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martedì 1 febbraio 2022

Sant'Ignazio di Antiochia, vescovo e martire


 

Sant' Ignazio di Antiochia Vescovo e martire

tradizionalmente il 1° febbraio

† 107 circa

Fu il terzo vescovo di Antiochia, in Siria, città che fu la terza metropoli del mondo antico - dopo Roma e Alessandria d'Egitto - e di cui san Pietro stesso era stato il primo vescovo. Non era cittadino romano, e pare che non fosse nato cristiano, convertendosi in età non più giovanissima. Mentre era vescovo ad Antiochia, l'Imperatore Traiano dette inizio alla sua persecuzione. Arrestato e condannato, Ignazio fu condotto, in catene, da Antiochia a Roma dove si allestivano feste in onore dell'Imperatore e i cristiani dovevano servire da spettacolo, nel circo, sbranati dalle belve. Durante il viaggio da Antiochia a Roma, Ignazio scrisse sette lettere, in cui raccomandava di fuggire il peccato, di guardarsi dagli errori degli Gnostici, di mantenere l'unità della Chiesa. Di un'altra cosa poi si raccomandava, soprattutto ai cristiani di Roma: di non intervenire in suo favore e di non salvarlo dal martirio. Nell'anno 107 fu dunque sbranato dalle belve verso le quali dimostrò grande tenerezza. «Accarezzatele " scriveva " affinché siano la mia tomba e non faccian restare nulla del mio corpo, e i miei funerali non siano a carico di nessuno».

Etimologia: Ignazio = di fuoco, igneo, dal latino

Emblema: Bastone pastorale, Palma

Martirologio Romano: Memoria di sant’Ignazio, vescovo e martire, che, discepolo di san Giovanni Apostolo, resse per secondo dopo san Pietro la Chiesa di Antiochia. Condannato alle fiere sotto l’imperatore Traiano, fu portato a Roma e qui coronato da un glorioso martirio: durante il viaggio, mentre sperimentava la ferocia delle guardie, simile a quella dei leopardi, scrisse sette lettere a Chiese diverse, nelle quali esortava i fratelli a servire Dio in comunione con i vescovi e a non impedire che egli fosse immolato come vittima per Cristo.

   



Sant'Ignazio fu il terzo Vescovo di Antiochia, in Siria, cioè della terza metropoli del mondo antico dopo Roma e Alessandria d'Egitto.
Lo stesso San Pietro era stato primo Vescovo di Antiochia, e Ignazio fu suo degno successore: un pilastro della Chiesa primitiva così come Antiochia era uno dei pilastri del mondo antico.


Non era cittadino romano, e pare che non fosse nato cristiano, e che anzi si convertisse assai tardi. Ciò non toglie che egli sia stato uomo d'ingegno acutissimo e pastore ardente di zelo. I suoi discepoli dicevano di lui che era " di fuoco ", e non soltanto per il nome, dato che ignis in latino vuol dire fuoco.


Mentre era Vescovo ad Antiochia, l'Imperatore Traiano dette inizio alla sua persecuzione, che privò la Chiesa degli uomini più in alto nella scala gerarchica e più chiari nella fama e nella santità.


Arrestato e condannato ad bestias, Ignazio fu condotto, in catene, con un lunghissimo e penoso viaggio, da Antiochia a Roma dove si allestivano feste in onore dell'Imperatore vittorioso nella Dacia e i Martiri cristiani dovevano servire da spettacolo, nel circo, sbranati e divorati dalle belve.


Durante il suo viaggio, da Antiochia a Roma, il Vescovo Ignazio scrisse sette lettere, che sono considerate non inferiori a quelle di San Paolo: ardenti di misticismo come quelle sono sfolgoranti di carità. In queste lettere, il Vescovo avviato alla morte raccomandava ai fedeli di fuggire il peccato; di guardarsi dagli errori degli Gnostici; soprattutto di mantenere l'unità della Chiesa.
D'un'altra cosa poi si raccomandava, scrivendo particolarmente ai cristiani di Roma: di non intervenire in suo favore e di non tentare neppure di salvarlo dal martirio.
"lo guadagnerei un tanto - scriveva - se fossi in faccia alle belve, che mi aspettano. Spero di trovarle ben disposte. Le accarezzerei, anzi, perché mi divorassero d'un tratto, e non facessero come a certuni, che han timore di toccarli: se manifestassero queste intenzioni, io le forzerei ".
E a chi s'illudeva di poterlo liberare, implorava: " Voi non perdete nulla, ed io perdo Iddio, se riesco a salvarmi. Mai più mi capiterà una simile ventura per riunirmi a Lui. Lasciatemi dunque immolare, ora che l'altare è pronto! Uniti tutti nel coro della carità, cantate: Dio s'è degnato di mandare dall'Oriente in Occidente il Vescovo di Siria! ".
Infine prorompeva in una di quelle immagini che sono rimaste famose nella storia dei Martiri: " Lasciatemi essere il nutrimento delle belve, dalle quali mi sarà dato di godere Dio. lo sono frumento di Dio. Bisogna che sia macinato dai denti delle belve, affinché sia trovato puro pane di Cristo ".
E, giunto a Roma, nell'anno 107, il Vescovo di Antiochia fu veramente " macinato " dalle innocenti belve del Circo, per le quali il Martire trovò espressioni di una insolita tenerezza e poesia: " Accarezzatele, scriveva infatti, affinché siano la mia tomba e non faccian restare nulla del mio corpo, e i miei funerali non siano a carico di nessuno "

