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venerdì 15 novembre 2019

Santa Gertrude

sanGeltrude
CAPITOLO I - Libro terzo
SPECIALE PROTEZIONE DELLA VERGINE MARIA.
Geltrude aveva saputo, per via di rivelazione, che avrebbe dovuto sopportare avversità per crescere in merito. Era alquanto perplessa, temendo la sua fragilità; ma il Signore n'ebbe compassione e le diede sua Madre, l'Augusta dispensatrice della grazia necessaria per ben sopportare quella tribolazione. Egli voleva che, se la sofferenza le avesse stretto l'anima al di sopra delle sue forze, subito si rivolgesse alla Madre della misericordia che immediatamente le avrebbe accordato soccorso.
Poco tempo dopo ella si trovò immersa nella desolazione più tormentosa, perchè una persona consacrata a Dio, voleva costringerla a rivelare i favori particolari ricevuti nella festa precedente. Per vari motivi ella non giudicava opportuno aderire a quel desiderio, d'altra parte temeva di resistere alla divina volontà. In tale dubbio ricorse alla Consolatrice degli afflitti e n'ebbe questa risposta: «Dà generosamente tutto quello che hai, perchè il mio Figliuolo è abbastanza ricco per restituirti con sovrabbondanza quello che avrai speso per la sua gloria». Tuttavia ella teneva nascosto il suo segreto con tante precauzioni da riuscirle assai penoso e difficile svelarlo ad altri.
Si prostrò allora ai piedi di Gesù, supplicandolo di manifestare, ancora più chiaramente, la sua divina volontà, e di darle la forza di compirla. Il benigno Salvatore si degnò di illuminarla con queste parole: « Deposita le mie ricchezze alla banca, perchè al mio ritorno, ne abbia gli interessi ».
Lo Spirito Santo illuminò allora la sua intelligenza. Ella comprese d'avere celato i divini favori per motivi di amore proprio; così, in seguito, rivelò con facilità i doni di Dio, secondo la profonda parola dei Proverbi: « Gloria regum est celare verbum: gloria autem Dei est investigare sermonem: La gloria del Re è di tenere nascosta la parola, ma quella, di Dio consiste nel premurosamente rivelarla ».

CAPITOLO II
ANELLI DI SPIRITUALE ALLEANZA
Geltrude offerse un giorno al Signore, mediante una breve preghiera, le sofferenze dell'anima e del corpo, intendendo di aggiungere anche le delizie spirituali ed il riposo fisico di cui non poteva usufruire. Le apparve allora Gesù, portando quella duplice offerta sotto il simbolo di anelli ricchi di brillanti, posti, quali splendidi ornamenti, alle sue dita divine. Dopo d'aver ricevuto quella luce, rinnovò assai spesso la sua offerta. Un giorno, mentre la ripeteva con fervore, sentì Gesù toccarle l'occhio sinistro con l'anello della mano sinistra, simbolo della sofferenza fisica. Immediatamente sentì un acutissimo dolore a quell'occhio sul quale il Signore aveva posto la mano, tanto che esso non riacquistò mai più l'antico vigore.
L'atto del Signore le fece comprendere che l'anello è simbolo delle nozze; e che le sofferenze fisiche, o morali sono il segno infallibile delle divine predilezioni delle nozze dell'anima con Dio. In verità colui che soffre può dire fiduciosamente: « Anulo suo subarravit me Dominus» (Pontif. Rom. De Consacratione Virginum). « Mi ha dato il suo anello come pegno il Signore». Se poi l'anima afflitta sa lodare e ringraziare il suo Dio nell'angoscia, può con gioia celeste aggiungere: « Et tamquam sponsam decoravit me corona » (Ibid), perchè la riconoscenza a Dio fra le pene, procura gloriosa corona più preziosa dell'oro e del topazio.

CAPITOLO III
MERITO DELLA SOFFERENZA
Un giorno venne rivelato a Geltrude che la naturale ripugnanza che noi proviamo di fronte ai dolore, può darci un aumento di gloria. Verso la Pentecoste provò un dolore così forte al fianco, che le persone presenti avrebbero temuto vederla morire in quello stesso giorno, se non avessero fatto esperienza che altre volte aveva superate felicemente simili crisi. Il divino Consolatore ed Amante delle anime volle allora istruirla nel modo seguente: disse che quando si sarebbe trovata sola per la negligenza di coloro che avrebbero dovuto curarla, Egli avrebbe supplito alla loro mancanza con la sua dolce presenza, pegno d'ineffabili conforti. Ma se le attenzioni e le premure si fossero moltiplicate intorno a lei, Egli si sarebbe nascosto con aumento delle sue sofferenze.
Comprese allora Geltrude che più siamo abbandonati dagli uomini, più Dio ci accarezza nella sua misericordia. Verso sera, essendo tormentata dalla violenza del male, chiese un attimo di ristoro; il Signore, alzando le braccia, le mostrò che portava sul suo petto, quasi magnifico ornamento, tutte le sofferenze che aveva sopportato in quella giornata. Tale monile le parve completo e senza difetto, e mentalmente concluse che il male stava per finire. Ma Gesù, leggendole nel pensiero, le disse: « Quello che soffrirai ancora, aumenterà lo splendore dei mio gioiello ». Infatti il divino serto era ricco di pietre preziose, ma tali pietre non avevano alcuno splendore. Fu allora colpita da una specie di peste di forma benigna, durante la quale sofferse di più per l'assenza di ogni consolazione che per la stessa malattia.
AVE MARIA PURISSIMA!

domenica 20 gennaio 2019

GRAN VALORE TESTIMONIARE LA VERITA'


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CAPITOLO XLVI

NELLA FESTA DI S. MARIA MADDALENA


Nella festa di S. Maria Maddalena, [l'Apostola degli Apostoli] la grande amante di Cristo apparve a Geltrude durante i primi Vespri adorna di rose d'oro e splendente di tante gemme quanti furono i suoi peccati. Ritta alla destra del Figlio di Dio, diffondeva su tutta la Corte celeste il meraviglioso splendore della sua gloria, e il Salvatore Gesù, prodigandole familiari carezze, le diceva tenerissime parole. 
Geltrude comprese che i fiori d'oro rappresentavano la divina clemenza che aveva rimessi i peccati di S. Maria Maddalena, le gemme preziose simboleggiavano la penitenza con cui ella, aiutata dalla divina grazia, aveva cancellato tutte le sue colpe.

Durante il Mattutino Geltrude applicò la sua divozione alle parole ed ai neumi che erano cantati in onore di S. Marria Maddalena, e la pregò d'intercedere per lei e per le persone che le erano state raccomandate. La Santa penitente s'avanzò, si prostrò ai piedi del Signore, li baciò con amore e li offerse, in virtù dei suoi meriti, a tutti coloro che desideravano avvicinarsi ad essi con sincera penitenza. 
Geltrude venne a baciare teneramente quei sacratissimi piedi, dicendo: « Ecco, o amatissimo Gesù, che ti offro le pene di tutte le persone che mi sono affidate e in loro compagnia, lavo i tuoi santissimi piedi ». 
Rispose il Signore: « Con ragione mi hai lavato i piedi in nome loro, adesso di' a coloro per i quali tu preghi che me li asciughino coi loro capelli, che li bacino e li profumino con preziosi aromi ». 

