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venerdì 12 aprile 2019

Sant’Ermenegildo

Sant' Ermenegildo Martire
m. 585
Vissuto nel VI secolo, era figlio di Leovigildo, il primo re di Spagna visigoto e, come tutti i visigoti, era seguace di Ario. Il suo matrimonio con una cattolica provocò tensioni a corte e il re esiliò Ermenegildo e sua moglie a Siviglia.. Qui, il giovane si convertì al cattolicesimo e tentò di sconfiggere il padre con l’aiuto dei Bizantini e degli Svevi. Gettato in carcere a Tarragona, rifiutò di ricevere la Comunione dalle mani di un vescovo ariano e per questo fu giustiziato. Figura molto controversa, il giudizio su di lui è stato a volte severo, a volte più o meno comprensivo. San Gregorio Magno, ad ogni modo, mette in rilievo il suo incontrovertibile martirio. E’ patrono della Spagna.



Patronato: Spagna
Etimologia: Ermenegildo = dono del dio Irmin, dal tedesco
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Tarragona in Spagna, sant’Ermenegildo, martire, che, figlio di Leovigildo re dei Visigoti seguace dell’eresia ariana, si convertì alla fede cattolica per opera del vescovo san Leandro; rinchiuso in carcere per essersi ribellato alla volontà del padre rifiutandosi di ricevere la comunione da un vescovo ariano nel giorno della solennità di Pasqua, per ordine del padre stesso morì sotto un colpo di scure. 
Risultati immagini per “Trionfo di Sant’Ermenegildo” di Francisco de Herrera


Sant’Ermenegildo, patrono della Spagna, e suo fratello Reccaredo erano figli di Leovigildo, primo re dei Visigoti in terra spagnola, e di Teodosia, sua prima consorte. Si ignora la data esatta della sua nascita, collocabile comunque verso la metà del VI secolo. Sin dalla giovinezza fu educato nell’arianesimo, confessione eretica professata dai suoi padri.

I Visigoti, originari della Scandinavia, nel III secolo scesero sulle rive del Danubio e le coste settentrionali del Mar Nero, ove furono convertiti all’arianesimo da Ulfila (+383). Nato in Germania, nipote di prigionieri cristiani stanziati in Cappadocia, egli fu per oltre quarant’anni loro vescovo missionario, che li catechizzò con la traduzione gotica della Bibbia. Quando nel 376, incalzati dagli Unni, si stanziarono in Tracia come federati dell'impero, erano ormai completamente arianizzati. In quel tempo gli imperatori Costanzo e Valente tentavano di imporre l’erronea dottrina di Ario come religione di stato. Dai Goti di Ulfila l’arianesimo fu trasmesso come patrimonio nazionale a tutti i popoli germanici orientali che, nel V secolo, irruppero entro i confini dell’impero. Anche quando, sotto il di regno San Teodosio I il Grande, venne adottata ufficialmente per legge dall’impero la fede nicena, la chiesa dell’arianesimo germanico continuò imperterrita a ritenere che il Figlio di Dio fosse solamente simile al Padre e non ugualmente eterno come Lui, a ripudiare la speculazione trinitaria e cristologica dei teologi greci, ad usare la lingua germanica nelle funzioni liturgiche, a riconoscere al sovrano il potere di nomina dei vescovi e di convocazione dei sinodi ed infine a considerare le chiese quali proprietà di chi aveva concesso il suolo per la loro edificazione. Nei Balcani i Visigoti giunsero presto ad un aspro conflitto con i loro protettori bizantini, il maltrattamento da parte dei funzionari imperiali provocò un sommossa e nel 378 l’imperatore Valente rimase sconfitto e ucciso nella battaglia di Adrianopoli.

Gli sforzi compiuti dal suo successore Teodosio il Grande, come più tardi dal patriarca di Costantinopoli San Giovanni Crisostomo, per indurre i Visigoti ad accogliere la dottrina del concilio di Nicea, ebbero purtroppo scarso successo.      Presso di loro l’arianesimo si mantenne così ancora per lungo tempo, quando ormai il popolo, dopo aver percorso e devastato la Grecia e l’Italia, si conquistò una nuova patria nella Gallia meridionale e nella Spagna nel 419.