Fonte:
Archivio Parrocchia
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Da: https://divinumofficium.com/cgi-bin/horas/officium.pl  :

Sant’Ignazio fu vescovo di Antiochia. Apparteneva alla seconda generazione di vescovi, a partire da san Pietro. Durante l'impero di Traiano, sotto l'accusa di essere cristiano, fu condannato ad essere sbranato dalle belve: la condanna doveva essere eseguita a Roma. Partì, ammanettato, dalla Siria. Durante il viaggio predicò il Vangelo nelle città che toccava, e scrisse delle lettere a quelle più lontane. Da Smirne, dove fu ospite di san Policarpo, scrisse una lettera ai Romani, nella quale si legge tra l'altro: «O quelle belve che guaiscono! Quelle sono già preparate per me? Ma quando arriveranno? Quando saranno scatenate? Quando potranno cibarsi della mia carne? Desidero tanto che con me siano particolarmente feroci, affinché non si ammansiscano con me, come già accadde con altri, e abbiano timore di toccarmi. Ora solo comincio ad approfittare degli insegnamenti di Cristo. Pur che io possa guadagnare .Gesù Cristo, si abbattano assieme su di me il fuoco, la croce, le belve, gli sbranamenti, e ogni pena fisica». Arrivò a Roma. Quando udì il ruggito dei leoni, esclamò tutto bramoso del martirio: «Io sono il frumento di Cristo; devo essere sfarinato dalle macine delle belve, per essere trasformato in pane bianco». Morì nell'undicesimo anno dell'impero di Traiano.
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.



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Aggiunto/modificato il 2001-02-01

