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi. 12 E dovunque troverò manoscritti con i nomi san­tissimi e le parole di lui in luoghi indecenti, voglio rac­coglierli, e prego che siano raccolti e collocati in luogo decoroso.

[115] 13 E dobbiamo onorare e venerare tutti i teolo­gi e coloro che amministrano le santissime parole divine, così come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita.

[116] 14 E dopo che il Signore mi dette dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo 15 Ed io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me la confermò.

[117] 16 E quelli che venivano per abbracciare que­sta vita, distribuivano ai poveri tutto quello che potevano avere, ed erano contenti di una sola tonaca, rappezza­ta dentro e fuori, del cingolo e delle brache. 17 E non volevamo avere di più.

[118] 18 Noi chierici dicevamo l’ufficio, conforme agli altri chierici; i laici dicevano i Pater noster, e assai volentieri ci fermavamo nelle chiese. 19 Ed eravamo illetterati e sottomessi a tutti.

[119] 20 Ed io lavoravo con le mie mani e voglio la­vorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavo­rino di un lavoro quale si conviene all’onestà. 21 Colo­ro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di rice­vere la ricompensa del lavoro, ma per dare l’esempio e tener lontano l’ozio.

[120] 22 Quando poi non ci fosse data la ricompensa del lavoro, ricorriamo alla mensa del Signore, chiedendo l’elemosina di porta in porta.

[121] 23 Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto: «Il Signore ti dia la pace!».

[122] 24 Si guardino bene i frati di non accettare as­solutamente chiese, povere abitazioni e quanto altro vie­ne costruito per loro, se non fossero come si addice alla santa povertà, che abbiamo promesso nella Regola, sempre ospitandovi come forestieri e pellegrini.

[123] 25 Comando fermamente per obbedienza a tut­ti i frati che, dovunque si trovino, non osino chiedere lettera alcuna [di privilegio]      nella curia romana, né per­sonalmente né per interposta persona, né per una chiesa né per altro luogo né per motivo della predicazione, né per la persecuzione dei loro corpi; 26 ma, dovunque non saranno accolti, fuggano in altra terra a fare peni­tenza con la benedizione di Dio.

[124] 27 E fermamente voglio obbedire al ministro generale di questa fraternità e a quel guardiano che gli piacerà di assegnarmi. 28 E così voglio essere prigio­niero nelle sue mani, che io non possa andare o fare ol­tre l’obbedienza e la sua volontà, perché egli è mio si­gnore.

[125] 29 E sebbene sia semplice e infermo, tuttavia voglio sempre avere un chierico, che mi reciti l’ufficio, così come è prescritto nella Regola.

[126] 30 E tutti gli altri frati siano tenuti a obbedire così ai loro guardiani e a recitare l’ufficio secondo la Re­gola. 31 E se si trovassero dei frati che non recitasse­ro l’ufficio secondo la Regola, e volessero comunque va­riarlo, o non fossero cattolici, tutti i frati, ovun­que sono, siano tenuti, per obbedienza, ovunque trovas­sero uno di essi, a consegnarlo al custode più vicino al luogo ove l’avranno trovato. 32 E il custode sia ferma­mente tenuto, per obbedienza, a custodirlo severamente, come un uomo in prigione, giorno e notte, così che non possa essergli tolto di mano, finché non lo consegni di persona nelle mani del suo ministro. 33 E il ministro sia fermamente tenuto, per obbedienza, a farlo scortare per mezzo di tali frati che lo custodiscano giorno e notte come un prigioniero, finché non lo consegnino al signore di Ostia, che è signore, protettore e correttore di tutta la fraternità.

[127] 34 E non dicano i frati: «Questa è un’altra, perché questa è un ricordo, un’ammonizione, un’esortazione e il mio testamento, che io, frate France­sco piccolino, faccio a voi, miei fratelli benedetti perché osserviamo più cattolicamente la Regola che abbiamo promesso al Signore.

[128] 35 E il ministro generale e tutti gli altri mini­stri e custodi siano tenuti, per obbedienza, a non aggiun­gere e a non togliere niente da queste parole.

[129] 36 E sempre tengano con sé questo scritto as­sieme alla Regola. 37 E in tutti i capitoli che fanno, quando leggono la Regola, leggano anche queste parole.

[130] 38 E a tutti i miei frati, chierici e laici, coman­do fermamente, per obbedienza, che non inseriscano spiegazioni nella Regola e in queste parole dicendo: «Così si devono intendere»; 39 ma, come il Signore mi ha dato di dire e di scrivere con semplicità e purezza la Regola e queste parole, così cercate di comprenderle con semplicità e senza commento e di osservarle con sante opere sino alla fine.

[131] 40 E chiunque osserverà queste cose, sia ricol­mo in cielo della benedizione dell’altissimo Padre, e in terra sia ricolmo della benedizione del suo Figlio diletto col santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi. 41 Ed io frate Francesco piccolino, vostro servo, per quel poco che io posso, con­fermo a voi dentro e fuori questa santissima benedizio­ne. [Amen].




 

PICCOLO TESTAMENTO

(Siena, aprile‑maggio 1226)



[132] 1 «Scrivi che benedico tutti i miei frati che sono ora nell’Ordine e quelli che vi entreranno fino alla fine del mondo. 2 Siccome non posso parlare a motivo della debolezza e per la sofferenza della malattia, brevemente manifesto ai miei frati la mia volontà in queste tre esortazioni.

[133] 3 Cioè: in segno di ricordo della mia benedizione e del mio testamento, sempre si amino tra loro,

[134] 4 sempre amino ed osservino la nostra signora la santa povertà,

[135] 5 e sempre siano fedeli e sottomessi ai prelati e a tutti i chierici della santa madre Chiesa».



 

REGOLA DI VITA NEGLI EREMI



[136] 1 Coloro che vogliono condurre vita religiosa ne­gli eremi, siano tre frati o al più quattro. Due di essi fac­ciano da madri ed abbiano due figli o almeno uno. I due che fanno da madri seguano la vita di Marta, e i due che fanno da figli quella di Maria.

[137] E questi abbiano un chiostro, nel quale cia­scuno abbia una sua piccola cella, nella quale possa pre­gare e dormire. 3 E sempre recitino compieta del giorno, subito do­po il tramonto del sole, e cerchino di conservare il silen­zio e dicano le ore liturgiche e si alzino per il mattutino, e prima di tutto ricerchino il regno di Dio e la sua giusti­zia. 4 Dicano prima ad un’ora conveniente e dopo terza sciolgano il silenzio e possano parlare e recarsi dalle loro madri. 5 E quando vorranno, potranno chie­dere ad esse l’elemosina, come dei poverelli, per amore di Dio. 6 Poi dicano sesta e nona e i vespri all’ora stabilita. 7 E nel chiostro, dove dimorano, non permettano a nessuna persona di entrare e neppure vi mangino. 8 E quei frati che fanno da madri procurino di stare lontani da ogni persona e, per obbedienza al loro mini­stro, custodiscano i loro figli da ogni persona, così che nessuno possa parlare con essi. 9 E questi figli non par­lino con nessuna persona se non con le loro madri e con il ministro e il loro custode, quando piacerà ad essi di visitarli, con la benedizione del Signore Iddio.

[138] 10 I figli però talora assumano l’ufficio di ma­dri, come sembrerà loro opportuno disporre per un ne­cessario avvicendamento, e cerchino di osservare con at­tenzione e premura tutte le cose sopraddette.





AMMONIZIONI



I. IL CORPO DEL SIGNORE


[141] 1 Il Signore Gesù dice ai suoi discepoli: «lo sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per me. 2 Se aveste conosciuto me, conoscereste anche il Padre mio; ma da ora in poi voi lo conoscete e lo avete ve­duto». 3 Gli dice Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci basta. 4 Gesù gli dice: «Da tanto tempo sono con voi e non mi avete conosciuto? Filippo, chi vede me, vede anche il Padre mio».
         5 Il Padre abita una luce inaccessibile, e Dio è spirito, e nessuno ha mai visto Dio. 6 Perciò non può essere visto che nello spirito, poiché è lo spirito che dà la vita; la carne non giova a nulla. 7 Ma anche il Figlio, in ciò per cui è uguale al Padre, non può essere visto da alcuno in maniera diversa dal Padre e in maniera diver­sa dallo Spirito Santo.

[142] 3 Perciò tutti coloro che videro il Signore Gesù secondo l’umanità, ma non videro né credettero, secondo lo spirito e la divinità, che egli è il vero Figlio di Dio, sono condannati. 9 E cosi ora tutti quelli che vedono il sacramento, che viene santificato per mezzo delle parole del Signore sopra l’altare nelle mani del sacerdo­te, sotto le specie del pane e del vino, e non vedono e non credono, secondo lo spirito e la divinità, che è vera­mente il santissimo corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati, 10 perché è l’Altissimo stesso che ne dà testimonianza, quando dice: «Questo è il mio corpo e il mio sangue della nuova alleanza [che sa­rà sparso per molti»], 11 e ancora: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna».

[143] 12 Per cui lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, è lui che riceve il santissimo corpo e il san­gue del Signore. 13 Tutti gli altri, che non partecipa­no dello stesso Spirito e presumono ricevere il santissi­mo corpo e il sangue del Signore, mangiano e bevono la loro condanna. 14 Perciò: Figli degli uomini, fino a quando sarete duri di cuore?15 Perché non cono­scete la verità e non credete nel Figlio di Dio?

[144] 16 Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quan­do dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; 17 ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; 18 ogni giorno discende dal seno del Padre sul­l’altare nelle mani del sacerdote. 19 E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mo­stra a noi nel pane consacrato. 20 E come essi con gli occhi del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma, contemplandolo con gli occhi dello spirito, credeva­no che egli era lo stesso Dio, 21 così anche noi, veden­do pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo cor­po e sangue vivo e vero.

[145] 22 E in tale maniera il Signore è sempre pre­sente con i suoi fedeli, come egli stesso dice: «Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo».

II. IL MALE DELLA PROPRIA VOLONTÀ


[146] 1 Disse il Signore a Adamo: «Mangia pure i frutti di qualunque albero, ma dell’albero della scienza del bene e del male non ne mangiare». 2 Adamo poteva dunque mangiare i frutti di qualunque albero del Paradiso, egli, finché non contravvenne all’obbedienza, non peccò.

[147] 3 Mangia infatti, dell’albero della scienza del be­ne colui che si appropria la sua volontà e si esalta per i beni che il Signore dice e opera in lui; 4 e cosi, per sug­gestione del diavolo e per la trasgressione del comando, è diventato per lui il frutto della scienza del male. 5 Bisogna perciò che ne sopporti la pena.

III. L’OBBEDIENZA PERFETTA


[148] 1 Dice il Signore nel Vangelo: «Chi non avrà ri­nunciato a tutto ciò che possiede non può essere mio di­scepolo», 2 e: «Chi vorrà salvare la sua anima, la perderà ».
         3 Abbandona tutto quello che possiede e perde il suo corpo colui che sottomette totalmente se stesso al­l’obbedienza nelle mani del suo superiore. 4 E qualun­que cosa fa o dice che egli sa non essere contro la volon­tà di lui, purché sia bene quello che fa, è vera obbedien­za.

[149] 5 E se qualche volta il suddito vede cose miglio­ri e più utili alla sua anima di quelle che gli ordina il superiore, volentieri sacrifichi a Dio le sue e cerchi inve­ce di adempiere con l’opera quelle del superiore. 6 In­fatti questa è l’obbedienza caritativa, perché compiace a Dio e al prossimo.

[150] 7 Se poi il superiore comanda al suddito qualco­sa contro la sua coscienza, pur non obbedendogli, tutta­via non lo abbandoni. 6 E se per questo dovrà sostene­re persecuzione da parte di alcuni, li ami di più per amore di Dio. 9 Infatti, chi sostiene la persecuzione piuttosto che volersi separare dai suoi fratelli, rimane veramente nella perfetta obbedienza, poiché sacrifica la sua anima per i suoi fratelli.

[151] 10 Vi sono infatti molti religiosi che, col prete­sto di vedere cose migliori di quelle che ordinano i loro superiori, guardano indietro e ritornano al vomito della propria volontà. 11 Questi sono degli omicidi e sono causa di perdizione per molte anime con i loro cat­tivi esempi.

IV. CHE NESSUNO SI APPROPRI LA CARICA DI SUPERIORE


[152] 1 Dice il Signore: «Non sono venuto per essere servito ma per servire». 2 Coloro che sono costituiti in autorità sopra gli altri, tanto devono gloriarsi di quell’ufficio prelatizio, quanto se fossero deputati all’uffi­cio di lavare i piedi ai fratelli. 3 E quanto più si tur­bano se viene loro tolta la carica che se fosse loro tolto il servizio di lavare i piedi, tanto più mettono insieme per sé un tesoro fraudolento a pericolo della loro anima.

V. CHE NESSUNO SI INSUPERBISCA,

MA OGNUNO SI GLORI NELLA CROCE DEL SIGNORE


[153] 1 Considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto il Signore Dio, poiché ti ha creato e formato a immagine del suo Figlio diletto secondo il corpo e a similitudine di lui secondo lo spirito.

[154] 2 E tutte le creature, che sono sotto il cielo, cia­scuna secondo la propria natura, servono, conoscono e obbediscono al loro Creatore meglio di te. 3 E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a croci­figgerlo, e ancora lo crocifiggi quando ti diletti nei vizi e nei peccati. 4 Di che cosa puoi dunque gloriarti?
         5 Infatti, se tu fossi tanto sottile e sapiente da posse­dere tutta la scienza e da sapere interpretare tutte le lingue e acutamente perscrutare le cose celesti, in tutto questo non potresti gloriarti; poiché un solo de­monio seppe delle realtà celesti e ora sa di quelle terre­ne più di tutti gli uomini insieme, quantunque sia esisti­to qualcuno che ricevette dal Signore una speciale co­gnizione della somma sapienza.
         7 Ugualmente, se anche tu fossi il più bello e il più ricco di tutti, e se tu operassi cose mirabili, come scac­ciare i demoni, tutte queste cose ti sono di ostacolo e non sono di tua pertinenza, ed in esse non ti puoi gloria­re per niente; 8 ma in questo possiamo gloriarci, nelle nostre infermità e nel portare sulle spalle ogni giorno la santa croce del Signore nostro Gesù Cristo.

VI. L’IMITAZIONE DEL SIGNORE

 

[155] 1 Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce.
         2 Le pecore del Signore l’hanno seguito nella tribola­zione e persecuzione, nell’ignominia e nella fame, nella infermità e nella tentazione e in altre simili cose; e ne hanno ricevuto in cambio dal Signore la vita eterna. 3 Perciò è grande vergogna per noi servi di Dio, che i santi abbiano compiuto queste opere e noi vogliamo ri­cevere gloria e onore con il semplice raccontarle!

 

VII. LA PRATICA DEL BENE DEVE ACCOMPAGNARE LA SCIENZA


[156] 1 Dice l’Apostolo: «La lettera uccide, lo spirito invece dà vita». 2 Sono morti a causa della lettera coloro che unicamente bramano sapere le sole parole, per essere ritenuti i più sapienti in mezzo agli altri e potere acquistare grandi ricchezze e darle ai parenti e agli amici.
         3 Cosi pure sono morti a causa della lettera quei re­ligiosi che non vogliono seguire lo spirito della divina Scrittura, ma piuttosto bramano sapere le sole parole e spiegarle agli altri. 4 E sono vivificati dallo spirito del­la divina Scrittura coloro che ogni scienza che sanno e desiderano sapere, non l’attribuiscono al proprio io, ma la restituiscono, con la parola e con l’esempio, all’altissi­mo Signore Dio, al quale appartiene ogni bene.

VIII. EVITARE IL PECCATO DI INVIDIA


[157] 1 Dice l’Apostolo: «Nessuno può dire: Signore Ge­sù, se non nello Spirito Santo»; 2 e ancora: «Non c’è chi fa il bene, non ce n’è neppure uno».
         3 Perciò, chiunque invidia il suo fratello riguardo al bene che il Signore dice e fa in lui, commette peccato di bestemmia, poiché invidia lo stesso Altissimo, il quale dice e fa ogni bene.