Sorse così il primo regno germanico indipendente sul suolo dell’impero romano. Leovigildo, sovrano astuto, ariano convinto, trattò i suoi sudditi cattolici ancora col massimo rigore e talvolta anche con crudeltà, perché temeva che potessero minare l’assolutezza del suo potere. Dopo la morte di Teodosia, egli sposò Gosvinda, vedova di suo fratello Atanagildo e madre di Brunechilde, andata sposa al re di Austrasia Sigiberto. La loro figlia Ingunda, cattolica assai fervente, fu sposata nel 579 da Ermenegildo, che il padre aveva accuratamente allevato nella fede ariana  ed aveva poi associato con Reccaredo al governo del regno sin dal 573.

Politicamente Leovigildo fu soddisfatto di tale matrimonio, che costituiva un maggiore legame con i Franchi, del cui appoggio necessitava al fine di consolidare il suo potere in Spagna. Gosvinda, invece, acerrima ariana, prese a manifestare apertamente tutto il suo odio contro la nuora cattolica.

Pretendeva ad ogni costo che ella si facesse ribattezzare secondo il rito ariano, ma Ingunda rimase ferma nelle sue convinzioni e non ne volle minimamente sapere, neppure quando la suocera la afferrò per i capelli, la spogliò delle vesti e la immerse in una piscina.
“Mi basta - le rispose fiera - di essere stata purificata una volta dal peccato originale, con un salutare battesimo e di avere confessato la Santissima Trinità una e senza ineguaglianza di persone: ecco ciò che dichiaro di credere di tutto cuore. Mai rinuncerò alla mia fede”. Ingunda non solo mantenne fermamente il suo proposito, ma si adoperò con tutto il suo cuore e con tutte le sue forze per convincere suo marito ad abbracciare la retta fede nicena.

Per porre termine ai frequenti litigi a corte, causati dall’appartenenza della nuora alla religione cattolica, Leovigildo pensò di allontanare Ermenegildo e mandarlo a Siviglia in Andalusia. Quel forzato trasferimento si rivelò invece provvidenziale per suo figlio, che incontrò proprio in tale città colui che sarebbe stato il suo catechista e che avrebbe coadiuvato Ingunda nell’opera della sua conversione: il vescovo San Leandro. Questi, nato a Cartagena da una famiglia greco-romana molto religiosa, aveva abbracciato sin da giovane la vita monastica prima a San Claudio di Leon, poi a Siviglia, ove la famiglia si era trasferita. La solida formazione ricevuta lo aveva reso capace di divenire l’artefice dell’avvenire del suo paese in campo culturale e religioso.
Eletto metropolita di Siviglia nel 579, aprì una scuola per studi dogmatici, artistici e scientifici, molto frequentata ai suoi tempi. Di questo apprezzatissimo centro culturale furono allievi anche i due figli di Leovigildo, ma solamente sull’erede al trono in un primo momento Leandro riuscì ad esercitare un benefico influsso, inducendolo infatti a ricevere il battesimo niceno.

Da quel momento Ermenegildo non poté che diventare il capo della fazione cattolica, con conseguente grande ira di suo padre che, mal consigliato da Gosvinda, non esitò a ricorrere ad ogni mezzo affinché l’arianesimo prevalesse, guadagnando alla sua causa persino qualche vescovo e condannando alla prigione ed all’esilio tutti coloro che, come Leandro, tennero testa alle sue violenze.
Durante la lunga lotta tra padre e figlio, il santo vescovo fu mandato da Ermenegildo a Costantinopoli per implorare l’aiuto presso l’imperatore bizantino. Lo sventurato padre finì con l’assediare Siviglia dal 583 per quasi due anni finché il figlio, esaurita ogni risorsa, chiese aiuto ai bizantini in procinto di attaccare la Spagna. Il padre, credendo che suo figlio fosse fuggito, prese d’assalto la città. L’esercito imperiale, lasciatosi corrompere da Leovigildo, non gli prestò l’aiuto promesso, motivo per cui ad Ermenegildo non restò che rifugiarsi a Cordova, ove fu fatto prigioniero dal padre e quindi esiliato a Valenza. Lo fece poi trasferire in un carcere di Terragona, dove venne decapitato il 13 aprile 585 per essersi rifiutato di ricevere la comunione da un vescovo ariano.


