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domenica 3 agosto 2014

L'esempio di Santa Maria Goretti



Carissimo/a Amico/a,



Poco più di un secolo fa, il 6 luglio 1902, si spegneva Maria Goretti, «l'Agnese del ventesimo secolo», come la chiamò Papa Pio XII in occasione della canonizzazione, il 26 giugno 1950. Ma Dio, come dice san Paolo, ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti; Dio ha scelto ciò che nel mondo è umile e disprezzato e ciò che è nulla... perchè nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio (1 Cor. 1, 27-29). In occasione di un pellegrinaggio nel luogo del martirio della giovane santa, il 29 settembre 1991, Papa Giovanni Paolo II sottolineava: «Dio ha scelto, ha glorificato una semplice contadinella, di origine povera. L'ha glorificata con la potenza del suo Spirito... Carissimi fratelli e sorelle! guardate Maria Goretti... È diventata letizia per la Chiesa e fonte di speranza per noi».Maria nasce il 16 ottobre 1890 a Corinaldo, provincia d'Ancona (Italia), in una famiglia povera di beni terreni, ma ricca di fede e di virtù: tutti i giorni, preghiere in comune e rosario; la domenica, Messa e santa Comunione. Maria è la terza dei sette figli di Luigi Goretti e di Assunta Carlini. Fin dal giorno dopo la nascita, viene battezzata e consacrata alla Santa Vergine. Riceverà il sacramento della Cresima all'età di sei anni.
Dopo la nascita del quarto figlio, Luigi Goretti, troppo povero per sopravvivere nel suo paese d'origine, emigra con la famiglia verso le vaste pianure, all'epoca ancora malsane, della campagna romana. Si stabilisce a Le Ferriere di Conca, al servizio del Conte Mazzoleni. Lì, Maria non tarda a rivelare un'intelligenza ed un giudizio precoci. Non farà mai un capriccio, mai una disubbidienza, non dirà mai una bugia. È veramente l'angelo della famiglia.

In capo ad un anno di lavoro spossante, Luigi è colpito da una malattia che lo stronca in dieci giorni. Per Assunta ed i figli, comincia un lungo calvario. Maria piange spesso la morte del padre ed approfitta di ogni occasione per inginocchiarsi davanti al cancello del cimitero: il papà si trova forse in Purgatorio, e siccome essa non ha i mezzi per far dire Messe per il riposo della sua anima, si sforza di supplire con preghiere. Non bisognerebbe pensare che la bambina pratichi la bontà naturalmente. I suoi progressi stupefacenti sono il frutto della preghiera. Sua madre dirà che il rosario le era diventato in un certo modo necessario, ed infatti lo porta sempre attorcigliato attorno al polso. Attinge alla contemplazione del crocifisso un intenso amore per Dio ed un profondo orrore per il peccato.


«Voglio Gesù»

Maria anela al giorno in cui riceverà la santa Eucaristia. Secondo l'abitudine dell'epoca, dovrà aspettare fino all'età di undici anni. «Mamma, chiede un giorno, quando farò la Comunione?... Voglio Gesù. – Come la puoi fare? Non sai il catechismo, non sai leggere, non abbiamo denaro per comprarti il vestito, le scarpe, il velo e non abbiamo un attimo di libertà. – Mamma, ma allora non la farò mai la prima Comunione! e io non voglio più stare senza Gesù! – Cosa vuoi mai che faccia? Non posso vederti andare a fare la Comunione come una piccola ignorante». Finalmente, Maria troverà modo di prepararsi, grazie all'aiuto di una persona dei dintorni. Tutto il paese si darà da fare per fornirle i vestiti da Comunicanda. Riceve l'Eucaristia il 29 maggio 1902.
Il fatto di aver ricevuto il Pane degli Angeli aumenta in Maria l'amore per la purezza, e le fa prendere la risoluzione di conservare a qualsiasi prezzo quest'angelica virtù. Un giorno, dopo aver sentito uno scambio di parole sconvenienti fra un ragazzo ed una delle sue compagne, dice indignata a sua madre: «Mamma, come parla male quella ragazza! – Fa' ben attenzione a non partecipare mai a simili conversazioni. – Non posso neanche pensarci, mamma; piuttosto che farlo, preferirei...» e la parola «morire» le rimane sulle labbra. Un mese dopo, la voce del suo sangue finirà la frase...

Entrando al servizio del Conte Mazzoleni, Luigi Goretti si è associato con Giovanni Serenelli e suo figlio Alessandro. Le due famiglie hanno appartamenti separati, ma una cucina in comune. Luigi non ha tardato a rimpiangere la vicinanza di Giovanni Serenelli, persona talmente diversa dai suoi, bevitore e senza ritegno nelle parole. Dopo la morte del marito, Assunta ed i suoi figli sono caduti sotto il giogo dispotico dei Serenelli. Maria, che ha capito la situazione, si sforza di sostenere sua madre: «Coraggio, mamma, non aver paura, stiamo diventando grandi. Basta che Nostro Signore ci dia la salute. La Provvidenza ci aiuterà. Lotteremo, lotteremo!»

