AVE MARIA
La preghiera alla Madre di Dio e Madre
nostra
(In onore della
Festa dell’Assunta … )
Presentazione
L'Ave Maria, insieme al Padre nostro, è la preghiera più
amata e recitata dai cristiani.
Nella sua brevità contiene l'essenziale: ciò che, in
sintesi, si può dire di Maria, e ciò che ognuno le può chiedere e confidare,
pregando.
Mi è parso opportuno stendere un piccolo commento
alle singole espressioni che la compongono:
- per rinverdire la conoscenza del mistero di Maria,
- per rinvigorire la fede e l'amore che portiamo a
Lei, nostra tenerissima Madre.
La Vergine benedica il cammino di queste pagine
amiche, che partono dal cuore e vogliono raggiungere tutti coloro che sono alla
ricerca di una presenza e di una compagnia per una via meno incerta e meno
sola.
DON NOVELLO
PEDERZINI
Introduzione
Per entrare nel mistero di Maria di Nazaret e
comprendere il senso dell'Ave Maria è indispensabile leggere con
attenzione i due brani del Vangelo di S. Luca al capitolo I: l'Annunciazione (Lc
1, 26-38) e la Visitazione (Lc 1, 39-56).
L'annuncio dell'angelo a Maria
26Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio
in una città della Galilea, chiamata Nazaret,
27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa
di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
25Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di
grazia, il Signore è con te».
29A queste parole ella rimase turbata e si domandava
che senso avesse un tale saluto.
30L' angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai
trovato grazia presso Dio.
31Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo
chiamerai Gesù.
32Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il
Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre
33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo
regno non avrà fine».
34Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile?
Non conosco uomo».
35Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su
di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà
sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.
36Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua
vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti
dicevano sterile:
37nulla è impossibile a Dio».
35Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del
Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.
La visita di Maria ad Elisabetta
391n quei giorni Maria si mise in viaggio verso la
montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda.
40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il
bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo
42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e
benedetto il frutto del tuo grembo!
43A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?
44Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei
orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.
45E beata colei che ha creduto nell' adempimento delle
parole del Signore».
46Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il
Signore
47e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
45perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora
in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
49Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è
il suo nome:
50di generazione in generazione la sua misericordia si
stende su quelli che lo temono.
51Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso
i superbi nei pensieri del loro cuore;
52ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli
umili;
53ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a
mani vuote i ricchi.
54Ha soccorso Israele, suo
servo, ricordandosi della sua misericordia,
55come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e
alla sua discendenza, per sempre».
56Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a
casa sua.
Struttura dell'Ave Maria
L'Ave Maria si compone di due parti: la prima parte è di lode e
la seconda è di supplica.
LODE
È una lode a Maria fatta con le parole a lei
indirizzate dall'angelo Gabriele e da Elisabetta:
Ave,
Maria, piena di grazia,
il Signore
è con te,1 Tu sei benedetta fra le donne
e
benedetto è il frutto del tuo seno.2
2) Lc 1, 42. La traduzione ufficiale del termine originale è «seno». Altri traducono:
ventre, grembo.
L'aggiunta del nome di Gesù, fatta a conclusione, è
opera di Papa Urbano IV, che fu Pontefice dal 1261 al 1264.
Osserviamo:
1. Tra le lodi a Maria, nessuna può essere simile o
superiore a questa, perché è formata da parole rivelate, contenute nel Vangelo.
2. Questa lode costituisce un filone ininterrotto di
preghiera che parte idealmente da Gabriele e da Elisabetta e giunge fino ai
nostri giorni, facendosi carico della voce dei secoli.
3. Come ad Elisabetta fu necessaria la luce dello
Spirito Santo per riconoscere in Maria «la benedetta fra tutte le donne», così
solo nello Spirito Santo ognuno di noi può dire a Maria «ave... benedetta» con
vera adesione di fede.
SUPPLICA
La seconda parte è ora così formulata:
Santa
Maria, Madre di Dio, prega per noi, peccatori, adesso, e nell 'ora della nostra
morte. Amen.
L'attuale formulazione ha conosciuto espressioni
alterne a seconda degli ambienti e delle epoche.
A metà del 1300 si diceva: «Santa Maria, madre di
Dio, madre di grazia e di misericordia, prega per noi, adesso e nell' ora della
morte. Così sia».
Non c'era il termine «peccatori», che viene
introdotto soprattutto a seguito della predicazione di S. Bernardino da Siena,
a metà del 1400, e appare nel Catechismo di Pier Canisio nel 1548.
Nel 1568 il Papa Pio V, raccogliendo i vari elementi
presenti nelle diverse consuetudini dei fedeli, fissa le forme della supplica
nei termini che oggi usiamo.
L'Ave Maria è associata alla recita dell'Angelus, che da antica tradizione si
recita all' alba, a mezzogiorno e al vespro. Viene ripetutamente recitata nel Rosario,
il cui inizio e la cui diffusione nella forma attuale si deve, in gran
parte, allo zelo di S. Domenico e dei suoi frati.
1.
AVE
«Esulta grandemente, figlia
di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme, ecco a te viene il tuo Re»
DALLA LITURGIA
«Le creature, condannate a
invecchiare, furono ringiovanite attraverso Maria»
GIACOMO DI
SARUG
Ave
Ave, rallegrati!
L'evangelista Luca, che scrive in greco, riferendo
il saluto dell'angelo Gabriele a Maria, usa il termine abituale fra i greci:
Kàire, che corrisponde:
- al
latino: ave, salve;
- all' arabo: salamelek, salute;
- all'ebraico: shalom lak, la pace sia con te.
Il termine greco usato da Luca sembra però avere una
sua particolare connotazione perché, in greco, i termini gioia (Kàra) e
grazia (Kàris) di cui la gioia è espressione, hanno la stessa matrice
etimologica di Kaire.
Il saluto
rivolto con la parola Kaire acquista quindi un carattere festevole e
gioioso.
Non è solo un saluto, ma un invito, quasi un
imperativo:
Rallegrati, Maria!
Rallegrati: perché?
Rallegrati perché, in te e con te, Dio fedele attua
le sue promesse: compie le profezie, le attese, le speranze, i sospiri di un
popolo e del mondo.
Rallegrati perché in te si realizzano gli annunci
profetici di salvezza rivolti alla «figlia e ai figli di Sion», espressi
soprattutto da Sofonia, Gioiele e Zaccaria.
Sofonia:
«Gioisci, figlia
di Sion, esulta, Israele, rallegrati... figlia di Gerusalemme!
Il Signore tuo Dio è in mezzo a te... è un salvatore potente».
Gioele:
«Non temere, terra, ma
rallegrati e gioisci perché grandi cose ha fatto il Signore... Voi, figli di
Sion, rallegratevi... perché vi dà pioggia...
Le aie si riempiranno di
grano...
Voi riconoscerete che io
sono in mezzo a Israele, e che io sono il Signore vostro Dio».
Zaccaria:
Esulta... figlia
di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re..
Tu sei «la figlia di Sion»!
Tu, Maria, sei in realtà la «figlia di Sion» alla
quale si riferiscono questi e altri testi antichi!