IX. AMARE I NEMICI


[158] 1 Dice il Signore: «Amate i vostri nemici [e fa­te del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano]». 2 Infatti, veramente ama il suo nemico colui che non si duole per l’ingiuria che quegli gli fa, 3 ma brucia nel suo intimo, per l’amo­re di Dio, a motivo del peccato dell’anima di lui. 4 E gli dimostri con le opere il suo amore.

X. LA MORTIFICAZIONE DEL CORPO


[159] 1 Ci sono molti che, quando peccano o ricevono un’ingiuria, spesso incolpano il nemico o il prossimo. 2 Ma non è così, poiché ognuno ha in suo potere il ne­mico, cioè il corpo, per mezzo del quale pecca. 3 Perciò è beato quel servo che terrà sempre prigio­niero un tale nemico affidato in suo potere e sapiente­mente si custodirà dal medesimo; 4 poiché, finché si comporterà cosi, nessun altro nemico visibile o invisibi­le gli potrà nuocere.

XI. NON LASCIARSI GUASTARE A CAUSA DEL PECCATO ALTRUI


[160] 1 Al servo di Dio nessuna cosa deve dispiacere eccetto il peccato. 2 E in qualunque modo una persona peccasse e, a motivo di tale peccato, il servo dl Dio, non più guidato dalla carità, ne prendesse turbamento e ira, accumula per sé come un tesoro quella colpa. 3 Quel servo di Dio che non si adira né si turba per alcunché, davvero vive senza nulla di proprio. 4 Ed egli è beato perché, rendendo a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio, non gli rimane nulla per sé.

XII. COME RICONOSCERE LO SPIRITO DEL SIGNORE


[161] 1 A questo segno si può riconoscere il servo di Dio, se ha lo spirito del Signore: 2 se, quando il Signo­re compie, per mezzo di lui, qualcosa di buono, la sua «carne» non se ne inorgoglisce ‑ poiché la «carne» e sempre contraria ad ogni bene ‑, 3 ma piuttosto si ri­tiene ancora più vile ai propri occhi e si stima più picco­lo di tutti gli altri uomini.

XIII. LA PAZIENZA


[162] 1 Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio. Il servo di Dio non può conoscere quanta pazienza e umiltà abbia in sé finché gli si dà soddisfa­zione. 2 Quando invece verrà il tempo in cui quelli che gli dovrebbero dare soddisfazione gli si mettono contro, quanta pazienza e umiltà ha in questo caso, tanta ne ha e non più.

XIV. LA POVERTÀ DI SPIRITO


[163] 1 Beati i poveri in spinto, perché di essi è il regno dei cieli.
         2 Ci sono molti che, applicandosi insistentemente a preghiere e occupazioni, fanno molte astinenze e mortifi­cazioni corporali, 3 ma per una sola parola che sembri ingiuria verso la loro persona, o per qualche cosa che venga loro tolta, scandalizzati, tosto si irritano. 4 Questi non sono poveri in spirito, poiché chi è vera­mente povero in spirito odia se stesso e ama quelli che lo percuotono nella guancia.

XV. I PACIFICI


[164] I Beati i pacifici, poiché saranno chiamati figli di Dio. 2 Sono veri pacifici coloro che in tutte le contrarietà che sopportano in questo mondo, per l’amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nel­l’anima e nel corpo.

XVI. LA PUREZZA DI CUORE


[165] 1 Beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio. 2 Veramente puri di cuore sono coloro che di­sdegnano le cose terrene e cercano le cose celesti, e non cessano mai di adorare e vedere il Signore Dio, vivo e vero, con cuore ed animo puro.

XVII. L’UMILE SERVO DI DIO


[166] 1 Beato quel servo il quale non si inorgoglisce per il bene che il Signore dice e opera per mezzo di lui, più che per il bene che dice e opera per mezzo di un al­tro. 2 Pecca l’uomo che vuol ricevere dal suo prossimo più di quanto non vuole dare di sé al Signore Dio.

XVIII. LA COMPASSIONE PER IL PROSSIMO


[167] 1 Beato l’uomo che offre un sostegno al suo prossimo per la sua fragilità, in quelle cose in cui vorrebbe essere sostenuto da lui, se si trovasse in un ca­so simile.

[168] 2 Beato il servo che restituisce tutti i suoi beni al Signore Iddio, perché chi riterrà qualche cosa per sé, nasconde dentro di sé il denaro del Signore suo Dio, e gli sarà tolto ciò che credeva di possedere.

XIX. L’UMILE SERVO DI DIO


[169] 1 Beato il servo, che non si ritiene migliore, quando viene lodato e esaltato dagli uomini, di quando è ritenuto vile, semplice e spregevole, 2 poiché quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non di più. 3 Guai a quel religioso, che è posto dagli altri in alto e per sua volontà non vuol discendere. 4 E beato quel ser­vo, che non viene posto in alto di sua volontà e sem­pre desidera mettersi sotto i piedi degli altri.

XX. IL BUON RELIGIOSO E IL RELIGIOSO VANO


[170] 1 Beato quel religioso, che non ha giocondità e letizia se non nelle santissime parole e opere del Signore 2 e, mediante queste, conduce gli uomini all’amore di Dio con gaudio e letizia. 3 Guai a quel religioso che si diletta in parole oziose e frivole e con esse conduce gli uomini al riso.

XXI. IL RELIGIOSO LEGGERO E LOQUACE


[171] 1 Beato il servo che, quando parla, non manife­sta tutte le sue cose, con la speranza di una mercede, e non è veloce a parlare, ma sapientemente pondera di che parlare e come rispondere. 2 Guai a quel religioso che non custodisce nel suo cuore i beni che il Signore gli mostra e non li manifesta agli altri nelle opere, ma piuttosto, con la speranza di una mercede, brama mani­festarli agli uomini a parole. 3 Questi riceve già la sua mercede e chi ascolta ne riporta poco frutto.

XXII. DELLA CORREZIONE FRATERNA


[172] 1 Beato il servo che è disposto a sopportare cosi pazientemente da un altro la correzione, l’accusa e il rimprovero, come se li facesse da sé. 2 Beato il servo che, rimproverato, di buon animo accetta, si sottomette con modestia, umilmente confessa e volentieri ripara. 3 Beato il servo che non è veloce a scusarsi e umilmen­te sopporta la vergogna e la riprensione per un peccato, sebbene non abbia commesso colpa.

XXIII. LA VERA UMILTÀ


[173] 1 Beato il servo che viene trovato cosi umile tra i suoi sudditi come quando fosse tra i suoi padroni.
         2 Beato il servo che si mantiene sempre sotto la verga della correzione. 3 È servo fedele e prudente colui che di tutti i suoi peccati non tarda a punirsi, interiormente per mezzo della contrizione ed esteriormente con la con­fessione e con opere di riparazione.

XXIV. LA VERA DILEZIONE

 

[174] Beato il servo che tanto è disposto ad amare il suo fratello quando è infermo, e perciò non può ricam­biargli il servizio, quanto l’ama quando è sano, e può ri­cambiarglielo.

XXV. ANCORA DELLA VERA DILEZIONE


[175] Beato il servo che tanto amerebbe e temerebbe un suo fratello quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui, e non direbbe dietro le sue spalle niente che con carità non possa dire in sua presenza.

XXVI. CHE I SERVI DI DIO ONORINO I CHIERICI


[176] 1 Beato il servo che ha fede nei chierici che vi­vono rettamente secondo le norme della Chiesa romana. 2 E guai a coloro che li disprezzano. Quand’anche, in­fatti, siano peccatori, tuttavia nessuno li deve giudicare, poiché il Signore esplicitamente ha riservato solo a se stesso il diritto di giudicarli.
         3 Invero, quanto più grande è il ministero che essi svolgono del santissimo corpo e sangue del Signore no­stro Gesù Cristo, che proprio essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri, tanto maggiore peccato commettono coloro che peccano contro di essi, che se peccassero contro tutti gli altri uomini di questo mondo.

XXVII. COME LE VIRTÙ ALLONTANANO I VIZI


[177] 1 Dove è amore e sapienza,
ivi non è timore né ignoranza.
2 Dove è pazienza e umiltà,
ivi non è ira né turbamento.
3 Dove è povertà con letizia,
ivi non è cupidigia né avarizia.
4 Dove è quiete e meditazione,
ivi non è affanno né dissipazione.
5 Dove è il timore del Signore a custodire la sua casa,
ivi il nemico non può trovare via d’entrata.
6 Dove è misericordia e discrezione,
ivi non è superfluità né durezza.

XXVIII. IL BENE VA NASCOSTO PERCHÉ NON SI PERDA


[178] 1 Beato il servo che accumula nel tesoro del cie­lo i beni che il Signore gli mostra e non brama dl manifestarli agli uomini con la speranza di averne com­penso. 2 poiché lo stesso Altissimo manifesterà le sue opere a chiunque gli piacerà. 3 Beato il servo che conserva nel suo cuore i segreti del Signore.




LETTERE

 


LETTERA AI FEDELI

(Prima recensione)

[Esortazione ai fratelli e alle sorelle della penitenza]


Nel nome del Signore!

CAPITOLO I

DI COLORO CHE FANNO PENITENZA


[178/1]    1 Tutti coloro che amano il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima e la mente, con tutta la forza e amano i loro prossimi come se stessi, 2 e hanno in odio i loro corpi con i vizi e i peccati, 3 e ricevono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, 4 e fanno frutti degni di penitenza:

[178/2]    5 Oh, come sono beati e benedetti quelli e quelle, quando fanno tali cose e perseverano in esse; 6 perché riposerà su di essi lo Spirito del Signore e farà presso di loro la sua abitazione e dimora; 7 e sono figli del Padre celeste, del quale compiono le opere, e sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo.
               8 Siamo sposi, quando l’anima fedele si unisce al Si­gnore nostro Gesù Cristo per virtù di Spirito Santo. 9 Siamo suoi fratelli, quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli. 10 Siamo madri, quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del di­vino amore e della pura e sincera coscienza, lo generia­mo attraverso le opere sante, che devono risplendere agli altri in esempio.

[178/3]    11 Oh, come è glorioso, santo e grande avere in cielo un Padre!
               12 Oh, come è santo, fonte di consolazione, bello e ammirabile avere un tale Sposo!
               13 Oh, come è santo e come è caro, piacevole, umi­le, pacifico, dolce, amabile e desiderabile sopra ogni co­sa avere un tale fratello e un tale figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, 14 il quale offri la sua vita per le sue pecore, e pregò il Padre dicendo: «Padre santo, custodi­scili nel tuo nome, coloro che mi hai dato nel mondo erano tuoi e tu li hai dati a me. 15 E le parole che desti a me le ho date a loro; ed essi le hanno accolte ed hanno creduto veramente che sono uscito da te, e hanno conosciuto che tu mi hai mandato. 16 lo prego per essi e non per il mondo. 17 Benedicili e santificali! E per loro io santifico me stesso. 18 Non prego sol­tanto per loro, ma anche per coloro che crederanno in me per la loro parola, perché siano santificati nell’uni­tà, come lo siamo anche noi. 19 E voglio, Padre, che dove sono io, siano anch’essi con me, affinché contem­plino la mia gloria, nel tuo regno». Amen.

CAPITOLO II

DI COLORO CHE NON FANNO PENITENZA


[178/4]    1 Tutti quelli e quelle, invece, che non vivono nella penitenza, 2 e non ricevono il corpo e il san­gue del Signore nostro Gesù Cristo, 3 e si abbandonano ai vizi e ai peccati e camminano dietro la cattiva concu­piscenza e i cattivi desideri della loro carne, 4 e non os­servano quelle cose che hanno promesso al Signore, 5 e servono con il proprio corpo al mondo, agli istinti carna­li e alle sollecitudini del mondo e alle preoccupazioni di questa vita: 6 costoro sono prigionieri del diavolo, del quale sono figli e fanno le opere; 7 sono ciechi, poiché non vedono la vera luce, il Signore nostro Gesù Cri­sto. 3 Non hanno la sapienza spirituale, poiché non posseggono il Figlio di Dio, che è la vera sapienza del Padre; 9 di loro è detto: «La loro sapienza è stata ingoia­ta», e: «Maledetti coloro che si allontanano dai tuoi co­mandamenti». 10 Essi vedono e riconoscono, sanno e fanno ciò che è male, e consapevolmente perdono la loro anima.

[178/5]    11 Vedete, o ciechi, ingannati dai vostri ne­mici, cioè dalla carne, dal mondo e dal diavolo, che al corpo è cosa dolce fare il peccato e cosa amara sottopor­si a servire Dio, 12 poiché tutti i vizi e i peccati esco­no e procedono dal cuore degli uomini, come dice il Si­gnore nel Vangelo. 13 E non avete niente in questo mondo e neppure nell’altro. 14 E credete di possedere a lungo le vanità di questo secolo, ma vi ingannate, per­ché verrà il giorno e l’ora alla quale non pensate, non sapete e ignorate. Il corpo si ammala, la morte si avvici­na e cosi si muore di amara morte.

[178/6]    15 E in qualsiasi luogo, tempo e modo l’uomo muore in peccato mortale, senza aver fatto penitenza e dato soddisfazione, se poteva darla e non lo ha fatto, il diavolo rapisce l’anima di lui dal suo corpo, con una an­goscia e tribolazione cosi grande, che nessuno può sape­re se non colui che la prova.
               16 E tutti i talenti e il potere e la scienza e sapienza, che credevano di possedere, sarà loro tolta. 17 E lasciano tutto ai parenti e agli amici. Ed ecco, questi si sono già preso e spartito tra loro il patri­monio di lui, e poi hanno detto: «Maledetta sia la sua anima, poiché poteva darci di più e procurarsi di più di quanto si è procurato!». 18 I vermi mangiano il cada­vere, e così hanno perduto il corpo e l’anima in questa breve vita e andranno all’inferno, dove saranno tormen­tati eternamente.

[178/7]    19 Tutti coloro ai quali perverrà questa lette­ra, li preghiamo, nella carità che è Dio, che accolgano benignamente con divino amore queste fragranti parole del Signore nostro Gesù Cristo, che abbiamo scritto. 20 E coloro che non sanno leggere, se le facciano leggere spesso, 21 e le imparino a memoria, mettendole in pratica santamente sino alla fine, perché sono spirito e vita.
               22 E coloro che non faranno questo, dovranno ren­derne ragione nel giorno del giudizio, davanti a tribunale del Signore nostro Gesù Cristo.




 

LETTERA AI FEDELI

(Seconda recensione)


[179] 1 Nel nome del Signore, Padre e Figlio e Spirito Santo. Amen.
         A tutti i cristiani religiosi, chierici e laici uomini e donne, a tutti gli abitanti del mondo intero, frate Fran­cesco, loro servo e suddito, ossequio rispettoso, pace dal cielo e sincera carità nel Signore.

[180] 2 Poiché sono servo di tutti, sono tenuto a servi­re a tutti e ad amministrare le fragranti parole del mio Signore. 3 E perciò, considerando che non posso visita­re personalmente i singoli, a causa della malattia e de­bolezza del mio corpo, mi sono proposto di riferire a voi, mediante la presente lettera e messaggio, le parole del Signore nostro Gesù Cristo, che è il Verbo del Padre, e le parole dello Spirito Santo, che sono spirito e vita.

I. IL VERBO DEL PADRE

[181] 4 L’altissimo Padre celeste, per mezzo del santo suo angelo Gabriele, annunciò questo Verbo del Pa­dre, così degno, così santo e glorioso, nel grembo della santa e gloriosa Vergine Maria, e dal grembo di lei rice­vette la vera carne della nostra umanità e fragilità.

[182] 5 Lui, che era ricco sopra ogni altra cosa, vol­le scegliere in questo mondo, insieme alla beatissima Vergine, sua madre, la povertà.