Sempre nei campi per provvedere ai bisogni dei figli, la Signora Goretti non ha il tempo di occuparsi nè della casa, nè dell'istruzione religiosa dei più piccoli. Maria si occupa di tutto, per quel tanto che può. Non si siede a tavola se non dopo aver servito tutti e prende per sè solo i resti. La sua compiacenza si estende anche ai Serenelli. Dal canto suo, Giovanni, la cui moglie è deceduta all'ospedale psichiatrico d'Ancona, si occupa ben poco del figlio Alessandro, solido marcantonio di diciannove anni, sboccato, vizioso, che si diverte a tappezzare la sua stanza di immagini oscene ed a leggere libri cattivi. Sul letto di morte, Luigi Goretti ha presentito il pericolo che rappresenta per i suoi figli la compagnia dei Serenelli, ed ha ripetuto senza posa alla moglie: «Assunta, torna a Corinaldo!» Purtroppo, Assunta è piena di debiti e vincolata da un contratto d'affitto di fondo rustico.




«Non farlo... È un peccato!»


Al contatto dei Goretti, qualche sentimento religioso si è risvegliato in Alessandro. Si associa talvolta al rosario che essi recitano in famiglia; nei giorni festivi, assiste alla Messa, si confessa perfino di tanto in tanto. Eppure, fa proposte oscene all'innocente Maria che, all'inizio, non capisce. Poi, intuendo la perversità del giovane, la ragazza sta in guardia e respinge le lusinghe tanto quanto le minacce. Supplica sua madre di non lasciarla più sola in casa, ma non osa esporle chiaramente i motivi del suo spavento, perchè Alessandro l'ha avvertita: «Se riveli qualcosa a tua madre, ti ammazzo». Il suo unico ricorso è la preghiera. La vigilia della morte, Maria chiede ancora, piangendo, alla madre, di non lasciarla sola. Non ottenendo altre spiegazioni, la Signora Goretti crede che si tratti di un capriccio e non dà importanza alla supplica reiterata.

Il 5 luglio 1902, si battono le fave sull'aia, ad una quarantina di metri dalla casa d'abitazione. Alessandro conduce un carro tirato da buoi e lo fa girare e rigirare sulle fave stese sul suolo. Verso le tre del pomeriggio, mentre Maria è sola in casa, Alessandro domanda: «Assunta, le dispiacerebbe guidare per un istante i buoi al posto mio?» Senza nessun sospetto, la donna accetta. Maria, seduta sulla soglia della cucina, rammenda una camicia che Alessandro le ha dato dopo la colazione, e sorveglia nello stesso tempo la sorellina, Teresina, che dorme accanto a lei.

«Maria! grida Alessandro – Cosa vuoi? – Voglio che tu mi segua. – Perchè? – Seguimi! – Dimmi quel che vuoi, altrimenti non ti seguo». Davanti a tanta resistenza, il ragazzo la prende violentemente per un braccio e la trascina nella cucina, di cui sbarra la porta. La bambina grida, ma la sua voce non giunge all'esterno. Non riuscendo a far cedere la sua vittima, Alessandro la imbavaglia e brandisce un pugnale. Maria trema ma non cede. Furente, il ragazzo prova a strapparle con violenza i vestiti. Maria si libera dal bavaglio e grida: «Non farlo... È un peccato... Andrai all'inferno». Poco preoccupato del giudizio di Dio, l'infelice alza l'arma: «Se non vuoi, ti ammazzo». Davanti alla sua resistenza, la colpisce a più riprese. La bambina grida: «Dio mio! Mamma!» e cade a terra. Credendola morta, l'assassino butta il coltello ed apre la porta per fuggire, quando la sente ancora gemere. Torna sui suoi passi, raccoglie l'arma e la trafigge di nuovo da parte a parte, poi sale nella sua stanza e vi si barrica. Maria ha ricevuto quattordici ferite gravi; è svenuta.

Teresina, svegliata dal rumore, lancia un grido stridente, che la Signora Goretti sente. Spaventata, dice al giovane figlio Mariano: «Va' subito a cercare Maria; dille che Teresina la chiama». In quel momento, Giovanni Serenelli sale per le scale e, vedendo l'orribile spettacolo che si presenta ai suoi occhi, esclama: «Assunta e anche tu Mario, venite!» Mario Cimarelli, un operaio della fattoria, sale i gradini a quattro a quattro. La mamma arriva a sua volta: «Mamma! geme Maria che ha ripreso i sensi. – Che cosa è successo? – È Alessandro che mi ha fatto male!» Si chiamano il medico ed i carabinieri, che arrivano appena in tempo per impedire che i vicini, sovreccitati, mettano a morte Alessandro seduta stante.



«Gli perdono per amore di Gesù»


Dopo un percorso lungo e molto penoso in ambulanza, si arriva all'ospedale, verso le ore venti. I medici si stupiscono che la bambina non sia morta a seguito delle ferite: sono stati colpiti il pericardio, il cuore, il polmone sinistro, il diaframma, l'intestino. Vedendo che è spacciata, chiamano il cappellano. Maria si confessa, perfettamente lucida. Poi, i medici le prodigano cure per due ore, senza anestesiarla. Maria non si lamenta. Non smette di pregare e di offrire le sue sofferenze alla Santissima Vergine, Madre del dolore. Si concede a sua madre di rimanere al suo capezzale. Maria trova la forza di consolarla: «Mamma, cara mamma, ora sto bene!... Come stanno i fratellini e le sorelline?»