In te, Maria, si concretizzano non solo le attese di
Israele (che èchiamato «figlia di Sion»), ma anche quelle di tutta l'umanità
(Israele rappresenta tutte le nazioni).
Il Dio che, secondo queste
profezie, sarebbe venuto ad abitare in Sion come re e salvatore, è lo Spirito
Santo, che farà dite la sua dimora e ti renderà madre del Salvatore.
In te, Maria, la storia giunge alla sua pienezza,
perché tu, divenendo Madre del Figlio di Dio, fai scendere il cielo sulla
terra. Rallegrati, perché hai trovato grazia presso Dio; sei la piena di
grazia, sei tempio dello Spirito e stai per generare l'Emmanuele, cioè
il Dio con noi!
2.
MARIA
«Il Signore guardò la sua
umiltà:
e all 'annunzio dell 'Angelo
Maria concepì il Redentore del mondo»
DALLA LITURGIA
«Beata sei Tu, Maria, che nel
grembo hai portato il Figlio dell 'Eterno
e hai nutrito al tuo seno
Cristo Signore»
DALLA LITURGIA
Maria
Allora ogni nome aveva un significato
Nonostante che l'Angelo la saluti col nuovo nome di
«piena di grazia», noi nella preghiera subito aggiungiamo il nome che ci è
familiare: Maria; Ave, Maria, piena di grazia.
Nella Bibbia i nomi non sono arbitrari, come da noi,
ma hanno un loro preciso significato che è legato:
- alle
circostanze della nascita (Aggeo = nato in giorno di festa);
- all'aspetto
fisico (Edon = rosso);
- al
temperamento (Andrea = virile; Noemi = mia dolcezza). Molti nomi hanno un
diretto riferimento a Dio. 6
6) Sono i nomi detti teòfòri, che hanno un
esplicito riferimento a Dio e spesso nel modo più originale e sorprendente.
Nella Bibbia sono 450.
I più celebri sono: Emmanuele = Dio con noi; Gesù =
Salvatore; Natanaele = Dio è donato; Teofilo = che ama Dio; Giovanni = Dio ha
fatto grazia; Michele = chi è come Dio?
Altri hanno riferimento alla missione assegnata:
Pietro = Pietra (perché destinato ad essere il fondamento della Chiesa).
Pronunciare il nome di un individuo significava, quindi, rivelare la sua natura
intima, la sua reale identità.
Imporre il nome era un atto solenne e decisivo, per
il quale nascevano spesso delle discussioni.
A volte l'imposizione del nome avveniva per
rivelazione del cielo, come per Giovanni Battista e per Gesù.
Anche quello di Maria
Se ogni nome racchiudeva il mistero della persona,
ne svelava anche la natura e la qualità, ne denunciava il destino, precisava il
senso della sua missione, è importante conoscere il significato del nome di
Maria.
Non sappiamo nulla delle eventuali discussioni sorte
in famiglia per l'imposizione del nome e dei motivi che lo determinarono:
sta però di fatto che il significato etimologico più
coerente ed accettato si adatta in modo meraviglioso alla persona e alla missione
della donna più amata da Dio.
Maria, la prediletta di Dio
Maria è un nome composto di due radici, una egizia e
l'altra ebraica. Myr; in egizio, significa «l'amata»; yam, in
ebraico, è l'abbreviazione di Iahvè.
Miryàm vuol dire dunque l'amata di Iahvè, la prediletta di
Dio. Il suo nome è già indicativo del destino unico della sua vita e della sua
missione: quello di essere, per sempre, la prediletta di Dio, scelta per una
missione divina di salvezza, per la quale sarebbe stata associata in perpetuo
alle tre Persone della Santissima Trinità.
Maria, la donna che rivela il volto femminile di Dio
L'essere amata e prediletta da Dio non è un
privilegio che mortifica e abbassa le altre donne: anzi le onora e le eleva
tutte. Dio Padre vuole mostrare in Maria ciò che ha preparato per tutte le
donne, a somiglianza di lei.
In lei il femminile della creazione è elevato alla
dimensione suprema di Dio, e, come meglio vedremo, per Maria e in Maria, la
prediletta, Dio mostra e rivela il suo volto femminile, fecondo e materno.
Un privilegio che si tramuta in dono, per conoscere
Dio nel suo aspetto più dolce e ineffabile!
3.
PIENA
DI GRAZIA
«Dio fu con Lei dal mattino della vita: l'Altissimo si è preparato una
santa dimora»
DALLA
LITURGIA
«Nella santità Dio ti ha creata: ti ha preso per mano, e ti ha redenta»
DALLA
LITURGIA
Piena di grazia
Il nome nuovo: piena di grazia!
L'angelo, salutando Maria, subito le recapita un dono:
il nuovo nome.
Non la chiama Maria, ma piena di grazia: «rallegrati,
o piena di grazia».
Il termine
originale greco kekaritoméne, tradotto dalla Volgata9 in:
«piena di grazia» è quasi intraducibile, perché ha un contenuto molto più
profondo di quello che normalmente esprimiamo con i termini: favorita,
gratificata, privilegiata, santificata da Dio.
9) La Volgata è la
traduzione della Bibbia, dalle lingue originali ebraica, aramaica e greca,
nella lingua parlata dal vulgus, dal popolo, cioè il latino. Fu
realizzata da S. Girolamo fra la fine del IV e l'inizio del V secolo d. C.
È comunque la parola più decisiva, più ricca e più
espressiva del mistero di Maria, e quindi di questa preghiera.
È la parola-chiave per
penetrare nel profondo del progetto divino relativo alla sua scelta e alla
nostra salvezza.
Piena di grazia perché dimora dello Spirito Santo
Lo Spirito Santo, la terza Persona della Santissima
Trinità, scende in Maria e prende possesso di lei.
Una Persona divina fa di lei la sua dimora, il suo
tempio.
Scende in lei per divinizzarla, per innalzarla a
quell' altezza sublime che le permette di generare il Figlio di Dio. E
infatti, «quello che è generato in lei viene dallo Spirito Santo».
In lei lo Spirito Santo rende tangibile l'opera di
Dio per gli uomini: un'opera di amore e di redenzione.
Maria è piena di grazia perché è abitata dallo
Spirito Santo. «Spirito Santo» e «grazia» sono due realtà inscindibili, perciò
dire «piena di grazia» è lo stesso che dire: «piena di Spirito Santo».
È «piena di grazia» perché
ripiena dell'Autore della Grazia; è «piena di grazia» perché Lui ha fissato in
Maria la sua dimora perenne!
Perché immacolata e senza macchia di peccato
Per poter essere degna dimora dello Spirito
Santo, Dio l'ha preservata dalla colpa originale, fin dal suo concepimento nel
seno materno.
Non poteva anche per un solo istante essere
contaminata dal peccato colei che doveva coabitare con lo Spirito Santo, e generare
Cristo, Redentore e Salvatore del mondo.
Se il peccato è rifiuto, non poteva
conoscerlo colei la cui vita è stata tutta un generoso sì al progetto
del Signore.