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giovedì 24 ottobre 2019

Sant'IGNAZIO agli Efesini

Lettera agli Efesini
Saluto
Ignazio, Teoforo, a colei che è stata benedetta in grandiosità con la pienezza di Dio Padre, che è stata predestinata, prima dei secoli, ad essere per sempre di gloria eterna e di salda unità, che è stata scelta nella passione vera per volontà del Padre e di Gesù Cristo, Dio nostro, la Chiesa degna di essere beata, che è in Efeso dell'Asia, I migliori saluti in Gesù Cristo e nella gioia irreprensibile.
Lode agli Efesini e al vescovo Onesimo
I. Ho recepito nel Signore il vostro amatissimo nome che vi siete guadagnato con naturale giustizia nella fede e nella carità in Cristo Signore nostro Salvatore. Imitatori di Dio e rianimati nel suo sangue avete compiuto un'opera congeniale. Avendo inteso che io venivo dalla Siria incatenato per il nome comune e la speranza, fiducioso nella vostra preghiera di sostenere in Roma la lotta con le fiere e diventare discepolo, vi siete affrettati da me. In nome di Dio ho ricevuto la vostra comunità nella persona di Onesimo, di indicibile carità, vostro vescovo nella carne. Vi prego di amarlo in Gesù Cristo e di rassomigliargli tutti. Sia benedetto chi vi ha fatto la grazia, e ne site degni, di meritare un tale vescovo.
Ubbidienza al vescovo e ai presbiteri
II. Per Burro mio conservo e secondo Dio vostro diacono, benedetto in ogni cosa, prego che resti ad onore vostro e del vescovo. Anche Croco, degno di Dio e di voi, che io ho ricevuto quale vostro modello di carità, mi è di conforto in ogni cosa. Così il Padre di Gesù Cristo lo conforti con Onesimo, Burro, Euplo e Frontone; in loro ho visto tutti voi secondo la carità. Possa io trovare gioia in voi per ogni cosa ed esserne degno! Bisogna glorificare in ogni modo Gesù Cristo che ha glorificato voi, perché riuniti in una stessa obbedienza e sottomessi al vescovo e ai presbiteri siate santificati in ogni cosa.
L'amore nell'unità
III. Non vi comanderò come se fossi qualcuno. Se pur sono incatenato nel Suo nome, non ancora ho raggiunto la perfezione in Gesù Cristo. Solo ora incomincio a istruirmi e parlo a voi come miei condiscepoli. Bisogna che da voi sia unto di fede, di esortazione, di pazienza e di magnanimità. Ma poiché la carità non mi lascia tacere con voi, voglio esortarvi a comunicare in armonia con la mente di Dio. E Gesù Cristo, nostra vita inseparabile, è il pensiero del Padre, come anche i vescovi posti sino ai confini della terra sono nel pensiero di Gesù Cristo.
Unione del collegio presbiterale con il vescovo
IV. Conviene procedere d'accordo con la mente del vescovo, come già fate. Il vostro presbiterato ben reputato degno di Dio è molto unito al vescovo come le corde alla cetra. Per questo dalla vostra unità e dal vostro amore concorde si canti a Gesù Cristo. E ciascuno diventi un coro, affinché nell'armonia del vostro accordo prendendo nell'unità il tono di Dio, cantiate ad una sola voce per Gesù Cristo al Padre, perché vi ascolti e vi riconosca, per le buone opere, che siete le membra di Gesù Cristo. È necessario per voi trovarvi nella inseparabile unità per essere sempre partecipi di Dio.
La persona del vescovo
V. Se in poco tempo ho avuto tanta familiarità con il vostro vescovo, che non è umana, ma spirituale, di più vi stimo beati essendo uniti a lui come la Chiesa lo è a Gesù Cristo e Gesù Cristo al Padre perché tutte le cose siano concordi nell'unità. Nessuno s'inganni: chi non è presso l'altare, è privato del pane di Dio. Se la preghiera di uno o di due ha tanta forza, quanto più quella del vescovo e di tutta la Chiesa! Chi non partecipa alla riunione è un orgoglioso e si è giudicato. Sta scritto:«Dio resiste agli orgogliosi». Stiamo attenti a non opporci al vescovo per essere sottomessi a Dio.
VI. Quanto più uno vede che il vescovo tace, tanto più lo rispetta. Chiunque il padrone di casa abbia mandato per l'amministrazione della casa bisogna che lo riceviamo come colui che l'ha mandato. Occorre dunque onorare il vescovo come il Signore stesso. Proprio Onesimo loda il vostro ordine in Dio, perché tutti vivete secondo la verità e non si annida eresia alcuna in voi. Non ascoltate nessuno che non vi parli di Gesù Cristo nella verità.
Fuggite gli eretici
VII. Vi sono alcuni che portano il nome, ma compiono azioni indegne di Dio. Bisogna scansarli come bestie feroci. Sono cani idrofobi che mordono furtivamente. Occorre guardarsene perché sono incurabili. Non c'è che un solo medico, materiale e spirituale, generato e ingenerato, fatto Dio in carne, vita vera nella morte, nato da Maria e da Dio, prima passibile poi impassibile, Gesù Cristo nostro Signore.
VIII. Nessuno, dunque, vi inganni, come d'altronde non vi fate ingannare, essendo tutti di Dio. Se non vi è nessuna discordia tra voi che vi possa tormentare, allora vivete secondo Dio. Sono la vostra vittima e mi offro in sacrificio per voi Efesini, Chiesa celebrata nei secoli. I carnali non possono fare cose spirituali, né gli spirituali cose carnali, come né la fede le cose dell'infedeltà, né l'infedeltà quelle della fede. Anche quello che fate nella carne è spirituale. Fate tutto in Gesù Cristo.
IX. Ho inteso che sono venuti alcuni portando una dottrina malvagia. Voi non li avete lasciati seminare in mezzo a voi, turandovi le orecchie per non ricevere ciò che speravano. Voi siete pietre del tempio del Padre preparate per la costruzione di Dio Padre, elevate con l'argano di Gesù Cristo che è la croce, usando come corda lo Spirito Santo. La fede è la vostra leva e la carità la strada che vi conduce a Dio. Siete tutti compagni di viaggio, portatori di Dio, portatori del tempio, portatori di Cristo e dello Spirito Santo, in tutto ornati dei precetti di Gesù Cristo. Mi rallegro di essere stato stimato degno delle cose che vi scrivo, per trattenermi con voi e congratularmi perché per una vita diversa non amate che Dio solo.
Essere di esempio nelle virtù