Maria è divorata dalla sete: «Mamma, dammi una goccia d'acqua. – Mia povera Maria, il dottore non vuole, ti farebbe ancora più male». Stupita, Maria continua: «È mai possibile che non possa avere una goccia d'acqua!» Guarda allora Gesù sulla Croce che, anche lui, aveva detto: «Ho sete!» e si rassegna. Il cappellano dell'ospedale la assiste paternamente. Al momento di darle la Santa Comunione, la interroga: «Maria, perdoni di tutto cuore al tuo assassino?» Essa reprime una repulsione istintiva, poi risponde: «Sì, gli perdono per amore di Gesù... e voglio che venga anche lui con me in Paradiso... Lo voglio accanto a me... Che Dio gli perdoni, perchè io gli ho già perdonato...» È con questi sentimenti, quelli di Cristo stesso sul Calvario, che riceve l'Eucaristia e l'Estrema Unzione, serena, tranquilla, umile nell'eroismo della sua vittoria. La fine si avvicina. La si sente chiamare: «Papà». Finalmente, dopo un ultimo appello a Maria, entra nella gioia immensa del Paradiso, il 6 luglio 1902, alle tre del pomeriggio.



«Perdete il vostro tempo, Monsignore»


Tre mesi dopo il dramma, ha luogo il processo di Alessandro. Per consiglio del suo avvocato, confessa: «Mi piaceva. L'ho spinta al male due volte e non ho potuto ricavarne nulla. Per dispetto, ho preparato il pugnale di cui mi sono servito». Viene condannato a trent'anni di lavori forzati. Finge di non pentirsi affatto del suo delitto. Talvolta, lo si sente gridare: «Allegro, Serenelli, ancora ventinove anni e sei mesi e tornerai alla vita civile!» Ma Maria, dall'alto del Cielo, non lo dimentica. Qualche anno dopo, Monsignr Blandini, vescovo della diocesi in cui si trova la prigione, ha l'ispirazione di visitare l'assassino per portarlo a pentirsi. «Perdete il vostro tempo, Monsignore, afferma il secondino, è un duro!» Alessandro riceve il vescovo borbottando. Ma, al ricordo di Maria, del suo perdono eroico, della bontà e dalla misericordia infinita di Dio, si lascia toccare dalla grazia. Quando il prelato se ne va, piange nella solitudine della sua cella, con grande stupore dei secondini.

Una notte, Maria gli appare in sogno, vestita di bianco, nei giardini fioriti del Paradiso. Sconvolto, Alessandro scrive a Monsignor Blandini: «Mi pento tanto più del mio delitto, che sono conscio di aver tolto la vita ad una povera ragazza innocente che, fino all'ultimo momento, ha voluto salvare il suo onore, sacrificandosi, piuttosto che cedere alla mia volontà criminale. Domando pubblicamente perdono a Dio ed alla povera famiglia, per il grande delitto commesso. Voglio sperare che otterrò anch'io il perdono, come tanti altri su questa terra». Il suo pentimento sincero e la buona condotta in prigione gli valgono di essere liberato quattro anni prima del termine della pena. Trova allora un posto di giardiniere in un convento di cappuccini e vi si mostra esemplare. È ammesso al Terz'Ordine di San Francesco.

Grazie alle sue buone disposizioni, Alessandro è chiamato a testimoniare al Processo di Beatificazione di Maria. È qualcosa di molto delicato e di molto penoso per lui. Ma confessa: «Devo riparare e fare tutto quel che posso per la sua glorificazione. Il male è tutto dalla mia parte. Mi sono lasciato andare alla passione brutale. Essa è una santa, una vera martire. È una fra le prime in Paradiso, dopo quel che ha dovuto soffrire per causa mia».

A Natale del 1937, si reca a Corinaldo, dove Assunta Goretti si è ritirata con i figli, unicamente per riparare e chiedere perdono alla madre della vittima. Non appena davanti a lei, chiede piangendo: «Assunta, mi perdona? – Maria ti ha perdonato, non potrei perdonarti anch'io?» balbetta questa. Nel giorno di Natale, gli abitanti di Corinaldo non sono poco stupiti e commossi di veder avvicinarsi alla Tavola Eucaristica, l'uno accanto all'altra, Alessandro e Assunta.


«Guardatela!»

L'influenza di Maria Goretti continua ai nostri giorni. Papa Giovanni Paolo II la propone come modello ai giovani: «La nostra vocazione alla santità, che è la vocazione di chiunque sia battezzato, è incoraggiata dall'esempio della giovane martire. Guardatela, soprattutto voi adolescenti, voi giovani. Siate, come lei, capaci di difendere la purezza del cuore e del corpo; sforzatevi di lottare contro il male e il peccato, alimentando la vostra comunione con il Signore attraverso la preghiera, l'esercizio quotidiano della mortificazione e la scrupolosa osservanza dei comandamenti» (29 settembre 1991).