Se il peccato è disordine, come poteva
commetterlo colei la cui vita doveva essere tutta un'armonia di rapporti
col suo Sposo divino!
Ogni espressione è insufficiente a contenere e a
esprimere questo prodigioso e singolare mistero di una donna elevata al vertiginoso
livello di sposa immacolata dello Spirito Santo e di madre terrena del Figlio
di Dio!
Perché «con-templata» e «graziata»
Davanti ad un così incredibile dono, non possiamo
che prorompere, con l'angelo, in un grido di stupore e di ammirazione: rallegrati
perché sei stata «con-templata»; sei stata «graziata!».
Il termine con-templata evidenzia la
vocazione a divenire tempio dello Spirito Santo.
Il termine graziata esprime la sorgente del
dono, che è Dio in Persona, e l'effetto del dono stesso, che fa di lei
la donna più amabile e graziosa agli occhi di Dio e degli uomini.
Graziosa al punto da essere costituita la tutta
bella e la tutta santa, aurora luminosa e radice incontaminata da
cui spunterà l'albero della vita.
Maria è così l'immagine compiuta della Figlia di
Sion, che è Israele; è primizia della Chiesa, che è la sposa di Cristo.
All'inizio di Israele vi è un gesto squisito d'amore di Dio, come all'inizio
della vicenda di Maria.
Per l'uno e per l'altra vi è una chiamata gratuita
non fondata sui meriti, sulla forza, sull'efficienza, sulla retta condotta, ma
unicamente sull' amore e sulla fedeltà di Dio al giuramento fatto nei tempi
antichi.
Dio «fa grazia» ad Israele, come la farà a Maria
«ricordandosi della sua misericordia».
Maria è così figura e compimento di Israele e
insieme archètipo e primizia della Chiesa e di ogni cristiano.
4.
IL
SIGNORE È CON TE
«Il Signore ti ha liberata dalla morte, ti ha protetta contro il
nemico. Non temere, Maria: Tu hai trovato grazia davanti a Dio»
DALLA
LITURGIA
«Hai lottato e sofferto, Madre dei dolori:ora splendi nella gloria, con
Cristo tuo Figlio»
DALLA
LITURGIA
Il Signore è con te
È con te, come luogo e segno dell'alleanza
Nella Bibbia, la formula «il Signore è con te» ricorre
in due contesti diversi: di alleanza e di vocazione.
Nell'Antico Testamento il Signore si sceglie un
popolo e stringe con lui un'alleanza. Si impegna ad assicurargli una propria
presenza amorevole e fattiva di cui l'arca è il segno concreto e visibile.
C'è un evidente parallelo fra l'arca dall'alleanza e
Maria. Basta un piccolo esempio, fra i tanti:
- Davide, confuso e spaventato per la vicinanza dell'arca, esclama:
«come potrà venire a me l'arca dell'alleanza?».
- Elisabetta si domanda stupita: «a che debbo che la madre del mio
Signore venga a me?».
Maria, invocata come «arca dell'alleanza», è il
«luogo» dove lo Spirito Santo realizza in maniera perenne la propria presenza e
dal quale irradia la sua azione.
Maria è la donna che attualizza e garantisce la
presenza del Figlio di Dio che, nel suo sangue versato sulla croce, rende perfetta
e perenne l'alleanza di Dio con il suo popolo.
È con te perché tu non abbia timore
Nella storia biblica il sarò con te si
ritrova in racconti nei quali Dio chiama qualcuno ad una particolare missione.
Un esempio.
Dio chiama Mosè: «"va'! io ti mando dal Faraone
Mosè disse a Dio: "Chi sono io per andare dal
Faraone e per fare uscire dall'Egitto gli Israeliti?".
Rispose: "Io sarò con
te"».
Mosè incalza: «"io non sono un buon
parlatore;... sono impacciato di bocca e di lingua".
Il Signore gli disse "Io sarò con la tua bocca
e ti insegnerò quello che dovrai dire».
Di dialoghi come questi è piena la Bibbia, e su
questa linea si muove il dialogo dell'angelo con Maria.
A Gabriele che chiede l'adesione ad un piano
misterioso, Maria pone un'obiezione più che naturale: «Come è possibile?».
Si sente piccola, povera, sproporzionata alla
grandiosità di quel piano.
Ma l'angelo la rassicura: non temere, abbi fiducia,
non far conto su di te, ma sulla potenza del Signore!
Par di sentire le parole con le quali Mosè, passando
le consegne al successore Giosuè, lo rincuora dicendo: «Sii forte e fatti animo...
Il Signore stesso cammina davanti a te; egli sarà con te, non ti lascerà e non
ti abbandonerà; non temere ...».
È con te perché tu sia forte nella sofferenza che ti
attende
La missione a cui il Signore chiama la sua
prediletta creatura non sarà né semplice né immune da sofferenze: sarà anzi
tutta una sofferenza!
Come Gesù è Redentore principalmente in quanto
crocefisso, così Maria è Corredentrice in quanto addolorata.
Nel supremo atto del nostro riscatto i sentimenti e
i dolori dei cuori di Gesù e di Maria furono tanto associati, che si possono
capire gli uni solo alla luce degli altri.
Le sofferenze di Gesù superano quelle di Maria nell
'intensità ma non nella durata, perché esse continuarono in sommo grado
anche dopo la morte di Gesù, nel colpo di lancia, nella deposizione dalla
croce, ecc.
Il dolore
accompagnò Maria sempre nel suo cammino terreno, sia per la stretta
associazione alle continue sofferenze del Figlio, sia per le difficoltà,
l'ottusità, il rifiuto con cui furono spesso accolti Gesù, lei stessa e la Chiesa
nascente.
E furono tutti dolori non solo sopportati, ma amati,
offerti con tutto lo slancio del cuore. Come Gesù, anelante alla Redenzione,
si immolava sulla croce, Maria ardentemente si immolava sull'altare del suo
cuore con Lui, per lo stesso suo fine, cioè per ognuno dei suoi figli.
Evidentemente, solo Dio può dare tutta la forza
necessaria per un così pesante cammino di sofferenza!
Ed è per questo che l'angelo assicura Maria: non
temere, il Signore è, e sarà, sempre con te!
TU
SEI BENEDETTA FRA LE DONNE
«La Donna ha generato l'eterno Re: onore alla Vergine! Gloria alla
Madre! Come Lei non è stata e non sarà mai nessuna»
DALLA
LITURGIA
«Ti vedo amorosamente rappresentata in mille immagini, o Maria. Ma
nessuna è capace di rappresentarti come la mia anima ti vede»
NOVALIS
Tu sei benedetta fra le donne
«Benedetta tu fra le donne!»
Non appena Maria, tempio vivo dello Spirito Santo e
già portatrice del Figlio, arca itinerante della nuova alleanza, si affaccia
sulla soglia di casa, Elisabetta prorompe in un grido di gioia ed esclama «a
gran voce: "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo
grembo"».
La gioia delle due madri è subito posta in
riferimento ai figli:
«il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo!».
È proprio in vista e a causa
di loro che si può gioire e glorificare il Signore.
Elisabetta, illuminata dallo Spirito Santo, è
immediatamente introdotta nel mistero ed esclama: «Tu sei benedetta!».