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Con la tragica scomparsa di Ermenegildo, le legazioni di Leandro a Costantinopoli mutarono in una vera e proprio condizione di esilio, durante la quale strinse amicizia con l’apocrisario della Santa Sede, San Gregorio Magno, che proprio su sua insistenza scrisse i “Moralia in Job”. L’esilio di Leandro non durò però a lungo, giacché Leovigildo morendo lo raccomandò alla benevolenza di Reccaredo, suo successore. Non appena poté fare ritorno a Siviglia, Leandro si dedicò alla conversione degli ariani, a cominciare dalla famiglia reale. Reccaredo, animato dalla gloriosa testimonianza di suo fratello, si convertì alla fede cattolica e favorì con ogni mezzo la conversione del suo popolo. Gosvinda invece non ne volle assolutamente sapere e si pose a capo di una rivolta ariana contro il sovrano, ma vedendosi presto sconfitta si tolse la vita. Reccaredo, riportate tre brillanti vittorie sui vescovi ariani sostenuti dal re burgundo Gontrano, convocò nel 589 il terzo Concilio di Toledo in cui consegnò la sua professione di fede ortodossa scritta nelle mani dei vescovi presenti e decretò il ritorno all’unità politico-religiosa dei popoli dei Goti e degli Svevi. L’anno successivo Leandro apprese che il suo amico Gregorio era stato eletto al sommo pontificato e gli mandò le sue felicitazioni, informandolo degli ultimi notevoli progressi della fede cattolica nella penisola iberica.

Figura molto controversa, il giudizio degli storici su Ermenegildo è stato a volte severo, a volte più o meno comprensivo. San Gregorio Magno, ad ogni modo, mise in rilievo il suo incontrovertibile martirio subito in odio alla fede cattolica. Su intercessione del re Filippo II, nel 1585 il pontefice Sisto V concesse alla Spagna di poter celebrare la festa del santo sovrano nella data della morte, dopodichè Urbano VIII estese tale memoria alla Chiesa Universale ed ancora oggi la nuova edizione del Martyrologium Romanum riporta al 13 aprile il martire Sant’Ermenegildo.

E’ infine degno di nota, in quanto dedicato alla memoria del santo, l’Ordine Militare di Sant’Ermenegildo istituito dal re Ferdinando VII di Spagna il 28 novembre 1814 e destinato a ricompensare il servizio reso dai militari in Spagna e nelle Indie. L’Ordine si divide in tre classi: Cavalieri di Gran Croce, Cavalieri di seconda classe e Cavalieri di terza classe. La decorazione consiste in una croce patente d’oro, smaltata di bianco, sormontata dalla corona reale. Caricato in cuore uno scudetto d’azzurro con l’immagine di Sant’Ermenegildo. Lo scudetto risulta circondato dal motto “Premio a la constancia militare”; nel retro la cifra del sovrano. Il nastro dell’Ordine è di bianco al palo di rosso.

L’iconografia è solita rappresentare il santo con tutte le insegne tipiche dei martiri e dei sovrani: palma, ascia, scettro, corona. Celebri sono due sue raffigurazioni pittoriche: “Trionfo di Sant’Ermenegildo” di Francisco de Herrera, custodita presso il Museo del Prado, e “Sant’Ermenegildo in carcere” di Francisco Goya y Lucientes, presso il Museo Lazaro Galdiano in Madrid. Non mancano però anche icone orientali, in quanto il santo è talvolta venerato anche dalle Chiese Ortodosse.


Autore: 
Fabio Arduino

AMDG et DVM

domenica 31 marzo 2019

Per il 1 di aprile - Anticipando Liturgia della vigilia delle Palme


Lettura del santo Vangelo secondo Giovanni
Gio 12:10-36
In quell'occasione: I capi sacerdoti deliberarono di ammazzare anche Lazzaro; perché, per cagione sua, molti Giudei li abbandonavano per seguire Gesù. Eccetera.

