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giovedì 4 gennaio 2018

Santissimo Nome di Gesù

IHS 

Santissimo Nome di Gesù


Il Santissimo Nome di Gesù fu sempre onorato e venerato nella Chiesa fin dai primi tempi, ma solo nel secolo XIV cominciò ad avere culto liturgico. San Bernardino, aiutato da altri confratelli, sopratutto dai beati Alberto da Sarteáno e Bernardino da Feltre, diffuse con tanto slancio e fervore tale devozione che finalmente venne istituita la festa liturgica. Nel 1530 Papa Clemente VII autorizzò l'Ordine francescano a recitare l'Ufficio del Santissimo Nome di Gesù. Giovanni Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio la memoria facoltativa nel Calendario Romano.
Martirologio Romano: Santissimo Nome di Gesù, il solo in cui, nei cieli, sulla terra e sotto terra, si pieghi ogni ginocchio a gloria della maestà divina. 




Il significato e la proprietà del nome

Anzitutto i nomi hanno un loro significato intrinseco, come appare dai nomi teofori (evocatori della divinità) e da quelli di alcuni eroi, che sono il simbolo della missione adempiuta da costoro nella storia. 
In secondo luogo, il nome ha un contenuto dinamico; rappresenta e in qualche modo racchiude in sé una forza. Esso designa l’intima natura di un essere, poiché contiene una presenza attiva di quell’essere. 
Platone diceva che “Chiunque sa il nome, sa anche le cose”; conoscerlo vuol dire conoscere la ‘cosa’ in se stessa. Il nome “occupa” uno spazio, ha la “proprietà” della cosa e la spiega. 
Il nome di nascita indica in primo luogo, l’”essenza” di una persona, le sue prerogative, le qualità e i difetti; pronunciandolo si è come in presenza di colui che si nomina, si dà ad esso una precisa dimensione. 

Così come fra i ‘primitivi’ che cercavano di conoscere il nome al fine di esercitare un potere su una persona o su qualsiasi cosa vivente, il nome è ancora indispensabile nel praticare un incantesimo; infatti i cosiddetti ‘maghi’ vogliono conoscerlo, per inciderlo su amuleti e talismani, accanto a quello delle Entità Invisibili. 

Il nome nelle società antiche



Nell’antica Grecia i nomi provenivano da due categorie: 1) nomi di un dio o derivati da quello portato dalla divinità (Apollodoro, Apollonio, Eròdoto, Isidoro, Demetrio, Teodoro, ecc.); 2) nomi scelti come augurio per la futura vita del bambino, seguiti da quello della località di residenza o provenienza. 
I Romani imponevano ai neonati tre nomi: Il prenome scelto fra i diciotto più usati, che si abbreviava con la lettera iniziale, es. P = Publius (Publio), C = Caius (Caio), ecc. Il nome indicava la gens di appartenenza, es. Julius (della gens Julia). Il cognome indicante la famiglia, quando la gens d’origine si divideva in molte famiglie. 
Nei nomi di origine ebraica, particolarmente quelli maschili, si nota quasi sempre una invocazione a Dio, l’eterno creatore, dal quale il popolo ebraico trasse sempre forza nella sua travagliata esistenza. 

Il nome nella mentalità semitica



Per i semiti i nomi propri avevano un significato intrinseco; questo era indicato dalla loro stessa composizione, dalla etimologia od era evocato dalla pronuncia. 
Nel costume popolare, due usanze sembrano comunemente diffuse; in primo luogo l’imposizione di nomi teofori, con cui si voleva porre il bambino sotto la protezione della divinità, oppure si intendeva ringraziare e pregare la divinità per il lieto evento (es. Isaia = Iahvé salva; Giosuè = Iahvé è salvezza, ecc.). 

In secondo luogo, l’attribuzione di nomi che esprimono qualche circostanza o particolarità della nascita dei bambini, es. (Gen. 35, 16-18) “… Rachele, sul punto in cui le sfuggiva l’anima, perché stava morendo a causa del penoso parto, chiamò il figlio appena nato, col nome di Ben-Oni (figlio del mio dolore)…”. 

Così pure, per gli ebrei c’era la tendenza a fare del nome, il simbolo del significato religioso o politico degli eroi nazionali e religiosi; così interpretato, il nome era in un rapporto molto più significativo con la persona che caratterizzava; Eva è “la madre di tutti i viventi”, Abramo è “il padre di una moltitudine”, Giacobbe è “colui che soppianta”, ecc. 

Nella concezione semitica, il nome ha anche un aspetto dinamico, che corrisponde alla forza, alla potenza che il nome rappresenta e in qualche modo include; dove c’è il nome c’è la persona, con la sua forza, pronta a manifestarsi. 

Conoscere qualcuno per nome, vuol dire conoscerlo fino in fondo e poter disporre della sua potenza. Questo concetto svolge un ruolo importante applicato agli esseri superiori, che non sono conoscibili normalmente da parte dell’uomo; la sola conoscenza che si può avere di essi è quella del loro nome. 

Il nome del dio nasconde la sua presenza misteriosa e rappresenta il mezzo più accessibile di comunicazione tra l’uomo e lui. Quindi nella sfera del ‘mistero’ sia esso magico che religioso, chi conosce il nome del dio e lo pronunzia, ha la forza di farsi ascoltare da lui e di farlo intervenire a suo favore. 