La totale osservanza dei comandamenti è un frutto dell'amore. «L'amore di Dio e l'amore del prossimo sono inseparabili dall'osservanza dei comandamenti dell'Alleanza», ricordava il Papa nell'Enciclica Veritatis splendor (6 agosto 1993, n. 76). Da questo sappiamo che conosciamo Dio, dice San Giovanni: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice di conoscerlo, ma non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo, e la verità non è in lui... L'amore di Dio consiste nell'osservare i suoi comandamenti (1 Giov. 2, 3-4; 5, 3). È sempre possibile osservare i comandamenti, con il soccorso della grazia divina. «Dio non comanda cose impossibili, ma comandando, ti invita a fare quel che puoi e a domandare quel che non puoi e ti aiuta a potere. I suoi comandamenti non sono gravosi (1 Giov. 5, 3), il suo giogo è dolce ed il suo carico leggero (ved. Matt. 11, 30)» (Concilio di Trento, VIª sessione, cap. 11). La virtù della speranza viene offerta senza posa all'uomo. È nella Croce di Gesù, nel dono dello Spirito Santo e nei sacramenti (specialmente quelli della Penitenza e dell'Eucaristia) che egli trova la forza di essere fedele al suo Creatore, anche nelle più gravi difficoltà (ved. Veritatis splendor, 103).

La realtà e la potenza del soccorso divino si manifestano in un modo particolarmente tangibile nei martiri. Elevandoli agli onori degli altari, «la Chiesa ha canonizzato la loro testimonianza e dichiarato vero il loro giudizio, secondo cui l'amore di Dio implica obbligatoriamente il rispetto dei comandamenti, anche nelle circostanze più gravi, ed il rifiuto di trasgredirli, anche nell'intenzione di salvare la propria vita» (Veritatis splendor, 91). Certamente, poche persone sono chiamate a subire il martirio del sangue. Ma, «di fronte alle numerose difficoltà che la fedeltà all'ordine morale può far affrontare, anche nelle circostanze più ordinarie, ogni cristiano è chiamato, con la grazia di Dio implorata nella preghiera, ad un impegno talvolta eroico, sostenuto dalla virtù della forza attraverso cui – come insegna San Gregorio Magno – può arrivare fino ad «amare le difficoltà di questo mondo in vista delle ricompense eterne»» (Id., 93).

Così, il Papa raccomanda ai giovani: «Non abbiate paura di andare controcorrente, di respingere gli idoli del mondo... Con il peccato, ci si distoglie da Dio, nostro unico bene, e si sceglie di schierarsi dalla parte degli «idoli» che ci conducono alla morte ed alla condanna eterna, all'inferno». Maria Goretti «ci incoraggia a sperimentare la gioia dei poveri che sanno rinunciare a tutto, pur di non perdere l'unica cosa necessaria: l'amicizia di Dio... Cari giovani, ascoltate la voce di Cristo che chiama anche voi sulla strada angusta della santità» (29 settembre 1991).

Santa Maria Goretti ci ricorda che questa strada angusta passa per la fedeltà alla virtù della castità. Ai nostri giorni, la castità è spesso schernita e disprezzata. Il Cardinale López Trujillo scrive: «Per certi, che si trovano negli ambienti in cui si offende e si discredita la castità, vivere castamente può esigere una lotta dura, talvolta eroica. Ad ogni modo, con la grazia di Cristo, che nasce dal suo amore di Sposo per la Chiesa, tutti possono vivere castamente, anche se si trovano in condizioni poco favorevoli» (Verità e significato della sessualità umana, Consiglio Pontificio per la Famiglia, 8 dicembre 1995, n. 19).


Un lento e lungo martirio

La preservazione della castità implica che siano rifiutati certi pensieri, parole ed opere peccaminose, come pure che siano evitate le occasioni di peccare. «Che l'infanzia ridente e la giovinezza ardente apprendano a non lasciarsi andare perdutamente alle gioie effimere e vane della voluttà, nè ai piaceri di vizi inebrianti che distruggono l'innocenza tranquilla, ingenerano una cupa tristezza, indeboliscono, presto o tardi, le forze dell'anima e del corpo», ammoniva Papa Pio XII, in occasione della canonizzazione di Santa Maria Goretti. 

Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda: «O l'uomo comanda alle sue passioni e consegue la pace, oppure si lascia asservire da esse e diventa infelice» (CCC, 2339). Pertanto, è necessario seguire una regola di vita che «richiede forza, una costante attenzione, nonchè una coraggiosa rinuncia alle seduzioni del mondo. Dobbiamo far prova di una vigilanza incessante, da cui non dobbiamo distoglierci per nessuna ragione... fino al termine del nostro percorso terreno. Si tratta di una lotta contro se stessi che possiamo assimilare ad un lento e lungo martirio. Il Vangelo ci esorta chiaramente a tale lotta: Il Regno dei Cieli soffre violenza, ed i violenti se ne impadroniscono (Matt. 11, 12)» (Giovanni Paolo II, id.).