X. Per gli altri uomini «pregate senza interruzione». In loro vi è speranza di conversione perché trovino Dio. Lasciate che imparino dalla vostre opere. Davanti alla loro ira siate miti; alla loro megalomania siate umili, alle loro bestemmie (opponete) le vostre preghiere; al loro errore «siate saldi nelle fede»; alla loro ferocia siate pacifici, non cercando di imitarli. Nella bontà troviamoci loro fratelli, cercando di essere imitatori del Signore. Chi ha sofferto di più l'ingiustizia? Chi ha avuto più privazioni? Chi più disprezzato? Non si trovi tra voi nessun'erba del diavolo, ma con ogni purezza e temperanza rimanete in Gesù Cristo con la carne e con lo spirito.
Temere il Signore
XI. Sono gli ultimi tempi. Vergogniamoci e temiamo che la magnificenza di Dio ormai non sia per noi una condanna. O temiamo l'ira futura o amiamo la grazia presente; una delle due. Solo <è necessario> trovarsi in Gesù Cristo per la vera vita. Fuori di lui nulla abbia valore per voi, in lui porto le catene. Sono le perle spirituali con le quali vorrei mi fosse concesso risuscitare grazie alla vostra preghiera. A questa vorrei sempre partecipare per trovarmi nell'eredità dei cristiani di Efeso, che sono sempre uniti agli Apostoli nella potenza di Gesù Cristo.
Il martirio è vicino
XII. So chi sono e a chi scrivo. Io sono un condannato, voi avete ottenuto misericordia. Io in pericolo, voi al sicuro. Voi siete la strada per quelli che s'innalzano a Dio. Gli iniziati di Paolo che si è santificato, ha reso testimonianza ed è degno di essere chiamato beato. Possa io stare sulle sue orme per raggiungere Dio; in un'intera sua lettera si ricorda di voi in Gesù Cristo.
La liturgia
XIII. Impegnatevi a riunirvi più di frequente nell'azione di grazie e di gloria verso Dio. Quando vi riunite spesso, le forze di Satana vengono abbattute e il suo flagello si dissolve nella concordia della fede. Niente è più bello della pace nella quale si frustra ogni guerra di potenze celesti e terrestri.
Fede e carità
XIV. Nulla di tutto questo vi sfuggirà, se avete perfettamente la fede e la carità in Gesù Cristo, che sono il principio e lo scopo della vita. Il principio è la fede, il fine la carità. L'una e l'altra insieme riunite sono Dio, e tutto il resto segue la grande bontà. Nessuno che professi la fede pecca, nessuno che abbia la carità odia. L'albero si conosce dal suo frutto. Così coloro che si professano di appartenere a Cristo saranno riconosciuti da quello che operano. Ora l'opera non è di professione di fede, ma che ognuno si trovi nella forza della fede sino all'ultimo.
Testimoniare il Cristo
XV. È meglio tacere ed essere, che dire e non essere. È bello insegnare se chi parla opera. Uno solo è il maestro e ha detto e ha fatto e ciò che tacendo ha fatto è degno del Padre. Chi possiede veramente la parola di Gesù può avvertire anche il suo silenzio per essere perfetto, per compiere le cose di cui parla o di essere conosciuto per le cose che tace. Nulla sfugge al Signore, anche i nostri segreti gli sono vicino. Tutto facciamo considerando che abita in noi templi suoi ed egli il Dio (che è) in noi, come è e apparirà al nostro volto amandolo giustamente.
XVI. Non ingannatevi, fratelli miei. Quelli che corrompono la famiglia «non erediteranno il regno di Dio». Se quelli che fanno ciò secondo la carne muoiono, tanto più che con una dottrina perversa corrompe la fede di Dio per la quale Cristo fu crocifisso! Egli, divenuto impuro, finirà nel fuoco eterno e insieme a lui anche chi lo ascolta.
XVII. Per questo il Signore accettò il profumo versato sul suo capo per infondere l'immortalità alla Chiesa. Non lasciatevi ungere dal cattivo odore del principe di questo mondo che non vi imprigioni fuori della vita che vi attende. Perché non diveniamo tutti saggi ricevendo la scienza di Dio che è Gesù Cristo? A che rovinarsi pazzamente, misconoscendo il carisma che il Signore ci ha veramente mandato?
La croce
XVIII. Il mio spirito è vittima della croce che è scandalo per gli infedeli e per noi salvezza e vita eterna. Dov'è il saggio? il disputante? la vanità di quelli che si dicono scienziati? Il nostro Dio, Gesù Cristo è stato portato nel seno di Maria, secondo l'economia di Dio, del seme di David e dello Spirito Santo. Egli è nato ed è stato battezzato perché l'acqua fosse purificata con la passione.
L'abolizione della morte
XIX. Al principe di questo mondo rimase celata la verginità di Maria e il suo parto, similmente la morte del Signore, i tre misteri clamorosi che furono compiuti nel silenzio di Dio. Come furono manifestati ai secoli? Un astro brillò nel cielo sopra tutti gli astri, la sua luce era indicibile, e la sua novità stupì. La altre stelle con il sole e a luna fecero un coro all'astro ed esso più di tutti illuminò. Ci fu stupore. Donde quella novità strana per loro? Apparso Dio in forma umana per una novità di vita eterna si sciolse ogni magia, si ruppe ogni legame di malvagità. Scomparve l'ignoranza, l'antico impero cadde. Aveva inizio ciò che era stato deciso da Dio. Di qui fu sconvolta ogni cosa per preparare l'abolizione della morte.
Vi scriverò ancora
XX. Se Gesù Cristo per la vostra preghiera mi renderà degno di grazia ed è la Sua volontà vi spiegherò in un secondo scritto che ho in mente di stilare, l'accennata economia per l'uomo nuovo Gesù Cristo, che consiste nella sua fede, nella sua carità, nella sua passione e resurrezione. Soprattutto se il Signore mi rivelerà che ognuno e tutti insieme nella grazia che viene dal suo nome vi riunite in una sola fede e in Gesù Cristo del seme di David figlio dell'uomo e di Dio per ubbidire al vescovo e ai presbiteri in una concordia stabile spezzando l'unico pane che è rimedio di immortalità, antidoto per non morire, ma per vivere sempre in Gesù Cristo.
Congedo
XXI. Io sono il riscatto di vita per voi e per quelli che ad onore di Dio avete mandato a Smirne, donde vi scrivo ringraziando il Signore e amando Policarpo come anche voi. Ricordatevi di me come anche Gesù Cristo di voi. Pregate per la Chiesa di Siria, donde sono stato condotto incatenato a Roma, ultimo di quei fedeli giudicato degno di acquistare la gloria di Dio. Statemi bene in Dio Padre e in Gesù Cristo, nostra comune speranza.