Infine nella Tradizione semitica c’è inoltre il concetto, che chi impone a qualcuno il nome che deve portare o gli cambia il nome che possiede, esprime il potere assoluto, la sovranità, che detiene su quello (Ge. 2), così come Adamo impose i nomi a tutto il bestiame di cui poteva usufruire. 

Anche il Dio degli Ebrei esprime il suo dominio assoluto, imponendo e mutando i nomi di Abram in Abraham e Sarai in Sara (Ge. 17, 5-15) e di Giacobbe in Israel (Ge. 32, 29), acquistando così tali nomi nuovi significati. 

Il nome di Dio nella Bibbia



L’esigenza di sapere il nome della divinità in cui si crede, è stato sempre intrinseco nell’animo umano, perché il nome stesso è garanzia della sua esistenza; a tal proposito si riporta un passo dell’opera di Francesco Albergamo “Mito e Magia” che scrive: “Una bambina di nove anni chiede al padre se Dio esiste; il padre risponde che non ne è troppo sicuro, al che la piccola osserva: Bisogna pure che esista, dal momento che ha un nome”. 
Quindi quando Mosè (Es. 3) viene chiamato da Dio alla sua missione fra il popolo ebraico, logicamente gli chiede il suo Nome da poter comunicare al popolo, che senz’altro gli chiederà “Chi ti ha riconosciuto principe su di noi?”. E il Dio di Israele, conosciuto inizialmente come il “Dio degli antenati”, il “Dio di Abramo di Isacco di Giacobbe”, oppure con espressioni particolari: “El Shaddai”, “Terrore di Isacco”, “Forte di Giacobbe”, rivela il suo nome “Iahvé”, che significa “Egli è”; e questo Nome entrò così a far parte della vita religiosa degli israeliti, e mediante gli interventi sovrani nella storia, il nome di Iahvé divenne famoso e noto. 

I profeti ed i sommi sacerdoti, lungo tutta la storia d’Israele, posero al centro della liturgia il nome di Iahvé, con la professione di fede del profeta, l’invocazione solenne di Dio, la fede e la glorificazione di tutto il popolo (Commemorazione, invocazione, glorificazione del suo Nome). 
Nel tardo giudaismo però, per il bisogno di sottolineare la trascendenza divina, il nome di Iahvé non è stato più pronunciato e Dio è stato designato col termine Nome e con altri appellativi, come Padre a sottolineare lo speciale rapporto che lega Dio e il suo popolo. 

Il nome del Padre



Ma solo nel Nuovo Testamento, sulla bocca di Gesù e dei credenti, il nome di Padre attribuito a Dio, assume il suo vero significato.
Solo Gesù, infatti conosce il Padre e può efficacemente rivelarlo (Mt.11, 27-28). Gesù si è riferito spesso a Dio chiamandolo Padre, nel Vangelo di s. Giovanni, Padre viene usato addirittura come sinonimo di Dio e secondo l’evangelista questa è la sua vera definizione, questo è il nome che esprime più profondamente l’essere divino. Tale nome è stato manifestato agli uomini da Gesù, ed essi ora sanno che, se credono, sono figli insieme a lui. 
Inoltre Gesù ha anche insegnato a pregare Dio con questo titolo “Padre nostro…” e questa è diventata la preghiera per eccellenza della comunità cristiana. 

Gesù aveva chiesto al Padre di glorificare il suo nome (Giov. 12, 28) e aveva invitato i discepoli a pregare così: “Sia santificato il tuo nome”; Dio ha risposto a queste preghiere, manifestando la potenza del suo nome e glorificando il proprio figlio. 
Ai credenti è affidato il compito di prolungare questa azione di glorificazione; essi lodano, testimoniano il nome di Dio e devono comportarsi in modo che il nome divino non riceva biasimo e bestemmie (Rom. 2, 24). 

Il nome del Signore Gesù



Il Messia ha portato durante la sua vita terrena il nome di Gesù, nome che gli fu imposto da san Giuseppe dopo che l’angelo di Dio in sogno gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché ciò che in lei è stato concepito è opera dello Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt.1, 21-25). 
Quindi il significato del nome Gesù è quello di salvatore; gli evangelisti, gli Atti degli Apostoli, le lettere apostoliche, citano moltissimo il significato e la potenza del Nome di Gesù, fermandosi spesso al solo termine di “Nome” come nell’Antico Testamento si indicava Dio. 

Nel corso della vita pubblica di Gesù, i suoi discepoli, appellandosi al suo nome, guariscono i malati, cacciano i demoni e compiono ogni sorta di prodigi: 
Luca, 10, 17, “E i settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome”; Matteo 7, 22, “… Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti prodigi nel tuo nome?”. 
Atti 4, 12, “…Non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale possiamo avere la salvezza”. 

Risuscitando Gesù e facendolo sedere alla sua destra, Dio “gli ha donato il nome che è sopra di ogni nome” (Ef. 1, 20-21); si tratta di un “nome nuovo” (Ap. 3, 12) che è costantemente unito a quello di Dio. 
Questo nome trova la sua espressione nell’appellativo di Signore, che conviene a Gesù risorto, come allo stesso Dio Padre (Fil. 2, 10-11). Infatti i cristiani non hanno avuto difficoltà ad attribuire a Gesù, gli appellativi più caratteristici che nel giudaismo erano attribuiti a Dio. 
Atti 5, 41: “Ma essi (gli apostoli) se ne partirono dalla presenza del Sinedrio, lieti di essere stati condannati all’oltraggio a motivo del Nome”. 