Per creare un clima favorevole alla castità, è importante praticare la modestia ed il pudore nello sguardo, nel parlare, nell'agire e nel vestirsi. Attraverso queste virtù, la persona viene rispettata ed amata per se stessa, invece di esser guardata e trattata come oggetto di piacere. Così, i genitori veglieranno a che certe mode non violino la soglia di casa, in particolare attraverso un cattivo uso dei mass media. I bambini e gli adolescenti saranno incoraggiati a stimare ed a praticare la padronanza di sè ed il ritegno, a vivere con ordine, a fare sacrifici personali con uno spirito d'amore per Dio e di generosità per gli altri, senza soffocare i sentimenti e le inclinazioni, ma canalizzandoli verso una vita virtuosa (Ved. Consiglio Pontificio per la Famiglia, id., nn. 56-58). Seguendo l'esempio di Santa Maria Goretti, i giovani scopriranno «il valore della verità che libera l'uomo dalla schiavitù delle realtà materiali», e potranno «assaporare il gusto della bellezza autentica e del bene che vince il male» (Giovanni Paolo II, id.).

Santa Maria Goretti intercedi per noi. Poichè la purificazione del cuore, indispensabile per essere ammessi a vedere Dio in Cielo, «esige la preghiera, la pratica della castità, la purezza dell'intenzione e dello sguardo» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2532), ottienici queste grazie, che ci condurranno alla Vita eterna!
Dom Antoine Marie osb

giovedì 19 giugno 2014

Mari Carmen: Una bambina meravigliosa, ...elettronica anche. Leggere per credere. Importanza di una buona educazione




Carissimo Amico/Amica,
Il Santo Natale è una festa vissuta intensamente da tutti i bambini in ogni famiglia. Natale è la festa di un bambino. Gesù, che ha voluto condividere la condizione dell'infanzia, ha sempre mostrato un affetto straordinario per i fanciulli. Gli piace accordar loro grazie speciali, come ha fatto per la serva di Dio, Maria del Carmen (chiamata comunemente Mari Carmen) González-Valerio y Sáenz de Heredia. Il 12 gennaio 1996, il Santo Padre, Giovanni Paolo II, ha affermato l'eroicità delle virtù di questa bambina, che aveva passato sulla terra 9 anni e 4 mesi, conferendole il titolo di «Venerabile».


Una sorgente di forza

Mari Carmen nasce a Madrid il 14 marzo 1930, seconda di cinque figli. Si ammala gravemente subito dopo la nascita, a tal punto che la si battezza senza por tempo in mezzo. Il Buon Dio non voleva aspettare per cancellare il peccato originale dalla sua anima, arricchirla della sua grazia e farne così la sua creatura. A seguito di circostanze assolutamente impreviste, essa riceve la Cresima all'età di 2 anni, il 16 aprile 1932, grazie ad un'iniziativa di Monsignor Tedeschini nunzio apostolico in Spagna e amico della famiglia. Lo Spirito Santo aveva fretta di darle il coraggio di cui essa avrebbe avuto bisogno.
A sei anni, fa la prima Comunione. La data è stata anticipata a richiesta della madre: «Ero convinta, dice, che la Spagna, e particolarmente la nostra famiglia, stavano per attraversare un periodo molto difficile. Si vedeva che si stava preparando una persecuzione religiosa e volevo che Mari Carmen facesse prima la prima Comunione». «La prima Comunione è senz'altro un incontro indimenticabile con Gesù; è un giorno che bisogna ricordare come uno dei più belli della vita. L'Eucaristia, istituita da Cristo la vigilia della Passione, nel corso dell'ultima Cena, è un sacramento della Nuova Alleanza, ed è addirittura il più grande dei sacramenti. Il Signore vi si dà come nutrimento delle anime sotto le specie del pane e del vino. I fanciulli lo ricevono solennemente una prima volta – precisamente in occasione della prima Comunione – e sono invitati a riceverlo in seguito il più spesso possibile, per rimanere in un rapporto di amicizia intima con Gesù... Nella storia della Chiesa, l'Eucaristia è stata per molti fanciulli una sorgente di forza spirituale, talvolta addirittura di eroismo» (Giovanni Paolo II, Lettera ai bambini, 13 dicembre 1994). Per questo, Papa San Pio X permise ed incoraggiò la ricezione della Santa Comunione fin dal risveglio della ragione. Mari Carmen ha beneficiato di tale favore, come testimonia la madre: «Ha cominciato a santificarsi veramente dopo la prima comunione». Ed è in occasione di una comunione che si offrirà totalmente a Dio.
Il 15 agosto 1936, miliziani comunisti arrestano suo padre. Egli dice alla moglie: «I bambini sono troppo piccoli, non capiscono. Dirai loro più tardi che il loro padre ha dato la vita per Dio e per la Spagna, affinchè possano esser allevati in una Spagna cattolica, in cui il crocifisso presiede nelle scuole». Poco tempo dopo, viene assassinato. Alla morte del marito, la vita della Signora Gonzalez-Valerio si trova in gravissimo pericolo, a causa della fede cristiana che la anima. Si rifugia presso l'Ambasciata del Belgio, mentre i figli sono accolti da una zia. Un giorno, si viene a sapere che i cinque figli saranno inviati in URSS, come tanti altri, per esservi allevati secondo la dottrina marxista. L'Ambasciatore accetta allora, benchè il posto manchi, di accoglierli nell'Ambasciata. È l'11 febbraio 1937.



