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mercoledì 13 gennaio 2016

RIFLESSIONI "natalizie"

Il Verbo di Dio si è fatto carne

Gesù, Maria, Giuseppe… “Non c’era posto per loro”… nella cattedrale
Antonio Socci


Benedetto XVI, nella messa di mezzanotte di Natale, l’anno 2011, ha pronunciato un’omelia tutta incentrata su san Francesco per la sua meravigliosa “invenzione” del presepio, a Greccio, nell’anno 1223. Spiegando che quell’umile rappresentazione coglie il cuore del cristianesimo.
Incredibilmente, proprio quest’anno, il vescovo di Rieti

[Si chiama Delio Lucarelli, e questi è ]
 
che è il vescovo di Greccio – cioè del luogo dove Francesco inventò il presepio – ha deciso: niente più storico presepio nella cattedrale.
Gesù bambino, la Madonna, san Giuseppe, con i pastori e i magi… 
Come a Betlemme duemila anni fa, “non c’era posto per loro” nella cattedrale di Rieti.
Negli anni scorsi su queste pagine più volte abbiamo criticato certe crociate ideologiche contro il presepio, soprattutto nelle scuole, dovute a professori o presidi imbevuti di “politically correct” che consideravano quella tradizione cristiana una discriminazione verso alunni di religione islamica.
Ma non era mai capitato che fosse un vescovo ad “abolire” il presepio e soprattutto sta facendo clamore – nella rete – il fatto che si tratti proprio del vescovo di Greccio.

PAROLE SCONCERTANTI

Più ancora della decisione in sé, hanno sconcertato le motivazioni che sono state fornite dal settimanale diocesano di Rieti per giustificare la scelta.

La toppa è stata molto peggiore del buco.
Infatti il giornale ha scritto che si tratta di “una scelta di sobrietà” e “un segno tangibile di condivisione”. Condivisione di cosa? Con chi? Il presepio lo fanno tutti. E poi perché “scelta di sobrietà”?
In omaggio al governo Monti, “sobrio” per definizione? Siamo a tal punto alla mercé delle mode politiche da svendere il presepio?
Allora il papa che anche quest’anno (come tutti i parroci della Chiesa Cattolica) ha fatto allestire il presepio in piazza San Pietro non avrebbe fatto una scelta “sobria” e “di condivisione”?
La Curia reatina sembra considerare il presepio un segno di “edonismo”. Ma ignora – proprio lei – la storia del presepio? Esso nasce dal santo della povertà come segno di amore al Salvatore da parte dei più poveri e dei più semplici.
L’ineffabile settimanale diocesano reatino sostiene che sarebbe “superficiale” (oltreché “edonista”) chi giudicasse criticamente la cancellazione del presepio.
Dunque la Curia reatina – unica nella cristianità – avrebbe dato un segno di profondità e di ascesi? Negando il presepio ai fedeli?
Il giornale diocesano dice che dobbiamo “contribuire a recuperare risorse”. Abolendo il presepio? Non sarebbe un risparmio maggiore abolire il giornale diocesano visto che – anche in questo numero – sembra preoccupato soprattutto di difendere le esenzioni dall’Ici della Chiesa?
Il settimanale motiva la “cancellazione” del presepio invitando a “rinunciare a quello che ci sembra necessario per concentrarci su quello che è essenziale”.
Ebbene, la difesa dell’esenzione dell’Ici sarà “necessaria” per la Chiesa, ma davvero non sembra “l’essenziale” della sua missione nella storia. Oppure tutto si è capovolto?

GESU’ CACCIATO

Un fedele ha scritto: “La Cattedrale senza presepe non è per nulla più sobria, è solo più brutta, e la bruttezza non salverà certo il mondo… se si deve rinunciare ad usare la bellezza per parlare al mondo di Dio, cosa che costituisce l’unica ragione di essere di una cattedrale, allora è la cattedrale ad essere superflua”.