[183] 6 E, prossimo alla passione, celebrò la pa­squa con i suoi discepoli, e prendendo il pane, rese gra­zie, lo benedisse e lo spezzò dicendo: «Prendete e mangia­te, questo è il mio corpo». 7 E prendendo il calice dis­se: «Questo è il mio sangue della nuova alleanza, che per voi e per molti sarà sparso in remissione dei peccati». 6 Poi pregò il Padre dicendo: «Padre, se è possibile, pas­si da me questo calice». 9 E il suo sudore divenne simile a gocce di sangue che scorre per terra. Depose tuttavia la sua volontà nella volontà del Padre dicendo: «Padre, sia fatta la tua volontà; non come voglio io, ma come vuoi tu».

[184] 11 E la volontà di suo Padre fu questa, che il suo figlio benedetto e glorioso, che egli ci ha donato ed è nato per noi, offrisse se stesso, mediante il proprio san­gue, come sacrificio e vittima sull’altare della croce, 12 non per sé, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, ma in espiazione dei nostri peccati, 13 lasciando a noi l’esempio perché ne seguiamo le or­me. 14 E vuole che tutti siamo salvi per mezzo di lui e che lo riceviamo con cuore puro e col nostro corpo casto.

[185] 15 Ma pochi sono coloro che lo vogliono riceve­re ed essere salvati per mezzo di lui, sebbene il suo giogo sia soave e il suo peso leggero.

II. DI QUELLI CHE NON VOGLIONO OSSERVARE
I COMANDAMENTI Dl DIO

[186] 16 Coloro che non vogliono gustare quanto sia soave il Signore e preferiscono le tenebre alla luce, rifiutando di osservare i comandamenti di Dio, sono maledetti; 17 di essi dice il profeta: «Maledetti coloro che si allontanano dai tuoi comandamenti». 18 Invece, quanto sono beati e benedetti quelli che amano il Signo­re e fanno così come dice il Signore stesso nel Vangelo: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore e tutta l’ani­ma, e il prossimo tuo come te stesso».

III. DELL’AMORE DI DIO E DEL SUO CULTO

[187] 19 Amiamo dunque Dio e adoriamolo con cuo­re puro e mente pura, poiché egli stesso, ricercando que­sto sopra tutte le altre cose, disse: I veri adoratori adore­ranno il Padre nello Spirito e nella verità. 20 Tutti infatti quelli che lo adorano, bisogna che lo adorino nello spirito della verità.

[188] 21 Ed eleviamo a lui lodi e preghiere giorno e notte, dicendo: «Padre nostro, che sei nei cieli», poi­ché bisogna che noi preghiamo sempre senza stancarci.

IV. DELLA VITA SACRAMENTALE

[189] 22 Dobbiamo anche confessare al sacerdote tutti i nostri peccati e ricevere da lui il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo. 23 Chi non mangia la sua carne e non beve il suo sangue, non può entrare nel regno di Dio. 24 Lo deve però mangiare e bere de­gnamente, poiché chi lo riceve indegnamente, mangia e beve la sua condanna, non discernendo il corpo del Signo­re, cioè non distinguendolo dagli altri cibi.

[190] 25 Facciamo, inoltre, frutti degni di peniten­za. 26 E amiamo i prossimi come noi stessi. 27 E se uno non vuole amarli come se stesso, almeno non arrechi loro del male, ma faccia del bene.

V. DEL GIUDICARE CON MISERICORDIA

[191] 28 Coloro poi che hanno ricevuto l’autorità di giudicare gli altri, esercitino il giudizio con misericordia, così come essi stessi vogliono ottenere misericordia dal Signore; 29 infatti il giudizio sarà senza misericordia per coloro che non hanno usato misericordia.

[192] 30 Abbiamo perciò carità e umiltà e facciamo elemosine, perché l’elemosina lava l’anima dalle brutture dei peccati. 31 Gli uomini infatti perdono tutte le cose che lasciano in questo mondo, ma portano con sé la ricompensa della carità e le elemosine che hanno fatto, di cui avranno dal Signore il premio e la degna ricom­pensa.

VI. DEL DIGIUNO CORPORALE E SPIRITUALE

[193] 32 Dobbiamo anche digiunare e astenerci dai vizi e dai peccati. a e da ogni eccesso nel mangiare e nel bere ed essere cattolici. 33 Dobbiamo anche visi­tare frequentemente le chiese e venerare e usare reve­renza verso i chierici, non tanto per loro stessi, se sono peccatori, ma per l’ufficio e l’amministrazione del santis­simo corpo e sangue di Cristo, che sacrificano sull’altare e ricevono e amministrano agli altri.

[194] 34 E siamo tutti fermamente convinti che nes­suno può essere salvato se non per mezzo delle sante pa­role e del sangue del Signore nostro Gesù Cristo, che i chierici pronunciano, annunciano e amministrano. 35 Ed essi soli debbono amministrarli e non altri.
         36 Specialmente poi i religiosi, i quali hanno ri­nunciato al mondo, sono tenuti a fare molte altre cose e più grandi, senza però tralasciare queste.

VII. DELL’AMORE VERSO I NEMICI

[195] 37 Dobbiamo avere in odio i nostri corpi con i vizi e i peccati, poiché il Signore dice nel Vangelo: Tutte le cose cattive, i vizi e i peccati escono dal cuore.

[196] 38 Dobbiamo amare i nostri nemici e fare del bene a coloro che ci odiano. 39 Dobbiamo osservare i precetti e i consigli del Signore nostro Gesù Cristo. 40 Dobbiamo anche rinnegare noi stessi e porre i nostri corpi sotto il giogo del servizio e della santa obbe­dienza, così come ciascuno ha promesso al Signore.

VIII. UMILTÀ NEL COMANDARE

[197] 41 E nessun uomo si ritenga obbligato dall’ob­bedienza a obbedire a qualcuno là dove si commette de­litto o peccato. 42 E colui al quale è affidata l’obbe­dienza e che è ritenuto maggiore, sia come il minore e servo degli altri fratelli, 43 e usi ed abbia nei confron­ti di ciascuno dei suoi fratelli quella misericordia che vorrebbe fosse usata verso di sé qualora si trovasse in un caso simile.

[198] 44 E per il peccato commesso dal fratello non si adiri contro di lui, ma lo ammonisca e lo conforti con ogni pazienza e umiltà.

IX. DEL FUGGIRE LA SAPIENZA CARNALE

[199] 45 Non dobbiamo essere sapienti e prudenti secondo la carne, ma piuttosto dobbiamo essere semplici, umili e puri. 46 Teniamo i nostri corpi in umiliazione e dispregio, perché noi, per colpa nostra, siamo miseri, fetidi e vermi, come dice il Signore per bocca del profe­ta: «lo sono un verme e non un uomo, l’obbrobrio degli uo­mini e scherno del popolo».
         47 Mai dobbiamo desiderare di essere sopra gli al­tri, ma anzi dobbiamo essere servi e soggetti ad ogni umana creatura per amore di Dio.

X. DEL SERVO FEDELE CHE DIVIENE DIMORA DI DIO

[200] 48 E tutti quelli e quelle che si diporteranno in questo modo, fino a quando faranno tali cose e perseve­reranno in esse sino alla fine, riposerà su di essi lo Spiri­to del Signore, ed egli ne farà sua abitazione e dimo­ra. 49 E saranno figli del Padre celeste, di cui fanno le opere, 50 e sono sposi, fratelli e madri del Si­gnore nostro Gesù Cristo.
         51 Siamo sposi, quando l’anima fedele si congiunge a Gesù Cristo per l’azione dello Spirito Santo. 52 E siamo fratelli, quando facciamo la volontà del Padre suo, che è in cielo. 53 Siamo madri, quando lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo attraverso l’amore e la pura e sincera coscienza, e lo generiamo at­traverso il santo operare, che deve risplendere in esem­pio per gli altri.

[201] 54 Oh, come è glorioso e santo e grande avere in cielo un Padre!
         55 Oh, come è santo, consolante, bello e ammirabi­le avere un tale Sposo!
         56 Oh, come è santo come è delizioso, piacevole, umile, pacifico, dolce e amabile e sopra ogni cosa desiderabile avere un tale fratello e figlio, il quale offrì la sua vita per le sue pecore e pregò il Padre per noi, di­cendo: «Padre santo, custodisci nel tuo nome quelli che mi hai dato. 57 Padre, tutti coloro che mi hai dato nel mondo erano tuoi e tu li hai dati a me. 58 E le paro­le che desti a me, le ho date a loro; ed essi le hanno accolte e veramente hanno riconosciuto che io sono uscito da te ed hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro e non per il mondo. Benedicili e santificali. 59 E per loro io santifico me stesso, affinché siano santificati nell’unità, come lo siamo noi. 60 E voglio, o Padre, che dove io sono ci siano anch’essi con me, affinché vedano la mia gloria nel tuo regno».

[202] 61 A colui che tanto patì per noi, che tanti be­ni ha elargito e ci elargirà in futuro, a Dio, ogni creatu­ra che vive nei cieli, sulla terra, nel mare e negli abissi renda lode, gloria, onore e benedizione, 62 poiché egli è la nostra virtù e la nostra fortezza. Egli che solo è buono, solo altissimo, solo onnipotente, ammirabile glorioso e solo è santo, degno di lode e benedetto per gli infiniti secoli dei secoli. Amen.

XI. DI COLORO CHE NON FANNO PENITENZA

[203] 63 Invece, tutti coloro che non vivono nella penitenza, e non ricevono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, 64 e compiono vizi e peccati, e che camminano dietro la cattiva concupiscenza e i cattivi desideri, e non osservano quelle cose che hanno promesso, 65 e servono con il proprio corpo il mondo, gli istinti della carne, le cure e preoccupazioni del mondo e le cure di questa vita, 66 ingannati dal diavolo di cui sono figli e ne compiono le opere, costoro sono ciechi poiché non vedono la vera luce, il Signore nostro Gesù Cristo.
         67 Questi non posseggono la sapienza spirituale, poiché non hanno in sé il Figlio di Dio, che è la vera sa­pienza del Padre. Di essi dice la Scrittura: «La loro sa­pienza è stata divorata». 68 Essi vedono, conoscono, sanno e fanno il male e consapevolmente perdono le loro anime.

[204] 69 Vedete, o ciechi, ingannati dai nostri nemi­ci, cioè dalla carne, dal mondo e dal diavolo, che al cor­po è dolce fare il peccato ed è cosa amara servire Dio, poiché tutte le cose cattive, vizi e peccati, escono e proce­dono dal cuore degli uomini, come dice il Signore nel Vangelo. 70 E così non possedete nulla né in que­sto mondo né nell’altro. 71 Credete di possedere a lun­go le vanità di questo secolo, ma vi ingannate, perché verrà il giorno e l’ora che non pensate, non conoscete e ignorate.

XII. IL MORIBONDO IMPENITENTE

[205] 72 Il corpo è infermo, si avvicina la morte, accorrono i parenti e gli amici e dicono: «Disponi delle tue cose». 73 Ecco, la moglie di lui, i figli, i parenti e gli amici fingono di piangere. 74 Ed egli, sollevando gli occhi, li vede piangere e, mosso da un cattivo sentimento, pensando tra sé dice: «Ecco, la mia anima e il mio corpo e tutte le mie cose pongo nelle vostre mani». 75 In verità questo uomo è maledetto, poiché colloca la sua fiducia e affida la sua anima, il suo corpo e tutti i suoi averi in tali mani. 76 Perciò dice il Signore per bocca del profeta: «Maledetto l’uomo che confida nel­l’uomo!».
         77 E subito fanno venire il sacerdote. Gli domanda il sacerdote: «Vuoi ricevere la penitenza per tutti i tuoi peccati?». 78 Rispose: «Sì». «Vuoi dare soddisfazione, con i tuoi mezzi, cosi come puoi, per tutte le colpe e per quelle cose che hai defraudato e nelle quali hai inganna­to gli uomini?». 79 Risponde: «No». E il sacerdote: «Perché no?». 80 «Perché ho consegnato ogni mio ave­re nelle mani dei parenti e degli amici». 81 E inco­mincia a perdere la parola, e così quel misero muore.
         82 Ma sappiamo tutti che ovunque e in qualsiasi modo un uomo muoia in peccato mortale senza compie­re la soddisfazione sacramentale, e può farlo e non lo fa, il diavolo rapisce la sua anima dal suo corpo con una angoscia e sofferenza così grandi, che nessuno può sape­re se non chi ne fa la prova. 83 E tutti i talenti e l’au­torità e la scienza, che credeva di possedere, gli sono portati via. 84 Egli li lascia ai parenti e agli amici; ed essi prendono il patrimonio e se lo dividono e poi di­cono: «Maledetta sia la sua anima, poiché poteva darci e acquistare più di quanto non acquistò!». 85 I vermi divorano il corpo; e così quell’uomo perde l’anima e il corpo in questa breve vita e va all’inferno, ove sarà tor­mentato eternamente.
         86 Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

[206] 87 Io frate Francesco, il più piccolo servo vo­stro, vi prego e vi scongiuro, nella carità che è Dio, e col desiderio di baciarvi i piedi, che queste parole e le altre del Signore nostro Gesù Cristo con umiltà e amore le dobbiate accogliere e attuare e osservare. 87bis E coloro che non sanno leggere, se le facciano leggere spesso, e le imparino a memoria, mettendole in pratica santamente sino alla fine, perché sono spirito e vita. E coloro che non faranno ciò, ne rende­ranno ragione nel giorno del giudizio davanti al tribuna­le di Cristo. 88 E tutti quelli e quelle che con benevo­lenza le accoglieranno e le comprenderanno e ne invie­ranno copie ad altri, se in esse persevereranno fino alla fine, li benedica il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Amen.




 

LETTERA A TUTTI I CHIERICI

SULLA RIVERENZA DEL CORPO DEL SIGNORE


a) Prima recensione


[207/a]       1 Facciamo attenzione, noi tutti chierici, al grande peccato e all’ignoranza che certuni hanno riguar­do al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e ai santissimi nomi e alle sue parole scritte che santificano il corpo.
         2 Sappiamo che non ci può essere il corpo se prima non è santificato dalla parola.
         3 Niente infatti possediamo e vediamo corporalmen­te in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il cor­po e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali sia­mo stati creati e redenti «da morte a vita».

[208/a]       4 Tutti coloro, poi, che amministrano così san­ti misteri, considerino tra sé, soprattutto chi li ammini­stra illecitamente, quanto siano miserandi i calici, i cor­porali e le tovaglie sulle quali si compie il sacrificio del corpo e del sangue di lui. 5 E da molti viene collocato e lasciato in luoghi indecorosi, viene trasportato senza nessun onore e ricevuto senza le dovute disposizioni e amministrato agli altri senza discrezione.

[209/a]       6 Anche i nomi e le parole di lui scritte talvol­ta vengono calpestate, 7 poiché «l’uomo carnale non comprende le cose di Dio».
         8 Non dovremmo sentirci mossi a pietà per tutto questo, dal momento che lo stesso pio Signore si conse­gna nelle nostre mani e noi l’abbiamo a nostra disposi­zione e ce ne comunichiamo ogni giorno? 9 Ignoriamo forse che dobbiamo venire nelle sue mani?
         10 Orsù, di tutte queste cose e delle altre, subito e con fermezza emendiamoci; 11 e ovunque troveremo il santissimo corpo del Signore nostro Gesù Cristo collo­cato e lasciato in modo illecito, sia rimosso di là e posto e custodito in un luogo prezioso.
         12 Ugualmente, ovunque siano trovati i nomi e le parole scritte del Signore in luoghi sconvenienti, siano raccolte e debbano essere collocate in luogo decoroso.
         13 Queste cose sono tenuti ad osservarle fino alla fi­ne, più di qualsiasi altra cosa, tutti i chierici. 14 E quelli che non faranno questo, sappiano che dovranno rendere «ragione» davanti al Signore nostro Gesù Cristo «nel giorno del giudizio».
         15 E coloro che faranno ricopiare questo scritto, perché esso sia meglio osservato, sappiano che saranno benedetti dal Signore Iddio.



LETTERA A TUTTI I CHIERICI

SULLA RIVERENZA DEL CORPO DEL SIGNORE

 

b) Seconda recensione


[207] 1 Facciamo attenzione, noi tutti chierici, al grande peccato e all’ignoranza che certuni hanno riguar­do al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e ai santissimi nomi e alle sue parole scritte, che santificano il corpo.
         2 Sappiamo che non ci può essere il corpo se prima non è santificato dalla parola.
         3 Niente infatti possediamo e vediamo corporalmen­te in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il cor­po e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali sia­mo stati creati e redenti «da morte a vita».