Geltrude comprese che quelle persone dovevano fare tre cose: per asciugare i piedi di Gesù era necessario che si esaminassero accuratamente se nei dolori da loro sofferti, nulla vi fosse di opposto a Dio, o che impedisse la loro unione col Signore; in caso affermativo dovevano proporre di vincere ogni ostacolo, a prezzo di qualsiasi sacrificio. Per baciare i piedi di Gesù dovevano confidare ciecamente nella bontà infinita di Dio, sempre pronto a perdonare le colpe dei cuori sinceramente pentiti. Infine per profumare quei santi piedi dovevano proporre di fuggire, per quanto è possibile, la minima offesa di Dio.

Aggiunse il Signore: « Se vuoi offrirmi il profumo che, secondo il Vangelo, quella grande penitente versò sul mio capo, spezzando il vaso che lo conteneva, così che « la casa fu tutta piena di quella fragranza: et domus impleta est ex odore unguenti (Giov. XII, 3), devi amare la verità. 
Infatti colui che, per amore della verità e per difenderla si espone ad avere sofferenze, a perdere amici, a compiere gravi rinunce, colui, dico, spezza realmente il vaso d'alabastro e profuma il mio capo, sì che tutta la casa è fragrante di quest'olezzo. Egli dà realmente buon esempio e mentre si sforza di correggere gli altri, migliora se stesso, cercando di evitare le colpe che biasima nel prossimo. Così il buon odore si diffonde per l'esempio edificante e le opportune correzioni al prossimo. Se mai poi, nel suo amore alla verità, cadesse in qualche difetto, sia correggendo con asprezza e zelo eccessivo, sia mostrandosi negligente o troppo rigido, io lo scuserò davanti al Padre celeste e a tutti gli eletti, come seppi difendere Maria Maddalena; di più soddisferò a tutte le sue colpe».

Geltrude chiese: « Amorosissimo Gesù, si dice che Maria abbia comperato quell'unguento odoroso, come potrei anch'io, (sia pure a prezzo grande), renderti un omaggio così gradito? ». 

Egli rispose: « Colui che in ogni occasione, mi offre la sua buona volontà, che si sforza di agire per amore, e che accetta i più gravi sacrifici per la mia gloria, compera veramente questo balsamo squisito. Lo acquista purché, preferendo il mio onore al suo vantaggio, si assoggetta a qualsiasi rinuncia; lo acquisterebbe anche se per gravi ostacoli, non potesse tradurre in opera il suo progetto ».
http://www.preghiereagesuemaria.it/libri/l'araldo%20del%20divino%20amore%20rivelazioni%20di%20s%20geltrude%20libro4.htm
AMDG et DVM

venerdì 16 novembre 2018

BELLEZZA DEGLI SCRITTI CHE PARLANO DI SANTA GERTRUDE

Risultati immagini per santa gertrude:
CAPITOLO XLVI
NELLA FESTA DI S. MARIA MADDALENA
Nella festa di S. Maria Maddalena, la grande amante di Cristo apparve a Geltrude durante i primi Vespri adorna di rose d'oro e splendente di tante gemme quanti furono i suoi peccati. Ritta alla destra del Figlio di Dio, diffondeva su tutta la Corte celeste il meraviglioso splendore della sua gloria, e il Salvatore Gesù, prodigandole familiari carezze, le diceva tenerissime parole. Geltrude comprese che i fiori d'oro rappresentavano la divina clemenza che aveva rimessi i peccati di S. Maria Maddalena, le gemme preziose simboleggiavano la penitenza con cui ella, aiutata dalla divina grazia, aveva cancellato tutte le sue colpe.

Durante il Mattutino Geltrude applicò la sua divozione alle parole ed ai neumi che erano cantati in onore di S. Marria Maddalena, e la pregò d'intercedere per lei e per le persone che le erano state raccomandate. La Santa penitente s'avanzò, si prostrò ai piedi del Signore, li baciò con amore e li offerse, in virtù dei suoi meriti, a tutti coloro che desideravano avvicinarsi ad essi con sincera penitenza. Geltrude venne a baciare teneramente quei sacratissimi piedi, dicendo: « Ecco, o amatissimo Gesù, che ti offro le pene di tutte le persone che mi sono affidate e in loro compagnia, lavo i tuoi santissimi piedi ». Rispose il Signore: « Con ragione mi hai lavato i piedi in nome loro, adesso di' a coloro per i quali tu preghi che me li asciughino coi loro capelli, che li bacino e li profumino con preziosi aromi ». Geltrude comprese che quelle persone dovevano fare tre cose: per asciugare i piedi di Gesù era necessario che si esaminassero accuratamente se nei dolori da loro sofferti, nulla vi fosse di opposto a Dio, o che impedisse la loro unione col Signore; in caso affermativo dovevano proporre di vincere ogni ostacolo, a prezzo di qualsiasi sacrificio. Per baciare i piedi di Gesù dovevano confidare ciecamente nella bontà infinita di Dio, sempre pronto a perdonare le colpe dei cuori sinceramente pentiti. Infine per profumare quei santi piedi dovevano proporre di fuggire, per quanto è possibile, la minima offesa di Dio.

Aggiunse il Signore: « Se vuoi offrirmi il profumo che, secondo il Vangelo, quella grande penitente versò sul mio capo, spezzando il vaso che lo conteneva, così che « la casa fu tutta piena di quella fragranza: et domus impleta est ex odore unguenti (Giov. XII, 3), devi amare la verità. Infatti colui che, per amore della verità e per difenderla si espone ad avere sofferenze, a perdere amici, a compiere gravi rinunce, colui, dico, spezza realmente il vaso d'alabastro e profuma il mio capo, sì che tutta la casa è fragrante di quest'olezzo. Egli dà realmente buon esempio e mentre si sforza di correggere gli altri, migliora se stesso, cercando di evitare le colpe che biasima nel prossimo. Così il buon odore si diffonde per l'esempio edificante e le opportune correzioni al prossimo. Se mai poi, nel suo amore alla verità, cadesse in qualche difetto, sia correggendo con asprezza e zelo eccessivo, sia mostrandosi negligente o troppo rigido, io lo scuserò davanti al Padre celeste e a tutti gli eletti, come seppi difendere Maria Maddalena; di più soddisferò a tutte le sue colpe ».
Geltrude chiese: « Amorosissimo Gesù, si dice che Maria abbia comperato quell'unguento odoroso, come potrei anch'io, (sia pure a prezzo grande), renderti un omaggio così gradito? ». Egli rispose: « Colui che in ogni occasione, mi offre la sua buona volontà, che si sforza di agire per amore, e che accetta i più gravi sacrifici per la mia gloria, compera veramente questo balsamo squisito. Lo acquista purché, preferendo il mio onore al suo vantaggio, si assoggetta a qualsiasi rinuncia; lo acquisterebbe anche se per gravi ostacoli, non potesse tradurre in opera il suo progetto ».

