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martedì 5 maggio 2015

Esistiamo... e Gesù ci ascolta sempre

Molti anni fa, in Cina, vivevano due amici. Uno era molto bravo a suonare l'arpa. L'altro era dotatissimo nella rara arte di saper ascoltare.
Quando il primo suonava o cantava di una montagna, il secondo diceva: "Vedo la montagna come se l'avessimo davanti".
Quando il primo suonava a proposito di un ruscello, colui che ascoltava prorompeva: "Sento scorrere l'acqua fra le pietre".
Ma un brutto giorno, quello che ascoltava si ammalò e morì.
Il primo amico tagliò le corde della sua arpa e non suonò mai più.

Esistiamo veramente se qualcuno ci ascolta. Il dono più grande che possiamo fare ad una persona è ascoltarla "veramente".


Una ragazza molto sensibile parlò con un insegnante di un suo problema molto sentito. L'insegnante le suggerì di parlarne con i genitori. La ragazza ci provò, ma, anche di fronte alla sua angoscia e confusione, i suoi avevano minimizzato e avevano cambiato discorso, assicurandole che "stava esagerando", che "avrebbe superato il problema", ecc. Rifiutarono la discussione come se, ignorandolo, il problema potesse risolversi da sé.
Quando la ragazza tentò il suicidio i genitori reagirono: "Perché non ci hai detto che avevi dei problemi?" le chiesero.
"E voi, perché non avete ascoltato quando ve lo dicevo?".

Una bambina ha scritto: "Alla sera, quando sono a letto, mi volto verso il muro e mi parlo, perché io mi ascolto".

sabato 11 aprile 2015

11. Un ministro della Chiesa deve interrogarsi



Nuovo popolo cercasi

Questo si scriva per la generazione futura: e un popolo nuovo darà lode al Signore (Sal 102 [101], 19).

Lo so bene: le geremiadi non piacciono a nessuno. Il fatto è che il povero Geremia aveva ragione; ma la sua singolare vocazione fu di parlare per non essere ascoltato – nemmeno dopo la catastrofe. Ciononostante, egli rimase fedelmente con il rimasuglio di Israele disfatto ed errabondo, pur di non abbandonarlo al suo destino, e con il suo popolo cocciuto, nonostante il contrario responso divino, emigrò in Egitto, dove si persero le sue tracce (ma non le sue parole, rimaste monito prezioso per il futuro, sempre che si voglia intenderle). Come egli stesso aveva profetizzato, alcuni anni dopo Nabucodonosor arrivò fin là: la spontanea sottomissione predicata da Geremia e ostinatamente rifiutata dai suoi compatrioti, alla fine, fu imposta con la forza. Probabilmente sarebbe convenuto a tutti dargli retta fin da principio…
Quale interesse possono avere per noi queste antiche storie bibliche? Quello che ha tutta la storia sacra: la nostra salvezza eterna. Più di chiunque altri, un ministro della Chiesa deve interrogarsi su ciò che tale storia gli insegna per prendere le proprie decisioni. Che ne sarà del popolo errante e ribelle, se i ministri di Dio decisi a fare la Sua volontà lo abbandonano? Se così avessero fatto Mosè, Elia o Geremia, come sarebbe sopravvissuto il popolo eletto?… e dove si sarebbe incarnato il Figlio di Dio?… e da dove sarebbe germogliata la Chiesa? Di contro, però, la Parola divina ci invita pure ad uscire dall’accampamento portando, dietro Gesù, il suo obbrobrio (cf. Eb 13, 13). Come egli ha consumato il Suo sacrificio redentore fuori della Città santa, che lo aveva respinto quale Messia, così anche chi lo segue fedelmente dovrebbe dissociarsi espressamente da quel mondo ecclesiale che lo rinnega a fatti e a parole. Ma come continuare, poi, a guidare e sostenere i cattolici fedeli e quelli che, oggi pur così refrattari, cercheranno aiuto quando arriverà il castigo?