«Benedetta fra le donne»: sei cioè colei che, fra
tutte le donne, ha avuto, da parte del Signore, la massima benevolenza, e quindi
la più grande dignità!
È Dio che benedice
Nell'Antico Testamento, ricorre spesso la parola «benedizione»
(bera'ha), che significa: comunicazione di vita da parte di Dio. È Dio che benedice, che dà vigore, forza, successo, discendenza numerosa,
pace, sicurezza...
Tutto il racconto della creazione è punteggiato di
benedizioni diverse, così che essa diviene una grandiosa opera di vita, buona
e piacevole.
Dove c'è la vita, c'è il Creatore in azione; così
che la benedizione non è un atto sporadico, ma un'azione incessante di Dio. La
benedizione è dunque il segno del favore di Dio impresso nella creatura: non un
vago augurio, ma un segno efficace che raggiunge lo scopo per cui è dato.
Anche l'uomo può benedire
Dio soltanto ha il potere di benedire.
Quando l'uomo benedice, lo fa in nome di Dio, come
suo rappresentante.
Ma esiste anche una benedizione ascendente, ed è
quella che l'uomo fa quando benedice nella preghiera.
Diciamo nella Messa: noi ti lodiamo, ti benediciamo.
E «benedirlo» significa: riconoscere che
tutti i beni di cui abbiamo il possesso vengono da Lui e a Lui debbono
ritornare. Tipica è la benedizione della mensa: il pane, il vino e i frutti
della terra, per il fatto che esistono, sono già benedetti. E «benedirli»
significa: riceverli da Dio, Donatore supremo e quindi lodarlo, ringraziarlo e
impegnarsi a utilizzarli secondo il fine per cui Egli ce li ha dati...
Maria benedetta in modo specialissimo
Maria è la benedetta per eccellenza.
Su nessuna creatura Dio ha riversato ricchi doni di
natura e di grazia come su di lei!
Se la benedizione è il segno della benevolenza
divina, quale benedizione più di questa documenta la benevolenza di Dio per una
creatura che Dio stesso eleva alla dignità di sposa e di madre del Figlio suo?
Dio la benedice in modo singolare e Maria, a sua
volta, lo benedice magnificando la grandezza della sua misericordia: «grandi
cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome!». A Lui la lode, la
benedizione «nei secoli dei secoli».
Benedetta, perché espressione suprema della
femminilltà
Maria è benedetta, prima di tutto, in quanto donna.
In lei il femminile raggiunge il massimo grado di realizzazione e di
espressività.
In vista di questa realizzazione sublime, Dio ha
preparato la natura femminile, e l'ha resa affine allo Spirito Santo.
L'ha predisposta a immagine e somiglianza dello
Spirito Santo più di qualunque altra creatura e più dell'uomo.
Così che quando lo Spirito discende in Maria, trova
un ricettacolo vivo, preparato e a Lui congeniale.
Egli viene a ciò che è suo, da sempre pensato, amato
e creato per il momento singolare nel quale Dio si sarebbe sposato col
femminile e il femminile con Dio.
Benedetta, perché rivelazione della femminilità di
Dio
Può sembrare improprio parlare della femminilità di
Dio, ma nulla vi è di più sicuro della presenza del femminile in Lui. Ogni
essere creato, e specialmente l'essere umano, è maschio e femmina.
Se questo duplice aspetto è presente nelle creature,
lo deve essere anche, e in momento eminente, nel Creatore.
Lo Spirito Santo si presenta nella Rivelazione come
la Persona adeguata a esprimere il femminile.
Lo stesso termine ebraico usato per indicare lo
Spirito (Rhua) è femminile.
La donna, nella quale vi è la massima concentrazione
di femminile, è legata a tutto ciò che riguarda la vita, l'intimità, la tenerezza,
l'amore... e sono queste, e altre simili, le attribuzioni che la Bibbia indica
essere proprie dello Spirito Santo.
Maria è benedetta perché in Lei lo Spirito Santo
manifesta il volto completo di Dio, svelando in modo inequivocabile la dolcezza
materna di Dio.
Gesù, nato da Maria, è Figlio di Dio ed è quindi Dio
come il Padre.
Maria non è Dio, ma è elevata dallo Spirito Santo a
un rango divino tale da essere Madre per eccellenza, in cui è
prefigurata la maternità stessa della Chiesa e svelato in immagine il volto
femminile di Dio.
Maria è lo strumento privilegiato ed eccelso per la
più dolce e grandiosa rivelazione della «profondità della ricchezza, della
sapienza e della scienza di Dio!».
6.
E
BENEDETTO È IL FRUTTO DEL TUO SENO
«Beata, o Vergine Maria: hai portato il Creatore del mondo. Hai dato la
vita a Colui che ti ha creata, e sei Vergine per sempre... »
DALLA
LITURGIA
«O Vergine Madre, fa che, a imitazione della tua santissima vita,
possiamo concepire il Signore Gesù nel più intimo della nostra anima. E una
volta concepito, non l'abbiamo a perdere mai»
ERASMO
DA ROTTERDAM
E benedetto è il frutto del tuo seno
Frutto dello Spirito Santo e
di Maria
Elisabetta, dopo aver proclamato Maria «benedetta
fra tutte le donne», subito aggiunge: «e benedetto è il frutto del tuo
grembo». L'angelo aveva già indicato le prerogative uniche di questo frutto:
«Colui che nascerà sarà Santo e chiamato Figlio di Dio». E questo, grazie a
un intervento che supera ogni immaginazione e possibilità umana: «lo Spirito
Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza
dell'Altissimo». Gesù, dunque, prima di essere «frutto» di Maria, è «frutto»
dello Spirito Santo.
E sarà Lui a proclamarlo, rifacendosi alla nota
profezia di Isaia:
«lo Spirito del Signore è sopra di me..
Gesù è «frutto benedetto» perché nato dall'azione
dello Spirito Santo «che è colui che dà la vita»; è maturato nel seno di Maria
che è tempio vivente dello Spirito; ed è la benedetta fra tutte le donne.
Frutto in senso pieno e
reale
Gesù è frutto del seno di Maria nel senso più
pieno e reale. Soprannaturale è il concepimento, ma normale la gestazione. Per
nove mesi, come ogni altra donna, Maria custodisce il Verbo fatto carne nel
proprio utero, lo sente, lo «vede» crescere, ne avverte i movimenti, l'alimenta
con le proprie viscere, gli trasmette il proprio sangue e la propria vita.
Il «frutto» di Maria non deve essere troppo
spiritualizzato perché si corre il rischio di renderlo artificiale.
Questo «frutto» meraviglioso è stato provocato
dall'azione dello Spirito, ma è legato alla carne, al sangue, alla materia. Ha
avuto bisogno del normale grembo di una donna. Maria non ha accolto il Verbo
nella propria anima, ma nel proprio corpo. Gli ha impresso il colore della
propria carne e dei propri occhi; ha trasmesso al suo bambino qualcosa dei suoi
lineamenti, del suo carattere, della sua sensibilità, del suo somso... Dio
sceglie la strada più naturale e vitale per crescere e svilupparsi, e si
rende, per così dire, visibile, prima di tutto attraverso la rotondità di un
ventre.
