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giovedì 6 luglio 2017

Il Signore ne ha bisogno

"Venite e seguiteci! Il Signore ha bisogno di tutto il Suo Popolo. Ha bisogno di tutta la Sua Chiesa in cammino!"

Il Signore ne ha bisogno
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24 Giugno 2008 ~ Festa di
San Giovanni Battista

JNSR:   Se, un giorno, io fui scelta da Nostro Signore GESÙ Cristo per parlarvi nel Suo Santo Nome, fino da allora ho onorato la Sua scelta. È per voi tutti, fratelli e sorelle in Dio, che io ho detto Si al nostro Re, al nostro Dio d'Amore.

Il Suo desiderio è per me un ordine dolce e così tanto importante, che mi sono giudicata indegna, e mi sono considerata come il piccolo personaggio del giorno benedetto delle Palme e la più felice del mondo. Io servivo il Mio Re e continuo a servirlo.

 La folla gridava: «Osanna! Osanna!» e (Luca 19,18-39):

«... tutta la moltitudine dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:
«Benedetto colui che viene,
il Re, nel Nome del Signore.
Pace in Cielo
e Gloria nel più alto dei Cieli!»

GESÙ Cristo andava da quella folla urlante e animata dall'euforia di un giorno di festa. Ancora oggi, noi facciamo la stessa cosa, noi, i cristiani, traboccanti di forza e di gioia, che si riuniscono per battere i piedi e urlare in bagni di folla, per manifestare la loro adesione a tutte quelle feste, come i festival della musica o per accogliere i divi della canzone...

No! Non sono così intrepidi quando dovrebbero assistere alla Messa del Signore, nemmeno per il giorno di Natale o di Pasqua! Si dice che bisogna mettersi al loro posto o nei loro panni. Ma chi si mette al posto di quelli che muoiono di fame e di freddo? Ebbene, il Signore vi aspetta perché voi non potete nemmeno immaginare quale significato avessero le parole che Egli diceva alla Sua città, a Gerusalemme (Luca 19, 41-44):

«Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace! Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee e ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte, abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te, e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata.»

Che occorre ancora per avvertirvi che i nostri Paesi, tutti o quasi tutti, su questa Terra, oggi, sono peggiori di Gerusalemme al tempo di Cristo. Che troverà Nostro Signore al Suo Ritorno? Che resterà dei nostri PAESI che non vogliono più sentir parlare di DIO?

Oggi, per parlarvi e per avvertirvi, io sono felice di prendere il posto di quel "personaggio”, che ha giocato un grande ruolo in quel giorno benedetto delle Palme. E quel “personaggio” è l’asinello, che ha prestato il suo dorso al Re dei re, a DIO, per entrare a Gerusalemme, la città ingrata, che non sapeva fare altro che gridare, con tutti i suoi abitanti, in un giorno di esultanza: «Benedetto Colui che viene nel Nome del Signore!» Ma GESÙ previene i Farisei (Luca 19, 39-40):


«Alcuni Farisei tra la folla gli dissero: Maestro, rimprovera i tuoi discepoli. Ma Egli rispose: Vi dico che se questi taceranno, grideran­no le pietre.»

Ed io, JNSR, vi dico che nel “Giorno di GESÙ”, sarà la vostra anima che si ricorderà di tutte le vostre omissioni, e il vostro Angelo sarà là, in quel momento, per ricordarvi tutta la lista. Gli Angeli conservano la memoria che Dio affida loro: nulla sfuggirà a Dio.

Le pietre di cui parla GESÙ, oggi sono le colate di fango, sono le acque furiose che si ribellano e che, a loro modo, gridano la loro pena nel vedere cosi tanta e tanta disobbedienza al Nostro Dio, Creatore del cielo e della Terra e di tutto quanto vi è in essa.

