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venerdì 6 marzo 2015

MEDAGLIA MIRACOLOSA

LA MEDAGLIA MIRACOLOSA


San Massimiliano Maria Kolbe, l'apostolo mariano del  xx.mo secolo, nella sua ammirabile vita francescana trasse ogni amore, forza e saggezza dalla devozione mariana, ricapitolata ed esercitata attraverso la Medaglia Miracolosa, da cui sempre scaturì innumerevole serie di grazie e miracoli.

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“Tutte le persone che porteranno questa Medaglia riceveranno grandi grazie, specialmente portandola al collo”      

“Le grazie saranno più abbondanti per le persone che la porteranno con fiducia”.

Queste sono state le straordinarie parole pronunciate dalla Madonna in occasione delle Apparizioni a Santa Caterina Labouré, nel 1830.

Da allora e fino ad oggi, questo torrente di grazie che fluisce dall’eternità verso di noi, non si è mai fermato specialmente per quanti portano con fede la Medaglia Miracolosa.
La straordinaria successione delle Apparizioni mariane, volute dal Padre Celeste in preparazione provvidenziale agli ultimi tempi malvagi, è cominciata a Parigi nel 1830, in Rue du Bac, dove la Madre di Dio ordinò di far coniare la Medaglia Miracolosa, è continuata a La Salette sempre in Francia, poi a Sant'Andrea delle Fratte in Roma, poi a Lourdes, ed ha trovato un'impressionante conferma a Fatima in Portogallo. 
Ivi la Madonna trasmise ai tre santi pastorelli Lucia, Giacinta e Francesco il gran Messaggio (detto "segreto" di Fatima) che ora stiamo vivendo e che ci prepara al Trionfo del Cuore Immacolato, ossia al riconoscimento ufficiale mondiale della  missione che, per la nostra Redenzione, fu affidata alla Vergine Divina fin dall'eternità, come ci insegna la Liturgia nelle Sante Messe mariane:  Ab initio et ante sæcula creata sum, et usque ad futurum sæculum non desinam : et in habitatione sancta coram ipso ministravi. (Sir. 24, 14). Lungi da noi ogni minimalismo, perché in verità Maria di Nazareth, la Madre di Dio, L'IMMACOLATA CONCEZIONE, è la Madre della Salvezza, Divina Mediatrice, Redentrice (cum Christo) e Avvocata nostra: "AD JESUM PER MARIAM" o meglio: PER MARIAM AD JESUM.
"Amate l'Immacolata senza porre nessun limite perché sempre sarà meno di quanto a Lei si deve". E' la parola dei Santi, la parola e il testamento di San Massimiliano Maria Kolbe.
Immaculata Mariae Virginis conceptio,
Sit nobis semper salus et protectio.

AMDG et BVM

giovedì 14 agosto 2014

14 agosto. San Massimiliano Maria Kolbe

14 agosto. San Massimiliano Maria Kolbe

Imperdibile, da Riscossa cristiana, un articolo di Chiara Gnocchi [qui]. Da meditare e incidere a lettere di fuoco.

Solo quando si è disposti a dare tutto per la Madre di Dio, e quindi per suo Figlio, il sacrificio di sé diventa l’estremo atto d’amore che santifica. Senza questa sacra radice, qualsiasi sacrificio sarebbe vano, un tentativo inutile di glorificare la propria vita. Con il suo gesto, San Massimiliano ha portato a compimento una vita offerta tutta per la gloria di Dio. Per questo il suo dolore fisico e morale è divenuto balsamo per tante anime.
Secondo me la Missione non può continuare senza il sacrificio di qualche suora”.
Sicuro Madre. Due frati sono già morti, ora tocca a noi morire qui, in martirio, come offerta a Cristo per il bene della missione, per tutta la Nigeria”.

Questo brevissimo dialogo tra due suore Francescane dell’Immacolata, di cui sono stata testimone durante la mia missione in Nigeria, rimarrà sempre incastonato nella mia anima. È stato difficile, per me, accettare che due donne giovanissime fossero disposte così serenamente al martirio. E sono sicura che non avrei compreso il vero senso di quelle parole se non avessi avuto la grazia conoscere la figura di San Massimiliano Kolbe, a cui si ispirano i Francescani dell’Immacolata.
Nella vita, nella morte e nella spiritualità di padre Kolbe, c’era qualcosa che parlava a una ragazza  di oggi, ma non riuscivo ad afferrarlo. Poi grazie all’esempio di quelle missionarie, poco più grandi di me, ho scoperto perché la sua testimonianza di martire, che sembra tanto lontana da noi, può essere imitata anche oggi.

Bisogna tornare all’8 gennaio del 1894, quando il futuro santo nacque a Zduska-Wola, cittadina a est della Polonia, e venne battezzato con il nome di Raimondo. I suoi genitori, Maria Dabrowska e Giulio Kolbe, due modesti tessitori, diedero vita a una famiglia basata sull’insegnamento evangelico e marcata da una spiritualità fortemente francescana. Dei loro cinque figli solo tre sopravvissero: Francesco, Raimondo e Giuseppe. Tutti, finiti gli studi, espressero il desiderio di entrare nel seminario francescano di Leopoli.

Fra Massimiliano aveva sempre manifestato la sua predilezione per l’Immacolata, apparsagli quando era ancora un bambino. In una confidenza alla madre, raccontò che un giorno, inginocchiato in chiesa, una donna bellissima gli si avvicinò tenendo in mano due corone, una bianca, simbolo della vita consacrata, e una rossa simbolo del martirio, porgendogliele in offerta, e lui le accettò entrambe.

Nel 1911, Raimondo emise i voti temporanei come francescano conventuale con il nome di Massimiliano. L’anno seguente, nell’ottobre del 1912, studiò a Roma insieme ai migliori membri della sua diocesi. Qui, con il permesso del suo rettore, iniziò a reclutare i membri di quella che sarebbe diventata la Milizia dell’Immacolata: univa così la devozione mariana alla passione per la battaglia in nome di Cristo. Lo scopo principale della Milizia consisteva nel procurare la conversione dei peccatori, degli eretici, degli atei, in particolar modo dei massoni, oltre che la santificazione di tutti i membri.

Il 3 gennaio 1920 ebbe luogo la prima seduta dei sacerdoti francescani di Polonia appartenenti alla M.I.  Poco dopo, per tenere in contatto gli aderenti, che andavano aumentando di numero, padre Kolbe fondò “Il Cavaliere dell’Immacolata”, un periodico finanziato dal sostegno provvidenziale di benefattori. Per avere la possibilità di utilizzare una propria macchina tipografica, padre Massimiliano venne trasferito a Grodno, in Polonia. Quando la sede del convento si fece troppo piccola il frate cercò un terreno esterno al convento per costruire un edificio sufficientemente ampio da ospitare la tipografia: nacque Niepokalanow (Città dell’Immacolata). Fu ideata come un insieme di baracche rudimentali, appena sufficienti a dare riparo a quelli che le abitavano. Massimiliano si appellava al senso più profondo della povertà francescana: per la Causa nessuna avarizia, per i frati nessun lusso e nessuna comodità.