CAPITOLO XLVII
FESTA DI S. GIACOMO APOSTOLO
Nella festa di S. Giacomo, il Maggiore, il glorioso Apostolo apparve a Geltrude, adorno di tutti i meriti dei pellegrini ch'erano andati a venerare le sue reliquie. Geltrude, meravigliata di tanto splendore, chiese a Gesù perchè mai S. Giacomo avesse tanti privilegi, giacchè molti popoli accorrevano alla sua tomba, invece di andare a quella dei grandi Apostoli Pietro e Paolo, o a quella di altri Santi.

Il Salvatore le rispose: « Volli onorare questo mio diletto Apostolo con un privilegio affatto speciale, in vista dello zelo ardentissimo ch'ebbe per la salvezza delle anime: essendo morto in giovane età non ha potuto convertire alla fede molte anime, come fervidamente desiderava. La sua buona volontà forte, valida, decisa, sempre unita alla mia, gli ha meritato quello che non ha potuto compiere quaggiù per la sua morte precoce; cioè la salvezza di molte anime. Infatti i numerosi pellegrini che affluiscono al suo sepolcro, attratti dai miracoli che ivi si compiono, confessano i loro peccati e si ritemprano nella fede ».

Queste parole le fecero desiderare di ricevere ella pure, per i meriti del grande apostolo, l'assoluzione dei suoi peccati e propose di supplire al pellegrinaggio con la SS. Comunione ricevuta in suo onore. Dopo d'avere compiuto questo atto, le parve di essere seduta col Signore, a una mensa regale, ove erano serviti cibi eccellenti e sontuosi. Quando ebbe offerto, in lode eterna al Padre, il Corpo di Gesù per aumentare la gloria di S. Giacomo, l'Apostolo le apparve come augusto principe, si sedette rispettosamente a tavola di fronte al Signore e ringraziò la Santa per l'offerta magnifica del Sacramento vivificante, ricevuto in suo onore. Egli pregò Gesù di produrre nell'anima di Geltrude, che gli aveva fatto dono così stupendo, frutti di grazia, quei frutti preziosi che la sua infinita bontà poteva ritrarre dai meriti del suo Apostolo.


AMDG et DVM

SANTA GERTRUDE "LA GRANDE"

PERDUTAMENTE INNAMORATA DI CRISTO

Questo mese vi presento una donna vissuta per quarant’anni, cioè quasi  tutta la vita, in un monastero medievale. Mi sono chiesto prima se ha ancora un significato oggi alle soglie del Terzo Millennio fare un simile esercizio di memoria storica o, se preferite, un po’ di “archeologia agiografica”. Certo il mondo delle quattro mura del suo monastero non era come il nostro oggi. Qualcuno aggiungerà: è una donna che ha conosciuto una realtà che non è la vera realtà, quella di tutti i giorni. Ha vissuto una vita che non è la nostra vita. Allora perdiamo tempo? Non direi.

La donna (e monaca) in questione è santa Geltrude di Helfta. Per i tedeschi è “die Heilige Gertrud die Grosse”. “Die Grosse” cioè “la Grande”: non è una donna “santa” (“heilige”) qualsiasi quindi: è l’unica donna nella storia tedesca ad essere chiamata “die Grosse”. Come titolo non c’è male. Con la sua esperienza spirituale e con i suoi scritti si è conquistata inoltre altri due titoli importanti: primo quello di “Teresa di Germania” perché sotto molti aspetti richiama la grande Teresa di Avila e, secondo, di “Teologa del Sacro Cuore” perché con la sua particolare devozione al Cuore divino del Cristo preannunciava e preparava santa Margherita Maria Alacoque che ne sarà la grande apostola. Anche l’iconografia ama rappresentare Geltrude con un cuore visibile nel petto, sul quale si può vedere il Bambino Gesù, in conformità alle parole attribuite a Gesù medesimo: “In Corde Gertrudis invenietis Me” cioè “Nel cuore di Geltrude troverete Me”.

27 gennaio 1281: la conversione di Geltrude
Geltrude nacque nel 1256 nella Turingia probabilmente ad Eisleben, a nord ovest di Lipsia. Della sua infanzia rimane solamente un avvenimento decisivo: l’entrata ancora bambina nel monastero cistercense di Helfta nella Sassonia (da qui il nome di Geltrude di Helfta).
Per vent’anni niente di eccezionale. Lo studio e la preghiera furono la sua attività principale. Era di intelligenza pronta ed acuta che la faceva eccellere tra le sue consorelle (rimase sempre umile lo stesso), e nello studio mise tutta la sua passione ed impegno. Non risparmiò fatica per consolidare la propria cultura nel campo delle lettere, della filosofia, del canto e nell’arte della miniatura. Questa sua dedizione totale allo studio di Geltrude era anche favorita dal “clima culturale” che si respirava in questo monastero (negli ultimi decenni del 1200) dovuto alla presenza di alcune monache eccezionali. Geltrude di Hackeborn, badessa e sua sorella Matilde che diventerà anche lei badessa, e scriverà un’opera di alto valore spirituale il “Liber specialis gratiae”.
Dal 1270 si era poi ritirata nello stesso monastero di Helfta Matilde di Magdeburgo. Quest’ultima scriverà uno dei capolavori della mistica tedesca “Das fliessende Licht der Gottheit’’ cioè “Il Fluire della Luce della Divinità”. 

Parlando di mistica il teologo G. Moioli distingue due grandi tipologie suggerite dalla stessa storia. La prima è quella della “mistica dell’essenza” (Wesensmystik) rappresentata dalla cosiddetta tendenza “renano-fiamminga” (sec. XIII-XIV) e della “mistica sponsale” (Brautmystik), e seconda, la mistica dell’“assenza” illustrata specialmente dai grandi mistici spagnoli (sec. XVII).
Con la sua opera Matilde di Magdeburgo cominciava già ad aprire una nuova strada nel campo spirituale superando le forme impersonali e oggettive delle esperienze mistiche precedenti (mistica dell’Essenza), per accogliere sempre più il carattere personale ed affettivo. Si cominciava ad intravedere, sotto l’influsso di una profonda comprensione dell’umanità di Cristo, l’elemento “sponsale” e l’allegoria nuziale della esperienza spirituale, che aveva come fine del proprio itinerario la perfetta unione col Verbo incarnato. Queste idee influenzeranno l’esperienza spirituale e mistica di Geltrude collocandola quindi nella tipologia della “Brautmystik” o “mistica sponsale”.
Ma la svolta decisiva o “conversione” non venne grazie a questo clima anche se altamente culturale e spirituale che si respirava nel suo monastero. C’è stata una... “spinta” gentile dall’alto (diversa dalla metodologia poco “soft” usata da Dio con Paolo di Tarso sulla via di Damasco). Geltrude pensava con più passione allo studio e alla propria crescita culturale che alle cose religiose e agli impegni spirituali. Questi ultimi li viveva un po’ tiepidamente. Verso la fine del 1280 entrò in crisi: provò l’angosciosa sensazione di sentirsi assolutamente sola, sperduta, inutile e avvilita mentre assisteva al crollo di tutti i suoi ideali umani. Da questo abisso di angoscia e solitudine esistenziale, ella rinacque spiritualmente donandosi a Cristo incondizionatamente e totalmente. Ecco la conversione. Che cosa era avvenuto?