Il Signore ha bisogno di ognuno di noi: OGNUNO NEL SUO POSTO! Si può camminare e Pregare. Si può Pregare e scuotere tutti questi alberi morti che sbarrano il passaggio a quelli che vogliono camminare e trasci­nare i fratelli, che non attendono altro che questo: "Venite e seguiteci! Il Signore ha bisogno di tutto il Suo Popolo. Ha bisogno di tutta la Sua Chiesa in cammino!"

Certamente lo Spirito Santo deve darci il Segnale. Ma non bisognerà, forse, implorarlo prima, sollevando le braccia al Cielo: "Vieni, Spirito di Dio! Vieni, Spirito di Luce!“ Cantate DIO cucinando o facendo pulizia nelle vostre case...

Perché una vedette dovrebbe meritare più dello Spirito Creatore che attende solo la nostra voce, quella voce che viene dal cuore? È un SOS. Perché tutto piange, tutto geme nell'attesa del Nostro Creatore, e noi ci struggiamo dietro a quella meravigliosa nascita che DIO ci ha promesso.

Prima che la Chiesa sia restaurata e conforme alla Santa Volontà di GESÙ Cristo, tutti i Preti entreranno nel grande Ministero della Sofferenza d'AMORE quando sarà chiesto ad ognuno di loro (Mt 20, 21-23):

«Potete voi bere la coppa che Io devo bere? » ... «Ed egli soggiunse: il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre Mio.»

Sì, i posti devono essere guadagnati con l'Amore.
Parole di Cristo GESÙ.

AMDG et BVM

mercoledì 26 ottobre 2016

Il ministero sac. è un’opera divina

LA GRANDEZZA DEL MINISTERO
È LA MISURA DELLE VIRTÙ CHE RICHIEDE

Il ministero è un’opera divina: «Questa è l’opera di Dio credere in colui che egli ha mandato» (Gv. 6,29). San Paolo lo chiama opera del Signore: «Opus Domini» (I Cor. 16,10) Dio, infatti è il primo autore della salvezza degli uomini; fu il primo a volerla, il primo che ne pose le condizioni e ne istituì i mezzi, il primo che vi si è adoperato in Gesù Cristo Nostro Signore: «È stato Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo» (2 Cor. 5,19).

Dio chiamo gli uomini a suoi cooperatori nell’opera della salvezza degli uomini, tuttavia Egli è l’agente principale nell’esecuzione dell’opera divina: «Affidando a noi la parola della riconciliazione; noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro» (Ivi 19,20). Ne consegue che il sacerdote è veramente l’ambasciatore, l’incaricato d’affari, il ministro di Dio, e come dice San Paolo: l’uomo di Dio: «Homo Dei» (I Tim. 6,2).
Da questo San Paolo conclude che l’uomo di Dio è preparato, disposto, diremmo quasi equipaggiato per ogni ope ra: «L’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona (2 Tim. 3,17). Ossia l’uomo di Dio diventa così, a suo modo, l’uomo-Dio e per i poteri divini che esercita dev’essere ornato di ogni virtù. Dev’essere perfetto come il Padre celeste è perfetto (Matteo, 5,48).
Perciò abbiamo molto da fare prima di poter dire come San Paolo: «Ci ha resi ministri adatti di una nuova alleanza» (2 Cor. 3,6).
Fra tutte le virtù necessarie al sacerdote, al ministro della salvezza delle anime, al pastore, San Gregorio Magno ne richiede principalmente dieci: ne parla in modo ammirevole nella seconda parte del suo Pastorale: voglia egli perdonarci se scriviamo al suo seguito qualche cosa intorno a quelle virtù ch’egli possedeva e che noi non possediamo.