Dopo qualche tempo trascorso a Niepokalanow, padre Kolbe, che nel 1928 era stato ordinato sacerdote,  decise di fondare una missione in Giappone. Così, presso Nagasaki, nel 1931 venne fondata la versione Giapponese di Niepokalanow, chiamata Mugenzai no Sono. Quando il padre, cinque anni dopo, lasciò definitivamente il Giappone, a Nagasaki c’era ormai un gruppo di confratelli capaci di far fruttificare l’eredità ricevuta. Tornato in Polonia, continuò nel suo lavoro di evangelizzazione attraverso i mezzi di comunicazione: il 1° dicembre 1938 iniziava le sue trasmissioni la Stazione Polacca 3 Radio Niepokalanow.

In seguito all’occupazione nazista, nella Città dell’Immacolata si rifugiarono migliaia di fuggiaschi. Dopo una prima deportazione nei campi di prigionia, tornato a Niepokalanow, padre Massimiliano venne di nuovo arrestato dalla Gestapo 17 febbraio 1941 e, il 28 maggio, venne imprigionato ad Auschwitz.

I suoi carcerieri non sapevano che, in quell’inferno, avevano portato un santo capace di trasmettere il senso della vita soprannaturale in chi rischiava di perdere anche l’umanità. Basta scorrere solo alcune testimonianze dei compagni di prigionia:
Fu uno shock enorme per tutto il campo, ci rendemmo conto che qualcuno tra di noi, in quella oscura notte spirituale dell’anima, aveva innalzato la misura dell’amore fino alla vetta più alta. Uno sconosciuto, uno come tutti, torturato e privato del nome e della condizione sociale, si era prestato a una morte orribile per salvare qualcuno che non era neanche suo parente. Migliaia di prigionieri si convinsero che il mondo continuava a esistere e che i nostri torturatori non potevano distruggerlo. Più di un individuo cominciò a cercare questa verità dentro di sé, a trovarla e a condividerla con gli altri compagni del campo”. (Giorgio Bielecki)

Ci spronava a perseverare coraggiosamente. (…) Ci faceva vedere che le nostre anime non erano morte, che la nostra dignità di cattolici e di polacchi non era distrutta. Sollevati nello spirito, tornavamo nei nostri Blocchi ripetendo le sue parole: ‘Non dobbiamo abbatterci, noi sopravvivremo sicuramente, loro non uccideranno lo spirito che è in noi”. (Miecislao Koscielniak)

 “Dopo averlo ascoltato, sentivo che non avevo più paura di morire, una cosa che mi aveva sempre angosciato… Nel campo di concentramento noi eravamo distrutti a causa delle sofferenze inumane e privati della fede, ma lui non solo accettava tutto come dono di Dio, ma lo ringraziava e lo amava ancora di più”. (Ladislao Lewkowicz)
Alla fine del mese di luglio del 1941, padre Kolbe venne trasferito al Blocco 14 e impiegato nei lavori di mietitura. La fuga di uno dei prigionieri causò una rappresaglia da parte dei nazisti, che selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel cosiddetto bunker della fame. Tra questi, vi era anche Francesco Gajowniczek, il quale scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava. Fu a questo punto che, un prete cattolico ormai ridotto allo scheletro, si offrì di morire al suo posto.

 “Lei chi è?” chiese la guardia
“Un prete cattolico.”
“Al posto di chi vuole andare?”
“Al posto di quello là.” E padre Massimiliano indicò il prigioniero che qualche istante prima era scoppiato in lacrime.
“Perché?”
“Io sono vecchio e solo, lui invece è giovane e ha famiglia.”
La guardia fece segno di assenso e si allontanò.
I carcerieri condussero i condannati nella cantina del Blocco numero 11. Ordinarono loro di denudarsi. Da quel momento non avrebbero più ricevuto niente da bere e da mangiare, ma ogni giorno avrebbero dovuto fare la ginnastica mattutina, sorvegliati da uno dei carcerieri.

Ora per padre Kolbe non si trattava più di risparmiare la vita di uno dei detenuti, ma di aiutare gli altri nove a morire. Confessò tutti e, da quel momento, diede tutto se stesso per risollevare lo spirito dei compagni, per accompagnarli ad una morte serena.

Scrisse più tardi Bruno Borgowiec, una SS che fu testimone del martirio:
Si può dire che la presenza di Padre Massimiliano nel bunker fu necessaria per gli altri… Stavano impazzendo al pensiero che non sarebbero più tornati alle loro famiglie, alle loro case e gridavano per la disperazione. Egli riuscì a rendere loro la pace ed essi iniziarono a rassegnarsi. Con il dono della consolazione che egli offrì loro, prolungò le vite dei condannati, di solito così psicologicamente distrutti che morivano in pochi giorni… Le porte della cella erano di quercia, e grazie al silenzio e all’acustica, la voce di Kolbe in preghiera si estendeva anche alle altre celle, dove i prigionieri potevano udirla bene… Da allora in poi, ogni giorno, dalla cella dove si trovavano queste povere anime e alle quali si univano le altre voci, si poteva udire la recita delle preghiere, il Rosario, gli inni. Padre Massimiliano li guidava e gli altri rispondevano in coro. Poiché queste preghiere e gli inni risuonavano in ogni parte del bunker, avevo l’impressione di essere in una chiesa. (…)
Il 14 agosto, erano già passate due settimane. I prigionieri morivano uno dopo l’altro e ne rimanevano solo quattro, tra i quali padre Massimiliano, ancora in stato di conoscenza… Fu inviato il criminale tedesco Bock per fare un’iniezione di acido fenico ai prigionieri… Quando arrivò là, lo dovetti accompagnare alla cella. Vidi padre Massimiliano, in preghiera, porgere lui stesso il braccio al suo assassino. Non potevo sopportarlo. Con la scusa che avevo del lavoro da fare, me ne andai. Ma non appena gli uomini delle SS e il boia se ne furono andati, tornai. Gli altri corpi, nudi e sporchi, erano stesi sul pavimento, con i volti che mostravano i segni della sofferenza. Padre Massimiliano era seduto, eretto, appoggiato al muro. Il suo corpo non era sporco come gli altri, ma pulito e luminoso. La testa era piegata leggermente da una parte. Il suo volto era puro e sereno, raggiante. Chiunque avrebbe notato e pensato che questi fosse un santo
La santità di padre Kolbe non consiste tanto nel sacrificio della propria vita, ma nell’imitazione della Madre di Dio. Solo quando si è disposti a dare tutto per lei, e quindi per suo Figlio, il sacrificio di sé diventa l’estremo atto d’amore che santifica. Senza questa sacra radice, qualsiasi sacrificio sarebbe vano, un tentativo inutile di glorificare la propria vita. Con il suo gesto, San Massimiliano ha portato a compimento una vita offerta tutta per la gloria di Dio. Per questo il suo dolore fisico e morale è divenuto balsamo per tante anime.

E per questo la sua santità è sempre attuale, a cominciare dal coraggio e dalla coerenza con cui ha testimoniato la sua fede. La perseveranza di questo frate nel mostrare il suo sacerdozio ha dato l’unica possibile lettura cristiana del suo sacrificio e perciò  ha condotto tante anima sulla via della Verità.