Era il 27 gennaio 1281 quando ebbe una prima visione del Cristo Redentore, nella sembianza di un adolescente. Scrisse poi lei stessa: “Io lodo, io adoro, io benedico, io ringrazio come posso la vostra sapiente misericordia e la vostra misericordiosa sapienza, perché voi, mio Creatore e mio Redentore, vi sforzaste di ridurre una testa indomabile sotto il vostro giogo soave…”. 
Questa conversione agì particolarmente su due fronti: quello ascetico e culturale. Geltrude riprese con vigore e rigore l’osservanza della regola religiosa, inasprita liberamente con lunghe veglie e digiuni, che culminarono poi in lunga serie di sofferenze e malattie. La seconda svolta si ebbe sui suoi interessi culturali. Geltrude tagliò netto con le discipline profane e si dedicò esclusivamente allo studio della Scrittura, della teologia e delle opere patristiche, privilegiando sant’Agostino, san Gregorio Magno, san Bernardo e Ugo da San Vittore.


Geltrude “de-scrittrice” della propria esperienza mistica
Dopo la conversione si preoccupò non solo di studiare per sé ma di fare anche dono agli altri delle scoperte spirituali fatte nelle rivelazioni e nelle riflessioni. Abbiamo così Geltrude scrittrice e de-scrittrice della propria esperienza spirituale.
Due le opere principali che hanno consacrato Geltrude come una scrittrice di mistica. 
La prima chiamata “Il Messaggero della divina misericordia”. Qui descrisse le visioni e rivelazioni che ella ebbe da Gesù Cristo e la straordinaria confidenza che ebbe con Lui. «È la prima volta, nella storia cristiana che una donna scrive una autobiografia spirituale in cui il rapporto con Dio è narrato in termini così espliciti come un rapporto d’amore. È forse un linguaggio poco abituale oggi tra i cristiani, ma questo cercarsi ed incontrarsi tra uomo e Dio ha usato, spesso, e necessariamente, il linguaggio dell’amore, come nel Cantico dei Cantici.

Così anche Geltrude. Lei è innamorata di Cristo e Cristo di lei. E Geltrude, come già Bernardo di Clairvaux, racconta dialoghi con Cristo, le carezze, gli abbracci che si scambiano, come farà dopo di lei Angela di Foligno. E Geltrude trova l’immagine del cuore... Nel cuore è il segno dell’amore di Dio per l’uomo, a cui l’uomo può rispondere con lo stesso calore d’amore: “intrare ad cor”, scrive Geltrude. Questo è il solo vero rapporto tra uomo e Dio, entrare nel cuore di Dio poiché il Padre con il Figlio è entrato nel cuore dell’uomo» (Claudio Leonardi).

La seconda opera ha per titolo “Exercitia Spiritualia septem”. È un “raro gioiello di letteratura ascetico-mistica... Essi consistono in varie preghiere e meditazioni di ispirata bellezza e si dividono in sette differenti esercizi: il primo per recuperare l’innocenza battesimale, il secondo per la conversione spirituale, il terzo per la consacrazione a Dio, il quarto per la rinnovazione della professione religiosa, il quinto per eccitare l’amore divino; il sesto è un’azione di grazie, ed il settimo è un supplemento di soddisfazione per i nostri peccati ed una preparazione alla morte” (Niccolò del Re). Sono Esercizi che hanno un valore ancora oggi (magari chi è sposato integrando il quarto con la rinnovazione delle proprie promesse matrimoniali...). Essi rivelano tutta la personalità di Geltrude ed il suo grandissimo abbandono e confidenza in Dio.

Messaggio spirituale di Geltrude
Geltrude è santa e mistica. Ma cosa vuol dire mistica e vita mistica? Ecco la definizione di un teologo.
“La vita mistica è caratterizzata dalla presa di coscienza della presenza dentro di sé del Dio vivente, il Dio dell’amore. Come tale essa non è il risultato di uno sforzo, perché l’uomo è incapace di accedervi con le sue sole proprie forze. Essa è un dono divino.

Ma tale dono non può essere conseguito se non si marcia speditamente e con pazienza sul duro sentiero della preghiera, se non ci si impegna a compiere, fedelmente, giorno per giorno, la Volontà di Dio, se non si consente a svelare (o riconoscere) la propria profonda miseria e non si rinuncia definitivamente a compiacersi di se stessi; soprattutto, se non si crede ostinatamente nell’amore del Padre, accettando le purificazioni di questo amore” (Giannino Piana).
E a questa esperienza dell’unione mistica con Dio siamo chiamati tutti, come afferma il Catechismo Universale (n. 2014):

“Il progresso spirituale tende all’unione sempre più intima con Cristo. Questa unione si chiama mistica, perché partecipa al mistero di Cristo mediante i sacramenti – i santi misteri – e, in lui, al mistero della santa Trinità. Dio chiama tutti a questa intima unione con lui, anche se soltanto ad alcuni sono concessi grazie speciali o segni straordinari di questa vita mistica...”.
Le esperienze propriamente mistiche sono quindi un dono di Dio. Ma come tutti i doni di Dio anche questo è impegnativo: richiede a tutti pazienza e l’impegno duro nella lotta quotidiana per il bene (ascesi); un dono da mantenere e meritare ancora “portando la propria croce”, nella ricerca e nel compimento pieno di amore della volontà di Dio. Come ha fatto Geltrude e tutti i santi.
                                                                      MARIO SCUDU SDB ***

domenica 14 gennaio 2018

TRE DONNE che impreziosiscono l'Universo con il loro valore di mente e di cuore

S. Chiara - S. Matilde - S. Gertrude



«Orazione di S. Chiara »
«Preghiera alla ferita della mano destra: Sia lode e gloria a te, Signor mio Gesù Cristo, per la ferita della tua mano destra. Per questa feri­ta perdona tutti i peccati che ho commessi verso di te in pensieri parole ed opere, con la mia negli­genza nel tuo servizio; con la mia condiscendenza ai perversi diletti della carne. Per la tua santa pas­sione concedimi di venerare con degno ricordo la tua morte e le tue santissime ferite, di mortificare il mio corpo e di mostrarti un'eterna riconoscenza. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Così sia. Pater, Ave Maria».