In realtà dal 1997, su direttiva dei vescovi, è stato sfrattato dalle chiese italiane lo stesso Gesù eucaristico (si è infatti imposto di relegare il tabernacolo in qualche sgabuzzino) per cui non c’è da sorprendersi che ora venga sfrattato anche il presepio.
C’è il rischio che quello di Rieti sia solo l’inizio di un altro crollo a catena.
Notevole è un altro sofisma della Curia reatina, secondo cui “l’assenza in questo caso vale più della presenza”.
Un lettore ha ribattuto: “Non ho parole… nemmeno il governo Monti nella manovra pensioni ha avuto il coraggio di usare boutade di questo genere…”.
Del resto se questa “assenza” voleva essere una “provocazione” alla serietà della fede ha risposto a tono Riccardo Cascioli, sul giornale cattolico online La bussola quotidiana: “Chissà che bella provocazione alla nostra fede quella domenica che entrando in chiesa, trovassimo l’avviso: ‘La messa non si celebra per richiamare all’essenziale’. Chissà quante conversioni fulminanti”.

SOBRIETA’ E ROTARY
 Dei lettori di Rieti ci scrivono mail indignate: “il vescovo vuole che teniamo solo l’essenziale e cancelliamo via, per ‘sobrietà’ e ‘solidarietà’, tutto ciò che non è essenziale. Sarà per questo che quest’anno è andato al Rotary Club di Rieti a ricevere il Premio ‘Sabino d’oro’ consistente in una placca d’argento dorato su cui è incisa l’immagine di un Guerriero Sabino stilizzato? Era proprio essenziale per la fede?”.
Dal reatino ci segnalano altre iniziative con cui quest’anno la Chiesa di Rieti ha mirato all’ “essenziale”.

Per esempio, durante i festeggiamenti di S. Antonio, conclusi dalla solenne celebrazione del vescovo, segnalano – oltre all’illuminazione delle maggiori vie cittadine (fatta forse per “recuperare risorse”) – l’”essenziale” festa del “Bertoldo show”, lo spettacolo dell’Orchestra Sonia e il Duo di Pikke, il fondamentale (per la fede) spettacolo “Pizzica e Taranta” con i tamburellisti di Torrepaduli, il concerto della Rino Gaetano band, quello della banda di Poggio Bustone, l’imperdibile (per il bene delle anime) concerto Erosmania, con Antonella Bucci e il comico Gabriele Cirilli, per non dire della distribuzione della “tradizionale cioccolata calda” che è un tocco di ascesi e di spiritualità.
Il tutto concluso dalla processione solenne col vescovo seguita, a ruota, dallo spettacolo pirotecnico della ditta pirotecnica Morsani.
E dopo ciò invocano la “sobrietà” per far fuori il presepe. 
Si dirà: suvvia, quello della Curia di Rieti è stato uno sbaglio, ma non facciamola lunga, in fondo è solo un presepio. E’ vero.

MENTALITA’ PROTESTANTE

Ma dietro questa scelta in realtà fa capolino una mentalità purtroppo assai diffusa nel mondo ecclesiastico-episcopale, la quale intimamente disprezza la devozione popolare, ritenendola preconciliare e fastidiosamente “materialista”, mentre sarebbe da preferire una presunta purezza della spiritualità incarnata dai discorsi degli “addetti ai lavori” (da qui anche l’ostilità verso santi popolari come padre Pio o verso realtà come Medjugorije).

Ora, a parte la somiglianza di questa mentalità clericale, un po’ iconoclasta, con quella protestante, c’è da dire che il presepio e la venerazione dei santi e della Madonna sono quanto c’è di più cattolico, proprio perché esprimono il desiderio di toccare con mano e vedere il Dio che si fa uomo e che entra nella carne della nostra vita, si prende sulle spalle le nostre sofferenze e le nostre miserie.

LA LEZIONE DI PAPA BENEDETTO

E’ precisamente per questo che il papa, la notte di Natale, ha pronunciato quella poetica meditazione sul presepio di san Francesco a Greccio, dove “si rese visibile una nuova dimensione del mistero del Natale”. 