Omelia di sant'Agostino Vescovo

Tratt. 50 su Giovanni, in fine
I Giudei, visto Lazzaro risuscitato, e che sì gran miracolo del Signore s'era sparso con tale evidenza e manifestato sì notoriamente da non potersi né dissimulare né negare: guardate che cosa trovarono. «I capi sacerdoti deliberarono d'ammazzare anche Lazzaro» Joann. 12,10. O stolto disegno e cieca crudeltà! Quasi che Cristo Signore, che poté risuscitare quest'uomo morto, non poteva risuscitarlo ucciso! Facendo morir Lazzaro, toglievate forse al Signore il suo potere? Se altra cosa è per voi risuscitare uno morto, altra uno ucciso, ecco che il Signore ha fatto l'uno e l'altro, risuscitò Lazzaro morto e se stesso ucciso.


Il dì seguente, una gran folla, ch'era accorsa alla festa, sentito che Gesù era venuto a Gerusalemme, presero dei rami di palme, e uscirono ad incontrarlo, gridando: Osanna, benedetto colui che viene nel nome del Signore, il Re d'Israele» Joann. 12,12. I rami delle palme sono le lodi, e l'emblema della vittoria: il Signore infatti doveva vincere la morte morendo lui stesso, e trionfare, col trofeo della croce, del diavolo, principe della morte. Osanna poi è parola di supplica, come vogliono alcuni che conoscono la lingua Ebraica, esprimente piuttosto un sentimento del cuore che un pensiero determinato, quali sono quelle che si dicono interiezioni nella lingua Latina, come quando nel dolore diciamo: ahi; o quando nella gioia diciamo: ah!

La folla lo salutava con queste acclamazioni: «Osanna, benedetto colui che viene nel nome del Signore, il Re d'Israele». Qual tortura non dovea soffrire lo spirito invidioso dei capi dei Giudei allorché tanta moltitudine acclamava Cristo per suo Re? Ma che fu per il Signore essere Re d'Israele? Che gran cosa fu per il Re dei secoli farsi Re degli uomini? Infatti Cristo non fu Re d'Israele per esigere tributo, o per armare di ferro un esercito, e debellare visibilmente i suoi nemici: ma egli è il Re d'Israele per reggere le menti, per averne cura in eterno, per introdurre nel regno dei cieli quelli che in lui credono e sperano e lo amano.


V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

Commemoratione S. Hermenegildi Martyris
Ant. Chi disprezza la propria vita in questo mondo, la conserva per la vita eterna.

V. Il giusto fiorirà come palma.
R. Crescerà come il cedro del Libano.

Preghiamo.
O Dio, che insegnasti al tuo beato Martire Ermenegildo a posporre al regno celeste quello terreno: concedici di disprezzare, a suo esempio, le cose caduche, e cercare le eterne.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
R. Amen.
AMDG et DVM

lunedì 8 ottobre 2018

ESEMPIO DA IMITARE specialmente OGGI, tempo di apostasia eresia e scisma

SANT'ERMENEGILDO, MARTIRE

Martire dell'Ortodossia.


*

Il 13 aprile la Chiesa Cattolica ricorda Sant’Ermenegildo, membro della famiglia reale visigota, fautore della conversione al cattolicesimo della Spagna e martirizzato nel corso del sesto secolo. Il padre di Ermenegildo era il re dei Visigoti Leovigildo (nato 525, regnante 569-586), uno dei principali condottieri del sesto secolo, che lottò strenuamente contro i Bizantini per riconquistar loro la parte sud-orientale della Penisola Iberica. Ermenegildo nacque intorno all’anno 564 a Medina Del Campo, residenza secondaria dei re Visigoti. Primogenito di Leovigildo e di sua moglie Teodosia - di chiare origini bizantine - Ermenegildo venne educato sin dai primi anni della sua vita per succedere al padre sul trono visigoto.
Nel 573, suo padre, che sino a quel momento regnava con il fratello Liuva, divenne l’unico re dei Visigoti. In quella data, Ermenegildo venne nominato duca di Toledo. Nell’anno 579, Ermenegildo sposò Ingunda, figlia di Sigeberto I di Austrasia. Ingunda era una fervente fedele cattolica, Ermenegildo al contrario era ariano come la grandissima maggioranza del suo popolo.