[208] 4 Tutti coloro, poi, che amministrano così santi ministeri, considerino tra sé, soprattutto quelli che li amministrano senza discrezione, quanto siano miserandi i calici, i corporali e le tovaglie sulle quali si compie il sacrificio del corpo e del sangue del Signore nostro.
         5 E da molti viene lasciato in luoghi indecorosi, vie­ne trasportato senza nessun onore e ricevuto senza le do­vute disposizioni e amministrato agli altri senza discrezione.

[209] 6 Anche i nomi e le parole di lui scritte talvolta vengono calpestate, 7 perché «l’uomo carnale non com­prende le cose di Dio».
         8 Non dovremmo sentirci mossi a pietà per tutto questo, dal momento che lo stesso pio Signore si conse­gna nelle nostre mani e noi l’abbiamo a nostra disposi­zione e ce ne comunichiamo ogni giorno? 9 Ignoriamo forse che dobbiamo venire nelle sue mani?
         10 Orsù, di tutte queste cose e delle altre, subito e con fermezza emendiamoci; 11 e ovunque troveremo il santissimo corpo del Signore nostro Gesù Cristo collo­cato e lasciato in modo illecito, sia rimosso di là e posto e custodito in un luogo prezioso.
         12 Ugualmente, ovunque siano trovati i nomi e le parole scritte del Signore in luoghi sconvenienti, siano raccolte e debbano essere collocate in luogo decoroso.
         13 E sappiamo che è nostro dovere osservare tutte queste norme, sopra ogni altra cosa, in forza dei precetti del Signore e delle costituzioni della Santa Madre Chiesa.
         14 E colui che non si diporterà in questo modo, sappia che dovrà rendere «ragione» al Signore nostro Gesù Cristo «nel giorno del giudizio».
         15 E coloro che faranno ricopiare questo scritto perché esso sia meglio osservato, sappiano che saranno benedetti dal Signore Iddio.




 

LETTERA AI REGGITORI DEI POPOLI


[210] 1 A tutti i podestà e consoli, magistrati e reggi­tori d’ogni parte del mondo, e a tutti gli altri ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo nel Signore Dio, piccolo e spregevole, a tutti voi augura sa­lute e pace.

[211] 2 Considerate e vedete che il giorno della morte si avvicina. 3 Vi supplico perciò, con tutta la reve­renza di cui sono capace, di non dimenticare il Signore, assorbiti come siete dalle cure e preoccupazioni di que­sto mondo e di non deviare dai suoi comandamenti, poiché tutti coloro che dimenticano il Signore e si allon­tanano dai comandamenti di lui, sono maledetti e sa­ranno dimenticati da lui.
         4 E quando verrà il giorno della morte, tutte quelle cose che credevano di possedere saranno loro tolte. 5 E quanto più sapienti e potenti saranno stati in que­sto mondo tanto maggiori saranno i tormenti che do­vranno patire nell’inferno.

[212] 6 Perciò io con fermezza consiglio a voi, miei si­gnori che, messa da parte ogni cura e preoccupazione, riceviate volentieri il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo in sua santa memoria.

[213] 7 E siete tenuti ad attribuire al Signore tanto onore fra il popolo a voi affidato, che ogni sera si annun­ci, mediante un banditore o qualche altro segno, che siano rese lodi e grazie all’onnipotente Signore Iddio da tutto il popolo. 8 E se non farete questo, sappiate che dovrete renderne ragione a Dio davanti al Signore vostro Gesù Cristo nel giorno del giudizio.
         9 Coloro che riterranno presso di sé questo scritto e lo metteranno in pratica, sappiano che saranno benedet­ti dal Signore Iddio.




LETTERA A TUTTO L’ORDINE


[214] 1 Nel nome della somma Trinità e della santa Unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen!

[215] 2 A tutti i frati a cui debbo reverenza e grande amore, a frate... A., ministro generale della Religio­ne dei frati minori, suo signore, e agli altri ministri ge­nerali che succederanno a lui, e a tutti i ministri e custo­di e sacerdoti della stessa fraternità, umili in Cristo, e a tutti i frati semplici che vivono nell’obbedienza, primi e ultimi, 3 frate Francesco, uomo di poco conto e fragile, vostro piccolo servo, augura salute in Colui che ci ha re­denti e ci ha lavati nel suo preziosissimo sangue. 4 Ascoltando il nome di lui, adoratelo con timore e ri­verenza proni verso terra: Signore Gesù Cristo, Figlio dell’Altissimo è il suo nome, che è benedetto nei secoli.

[216] 5 Ascoltate, miei signori, figli e fratelli, e prestate orecchio alle mie parole. 6 Inclinate l’orecchio del vostro cuore e obbedite alla voce del Figlio di Dio. 7 Custodite nella profondità del vostro cuore i suoi pre­cetti e adempite perfettamente i suoi consigli.
         8 Lodatelo poiché è buono ed esaltatelo nelle opere vostre, 9 poiché per questo vi mandò per il mondo intero, affinché rendiate testimonianza alla voce di lui con la parola e con le opere e facciate conoscere a tutti che non c’è nessuno Onnipotente eccetto Lui. 10 Perseverate nella disciplina e nella santa obbedienza, e adempite con proposito buono e fermo quelle cose che gli avete promesso. 11 Il Signore Iddio si offre a noi come a figli.

I. DELLA RIVERENZA VERSO IL CORPO DEL SIGNORE

[217] 12 Pertanto, scongiuro tutti voi, fratelli, ba­ciandovi i piedi e con tutto l’amore di cui sono capace, che prestiate, per quanto potete, tutta la riverenza e tut­to l’onore al santissimo corpo e sangue del Signore no­stro Gesù Cristo, 13 nel quale tutte le cose che sono in cielo e in terra sono state pacificate e riconciliate a Dio onnipotente.

II. DELLA SANTA MESSA

[218] 14 Prego poi nel Signore tutti i miei frati sa­cerdoti, che sono e saranno e desiderano essere sacerdoti dell’Altissimo, che quando vorranno celebrare la Messa puri, in purità offrano con riverenza il vero sacrificio del santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, con intenzione santa e monda, non per motivi terreni, né per timore o amore di alcun uomo, come se dovessero piacere agli uomini. 15 Ma ogni volontà, per quanto l’aiuta la grazia divina, si orienti a Dio, desi­derando con la Messa di piacere soltanto allo stesso sommo Signore, poiché in essa egli solo opera come a lui piace. 16 Poiché è lui stesso che dice: «Fate questo in memoria di me», se uno farà diversamente, diventa un Giuda traditore e si fa reo del corpo e del sangue del Signore.

[219] 17 Ricordatevi, fratelli miei sacerdoti, ciò che è scritto riguardo alla legge di Mosé: colui che la trasgre­diva, anche solo nelle prescrizioni materiali, per senten­za del Signore, era punito con la morte senza nessuna misericordia. 18 Quanto maggiori e più gravi pene meriterebbe di patire colui che avrà calpestato il Figlio di Dio e contaminato il sangue dell’alleanza, nel quale è santi­ficato, e recato oltraggio allo Spirito della grazia. 19 L’uomo, infatti, disprezza, contamina e calpesta l’Agnello di Dio quando, come dice l’Apostolo, non distin­guendo nel suo giudizio, né discernendo il santo pane di Cristo dagli altri cibi o azioni, lo mangia indegna­mente o, pur essendone degno, lo mangia con leggerezza e senza le dovute disposizioni, sebbene il Signore dica per bocca del profeta: «Maledetto l’uomo, che compie con frode l’opera di Dio». 20 E il Signore condanna i sa­cerdoti che non vogliono prendere a cuore con sincerità queste cose, dicendo: «Maledirò le vostre benedizioni».

[220] 21 Ascoltate, fratelli miei. Se la beata Vergine è così onorata, come è giusto, perché lo portò nel suo san­tissimo seno; se il beato Battista tremò di gioia e non osò toccare il capo santo del Signore; se è venerato il se­polcro, nel quale egli giacque per qualche tempo; 22 quanto deve essere santo, giusto e degno colui che stringe nelle sue mani, riceve nel cuore e con la bocca ed offre agli altri perché ne mangino, Lui non già morituro, ma eternamente vincitore e glorificato, sul quale gli an­geli desiderano volgere lo sguardo!
         23 Badate alla vostra dignità, fratelli sacerdoti, e siate santi perché egli è santo. 24 E come il Signore Iddio vi ha onorato sopra tutti gli uomini, con l’affidarvi questo ministero, così voi amatelo, riveritelo e onoratelo più di ogni altro uomo.
25 Grande miseria sarebbe, e miseranda meschini­tà se, avendo lui cosi presente, vi curaste di qualunque altra cosa che esista in tutto il mondo.

[221] 26 Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tre­mi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sa­cerdote, si rende presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. 27 O ammirabile altezza e degnazione stupenda!
         O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascon­dersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane!
         28 Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite da­vanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. 29 Nulla, dunque, di voi trat­tenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre.

III. DELL’UNICA MESSA DELLA FRATERNITÀ

[222] 30 Per questo motivo ammonisco ed esorto nel Signore, che nei luoghi in cui i frati dimorano, si celebri una sola Messa al giorno, secondo le norme della santa Chiesa.

[223] 31 Se poi nel luogo vi fossero più sacerdoti, l’uno, per amore di carità, si accontenti dell’ascolto della celebrazione dell’altro sacerdote, 32 poiché il Signore Gesù Cristo riempie di se stesso presenti ed assenti che sono degni di lui. 33 Egli, infatti, sebbene sembri es­sere in più luoghi, tuttavia rimane indivisibile e non co­nosce detrimento di sorta, ma uno e ovunque, come a lui piace, opera insieme con il Signore Iddio Padre e con lo Spirito Santo Paraclito per tutti i secoli dei secoli. Amen.

IV. DELLA VENERAZIONE PER LA SACRA SCRITTURA

[224] 34 E poiché chi è da Dio ascolta le parole di Dio, perciò noi, che in modo tutto speciale siamo de­putati ai divini uffici, dobbiamo non solo ascoltare e praticare quello che Dio dice, ma anche, per radicare in noi l’altezza del nostro Creatore e la nostra sottomissione a lui, custodire i vasi sacri e i libri liturgici, che conten­gono le sue sante parole.

[225] 35 Perciò, ammonisco tutti i miei frati e li in­coraggio in Cristo perché, ovunque troveranno le divine parole scritte, come possono, le venerino 36 e, per quanto spetti a loro, se non sono ben custodite o giaccio­no sconvenientemente disperse in qualche luogo, le rac­colgano e le ripongano in posto decoroso, onorando nelle sue parole il Signore che le ha pronunciate. Mol­te cose infatti sono santificate mediante le parole di Dio e in virtù delle parole di Cristo si compie il sacra­mento dell’altare.

V. CONFESSIONE DEL SANTO

[226] 38 Ed ora confesso al Signore Dio Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, alla beata sempre vergine Maria e a tutti i santi in cielo e in terra, a frate H. (Elia), ministro della nostra Religione, come a mio ve­nerabile signore, e ai sacerdoti del nostro Ordine e a tut­ti gli altri miei frati benedetti, tutti i miei peccati. 39 Ho peccato molto per mia grave colpa, specialmen­te perché non ho osservato la Regola, che ho promesso al Signore, e non ho detto l’ufficio, come la Regola pre­scrive, sia per negligenza sia a causa della mia infermità, sia perché sono ignorante e illetterato.

IV. DELLA REGOLA E DELL’UFFICIO

[227] 40 Perciò scongiuro, come posso, frate H. (Elia) ministro generale, mio signore che faccia osservare da tutti inviolabilmente la Regola, 41 e che i chierici di­cano l’ufficio con devozione, davanti a Dio, non preoccu­pandosi della melodia della voce, ma della consonanza della mente, così che la voce concordi con la mente, la mente poi concordi con Dio, 42 affinché possano piacere a Dio, mediante la purezza del cuore, piut­tosto che accarezzare gli orecchi del popolo con la mol­lezza del canto.

[228] 43 Per quanto mi riguarda, io prometto di os­servare fermamente tutte queste cose, come Dio mi darà la grazia, e le insegnerò ai frati che sono con me perché le osservino, riguardo all’ufficio e alle altre norme stabi­lite dalla Regola.

[229] 44 Quei frati, poi, che non vorranno osservare queste cose, non li ritengo cattolici, né miei frati; non li voglio neppure vedere né parlare con loro, finché non abbiano fatto penitenza.

[230] 45 Lo stesso dico anche per tutti gli altri che vanno vagando, incuranti della disciplina della Regola; 46 poiché il Signore nostro Gesù Cristo dette la sua vita per non venir meno all’obbedienza del Padre santis­simo.

[231] 47 Io, frate Francesco, uomo inutile e indegna creatura del Signore Iddio, dico in nome del Signore Ge­sù Cristo a frate H. (Elia), ministro di tutta la nostra Re­ligione e a tutti i ministri generali che succederanno a lui, e agli altri custodi e guardiani dei frati, che sono e saranno, che tengano presso di sé questo scritto, ad esso si conformino e lo conservino scrupolosamente. 48 E supplico gli stessi di custodire con sollecitudine e di fare osservare con grande diligenza le cose che vi sono scrit­te, secondo il beneplacito di Dio onnipotente, ora e sem­pre, finché durerà questo mondo.

[232] 49 E voi che farete queste cose siate benedetti dal Signore, e il Signore sia con voi in eterno. Amen.

VII. PREGHIERA CONCLUSIVA

[233] 50 Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio concedi a noi miseri di fare, per la forza del tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, 51 affinché, interiormente purifica­ti, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spi­rito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio dilet­to, il Signore nostro Gesù Cristo, 52 e, con l’aiuto della tua sola grazia, giungere a te, o Altissimo, che nella Tri­nità perfetta e nella Unità semplice vivi e regni glorio­so, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen.




LETTERA AD UN MINISTRO


[234] 1 A frate N... ministro. Il Signore ti benedica!
         2 Io ti dico, come posso, per quello che riguarda la tua anima, che quelle cose che ti sono di impedimento nell’amare il Signore Iddio, ed ogni persona che ti sarà di ostacolo, siano frati o altri anche se ti coprissero di battiture, tutto questo devi ritenere come una grazia.
         3 E così tu devi volere e non diversamente. 4 E questo tieni in conto di vera obbedienza da parte del Si­gnore Iddio e mia per te, perché io fermamente ricono­sco che questa è vera obbedienza. 5 E ama coloro che agiscono con te in questo modo, e non esigere da loro altro se non ciò che il Signore darà a te. 7 E in questo amali e non pretendere che diventino cristiani migliori.

[235] 8 E questo sia per te più che stare appartato in un eremo.
         9 E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se ti diporterai in questa ma­niera, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; 10 e se non chiedesse per­dono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. 11 E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Si­gnore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli.

[236] 12 E avvisa i guardiani, quando potrai, che tu sei deciso a fare così.

[237] 13 Riguardo poi a tutti i capitoli della Regola che trattano dei peccati mortali, con l’aiuto del Si­gnore, nel Capitolo di Pentecoste, raccolto il consiglio dei frati, ne faremo un Capitolo solo in questa forma:
         14 Se qualcuno dei frati, per istigazione del nemi­co, avrà peccato mortalmente, sia tenuto per obbedien­za a ricorrere al suo guardiano, 15 E tutti i frati, che fossero a conoscenza del peccato di lui, non gli fac­ciano vergogna né dicano male di lui, ma ne abbiano grande misericordia e tengano assai segreto il peccato del loro fratello, perché non i sani hanno bisogno del me­dico, ma i malati. 16 E sempre per obbedienza sia­mo tenuti a mandarlo con un compagno dal suo custo­de. 17 Lo stesso custode poi provveda misericordiosa­mente a lui, come vorrebbe si provvedesse a lui medesi­mo, se si trovasse in un caso simile.