Una dignità propria dell'uomo

Mari Carmen si dimostra particolarmente sollecita nell'aiutare molto la mamma, pur rimanendo «una bambina, molto infantile». Eppure, nello stesso tempo, si distingue per un pudore messo in pratica fino in particolari a prima vista insignificanti. «Un giorno, racconta la Signora Gonzalez-Valerio, doveva partecipare ad una festicciola di bambini. Le avevo messo un vestitino scollato e senza maniche e le avevo raccomandato caldamente di non sgualcirlo. Ma mi accorsi che aveva messo una giacca. Mi sono arrabbiata e l'ho sgridata. Mi ha detto piangendo che non sarebbe uscita con quel vestito. Mia madre, che assisteva al dramma, mi chiamò in disparte e mi disse che non avevo il diritto di soffocare quel senso del pudore che aveva già notato in essa, e che avrei dovuto render conto a Dio dell'educazione che le davo. E così Mari Carmen se ne andò alla festa con la giacca». La nonna aveva ragione: «Tale pudore istintivo viene da Dio».

Questa delicatezza particolare, ispirata da Dio, spiega l'atteggiamento di Mari Carmen in circostanze insignificanti per gli altri bambini. All'età di due anni, non si lascia spogliare davanti al fratello, maggiore di lei di un anno, che si trova nella stanza e nemmeno la guarda. D'estate, soffre talmente all'idea di andare sulla spiaggia, che bisogna lasciarla giocare nel giardino di casa. «È allora, dice sua madre, che ho cominciato a capire che vi era qualcosa di eccezionale nel comportamento di mia figlia».

Tale passione per il pudore viene da una vivissima luce che Dio le ha dato sulla grandezza e la fragilità della virtù della castità. La divina Provvidenza ha voluto dare così un elevatissimo esempio alla nostra epoca di trascuratezza. Il Catechismo della Chiesa Cattolica attira la nostra attenzione nello stesso senso, quando parla del pudore: «Il pudore preserva l'intimità della persona. Consiste nel rifiuto di svelare ciò che deve rimanere nascosto. È ordinato alla castità, di cui esprime la delicatezza. Regola gli sguardi ed i gesti in conformità alla dignità delle persone e della loro unione. Il pudore custodisce il mistero delle persone e del loro amore. Suggerisce la pazienza e la moderazione nella relazione amorosa; richiede che siano rispettate le condizioni del dono e dell'impegno definitivo dell'uomo e della donna fra loro. Il pudore è modestia. Ispira la scelta dell'abbigliamento. Conserva il silenzio o il riserbo là dove trasparisse il rischio di una curiosità morbosa. Diventa discrezione.

«Esiste non soltanto un pudore dei sentimenti, ma anche del corpo. Insorge, per esempio, contro l'esposizione del corpo umano in funzione di una curiosità morbosa in certe pubblicità... Il pudore detta un modo di vivere che consente di resistere alle suggestioni della moda ed alle pressioni delle ideologie dominanti. Le forme che il pudore assume variano da una cultura all'altra. Dovunque, tuttavia, esso appare come il presentimento di una dignità spirituale propria dell'uomo. Nasce con il risveglio della coscienza del soggetto. Insegnare il pudore ai bambini ed agli adolescenti, è risvegliare in essi il rispetto della persona umana» (2521-2524). In una istruzione dell'8 dicembre 1995, il Consiglio Pontificio per la famiglia si eleva contro certe tendenze all'impudicizia diffuse nella società contemporanea: «Anche se sono socialmente accettati, vi sono modi di parlare e di vestirsi che sono moralmente scorretti e costituiscono una maniera per banalizzare la sessualità, riducendola ad un oggetto di consumo. Dunque, i genitori devono insegnare ai figli il valore della modestia cristiana, di un abbigliamento sobrio, della necessaria libertà di fronte alle mode, tutte caratteristiche queste di una personalità maschile o femminile matura».


Una notte in albergo

Mari Carmen eccelle anche nella carità verso i poveri. Quando uno di essi suona alla porta ed è lei che apre, gli dà prima di tutto i suoi piccoli risparmi, e poi gli dice: «Ora, suoni di nuovo, perchè la mamma le dia qualcosa». Nei riguardi delle persone che aiutano sua madre, ha una delicatezza che non è della sua età: «Mamma, devi trattar bene i domestici. È già molto che ci servano. Pensa che anche tu sei una serva, poichè servi il Buon Dio». «Davamo del denaro a Mari Carmen perché si comprasse giocattoli, narra la nonna, ma lo passava alla sua balia, perché regalasse giocattoli ai suoi propri figli, raccomandandole caldamente di non dire nulla né alla mamma né a me».