Questo atto di amore e coraggio infinito, che si chiama Carità, è quanto mai necessario nel mondo d’oggi. I giovani degli Anni Duemila, lontani dal conoscere gli stermini della guerra, sono comunque esposti a un nuovo tipo di violenza, che serpeggia tra i media, l’istruzione, i divertimenti e vorrebbe diluire la loro Fede fino a perderla. Seguendo le tracce di padre Kolbe, possono trovare una via e il sostegno per affrontare il male senza acquiescenza e sottomissione.

San Massimiliano non ha liberato la Polonia dal Nazismo, non ha salvato tutti i deportati del campo di concentramento, ha semplicemente offerto la propria vita in cambio di quella di un solo uomo. Un gesto quasi inutile, visto con occhio umano. Ma, se solleviamo un po’ lo sguardo, ci accorgiamo che, come scrive Tolkien “Sono le piccole azioni della gente comune (…) che tengono a bada l’oscurità”.

Padre Kolbe ha mostrato a tutti e per sempre che, anche ad Auschwitz, Dio continuava a parlare. Ha costretto tutti a sentirne la voce. La stessa che odono quelle suore disposte a morire per le anime di una terra che forse non conoscono neanche tanto bene, ma che amano per amore di Dio.

sabato 19 luglio 2014

Carissimo Amico/a: Un giorno del 1915, a Roma, un uomo maturo vocifera davanti a fra Massimiliano Maria Kolbe, contro il Papa e la Chiesa.



Carissimo Amico/a,

Un giorno del 1915, a Roma, un uomo maturo vocifera davanti a fra Massimiliano Maria Kolbe, contro il Papa e la Chiesa. Il giovane francescano intavola la discussione. «Me ne intendo, giovincello! Sono dottore in filosofia», esclama lo sconosciuto. «E anch'io», replica il fraticello di ventun anni, che ne dimostra sedici. Stupefatto, l'uomo cambia tono. Allora, pazientemente, con una logica inesorabile, il frate riprende uno per uno gli argomenti del suo interlocutore e li ritorce contro di lui. «Verso la fine della discussione, racconta un testimone, il miscredente tacque. Sembrava riflettere profondamente». Chi è mai questo apostolo ardente, descritto da Papa Paolo VI come un «tipo d'uomo cui possiamo conformare la nostra arte di vivere, riconoscendogli il privilegio dell'apostolo Paolo, quello cioè di poter dire al popolo cristiano: Siate miei imitatori, come anch'io lo sono di Cristo (1 Cor. 11, 1)»?


Le due corone

Raimondo Kolbe, il futuro San Massimiliano Maria (canonizzato da Papa Giovanni Paolo II, il 10 ottobre 1982), è nato il 7 gennaio 1894, da modesti tessitori polacchi. Suo padre è molto dolce, un po' taciturno. Sua madre, Maria, è energica e laboriosa. Oltre a due figli morti in tenera età, la famiglia conta tre ragazzi, Francesco, Raimondo e Giuseppe. Raimondo è violento, indipendente, intraprendente e testardo. Di indole vivace e impulsiva, mette spesso a dura prova la pazienza di sua madre, che un giorno gli grida: «Povero figlio mio, che fine farai?»
Il rimprovero provoca nel piccolo una vera e propria conversione. Diventa bravo ed ubbidiente. La mamma si accorge che scompare spesso dietro l'armadio, dove c'è un altarino di Nostra Signora di Czestochowa. Lì, egli prega e piange. «Andiamo, Raimondo, gli dice sua madre, perchè piangi come una ragazzina? - Quando tu mi hai detto: «Raimondo, che fine farai?» ho provato un grosso dispiacere e sono andato a domandare alla Santa Vergine che fine avrei fatto... La Santa Vergine mi è apparsa, tenendo due corone, una bianca e l'altra rossa. Mi ha guardato con amore e mi ha chiesto quale scegliessi; quella bianca significa che sarò sempre puro e quella rossa che morirò martire. Ho risposto: «Le scelgo tutte e due!»».

A partire da quell'incontro, l'anima del fanciullo conserverà un amore indefettibile per la Santa Vergine. La lettura degli scritti di San Luigi Maria Grignion de Monfort gli insegna che «Dio vuol rivelare e far scoprire Maria, il capolavoro delle sue mani, in questi ultimi tempi... Maria deve brillare, più che mai, in misericordia, in forza ed in grazia» (Trattato della vera devozione alla Santa Vergine). Fa dono della sua vita alla Santa Vergine. La consacrazione mariana è un dono d'amore che offre tutto se stesso e unisce all'Immacolata. «Come l'Immacolata appartiene a Gesù, a Dio, così ogni anima, attraverso Lei e in Lei, apparterrà a Gesù, a Dio, e ciò molto meglio che senza di Lei», scriverà San Massimiliano. «La Chiesa cattolica ha sempre affermato che l'imitazione della Vergine Maria, non solo non distoglie dallo sforzo di seguire fedelmente Cristo, ma lo rende anzi più amabile e più facile» (Paolo VI, Esortazione Apostolica Signum Magnum, 13 maggio 1967, n. 8).

Attirato da Maria, Raimondo Kolbe abbraccia la vita religiosa. Il 4 settembre 1910, indossa l'abito francescano, e assume il nome di «fra Massimiliano Maria». Nell'autunno del 1912, i superiori lo mandano all'università gregoriana di Roma. Gli studi non lo distolgono dal suo ideale di santità: vuol procurare a Dio la più grande gloria possibile. «La gloria di Dio consiste nella salvezza delle anime. La salvezza delle anime e la santificazione perfetta di esse, già riscattate ad un prezzo molto elevato dalla morte in croce di Gesù, cominciando naturalmente dalla propria anima, è dunque il nostro nobile ideale». Ma la via della salvezza si trova nel compimento della volontà di Dio. Così il giovane frate scrive a sua madre: «Non ti augurerò nè la salute, nè la prosperità. Perchè? Perchè vorrei augurarti qualcosa di meglio, qualcosa di talmente buono che Dio stesso non saprebbe augurarti di più: che in tutte le cose sia fatta in te, mamma, la volontà di questo ottimo Padre, che tu sappia in tutte le cose compiere la volontà di Dio! È tutto quel che posso augurarti di meglio».




Sotto i piedi di Lucifero

È a Roma che la Santa Vergine gli ispira di fondare la «Milizia o Missione dell'Immacolata»: "MI". All'epoca, la massoneria esultava nella città eterna. «Quando i massoni cominciarono a darsi da fare sempre più sfrontatamente, spiega fra Massimiliano, ed ebbero spiegato il loro stendardo sotto le finestre del Vaticano, quello stendardo in cui, su sfondo nero, Lucifero calpestava l'arcangelo San Michele, quando si misero a distribuire manifestini che inveivano contro il Santo Padre, nacque in me l'idea di fondare un'associazione che avesse come scopo quello di combattere i massoni e gli altri tizzoni d'inferno».
La massoneria è una società segreta dalle mille ramificazioni, che si sforza di dirigere il mondo secondo principi che escludono l'autorità di Dio e la Rivelazione. «Siccome la missione assolutamente propria e specifica della Chiesa cattolica consiste nel ricevere nella loro pienezza e nel conservare in una purezza incorruttibile le dottrine rivelate da Dio, nonché l'autorità costituita per insegnarle, con gli altri soccorsi forniti dal cielo in vista della salvezza degli uomini, è contro di essa che i massoni spiegano il massimo accanimento e dirigono i loro attacchi più violenti» (Leone XIII, Enciclica Humanum genus, 20 aprile 1884). Ma la massoneria distrugge pure la società civile, poiché i suoi principi contraddicono la legge naturale e minano «i fondamenti della giustizia e dell'onestà» (id.). Molto spesso, essa propone all'uomo, come sola regola d'azione, la soddisfazione dei suoi desideri. D'altro canto, la pretesa di rendere lo Stato completamente estraneo alla religione e di amministrare gli affari pubblici come se Dio non esistesse, è «una temerarietà senza pari» (id.). Infatti, come ogni uomo ha l'obbligo «di offrire a Dio il culto di una pia riconoscenza, perchè dobbiamo a Lui la vita ed i beni che la accompagnano, così un dovere analogo si impone ai popoli ed alle società» (id.).