[238] 13 E se fosse caduto in qualche peccato venia­le, si confessi ad un fratello sacerdote. 19 E se in quel luogo non ci fosse un sacerdote, si confessi ad un suo fratello, fino a che possa trovare un sacerdote che lo as­solva canonicamente, come è stato detto. 20 E questi non abbiano potere di imporre altra penitenza all’infuori di questa: «Va’ e non peccare più!».

[239] 21 Questo scritto tienilo con te, affinché sia meglio osservato, fino al capitolo di Pentecoste; là sarai presente con i tuoi frati. 22 E queste e tutte le altre cose, che sono ancora poco chiare nella Regola, sarà vo­stra cura di completarle, con l’aiuto del Signore Iddio.




PRIMA LETTERA AI CUSTODI


[240] 1 A tutti i custodi dei frati minori ai quali giun­gerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo e pic­colo nel Signore Iddio, augura salute con nuovi segni del cielo e della terra, segni che sono grandi e straordi­nari presso il Signore e sono invece ritenuti in nessun conto da molti religiosi e da altri uomini.

[241] 2 Vi prego, più che se riguardasse me stesso, che, quando vi sembrerà conveniente e utile, supplichia­te umilmente i chierici di venerare sopra ogni cosa il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cri­sto e i santi nomi e le parole di lui scritte che consacra­no il corpo. 3 I calici, i corporali, gli ornamenti dell’al­tare e tutto ciò che serve al sacrificio, devono essere pre­ziosi. 4 E se in qualche luogo trovassero il santissimo corpo del Signore collocato in modo miserevole, venga da essi posto e custodito in un luogo prezioso, secondo le disposizioni della Chiesa, e sia portato con grande vene­razione e amministrato agli altri con discrezione.

[242] 5 Anche gli scritti che contengono i nomi e le parole del Signore, ovunque fossero trovati in luoghi sconvenienti, siano raccolti e collocati in luogo degno.

[243] 6 E in ogni predica che fate, ricordate al popolo di fare penitenza e che nessuno può essere salvato se non colui che riceve il santissimo corpo e sangue del Si­gnore, 7 e che quando è sacrificato dal sacerdo­te sull’altare o viene portato in qualche parte, tutti, in gi­nocchio, rendano lode, gloria e onore al Signore Iddio vivo e vero.
         8 E dovete annunciare e predicare la sua gloria a tutte le genti, cosi che ad ogni «ora» e quando suonano le campane, sempre da tutto il popolo siano lese lodi e grazie a Dio onnipotente per tutta la terra.

[244] 9 E tutti i miei frati custodi ai quali giungerà questo scritto, che ne faranno copia e la terranno presso di sé e la faranno trascrivere per i frati che hanno l’uffi­cio della predicazione e della custodia dei frati, e che predicheranno sino alla fine le istruzioni contenute in questo scritto, sappiano che hanno la benedizione del Si­gnore Iddio e mia.
         10 E reputino questo scritto come vera e santa ob­bedienza per loro. Amen.




SECONDA LETTERA AI CUSTODI


[245] 1 A tutti i custodi dei frati minori, ai quali per­verrà questa lettera, frate Francesco, il più piccolo dei servi di Dio, augura salute e pace santa nel Signore.

[246] 2 Sappiate che ci sono delle realtà che, davanti al Signore sono altissime e sublimi, ma a volte sono re­putate dagli uomini vili e spregevoli; 3 mentre altre, ri­tenute care e nobili tra gli uomini, sono invece ritenute vilissime e spregevoli al cospetto di Dio.

[247] 4 Perciò vi supplico, nel Signore Dio nostro, per quanto posso, che vi preoccupiate di consegnare ai ve­scovi e agli altri chierici, quelle lettere che trattano del santissimo corpo e sangue del Signore nostro, 5 e di custodire nella memoria quanto su questo argomento vi abbiano raccomandato.

[248] 6 Dell’altra lettera che vi invio perché la tra­smettiate ai podestà, ai consoli e ai reggitori dei popoli, nella quale è contenuto l’invito a proclamare in pubblico tra i popoli e sulle piazze le lodi di Dio, procurate di fare subito molte copie e di consegnarle con diligenza a coloro ai quali sono indirizzate.




LETTERA A FRATE LEONE


[249] 1 Frate Leone, il tuo frate Francesco ti augura salute e pace.

[250] 2 Così dico a te, figlio mio, come una madre: che tutte le parole, che ci siamo scambiate lungo la via, le riassumo brevemente in questa sola frase e consiglio ­anche se dopo ti sarà necessario tornare da me per con­sigliarti ‑ poiché così ti consiglio: 3 in qualunque ma­niera ti sembra meglio di piacere al Signore Dio e di se­guire le sue orme e la sua povertà, fatelo con la benedi­zione del Signore Dio e con la mia obbedienza.
         4 E se ti è necessario per il bene della tua anima, per averne altra consolazione, e vuoi, o Leone, venire da me, vieni!




LETTERA A FRATE ANTONIO


[251] 1 A frate Antonio, mio vescovo, frate Francesco augura salute.

[252] 2 Ho piacere che tu insegni la sacra teologia ai frati, purché in questa occupazione, non estingua lo spi­rito dell’orazione e della devozione, come sta scritto nel­la Regola.




LETTERA A DONNA GIACOMINA


[253] 1 A donna Jacopa, serva dell’Altissimo, frate Francesco poverello di Cristo, augura salute nel Signore e la comunione dello Spirito Santo.

[254] 2 Sappi, carissima, che Cristo benedetto, per sua grazia, mi ha rivelato che la fine della mia vita è ormai prossima.

[255] 3 Perciò, se vuoi trovarmi vivo, vista questa let­tera, affrettati a venire a Santa Maria degli Angeli, 4 poiché se non verrai prima di tale giorno, non mi potrai trovare vivo.
         5 E porta con te un panno di cilicio in cui tu possa avvolgere il mio corpo e la cera per la sepoltura. 6 Ti prego ancora di portarmi di quei dolci, che eri so­lita darmi quando mi trovavo ammalato a Roma.




LAUDI E PREGHIERE



SALUTO ALLE VIRTÙ


[256] 1 Ave, regina sapienza,
il Signore ti salvi
con tua sorella, la santa e pura semplicità.
2 Signora santa povertà,
il Signore ti salvi
con tua sorella, la santa umiltà.
3 Signora santa carità,
il Signore ti salvi
con tua sorella, la santa obbedienza.
4 Santissime virtù,
voi tutte salvi il Signore
dal quale venite e procedete.

[257] 5 Non c’è assolutamente uomo nel mondo intero,
che possa avere una sola di voi,
se prima non muore [a se stesso].
6 Chi ne ha una e le altre non offende,
tutte le possiede,
7 e chi anche una sola ne offende
non ne possiede nessuna e le offende tutte.
8 e ognuna confonde i vizi e i peccati.

[258] 9 La santa sapienza
confonde Satana e tutte le sue insidie.
10 La pura santa semplicità
confonde ogni sapienza di questo mondo
e la sapienza della carne.
11 La santa povertà
confonde la cupidigia, l’avarizia
e le preoccupazioni del secolo presente.
12 La santa umiltà
confonde la superbia
e tutti gli uomini che sono nel mondo
e similmente tutte le cose che sono nel mondo.
13 La santa carità
confonde tutte le diaboliche e carnali tentazioni
e tutti i timori carnali.
14 La santa obbedienza
confonde tutte le volontà corporali e carnali
e ogni volontà propria,
15 e tiene il suo corpo mortificato per l’obbedienza
allo spirito e per l’obbedienza al proprio fratello;
16 e allora l’uomo è suddito e sottomesso
a tutti gli uomini che sono nel mondo,
17 e non soltanto ai soli uomini,
ma anche a tutte le bestie e alle fiere,
18 così che possano fare di lui quello che vogliono
per quanto sarà loro concesso dall’alto del Signore.




SALUTO ALLA BEATA VERGINE MARIA


[259] 1 Ave, Signora, santa regina
santa Madre di Dio, Maria
che sei vergine fatta Chiesa.
2 ed eletta dal santissimo Padre celeste,
che ti ha consacrata
insieme col santissimo suo Figlio diletto
e con lo Spirito Santo Paraclito;
3 tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia
e ogni bene.
4 Ave, suo palazzo,
ave, suo tabernacolo,
ave, sua casa.
5 Ave, suo vestimento,
ave sua ancella,
ave sua Madre.

[260] 6 E saluto voi tutte, sante virtù,
che per grazia e illuminazione dello Spirito Santo
venite infuse nei cuori dei fedeli,
perché da infedeli
fedeli a Dio li rendiate.




LODI DI DIO ALTISSIMO


[261] 1 Tu sei santo, Signore, solo Dio, che operi cose meravigliose.
2 Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo,
Tu sei re onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra.
3 Tu sei trino ed uno, Signore Dio degli dèi,
Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, il Signore Dio vivo e vero.
4 Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza,
Tu sei umiltà, Tu sei pazienza,
Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine,
Tu sei sicurezza, Tu sei quiete.
5 Tu sei gaudio e letizia, Tu sei nostra speranza, Tu sei giustizia,
Tu sei temperanza, Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza.
Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine.
Tu sei protettore, Tu sei custode e nostro difensore,
Tu sei fortezza, Tu sei refrigerio.
7Tu sei la nostra speranza, Tu sei la nostra fede, Tu sei la nostra carità.
Tu sei tutta la nostra dolcezza, Tu sei la nostra vita eterna
grande e ammirabile Signore,
Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.




BENEDIZIONE A FRATE LEONE


[262] 1 Il Signore ti benedica e ti custodisca, mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te.
         2 Rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace.
         3 Il Signore benedica te, frate Leone.




 

CANTICO DI FRATE SOLE


[263] 1 Altissimu, onnipotente, bon Signore,
Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
2 Ad Te solo, Altissimo, se konfane,
et nullu homo ène dignu Te mentovare.
3 Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le Tue creature,
spetialmente messor lo frate Sole,
lo quale è iorno et allumini noi per lui.
4 Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significatione.
5 Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
6 Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le Tue creature dài sustentamento.
7 Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Acqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
8 Laudato si’, mi’ Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
9 Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba.
10 Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore
et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke ’l sosterrano in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
12 Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po’ skappare:
13 guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no ’l farrà male.
4 Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.




PAROLE CON MELODIA

PER LE POVERE SIGNORE DEL MONASTERO DI S. DAMIANO


[263/1]    1 Audite, poverelle dal Signore vocate,
ke de multe parte et provincie sete adunate:
2 vivate sempre en veritate
ke en obedientia moriate.
3 Non guardate a la vita de fore,
ka quella dello spirito è migliore.
4 Io ve prego per grand’amore
k’aiate discrecione de le lemosene ke ve dà el Segnore.
5 Quelle ke sunt adgravate de infirmitate
et l’altre ke per loro suò adfatigate,
tutte quante lo sostengate en pace,
6 Ka multo venderi(te) cara questa fatiga,
ka cascuna serà regina
en celo coronata cum la Vergene Maria.




LODI PER OGNI ORA


[Rubrica: Incominciano le lodi composte dal beatissi­mo padre nostro Francesco. Egli le recitava ad ogni ora del giorno e della notte e prima dell’Ufficio della beata Vergine Maria; e incominciano così: «Santissimo Padre nostro, che sei nei cieli, ecc.». seguite dal Gloria. Poi si dicano le seguenti lodi:]

[264] 1 Santo, santo, santo il Signore Dio onnipo­tente,
che è, che era e che verrà;
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.
2 Tu sei degno, Signore Dio nostro,
di ricevere la lode, la gloria
e l’onore e la benedizione;
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.
3 Degno è l’Agnello, che è stato immolato
di ricevere potenza e divinità,
sapienza e fortezza,
onore e gloria e benedizione;
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.
4 Benediciamo il Padre e il Figlio con lo Spirito Santo;
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.
5 Benedite il Signore, opere tutte del Signore;
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.
6 Date lode al nostro Dio voi tutti suoi servi
voi che temete Dio, piccoli e grandi;
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.
7 Lodino lui, glorioso, i cieli e la terra;
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.
8 E ogni creatura che è nel cielo
e sopra la terra e sotto terra,
e il mare e le creature che sono in esso;
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.
9 Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo;
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.
10 Come era nel principio e ora e sempre
e nei secoli dei secoli. Amen.
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.

[265] Preghiera: Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Iddio,
ogni bene, sommo bene, tutto il bene, che solo sei buono,
fa’ che noi ti rendiamo ogni lode, ogni gloria,
ogni grazia, ogni onore, ogni benedizione e tutti i beni.
Fiat! Fiat! Amen.




ESORTAZIONE ALLA LODE DI DIO

[Lode di Dio nel luogo dell’Eremita]


[265/a]       1 Temete il Signore e rendetegli onore.
2 Il Signore è degno di ricevere la lode e l’onore,
3 Voi tutti che temete il Signore lodatelo.
4 Ave Maria piena di grazia il Signore è con te,
5 Lodatelo cielo e terra.
6 Lodate il Signore, o fiumi tutti.
7 Benedite il Signore o figli di Dio.
8 Questo è il giorno fatto dal Signore,
esultiamo e rallegriamoci in esso.
Alleluia, alleluia, alleluia! Il Re di Israele.
9 Ogni vivente dia lode al Signore.
10 Lodate il Signore perché è buono;
tutti voi che leggete queste parole, benedite il Signore.
11 Benedite il Signore, o creature tutte.
12 Voi tutti uccelli del cielo, lodate il Signore.
13 Servi tutti del Signore lodate il Signore.
14 Giovani e fanciulle lodate il Signore.
15 Degno è l’Agnello che è stato immolalo
di ricevere la lode, la gloria e l’onore.
16 Sia benedetta la santa Trinità
e l’indivisa Unità.
17 San Michele arcangelo, difendici nel combattimento.




PARAFRASI DEL «PADRE NOSTRO»


[266] 1 O santissimo Padre nostro: creatore, reden­tore, consolatore e salvatore nostro.

[267] 2 Che sei nei cieli: negli angeli e nei santi, il­luminandoli alla conoscenza, perché tu, Signore, sei lu­ce, infiammandoli all’amore, perché tu, Signore, sei amo­re, ponendo la tua dimora in loro e riempiendoli di bea­titudine, perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno, dal quale proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene.

[268] 3 Sia santificato il tuo nome: si faccia lumino­sa in noi la conoscenza di te, affinché possiamo conosce­re l’ampiezza dei tuoi benefici, l’estensione delle tue promesse, la sublimità della tua maestà e la profondità dei tuoi giudizi.

[269] 4 Venga il tuo regno: perché tu regni in noi per mezzo della grazia e ci faccia giungere nel tuo re­gno, ove la visione di te è senza veli,
l’amore di te è perfetto,
la comunione di te è beata,
il godimento di te senza fine.

[270] 5 Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra: affinché ti amiamo con tutto il cuore, sempre pensando a te; con tutta l’anima sempre desiderando te con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre inten­zioni e in ogni cosa cercando il tuo onore; e con tute le nostre forze spendendo tutte le nostre energie e sensibili­tà dell’anima e del corpo a servizio del tuo amore e non per altro; e affinché possiamo amare i nostri prossimi come noi stessi, trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore, godendo dei beni altrui come dei nostri e nei mali soffrendo insieme con loro e non recando nessuna offesa a nessuno.

[271] 6 Il nostro pane quotidiano: il tuo Figlio dilet­to, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi: in me­moria, comprensione e reverenza dell’amore che egli eb­be per noi e di tutto quello che per noi disse, fece e patì.

[272] 7 E rimetti a noi i nostri debiti: per la tua ineffabile misericordia, per la potenza della passione del tuo Figlio diletto e per i meriti e l’intercessione della beatissima Vergine e di tutti i tuoi eletti.

[273] 8 Come noi li rimettiamo ai nostri debitori: e quello che non sappiamo pienamente perdonare, tu, Si­gnore, fa’ che pienamente perdoniamo sì che, per amor tuo, amiamo veramente i nemici e devotamente inter­cediamo presso di te, non rendendo a nessuno male per male e impegnandoci in te ad essere di giovamento a tutti.

[274] 9 E non ci indurre in tentazione: nascosta o manifesta, improvvisa o insistente.