La fede cristiana consiste nel professare con la bocca e credere nel cuore “che Gesù è il Signore, e che Dio lo ha ridestato dai morti” e nell’invocare il nome del Signore per conseguire la salvezza (Rom. 10, 9-13). 
I primi cristiani, appunto, sono coloro che riconoscono Gesù come Signore e si designano come coloro che invocano il suo nome, esso avrà sempre un ruolo preminente nella loro vita: nel nome di Gesù i cristiani si riuniranno, accoglieranno chiunque si presenti nel suo nome, renderanno grazie a Dio in quel nome, si comporteranno in modo che tale nome sia glorificato, saranno disposti anche a soffrire per il nome del Signore. 

L’espressione somma della presenza del Nome del Signore e dell’intera SS. Trinità nella vita cristiana, si ha nel segno della croce, che introduce ogni preghiera, devozione, celebrazione; e conclude le benedizioni e l’amministrazione dei sacramenti: “Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. 





Il culto liturgico del Nome di Gesù



Il SS. Nome di Gesù, fu sempre onorato e venerato nella Chiesa fin dai primi tempi, ma solo nel XIV secolo cominciò ad avere culto liturgico. 
Grande predicatore e propagatore del culto al Nome di Gesù, fu il francescano san Bernardino da Siena (1380-1444) e continuato da altri confratelli, soprattutto dai beati Alberto da Sarteano (1385-1450) e Bernardino da Feltre (1439-1494). 

Nel 1530, papa Clemente VII autorizzò l’Ordine Francescano a recitare l’Ufficio del Santissimo Nome di Gesù; e la celebrazione ormai presente in varie località, fu estesa a tutta la Chiesa da papa Innocenzo XIII nel 1721. 
Il giorno di celebrazione variò tra le prime domeniche di gennaio, per attestarsi al 2 gennaio fino agli anni Settanta del Novecento, quando fu soppressa. 
Papa Giovanni Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio la memoria facoltativa nel Calendario Romano. 

Il trigramma di san Bernardino da Siena

Affinché la sua predicazione non fosse dimenticata facilmente, Bernardino con profondo intuito psicologico inventò un simbolo dai colori vivaci che veniva posto in tutti i locali pubblici e privati, sostituendo blasoni e stemmi delle varie Famiglie e Corporazioni spesso in lotta fra loro. 

Il trigramma del nome di Gesù, divenne un emblema celebre e diffuso in ogni luogo, sulla facciata del Palazzo Pubblico di Siena campeggia enorme e solenne, opera dell’orafo senese Tuccio di Sano e di suo figlio Pietro, ma lo si ritrova in ogni posto dove Bernardino e i suoi discepoli abbiano predicato o soggiornato. 
Qualche volta il trigramma figurava sugli stendardi che precedevano Bernardino, quando arrivava in una nuova città a predicare e sulle tavolette di legno che il santo francescano poggiava sull’altare, dove celebrava la Messa prima dell’attesa omelia, e con la tavoletta al termine benediceva i fedeli. 

Il trigramma fu disegnato da Bernardino stesso, per questo è considerato patrono dei pubblicitari; il simbolo consiste in un sole raggiante in campo azzurro, sopra vi sono le lettere IHS che sono le prime tre del nome Gesù in greco ΙΗΣΟΥΣ (Iesûs), ma si sono date anche altre spiegazioni, come l’abbreviazione di “In Hoc Signo (vinces)” il motto costantiniano, oppure di “Iesus Hominum Salvator”. 

Ad ogni elemento del simbolo, Bernardino applicò un significato, il sole centrale è chiara allusione a Cristo che dà la vita come fa il sole, e suggerisce l’idea dell’irradiarsi della Carità. 
Il calore del sole è diffuso dai raggi, ed ecco allora i dodici raggi serpeggianti come i dodici Apostoli e poi da otto raggi diretti che rappresentano le beatitudini, la fascia che circonda il sole rappresenta la felicità dei beati che non ha termine, il celeste dello sfondo è simbolo della fede, l’oro dell’amore. 
Bernardino allungò anche l’asta sinistra dell’H, tagliandola in alto per farne una croce, in alcuni casi la croce è poggiata sulla linea mediana dell’H. 

Il significato mistico dei raggi serpeggianti era espresso in una litania; 1° rifugio dei penitenti; 2° vessillo dei combattenti; 3° rimedio degli infermi; 4° conforto dei sofferenti; 5° onore dei credenti; 6° gioia dei predicanti; 7° merito degli operanti; 8° aiuto dei deficienti; 9° sospiro dei meditanti; 10° suffragio degli oranti; 11° gusto dei contemplanti; 12° gloria dei trionfanti. 
Tutto il simbolo è circondato da una cerchia esterna con le parole in latino tratte dalla Lettera ai Filippesi di san Paolo: “Nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, sia degli esseri celesti, che dei terrestri e degli inferi”.Il trigramma bernardiniano ebbe un gran successo, diffondendosi in tutta Europa, anche s. Giovanna d’Arco volle ricamarlo sul suo stendardo e più tardi fu adottato anche dai Gesuiti. 

Diceva s. Bernardino: “Questa è mia intenzione, di rinnovare e chiarificare il nome di Gesù, come fu nella primitiva Chiesa”, spiegando che, mentre la croce evocava la Passione di Cristo, il suo Nome rammentava ogni aspetto della sua vita, la povertà del presepio, la modesta bottega di falegname, la penitenza nel deserto, i miracoli della carità divina, la sofferenza sul Calvario, il trionfo della Resurrezione e dell’Ascensione. 