Nove mesi non sono un numero simbolico: è il tempo
necessario per consentire a un bambino di essere pronto per venire alla luce.
Il Figlio di Dio, prima di vedere la luce sulla
terra, vive i nove mesi naturali dell' attesa.
Essere realmente e
totalmente madre
Dice un testo abissino:
«La donna concepisce, e, come madre, essa è
differente dalla donna che ancora non è madre.
Per nove mesi essa porta nel suo corpo le
conseguenze di quel primo momento nel quale ha cominciato a palpitare in lei la
vita. In lei cresce qualcosa. Qualcosa cresce nel suo corpo e dal suo corpo mai
scomparirà: perché essa è madre.
E madre rimane anche se il bambino morirà, perché
essa ha portato il bambino sotto il suo cuore.
Poi, quando il bambino nascerà, essa continuerà a
portarlo nel cuore.
E dal suo cuore mai scomparirà.
Tutto questo l'uomo non lo conosce. Di questo
mistero non sa nulla... Solo la donna lo sa e lo può testimoniare...».
Madre e figlio sono quindi due realtà indissolubili
e complementari; due realtà che insieme realizzano ciò che nel mondo vi è di
più grandioso e di più misterioso.
Ciò vale per tutte le donne e per tutti i tempi.
Ciò vale quindi anche per Maria che ha portato sotto
il suo cuore un Bimbo delizioso... che dal suo cuore mai scomparirà. Questo
bimbo delizioso si chiama Gesù.
7.
GESÙ
« Un uomo è nato in Lei: l'Altissimo ha consacrato
la sua dimora. Generato all'origine dei secoli, oggi è nato il Signore, nostro
Salvatore»
DALLA LITURGIA
«Nulla si può cantare di più soave, nulla si può
udire di più gioioso, nulla si può pensare di più dolce, del nome di Gesù, il
Figlio di Dio»
DA UN ANTICO
INNO LITURGICO
Gesù
Siamo nel cuore dell'«Ave Maria»
La prima parte della nostra preghiera si apre col
nome di Maria e si chiude con quello di Gesù. Il nome di Gesù rappresenta il
punto d'arrivo normale e imprescindibile.
Tutto è in funzione del nome, e quindi della
persona, di Gesù.
La vicenda di Maria di Nazaret porta a questo
necessario sbocco per lei e per noi.
Tutta la storia della salvezza prepara e irraggia
questo nome santo che sta al centro del mondo, della storia e del cuore di ogni
uomo (anche se non lo sa!).
Gesù, il salvatore
Gesù, nome frequente per gli Ebrei, significa
letteralmente «Iahvè salva».
Iahvè, a sua volta, esprime l'idea di un Dio che
realmente esiste, su cui si può contare, sulla cui presenza si può fare affidamento,
perché accompagna con amore il suo popolo e ogni uomo che a Lui si affida.
Gesù è quindi il nome che indica «la salvezza
operata dal Signore attraverso il frutto del seno di Maria».
Gesù ci salva: ci redime cioè dal peccato e dalla
schiavitù di Satana, ci fa passare dalla morte alla vita (sia spirituale che
fisica), ci libera dallo stato di asservimento al male e ci dona la grazia, che
è partecipazione alla vita divina e diritto all'eredità eterna con Lui in
Paradiso.
È salvezza nel senso che ci
libera da qualcosa di negativo; è salvezza nel senso che ci dona dei beni
soprannaturali e divini.
Gesù, nome che è al di sopra di ogni altro nome
Paolo sottolinea, con espressioni solenni, la
portata esaltante e salvifica del nome di Gesù: «Dio lo ha esaltato e gli ha
dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni
ginocchio si pieghi: nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua
proclami che Gesù è il Signore, a gloria di Dio Padre !».
Sono parole che richiamano la presenza e la potenza
di Colui che riempie e trascende l'universo.
Pronunciare questo nome è prorompere in un grido di
esultanza e insieme compiere un gesto di adorazione.
È il nome che è al di sopra di
ogni altro nome, ma è anche il nome di un Dio che si è fatto umile e povero per
salvarci tutti.
Gesù, nome da invocare
Gesù è un nome da invocare di frequente, più con il
cuore che con le labbra.
La spiritualità orientale antica ci ha trasmesso una
invocazione semplice e ricca di contenuto: «Signore Gesù, Figlio di Dio, abbi
pietà di me peccatore».
È la così detta «preghiera del
cuore».
È una preghiera intensa e
accorata che riempie il cuore e si oppone alle preghiere prolisse, che svuotano
e dissipano la mente.
Sovente, in Oriente, viene sostenuta da un rosario
di corde con cento nodi.
Questa devozione ha come supporto la certezza della
potenza del nome di Gesù, secondo le parole di Pietro al paralitico seduto
alla porta del tempio: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo
do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!»; e le altre parole
dello stesso Pietro: «chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato».
Gesù, nome da respirare
Il nome di Gesù salva, guarisce, libera, rimette i
peccati, trasforma la realtà più deprimente, sconfigge la pesantezza della
carne, purifica il cuore, «risuscita» una persona.
È un nome però che non va
soltanto pronunciato, ma anche e soprattutto respirato, e, per questo, la «preghiera
del cuore» segue il ritmo della respirazione.
È come il profumo che si
diffonde e che perciò bisogna respirare! La respirazione profonda del
nome di Gesù dona la gioia di vivere e un senso di pace interìore.
Fissando la preghiera sul ritmo respiratorio, lo
spirito si calma, si libera da ogni agitazione, si disintossica dai veleni, si
purifica dai richiami nefasti della carne e del demonio. «Respirando» il nome
di Gesù, l'essere si interiorizza e si unifica. Lo spirito e il corpo
ritrovano la loro unità originale nella profondità del cuore.
Invocare il nome dolcissimo di Gesù, al ritmo del
respiro, vuol dire introdurlo nella profondità del nostro essere, accostarci
alle sorgenti dell'acqua più limpida, respirare gioiosamente la vita!
8.
SANTA
MARIA
«Come cantare le tue lodi, o santa Vergine Maria?
Colui che i cieli non possono contenere, tu lo hai portato nel grembo... »
DALLA
LITURGIA
«A causa di Eva, si chiuse la porta del cielo; si
apre a noi per Maria, Madre del Salvatore»
DALLA
LITURGIA
Santa Maria
Santo, Santo, Santo è il
Signore
Chiamiamo Maria Santa e dobbiamo capire il
significato di questo attributo.
Santo è, nella Bibbia, uno dei tanti attributi di Dio; è
un altro nome per dire Dio.
Lo ricorda la stessa etimologia: sanctus è
participio passato del verbo sancire, e significa «essere separato,
distinto».
«Dio Santo» è Colui che trascende l'uomo e il mondo;
che «abita una luce inaccessibile» ed è distinto dall'uomo.
Più che una qualità morale, il termine santo indica l'essenza di Dio e
la sua autorità: Dio è totalmente diverso, superiore, distinto... anche se
presente e non distaccato dalle cose. Lui solo è Santo!