San Francesco di Assisi “baciava con grande devozione le immagini del bambinello e balbettava parole di dolcezza alla maniera dei bambini, ci racconta Tommaso da Celano … attraverso di lui e mediante il suo modo di credere” ha aggiunto il papa “è accaduto qualcosa di nuovo: Francesco ha scoperto in una profondità tutta nuova l’umanità di Gesù… Tutto ciò non ha niente di sentimentalismo. Proprio nella nuova esperienza della realtà dell’umanità di Gesù si rivela il grande mistero della fede. Francesco amava Gesù, il bambino, perché in questo essere bambino gli si rese chiara l’umiltà di Dio”. 

Il Papa ha concluso:

“Proprio l’incontro con l’umiltà di Dio si trasformava in gioia: la sua bontà crea la vera festa. Dobbiamo seguire il cammino interiore di san Francesco – il cammino verso quell’estrema semplicità esteriore ed interiore che rende il cuore capace di vedere. .. ed incontrare il Dio che è diverso dai nostri pregiudizi e dalle nostre opinioni: il Dio che si nasconde nell’umiltà di un bimbo appena nato”. 







Te Deum laudamus:

te Dominum confitemur.
Te aeternum patrem,
omnis terra veneratur.
Tibi omnes angeli,
tibi caeli et universae potestates:
tibi cherubim et seraphim,
incessabili voce proclamant:
"Sanctus, Sanctus, Sanctus
Dominus Deus Sabaoth.
Pleni sunt caeli et terra
majestatis gloriae tuae."
Te gloriosus Apostolorum chorus,
te prophetarum laudabilis numerus,
te martyrum candidatus laudat exercitus.
Te per orbem terrarum
sancta confitetur Ecclesia,
Patrem immensae maiestatis;
venerandum tuum verum et unicum Filium;
Sanctum quoque Paraclitum Spiritum.
Tu rex gloriae, Christe.
Tu Patris sempiternus es Filius.
Tu, ad liberandum suscepturus hominem,
non horruisti Virginis uterum.
Tu, devicto mortis aculeo,
aperuisti credentibus regna caelorum.
Tu ad dexteram Dei sedes,
in gloria Patris.
Iudex crederis esse venturus.

Noi ti lodiamo, Dio,
ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre,
tutta la terra ti adora.
A Te cantano tutti gli angeli
e tutte le potenze dei cieli
e i Cherubini e i Serafini,
con voce incessabile:
Santo, Santo, Santo
il Signore Dio degli eserciti.
I cieli e la terra
sono pieni della [maestà della] tua gloria.
Ti acclama il coro glorioso degli apostoli
e [il numero lodevole de]i profeti
e la candida schiera dei martiri;
In tutto il mondo
la santa Chiesa proclama Te
Padre d'immensa maestà
il Tuo venerabile e unico vero Figlio
e lo Spirito Santo Paraclito.
O Cristo, re della gloria,
Tu sei il Figlio eterno del Padre,
per la salvezza dell'uomo,
non hai disdegnato il ventre di una Vergine.
Vincitore della morte,
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio,
nella gloria del Padre,
e verrai a giudicare il mondo 
alla fine dei tempi.

AMDG et BVM 

mercoledì 6 gennaio 2016

PRODIGI LEGATI AL TEMPO NATALIZIO. PER NON SCORDARLI RIPUBBLICHIAMO .

San Bonaventura: I prodigi della notte di Natale

39n6_GesuBambino
San Bonaventura è una delle figure più alte della Chiesa nell’epoca medioevale.