Ingunda, per la sua fede, influenzò profondamente il giovane Ermenegildo. Il padre, per evitare conflitti con il figlio, lo allontanò da Toledo, nominandolo governatore della Betica, la lontana e povera provincia di frontiera il cui capoluogo era Siviglia.

A Siviglia, Ermenegildo si trovò in un ambiente particolare: lontano dalla corte di Toledo, il giovane principe ebbe modo di conoscere approfonditamente i dettami della fede cattolica, rendendosi conto dei profondi errori dell’arianesimo. Ermenegildo, sotto l’influenza di San Leandro e della moglie Ingunda, si convertì al cattolicesimo, rendendosi protagonista di una forte opera di proselitismo in tutta la Betica.
La notizia della conversione al cattolicesimo di Ermenegildo fece sì che numerose città della Betica si sollevassero contro l’ariano Leovigildo e proclamassero re il loro governatore.

Nonostante la ferma condanna dell’alto clero di Ermenegildo - definito un usurpatore dalle più importanti cariche religiose dell’epoca - il giovane principe accettò la corona reale offertagli dai ribelli, contando anche sugli stretti rapporti intrattenuti con i bizantini situati nel sud della Spagna e con gli Svevi della Galizia. Leovigildo tentò di far tornare il figlio alla fede ariana, alternando lusinghe e minacce, ma senza ottenere nessun tipo di esito.

Sfruttando anche le campagne militari di Leovigildo contro i Baschi, nel 581 Ermenegildo ottenne il controllo anche di Merida e Caceres. Nel 582-583, Leovigildo decise di metter fine alla ribellione di Ermenegildo. Prima sottopose i cattolici nei suoi domini a violente persecuzioni, poi marciò verso Siviglia e, dopo aver corrotto i Bizantini alleati di Ermenegildo, gli inflisse una pesantissima sconfitta.

Ermenegildo, abbandonato anche dai suoi alleati Svevi, nel 584 si arrese. L’anno successivo il giovane principe venne trasferito, in catene, a Valencia e quindi a Tarragona. Nonostante la prigionia, le umiliazioni e le privazioni, la fede cattolica di Ermenegildo non vacillò mai. Al contrario, la sua convinzione si rinforzò.  Nel 585, in occasione della Pasqua, il duca Sigeberto, governatore di Tarragona, gli inviò un vescovo ariano affinché lo facesse abiurare e lo riportasse all’obbedienza ariana. Di fronte al rifiuto di Ermenegildo, Sigeberto andò su tutte le furie e lo fece decapitare. Era il 13 aprile del 585.


Risultati immagini per Sant’Ermenegildo martire dell'EUCARESTIA
L’anno successivo, Recaredo, fratello di Ermenegildo, salì al trono e vendicò il fratello facendo giustiziare il suo assassino Sigeberto. Recaredo, profondamente legato al fratello maggiore nonostante la sua ribellione al padre, non appena salito al trono si convertì al cattolicesimo, divenendo il primo monarca spagnolo a essere cattolico. Nel 1586, nel millenario del suo martirio, il re Filippo II di Spagna proclamò il 13 aprile festa nazionale, con l’autorizzazione del pontefice.

Nel 1814, Ferdinando VII istituì l’ordine di San Ermenegildo, una prestigiosa decorazione militare con cui premiare i più valorosi soldati spagnoli.

Sant’Ermenegildo è il patrono di Siviglia, il capoluogo dell’Andalusia, uno dei centri più importanti dell’intera Penisola Iberica. L’opera di Sant’Ermenegildo è considerata unanimemente come determinante per far sì che la Spagna abbracciasse il cattolicesimo e per permettere agli iberici di mantenere intatta la loro fede nonostante i quasi sette secoli di presenza mussulmana (711-1492), convertendosi in una delle nazioni guida dell’Europa Moderna.

Qui di seguito il motivo del suo Martirio viene meglio spiegato:


SANT'ERMENEGILDO, MARTIRE

Martire dell'Ortodossia.