Dio partecipa la sua santità
Il Signore, che è il solo Santo, può tuttavia
partecipare, e di fatto partecipa, la sua santità.
Noi vediamo infatti che sono detti santi: il popolo
di Israele, i Profeti, gli Apostoli, Giovanni Battista; santa
è la Chiesa e santi tutti i Cristiani, partecipi della vita e della missione di
Cristo.
Sante sono dette sia le persone che le cose
che assumono una funzione divina: i ministri del culto, il tempio, l'altare,
il sacrificio, Gerusalemme, Sion.
Le cose in sé sono profane, ma siccome entrano in
relazione con Dio che è santo e servono il Santo, partecipano di questa
santità.
Ma soprattutto la santità si ha quando si imita la
santità di Dio. Nell'Antico Testamento, Dio dice di essere santi, perché Lui è
santo; e nel Nuovo: «questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione»;
«siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei
cieli».
Gesù, il Santo di Dio in mezzo a noi, costituisce il
modello di tutte le virtù, e l'imitarlo è il modo più vero per raggiungere
quella perfezione che ci consente di essere uomini maturi e integrali.
Maria, santa perché piena di grazia
Alla base di questa imitazione di Dio di cui Gesù è
il modello supremo c'è un dono fondamentale, che eleva la sostanza stessa dell'
anima rendendola partecipe della santissima natura divina. Questo dono si
chiama molto significativamente «grazia santificante». Essa è ricevuta nel
battesimo e rende l'anima splendente e luminosa: per questo è simboleggiata
dalla veste candida.
Ora, questa grazia santificante che noi
riceviamo nel battesimo è stata ricevuta con sovrabbondanza dalla Vergine Maria
al momento della sua Immacolata Concezione. Per questo ella è chiamata
dall'Angelo: «Piena di grazia». La sua anima dunque ha avuto sin dal primo
istante una bellezza e uno splendore abbaglianti.
Santa perché ripiena di Spirito Santo
La grazia santificante, oltre a trasformare la
sostanza dell' anima fa sì che essa diventi tempio dello Spirito Santo. Quindi
Maria è santa anche perché lo Spirito Santo abita in lei e l'ha assunta come
strumento e luogo della sua attività divina.
Ora, lo Spirito Santo non soltanto possiede,
ma è la santità sostanziale.
Ella è santa quindi non tanto e solo per la
conquista di una eminente santità personale, ma perché porta in sé lo Spirito
Santo.
Attraverso lei, lo Spirito realizza per così
dire una dimensione storica; e Maria diviene, in un certo senso, la proiezione
nel tempo dell' attività specifica dello Spirito: è infatti la sua santità che
in lei vive e opera.
Santa perché Madre del salvatore
È santa anche perché assunta a
servizio del disegno santo di Dio di salvare l'umanità attraverso
l'incarnazione del suo Figlio.
Lei è stata scelta e messa a parte per diventare la
Madre del Salvatore.
E come tale non poteva essere contaminata dal
peccato comune a tutti gli uomini.
Santa perché modello di tutte le virtù
Nella sua vita Maria ha esercitato tutte le virtù
proprie di una donna e di una
cristiana".
L'umile ragazza di Nazaret, fin dalla sua
fanciullezza, ha vissuto un'esistenza autenticamente umana.
L'essere piena di grazia non l'ha sottratta alle
vicissitudini e alle lotte della vita comune.
Queste difficoltà le hanno dato l'opportunità di
esercitare le quattro virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza, temperanza)
e le tre virtù teologali (fede, speranza, carità) in sommo grado; e la fanno
brillare ai nostri occhi come modello di una vita autenticamente umana e santa.
9.
MADRE
DI DIO
«Gloria a Te, Madre di Dio: Tu hai dato al mondo
Cristo Signore»
DALLA
LITURGIA
«Cristo-Verità fu nella mente di Maria;Cristo-Carne
fu nel suo ventre. Èpiù ciò che è nella mente di ciò che è nel ventre. Maria
concepì nella mente prima che nel ventre»
DALLA
LITURGIA
Madre di Dio
Vera madre di Dio
Maria genera una Persona che è Dio dall'eternità...
Gesù non è Dio per il fatto che è stato generato da
Maria (sarebbe un assurdo pensare a Maria come madre della natura divina!):
Maria è madre di Dio perché nelle sue viscere e dalle sue viscere
comunica al Verbo una natura umana simile alla sua.
Come nella generazione umana ordinaria la donna
genera una persona e non una natura, così Maria genera la Persona
del Verbo, il quale, pur conservando la natura divina, diviene suo vero Figlio
solo quanto alla natura umana.
Maria è quindi «Theotòkos», madre di Dio, perché il
Figlio eterno di Dio si fa uomo da lei e per mezzo di lei.
Vincitrice di tutte le eresie
L'espressione «Theotòkos», madre di Dio, applicata a
Maria Santissima, fa sì che ella possa venire chiamata «vincitrice di tutte le
eresie». Infatti le eresie, cioè gli errori che riguardano il mistero
dell'incarnazione del Verbo, si possono ricondurre alla negazione o della vera
divinità di Gesù, o della sua vera umanità, o dell'unione della divinità con
l'umanità nell'unica Persona divina del Verbo.
Ora, dicendo che Maria è madre di Dio noi
riconosciamo:
1) che Gesù è veramente Dio;
2) che è veramente uomo
(altrimenti Maria non sarebbe sua madre);
3) che in Lui c'è la
sola Persona divina (altrimenti Maria sarebbe madre della persona umana di
Gesù, e quindi non più madre di Dio).
In breve, Gesù è vero Dio e vero uomo:
- dicendo che Maria è madre di Dio, noi affermiamo la divinità
di Gesù;
- dicendo che è madre di Dio, noi affermiamo la umanità di
Gesù.
Degna madre di Dio
Nessuna creatura umana è stata pensata,
«progettata», assunta, elevata a così alta dignità.
Lo dice il Vaticano Il con incisive parole: «redenta
in modo sublime in vista dei meriti del Figlio suo, e a Lui unita da uno
stretto e indissolubile vincolo, Maria è insignita del sommo ufficio e della
eccelsa dignità di Madre del Figlio di Dio, e perciò prediletta del Padre e
tempio dello Spirito Santo. Per questo dono di grazia eccezionale, precede di
gran lunga tutte le creature celesti e terrestri».
Ovviamente, per questa altissima dignità Dio l'ha
adeguatamente preparata «arricchendola di tutti i doni cònsoni a tanto
ufficio».
Madre nostra
«Dio volle che l'accettazione della
predestinata Madre precedesse l'Incarnazione, perché, così come una donna
aveva contribuito a dare la morte, così una donna contribuisse a dare la vita.
Ciò vale in modo straordinario per la Madre di Gesù, la quale ha dato al mondo
la Vita stessa che tutto rinnova».
Maria accetta di essere la Madre del
Redentore e, di conseguenza, la Madre deredent.