LA CASTITÀ

Dio è santo, anzi è la stessa santità; per questo egli vuole che i suoi ministri siano santi. Orbene: il carattere proprio della santità del sacerdote è la castità.
Il vescovo nell’atto di ordinare i diaconi dice loro: «Estote assumpti a carnalibus desideriis, a terrenis concupiscentiis; estote nitidi, puri, casti sicut decet ministros Christi et dispensatores mysteriorum Dei» (Pont. Rom). Per cui se nel diacono si deve effettuare un tale ministero di assunzione, tanto più deve divenir grande nel sacerdote. L’uomo di Dio non può essere uomo della carne, perché Dio è tutto spirito.
Il sacerdote sia che si consideri in faccia a Dio e in faccia a nostro Signore, vedrà che deve a Dio e a nostro Signore l’omaggio della più perfetta castità. Se poi si considererà in faccia ai fedeli vedrà che a tutti deve sempre castità per essere sempre per loro l’uomo di Dio, pronto a dare i sacramenti, pronto a lavorare per guarire le piaghe delle anime.
La castità del sacerdote dev’essere una castità eccellente; se no sarebbe in difetto rispetto a Dio per la quotidiana celebrazione del Sacrificio e per la comunione quotidiana; in difetto rispetto ai fedeli per i quali non sarebbe mai un medico capace, qualora diventasse un uomo colpevole.
La purezza del sacerdote esige da lui una vita seria, regolata, mortificata, assente alle dissipazioni mondane, una vita di preghiera, ritirata e di studio.
È a questo prezzo che il sacerdote sarà l’uomo di Dio e si manterrà in alto nello stato di assunzione che il vescovo gli ha augurato, ordinandolo diacono. In questo modo egli potrà ascoltare la voce di Dio nella preghiera; potrà vedere con tranquillità e dall’alto lo stato delle anime sulla terra: potrà impegnarsi a guarirle senza esporsi a contrarre egli stesso il male.
Insomma, la castità è una virtù così indispensabile al sacerdote che assolutamente non esitiamo di affermare che la potenza del sacerdote è in ragione diretta della sua castità.
Per giudicarne, si guardino da un lato i Santi e dall’altro un sacerdote caduto o che sta per cadere: i Santi sono potenti «in opere et sermone»; i sacerdoti caduti o che stanno per cadere non possono nulla: danno a sé stessi la testimonianza della loro impotenza ed hanno il solo diritto di tacere.



IL BUON ESEMPIO

«Sii esempio ai fedeli», dice San Paolo al suo discepolo Timoteo (I Tim. 4,12). «Offri te stesso come esempio in tutto», dice a Tito (Tit. 2,7).
Scrive San Giovanni Crisostomo che l’anima del sacerdote dev’essere più pura dei raggi del sole (De Sacerdotio lib. VI, cap. 2).
Scrive anche che i vizi di un sacerdote non possono restare nascosti e quando fossero poca cosa si rivelano molto presto: «Ne utiquam possunt sacerdotum vitia latere, sed etiam exigua cito conspicua sunt» (Ibid. lib. III, cap. 14).
Senza il buon esempio il sacerdote non può né agire, né parlare utilmente per le anime. Egli deve avere il diritto d’insegnare agli altri.

San Gregorio Nazianzeno non pensava altrimenti quando diceva: «Prima di purificare bisogna essere purificati e prima d’insegnare la sapienza bisogna averla acquistata. Prima di rischiarare bisogna diventare luminosi; prima di condurre gli altri a Dio bisogna esserne vicini noi stessi e prima di santificare, bisogna essere santo» (Oratio I o II).
Il sacerdote non saprà mai insegnare le virtù che non possiede e non riuscirà a far praticare il bene ch’egli non avrà praticato. L’esempio è la prima forma di predicazione e senza questa non servirà a nulla tutta l’eloquenza di questo mondo: «Bronzo che risuona o un cembalo che tintinna». 

San Girolamo suppone il caso di un sacerdote che avesse intorno a sé dei fedeli virtuosi senza essere virtuoso egli stesso, o meno di coloro che devono imparare da lui e nettamente afferma che un sacerdote così fatto è la distruzione, la rovina della Chiesa, e una rovina violenta: «Vehementer enim Ecclesiam Dei destruit -meliores esse laicos quam clericos».