Il mistero della Pasqua ci appare oggi attraverso la palma di
un Martire. Ermenegildo, giovane principe visigoto, viene immolato per ordine di un padre infedele che l'eresia ha accecato: causa della sua morte è stata la costanza con la quale ha rifiutato la Comunione pasquale che un vescovo ariano voleva costringerlo a ricevere dalle sue mani. 

Il martire sapeva che la divina Eucarestia è il segno dell'unità 
cattolica, e che non è permesso partecipare alla carne dell'Agnello 
pasquale insieme con coloro che non sono nella vera Chiesa.
Una consacrazione sacrilega può mettere gli eretici in possesso del
mistero, se esiste il carattere sacerdotale in colui che ha osato oltrepassare la barriera dell'altare di quel Dio che bestemmia; 
ma il cattolico,
che sa non essergli permesso di pregare con gli eretici, trema
alla vista del Mistero profanato, e si allontana per non oltraggiare
il Redentore, proprio in quello stesso mistero che ha istituito per
restare unito ai suoi fedeli.


Il sangue del Martire fu fecondo. La Spagna, asservita all'errore,
spezzò le sue catene: un concilio, tenuto a Toledo, compì quella conversione che la vittima aveva preparata. Fu uno spettacolo
sublime e raro nei secoli, il vedere sollevarsi una nazione intera
per abiurare l'eresia; ma essa ne venne benedetta. 
Sottoposta, dopo breve tempo, alla terribile prova dell'invasione saracena, seppe trionfarne con le sue stesse armi, e la sua fede, rimasta sempre intatta da allora, le ha meritato il più bel titolo al quale un popolo possa ambire: quello di Cattolica.

Vita. - Ermenegildo era figlio di Leovigildo, re dei Visigoti di Spagna, e di Teodosia. Fu associato al governo nel 573, insieme a suo fratello Reccaredo; e Siviglia divenne la sua residenza. 

Là, sua moglie Ingonda ed il vescovo san Leandro, lo convinsero ad abbandonare l'eresia ariana e ad abbracciare il cattolicesimo. Suo padre, rimasto nell'errore, lo perseguitava, ed Ermenegildo allora chiese aiuto ai Bizantini. Ma credette suo dovere recarsi
ad un colloquio propostogli dal padre, il quale, fattolo mettere in prigione, provò con tutti i mezzi di costringerlo a ritornare all'eresia. Il giorno di Pasqua dell'anno 586, il re gl'inviò un vescovo ariano per portargli la Comunione; ma il giovane principe la rifiutò. Allora suo padre gli fece tagliare la testa. 
Sant'Ermenegildo è il patrono della città di Siviglia. 
Urbano VIII ne estese il culto alla Chiesa Universale.


Preghiera.

<<Coraggioso testimonio della verità del Simbolo della fede, Ermenegildonoi oggi ti offriamo il nostro ossequio e la nostra gratitudine.
La tua morte coraggiosa ha dimostrato l'amore che avevi
per Cristo, e la noncuranza per gli onori della terra insegna
anche a noi a disprezzarli. 
Nato per salire al trono, un'oscura prigione divenne, invece, la tua dimora quaggiù; e da lì sei partito per il cielo, con la fronte cinta dalla palma del martirio, corona molto più splendente di quella che ti era offerta, in cambio di una vergognosa apostasia. 
Adesso, prega per noi; la Chiesa, annoverando il tuo nome nel sacro Ciclo, ti richiama in questi giorni. La Pasqua fu il giorno del tuo trionfo; ottienici che essa sia per noi una vera Pasqua, una completa Risurrezione che, sulle tue orme, ci conduca fino a quella felice dimora, ove i vostri occhi adesso contemplano Gesù risorto. 

Rendici saldi nella fede, docili all'insegnamento della Santa Chiesa, contrari a tutti gli errori ed alle conseguenti deviazioni.
Veglia sulla Spagna, tua patria, che deve al sangue da te ver-
sato, a testimonianza della vera fede, tanti secoli trascorsi nella più
pura ortodossia; preservala da ogni defezione, affinchè meriti sempre quel titolo così bello che forma la sua gloria. Amen>>

AMDG et DVM