La devozione di Mari Carmen si manifesta molto presto. Fin dall'età di quattro o cinque anni, le piace dirigere il rosario in famiglia e recita a memoria le litanie della Santissima Vergine. Come Santa Teresa di Lisieux, si è fatta confezionare un «rosario di pratiche», su cui conta gli atti di virtù. Si dedica così, in modo equivalente, all'»esame particolare» delle virtù e dei difetti proposto da Sant'Ignazio di Loyola. Nello stesso spirito, tiene un quaderno degli «Atti», per afferrare le virtù e gli obblighi di ciascun giorno: ubbidienza, mortificazione, ricreazioni, lezioni, studio, rosario, comunione, Messa, orazioni giaculatorie, ecc.
Un giorno, siccome vede sua madre subissata dalle preoccupazioni domestiche, le dice: «Mamma, ti occupi troppo delle cose terrene. Devi pregare di più. Siamo di passaggio sulla terra. – Bambina mia, bisogna che mi occupi della casa. – Mamma, la tua casa è il Cielo. Mamma, quando sei in viaggio e passi la notte in albergo, non ti curi di abbellire la stanza, nè di metterci la foto del babbo. Una notte, la si passa come si può. Ebbene, vedi, mamma, così è la vita, così siamo in questo mondo».
A Mari Carmen, piace offrire i suoi piccoli sacrifici al Cuore di Gesù. Il suo insegnante di religione riferisce: «Quando preparavo i bambini alla confessione, potevo leggerle sul viso l'orrore del peccato e gli sforzi per fare un buon atto di contrizione». Tutti i suoi atti, malgrado la sua giovane età, sgorgano, come da una sorgente profonda, dalla sua intimità con Dio.


Un segreto ed un'offerta

Mari Carmen ha i suoi segreti. Sul quaderno degli «Atti», scrive per tre volte: «Personale». Chiede spesso la cartella che contiene l'agenda sulla quale ha scritto queste parole che capisce lei sola: «Mi sono offerta a Dio nella Parrocchia del Buon Pastore, 6 aprile 1939». Annota pure: «Hanno ucciso il mio povero papà». E, in una delle ultime pagine: «Viva la Spagna! Viva Cristo Re!» grido che lanciavano i martiri della guerra al momento di morire. Ed anche: «Per papà, 7 maggio 1939 – Assolutamente personale». Dirà all'infermiera: «Mio padre è morto martire, povera mamma, ed io muoio vittima».
Suo zio Saverio spiega: «Mari Carmen desiderava la conversione dei peccatori, come prova il fatto che offriva le sofferenze della malattia e della morte per Azaña, il Presidente della Repubblica che incarnava il simbolo della persecuzione religiosa, di cui gli assassini di suo padre erano lo strumento». «Mamma, andrà in Cielo Azaña? chiede. Se ti sacrifichi e preghi per lui, sì, sarà salvato». Mari Carmen ha capito perfettamente. Talvolta, dice alla zia: «Zia Fifa, preghiamo per papà e per tutti quelli che l'hanno ucciso». La preghiera dei fanciulli ha un'efficacia particolare sul Cuore di Nostro Signore: «Il Redentore dell'umanità sembra condividere con essi la sua sollecitudine per gli altri, per i genitori e per i compagni, bambini e bambine. Attende veramente la loro preghiera! Che immenso potere ha la preghiera dei bambini! Diventa un modello per gli stessi adulti: pregare con una fiducia semplice e totale vuol dire pregare come sanno pregare i bambini» (Giovanni Paolo II, Lettera ai bambini, 13 dicembre 1994).
Il 3 novembre 1940, Azaña muore a Montauban. Secondo la testimonianza scritta di Monsignor Théas, vescovo della diocesi, che gli prestava assistenza spirituale in quella circostanza, Azaña, malgrado i suoi accompagnatori, ricevette con piena lucidità il sacramento della Penitenza, nonchè l'Estrema Unzione e l'Indulgenza Plenaria, spirando dolcemente nell'amore di Dio e la speranza di vederLo. Ignorò che la sua strada si era incrociata con quella di una bambina di 9 anni, che aveva pregato e sofferto per lui.


«Gesù, Maria, Giuseppe...»

Poco dopo l'»offerta» del 6 aprile 1939, ha inizio il calvario di Mari Carmen: deve mettersi a letto. Si manifesta prima di tutto un'otite che si complica e degenera in setticemia (infezione del sangue). Il 27 maggio, la si trasporta in macchina a Madrid, dove viene operata. Ma siccome ci si rende conto che la malattia sarà lunga, la si riporta a casa. Certi giorni, le si fanno più di venti iniezioni. Una fortissima diarrea ininterrotta è particolarmente penosa per essa. Deve ingerire, ogni due ore, una specie di ripugnante purè di ghiande. Talvolta, il disgusto è tale che non può impedirsi di rimettere, ma mezz'ora più tardi, è pronta ad ingerirlo di nuovo, senza lagnarsi.
Un orecchio è leso dal male, mentre perde il secondo per averci dormito sopra troppo a lungo. A questi mali, si aggiunge una flebite doppia. Si formano piaghe gangrenose. Sviene per il dolore, quando le cambiano le lenzuola. Solo il nome di Gesù l'aiuta a sopportare tutto, perché nessuno pensa a somministrarle calmanti. «Mari Carmen, chiedi a Gesù Bambino di farti guarire, le dice la mamma. – No, mamma, non chiedo questo, chiedo che sia fatta la sua volontà». Desidera che le si leggano spesso le preghiere per gli agonizzanti, e vive col pensiero più in Cielo che quaggiù.
17 luglio 1939. Aveva predetto parecchie volte che sarebbe morta il 16 luglio, festa di Nostra Signora del Monte Carmelo, e suo onomastico: Carmen. Ma, apprendendo che la zia Sofia si sposa proprio quel giorno, annuncia che morirà soltanto il giorno seguente. Effettivamente, il 17, verso le ore 13, si raccoglie in presenza degli angeli di cui sente il canto. «Muoio martire... Mi lasci partire ora, Dottore, non vede che la Santa Vergine viene a prendermi con gli angeli?» Infatti, con grande stupefazione di tutti, giungendo le manine, dice: «Gesù, Maria, Giuseppe, assistetemi nell'ultima agonia; Gesù, Maria, Giuseppe, fate che muoia nella vostra santa compagnia». Sono le sue ultime parole. Poi, dopo essersi sollevata leggermente, come per afferrare qualcosa, ricade sul cuscino e rende l'ultimo respiro, senza agonia, senza contrazioni del viso. Sfigurata dalla malattia, ritrova nella morte tutta la sua bellezza ed il suo corpo esala un dolce profumo. Il medico legale attesta la morte ma constata con stupore che il corpo della bambina non presenta l'aspetto di un cadavere.