[275] 10 Ma liberaci dal male: passato, presente e futuro. Gloria al Padre, ecc.




PREGHIERA DAVANTI AL CROCIFISSO


[276] Altissimo glorioso Dio,
illumina le tenebre de lo core mio.
Et dame fede dricta,
speranza certa e carità perfecta,
senno e cognoscemento,
Signore,
che faccia lo tuo santo e verace comandamento. Amen.




PREGHIERA «ABSORBEAT»


[277] 1 Rapisca, ti prego, o Signore,
l’ardente e dolce forza del tuo amore
la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo,
2 perché io muoia per amore dell’amor tuo,
come tu ti sei degnato morire
per amore dell’amor mio.




DELLA VERA E PERFETTA LETIZIA


[278] 1 Lo stesso [fra Leonardo] riferì che un giorno il beato Francesco, presso Santa Maria [degli Angeli], chia­mò frate Leone e gli disse: «Frate Leone, scrivi». 2 Que­sti rispose: «Eccomi, sono pronto». 3 «Scrivi ‑ disse - ­quale è la vera letizia».
         4 «Viene un messo e dice che tutti i maestri di Pari­gi sono entrati nell’Ordine, scrivi: non è vera letizia. 5 Cosi pure che sono entrati nell’Ordine tutti i prelati d’Oltr’Alpe, arcivescovi e vescovi, non solo, ma perfino il Re di Francia e il Re d’lnghilterra; scrivi: non è vera leti­zia. 6 E se ti giunge ancora notizia che i miei frati sono andati tra gli infedeli e li hanno convertiti tutti alla fede, oppure che io ho ricevuto da Dio tanta grazia da sa­nar gli infermi e da fare molti miracoli; ebbene io ti di­co: in tutte queste cose non è la vera letizia».
         7 «Ma quale è la vera letizia?».
         8 «Ecco, io torno da Perugia e, a notte profonda, giungo qui, ed è un inverno fangoso e così rigido che, al­l’estremità della tonaca, si formano dei ghiacciuoli d’ac­qua congelata, che mi percuotono continuamente le gambe fino a far uscire il sangue da siffatte ferite. 9 E io tutto nel fango, nel freddo e nel ghiaccio, giungo alla porta e, dopo aver a lungo picchiato e chiamato, viene un frate e chiede: «Chi è?». Io rispondo: «Frate France­sco». 10 E quegli dice: «Vattene, non è ora decente questa, di andare in giro, non entrerai». 11 E poiché io insisto ancora, l’altro risponde: «Vattene, tu sei un semplice ed un idiota, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti e tali che non abbiamo bisogno di te». 12 E io sempre resto davanti alla porta e dico: «Per amor di Dio, accoglietemi per questa notte». 13 E quegli risponde: «Non lo farò. 14 Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là».
         15 Ebbene, se io avrò avuto pazienza e non mi sa­rò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell’anima».




UFFICIO DELLA PASSIONE DEL SIGNORE


[279] Incominciano i salmi, che il beatissimo padre nostro Francesco compose a onore e a memoria e a lode della passione del Signore. Essi vanno recitati uno per ciascuna delle ore canoniche del giorno e della notte. E incominciano dalla compieta del Giovedì santo, perché in quella notte il Signore nostro Gesù Cristo fu tradito e catturato. E nota, che il beato Francesco recitava questo ufficio in questo modo: all’inizio diceva l’orazione, che ci ha insegnato il Signore e Maestro: Santissimo Padre nostro, ecc. insieme alle lodi: Santo, santo, santo, come sono riportate qui so­pra. Terminate le lodi con l’orazione, incominciava questa antifona: Santa Maria. Prima diceva i salmi dell’uf­ficio della Madonna poi diceva altri salmi da lui scelti, e alla fine di tutti questi salmi, recitava i salmi della passione. Terminato il salmo diceva questa antifona: Santa Ma­ria Vergine. Terminata l’antifona era finito l’ufficio.

I
[Per il triduo sacro della settimana santa e per le ferie dell’anno]

COMPIETA

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo [I]

[280] 1 O Dio, ti ho presentato la mia vita: tu hai po­sto le mie lacrime alla tua presenza.
         2 Tutti i miei nemici ordivano mali contro di me, hanno tenuto consiglio insieme.
         3 Hanno deposto contro di me male per bene, e odio in cambio del mio amore.
         4 Invece di amarmi, dicevano ogni male di me: ma io pregavo.
         5 Mio Padre santo, re del cielo e della terra, non al­lontanarti da me, perché la tribolazione è vicina e non c’è chi mi aiuti.
         6 Indietreggino i miei nemici, ogni qualvolta ti avrò invocato: ecco, io so bene che tu sei il mio Dio.
         7 I miei amici e i miei conoscenti si sono avvicinati e fermati contro di me, e i miei congiunti si sono fermati lontano.
         8 Hai allontanato da me i miei compagni: mi hanno ritenuto come una vergogna per loro, sono come un pri­gioniero senza scampo.
         9 Padre santo, non allontanare da me il tuo aiuto; Dio mio, volgiti in mio aiuto.
         10 Accorri in mio aiuto, Signore Dio della mia salvezza.
         Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo: come era in principio e ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.

[281] Antifona: 1 Santa Maria Vergine, non vi è alcuna simile a te, nata nel mondo, tra le donne, 2 figlia e ancella dell’altissimo sommo Re il Padre celeste, madre del santissimo Signore nostro Gesù Cristo, sposa dello Spirito Santo; prega per noi con san Michele ar­cangelo e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi, presso il tuo santissimo diletto Figlio, Signore e mae­stro. Gloria al Padre. Come era.

[282] Nota che questa antifona si recita ad ogni ora; e tiene il posto di antifona, capitolo, versetto e orazione, an­che a mattutino e a ciascuna ora. Nient’altro egli diceva se non questa antifona con i suoi salmi. E alla fine dell’uffi­cio, il beato Francesco sempre recitava questa benedizione: Benediciamo il Signore Iddio vivo e vero, e rendiamo a lui la lode, la gloria, l’onore e ogni bene per sempre. Amen. Amen. Fiat. Fiat.

MATTUTINO

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo [II]

[283] 1 Signore, Dio della mia salvezza, davanti a te ho gridato giorno e notte.
         2 Penetri la mia preghiera al tuo cospetto: porgi il tuo orecchio alla mia preghiera.
         3 Guarda all’anima mia e liberala: strappami dalle mani dei miei nemici.
         4 Sei tu che mi hai tratto dal grembo, mia speranza dal seno di mia madre, poiché in te sono stato affidato dal mio nascere.
         5 Dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio; non allontanarti da me.
         6 Tu conosci la mia infamia, la mia vergogna e il mio tremore.
         7 Davanti a te stanno tutti quanti mi fanno soffrire; il mio cuore si aspetta obbrobrio e miseria.
         8 Ho aspettato qualcuno che soffrisse con me, ma non ci fu; e qualcuno che mi consolasse, ma non ho trovato nessuno.
         9 O Dio, gli iniqui sono insorti contro di me, un’orda di violenti attenta alla mia vita, non pongono te davanti ai loro occhi.
         10 Sono annoverato tra coloro che scendono nella fossa, un uomo che più nessuno aiuta, che va errando tra i morti.
         11 Tu sei il santissimo padre mio, mio Re e mio Dio.
         12 Vieni in mio soccorso, Signore, Dio della mia salvezza.

PRIMA

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo [III]

[284] 1 Abbi pietà di me, o Dio, abbi pietà di me, perché la mia anima confida in te.
2 Mi porrò pieno di speranza all’ombra delle tue ali, finché sia passato il turbine dell’iniquità.
3 Griderò verso il santissimo padre mio, l’altissimo Signore, che mi ha beneficato.
4 Dal cielo ha mandato il mio liberatore, ed ha gettato nella confusione coloro che mi calpestavano.
5 Il Signore ha mandato la sua misericordia e la sua verità; ha strappato la mia vita dai miei nemici, che erano fortissimi, e da quanti mi odiavano, perché si era­no fatti forti contro di me.
6 Hanno teso un laccio ai miei piedi ed hanno pie­gato la mia vita.
7 Hanno scavato una fossa davanti a me, ma vi sono caduti.
8 Il mio cuore è pronto, o Dio; il mio cuore è pron­to: voglio cantare e intonare un salmo.
9 Ridestati, mia gloria; svegliati, salterio e cetra; io mi leverò all’aurora.
10 Ti loderò tra i popoli, o Signore, canterò un sal­mo a te in mezzo alle genti.
11 Perché fino ai cieli si è levata la fama della tua misericordia, fino alle nubi la voce della tua verità.
12 Sii esaltato sopra i cieli, o Dio, e su tutta la ter­ra la tua gloria.
Nota che questo salmo si dice sempre a prima.

TERZA

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo [IV]

[285] 1 Abbi pietà di me, Signore, perché l’uomo mi calpesta, mi ha tormentato per tutto il giorno combattendomi.
2 Mi hanno calpestato i miei nemici tutto il giorno; sono tanti quelli che combattono contro di me.
3 Tutti i miei nemici rivolgono ogni loro pensiero al mio male, hanno prodotto contro di me false testimonianze.
4 Quelli che custodivano la mia vita, hanno fatto consiglio tra loro.
5 Uscivano fuori e parlavano fra loro.
6 Vedendomi, mi hanno tutti deriso, parlavano a fior di labbra e scuotevano il capo.
7 Ma io sono verme e non uomo, infamia degli uomini, rifiuto del popolo.
8 Sono diventato l’infamia dei miei conoscenti ben più di tutti i miei nemici, hanno paura di me i miei familiari.
9 Padre santo non allontanare da me il tuo aiuto, vieni in mia difesa.
10 Accorri in mio aiuto, Signore, Dio della mia salvezza.

SESTA


Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo [V]


[286] 1 Con la mia voce grido al Signore: con la mia voce supplico il Signore;
2 davanti a lui effondo la mia preghiera, al suo cospetto sfogo la mia angoscia
3 Mentre il mio spirito viene meno, tu già conosci la mia strada.
4 Lungo questa via per la quale passavo, i superbi mi hanno teso un laccio.
5 Guardavo a destra ed osservavo, e nessuno mi conosceva.
6 Non c’era più via di scampo per me, non c’è nessuno che si preoccupi della mia vita.
7 Poiché per te ho sopportato l’insulto, la vergogna ha ricoperto il mio volto.
8 Sono divenuto un estraneo per i miei fratelli, un forestiero per i figli di mia madre.
9 Padre santo, mi divora lo zelo della tua casa perciò sono caduti su di me gli oltraggi di chi ti insulta.
10 Contro di me si sono rallegrati nei loro incontri hanno radunato i flagelli per me, ma io non lo sapevo.
11 Più numerosi dei capelli del mio capo sono coloro che mi odiano senza motivo.
12 Sono divenuti più forti i miei nemici che mi perseguitano ingiustamente; ora dovrò rifondere quello che non ho rubato?
13 Si alzavano testimoni iniqui e mi domandavano ciò che ignoravo;
14 mi ripagavano il bene col male e mi calunniavano, perché seguivo l’onestà.
15 Tu sei il santissimo Padre mio, mio Re e mio Dio.
16 Accorri in mio aiuto, Signore, Dio della mia salvezza.

NONA

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo [VI]

[287] 1 O voi tutti che passate per la via, fermatevi e vedete se c’è un dolore pari al mio dolore.
2 Come un branco di cani mi hanno circondato, la banda dei malvagi mi ha assediato.
3 Essi poi mi hanno osservato e scrutato, si sono di­vise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno getta­to la sorte.
4 Hanno forato le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa.
5 Hanno spalancato su di me la loro bocca, come leone che rapisce e ruggisce.
6 Sono stato versato come acqua, le mie ossa sono tutte disperse.
7 E il mio cuore si è fatto come cera che si liquefa nel mio petto.
8 Come coccio si è inaridita la mia forza; la mia lin­gua mi si è attaccata al palato.
9 Mi hanno nutrito con fiele, nella mia sete mi han­no abbeverato con aceto.
10 Mi hanno condotto fino nella polvere della mor­te e aggiunsero dolore al dolore delle mie ferite.
11 Io ero morto e sono risorto, e il padre mio santissimo mi ha accolto nella gloria.
12 Padre santo, tu hai tenuto la mia mano de­stra e mi hai accompagnato nel fare la tua volontà e mi hai accolto nella gloria.
13 Infatti, che altro c’è per me in cielo? e da te che cosa ho voluto sulla terra?
14 Guardate, guardate che io sono Dio, dice il Si­gnore, sarò esaltato fra le genti e su tutta la terra.
15 Benedetto il Signore Dio di Israele, che ha re­dento le anime dei suoi servi con il proprio suo santissi­mo sangue, e non abbandonerà tutti quelli che sperano in lui.
16 E sappiamo che viene, viene a giudicare la giu­stizia.

VESPRO

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo [VII]

[288] 1 Genti tutte, battete le mani, cantate a Dio inni di giubilo con voce d’esultanza,
2 poiché il Signore è eccelso, terribile, re grande su tutta la terra.
3 Perché il santissimo Padre celeste, nostro re dal­l’eternità, ha mandato dall’alto il suo Figlio diletto, ed egli ha operato la salvezza sulla terra.
4 Si allietino i cieli ed esulti la terra, frema di gioia il mare e quanto contiene; esulteranno i campi e tutte le cose che in essi si trovano.
5 Cantate a lui un canto nuovo, cantate al Signore da tutta la terra,
6 perché grande è il Signore e molto degno di lode terribile sopra tutti gli dèi.
7 Date al Signore, o famiglie dei popoli, date al Si­gnore la gloria e l’onore, date al Signore la gloria del suo nome.
8 Portate in offerta i vostri corpi e caricatevi sulle spalle la sua santa croce e seguite sino alla fine i suoi comandamenti.
9 Tremi davanti al volto di lui tutta la terra; gridate tra i popoli: «Il Signore regna dal legno».

[289] Fino a qui si dice dal Venerdì santo alla festa del­l’Ascensione, ogni giorno. Però nella festa dell’Ascensione si aggiungono questi versetti:
10 E salì al cielo e siede alla destra del santissimo Padre celeste. Sali più in alto dei cieli, o Dio; e la tua gloria su tutta la terra.
11 E sappiamo che viene, viene a giudicare la giu­stizia.

[290] Nota che dall’Ascensione fino all’Avvento si dice allo stesso modo, ogni giorno, questo salmo, cioè: Genti tutte con i sopraddetti versetti, dicendo il gloria là dove finisce il salmo, cioè: viene a giudicare la giustizia.
Questi salmi si recitano dal Venerdì santo fino alla do­menica di Risurrezione. Ugualmente si recitano dall’ottava di Pentecoste fino all’Avvento del Signore e dall’ottava dell’Epifania fino al Giovedì santo, eccetto le domeniche e le feste principali, nelle quali non si recitano; negli altri giorni invece sempre si dicano.


II
[Per il tempo pasquale]

Nel sabato santo, cioè terminato l’ufficio del giorno.

COMPIETA

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo [VIII]

[291] 1 O Dio, volgiti in mio aiuto; Signore, affrettati a soccorrermi.
2 Siano confusi e coperti di rossore quelli che atten­tano alla mia vita.
3 Siano volti in fuga e arrossiscano quanti vogliono la mia rovina.
4 Siano volti in fuga subito pieni di rossore, quelli che mi dicono: Ah! ah!
5 Esultino e si rallegrino in te tutti coloro che ti cer­cano; non si stanchino di ripetere: «Sia magnificato Id­dio», coloro che amano la tua salvezza.
6 Io però sono indigente e povero, o Dio, aiutami.
7 Mio aiuto e mio salvatore sei tu; Signore, non tar­dare.

AL MATTUTINO DELLA DOMENICA DI RISURREZIONE

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo [IX]

[292] 1 Cantate al Signore un cantico nuovo, perché ha compiuto cose meravigliose.
2 La sua destra ha immolato il suo Figlio diletto l’ha immolato il suo santo braccio.
3 Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, ha rivelato la sua giustizia al cospetto di tutte le genti.
4 In quel giorno il Signore ha mandato la sua misericordia, nella notte si è udito il suo cantico.
5 Questo è il giorno fatto dal Signore: esultiamo e rallegriamoci in esso.
6 Benedetto colui che viene in nome del Signore, Dio il Signore e risplendette tra noi.
7 Si allietino i cieli ed esulti la terra, frema di gioia il mare e quanto contiene; esulteranno i campi e tutte le cose che in essi si trovano.
8 Date al Signore, o famiglie dei popoli. date al Si­gnore la gloria e l’onore; date al Signore la gloria per il suo nome.