La Congregazione per la Dottrina della Fede, con una notifica in data 26 novembre 1983, ha confermato l'insegnamento di Leone XIII: «Il giudizio della Chiesa sulle associazioni massoniche rimane invariato, perchè i loro principi sono stati sempre considerati come inconciliabili con la dottrina della Chiesa, e l'iscrizione a tali associazioni rimane vietata dalla Chiesa. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla santa comunione».

Minacce programmate scientificamente

Oggi, la massoneria esalta una «cultura di morte», favorendo la contraccezione, l'aborto e l'eutanasia. Contribuisce così alla rovina della famiglia. Per il massone Pierre Simon, che scriveva, nel 1979, «il mio vero essere, non è più il mio corpo, ma la mia loggia (massonica)», la vita è «non più un dono di Dio, ma un materiale che si gestisce... Perde il carattere di assolutezza che aveva nella Genesi». La si può dunque manipolare come si vuole. Così, «la sessualità sarà dissociata dalla procreazione, e la procreazione dalla paternità. È tutto il concetto di famiglia che si sta capovolgendo». Principi analoghi animano attualmente numerosi organismi che, senza esser sempre infeudati apertamente alla massoneria, operano nello stesso spirito. Per questo, Papa Giovanni Paolo II poteva dire a Denver, il 4 agosto 1993: «Le minacce contro la vita non scemano col passar del tempo. Al contrario, prendono dimensioni enormi... Sono minacce programmate scientificamente e sistematicamente».

In presenza delle stesse forze del male, già operanti alla sua epoca, San Massimiliano offre alla nostra vista un bell'esempio di zelo apostolico. Come San Paolo, si applica a vincere il male con il bene (Rom. 12, 21). Forte della sua fede e di una teologia molto sicura, si rivolge alla Vergine Maria ed al di Lei divino Figlio. Per venire a salvarci, il Verbo di Dio ha degnato di farsi uomo, e di scegliere per Madre una vergine promessa ad un uomo di nome Giuseppe, della casa di Davide, e il nome della vergine era Maria (Luca 1, 26-27). La Madre del Salvatore, Maria, fu dotata da Dio di doni all'altezza di una tanto grande responsabilità. L'angelo Gabriele, all'atto dell'Annunciazione, la saluta quale piena di grazia (Luca 1, 28). Esplicitando quest'espressione, Papa Pio IX ha proclamato, nel 1854, il dogma dell'Immacolata Concezione: «La beata Vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio Onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale». Non avendo mai conosciuto il peccato, l'Immacolata ha un potere immenso contro qualsiasi male ed è divenuta la «Madre di tutte le Grazie».


Salvare tutte le anime

Potente contro il male, Nostra Signora trionfa sul demonio. Così, fra Massimiliano fonda la «Missione dell'Immacolata», sulla base della parola di Dio al serpente (il diavolo): Essa (la Santa Vergine) ti schiaccerà il capo (Gen. 3, 15 - Vulgata). Il santo collega questa divina profezia con l'affermazione della liturgia: «Da te sola, o Maria, sono state vinte tutte le eresie». Lo scopo della sua opera è quello di ottenere «la conversione dei peccatori, degli eretici, degli scismatici, ecc., ed, in particolare, dei massoni; e la santificazione di tutti gli uomini sotto la direzione e per il tramite della Beata Vergine Maria Immacolata». Nel suo ardore, egli desidera la conversione di tutti i peccatori, poiché il santo non dirà mai «salvare anime», ma «tutte le anime». Questo desiderio corrisponde al disegno di Dio. Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio Unigenito, perchè chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna (Giov. 3, 16). È Dio che ha amato noi ed ha mandato suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati (1 Giov. 4, 10).È lui la vittima espiatrice per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo (1 Giov. 2, 2).

I membri della «Milizia o Missione» faranno l'offerta totale di se stessi alla Beata Vergine Maria Immacolata, come strumenti nelle sue mani, e porteranno la Medaglia Miracolosa. Reciteranno, almeno una volta al giorno, la seguente preghiera: «O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te e per tutti coloro che non ricorrono a Te, in particolare per i massoni e per tutti quelli che ti sono raccomandati».


Cristianizzare la cultura

La salute di fra Massimiliano non è vigorosa. Malgrado ciò, egli si applica con coraggio allo studio, supera brillantemente gli esami, e diventa, nel 1915, dottore in filosofia. Quattro anni più tardi, ottiene, con pari successo, un dottorato di teologia. Nel frattempo, è stato ordinato sacerdote, il 28 aprile 1918. Progetta la propria formazione intellettuale con lo scopo di istruire il prossimo e di contribuire in questo modo alla salvezza delle anime.

Il suo desiderio è quello di «far servire qualsiasi progresso per la gloria di Dio», vale a dire cristianizzare la cultura moderna. 
«I nuovi problemi e le ricerche suscitate dal progresso del mondo moderno, dichiara, alla nostra epoca, il Concilio Vaticano II, saranno esaminati con la massima cura. Si afferrerà più profondamente come la fede e la ragione si uniscano per raggiungere l'unica verità...In tal modo, si realizzerà come una presenza pubblica, duratura ed universale, del pensiero cristiano in qualsiasi sforzo intellettuale verso la cultura più elevata; e gli studenti presso tali istituti (scuole superiori, università e facoltà) saranno formati in modo da diventare uomini eminenti per il loro sapere, pronti ad assumere gli incarichi più gravosi in seno alla società, e nello stesso tempo, testimoni della fede nel mondo» (Gravissimum educationis, 10).

Ma il santo deve sperimentare che il bene non si fa senza la croce. Infatti, come ricorda Santa Teresa di Gesù Bambino, «solo la sofferenza genera le anime». Verso la fine del 1919, viene inviato a Zakopane, in un sanatorio, in cui mancano i soccorsi religiosi. Benchè ammalato, intraprende un difficile apostolato presso gli altri degenti, aiutandosi con medaglie miracolose. Conquista i cuori e le menti ad uno ad uno, e il suo successo è tale, che lo si invita a tenere conferenze. L'apostolo di Maria non aspettava che quello. Molti increduli si convertono.