Un punto di riferimento

L'esempio di Mari Carmen ci mette davanti agli occhi un frutto della grazia di Dio, fecondata da una buona educazione. Il compito educativo esige un'attenzione affettuosa e delicata per i bambini, come raccomanda San Benedetto: «Si terrà sempre conto della debolezza dei bambini... Si userà con loro una tenera condiscendenza» (Regola, cap. 37). 
Ma è necessaria anche una santa fermezza, secondo l'insegnamento del Catechismo della Chiesa Cattolica: «I genitori sono i primi responsabili dell'educazione dei loro figli. Testimoniano tale responsabilità innanzitutto con la creazione di una famiglia, in cui la tenerezza, il perdono, il rispetto, la fedeltà ed il servizio disinteressato rappresentano la norma. Il focolare domestico è un luogo particolarmente adatto per educare alle virtù. Questa educazione richiede che si imparino l'abnegazione, un retto modo di giudicare, la padronanza di sé, condizioni di ogni vera libertà. I genitori insegneranno ai figli a subordinare le dimensioni materiali e istintive a quelle interiori e spirituali. I genitori hanno anche la grave responsabilità di dare ai loro figli buoni esempi. Riconoscendo con franchezza davanti ai figli le proprie mancanze, saranno meglio in grado di guidarli e di correggerli... Dalla grazia del sacramento del matrimonio, i genitori hanno ricevuto la responsabilità ed il privilegio di evangelizzare i loro figli. Li inizieranno fin dai primi anni di vita ai misteri della fede, dei quali essi, per i figli, sono i primi annunziatori, ed alla vita della Chiesa... I genitori hanno la missione di insegnare ai figli a pregare ed a scoprire la loro vocazione di figli di Dio» (CCC: 2223-2225).


Una bambinaia elettronica

Alla nostra epoca, l'epoca dell'audiovisivo, è fondamentale che i genitori proteggano i loro figli contro l'influenza di una «cultura di morte» a base di pornografia e di violenza. Nel suo messaggio sulla famiglia e la televisione, Papa Giovanni Paolo II precisava: 
«I genitori dovrebbero partecipare attivamente alla formazione nei loro figli di abitudini di utilizzazione della televisione che li condurranno ad un sano sviluppo umano, morale e religioso. I genitori dovrebbero essi stessi informarsi anticipatamente del contenuto dei programmi ed effettuare su tale base una scelta coscienziosa, per il bene della famiglia – scegliere di guardare o di non guardare... I genitori dovrebbero anche parlare della televisione con i figli, incitandoli a controllare la quantità e la qualità dell'utilizzazione e ad avvertire e valutare i valori etici latenti in certi programmi...

«Formare le abitudini di utilizzazione dei figli significherà talvolta semplicemente spegnere il televisore: perchè c'è di meglio da fare, perchè lo esige il rispetto dovuto ad altri membri della famiglia, o perchè l'utilizzazione senza discriminazione della televisione può essere perniciosa. I genitori che utilizzano in modo regolare e prolungato la televisione come una specie di bambinaia elettronica, abdicano al loro compito di primi educatori dei loro figli. Una tale teledipendenza può impedire ai membri della famiglia di essere in contatto fra di loro attraverso la conversazione, le attività condivise e la preghiera in comune. Genitori assennati sanno altresì che anche buoni programmi possono esser sostituiti da altre fonti di notizie, di divertimenti, di educazione e di cultura» (24 gennaio 1994).

I genitori di Mari Carmen non ebbero da affrontare il problema della televisione, proprio della società attuale. Ma lo Spirito Santo illumina sempre i padri e le madri, per far discernere loro quel che conviene all'educazione dei figli, in vista dell'eterna salvezza delle anime.
Chiediamo alla venerabile Mari Carmen di intercedere particolarmente per le famiglie all'avvicinarsi di Natale. Preghiamo per Lei e per tutti coloro che Le sono cari, vivi e defunti.
Dom Antoine Marie osb