Nato nel 1217 a Bagnoregio (VT), entrò nel 1243 nell’ordine francescano, per conto del quale insegnò come maestro di teologia all’Università di Parigi. Nel 1257 il capitolo generale dei frati minori, riunito a Roma, lo elesse ministro generale, e come tale nel 1260 fu uno degli artefici delle prime costituzioni generali dell’ordine. Nel 1273 venne nominato cardinale e vescovo di Albano da Papa Gregorio X, che lo fece partecipare al Concilio ecumenico di Lione; ma proprio alla fine del Concilio, nel 1274, Bonaventura morì.
Canonizzato nel 1492, nel 1588 fu proclamato Dottore della Chiesa, e ricevette il titolo di Doctor Seraphicus per la luminosità della sua dottrina e per l’ardore del suo insegnamento. Oltre a scrivere numerose opere, il santo predicò celebri sermoni, fra i quali il Sermone XXI De nativitate Domini, pronunciato nella chiesa di Santa Maria della Porziuncola, che illustrava alcuni fatti miracolosi accaduti nel momento del Santo Natale.
Ne presentiamo qui sotto una traduzione dal testo originale latino.
«Questi, secondo diverse testimonianze, sono i miracoli manifestatisi al popolo peccatore il giorno della Natività di Cristo.
Primo – Una stella splendente apparve nel cielo verso Oriente, e dentro di essa si vedeva la figura di un bellissimo bambino sul cui capo rifulgeva una croce, per manifestare la nascita di Colui che veniva a illuminare il mondo con la sua dottrina, la sua vita e la sua morte.
Secondo – In Roma, a mezzo giorno, apparve sopra il Campidoglio un cerchio dorato attorno al sole – che fu visto dall’Imperatore e dalla Sibilla raffigurante al centro una Vergine bellissima che portava un Bambino, volendo così rivelare che Colui che stava nascendo era il Re del mondo che si manifestava come lo «splendore della gloria del Padre e la figura della sua stessa sostanza» (Ebrei 1,3).
Vedendo questo segnale, il prudente Imperatore (Augusto) offrì incenso al Bambino, e da allora rifiutò di essere chiamato dio.
Terzo – In Roma venne distrutto il “tempio della Pace”, sul quale, quando era stato costruito, i demoni si domandavano per quanto tempo sarebbe durato. Il vaticinio fu: «fino al momento in cui una vergine concepirà». Questo segnale rivelò che stava nascendo Colui che avrebbe distrutto gli edifici e le opere della vanità.
Quarto – Una fonte di olio di oliva sgorgò improvvisamente a Roma e fluì abbondantemente, per molto tempo, fino al Tevere, per dimostrare che stava nascendo la Fonte della pietà e della misericordia.
Quinto – Nella notte della Natività, le vigne di Engadda, che producevano balsamo e aromi, si coprirono di foglie e produssero nettare, per significare che stava nascendo Colui che avrebbe fatto fiorire, rinnovare, fruttificare spiritualmente e attirare con il suo profumo il mondo intero.
Sesto – Circa trentamila ribelli furono uccisi per ordine dell’Imperatore, per manifestare la nascita di Colui che avrebbe conquistato alla sua Fede il mondo intero e avrebbe precipitato i ribelli nell’inferno.
Settimo – Tutti i sodomiti, uomini e donne, morirono su tutta la terra, secondo quanto ricordò San Gerolamo commentando il salmo:«È nata una luce per il giusto», per evidenziare che Colui che stava nascendo veniva a riformare la natura e a promuovere la castità.
Ottavo – Nella Giudea un animale parlò, e lo stesso fecero anche due buoi, affinché si comprendesse che stava nascendo Colui che avrebbe trasformato gli uomini bestiali in esseri razionali.
Nono – Nel momento in cui la Vergine partorì, tutti gli idoli dell’Egitto caddero in frantumi, realizzando il segno che il profeta Geremia aveva dato agli egiziani quando viveva tra loro, affinché si intendesse che stava nascendo Colui che era il vero Dio, l’unico che doveva essere adorato assieme al Padre e allo Spirito Santo.
Decimo – Nel momento in cui nacque il Bambino Gesù, e venne deposto nella mangiatoia, un bue e un asino si inginocchiarono e, come se fossero dotati di ragione, Lo adorarono, affinché si capisse che era nato Colui che chiamava al suo culto i giudei e i pagani.

Undicesimo -–Tutto il mondo godette della pace e si trovò nell’ordine, affinché fosse palese che stava nascendo Colui che avrebbe amato e promosso la pace universale e impresso il sigillo sui propri eletti per sempre.
Dodicesimo – In Oriente apparvero tre stelle che in breve si trasformarono in un unico astro, affinché fosse a tutti manifesto che stava per essere rivelata l’unità e trinità di Dio, e anche che la Divinità, l’Anima e il Corpo si sarebbero congiunti in una sola Persona.
Per tutti questi motivi la nostra anima deve benedire Dio e venerarlo, per averci liberato e per avere manifestato la sua maestà, con così grandi miracoli, a noi poveri peccatori».

venerdì 25 dicembre 2015

"Cristo nasce; rendete gloria. Cristo discende dai cieli; andategli incontro. Cristo è sulla terra; uomini, alzatevi. Tutta la terra canta il Signore! E per riunire tutto in una sola parola: Si rallegrino i cieli ed esulti la terra, per Colui che è insieme del cielo e della terra.