È facile cogliere la ragione di questo detto. I fedeli non trovando nei loro pastori ciò di cui hanno bisogno per progredire nelle virtù e anche per preservarsi, andranno verso il declino che sarà tanto più rapido quanto il pastore sarà meno atto a sostenerli là dov’essi avrebbero potuto spiccare il volo.

L’esempio è perciò necessario e dev’essere tanto più perfetto quando si devono istruire delle anime più perfette.

LA DISCREZIONE NEL SILENZIO

Il sacerdote deve saper conservare un silenzio discreto, il rispetto che deve a Dio, a nostro Signore, al Santo Sacramento e alle anime, delle quali è pastore gl’impongono una legge indispensabile di discreto silenzio.

Una sua parola di troppo può compromettere il suo ministero e nuocere alla stessa parola di Dio quando l’annuncerà.

Il sacerdote dovrebbe parlare soltanto quando ha da Dio l’ordine di parlare: ciò appartiene agli obblighi del ministro che deve aprire la bocca soltanto secondo le intenzioni del principe che lo ha inviato. 
Se il sacerdote è uomo di preghiera non avrà difficoltà ad osservare la legge della discrezione e del silenzio: quando si ha l’onore d’intrattenerci con Dio nella preghiera, con Nostro Signore durante il Santo Sacrificio, non si ha punta inclinazione a conversare con gli uomini.
Il sacerdote chiacchierone non sarà mai considerato dalle anime come uomo di Dio e in questo le anime non sbagliano mai.

AMDG et BVM

domenica 31 luglio 2016

La prima forma di predicazione

IL BUON ESEMPIO


"Sii esempio ai fedeli", dice San Paolo al suo discepolo Timoteo (I Tim. 4,12). "Offri te stesso come esempio in tutto", dice a Tito (Tit. 2,7). 


Scrive San Giovanni Crisostomo che l'anima del sacerdote dev'essere più pura dei raggi del sole (De Sacerdotio lib. VI, cap. 2). 

Scrive anche che i vizi di un sacerdote non possono restare nascosti e quando fossero poca cosa si rivelano molto presto: "Ne utiquam possunt sacerdotum vitia latere, sed etiam exigua cito conspicua sunt" (Ibid. lib. III, cap. 14). 

Senza il buon esempio il sacerdote non può né agire, né parlare utilmente per le anime. Egli deve avere il diritto d'insegnare agli altri. 

San Gregorio Nazianzeno non pensava altrimenti quando diceva: "Prima di purificare bisogna essere purificati e prima d'insegnare la sapienza bisogna averla acquistata. Prima di rischiarare bisogna diventare luminosi; prima di condurre gli altri a Dio bisogna esserne vicini noi stessi e prima di santificare, bisogna essere santo" (Oratio I o II). 

Il sacerdote non saprà mai insegnare le virtù che non possiede e non riuscirà a far praticare il bene ch'egli non avrà praticato. L'esempio è la prima forma di predicazione e senza questa non servirà a nulla tutta l'eloquenza di questo mondo: "Bronzo che risuona o un cembalo che tintinna".
San Girolamo suppone il caso di un sacerdote che avesse intorno a sé dei fedeli virtuosi senza essere virtuoso egli stesso, o meno di coloro che devono imparare da lui e nettamente afferma che un sacerdote così fatto è la distruzione, la rovina della Chiesa, e una rovina violenta: "Vehementer enim Ecclesiam Dei destruit meliores esse laicos quam clericos". 

È facile cogliere la ragione di questo detto. I fedeli non trovando nei loro pastori ciò di cui hanno bisogno per progredire nelle virtù e anche per preservarsi, andranno verso il declino che sarà tanto più rapido quanto il pastore sarà meno atto a sostenerli là dov'essi avrebbero potuto spiccare il volo. 

L'esempio è perciò necessario e dev'essere tanto più perfetto quando si devono istruire delle anime più perfette.

AMDG et BVM