«Alla ferita del costato: Sia lode e gloria a te benignissimo Signor mio Gesù Cristo, per la ferita del tuo costato. Per que­sta sacra ferita e per l'immensa misericordia che per essa hai mostrato a Longino e poi a noi tutti, ti prego o buon Gesù, che dopo avermi pu­rificato dalla colpa originale nel battesimo, mi li­beri ora per la virtù del tuo preziosissimo sangue, da tutti i mali passati e futuri. Per la tua doloro­sissima morte concedimi una fede retta, una ferma speranza, una carità perfetta, acciocché io t'ami con tutto il cuore e con tutta l'anima: confermami nel bene e fa’ che io perseveri nel tuo servizio co­stantemente per piacere sempre a te. Così sia. Pater, Ave".



S. Matilde usava baciare la Croce rivolgendosi alle Cinque Ferite con queste preghiere:

Alle ferite dei piedi: «Ecco, o mio Signore, io appunto tutti i miei desideri in te e voglio armonizzarli con i tuoi, affinché d'ora innanzi piena­mente purificati e santificati, non abbiano ad im­mischiarsi nelle cose di questa terra ».

Alla ferita della mano destra il Signore la esor­ta: «In questa ferita nascondi tutti i tuoi interessi spirituali, affinchè io abbia a riparare tutte le tue deficienze ».

Alla ferita della mano sinistra: «In questa fe­rita deponi tutte le tue pene ed avversità, affinché unite ai miei dolori ti diventino dolci e salgano con soave fragranza al trono di Dio. Esse saranno come una veste che impregnata di sostanze odoro­se, ne esala il profumo, come il boccone di pane che inzuppato nel miele ne trae la stessa dolcezza ».

Infine alla ferita del cuore: «In questa ferita del cuore che è così grande da contenere il cielo e la terra con tutto ciò che essi racchiudono, deponi il tuo amore accanto al mio, acciocché diventi più perfetto e divenga tutt'uno con esso, come il ferro incandescente con il fuoco ».



Di se stessa poi S. Gertrude, dopo aver narrato il favore della stimmatizzazione, afferma di aver ricevuto «un altro dono » dal Signore, cioè la promessa che «ogniqualvolta avessi voluto venerare i segni del suo amore recitando cinque versetti del salmo 102Benedic anima mea Domino, avrei sempre ricevuto un qualche speciale favore ».

L'esercizio tanto efficace, che la Santa prati­cava ogni giorno, era così concepito:

Al primo versetto: Benedic anima mea Do­mino et omnia quae intra me sunt nomini sancto eius, deponeva nelle Ferite dei piedi ogni ruggine di peccato ed ogni bassezza di piacere mondano.


Al secondo versetto: Benedic et noli oblivisci omnes retributiones eius, la­vava ogni macchia di diletto carnale nell'acqua e sangue sgorgati dalle Ferite del Costato.

Al terzo: Qui propitiatur omnibus iniquitatibus tuis qui sanat omnes infirmitates tuas, correva alla Ferita della mano si­nistra, per trovarvi riposo e pace.

Al quarto: Qui redimit de interitu vitam tuam qui coronat te in misericordia et miserationibus, si accostava alla Ferita della mano destra per appropriarsi tutto quanto le man­cava nella perfezione della virtù.


Così purificata ed arricchita di ogni merito, nel quinto versetto: Qui, replet in bonis desiderium tuum renovabitur ut aquilae iuventus tua, si slanciava all'amplesso dello Sposo celeste.

AMDG et DVM

venerdì 5 gennaio 2018

Le invenzioni delle donne !!!! Impariamo a valorarle, le donne: sia pure per la loro sensibilità femminile che è un privilegio che Dio ha loro donato. Se la donna continuasse a essere schiava del modernismo mortificando la sua naturale sensibilità, la vita per l'uomo diverrebbe molto ma molto più dura.


Ecco cosa fa santa Gertrude un giorno dell’Epifania
CAPITOLO VI: Le rivelazioni - volume quarto

TRIPLICE OFFERTA NEL GIORNO DELL'EPIFANIA

Nel giorno dell'Epifania, Geltrude avrebbe voluto offrire a Gesù dei regali di lusso, come quelli dei Magi, per soddisfare a tutti i peccati del mondo, da Adamo fino all'ultimo de' suoi figli. 

Ella offrì, come mirra il Corpo di Cristo, con tutte le sofferenze, che lo dilaniarono, specialmente durante la Passione. 


Presentò quale incenso l'Anima santissima del Cristo, perchè le ardenti suppliche che si elevarono da quel divino incensiere, supplissero alle negligenze di tutte le creature. 


Infine offerse come oro, per riparare le imperfezioni di tutti gli esseri creati, la perfettissima Divinità e le delizie di cui è la sorgente. 


Le apparve allora il Signore Gesù portando quella stessa offerta, come un tesoro infinitamente prezioso, in atto di presentarla alla SS. Trinità. Mentre si avanzava in mezzo al cielo, tutta la Corte celeste, penetrata di rispetto, piegava il ginocchio e si chinava profondamente, come fanno le persone devote quando il Corpo di Cristo passa davanti a loro.


Geltrude si ricordò allora di parecchie persone le quali, con profondo senso d'umiltà, l'avevano supplicata di offrire a Dio per loro, in memoria dei doni dei Magi, alcune preghiere che aveva recitate in preparazione alla festa. Mentre faceva tale offerta con tutto il cuore, il Signore Gesù le apparve, attraversando il cielo con quel secondo dono della sua Sposa, per presentarlo a Dio Padre. Tutta la Corte celeste accorreva a Lui d'intorno, magnificando quello splendido regalo. Ella ben comprese allora che, se un'anima offre a Dio le sue preghiere ed azioni, tutta la Corte celeste esalta quel dono, come offerta preziosa all'occhio del Signore. Quando poi l'anima, non contenta di offrire i suoi beni, vi aggiunge le opere perfettissime dei Figlio di Dio, i Santi, come già dicemmo, mostrano tanta riverenza a quel dono come la cosa più preziosa, al di sopra della quale non sta che l'Unica e adorabile Trinità.

Un'altra volta, mentre al S. Vangelo si leggevano, nella stessa solennità quelle parole « Et procidentes adoraverunt eum prostrati lo adorarono » ella, con sentimento di grande fervore, si prostrò ai piedi di Gesù divotamente, per adorarlo in nome di tutto ciò che esiste, in cielo, in terra e nei luoghi inferiori.

Non trovando Geltrude però alcuna offerta degna di Dio, si mise a percorrere tutto il mondo, con la brama ansiosa di cercare qualche cosa che potesse essere presentata al suo Diletto. Mentre, ardente del più puro amore, correva con l'immaginazione tutta la terra, trovò in grande quantità cose disprezzabili che chiunque avrebbe rifiutato, perchè scorie che non potevano contribuire alla gloria ed alla lode di Dio. Invece con geniale pensiero le fece sue avidamente, per trasformarle in cose degne di Colui che tutte le creature devono servire.