[293] Fino a qui si dice dalla domenica di Risurrezione fino alla festa dell’Ascensione, ogni giorno, a ciascuna ora, eccetto a Vespro, a Compieta e a Prima. Nella notte del­l’Ascensione poi si aggiungono questi versetti:
9 O regni della terra, cantate a Dio, salmeggiate al Signore.
10 Cantate salmi a Dio, che ascende sopra il cielo dei cieli, a oriente.
11 Ecco, egli farà udire la forza della sua voce: da­te gloria a Dio per Israele; la sua magnificenza e la sua forza sono tra le nubi.
12 Mirabile è Dio nei suoi santi; il Dio di Israele, egli stesso darà potenza e fortezza al suo popolo. Sia be­nedetto Dio. Gloria.

[294] Nota che questo salmo, nel tempo dall’Ascensione del Signore fino all’ottava di Pentecoste, si recita ogni gior­no, con i sopraddetti versetti, a mattutino, terza, sesta e no­na, dicendo il Gloria dopo la frase benedetto Dio, e non altrove.
Nota ancora, che, allo stesso modo, si dice soltanto al mattutino nelle domeniche e nelle feste principali dell’ottava di Pentecoste fino all’Avvento del Signore e dall’ottava dell'Epifania fino al Giovedì santo, poiché in quello stesso glomo il Signore mangiò la pasqua con i suoi discepoli. Si può dire un altro salmo a mattutino o a Vespro, quando si vuole, come «Exaltabo te, Domine», come si ha nel Salte­rio. E questo dalla domenica di Risurrezione fino alla festa dell’Ascensione, e non oltre.

PRIMA

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo: Abbi pietà di me, Signore (come nel I Schema n. 284).

TERZA, SESTA, NONA

Salmo: Cantate (come al Mattutino, n. 292).

VESPRO

Salmo: Genti tutte (come al Vespro del I schema, n. 288).


III
[Per le domeniche e le feste principali]

[295] Iniziano altri salmi, composti ugualmente dal beatissimo padre nostro Francesco, da dirsi, in luogo dei so­praddetti salmi della Passione del Signore, nelle domeniche e nelle principali festività, dall’ottava di Pentecoste fino al­l’Avvento e dall’ottava dell’Epifania fino al Giovedì santo. Intendi bene che si devono dire in quello stesso giorno, perché è la pasqua del Signore.

COMPIETA

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo: O Dio, volgiti in mio aiuto (Compieta del II schema, n. 291).

MATTUTINO

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo: Cantate (come al Mattutino del II schema, n. 292).

Salmo: Abbi pietà di me, Signore (come nel I schema, n. 284).

TERZA

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo [X]

[296] 1 O terra tutta, cantate un inno di giubilo al Si­gnore, elevate un salmo al suo nome, date gloria alla sua lode.
2 Dite a Dio: «Quanto sono stupende le tue opere Signore; per la grandezza della tua potenza, a te si pie­gano i tuoi nemici.
3 A te si prostri tutta la terra, a te canti inni; canti al tuo nome».
4 Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio, e vi narrerò quanto ha fatto per me.
5 Con la mia bocca ho rivolto a lui il mio grido, con la mia lingua ho esultato.
6 Ed egli ha ascoltato la mia voce dal suo tempio santo; il mio grido è salito fino al suo cospetto.
7 Benedite il Signore nostro, o popoli, e fate risuona­re la sua lode.
8 E saranno benedette in lui tutte le tribù della ter­ra; tutte le genti lo esalteranno.
9 Benedetto sia il Signore, il Dio di Israele; egli solo compie cose meravigliose.
10 E benedetto sia il nome della sua maestà per sempre; della sua maestà sarà ripiena tutta la terra.
Fiat. Fiat.

SESTA

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo [XI]

[297] 1 Ti ascolti il Signore nel giorno della tribolazione; ti protegga il nome del Dio di Giacobbe.
2 Ti invii aiuto dal santuario, e da Sion ti protegga.
3 Si ricordi del tuo sacrificio, e il tuo olocausto sia ricco di benedizioni.
4 Ti conceda secondo il desiderio del tuo cuore e confermi tutti i tuoi propositi.
5 Esulteremo nella tua salvezza e nel nome del Si­gnore nostro Dio ci glorieremo.
6 Il Signore adempia tutte le tue domande. Ora so che il Signore ha mandato Gesù Cristo suo Figlio, ed egli giudicherà i popoli secondo giustizia.
7 Il Signore è divenuto rifugio dei poveri, aiuto nelle necessità e nelle tribolazioni. E sperino in te quanti hanno conosciuto il tuo nome.
8 Benedetto il Signore Dio mio, perché si è fatto mia difesa e mio rifugio, nel giorno della mia tribolazione.
9 O mio aiuto, a te canterò, perché tu Dio sei stato la mia difesa, il mio Dio, la mia misericordia.

NONA

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo [XII]

[298] 1 In te ho sperato, Signore, che io non sia confuso in eterno. Liberami e difendimi nella tua giustizia.
2 Porgi l’orecchio alla mia preghiera e salvami.
3 Sii per me il Dio mio protettore, come un luogo fortificato perché tu mi possa salvare.
4 Poiché tu sei, Signore, la mia pazienza; o Signore, mia speranza fino dalla mia giovinezza.
5 Dalla mia nascita sei tu la mia forza, mio protettore dal grembo di mia madre: tu sarai sempre la mia canzone.
6 Della tua lode sia piena la mia bocca; che io canti tutto il giorno la tua gloria e la tua grandezza.
7 Esaudiscimi, Signore, poiché benigna è la tua misericordia; volgiti a me nella molteplicità della tua misericordia.
8 Non distogliere il tuo volto dal tuo servo: sono nella tribolazione, affrettati ad ascoltarmi.
9 Sia benedetto il Signore mio Dio, poiché egli si è fatto mio difensore e rifugio nel giorno della mia tribolazione.
10 O mio aiuto a te voglio cantare, poiché tu sei, o Dio, la mia difesa il mio Dio, la mia misericordia.

VESPRO

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo: Genti tutte (come al Vespro del I schema, n. 288).


IV
[Per il tempo dell’Avvento del Signore]

[299] Iniziano altri salmi, sempre composti dal beatissi­mo padre nostro Francesco, da recitarsi in luogo dei prece­denti salmi della Passione del Signore, dall’Avvento del Si­gnore alla vigilia di Natale e non oltre.

COMPIETA

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo [XIII]

[300] 1 Fino a quando, Signore, ti scorderai di me? Fi­no a quando distoglierai da me il tuo volto?
2 Fino a quando rivolgerò affanni nell’anima mia, dolore nel mio cuore tutto il giorno?
3 Fino a quando il mio nemico avrà il sopravvento su di me? Volgi a me il tuo sguardo ed esaudiscimi, Si­gnore, mio Dio.
4 Da’ luce ai miei occhi, perché non mi addormenti mai nella morte e il mio nemico non possa dire: «Ti ho vinto!».
5 Se io cadrò, esulteranno i miei nemici, ma io ho confidato nella tua misericordia.
6 Il mio cuore esulterà nella tua salvezza. Canterò al Signore che mi ha beneficato e inneggerò al nome del Signore altissimo.

MATTUTINO

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo [XIV]

[301] 1 Io ti esalterò, Signore, Padre santissimo, Re del cielo e della terra, perché mi hai consolato.
         2 Tu sei il Dio mio salvatore, agirò con fiducia e non temerò.
         3 Mia fortezza e mia lode è il Signore; egli è divenu­to la mia salvezza.
         4 La tua destra, Signore, si è manifestata nella for­za la tua destra, Signore, ha percosso il mio nemico, e nella molteplicità della tua gloria hai abbattuto i miei avversari.
         5 Guardino i poveri e gioiscano: cercate il Signore e la vostra anima vivrà.
         6 Lo lodino il cielo e la terra, il mare e quanto in es­si si muove.
         7 Poiché Dio salverà Sion, e saranno riedificate le città di Giuda.
         8 Essi vi abiteranno e ne prenderanno il possesso.
         9 La stirpe dei suoi servi la erediterà e coloro che amano il suo nome abiteranno in essa.

PRIMA

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo: Abbi pietà di me, o Dio (come a Prima del I schema, n. 284).

TERZA

Salmo: O terra tutta (come a Terza del III schema, n. 296).

SESTA

Salmo: Ti ascolti il Signore (come a Sesta del III sche­ma, n. 297).

NONA

Salmo: In te ho sperato (come a Nona del III schema, n. 298).

VESPRO

Salmo: Genti tutte (come a Vespro del I schema, n. 288).

[302] Nota che non si recita tutto il salmo, ma fino al versetto: Tremi davanti al volto di lui (v. 9). Si faccia at­tenzione a dire tutto il versetto: Portate in offerta... Termi­nato questo versetto, si dice il Gloria. Questo salmo si reci­ta al Vespro ogni giorno, dall’Avvento fino alla Vigilia di Natale.

V
[Per il tempo dalla Natività del Signore all’ottava dell’Epifania]

VESPRO DI NATALE

Antifona: Santa Maria Vergine.

Salmo [XV]

[303] 1 Esultate in Dio nostro aiuto, elevate il vostro canto di giubilo al Signore Dio, vivo e vero con voce di esultanza.
         2 Poiché eccelso e terribile è il Signore, re grande su tutta la terra.
         3 Poiché il santissimo Padre celeste, nostro Re dall’eternità, ha mandato dall’alto il suo Figlio diletto, ed egli è nato dalla beata Vergine santa Maria.
         4 Egli mi ha invocato: «Il padre mio sei tu»; ed io lo riconoscerò come primogenito, più alto dei re della terra.
         5 In quel giorno il Signore ha mandato la sua misericordia, nella notte si è udito il suo cantico.
         6 Questo è il giorno fatto dal Signore: esultiamo e rallegriamoci in esso.
         7 Poiché il santissimo bambino diletto ci è stato donato e per noi è nato, lungo la via e deposto in una mangiatoia, perché non c’era posto nell’albergo.
         8 Gloria al Signore Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà.
         9 Si allietino i cieli ed esulti la terra, frema di gioia il mare e quanto contiene; esulteranno i campi e tutte le cose che in essi si trovano.
         10 Cantate a lui un cantico nuovo; canti al Signore tutta la terra.
         11 Poiché grande è il Signore e degno d’ogni lode, è terribile sopra tutti gli dèi.
         12 Date al Signore, o famiglie dei popoli, date al Signore la gloria e l’onore; date al Signore la gloria per il suo nome.
         13 Portate in offerta i vostri corpi e caricatevi sulle spalle la sua santa croce e seguite sino alla fine i suoi comandamenti.

Nota che questo salmo si dice dalla Natività del Signo­re fino all’ottava dell’Epifania a ciascuna ora.
Chi volesse recitare questo Ufficio del beato Francesco segua questo ordine: prima dica la preghiera «Padre no­stro» con le lodi, cioè: «Santo, santo, santo». Terminate queste lodi con l’orazione, come si legge sopra, si recita l’an­tifona «Santa Maria Vergine» con il salmo proprio, indi­cato per ogni ora del giorno e della notte. E lo si reciti con grande devozione.




AMDG et BVM

 

Genesi biblica (3)


5.
Il terzo capitolo della Genesi va riletto
alla luce delle nuove conoscenze


Di fronte alle mie perplessità di conciliare la nuova rivelazione con la
lettura del Testo biblico, don Guido mi spiegava:


– Tutto il brano mosaico del terzo capitolo della Genesi va considerato
un brano ermetico come l’Apocalisse, perché fu scritto in forma simbolica
in cui la verità è stata nascosta dietro molte allegorie. Senza dubbio questo
ermetismo rientrava nel progetto di Dio che aveva riservato la sua comprensione
per i tempi nei quali l’umanità sarebbe stata in grado di comprendere
i meccanismi genetici e le loro implicazioni morali. Fu dunque
per Sua Volontà che solo oggigiorno venisse data al mondo la chiave di
lettura per la sua decodificazione per mezzo di questa rivelazione.
È il concetto di Eva quello che va riveduto nella tradizionale interpretazione
del terzo capitolo della Genesi. Eva, quella che la Bibbia chiama ‘la
madre di tutti i viventi’, è lei ‘l’albero della conoscenza del bene e del male’,
oggetto della proibizione del Signore, albero selvatico che avrebbe potuto
diventare ponte pericoloso fra le due specie perché potenzialmente in grado
di procreare, con i suoi 47 cromosomi, sia dagli ancestri che dall’Uomo.
Da questo ‘albero selvatico’ l’Uomo, per volontà di Dio, generò ‘in
bene’ la Donna e, contro la volontà di Dio, generò ‘in male’ Caino. Dio,
rispettoso della libertà che aveva donato all’Uomo, si astenne in questa
circostanza di intervenire con la Sua opera creatrice. –
Molto inchiostro è stato versato per tentare di spiegare il mistero dei
versetti del Terzo capitolo del testo mosaico e fortunatamente l’interpretazione
letterale del serpente, dell’albero e del frutto è stata già da lungo
tempo abbandonata.


a) Per alcuni studiosi il ‘peccato originale’ è consistito nel sottrarsi da
parte dell’uomo o della prima comunità di uomini (in evoluzione, loro dicono)
alle leggi della natura che regolano negli animali i tempi e le stagioni
della fertilità. Questa libertà rubata e ripetuta all’infinito dai loro discendenti
portò, secondo costoro, alla perdita della felicità. Essi non considerano
che Dio possa aver creato l’Uomo già diverso dagli animali.


b) Per molti, invece, ‘il peccato originale’ è considerato soltanto un peccato
della mente, causato dalla superbia, dall’autosufficienza e dalla disob-
bedienza dell’uomo. Secondo costoro il peccato dell’uomo, e dell’umanità, è
consistito nell’addentrarsi in campi del sapere che non erano a loro permessi.
Questo modo di interpretare il passo biblico appare alquanto riduttivo e
fuorviante, perché dà l’immagine di un Dio che, geloso dei propri segreti,
mortifichi la creatura umana nella sua naturale e legittima ricerca della verità.
Partendo da questa interpretazione nasce il dubbio che l’uomo possa
mai essere felice avendo insito nella sua natura il bisogno di conoscenza.
Risulterebbe che Dio è un Dio distante, incomprensivo, punitivo, un tiranno.
Questo sarebbe un Dio imperfetto dal quale ci si dovrebbe difendere, un
Dio che ha più l’aspetto di una proiezione umana piuttosto che l’immagine
del Dio della Misericordia. Non sarebbe più Dio.


c) Altri ancora considerano l’espressione ‘albero della conoscenza del
bene e del male’ come il desiderio dell’uomo di crearsi un proprio concetto
di bene e di male. Questo atteggiamento presuntuoso sarebbe stato il cosiddetto
‘peccato originale’, peccato che è sempre stato presente nell’animo
umano fin dalle sue origini. Nel volersi appropriare da parte dell’uomo di
questa distinzione che spetta solo a Dio, consisterebbe, essi dicono, il vero
peccato di superbia e di disobbedienza. Da questa disobbedienza, che in
verità è arroganza, nasce la presunzione di negare una ‘morale oggettiva’.
Da qui alla ‘morale relativa’, già avanzata da Voltaire, il passo è breve.
Questa presunzione, che il Signore non tollera perché è una morale che va
contro l’uomo, sarebbe, secondo questi pensatori, il nocciolo del ‘peccato
originale’. In realtà quest’ultima interpretazione, alla luce di questa rivelazione,
è la più vicina alla verità perché l’autogiustificazione delle proprie
trasgressioni agli ordini di Dio porta inevitabilmente alla superbia e all’autosufficienza
in campo morale. Questi biblisti hanno il merito d’aver compreso
che l’uomo non può trovare la felicità quando esce arbitrariamente
dalla legge di Dio. Ma non basta. Ora noi sappiamo che il lato morale è
solo un aspetto del ‘peccato d’origine’, che invece si è attuato anche in un
atto concreto.


d) Soltanto una minoranza di studiosi ha preso in considerazione il fatto
che questo peccato possa aver compromesso anche l’integrità fisica e psichica
dell’uomo. Le scoperte archeologiche relative all’evoluzione, che ora
sappiamo trattarsi di una regressione e di una lenta ricostruzione, avevano
sviato il pensiero teologico e fatto dimenticare che la Bibbia aveva enunciato che
l’Uomo era stato creato con la massima perfezione: era cosa ‘molto’
buona. Questa affermazione della Bibbia non era stata presa in seria considerazione,
perché pareva non potersi conciliare con l’imperfezione dell’uomo
attuale e tanto meno con quella dell’uomo preistorico. Il problema
sembrava insolubile e finiva per togliere alla Genesi credibilità e il requisito
di ‘Parola di Dio’. Solo una nuova rivelazione poteva darci la chiave di
lettura di questo brano ermetico.