In effetti Bernardino ribadiva la devozione già presente in san Paolo e durante il Medioevo in alcuni Dottori della Chiesa e in s. Francesco d’Assisi, inoltre tale devozione era praticata in tutto il Senese, pochi decenni prima dai Gesuati, congregazione religiosa fondata nel 1360 dal senese beato Giovanni Colombini, dedita all’assistenza degli infermi e così detti per il loro ripetere frequente del nome di Gesù.

La Compagnia di Gesù, prese poi queste tre lettere come suo emblema e diventò sostenitrice del culto e della dottrina, dedicando al Ss. Nome di Gesù le sue più belle e grandi chiese, edificate in tutto il mondo. 
Fra tutte si ricorda, la “Chiesa del Gesù” a Roma, la maggiore e più insigne chiesa dei Gesuiti; vi è nella volta il “Trionfo del Nome di Gesù”, affresco del 1679, opera del genovese Giovanni Battista Gaulli detto ‘il Baciccia’; dove centinaia di figure si muovono in uno spazio chiaro con veloce impeto, attratte dal centrale Nome di Gesù.



Autore: Antonio Borrelli
AMDG et DVM

martedì 2 gennaio 2018

Gesù Gesù Gesù! Aiutaci Tu! - Gesù Gesù Gesù! Soccorrici Tu!

Gesù!
"Et non est in álio áliquo salus. Nec enim aliud nomen est sub cælo datum homínibus, in quo opórteat nos salvos fíeri.
E in nessun altro è la salvezza. Poiché non c'è sotto del cielo altro nome dato agli uomini, mercé del quale noi possiamo salvarci."

Hymnus
Iesu decus angélicum,
In aure dulce cánticum,
In ore mel miríficum,
In corde nectar cǽlicum.

Qui te gustant, esúriunt;
Qui bibunt, adhuc sítiunt;
Desideráre nésciunt,
Nisi Iesum, quem díligunt.

O Iesu mi dulcíssime,
Spes suspirántis ánimæ!
Te quærunt piæ lácrimæ,
Te clamor mentis íntimæ.

Mane nobíscum, Dómine,
Et nos illústra lúmine;
Pulsa mentis calígine,
Mundum reple dulcédine.

Iesu, flos Matris Vírginis,
Amor nostræ dulcédinis,
Tibi laus, honor nóminis,
Regnum beatitúdinis.
Amen.

V. Adiutórium nostrum in nomine Dómini.
R. Qui fecit cælum et terram.

Inno
Gesù, decoro degli Angeli, 
all'orecchio dolce cantico, 
alla bocca miele dolcissimo, 
al cuore nettar celeste.

Quelli che ti gustano, hanno ancor fame; 
quelli che ti bevono, hanno ancor sete; 
desiderar non sanno, 
se non Gesù, che amano.

O Gesù mio dolcissimo, 
speranza dell'anima che sospira! 
te cercano le pie lacrime, 
te il grido intimo del Cuore.

Rimani con noi, o Signore, 
e c'illumina colla tua luce: 
ne fuga la caligine dell'anima, 
riempi il mondo della tua dolcezza.

Gesù, fior della Vergine Madre, 
amor nostro dolcissimo, 
a te la lode, l'onor del nome, 
il regno della beatitudine.
Amen.

V. Il nostro aiuto è nel nome del Signore.
R. Che ha fatto il cielo e la terra.

Sermone di san Bernardo Abate
Sermone 15 sulla Cantica, verso la metà

Non senza motivo lo Spirito Santo rassomiglia il nome dello Sposo all'olio, ed ispira alla sposa di gridare allo Sposo: «Un olio sparso è il tuo nome» Cant. 1,2. L'olio infatti illumina, nutrisce e unge. Alimenta il fuoco, nutrisce il corpo, lenisce il dolore è luce, cibo, medicina. Osserva ora lo stesso anche nel nome dello Sposo: Illumina predicato, pasce meditato, lenisce e unge invocato. Esaminiamo ciascuna di queste qualità. Donde credi sì grande e così repentina luce di fede in tutto il mondo, se non dalla predicazione del nome di Gesù? Non è forse per la luce di questo nome che Dio ci chiamò all'ammirabile sua luce; onde illuminati e vedendo in questa luce un'altra luce, meritatamente Paolo ci dice «Foste una volta tenebre, ma ora siete luce nel Signore»? Eph. 5,8.

Infine lo stesso Apostolo ricevé ordine di portare questo nome dinanzi ai re, ai Gentili, e ai figli d'Israele; e portava il nome come un lume, ne illuminava la sua patria e gridava dappertutto: «La notte è inoltrata, e il giorno si avvicina. Gettiamo via dunque le opere delle tenebre, e indossiamo le armi della luce: camminiamo onestamente, come in pieno giorno» Rom. 13,12. E mostrava a tutti la lucerna sul candelabro, annunziando in ogni luogo Gesù crocifisso. Come questa luce risplendé ed abbagliò gli occhi di tutti i riguardanti allorché, uscendo dalla bocca di Pietro come folgore, si consolidarono le piante e le caviglie d'uno storpio e illuminò molti ciechi spiritualmente? Non gettò forse delle fiamme allorché disse «In nome di Gesù Nazzareno alzati e cammina»?Act. 3,6.