Il grosso della Chiesa terrena si è reciso dalle radici e, come accadrebbe a qualsiasi albero, è seccato. Attanagliato dal senso di vuoto e dalla nostalgia lacerante di qualcosa – e di Qualcuno – che i più giovani non hanno mai conosciuto, questo popolo disorientato e confuso si sforza in tutti i modi di convincersi da sé di quel che non sa più e di animarsi autonomamente di una vita che gli manca… perché, in realtà, ha perduto la sorgente della grazia. Non serve a nulla, a questo punto, insistere ottusamente a irrigare l’albero secco e privo di radici con acque derivate in modo autarchico e velleitario. 
All’organismo vivente che ci era stato trasmesso hanno sostituito un sistema artificiale che ha spento la fede e con il quale è impossibile suscitarla di nuovo, come mi ha fatto intuire, la notte di Pasqua, un episodio tanto fortuito quanto simbolico: non riuscendo in alcun modo ad accendere il nuovo cero pasquale in pura paraffina (che avrebbe bruciato con sgradevole odore e abbondante fumo nero), dopo aver recitato mentalmente un’Ave Maria mi è venuto in mente di mandare a prendere il vecchio cero del fonte battesimale (in pura cera d’api), che si è acceso immediatamente e ha poi brillato nella buia navata spandendo il buon profumo di Cristo.


Senza di esso, non so proprio come avrei potuto iniziare la Veglia pasquale… Senza un recupero della Tradizione, non vedo come possa rinascere la Chiesa, uccisa da un rito che non è più percepito come il Santo Sacrificio della nostra redenzione, ma come mero intrattenimento di natura socio-religiosa, di cui esistono oltretutto, in pratica, tante varianti quanti sono i ministri che lo celebrano. 
Una liturgia adattabile a tutti i gusti e a tutte le circostanze ha ingenerato la convinzione che l’uomo non debba conformarsi a Dio, ma piuttosto piegare l’idea di Dio ai propri capricci; così ora ci si pone in ascolto della Parola – come amano tanto dire – non per conoscere ciò che Egli vuole e obbedire a Lui nella propria condotta con l’aiuto della Sua grazia, ma per disquisire se quanto udito corrisponde o meno al codice morale personale (che è gioco-forza del tutto relativo). Il fedele si è trasformato in severo censore della verità rivelata, giudicata in modo insindacabile sulla base delle massime mondane del momento… C’è poi da meravigliarsi che nessuno si confessi più – o, se lo fa, sia convinto di non avere alcun peccato e ne approfitti, eventualmente, per denunciare i peccati di altri: marito, suocera, figli, parenti, colleghi e via dicendo?

Ma che importa? Se è assente la vita di grazia (locuzione ormai indecifrabile) e dilaga il peccato mortale, la piaga infetta e non curata è dissimulata con fiumi di parole; se la vera fede è morta, ci si dimena in attività aggregative che non la richiedono affatto; se non si prega più, si corre da un santuario all’altro – basta che in albergo si mangi bene. Se la Chiesa ha tradito il suo Signore, si può sempre osannare il líder máximo, che sta fondando una nuova religione in cui, finalmente, saremo tutti uguali, cattolici e non, cristiani e non, credenti e non… Era ora che finisse quell’odioso mondo di discriminazioni che faceva distinzione addirittura tra maschi e femmine, giovani e vecchi, onesti e disonesti…! Questo mondo di oggi, effettivamente, tra poco finirà, implodendo sul proprio vuoto spinto. Bisogna quindi preparare fin d’ora la generazione futura che sopravvivrà alla catastrofe, quel popolo nuovo che darà lode al Signore con la verità del proprio essere e operare.

Ecco dunque la risposta alla domanda formulata all’inizio: bisogna rimanere dentro, ma in modo diverso; sarà la qualità della presenza ad attirare chi cerca Dio. Ciò da cui bisogna uscire è la struttura mortifera, gestita da vescovi increduli, in cui la Chiesa si è rinchiusa e soffocata, per creare in alternativa ambienti vitali – non necessariamente riconosciuti, ma nemmeno in stato di rottura – in cui si possa realmente respirare lo Spirito Santo e crescere nella vita soprannaturale. Quale sia la soluzione concreta per attuare questo programma, non mi è stato ancora indicato dall’alto; ho un’idea sulla possibile guida. Invito perciò i lettori ad offrire preghiere e sacrifici per questa intenzione e a rimanere in contatto. Credo che vi abbiamo tutti interesse – un interesse supremo.

Al popolo che nascerà diranno: «Ecco l’opera del Signore!» (Sal 22 [21], 32).

giovedì 9 aprile 2015

9. ASCOLTA

Risoluzioni concrete per ascoltare - 
San Benedetto per tutti / 2

A come... ausculta (ascolta) - Risoluzioni concrete per ascoltare

Tre chiavi per ascoltare meglio...

