Miti e leggende nella storia dell’ulivo
La storia dell’ulivo e delle sue caratteristiche è profondamente legata a quella dell’umanità; nelle origini di questo prezioso liquido dorato, l’olio extravergine d’oliva, storia e mitologia si intrecciano strettamente, fino a confondersi.
Comparsa per la prima volta probabilmente nell’Asia occidentale, la pianta dell’ulivo si diffuse in tutta l’area mediterranea, dove il suo culto fu consacrato da tutte le religioni.
Fin dai tempi più remoti l’ulivo fu considerato un simbolo trascendente di spiritualità e sacralità. Sinonimo di fertilità e rinascita, di resistenza alle ingiurie del tempo e delle guerre, simbolo di pace e valore, l’olivo rappresentava nella mitologia, come nella religione, un elemento naturale di forza e di purificazione.
E’ ormai accertato che la coltivazione dell’ulivo ha origini ad almeno 6.000 anni fa: ne fanno fede racconti tradizionali, testi religiosi e rinvenimenti archeologici.
Probabilmente la pianta ebbe il suo habitat originario in Siria ed i primi che pensarono a trasformare una pianta selvatica in una specie domestica furono senza dubbio popoli che parlavano una lingua semitica.
Dalla Siria facile fu il suo trapianto in Grecia dove trovò una inaspettata fortuna e applicazione che la resero, poi, indispensabile ai popoli antichi del Mediterraneo.
E’ ormai accertato che la coltivazione dell’ulivo ha origini ad almeno 6.000 anni fa: ne fanno fede racconti tradizionali, testi religiosi e rinvenimenti archeologici.
Probabilmente la pianta ebbe il suo habitat originario in Siria ed i primi che pensarono a trasformare una pianta selvatica in una specie domestica furono senza dubbio popoli che parlavano una lingua semitica.
Dalla Siria facile fu il suo trapianto in Grecia dove trovò una inaspettata fortuna e applicazione che la resero, poi, indispensabile ai popoli antichi del Mediterraneo.
D’altra parte che questo fosse un simbolo è chiarito anche dall’episodio della colomba che torna all’arca di Noè tenendo nel becco un rametto d’olivo. Lo stesso nome di Gesù, christos, vuol dire semplicemente unto. La Bibbia racconta che fu un Angelo a dare a Seth, il figlio di Adamo, tre semi da mettere fra le labbra del padre dopo la sua morte. Dalle ceneri di Adamo germogliarono così un cedro, un cipresso e un olivo.
A conferma della millenaria storia dell’ulivo ricordiamo come la tradizione pone di fronte all’antica Gerusalemme il “Monte degli Ulivi”, o come la bellezza di questa pianta sia cantata spesso nell’ “Antico Testamento” (v. libro del profeta Osea dove il Dio d’Israele è paragonato alla magnificenza dell’olivo). Sono circa settanta le citazioni che se ne fanno nella bibbia.
Nella tradizione cristiana, da secoli, viene usato olio d’oliva per la celebrazione di alcuni Sacramenti, Cresima, ordinamento sacerdotale, Estrema Unzione. Ed è un rametto di olivo benedetto che viene distribuito a tutti i fedeli la Domenica delle Palme, in ricordo della resurrezione e come simbolo pace.
Nell’antica Grecia agli Ateniesi vincitori venivano offerti una corona di ulivo ed un’ampolla d’olio; mentre gli antichi Romani intrecciavano ramoscelli di ulivo per farne corone con le quali premiare i cittadini più valorosi.
Sappiamo che ad Atene fu sacro alla dea Athena e costituisce fatto indubbiamente interessante che esso sia stato considerato sacro da molte popolazioni e forse non soltanto per il suo apporto calorico, ma per la sua stessa natura di pianta resistente e longeva.
L’olio spremuto dalle olive non era soltanto, nell’antichità, una risorsa alimentare; era usato anche come cosmetico e come coadiuvante nei massaggi.
Inoltre, gli atleti, in particolare coloro che si dedicavano alla lotta, usavano cospargere i muscoli di purissimo olio, sia per il riscaldamento degli stessi, sia per contrastare la presa degli avversari.
Nella tradizione cristiana, da secoli, viene usato olio d’oliva per la celebrazione di alcuni Sacramenti, Cresima, ordinamento sacerdotale, Estrema Unzione. Ed è un rametto di olivo benedetto che viene distribuito a tutti i fedeli la Domenica delle Palme, in ricordo della resurrezione e come simbolo pace.
Nell’antica Grecia agli Ateniesi vincitori venivano offerti una corona di ulivo ed un’ampolla d’olio; mentre gli antichi Romani intrecciavano ramoscelli di ulivo per farne corone con le quali premiare i cittadini più valorosi.
Sappiamo che ad Atene fu sacro alla dea Athena e costituisce fatto indubbiamente interessante che esso sia stato considerato sacro da molte popolazioni e forse non soltanto per il suo apporto calorico, ma per la sua stessa natura di pianta resistente e longeva.
L’olio spremuto dalle olive non era soltanto, nell’antichità, una risorsa alimentare; era usato anche come cosmetico e come coadiuvante nei massaggi.
Inoltre, gli atleti, in particolare coloro che si dedicavano alla lotta, usavano cospargere i muscoli di purissimo olio, sia per il riscaldamento degli stessi, sia per contrastare la presa degli avversari.
I Romani, che coltivarono l’olivo a partire dal 580 A.C., ne fecero un uso che si potrebbe qualificare smodato; Gaio Plinio Secondo afferma che esistono quindici specie di olivo, e ne elenca i pregi, oggi si denominano i vari cultivar con nomi diversi, come taggiasca, casalina, nebiot, gargnan, trillo, carpellese, punteruolo, augellina, cellina del Nardò, colombino, ciccinella, moraiola, leccina, monopolese, ogliarolo del Gargano e tante altre che spesso prendono il nome dalla località in cui crescono.
Nelle culture occidentali la parola olio può sicuramente essere ricondotta alla parola latina oleum e alla greca elaion, sin ancora all’antica semitica ulu.
In un pur breve excursus storico non possiamo dimenticare che la cultura dell’olio di oliva è giunta sino a noi, attraverso il Medioevo, per opera di alcuni Ordini religiosi, fra cui in particolare i Benedettini ed i Cistercensi.
Benedettini, devoti al credo della preghiera e del lavoro, persuadevano contadini ed operai agricoli a non abbandonare le terre ma a dedicarsi a colture redditizie quali l’olivo.
Il grande animatore dei Cistercensi fu Bernardo Chiaravalle, detto: “l’ultimo dei padri della Chiesa”. I suoi monaci insegnarono ai contadini, delusi dallo stato di semi-schiavitù in cui si trovavano, a dissodare i campi, a piantare colture da reddito, a rendersi indipendenti come fattori di produzione.
Non si videro forse mai tanti oliveti e vigne come dal Mille al Quattrocento, gli anni d’oro dei monaci Benedettini e Cistercensi
AMDG et DVM