Né solo è luce il nome di il Gesù, ma anche cibo. Non ti senti forse confortata ogni qual volta lo ricordi? Che c'è che com'esso nutrisca lo spirito di chi lo pensa? Che c'è che colmi così i cuori agitati, rinvigorisca le virtù, sviluppi le abitudini buone e oneste e nutrisca i casti affetti? Arido è ogni cibo dell'anima, se non è cosparso di questo olio; è insipido, se non è condito con questo sale. Se scrivi, non mi sa di niente, se non vi leggo Gesù. Se disputi, o tieni conferenza non mi piace, se non vi sento Gesù. Gesù è miele alla bocca, melodia all'orecchio, giubilo al cuore. Ma è anche medicina. Uno di voi è afflitto? Venga nel suo cuore Gesù, e di lì salga alla sua bocca, Ed ecco al sorgere della luce di questo nome, svanisce ogni nebbia, torna il sereno. Cade uno in peccato? corre anzi disperato al laccio di morte? Non è forse vero che, se invocherà questo nome, comincerà subito a respirare e a vivere?

DEO GRATIAS!

Gesù!

martedì 3 gennaio 2017

Ciò che i Santi Padri della Chiesa han detto sul Nome Santissimo di Gesù e la Sua Circoncisione


Sermone di san Bernardo Abate
Sermone 15 sulla Cantica, verso la metà


Non senza motivo lo Spirito Santo rassomiglia il nome dello Sposo all'olio, ed ispira alla sposa di gridare allo Sposo: «Un olio sparso è il tuo nome» (Cant. 1,2). L'olio infatti illumina, nutrisce e unge. Alimenta il fuoco, nutrisce il corpo, lenisce il dolore è luce, cibo, medicina. Osserva ora lo stesso anche nel nome dello Sposo: Illumina predicato, pasce meditato, lenisce e unge invocato. Esaminiamo ciascuna di queste qualità. Donde credi sì grande e così repentina luce di fede in tutto il mondo, se non dalla predicazione del nome di Gesù? Non è forse per la luce di questo nome che Dio ci chiamò all'ammirabile sua luce; onde illuminati e vedendo in questa luce un'altra luce, meritatamente Paolo ci dice «Foste una volta tenebre, ma ora siete luce nel Signore»? (Eph. 5,8)

Infine lo stesso Apostolo ricevé ordine di portare questo nome dinanzi ai re, ai Gentili, e ai figli d'Israele; e portava il nome come un lume, ne illuminava la sua patria e gridava dappertutto: «La notte è inoltrata, e il giorno si avvicina. Gettiamo via dunque le opere delle tenebre, e indossiamo le armi della luce: camminiamo onestamente, come in pieno giorno» (Rom. 13,12). E mostrava a tutti la lucerna sul candelabro, annunziando in ogni luogo Gesù crocifisso. Come questa luce risplendé ed abbagliò gli occhi di tutti i riguardanti allorché, uscendo dalla bocca di Pietro come folgore, si consolidarono le piante e le caviglie d'uno storpio e illuminò molti ciechi spiritualmente? Non gettò forse delle fiamme allorché disse «In nome di Gesù Nazzareno alzati e cammina»?(Act. 3,6).

Né solo è luce il nome di il Gesù, ma anche cibo. Non ti senti forse confortata ogni qual volta lo ricordi? Che c'è che com'esso nutrisca lo spirito di chi lo pensa? Che c'è che colmi così i cuori agitati, rinvigorisca le virtù, sviluppi le abitudini buone e oneste e nutrisca i casti affetti? Arido è ogni cibo dell'anima, se non è cosparso di questo olio; è insipido, se non è condito con questo sale. Se scrivi, non mi sa di niente, se non vi leggo Gesù. Se disputi, o tieni conferenza non mi piace, se non vi sento Gesù. Gesù è miele alla bocca, melodia all'orecchio, giubilo al cuore. Ma è anche medicina. Uno di voi è afflitto? Venga nel suo cuore Gesù, e di lì salga alla sua bocca, Ed ecco al sorgere della luce di questo nome, svanisce ogni nebbia, torna il sereno. Cade uno in peccato? corre anzi disperato al laccio di morte? Non è forse vero che, se invocherà questo nome, comincerà subito a respirare e a vivere?


*

Lettura del santo Vangelo secondo San Luca
Luc 2:21
In quell'occasione: Dopo che furono compiti gli otto giorni per fare la circoncisione del bambino, gli fu posto il nome di Gesù. Eccetera.

Omelia di san Bernardo Abate
Sermone 1 sulla Circoncisione
Grande e mirabile mistero! Si circoncide il bambino, ed è chiamato Gesù. Che vuoi dire questo riavvicinamento? La circoncisione infatti, sembra fatta più per chi deve essere salvato che per il Salvatore; e il Salvatore deve piuttosto circoncidere che essere circonciso. Ma riconosci in ciò il mediatore fra Dio e gli uomini, il quale fin dai primi giorni della sua infanzia riavvicina le cose umane alle divine, le più basse alle più alte. Nasce da una donna, ma in tal guisa che il frutto della fecondità non le faccia perdere il flore della verginità. Viene involto in fasce; ma le stesse fasce vengono onorate da canti angelici. È nascosto in una mangiatoia; ma è annunziato da una stella che splende nel cielo. Così anche la circoncisione prova la verità dell'assunta umanità; e il nome, che è sopra ogni altro nome, indica la gloria della sua maestà. È circonciso come vero figlio di Abramo; ed è chiamato Gesù come vero Figlio di Dio.