1 - Un principio d'oro. "Se infatti parlare e insegnare è compito del maestro, il dovere del discepolo è di tacere e ascoltare" (Regola 6,6). Difficile essere più chiari! Il Maestro per eccellenza è Nostro Signore (cf.Mt 23,8). A lui è dato di parlare e d'insegnare. I discepoli, siamo noi. A noi occorre ascoltare. Per riuscire a comprenderlo, una sola soluzione: tacere e fare tacere tutto ciò che impedisce quest'ascolto. In queste condizioni, s'impone una prima risoluzione: dedicargli ogni giorno un tempo nel quale potrà farsi ascoltare da noi. Questo tempo non dev'essere necessariamente lungo (10-15 minuti possono bastare), ma dev'essere consacrato esclusivamente a lui. Il che comporta di tralasciare tutto il resto, compreso il cellulare...

2 - Un esercizio adatto. "Ascoltare volentieri le sante letture" (Regola 4,55). San Benedetto accorda in effetti una grande importanza alla lettura, mezzo eccellente per lasciare che Dio ci parli. Le "sante letture" sono anzitutto la Sacra Scrittura, poi - per estensione - tutti gli scritti della grande tradizione spirituale. Quando queste letture sono fatte in spirito di preghiera, Dio ci parla e nutre la nostra anima. Quindi, seconda risoluzione: farsi consigliare da un sacerdote una buona lettura spirituale. Quest'opera faciliterà la nostra unione a Dio durante il tempo quotidiano consacrato a lui.

3 - Un consiglio salutare. Non ascoltare troppo sé stessi, perché più ci si ascolta meno si capisce Lui! Occorre in effetti "rinunciare a sé stesso per seguire Cristo" (Regola 4,10). Questa rinuncia è una condizione dell'ascolto e lo favorisce grandemente. Praticate per esempio il "nessuno cerchi il proprio vantaggio, ma piuttosto ciò che giudica utile per gli altri" (Regola 72,7). Vedrete allora immediatamente se non si comprende assai meglio Nostro Signore!
La prossima volta, A come abate.

[Fr. Ambroise O.S.B., "Saint-Benoît pour tous...", La lettre aux amis, del Monastero Sainte-Marie de la Garde, n. 19, febbraio 2015, p. 3, trad. it. di fr. Romualdo Obl.S.B.]

lunedì 23 marzo 2015

23. Impariamo ad ascoltare

Risoluzioni concrete per ascoltare - San Benedetto per tutti / 2

A come... ausculta (ascolta) - Risoluzioni concrete per ascoltare

Tre chiavi per ascoltare meglio...

1 - Un principio d'oro. "Se infatti parlare e insegnare è compito del maestro, il dovere del discepolo è di tacere e ascoltare" (Regola 6,6). Difficile essere più chiari! Il Maestro per eccellenza è Nostro Signore (cf. Mt 23,8). A lui è dato di parlare e d'insegnare. I discepoli, siamo noi. A noi occorre ascoltare. Per riuscire a comprenderlo, una sola soluzione: tacere e fare tacere tutto ciò che impedisce quest'ascolto. In queste condizioni, s'impone una prima risoluzione: dedicargli ogni giorno un tempo nel quale potrà farsi ascoltare da noi. Questo tempo non dev'essere necessariamente lungo (10-15 minuti possono bastare), ma dev'essere consacrato esclusivamente a lui. Il che comporta di tralasciare tutto il resto, compreso il cellulare...

2 - Un esercizio adatto. "Ascoltare volentieri le sante letture" (Regola 4,55). San Benedetto accorda in effetti una grande importanza alla lettura, mezzo eccellente per lasciare che Dio ci parli. Le "sante letture" sono anzitutto la Sacra Scrittura, poi - per estensione - tutti gli scritti della grande tradizione spirituale. Quando queste letture sono fatte in spirito di preghiera, Dio ci parla e nutre la nostra anima. Quindi, seconda risoluzione: farsi consigliare da un sacerdote una buona lettura spirituale. Quest'opera faciliterà la nostra unione a Dio durante il tempo quotidiano consacrato a lui.

3 - Un consiglio salutare. Non ascoltare troppo sé stessi, perché più ci si ascolta meno si capisce Lui! Occorre in effetti "rinunciare a sé stesso per seguire Cristo" (Regola 4,10). Questa rinuncia è una condizione dell'ascolto e lo favorisce grandemente. Praticate per esempio il "nessuno cerchi il proprio vantaggio, ma piuttosto ciò che giudica utile per gli altri" (Regola 72,7). Vedrete allora immediatamente se non si comprende assai meglio Nostro Signore!
La prossima volta, A come abate.

[Fr. Ambroise O.S.B., "Saint-Benoît pour tous...", La lettre aux amis, del Monastero Sainte-Marie de la Garde, n. 19, febbraio 2015, p. 3, trad. it. di fr. Romualdo Obl.S.B.]