Pg 345 e ss.
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Il Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) 

nei paragrafi riportati sotto, 397-400, menziona soprattutto l'uomo, mentre "Eva" è citata una sola volta. Non si vedrebbe qui un contrasto netto con la rivelazione a Don Guido, date le obiezioni che alcuni hanno fatto in proposito (nella Bibbia pecca per prima "Eva"). Anche negli atti del Concilio Vaticano II, seconda citazione sotto, Eva e la donna non sono mai menzionate. Idem nel Concilio di Trento, terza citazione, dove si nomina solo Adamo. 
Sulle modalità concrete del peccato originale il Magistero non si esprime perché non sa come sono andate le cose e lo ammette al paragrafo 390 del CCC:

390 Il racconto della caduta utilizza un linguaggio di immagini, ma espone un avvenimento primordiale, un fatto che è accaduto all'inizio della storia dell'uomo. La Rivelazione ci dà la certezza di fede che tutta la storia umana è segnata dalla colpa originale liberamente commessa dai nostri progenitori.


Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica - Il primo peccato dell'uomo

 397 L'uomo, tentato dal diavolo, ha lasciato spegnere nel suo cuore la fiducia nei confronti del suo Creatore e, abusando della propria libertà, ha disobbedito al comandamento di Dio. In ciò è consistito il primo peccato dell'uomo. In seguito, ogni peccato sarà una disobbedienza a Dio e una mancanza di fiducia nella sua bontà.

398 Con questo peccato, l'uomo ha preferito se stesso a Dio, e, perciò, ha disprezzato Dio: ha fatto la scelta di se stesso contro Dio, contro le esigenze della propria condizione di creatura e conseguentemente contro il suo proprio bene. Costituito in uno stato di santità, l'uomo era destinato ad essere pienamente "divinizzato" da Dio nella gloria. Sedotto dal diavolo, ha voluto diventare "come Dio", ma "senza Dio e anteponendosi a Dio, non secondo Dio".

399 La Scrittura mostra le conseguenze drammatiche di questa prima disobbedienza. Adamo ed Eva perdono immediatamente la grazia della santità originale. Hanno paura di quel Dio di cui si son fatti una falsa immagine, quella cioè di un Dio geloso delle proprie prerogative.

400 L'armonia nella quale essi erano posti, grazie alla giustizia originale, è distrutta; la padronanza delle facoltà spirituali dell'anima sul corpo è infranta; l'unione dell'uomo e della donna è sottoposta a tensioni; i loro rapporti saranno segnati dalla concupiscenza e dalla tendenza all'asservimento. L'armonia con la creazione è spezzata: la creazione visibile è diventata aliena e ostile all'uomo. A causa dell'uomo, la creazione è "sottomessa alla caducità" ( Rm 8,20 ). Infine, la conseguenza esplicitamente annunziata nell'ipotesi della disobbedienza si realizzerà: l'uomo tornerà in polvere, quella polvere dalla quale è stato tratto. La morte entra nella storia dell'umanità.



Concilio Vaticano II

Costituito da Dio in uno stato di giustizia, l'uomo però, tentato dal Maligno, fin dagli inizi della storia abusò della libertà, erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di fuori di lui. Pur avendo conosciuto Dio, gli uomini « non gli hanno reso l'onore dovuto... ma si è ottenebrato il loro cuore insipiente »... e preferirono servire la creatura piuttosto che il Creatore. Quel che ci viene manifestato dalla rivelazione divina concorda con la stessa esperienza. Infatti l'uomo, se guarda dentro al suo cuore, si scopre inclinato anche al male e immerso in tante miserie, che non possono certo derivare dal Creatore, che è buono.
Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l'uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo fine ultimo, e al tempo stesso tutta l'armonia, sia in rapporto a se stesso, sia in rapporto agli altri uomini e a tutta la creazione. Così l'uomo si trova diviso in se stesso.
Per questo tutta la vita umana, sia individuale che collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre.
Anzi l'uomo si trova incapace di superare efficacemente da sé medesimo gli assalti del male, così che ognuno si sente come incatenato.

Ma il Signore stesso è venuto a liberare l'uomo e a dargli forza, rinnovandolo nell'intimo e scacciando fuori « il principe di questo mondo » (Gv12,31), che lo teneva schiavo del peccato. Il peccato è, del resto, una diminuzione per l'uomo stesso, in quanto gli impedisce di conseguire la propria pienezza. Nella luce di questa Rivelazione trovano insieme la loro ragione ultima sia la sublime vocazione, sia la profonda miseria, di cui gli uomini fanno l'esperienza. 
(Gaudium et spes, 13)

L'eterno Padre, con liberissimo e arcano disegno di sapienza e di bontà, creò l'universo; decise di elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divina; dopo la loro caduta in Adamo non li abbandonò... (Lumen Gentium, 1-2)



Dagli Atti dei Concilio di Trento

1. Chi non ammette che il primo uomo Adamo, avendo trasgredito nel paradiso il comando di Dio, ha perso subito la santità e la giustizia, nelle quali era stato creato e che è incorso per questo peccato di prevaricazione nell’ira e nell’indignazione di Dio, e, quindi, nella morte, che Dio gli aveva prima minacciato, e, con la morte, nella schiavitù di colui che, in seguito, ebbe il potere della morte e cioè il demonio (21); e che Adamo per quel peccato di prevaricazione fu peggiorato nell’anima e nel corpo: sia anatema.


2. Chi afferma 
*che la prevaricazione di Adamo nocque a lui solo, e non anche alla sua discendenza; *che perdette per sé soltanto, e non anche per noi, la santità e giustizia che aveva ricevuto da Dio; o 
*che egli, inquinato dal peccato di disobbedienza, abbia trasmesso a tutto il genere umano solo la morte e le pene del corpo, e non invece anche il peccato, che è la morte dell’anima: sia anatema. Contraddice infatti all’apostolo, che afferma: Per mezzo di un sol uomo il peccato entrò nel mondo e a causa del peccato la morte, e così la morte si trasmise a tutti gli uomini, perché in lui tutti peccarono (22).

AMDG et BVM

Omaggio all'Angelo Custode

"Angelo di Dio, che sei il mio Custode, illumina, custodisci,
reggi e governa me, che Ti fui affidato
dalla Pietà Celeste. Amen." 






L'Angelo Custode

                
Un italo-americano residente in California, incaricava spesso il suo Angelo Custode di riferire a Padre Pio ciò che riteneva utile fargli sapere. Un giorno, dopo la confessione, chiese al Padre se sentiva veramente quello che gli diceva tramite l'angelo. "E che" - rispose Padre Pio - "mi credi sordo?" E Padre Pio gli ripeté quello che pochi giorni prima gli aveva fatto sapere tramite il suo Angelo.
Padre Lino raccontava. Stavo pregando il mio Angelo Custode perché intervenisse presso Padre Pio a favore di una signora che stava molto male, ma mi sembrava che le cose non mutassero affatto. Padre Pio, ho pregato il mio Angelo Custode perché le raccomandasse quella signora - gli dissi appena lo vidi - è possibile che non l'abbia fatto? - "E cosa credi, che sia disobbediente come me e come te?
Padre Eusebio raccontava. Stavo andando a Londra in aereo, contro il consiglio di Padre Pio che non voleva che usassi questo mezzo di trasporto. Mentre sorvolavamo il canale della Manica una violenta tempesta mise l'aereo in pericolo. Tra il terrore generale recitai l'atto di dolore e, non sapendo cosa altro fare, mandai a Padre Pio l'Angelo Custode. Tornato a San Giovanni Rotondo andai dal Padre. "Guagliò "- mi disse - "Come stai? È andato tutto bene?" - "Padre ci stavo rimettendo la pelle" - "E allora perché non obbedisci? - "Ma le ho mandato l'Angelo Custode..." - "E meno male che è arrivato in tempo!"
Un avvocato di Fano stava tornando a casa da Bologna. Era al volante della sua 1100 nella quale si trovavano anche sua moglie e i suoi due figli. Ad un certo punto, sentendosi stanco, avrebbe voluto chiedere di essere sostituito alla guida, ma il figlio maggiore, Guido, stava dormendo. Dopo qualche chilometro, nei pressi di San Lazzaro, si addormentò anche lui. Quando si svegliò si accorse di trovarsi ad un paio di chilometri da Imola. FuoriFOTO10.jpg (4634 byte) da sé dallo spavento urlò: "chi ha guidato la macchina? È successo niente?"...  - No - gli risposero in coro. Il figlio maggiore, che era al suo fianco si svegliò e disse di aver dormito saporitamente. La moglie e il figlio minore, increduli e meravigliati, dissero di aver constatato un modo di guidare diverso dal solito: a volte l'auto era per finire contro altri veicoli ma all'ultimo momento, li evitava con delle manovre perfette. Anche la maniera di prendere le curve era diversa. "Soprattutto" diceva la moglie "ci ha colpito il fatto che tu sei rimasto immobile per molto tempo e non hai più risposto alle nostre domande..."; "Io - la interruppe il marito - non potevo rispondere perché dormivo. Io ho dormito per quindici chilometri. Non ho veduto e non ho sentito niente perché dormivo... . Ma chi ha guidato l'auto? Chi ha impedito la catastrofe?... Dopo un paio di mesi l'avvocato si recò a San Giovanni Rotondo. Padre Pio, appena lo vide, mettendogli una mano sulla spalla, gli disse: "Tu dormivi e l'Angelo Custode ti guidava la macchina". Il mistero fu svelato.
Una figlia spirituale di Padre Pio percorreva una strada di campagna che l'avrebbe portata al Convento dei cappuccini dove ad attenderla c'era lo stesso Padre Pio. Era una di quelle giornate invernali, imbiancate dalla neve dove i grossi fiocchi che venivano giù, rendevano ancora più difficile il cammino. Lungo la strada, totalmente innevata, la signora ebbe la certezza che non sarebbe arrivata in tempo all'appuntamento col frate. Piena di fede, incaricò il suo Angelo Custode di avvisare Padre Pio che a causa del maltempo sarebbe arrivata al convento con notevole ritardo. Giunta al convento poté constatare con enorme gioia che il frate l'attendeva dietro ad una finestra, da dove, sorridendo, la salutava.
A volte il Padre, in sagrestia, si fermava e salutava anche baciando qualche amico o figlio spirituale ed io, raccontava un uomo,  guardando con santa invidia quel fortunato, dicevo tra me: "Beato lui!...Se fossi io al suo posto! Beato! Beato lui! Il 24 dicembre 1958 sono in ginocchio, ai suoi piedi, per la confessione. Al termine, lo guardo e, mentre il cuore batte per l'emozione, oso dirgli: "Padre, oggi è Natale, posso fare gli auguri dandovi un bacio? E lui, con una dolcezza che non si può descrivere con la penna ma soltanto immaginare, mi sorride e: "Sbrigati, figlio mio, non farmi perdere tempo!" Anche lui mi abbracciò. Lo baciai e come un uccello, giulivo, spiccai il volo verso l'uscita ripieno di delizie celesti. E che dire delle botte sulla testa? Ogni volta, prima di ripartire da San Giovanni Rotondo, desideravo un segno di particolare predilezione. Non solo la sua benedizione ma anche due colpetti sulla testa come due paterne carezze. Devo sottolineare che mai mi fece mancare ciò che, come un bambino,   manifestavo di voler ricevere da lui. Una mattina, eravamo in molti nella sagrestia della chiesetta piccola e mentre padre Vincenzo a voce alta esortava, con la sua solita severità, dicendo: "non spingete...non stringete le mani del Padre...fatevi indietro!", io quasi sconfortato, tra me ripetevo: "Partirò, questa volta senza le botte sulla testa". Non volli rassegnarmi e pregai il mio Angelo Custode di fare il messaggero e di ripetere a Padre Pio testualmente: "Padre, io parto, desidero la benedizione e le due botte sulla testa, come sempre. Una per me e l'altra per mia moglie". "Fate largo, fate largo", ripeteva ancora padre Vincenzo mentre Padre Pio cominciava a camminare. Io ero in ansia. Lo guardavo con un senso di tristezza. Ed eccolo, mi si avvicina, mi sorride ed ancora una volta i due colpetti ed anche la mano mi fa baciare. - "Ne darei tanti di botte a te, ma tante!". Così ebbe a dirmi la prima volta.
Una donna era seduta sul piazzale della chiesa dei cappuccini. La Chiesa era chiusa. Era tardi. La donna pregava col pensiero, e ripeteva col cuore: "Padre Pio, aiutami! Angelo mio, va a dire al Padre che mi venga in aiuto, altrimenti mia sorella muore!". Dalla finestra di sopra, sentì la voce del Padre: "Chi mi chiama a quest'ora? Che cosa c'é? La donna disse della malattia della sorella, Padre Pio si recò in bilocazione e guarì la malata.
Un tizio disse a Padre Pio: - Io non posso venire sempre da voi. Il mio stipendio non mi permette spese per viaggi così lunghi - Padre Pio rispose: "E chi ti ha detto di venire qui? Non hai il tuo Angelo Custode? Gli dici cosa vuoi, lo mandi qua, ed avrai subito la risposta".
Quando Padre Pio era un giovane sacerdote scriveva al suo confessore dicendo: "la notte ancora al chiudersi degli occhi, vedo abbassarsi il velo ed aprirmisi dinanzi il Paradiso. E allietato da questa visione, dormo con un sorriso di dolce beatitudine sulle labbra e con una perfetta calma sulla fronte aspettando che il piccolo compagno della mia infanzia venga a svegliarmi e così sciogliere insieme le lodi mattutine al diletto dei nostri cuori".
Padre Alessio un giorno si avvicinò a Padre Pio con delle lettere in mano per chiedergli delle cose e il Padre gli disse brusco: "Uagliò, non vedi che ho da fare? Lasciami in pace". Rimase male. Si ritirò in disparte mortificato. Padre Pio se ne accorse e dopo un pò lo chiamo e gli disse: "Non hai visto tutti quegli Angeli che erano qui intorno? Erano Angeli Custodi dei miei figli spirituali che venivano a portarmi i loro messaggi. Dovevo dare loro le risposte da riferire".
Un dottore chiese a Padre Pio: "Tanti Angeli sono sempre vicino a lei. Non le danno fastidio?" - "No" rispose il Padre con semplicità - "sono così obbedienti".

Si direbbe - diceva uno dei figli spirituali del Padre - che Padre Pio ascolti sempre quelli che lo chiamano. Una sera, molti parlavano del Padre appena arrivati a San Giovanni Rotondo. Ingenuamente ricapitolavano le grazie che volevano chiedergli e incaricavano i loro Angeli Custodi di fargliele presenti al più presto. L'indomani, dopo la Messa, Padre Pio li rimproverò giustamente: "Birichini! Neanche la notte mi lasciate tranquillo!", il sorriso smentiva le parole. Essi si seppero esauditi.
Ma voi, Padre, sentite quello che l'Angelo vi dice? Chiese una persona. E Padre Pio: "E cosa credi, che Egli sia disubbidiente come te? Mandami l'Angelo Custode".

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AMDG et BVM