Difatti questo mio Gesù non porta un nome vuoto e vano come gli altri che lo portarono per l'innanzi non è in lui l'ombra d'un gran nome, ma la verità. Poiché l'Evangelista attesta che gli fu posto un nome dal cielo, come l'aveva chiamato l'Angelo prima che fosse concepito nel seno materno. E fa attenzione alla profondità di queste parole: «Dopo che nacque Gesù». Vien chiamato dagli uomini Gesù, lui che era stato chiamato così dall'Angelo prima che fosse concepito nel seno. Poiché egli è insieme Salvatore dell'Angelo e dell'uomo; ma dell'uomo dall'incarnazione, dell'Angelo fin dal principio della sua creazione. «Gli fu posto, dice, il nome di Gesù, com'era stato chiamato dall'Angelo». «Ogni parola si decide sulla deposizione di due o tre testimoni» (Deut. 18,15); e questa stessa parola, abbreviata nel Profeta, si legge più chiaramente nel Vangelo che ci mostra il Verbo fatto uomo.

Ben a ragione adunque, il bambino, ch'è nato per noi, è chiamato Salvatore alla sua circoncisione; perché allora effettivamente egli comincia l'opera della nostra salvezza, versando per noi il suo sangue immacolato. I Cristiani non devono più dunque cercare perché Cristo Signore volle essere circonciso - Egli volle essere circonciso per la stesso motivo per cui nacque e per cui patì. Niente di tutto ciò fece per sé, ma tutto per gli eletti. Egli non fu generato nel peccato, non fu circonciso per (essere guarito) dal peccato, né morì per il suo peccato; ma per i delitti nostri. «Com'era stato, dice, chiamato dall'Angelo prima che fosse concepito» (Luc. 2,21). È chiamato (con questo nome), non imposto: perché esso gli appartiene dall'eternità. L'ha dalla propria natura d'essere Salvatore: questo nome gli è innato, non imposto da creatura umana o angelica.
AMDG et BVM

lunedì 2 gennaio 2017

IHS

Il nome santissimo del Signore Gesù


Il Messia ha portato durante la sua vita terrena il nome di Gesù, nome che gli fu imposto da san Giuseppe dopo che l’angelo di Dio in sogno gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché ciò che in lei è stato concepito è opera dello Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt.1, 21-25)

Quindi il significato del nome Gesù è quello di salvatore; gli evangelisti, gli Atti degli Apostoli, le lettere apostoliche, citano moltissimo il significato e la potenza del Nome di Gesù, fermandosi spesso al solo termine di “Nome” come nell’Antico Testamento si indicava Dio. 

Nel corso della vita pubblica di Gesù, i suoi discepoli, appellandosi al suo nome, guariscono i malati, cacciano i demoni e compiono ogni sorta di prodigi: 

Luca, 10, 17, “E i settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome”; Matteo 7, 22, “… Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti prodigi nel tuo nome?”. 

Atti 4, 12, “…Non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale possiamo avere la salvezza”. 
Risuscitando Gesù e facendolo sedere alla sua destra, Dio “gli ha donato il nome che è sopra di ogni nome” (Ef. 1, 20-21); si tratta di un “nome nuovo” (Ap. 3, 12) che è costantemente unito a quello di Dio. 

Questo nome trova la sua espressione nell’appellativo di Signore, che conviene a Gesù risorto, come allo stesso Dio Padre (
Fil. 2, 10-11). Infatti i cristiani non hanno avuto difficoltà ad attribuire a Gesù, gli appellativi più caratteristici che nel giudaismo erano attribuiti a Dio. 

Atti 5, 41: “Ma essi (gli apostoli) se ne partirono dalla presenza del Sinedrio, lieti di essere stati condannati all’oltraggio a motivo del Nome”. 

La fede cristiana consiste nel professare con la bocca e credere nel cuore “che Gesù è il Signore, e che Dio lo ha ridestato dai morti” e nell’invocare il nome del Signore per conseguire la salvezza (
Rom. 10, 9-13). 
I primi cristiani, appunto, sono coloro che riconoscono Gesù come Signore e si designano come coloro che invocano il suo nome, esso avrà sempre un ruolo preminente nella loro vita: nel nome di Gesù i cristiani si riuniranno, accoglieranno chiunque si presenti nel suo nome, renderanno grazie a Dio in quel nome, si comporteranno in modo che tale nome sia glorificato, saranno disposti anche a soffrire per il nome del Signore. 

L’espressione somma della presenza del Nome del Signore e dell’intera SS. Trinità nella vita cristiana, si ha nel segno della croce, che introduce ogni preghiera, devozione, celebrazione; e conclude le benedizioni e l’amministrazione dei sacramenti: “Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. 

Il culto liturgico del Nome di Gesù

Il SS. Nome di Gesù, fu sempre onorato e venerato nella Chiesa fin dai primi tempi, ma solo nel XIV secolo cominciò ad avere culto liturgico. 

Grande predicatore e propagatore del culto al Nome di Gesù, fu il francescano san Bernardino da Siena (1380-1444) e continuato da altri confratelli, soprattutto dai beati Alberto da Sarteano (1385-1450) e Bernardino da Feltre (1439-1494). 
Nel 1530, papa Clemente VII autorizzò l’Ordine Francescano a recitare l’Ufficio del Santissimo Nome di Gesù; e la celebrazione ormai presente in varie località, fu estesa a tutta la Chiesa da papa Innocenzo XIII nel 1721. 
Il giorno di celebrazione variò tra le prime domeniche di gennaio, per attestarsi al 2 gennaio fino agli anni Settanta del Novecento, quando fu soppressa. 
Papa Giovanni Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio la memoria facoltativa nel Calendario Romano. 
Il trigramma di san Bernardino da Siena

Affinché la sua predicazione non fosse dimenticata facilmente, Bernardino con profondo intuito psicologico inventò un simbolo dai colori vivaci che veniva posto in tutti i locali pubblici e privati, sostituendo blasoni e stemmi delle varie Famiglie e Corporazioni spesso in lotta fra loro. 