Raccolse dunque in cuore tutti i dolori, le pene, le ansietà, i timori sofferti senza rassegnazione, con senso di umana fragilità; s'impossessò di tutta la falsa santità, delle preghiere recitate senza divozione dagli ipocriti, dai farisei, dagli eretici e gente consimile; infine raccolse l'affezione naturale, l'amore morboso, falso ed impuro dispensato da tante creature; trasformando quel cumulo di miserie con l'ardore di desideri infuocati, quasi in mistico crogiolo, le presentò al Salvatore, ridotte a mirra squisita, a fragrantissimo incenso, all'oro più puro.

Gesù, seguendo con immensa gioia questo lavoro, tanto ingegnoso della sua Sposa, s'affrettò a gradirlo. Pose quelle offerte come fulgide gemme, nel suo stesso diadema reale, dicendo con ineffabile sorriso: « Sono le perle del tuo amore! Le porterò sempre come ricordo della tua straordinaria tenerezza verso di me, le porterò sulla corona che cinge la mia fronte, dinanzi a tutta la Corte celeste, glorificandomi di averle ricevute da te, o mia diletta Sposa; così appunto fanno gli imperatori della terra, fissando sulla loro corona quella gemma, chiamata volgarmente ein Besant, unica in tutto l'universo ».

In quel punto Geltrude si ricordò di una persona che parecchie volte, l'aveva supplicata d'offrire al Signore, in quel solenne giorno, qualche cosa a nome suo. 
Ella chiese a Gesù cosa gli sarebbe gradito ed Egli rispose: « Offrimi i suoi piedi, le sue mani, il suo cuore. I piedi rappresentano i desideri: poichè quella persona vorrebbe riparare i dolori della mia morte, è bene che si applichi a sopportare pazientemente le sue sofferenze fisiche e morali: essa deve unirle alla mia Passione, e offrirle per la lode e gloria del mio nome, e per l'utilità della Chiesa, mia Sposa. Accetterò tale dono come sceltissima mirra. Le mani simboleggiano l'azione: essa s'impegnerà di unire le sue opere corporali e spirituali a quelle che io ho compiute nella mia santa Umanità; tale intenzione nobiliterà e santificherà tutti i suoi atti, che mi saranno graditi come profumatissimo incenso. Infine il cuore è simbolo della volontà: essa, per conoscere i miei voleri, deve interrogare umilmente un direttore esperto e star sicura che la sua parola è l'eco fedele della mia. Se seguirà tali consigli accetterò tutti i suoi atti come perfetta oblazione di oro purissimo. Per premiare poi l'umile confidenza che l'ha indotta a cercare la tua mediazione, farò sì che la sua volontà sia unita alla mia così strettamente, come l'oro e l'argento che, posti al fuoco, si fondono in un solo metallo ».


Geltrude offerse poi al Signore le preghiere che alcune persone le avevano confidate divotamente. Vide allora Gesù porre in una borsa, che aveva al lato sinistro, quegli spirituali tesori che distribuiva indi a' suoi particolari amici. Quando poi ella stessa offerse le sue stesse preghiere, esse presero forma di gioielli che il Salvatore dava alle anime meno adorne e preparate: comprese che il Signore accettava le preghiere delle persone che le si erano raccomandate sotto un duplice aspetto, cioè per ricompensare la confidenza che avevano posto nella sua mediazione, e il disinteresse col quale avevano lasciato libertà di offrire tali suppliche, o come sue, o da parte loro, essendo paghe che Gesù fosse onorato e contento.
AMDG et DVM

Gertrude è una studentessa straordinaria... Nasce il 6 gennaio del 1256, festa dell’Epifania

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BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 6 ottobre 2010
 

Santa Gertrude la Grande


Cari fratelli e sorelle,

Santa Gertrude la Grande, della quale vorrei parlarvi oggi, ci porta anche questa settimana nel monastero di Helfta, dove sono nati alcuni dei capolavori della letteratura religiosa femminile latino-tedesca. A questo mondo appartiene Gertrude, una delle mistiche più famose, unica donna della Germania ad avere l’appellativo di “Grande”, per la statura culturale ed evangelica: con la sua vita e il suo pensiero ha inciso in modo singolare sulla spiritualità cristiana. È una donna eccezionale, dotata di particolari talenti naturali e di straordinari doni di grazia, di profondissima umiltà e ardente zelo per la salvezza del prossimo, di intima comunione con Dio nella contemplazione e di prontezza nel soccorrere i bisognosi.

A Helfta si confronta, per così dire, sistematicamente con la sua maestra Matilde di Hackeborn, di cui ho parlato nell’Udienza di mercoledì scorso; entra in rapporto con Matilde di Magdeburgo, altra mistica medioevale; cresce sotto la cura materna, dolce ed esigente, della Badessa Gertrude. Da queste tre consorelle attinge tesori di esperienza e sapienza; li elabora in una propria sintesi, percorrendo il suo itinerario religioso con sconfinata confidenza nel Signore. Esprime la ricchezza della spiritualità non solo del suo mondo monastico, ma anche e soprattutto di quello biblico, liturgico, patristico e benedettino, con un timbro personalissimo e con grande efficacia comunicativa.

Nasce il 6 gennaio del 1256, festa dell’Epifania, ma non si sa nulla né dei genitori né del luogo di nascita. Gertrude scrive che il Signore stesso le svela il senso di questo suo primo sradicamento: “L'ho scelta per mia dimora perché mi compiaccio che tutto ciò che c'è di amabile in lei sia opera mia […]. Proprio per questa ragione io l'ho allontanata da tutti i suoi parenti perché nessuno cioè l'amasse per ragione di consanguineità e io fossi il solo motivo dell'affetto che le si porta” (Le Rivelazioni, I, 16, Siena 1994, p. 76-77).

All’età di cinque anni, nel 1261, entra nel monastero, come si usava spesso in quella epoca, per la formazione e lo studio. Qui trascorre tutta la sua esistenza, della quale lei stessa segnala le tappe più significative. Nelle sue memorie ricorda che il Signore l’ha prevenuta con longanime pazienza e infinita misericordia, dimenticando gli anni della infanzia, adolescenza e gioventù, trascorsi - scrive - “in un tale accecamento di mente che sarei stata capace […] di pensare, dire o fare senza alcun rimorso tutto ciò che mi fosse piaciuto e dovunque avessi potuto, se tu non mi avessi prevenuta, sia con un insito orrore del male ed una naturale inclinazione per il bene, sia con la vigilanza esterna degli altri. Mi sarei comportata come una pagana […] e ciò pur avendo tu voluto che fin dall'infanzia e cioè dal mio quinto anno di età, abitassi nel santuario benedetto della religione per esservi educata fra i tuoi amici più devoti” (Ibid., II, 23, p. 140s).