AMDG et DVM

lunedì 20 gennaio 2014

Dalla "Lettera agli Efesini" di sant'Ignazio di Antiochia:


Quaggiù non c'è cosa più bella che vivere nella fede e nella carità di Cristo, come han vissuto i Santi Padri. Nella "Lettera agli Efesini" di sant'Ignazio di Antiochia c'è un passo magnifico da non perdere di vista in questi mesi:



XV.
È meglio tacere ed essere, che dire e non essere. È bello insegnare se chi parla opera. Uno solo è il maestro e ha detto e ha fatto, e ciò che tacendo ha fatto è degno del Padre. 

Chi possiede veramente la parola di Gesù è in grado di capire anche il suo silenzio e di giungere così alla perfezione. Egli con la sua parola  opererà e con il suo silenzio si farà conoscere. 

Nulla sfugge al Signore, anche i nostri segreti sono davanti al suo sguardo. Dunque tutto facciamo nella consapevolezza che Egli abita in noi templi suoi,  ed egli il Dio (che è) in noi, come è e apparirà al nostro volto se giustamente Lo amiamo.

XVI. 

Non ingannatevi, fratelli miei. Quelli che corrompono la famiglia "non erediteranno il regno di Dio" (cfr. 1 Cor. 6, 9-10: "9Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né quelli che peccano contro natura, 10né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né i calunniatori, né i rapinatori erediteranno il regno di Dio."). 

Se quelli che fanno ciò secondo la carne muoiono, tanto più colui che con una dottrina perversa corrompe la fede di Dio per la quale Cristo fu crocifisso! 

Egli, divenuto impuro, finirà nel fuoco eterno e insieme a lui anche chi lo ascolta.

XVII. 
Per questo il Signore accettò il profumo versato sul suo capo per infondere l'immortalità alla Chiesa. 
Non lasciatevi ungere dal cattivo odore del principe di questo mondo che non vi imprigioni fuori della vita che vi attende. 
Perché non diveniamo tutti saggi ricevendo la scienza di Dio che è Gesù Cristo? A che rovinarsi pazzamente, misconoscendo il carisma che il Signore ci ha veramente mandato?