Noi siamo debitori a lei della vita nuova portata da
Cristo; è lei che con il suo "sì" ha contribuito al disegno della
redenzione, quello cioè di costituire Gesù Cristo come l'unico Mediatore e
Salvatore di tutti gli uomini.
Tutto in lei ha senso se è riferito a Gesù, e tutto
ha senso in Gesù se è riferito a noì.
La madre sua diviene così madre nostra «non secondo
la carne, ma nell'ordine della grazia».
Ed è questo il senso delle parole rivolte dalla
Croce a Giovannì:
«figlio, ecco tua Madre!».
Non poteva Gesù, prima di morire, compiere un gesto
più grande e significativo di quello di darci come madre la sua stessa Madre!
10.
PREGA
PER NOI PECCATORI
«Beata sei Tu, Maria! Da Te
è nato il Salvatore del mondo, Tu risplendi nella gloria di Dio. Prega per noi
Cristo tuo Figlio»
DALLA
LITURGIA
«Meraviglioso scambio! Il
Creatore ha preso un 'anima e un corpo ed è nato da una Vergine. Fatto uomo
senza peccato, ci redime dal peccato e ci dona la sua divinità»
DALLA
LITURGIA
Prega per noi peccatori
Prega
Fin qui abbiamo benedetto e lodato Maria, capolavoro
di Dio, Madre di Gesù e Madre nostra.
L'abbiamo ammirata, magnificata, e ci è venuto
spontaneo il paragone:
Tu sei grande... e noi tanto piccoli; Tu sei
immacolata... e noi coperti di tanta impurità; Tu sei santa... e noi siamo
peccatori;
Tu sei docile e fedele... e noi siamo ribelli a un
Dio che pur continua ad amarci;
Tu hai saputo dire «sì»... e la nostra vita è tutta
costellata di «no» puntigliosi e cattivi;
Tu sei beata nella gloria, e noi ancora immersi in
tante difficoltà, tentazioni e problemi.
L'ammirazione si tramuta in rammarico di non essere
come lei, ma anche in un bisogno prorompente di chiederle tante cose,
consapevoli che tutto si può chiedere ad una Madre!
Ecco allora l'invocazione: prega!
Per noi
Maria, prega, fa qualcosa per noi!
Dì una parola in nostro favore!
Intercedi presso Dio!
Intercedere significa intervenire a vantaggio di qualcuno; mediare,
fare dei passi a suo vantaggio; "strappare" una grazìa.
Maria può intercedere, vuole intercedere,
perché è dalla parte di Dio e dalla parte nostra.
È stata definita:
«l'onnipotenza che intercede», «l'onnipotenza supplice».
Solo Dio è onnipotente, ma la potenza di Maria
consiste nell'ottenere da Dio ciò che è bene per quei figli bisognosi che Dio
stesso le ha affidato.
Quando ci affidiamo a lei, la nostra causa, anche se
disperata, è in buone mani.
Peccatori
Ci rivolgiamo a lei consapevoli del nostro stato di
«poveri peccatorì».
Non abbiamo titoli e meriti da rivendicare, se non
quelli di essere «iscritti nella lista dei poveri».
Siamo poveri di meriti, e peccatori
per nascita e anche per nostra responsabilità.
È questo l'unico titolo valido
per implorare il suo aiuto.
È questa la condizione che ci
dà garanzia di essere esauditi: riconoscere che siamo bisognosi di tutto, e
che nulla siamo senza l'aiuto del suo divin Figlio e senza quella intercessione
che ella può caldeggiare con materno amore.
Prima ancora di chiedere «una grazia», poniamoci
fiduciosi davanti a lei, «rifugio dei peccatori» e «madre della divina Grazìa».
Poniamo la nostra «posizione personale» nelle sue
mani, e, con le nostre frequenti invocazioni, chiediamole di condurci per
quelle strade che lei conosce come sicure e orientate al nostro vero bene!
11.
ADESSO
«Non sognare imprese grandi,
voli troppo arditi, avventure impossibili. Sappi gustare ogni grande e piccola
gioia che il presente ti riserva»
«Il segreto della vita sta
nel sapere vestire di bellezza e di preziosità le povere cose di cui abbiamo il
possesso nel momento presente»
Da "PER SOFFRIRE MENO, PER
SOFFRIRE MEGLIO"
Adesso
Il momento presente
Prega per noi, adesso...
L'adesso dell' "Ave Maria" richiama l'oggi del
"Padre nostro":
«dacci oggi il nostro pane quotidiano».
La nostra fragile vita ha bisogno di quel nutrimento
essenziale che è il pane.
Ma proprio perché la vita umana è all'insegna
della fragilità e della precarietà, ha bisogno di essere coperta e assicurata
in ogni momento, e quindi adesso.
L'adesso è ciò che riempie la nostra vita di
significato, la rende preziosa, impedisce che il filo si spezzi.
Troppo spesso viviamo con lo sguardo rivolto
al passato, o proiettato verso il futuro... e così perdiamo gli appuntamenti
decisivi, quelli dell'oggi.
Viviamo di ricordi, di rimpianti, di
nostalgie... Oppure di sogni vaghi o di attese illusorie.
In tal modo non sappiamo afferrare l'adesso,
il momento favorevole, il messaggio di oggi, la grazia di oggi.
Ma l'uomo maturo e illuminato non è distratto nei
confronti del presente: lo alimenta con la memoria del passato e con l'attesa
del futuro, ma lo vive intensamente, responsabilmente, nella certezza che è
proprio il presente ciò che conta, e che... questo presente non tornerà mai
più.
Non esistono solo le rare grandi occasioni
della vita; esistono invece le minuscole, modeste, normali, occasioni
quotidiane...
E sono tutte preziose, tutte importanti;
tutte da vivere e da sfruttare con intensità gelosa: momento per momento, e
quindi adesso!
Nel bene e nel male
In questo prezioso attimo presente imploriamo
l'aiuto di Maria:
una presenza quindi costante, abituale, lungo il
filo dei giorni feriali, nell'ambito del quotidiano.
Non solo nei momenti di emergenza, quando le cose si
mettono male e siamo nella disperazione, perché l'intervento della Madre non
può essere sporadico, occasionale, frammentario. Una presenza familiare, che ce
la rende presente nella gioia e nel dolore, nei momenti nei quali vivere è
facile e in quelli nei quali il cammino si fa arduo e oscuro.
Per celebrare la vita
Pregando adesso e per l'adesso, noi chiediamo a
Maria di non «abituarci alla vita», ma di scoprirla ogni giorno per quello che
realmente è: uno splendido dono che si riceve e che si deve rendere.
La vita è miracolo, è sorpresa.
È un evento sempre nuovo,
sorprendente, inaudito. È un prodigio unico e
irripetibile.
Il giorno che spunta oggi non è qualcosa di
scontato, di banale... dal momento che c'è stato quello di ieri.
La vita è creazione, è invenzione dell' «Amore».
Ogni giorno è la «prima volta».
Non esistono giorni ordinari: ogni giorno è
straordinario, insolito, «mai visto», ed è carico di novità e imprevedibilità a
non finire. Maria, aiutaci a celebrare la vita con stupore e riconoscenza, ogni
giorno e in ogni istante.