Gertrude è una studentessa straordinaria, impara tutto ciò che si può imparare delle scienze del Trivio e del Quadrivio, la formazione di quel tempo; è affascinata dal sapere e si dà allo studio profano con ardore e tenacia, conseguendo successi scolastici oltre ogni aspettativa. Se nulla sappiamo delle sue origini, molto ella ci dice delle sue passioni giovanili: letteratura, musica e canto, arte della miniatura la catturano; ha un carattere forte, deciso, immediato, impulsivo; sovente dice di essere negligente; riconosce i suoi difetti, ne chiede umilmente perdono. Con umiltà chiede consiglio e preghiere per la sua conversione. Vi sono tratti del suo temperamento e difetti che l’accompagneranno fino alla fine, tanto da far stupire alcune persone che si chiedono come mai il Signore la prediliga tanto.

Da studentessa passa a consacrarsi totalmente a Dio nella vita monastica e per vent’anni non accade nulla di eccezionale: lo studio e la preghiera sono la sua attività principale. Per le sue doti eccelle tra le consorelle; è tenace nel consolidare la sua cultura in svariati campi. Ma, durante l’Avvento del 1280, inizia a sentire disgusto di tutto ciò, ne avverte la vanità e il 27 gennaio del 1281, pochi giorni prima della festa della Purificazione della Vergine, verso l’ora di Compieta, la sera, il Signore illumina le sue dense tenebre. Con soavità e dolcezza calma il turbamento che l’angoscia, turbamento che Gertrude vede come un dono stesso di Dio “per abbattere quella torre di vanità e di curiosità che, pur portando ahimè e il nome e l'abito di religiosa, io ero andata innalzando con la mia superbia, onde almeno così trovar la via per mostrarmi la tua salvezza” (Ibid., II,1, p. 87). Ha la visione di un giovanetto che la guida a superare il groviglio di spine che opprime la sua anima, prendendola per mano. In quella mano, Gertrude riconosce “la preziosa traccia di quelle piaghe che hanno abrogato tutti gli atti di accusa dei nostri nemici” (Ibid., II,1,  p. 89), riconosce Colui che sulla Croce ci ha salvati con il suo sangue, Gesù.

Da quel momento la sua vita di comunione intima con il Signore si intensifica, soprattutto nei tempi liturgici più significativi - Avvento-Natale, Quaresima-Pasqua, feste della Vergine - anche quando, ammalata, era impedita di recarsi in coro. È lo stesso humus liturgico di Matilde, sua maestra, che Gertrude, però, descrive con immagini, simboli e termini più semplici e lineari, più realistici, con riferimenti più diretti alla Bibbia, ai Padri, al mondo benedettino.

La sua biografa indica due direzioni di quella che potremmo definire una sua particolare “conversione”: negli studi, con il passaggio radicale dagli studi umanistici profani a quelli teologici, e nell’osservanza monastica, con il passaggio dalla vita che ella definiscenegligente alla vita di preghiera intensa, mistica, con un eccezionale ardore missionario. Il Signore, che l’aveva scelta dal seno materno e fin da piccola l’aveva fatta partecipare al banchetto della vita monastica, la richiama con la sua grazia “dalle cose esterne alla vita interiore e dalle occupazioni terrene all'amore delle cose spirituali”. Gertrude comprende di essere stata lontana da Lui, nella regione della dissomiglianza, come ella dice con sant’Agostino; di essersi dedicata con troppa avidità agli studi liberali, alla sapienza umana, trascurando la scienza spirituale, privandosi del gusto della vera sapienza; ora è condotta al monte della contemplazione, dove lascia l’uomo vecchio per rivestirsi del nuovo. “Da grammatica diventa teologa, con l'indefessa e attenta lettura di tutti i libri sacri che poteva avere o procurarsi, riempiva il suo cuore delle più utili e dolci sentenze della Sacra Scrittura. Aveva perciò sempre pronta qualche parola ispirata e di edificazione con cui soddisfare chi veniva a consultarla, e insieme i testi scritturali più adatti per confutare qualsivoglia opinione errata e chiudere la bocca ai suoi oppositori”(Ibid., I,1, p. 25).

Gertrude trasforma tutto ciò in apostolato: si dedica a scrivere e divulgare la verità di fede con chiarezza e semplicità, grazia e persuasività, servendo con amore e fedeltà la Chiesa, tanto da essere utile e gradita ai teologi e alle persone pie. Di questa sua intensa attività ci resta poco, anche a causa delle vicende che portarono alla distruzione del monastero di Helfta. Oltre all’Araldo del divino amore o Le rivelazioni, ci restano gli Esercizi Spirituali, un raro gioiello della letteratura mistica spirituale.

Nell'osservanza religiosa la nostra Santa è “una salda colonna […], fermissima propugnatrice della giustizia e della verità” (Ibid., I, 1, p. 26), dice la sua biografa. Con le parole e l’esempio suscita negli altri grande fervore. Alle preghiere e alle penitenze della regola monastica ne aggiunge altre con tale devozione e tale abbandono fiducioso in Dio, da suscitare in chi la incontra la consapevolezza di essere alla presenza del Signore. E di fatto Dio stesso le fa comprendere di averla chiamata ad essere strumento della sua grazia. Di questo immenso tesoro divino Gertrude si sente indegna, confessa di non averlo custodito e valorizzato. Esclama: “Ahimè! Se Tu mi avessi dato per tuo ricordo, indegna come sono, anche un filo solo di stoppa, avrei pur dovuto riguardarlo con maggior rispetto e reverenza di quanto ne abbia avuta per questi tuoi doni!” (Ibid., II,5, p. 100). Ma, riconoscendo la sua povertà e la sua indegnità, ella aderisce alla volontà di Dio, “perché – afferma - ho così poco approfittato delle tue grazie che non posso risolvermi a credere che mi siano state elargite per me sola, non potendo la tua eterna sapienza venir frustrata da alcuno. Fa’ dunque, o Datore di ogni bene che mi hai gratuitamente elargito doni così indebiti, che, leggendo questo scritto, il cuore di uno almeno dei tuoi amici sia commosso al pensiero che lo zelo delle anime ti ha indotto a lasciare per tanto tempo una gemma di valore così inestimabile in mezzo al fango abominevole del mio cuore” (Ibid., II,5, p. 100s).

In particolare due favori le sono cari più di ogni altro, come Gertrude stessa scrive: “Le stimmate delle tue salutifere piaghe che mi imprimesti, quasi preziosi monili, nel cuore, e la profonda e salutare ferita d'amore con cui lo segnasti. Tu mi inondasti con questi Tuoi doni di tanta beatitudine che, anche dovessi vivere mille anni senza nessuna consolazione né interna né esterna, il loro ricordo basterebbe a confortarmi, illuminarmi, colmarmi di gratitudine. Volesti ancora introdurmi nell’inestimabile intimità della tua amicizia, aprendomi in diversi modi quel sacrario nobilissimo della tua Divinità che è il tuo Cuore divino […]. A questo cumulo di benefici aggiungesti quello di darmi per Avvocata la santissima Vergine Maria Madre Tua, e di avermi spesso raccomandata al suo affetto come il più fedele degli sposi potrebbe raccomandare alla propria madre la sposa sua diletta” (Ibid., II, 23, p. 145).