Il trigramma del nome di Gesù, divenne un emblema celebre e diffuso in ogni luogo, sulla facciata del Palazzo Pubblico di Siena campeggia enorme e solenne, opera dell’orafo senese Tuccio di Sano e di suo figlio Pietro, ma lo si ritrova in ogni posto dove Bernardino e i suoi discepoli abbiano predicato o soggiornato. 

Qualche volta il trigramma figurava sugli stendardi che precedevano Bernardino, quando arrivava in una nuova città a predicare e sulle tavolette di legno che il santo francescano poggiava sull’altare, dove celebrava la Messa prima dell’attesa omelia, e con la tavoletta al termine benediceva i fedeli. 

Il trigramma fu disegnato da Bernardino stesso, per questo è considerato patrono dei pubblicitari; il simbolo consiste in un sole raggiante in campo azzurro, sopra vi sono le lettere IHS che sono le prime tre del nome Gesù in greco ΙΗΣΟΥΣ (Iesûs), ma si sono date anche altre spiegazioni, come l’abbreviazione di “In Hoc Signo (vinces)” il motto costantiniano, oppure di “Iesus Hominum Salvator”. 
Ad ogni elemento del simbolo, Bernardino applicò un significato, il sole centrale è chiara allusione a Cristo che dà la vita come fa il sole, e suggerisce l’idea dell’irradiarsi della Carità. 
Il calore del sole è diffuso dai raggi, ed ecco allora i dodici raggi serpeggianti come i dodici Apostoli e poi da otto raggi diretti che rappresentano le beatitudini, la fascia che circonda il sole rappresenta la felicità dei beati che non ha termine, il celeste dello sfondo è simbolo della fede, l’oro dell’amore. 

Bernardino allungò anche l’asta sinistra dell’H, tagliandola in alto per farne una croce, in alcuni casi la croce è poggiata sulla linea mediana dell’H. 

Il significato mistico dei raggi serpeggianti era espresso in una litania; 1° rifugio dei penitenti; 2° vessillo dei combattenti; 3° rimedio degli infermi; 4° conforto dei sofferenti; 5° onore dei credenti; 6° gioia dei predicanti; 7° merito degli operanti; 8° aiuto dei deficienti; 9° sospiro dei meditanti; 10° suffragio degli oranti; 11° gusto dei contemplanti; 12° gloria dei trionfanti. 

Tutto il simbolo è circondato da una cerchia esterna con le parole in latino tratte dalla Lettera ai Filippesi di san Paolo: “Nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, sia degli esseri celesti, che dei terrestri e degli inferi”.Il trigramma bernardiniano ebbe un gran successo, diffondendosi in tutta Europa, anche s. Giovanna d’Arco volle ricamarlo sul suo stendardo e più tardi fu adottato anche dai Gesuiti. 

Diceva s. Bernardino: “Questa è mia intenzione, di rinnovare e chiarificare il nome di Gesù, come fu nella primitiva Chiesa”, spiegando che, mentre la croce evocava la Passione di Cristo, il suo Nome rammentava ogni aspetto della sua vita, la povertà del presepio, la modesta bottega di falegname, la penitenza nel deserto, i miracoli della carità divina, la sofferenza sul Calvario, il trionfo della Resurrezione e dell’Ascensione. 
In effetti Bernardino ribadiva la devozione già presente in san Paolo e durante il Medioevo in alcuni Dottori della Chiesa e in s. Francesco d’Assisi, inoltre tale devozione era praticata in tutto il Senese, pochi decenni prima dai Gesuati, congregazione religiosa fondata nel 1360 dal senese beato Giovanni Colombini, dedita all’assistenza degli infermi e così detti per il loro ripetere frequente del nome di Gesù.

La Compagnia di Gesù, prese poi queste tre lettere come suo emblema e diventò sostenitrice del culto e della dottrina, dedicando al Ss. Nome di Gesù le sue più belle e grandi chiese, edificate in tutto il mondo. 
Fra tutte si ricorda, la “Chiesa del Gesù” a Roma, la maggiore e più insigne chiesa dei Gesuiti; vi è nella volta il “Trionfo del Nome di Gesù”, affresco del 1679, opera del genovese Giovanni Battista Gaulli detto ‘il Baciccia’; dove centinaia di figure si muovono in uno spazio chiaro con veloce impeto, attratte dal centrale Nome di Gesù.