Il veleno dell'indifferenza

Poi, Padre Massimiliano inaugura una serie di «incontri apologetici», sull'esistenza di Dio e la divinità di Cristo. L'amore che manifesta per la verità traspare in una lettera scritta al fratello Giuseppe: «Ai giorni nostri, il veleno peggiore è l'indifferenza, che trova le sue vittime non solo fra la borghesia, ma anche fra i monaci, a gradi diversi, naturalmente». «Tutti i cristiani, dice Papa Pio XII, dovrebbero avere, per quanto possibile, un'istruzione religiosa profonda ed organica. Sarebbe, infatti, pericoloso sviluppare tutte le altre conoscenze e lasciare il patrimonio religioso senza cambiamenti, tale quale esso era nella prima infanzia. Per forza di cose incompleto e superficiale, sarebbe soffocato e forse distrutto, dalla cultura areligiosa e dalle esperienze della vita adulta, come testimoniano tutti coloro la cui fede naufragò, a causa di dubbi rimasti nell'ombra, di problemi restati senza soluzione. Siccome è necessario che il fondamento della fede sia razionale, uno studio sufficiente dell'apologetica diventa indispensabile» (24 marzo 1957).

Nel 1927, Padre Massimiliano fonda la città mariana francescana di Niepokalanow (letteralmente: la città dell'Immacolata). Tutto ivi è dedicato a Maria. Numerosi sono coloro che chiedono di essere ammessi al noviziato, a tal punto che il convento conterà fino a mille monaci. «A Niepokalanow, dice Padre Massimiliano, viviamo con un'idea fissa, se ci si può esprimere così, scelta volontariamente ed amata: l'Immacolata!» La stampa, la cui influenza non cessa di crescere, gli sembra un terreno di apostolato privilegiato. Lancia, in vista dell'evangelizzazione, la rivista «Il Cavaliere dell'Immacolata», che diventerà ben presto la più importante pubblicazione della Polonia. Nel 1939, la tiratura raggiungerà il milione di esemplari.




«Conosce il giapponese?»

Lungi dall'essere l'unico obiettivo di Padre Massimiliano, la Polonia è soltanto un trampolino. Appena tre anni dopo la fondazione di Niepokalanow, incontra, in un treno, degli studenti giapponesi. La conversazione si avvia, e il monaco offre delle medaglie miracolose. In cambio, gli studenti gli danno degli elefantini di legno che servono loro da feticci. Da allora, il santo non cessa di pensare alla grande pena di quelle anime senza Dio. Perciò, un bel giorno, si presenta al suo provinciale e gli chiede il permesso di andare in Giappone per fondarvi una Niepokalanow giapponese. «Ha denaro? domanda il Padre Provinciale - No. - Conosce il giapponese? - No. - Ha almeno amici laggiù, qualche appoggio? - Non ancora, ma ne troverò, con l'aiuto di Dio».

Una volta ottenute tutte le autorizzazioni, Padre Massimiliano parte per il Giappone, nel 1930, con quattro fratelli. A forza di lavoro, di audacia, di preghiere e di fiducia nell'Immacolata, essi riescono a creare la «Mugenzai no Sono», testualmente: il giardino dell'Immacolata. Due anni dopo la fondazione in Giappone, Padre Massimiliano s'imbarca, per andare a fondare una città in India. Alle prese con grosse difficoltà, prega Santa Teresa di Lisieux: non aveva convenuto con lei, un tempo, a Roma, che avrebbe pregato tutti i giorni per la sua canonizzazione, ma che, in cambio, essa sarebbe stata la patrona delle sue opere? Santa Teresa onora il contratto. Tutti gli ostacoli spariscono come per incanto. Ma, spossato e consunto dalla febbre, l'apostolo di Maria Immacolata deve rientrare in Polonia, nel 1936.


L'amore o il peccato

Settembre 1939: la guerra si abbatte sul paese. San Massimiliano si dedica all'apostolato con più ardore che mai. «Se il bene consiste nell'amore di Dio ed in tutto ciò che scaturisce dall'amore, il male, nella sua essenza, è una negazione dell'amore», si legge nell'ultimo articolo da lui pubblicato. Ecco il vero conflitto. In fondo ad ogni anima, vi sono questi due avversari: il bene ed il male, l'amore ed il peccato. Sant'Agostino ha espresso tale conflitto in questi termini: «Due amori hanno costruito due città: l'amore di sè fino al disprezzo di Dio ha costruito la città terrestre; l'amore di Dio fino al disprezzo di sè ha costruito la città celeste» (De civitate Dei, XIV, 28).

Il 17 febbraio 1941, poliziotti della Gestapo catturano Padre Massimiliano e quattro altri frati e li conducono, inizialmente, nella prigione di Pawiak, a Varsavia. Padre Massimiliano viene picchiato violentemente, in quanto religioso e prete. Scrive ai suoi discepoli rimasti a Niepokalanow: «L'Immacolata, Madre tanto amante, ci ha sempre circondati di tenerezza e veglierà sempre... Lasciamoci guidare da Lei, in modo sempre più perfetto, dove Essa vorrà portarci, e qualunque sia la sua volontà, affinchè, compiendo fino in fondo il nostro dovere, possiamo, per amore, salvare tutte le anime». Qualche giorno più tardi, Padre Kolbe viene trasferito al campo di concentramento di Auschwitz.

Ben presto ricoverato all'ospedale, a causa delle sevizie subite, passa tutte le notti a confessare, malgrado il divieto e la minaccia di rappresaglie. Sa convertire in bene il male stesso, e spiega un giorno ad un malato: «L'odio non è una forza creatrice. Solo l'amore è creatore. Questi dolori non ci faranno cedere, ma devono aiutarci, sempre di più, ad esser forti. Sono necessari, con altri sacrifici, perchè coloro che rimarranno dopo di noi siano felici». Fa condividere ai suoi compagni l'esperienza del mistero pasquale, in cui la sofferenza vissuta nella fede, si trasforma in gaudio. «Il paradosso della condizione cristiana chiarisce singolarmente quello della condizione umana: nè la prova, nè la sofferenza sono eliminate da questo mondo, ma assumono un senso nuovo, nella certezza di partecipare alla Redenzione operata dal Signore e di condividere la sua gloria» (Paolo VI, Esortazione Apostolica Sul gaudio cristiano, 9 maggio 1975).




Lavorare con tutte e due le mani

Alla fine di luglio del 1941, un prigioniero del blocco 14, quello di Padre Massimiliano, è evaso. Il capo del campo di concentramento aveva avvertito che, per ogni evaso, dieci uomini sarebbero stati condannati a morire di fame e di sete. Uno degli infelici designati per morire, grida: «Oh! povera moglie mia, figli miei, non vi rivedrò più!» Allora, in mezzo ai compagni interdetti, Padre Massimiliano si fa strada ed esce dalle file. «Vorrei morire al posto di uno di questi condannati», e designa quello che si era lamentato. «Chi sei?» chiede il capo. «Prete cattolico», risponde Padre Massimiliano. Poichè è come prete cattolico che vuol dare la propria vita. L'ufficiale, stupefatto, rimane in silenzio per un istante, poi accetta l'eroica proposta.