Protesa verso la comunione senza fine, conclude la sua vicenda terrena il 17 novembre del 1301 o 1302, all’età di circa 46 anni. Nel settimo Esercizio, quello della preparazione alla morte, santa Gertrude scrive: “O Gesù, tu che mi sei immensamente caro, sii sempre con me, perché il mio cuore rimanga con te e il tuo amore perseveri con me senza possibilità di divisione e il mio transito sia benedetto da te, così che il mio spirito, sciolto dai lacci della carne, possa immediatamente trovare riposo in te. Amen” (Esercizi, Milano 2006, p. 148).
Mi sembra ovvio che queste non sono solo cose del passato, storiche, ma l’esistenza di santa Gertrude rimane una scuola di vita cristiana, di retta via, e ci mostra che il centro di una vita felice, di una vita vera, è l’amicizia con Gesù, il Signore. E questa amicizia si impara nell’amore per la Sacra Scrittura, nell’amore per la liturgia, nella fede profonda, nell’amore per Maria, in modo da conoscere sempre più realmente Dio stesso e così la vera felicità, la meta della nostra vita. Grazie.

giovedì 16 novembre 2017

Per te attrarrò molti al mio AMORE

16 novembre: Festa di Santa GELTRUDE

CAPITOLO XXIX.RINNOVAZIONE DEL MATRIMONIO SPIRITUALE


TERZA FERIA (MARTEDI' DI PASQUA)



Nella terza feria Geltrude, prima di comunicarsi, desiderò che col Sacramento di vita, il Signore degnasse rinnovare nella sua anima il matrimonio spirituale che più a Lui l'unisse mediante la fede, la religione e la verginale integrità. Gesù le rispose con grande bontà: «Lo farò certamente». E, chinandosi verso di lei, l'attrasse con un dolce amplesso, dandole un soavissimo bacio. Con quel bacio rinnovò in essa l'operazione interiore dello spirito, mentre con l'amplesso parve imprimerle sul petto un gioiello brillante adorno di perle preziose e di magnifici smalti. In tal modo riparò le sue negligenze negli esercizi spirituali.


CAPITOLO XXX.  - DELLA FECONDITA' SPIRITUALE


QUARTA FERIA (MERCOLEDI' DI PASQUA)



Nella quarta feria Geltrude domandò a Gesù di renderla feconda in ogni sorta di buone opere, mediante l'Eucaristico dono del suo sacratissimo Corpo. Egli rispose: « Ti farò produrre frutti in Me stesso, e per te attrarrò molti al mio amore ».

Geltrude riprese: «Come potrò io così indegna attrarre altri al tuo amore? Ormai non ho più neppure il dono che prima avevo, di poter parlare o istruire». 
E Gesù di rimando: « Se tu avessi ancora il dono della parola, forse attribuiresti alla tua eloquenza la facilità con la quale attiri le anime a Me. Io te ne privai in parte, appunto per insegnarti che questo potere non viene da te, ma ti viene accordato con grazia speciale ».

Indi Egli aperse la sacratissima bocca ed, attirando un soffio, disse: « Come aspiro questo soffio, così attrarrò a me tutti quelli che, per mio amore, verranno a te e li farò avanzare, di giorno, in giorno, nella perfezione ».

cf.: http://gesu.altervista.org/documentazione/SantaGeltrudeHelfta/AraldoDelDivinoAmore/index.php

Lettura 

Gertrude, nata ad Eisleben in Sassonia, consacrò all'età di 5 anni se stessa e la sua verginità a Gesù Cristo nel monastero benedettino di Rodesdorf. 


Ebbe per maestra santa Matilde, sotto la cui guida pervenne al dono eccelso della contemplazione. 
Era pervasa da tanto amore per il divino sacramento dell'Eucaristia e per la passione del Signore da sciogliersi in copiose lacrime meditando su di esse. 
Scrisse molte opere per favorire la pietà. 
Fu celebre per il dono delle rivelazioni divine e della profezia. 
Alla fine, indebolita più per il vivissimo amore verso Dio che per malattia, morì, illustre per miracoli durante la vita e dopo la morte.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.



AMDG et BVM

domenica 23 aprile 2017

VIENI SPIRITO SANTO, VIENI

CAPITOLO XXXII. - COME GELTRUDE RICEVETTE LO SPIRITO SANTO




OTTAVA DELLA RISURREZIONE DEL SIGNORE

Nell'ottava della Risurrezione, mentre si leggeva il punto del Vangelo dove narra che il Signore accordò lo Spirito Santo agli Apostoli soffiando su di essi, Geltrude prega fervorosamente il Signore di comunicarle tale Spirito pieno di dolcezza. 



Egli rispose:  "Se desideri ricevere lo Spirito Santo, devi come i discepoli, toccarmi il fianco e le mani". A quelle parole ella comprese che chi brama lo Spirito Santo deve toccare il fianco del Signore, cioè considerare con riconoscenza l'amore del Cuore di Dio, quell'amore per cui Egli ci ha predestinati da tutta l'eternità a essere suoi figli ed eredi, quell'amore per cui ci colma d'infiniti beni, malgrado la nostra indegnità ed ingratitudine.


Bisogna inoltre toccare le mani del Signore, cioè ricordare con riconoscenza quanto Egli ha compiuto con tanto amore, per la nostra redenzione, durante i trentatré anni della sua vita e specialmente con la sua Passione e Morte. 



Quando l'uomo, a tale ricordo, si sente infiammare d'ardore, offra il suo cuore pronto a compiere la volontà di Dio, in unione all'amore con cui il Signore ha detto:  Come il Padre mi ha mandato, così io mando voi (Giov. XX, 21). 

Egli dovrà nulla desiderare, né volere all'infuori del divino beneplacito, pronto a soffrire tutto quello che Dio ordinerà. Colui che avrà queste sante disposizioni riceverà lo Spirito Santo, con gli stessi sentimenti che provarono i discepoli quando fu loro comunicato il soffio del Figlio di Dio.


"Mio Signore - aggiunse la Santa - Tu mi hai benevolmente accordato questo stesso dono parecchie volte; ora che me lo riconfermi, ottengo qualche cosa di più?" 
Egli rispose:  "Colui che dopo essere stato assunto quale diacono, e ordinato sacerdote, non perde certo la qualità già ricevuta del diaconato, ma acquista l'onore più grande del Sacerdozio. Così quando un dono è reiterato ad un'anima, si approfondisce in essa e serve ad aumentare la sua beatitudine".
AMDG et BVM