Per non renderlo banale, inutile e triste.
Per non disperderlo, per non svuotarlo, per non
sciuparlo. Per ricuperare il senso della gratuità e della lode, per ritrovare
la freschezza del canto, per gustare la felicità di donarla con amore e per
amore.
12.
NELL'
ORA DELLA NOSTRA MORTE
«Quando verrai per le nozze, fa' che ognuno ti attenda
con la lampada accesa... Tu che in croce affidasti la Madre a Giovanni, fa' che
Ella ci assista nell'ora della morte»
DALLA
LITURGIA DEI DEFUNTI
Nell'ora della nostra morte
L'ora della morte
L'ora della morte è l'ora più temuta e il più
possibile allontanata. Ma è un'ora che inesorabilmente verrà... e per tutti.
Siamo sicuri che, nella successione degli adesso, verrà un «adesso» che segnerà
la fine, e, con essa, la partenza da questo mondo.
A questa realtà costantemente ci richiama l'Ave
Maria, anche se la recitiamo distrattamente e quasi scivolando sulla parola
che non vorremmo mai pronunciare: la morte.
Nell'Ave Maria quell'ora suprema si chiama
proprio morte, senza camuffamenti ed eufemismi.
Si chiama col suo termine immediato e vero, perché,
dato la persona a cui ci rivolgiamo, non serve a nulla nascondere la realtà di
un evento che è il più decisivo.
La morte ci fa paura
Nulla ci angoscia più del pensiero della morte.
Essa si presenta come una realtà assurda e
scandalosa, da evitare accuratamente, da non far entrare nei discorsi abituali
fra persone «normali».
Cerchiamo tante strade per eliminarla dal linguaggio
e dal costume.
Abbiamo inventato slogan che sono divenuti
comuni. Diciamo:
«un malato in fase terminale» (per non dire «un
moribondo»), «voglio morire in piedi», «voglio morire sulla breccia»... ma la
realtà non cambia.
E la morte permane, nonostante le più moderne
invenzioni e i più conclamati successi scientifici.
Ci fa paura anche se abbiamo
fede
Cristo, morendo, ha distrutto la nostra morte, e,
risorgendo, ha ridato a noi la vita.
Col suo mistero di morte e di resurrezione, ha
trasformato la morte in amore di vita immortale.
Ce lo dice la Fede: e per questo sappiamo che morire
non è finire, ma entrare in quella vita vera, per la quale siamo nati.
Tentiamo di persuaderci che la morte, sul piano
fisico, è un evento biologico normale, e, sul piano cristiano, il momento più
prezioso che dà senso e coronamento alla nostra esistenza...
Ci sosteniamo e consoliamo con molti ragionamenti...
e cìo nonostante il suo mistero continua a metterci addosso i brividi... ed è
più che normale!
Anche Gesù, sulla Croce, accolse la morte con
terrore gridando al Padre tutta la sua angoscla.
Che cosa possiamo fare?
Possiamo continuare così ad allontanare, a
minimizzare, a sottovalutare l'evento più importante e decisivo della nostra
esistenza? Evidentemente no!
Meglio accettare la realtà delle cose: accettare fin
d'ora, per allora, quello che accadrà, e, fin d'ora prepararlo con responsabilità
ed equilibrio.
E proprio... con l'aiuto di Maria.
Con Maria, la vita illumina
la morte e la morte illumina la vita
Maria, invocata con fiducia, rende tutto più
semplice, più comprensibile, più accettabile, più sereno.
Essa ci garantisce per l'adesso una presenza
materna dolce e insostituibile.
Ma mentre ci sostiene nel presente, ci dispone con
serenità al futuro e a quell'ora suprema.
Ci prepara alla morte, insegnandoci a vivere.
La morte illumina la vita, e la vita prepara la
morte, perché essa, come diceva P. Kolbe, «non si improvvisa, ma si merita con
tutta la vita».
Il pensiero della morte richiama l'urgenza di non
sciupare nulla di quello che la vita offre nel suo scorrere quotidiano e di sfruttare
per il meglio ogni attimo che via via essa ci dona nel suo rapido dispiegarsi.
Vita e morte così mirabilmente si intrecciano in
un'armonia che dona responsabilità, impegno e serenità.
L'Ave Maria, unendo nella preghiera 1' «adesso» e 1' «ora
della morte» è il ricordo e lo stimolo migliore a realizzare questa armonia
salutare.
Ad aprire quella porta ci
sarà lei
All'appuntamento con la morte, tutti ci lasceranno,
ma non Maria. Ad aprire quella porta sarà lei e soltanto lei!
Nel momento nel quale avverrà il nostro personale
incontro col suo Figlio, Giudice e Salvatore, sarà lei a parlare per noi, come
madre, come amica, come avvocata potente.
Entreremo nella vita eterna con l'aiuto e la
protezione della mamma.
Anzi: in sua
compagnia!
Sarà lei a prenderci per mano, a facilitarci il
passaggio, a parlare con noi.
Non ci ricaccerà, non ci abbandonerà, perché a lei
Gesù ha detto:
«ecco tuo figlio!».
Di una cosa siamo sicuri: che non ci deluderà, se
noi l'avremo invocata, se noi l'avremo chiamata e pregata recitando ogni
giorno, in vita, la preghiera dei figli:
l’Ave Maria.
13.
AMEN
«Ora il nostro corpo è nella condizione terrestre,
in Paradiso sarà in quella celeste.
O felice quell 'Amen cantato lassù.
O Amen di sicurezza e di pace!
Là risuoneranno le lodi di Dio.
Certo risuonano anche qui.
Qui, però, nell 'ansia mentre lassù nella
tranquillità.
Qui, cantiamo da mortali, là da immortali.
Qui, cantiamo nella speranza, lassù nella realtà.
Qui, da esuli e pellegrini, lassù nella patria... »
S. AGOSTINO, Sermo 256, I
Amen
L'Ave Maria, come tutte parola Amen.
È un' acclamazione ebraica
intraducibile che, dalla Bibbia, fin dai primi tempi, passò nella Liturgia
cristiana.
Arriva dalla radice àman, ed esprime:
sicurezza e verità. Per questo, Dio è chiamato l'Amen, e Gesù è detto l'Amen
perché «è il testimone della verità».
Amen è anche il termine col quale esprimiamo l'assenso a
ciò che altri fanno o dicono a nome di tutti, specie in un contesto liturgico.
Amen: così è
AMEN: è sicuramente vero tutto quello che ti abbiamo detto, Maria, ammirando i tuoi
privilegi e le tue virtù, venerandoti e amandoti per la tua eccelsa dignità di Madre di Gesù
e nostra.
AMEN: siamo fortemente poggiati su di Te, che sei una roccia salda e indistruttibile e ci
doni la sicurezza che ci è indispensabile per andare avanti.
AMEN: dopo averti pregato, siamo in pace, anche se attorno
infuria la tempesta, perché sappiamo che COSÌ È: adesso e nell'ora della nostra morte.
Così È: perché ci sei accanto, non ci abbandoni, non
ti stanchi di ascoltarci e di amarci, come una tenera mamma.
Amen!