I carcerieri si rendono conto che, nel blocco della morte, succede qualcosa di nuovo. Invece delle grida abituali di disperazione, sentono alzarsi canti. La presenza di Padre Massimiliano ha cambiato l'atmosfera dell'orribile cella. La disperazione ha lasciato il posto ad un'aspirazione verso il cielo, verso la Madre della Misericordia, un'aspirazione piena di speranza, di accettazione e di amore. Alla vigilia dell'Assunzione, solo Padre Massimiliano è pienamente cosciente. Quando le guardie entrano per dargli il colpo di grazia, è in preghiera. Vedendo la siringa, tende da sè il braccio scarno all'iniezione mortale.

In vita, San Massimiliano Kolbe amava ripetere: «Su questa terra, non possiamo lavorare che con una sola mano, perchè con l'altra dobbiamo aggrapparci, per non cadere. Ma in Cielo, sarà diverso! Nessun pericolo di scivolare, di cadere! Allora, lavoreremo ancora di più, con tutte e due le mani!» Gli chiediamo di intercedere per Lei e per tutti coloro che Le sono cari, vivi e defunti, presso la Vergine Immacolata e San Giuseppe.
Dom Antoine Marie osb

lunedì 16 giugno 2014

San Francesco Antonio Fasani


Carissimo Amico/Amica,

Il 25 marzo 1858, verso le quattro del mattino, Bernadette Soubirous lascia la «segreta», la catapecchia in cui abita la sua famiglia, per recarsi alla grotta di Massabielle, dove, dall'11 febbraio, le appare una misteriosa Signora. L'adolescente di quattordici anni attraversa Lourdes addormentata, accompagnata da alcune persone cui sua zia ha rivelato il segreto. Ha appena recitato una posta del rosario davanti alla grotta, quando la Signora le si manifesta. Sorridente, le fa segno di avvicinarsi. Bernadette si trova allora vicinissima alla Visitatrice cui trasmette, nel suo dialetto regionale, la richiesta pressante del suo Curato: «Signora, vuol avere la bontà di dirmi chi è?» L'Apparizione sorride e non risponde. Per due volte, la ragazza ripete la domanda. La terza volta, la Signora, che tiene le mani aperte, le congiunge all'altezza del cuore e dice: «Que soy era Immaculada Councepciou... (cioè: Sono l'Immacolata Concezione). Desidero che qui sorga una cappella...» Poi, sempre sorridendo, si dilegua.

Sulla via del ritorno, Bernadette non smette di ripetere, per paura di dimenticarle, quelle parole incomprensibili per lei: «Que soy era Immaculada Councepciou». Corre dal Signor Curato e gli dichiara, senza nemmeno salutarlo: «Que soy era Immaculada Councepciou. – Cosa dici mai, piccola presuntuosa? – È la Signora che mi ha detto queste parole... – La tua Signora non può avere questo nome! Ti sbagli! Sai cosa vuol dire l'Immacolata Concezione? – Non lo so; per questo ho ripetuto le parole continuamente, fin qui, per non dimenticarle».

Come potrebbe sapere cosa significa «l'Immacolata Concezione», lei che non ha ancora imparato a leggere e che si è appena iscritta al Catechismo? Ma il sacerdote lo sa benissimo: meno di quattro anni prima, papa Pio IX ha proclamato la Santa Vergine immacolata nella Concezione. Nella Bolla Ineffabilis, dell'8 dicembre 1854, ha detto: «Noi determiniamo che la dottrina che considera che la Beata Vergine Maria è stata, fin dal primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, preservata intatta da ogni macchia del peccato originale, è una dottrina rivelata da Dio, e pertanto essa deve essere fermamente e costantemente creduta da tutti i fedeli». Più di diciotto secoli dopo Gesù Cristo, attraverso tale atto solenne, il Papa ha definito un nuovo dogma. Certi si chiedono: come è possibile? La Chiesa ha un simile potere? La Rivelazione non è finita con Gesù Cristo?

Effettivamente, nella Lettera agli Ebrei, si legge: Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio (Eb. 1, 1-2). San Giovanni della Croce commenta questo passo nei seguenti termini: «Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, Dio non ha da dirci altre parole. Ci ha detto tutto in una sola volta con questa sola Parola... infatti quello che un giorno diceva parzialmente ai profeti, l'ha detto tutto in suo Figlio, dandoci questo tutto che è suo Figlio». Il Concilio Vaticano II ricorda anch'esso: «L'economia cristiana, in quanto è Alleanza Nuova e definitiva, non passerà mai e non c'è da aspettarsi alcuna nuova Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa di nostro Signore Gesù Cristo» (Dei Verbum, n. 4).

Progredire nell'intelligenza della fede

«Tuttavia, insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, anche se la Rivelazione è compiuta, non è però completamente esplicitata; toccherà alla fede cristiana coglierne gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli» (CCC, n. 66). La Rivelazione è stata affidata da Dio alla Chiesa, perchè essa la trasmetta e la interpreti. «L'ufficio di interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa è stato affidato al solo Magistero vivente della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo... Il Magistero della Chiesa si avvale in pienezza dell'autorità che gli viene da Cristo quando definisce qualche dogma, cioè quando, in una forma che obbliga il popolo cristiano ad un'irrevocabile adesione di fede, propone verità contenute nella Rivelazione divina... Così, grazie all'assistenza dello Spirito Santo, l'intelligenza tanto delle realtà quanto delle parole del deposito della fede può progredire nella vita della Chiesa» (CCC, nn. 85-88-94); cosa che si è realizzata in particolare con la definizione del dogma dell'Immacolata Concezione.

Questo dogma si basa, nella Sacra Scrittura, sul saluto dell'Angelo Gabriele alla Vergine Maria: Ti saluto, o piena di grazia (Luca 1, 27); tale pienezza di grazia è veramente completa solo se si estende, nel tempo, al primo istante della vita della Santa Vergine, quello della sua concezione. Tuttavia, questo passo del Vangelo, pur fornendo una preziosa indicazione, non basta, da solo, a dimostrare la verità dell'Immacolata Concezione della Santissima Vergine; perchè la luce che contiene sia afferrata pienamente, bisogna ricorrere alla testimonianza della Tradizione. Infatti, la Chiesa «non trae la certezza su tutti i punti della Rivelazione dalla sola Sacra Scrittura. Per questo la Scrittura e la Tradizione devono esser ricevute e venerate con pari sentimento di pietà e di rispetto» (Concilio Vaticano II, Dei Verbum, n. 9).

La credenza nell'immacolata concezione di Maria risale ai primi secoli della storia della Chiesa. I Padri della Chiesa che ne hanno parlato sono unanimi nel riconoscere che la Madre di Gesù Cristo è la sposa tutta bella e senza macchia di cui è questione nel Cantico dei Cantici (4, 7). Sant'Efrem († 373) scrive che la Madre di Dio è «piena di grazia..., tutta pura, tutta immacolata, tutta senza peccato..., assolutamente estranea a qualsiasi lordura ed a qualsiasi macchia del peccato» (Oratio ad Deiparam). La festa liturgica della Concezione di Maria (8 dicembre) esiste almeno dal settimo secolo nella Chiesa greca. Grandi teologi, nel Medioevo, hanno, è vero, formulato obiezioni contro la credenza nell'Immacolata Concezione, che sembrava loro costituire una minaccia per l'universalità della Redenzione di Cristo. Il beato Giovanni Duns Scoto (1266-1308), e, come lui, i teologi della scuola francescana, hanno risposto che Maria è rimasta immune da ogni macchia del peccato originale, in previsione dei meriti futuri di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano; la Santa Vergine è stata dunque effettivamente riscattata dal Sangue di Gesù Cristo, ma in un modo affatto sublime, quello della preservazione dal peccato.