Autore: 
Antonio Borrelli

Il monogramma del nome di Gesù ebbe vasta diffusione in tutta la cristianità ad opera del grande predicato­re francescano Bernardino da Siena, che percorse per decenni l'Italia cen­tro-settentrionale infiammando le piazze e i cuori. Il testamento del santo, documento di commovente intensità umana, inizia con queste parole: 
"In primo luogo vi lascio la cosa più preziosa che io vi possa lasciare, cioè il nome di Gesù del quale sono divotissimo, ch'è nome sopra ogni nome; e questo dolcissimo ed alto nome abbiatelo sempre segnato nelle menti e fronti vostre, affinché sempre vi accompagni in ogni luogo; cosicché quando sorgete dal letto, il segno della santa croce nel nome di Gesù sia principio di ogni vostra intenzione ed opera; quando sedete a mensa cominciate nel nome di Gesù, similmente quando v'alzate da essa o scrivete lettere, la prima parola sia nel nome di Gesù" . 
San Bernardino a Modena nell' anno santo 1423 (per ritornarvi poi anche nel 1429). In quell' occasione, nell' accomiatarsi dai modenesi dopo aver predicato appas­sionatamente generando conversioni, riconciliazioni, rinnovata affezione alla vita cristiana e due confraternite, lasciò a ricordo del suo passaggio, come era solito fare, delle piccole, originali tavolette fatte dipingere secondo le sue indicazioni (erano i santini di allora). Una, più grande, la lasciò alla confraternita dell'Annun­ziata. Quella tavoletta è tuttora custo­dita (ed esposta) nella chiesa di Santa Maria delle Asse in corso Canal gran­de. 
Immagine
Essa rappresenta proprio il monogram­ma del nome di Gesù, in una versione molto densa di simboli realizzata secondo il gusto estetico del tempo, l'ultimo gotico.
Al centro di una rag­giera di 96 raggi con inserite 12 lin­gue di fuoco sono inseriti tre caratteri alfabetici formati da nastri svolazzan­ti con estremità floreali.
I caratteri sono la y (allora usata al posto della i), la h e la s, da lui letti come iniziali delle parole JESUS HOMINUM SALVATOR (= GESÙ SALVATORE DEGLI UOMINI) .
L'asta ascendente della lettera centra­le h si trasforma in croce nella quale sono infissi tre chiodi.
Nella cornice quadrilobata si legge la frase: IN NOMINE JESU OMNE GENUFLECTATUR
CCELESTIUM TERRESTRIUM ET INFERNO­RUM
 (=NEL NOME DI GESÙ OGNI GINOC­CHIO SI PIEGHI NEI CIELI, SULLA TERRA E SOTTO TERRA), tratta dalla lettera di san Paolo ai Filippesi.

Il tutto in colore oro (simbolo della gloria, della divinità) su fondo blu (il colore del cielo).

Quei tre caratteri, ereditati da un' antica abbreviazione greca del nome di Gesù (data dalle sue prime tre lettere ΙΗΣΟΥΣ) cioè I H S, costituirebbero propriamente un trigramma, ma il loro strettissimo intreccio grafi­co e semantico ha fatto sì che si parlasse di monogramma.
Il disegno di quella tavoletta funse da prototipo, e cominciò da allora ad essere riprodotto in formelle di piccole dimensioni per essere murato al!' esterno delle case, sopra i portoni o di fianco ad essi, con evidente triplice significato: di primordiale richiesta di protezione, di confessione di fede e appartenenza cristiana, di benedizione e richiamo a chi entra e a chi transita.
Per comprendere l'importanza del nome, si consideri che nella cultura del tempo, tutta improntata dall' avvenimento cristiano, erede a sua volta della sacralità della storia veterotestamentaria, il nome non era un semplice dato anagrafico della persona ma molto di più, arrivando a significare, ad esprimere, ad evo­care qualcosa dell'essenza stessa della persona che lo porta (ancora oggi i cristiani si riuniscono abitual­mente nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo). 

Dopo un secolo cadono in disuso i caratteri gotici ma non il richiamo al nome e perciò alla presenza di Gesù. Con la riscoperta del classico carattere lapidario romano (che è solo maiuscolo) il monogramma viene ridisegnato: la croce, resa indipendente, si appoggia all'asse orizzontale della H, mentre i chiodi si staccano da essa per ritrovarsi in basso raggruppati come un marzetto. 

In pieno cinquecento compare un altro grande uomo, Ignazio di Loyola, con la sua Compagnia di Gesù. Il simbolo del nome  di Gesù viene assunto come emblema, e le tre lettere sono rilette come iniziali delle parole JESUM HABEMUS SOCIUM (=ABBIAMO GESU COME COMPAGNO). La raggiera bernardiniana viene mantenuta, come simbolo dell'irradiazione in tutte le direzioni di quella luce che è Cristo. Le lingue di fuoco inserite in essa richiamano quella frase di Gesù: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e quanto desidero che si accenda!".                                   
In tutti i casi (simbolo IHS di tipologia bernardiniana, romana, gesuitica) si tratta sempre di un monogramma cristologico che parla di Cristo.
Parla e precisamente annuncia questo:

  1. Gesù è il salvatore di tutti gli uomini
  2. Questa salvezza è stata attuata mediante la Sua morte in croce e la Sua risurrezione
  3. La fede e l'invocazione degli abitanti di questa casa la rende presente nell'anno tale (dove il millesimo della data è esso stesso, tuttora ed in buona parte del mondo, riferimento cronologico alla nascita di Gesù Cristo).
                        Testi tratti da "Segni Sacri a Modena - Censimento dei  monogrammi cristologici e mariani nel centro storico" - a cura di Alberto Desco

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www.conchiglia.mx/...ITALIA/C.../08.157_CONTRO_LA_BESTEMMIA_08.10.08.pdf
08 ott 2008 - CHI BESTEMMIA DIO BESTEMMIA SE STESSO ... Chi sta con Gesù sta con Dio e nulla deve temere e tutto può fare attraverso di Lui che ...
IHS