San Massimiliano Maria Kolbe, morto quale martire della carità ad Auschwitz nel 1941, figura fra i Francescani che hanno parlato meglio dell'Immacolata Concezione. San Francesco Antonio Fasani, canonizzato da Papa Giovanni Paolo II il 13 aprile 1986, è meno noto: molto tempo prima della proclamazione del dogma, questo frate  ha avuto il merito di far conoscere ed amare l'Immacolata.

Il «peccatore dell'Immacolata»

Antonio Giovanni Fasani è nato il 6 agosto 1681 a Lucera (Foggia), nelle Puglie (sud-est dell'Italia). I suoi genitori sono di umile condizione; il padre si guadagna la vita quale bracciante agricolo. Nella famiglia Fasani, povera di beni materiali, si è ricchi di fede. Tutte le sere, si recita il rosario davanti ad un'immagine di Maria Immacolata. Antonio trova presso la madre le radici della sua profonda devozione alla Santa Vergine. Fin dal 1695, a quattordici anni, il ragazzo è accolto dai Frati Minori Conventuali. L'anno seguente, pronuncia i voti con il nome di Fra Francesco Antonio, nel convento di Monte Sant'Angelo. Il giovane monaco ha un temperamento vivace e ardente, temperato da un'umile riserva. Si è fatto Monaco per diventare perfetto.

Dal 1696 al 1709, Fra Francesco Antonio continua gli studi di teologia, che conclude ad Assisi, conseguendo il grado di Maestro, il che fa che venga chiamato «Padre Maestro». Il suo affetto e la sua venerazione per l'Immacolata non cessano di crescere e, nella sua umiltà, egli definisce spesso se stesso come «il peccatore dell'Immacolata», vale a dire un povero peccatore riscattato dall'intercessione di Maria Immacolata.

Per la Quaresima del 1707, Padre Fasani viene mandato improvvisamente a predicare a Palazzo, non lontano da Assisi. La sua giovane età, la sicurezza del suo sapere teologico, il calore della sua voce, l'ascetismo del viso da cui traspare una vita interiore profonda, come pure la convinzione che lo anima, provocano nel popolo entusiasmo ed edificazione. Un testimone riferisce: «Predicava con un fervore sensibile, in modo che imprimeva nell'anima degli ascoltatori le verità che annunciava... Parlava della Santa Madre di Dio con un tal trasporto di devozione, una tale tenerezza ed un'espressione del volto talmente affettuosa, che sembrava aver avuto un colloquio faccia a faccia con Lei».

Il male più grave

Tornato a Lucera, dove rimarrà per tutta la vita, predica ivi e in tutta la regione delle Puglie. La sua predicazione, basata sulla Parola di Dio, non lascia nessun posto alla fioritura retorica, tanto in onore all'epoca. Padre Fasani manifesta un orrore e un disappunto indicibile quando vede Dio offeso o quando gli si riferiscono azioni peccaminose. Quest'orrore del peccato, condiviso da tutti i Santi, non è per nulla esagerato. Sant'Ignazio di Loyola, negli Esercizi Spirituali, tante volte raccomandati dalla Chiesa, invita colui che partecipa ad un ritiro spirituale a chiedere alla Santa Vergine la grazia di conoscere intimamente i propri peccati e di concepirne orrore (n. 63). 
Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna: «Agli occhi della fede, nessun male è più grave del peccato, e niente ha conseguenze peggiori per gli stessi peccatori, per la Chiesa e per il mondo intero» (n. 1488). Infatti, per il peccatore, la conseguenza del peccato mortale (cioè del peccato commesso in materia grave, con piena coscienza e pieno consenso) significa la perdita della grazia santificante; e, se muore in tale stato, la privazione della vita eterna. San Paolo avverte di ciò i Corinti:  “O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: nè immorali, nè idolatri, nè adulteri, nè effeminati, nè sodomiti, nè ladri, nè avari, nè ubriaconi, nè maldicenti, nè rapaci erediteranno il regno di Dio” (1 Cor. 6, 9-10).

Ed a colui che si avvale della bontà di Dio per rimanere nel peccato e rassicurarsi sulla sua sorte eterna, san Paolo risponde: “O ti prendi gioco della ricchezza della bontà di Dio, della sua tolleranza e della sua pazienza, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione? Tu, però, con la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che perseverando nelle opere di bene cercano gloria, onore e incorruttibilità; sdegno ed ira contro coloro che per ribellione resistono alla verità e obbediscono all'ingiustizia (Rom. 2, 4-8).

Dal pulpito, san Francesco Antonio si infiamma contro i vizi e gli scandali pubblici. Allora, fioccano contro di lui reazioni di sdegno e ingiurie: lo si taccia di isterico e di rozzo; ma, in fin dei conti, si va comunque a confessarsi da lui. Ogni giorno, rimane per parecchie ore nel confessionale, accogliendo persone di tutte le specie con la massima pazienza e con il volto gioioso. Le sue parole tendono ad ispirare il pentimento e la volontà di correggersi. Questo ministero finisce coll'assorbire la maggior parte del suo tempo. Grande è la sua gioia quando riesce a portare alla conversione gente dai costumi dissoluti o scandalosi, peccatori inveterati.

Maria, rifugio dei peccatori

Nella sua lotta contro il peccato, il santo ricorre a Maria Immacolata. Sottolinea che se la Madre di Dio è immacolata, è per essere il rifugio dei peccatori. La sua purezza cancella le nostre macchie e ci rende puri; il suo splendore allontana le nostre tenebre. Dopo il peccato di Adamo e Eva, Dio dice al serpente (cioè al demonio): Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno (Gen. 3, 15 [Vulgata]). I Padri della Chiesa hanno visto questa profezia compiersi nella Vergine Immacolata, nuova Eva, che ha assecondato in modo unico il divino Figlio, nuovo Adamo, nella sua lotta contro il male.

Ai peccatori che vogliono convertirsi, Padre Fasani ripete instancabilmente che Maria, nemica del peccato, è in pari tempo la Madre della misericordia e la «porta del Cielo» perchè ci invita a pregare, a frequentare i sacramenti della penitenza e dell'Eucaristia, ad ascoltare il suo divino Figlio ed a seguirLo. San Massimiliano Maria Kolbe, due secoli più tardi, giungerà fino a dire che l'Immacolata è la personificazione della misericordia divina: non aggiunge nulla alla misericordia di Dio, che passa attraverso il Sacro Cuore di Gesù; ma, conformemente alla volontà di suo Padre, Gesù vuole che la misericordia sia dispensata dalle mani di Maria.

Nell'Immacolata Concezione, san Francesco Antonio vede in primo luogo la realtà positiva, la sublimità della grazia che innalza fin dal primo istante la persona di Maria, perfettamente santificata in vista della sua missione di Madre di Dio. Mette in luce, come in contrasto con la grandezza del dono divino, l'umiltà della Vergine in quanto creatura; la sublimità le viene esclusivamente da Dio: non è una conquista della natura umana. Padre Fasani sottolinea anche che dopo quell'inizio straordinario, la vita di Nostra Signora è stata segnata da una crescita spirituale costante, in una libera corrispondenza con le grazie di Dio.

In occasione delle prediche, il santo distribuisce ampiamente, soprattutto ai bambini, immaginette della Vergine Immacolata, sul retro delle quali è iscritta una pia raccomandazione, una breve preghiera o un pensiero elevato. I frutti spirituali di tale pratica semplicissima sono numerosi. La Santa Vergine si degna di compiere guarigioni miracolose, che si producono quando i malati toccano dette immagini.


Modello dell'anima d'orazione

Le predicazioni mariali di Padre Francesco Antonio si concludono sempre con una lezione pratica: i cristiani possono e devono imitare Maria, perfettissimo modello di fedeltà al Vangelo, per giungere in sua compagnia all'intimità d'amore con Gesù e appartenerGli interamente.
Gli piace contemplare nella Madre di Dio il modello dell'anima d'orazione. La vita della Vergine Immacolata è stata un colloquio permanente con Dio. Chi più di Essa, dopo il suo divino Figlio, può insegnarci a pregare? Il santo fa notare ai suoi monaci: «Si studia Dio, si predica Dio, si discute di Dio, ma lo spirito rimane arido, senza devozione: molto sapere, e nessuna orazione».

Ma che cos'è l'orazione? A questa domanda, il Catechismo della Chiesa Cattolica risponde citando santa Teresa d'Avila: «L'orazione mentale, a mio parere, non è che un intimo rapporto di amicizia, nel quale ci si intrattiene spesso da solo a solo con quel Dio da cui ci si sa amati». L'orazione cerca l'Amore dell'anima mia (Cantico dei Cantici 1, 7), Gesù, e, in Lui, il Padre. È anche ascolto della Parola di Dio. Lungi dall'esser passivo, questo ascolto s'identifica con l'obbedienza della fede, incondizionata accoglienza del servo e adesione piena d'amore del figlio (ved. CCC, nn. 2709-2716).

La scelta del tempo e della durata dell'orazione dipende da una volontà determinata, rivelatrice dei segreti del cuore. Non si fa orazione quando si ha tempo: si prende il tempo di essere per il Signore, con la ferma decisione di non riprenderglielo lungo il cammino, qualsiasi siano le prove e l'aridità dell'incontro. L'orazione può farsi «contemplazione», cioè sguardo di fede fissato su Gesù. «Io lo guardo ed Egli mi guarda», diceva al suo santo curato il contadino d'Ars in preghiera davanti al Tabernacolo. La luce dello sguardo di Gesù illumina gli occhi del nostro cuore che purifica; ci insegna a vedere tutto nella luce della sua verità e della sua compassione per tutti gli uomini. La contemplazione porta il suo sguardo anche sui misteri della vita di Cristo. In questo modo conduce alla conoscenza intima del Signore, per amarLo e seguirLo di più (cfr. sant'Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali, n. 104).

Difensore dei poveri

Padre Francesco Antonio pratica la virtù della povertà dormendo su un pagliericcio nella sua angusta cella, accontentandosi di poco e portando vestiti usati. La vista degli indigenti lo affligge, e nelle sue prediche insiste sulla carità nei riguardi dei poveri. Per essi, mendica denaro e vestiti. Un giorno, un mendicante seminudo gli chiede qualche vestito per coprirsi. Padre Francesco si spoglia dei suoi vestiti principali e torna in convento coperto del solo saio.

Gestisce saggiamente la «banca di credito» che ha sede nel convento ed il cui scopo è quello di proteggere i poveri contro le speculazioni degli usurai. Grazie a detto ente, può organizzare una mensa aperta quotidianamente ai bisognosi. Tutti i giorni si vede accostarcisi un'umile donna del popolo, Isabella Occhiaperti, la madre stessa di Padre Fasani. Nel paese rovinato dalle guerre, in cui i latifondisti gravano i contadini di tasse enormi, il Francescano ricorda ai ricchi il dovere di condividere i beni di questo mondo e di dare un giusto salario ai loro operai.
Oggi come ieri, la pratica della giustizia sociale è un grave obbligo per i cristiani, specialmente i più abbienti. «San Giovanni Crisostomo lo ricordava con forza ai suoi contemporanei: «Non condividere con i poveri i propri beni, è defraudarli e toglier loro la vita. Non sono nostri i beni che possediamo, sono dei poveri».

Bisogna adempiere innanzitutto gli obblighi di giustizia, perchè non venga offerto come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia. «Quando doniamo ai poveri le cose indispensabili, non facciamo loro delle elargizioni personali, ma rendiamo loro ciò che è loro. Più che compiere un atto di carità, adempiamo un dovere di giustizia» (San Gregorio Magno)» (CCC, n. 2446). Tale dovere di giustizia è particolarmente grave all'epoca presente, segnata dallo «scandalo delle società opulente attuali, in cui i ricchi diventano sempre più ricchi, perchè la ricchezza produce la ricchezza, ed i poveri diventano sempre più poveri, perché la povertà tende a creare altre povertà. Questo scandalo non esiste solamente all'interno delle varie nazioni; ha dimensioni che superano ampiamente le frontiere... In realtà, è lo spirito di solidarietà che deve crescere nel mondo, per vincere l'egoismo delle persone e delle nazioni» (Giovanni Paolo II, 4 novembre 2000).

L'umiltà che fa i miracoli

Indotto a difendere la virtù di una ragazza quindicenne, senza mezzi, su cui un gentiluomo ha messo gli occhi, san Francesco Antonio la porta in un orfanatrofio, dove essa sarà educata gratuitamente. Cosa che gli procura le minacce e l'odio del gentiluomo che lo denuncia a Roma, dove deve recarsi per discolparsi. Introdotto alla presenza del Papa, non dice nulla per difendersi; ma, mentre bacia umilmente i piedi del Pontefice, questi, che soffre di gotta, si ritrova, a tale contatto, istantaneamente liberato dal suo male; è così convinto dell'innocenza del Francescano. La sua obbedienza produce anch'essa prodigi meravigliosi. Un giorno in cui predica dal pulpito, il suo vescovo, entrando nella chiesa, gli chiede, davanti a tutti, di tacere; tace immediatamente. Qualche giorno dopo, il segretario del vescovo viene a prenderlo: il Prelato, colpito da un violento malessere, reclama Padre Francesco Antonio al suo capezzale. «Inutile, risponde il santo; ha già ricevuto la guarigione da Maria Immacolata».

Il 29 novembre 1742, all'inizio di una novena preparatoria alla festa dell'Immacolata Concezione, Padre Francesco Antonio Fasani muore di spossatezza. Il 16 aprile 1986, canonizzandolo, Giovanni Paolo II sottolineava: «Predicatore instancabile, san Fasani non attenuò mai le esigenze del Messaggio evangelico nel desiderio di compiacere agli uomini». Possa egli, dall'alto del Cielo, aiutarci a ricorrere instancabilmente a Colei che, per sempre immune da ogni macchia, può liberarci da tutto il male che è in noi.
«O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te».

Dom Antoine Marie osb

AMDG et BVM