IL SANTO GIORNO DI NATALE

Il lieto giorno della Vigilia di Natale volge al termine. La santa Chiesa ha già chiuso i divini Uffici dell'Attesa del Salvatore con la celebrazione del grande Sacrificio. Nella sua materna indulgenza, ha permesso ai suoi figli di rompere, a mezzogiorno, il digiuno di preparazione; i fedeli si sono seduti alla tavola frugale, con una gioia spirituale che fa loro presentire quella che inonderà i loro cuori nella notte che darà loro l'Emmanuele.
Ma una solennità sì grande come quella di domani deve, secondo l'usanza della Chiesa nelle sue feste, avere un preludio nel giorno che la precede tra pochi istanti, l'Ufficio dei Primi Vespri nel quale si offre a Dio l'incenso della sera, chiamerà i cristiani alla Chiesa; e lo splendore delle cerimonie, la magnificenza dei canti apriranno tutti i cuori alle emozioni d'amore e di riconoscenza che li debbono disporre, a ricevere le grazie del momento supremo.
Aspettando il sacro segnale che chiamerà alla casa di Dio, impieghiamo gli istanti che ci restano a meglio penetrare il mistero di sì grande giorno, i sentimenti della santa Chiesa in questa solennità e le tradizioni cattoliche mediante le quali i nostri antenati la hanno così degnamente celebrata.

Sermone di san Gregario Nazianzeno.
Innanzitutto, ascoltiamo la voce dei santi Padri che risuonò con un'enfasi e una forza capaci di ridestare qualsiasi anima. Ecco per primo san Gregorio, il Teologo, il Vescovo, di Nazianzo, che inizia così il suo trentottesimo discorso, consacrato alla Teofania, o nascita del Salvatore. Chi potrebbe ascoltarlo e rimanere freddo davanti alle sue parole?
"Cristo nasce; rendete gloria. Cristo discende dai cieli; andategli incontro. Cristo è sulla terra; uomini, alzatevi. Tutta la terra canta il Signore! E per riunire tutto in una sola parola: Si rallegrino i cieli ed esulti la terra, per Colui che è insieme del cielo e della terra. Cristo riveste la nostra carne: siate ripieni di timore e di gaudio: di timore a motivo del peccato; di gaudio a motivo della speranza. Cristo nasce da una Vergine: o donne, onorate la verginità per diventare madri di Cristo.
Chi non adorerebbe Colui che era fin dal principio? chi non loderebbe e non celebrerebbe Colui che è nato? Ecco che le tenebre svaniscono; è creata la luce; l'Egitto rimane sotto le ombre, Israele è illuminata da una lucente nube. Il popolo che era seduto nelle tenebre dell'ignoranza, scorge il lume d'una scienza profonda. Le cose antiche sono finite; tutto è ridiventato nuovo. Fugge la lettera e trionfa lo spirito; le ombre sono passate, e la verità fa il suo ingresso. La natura vede le sue leggi violate: è giunto il momento di popolare il mondo celeste: Cristo comanda; guardiamoci bene dal resistere.
Genti tutte, battete le mani; perché ci è nato un Bambino, ci è stato dato un Figlio. Il segno del suo principio è sulla sua spalla: perché la croce sarà il mezzo della sua elevazione; il suo nome è l'Angelo del grande consiglio, cioè del consiglio paterno.
Esclami pure Giovanni: Preparate le vie del Signore! Per me, voglio far anche risuonare la potenza di sì gran giorno: Colui che è senza carne s'incarna; il Verbo prende un corpo; l'Invisibile si mostra agli occhi, l'Impalpabile si lascia toccare; Colui che non conosce tempo prende un principio; il Figlio di Dio è diventato figlio dell'uomo. Gesù Cristo era ieri, è oggi, e sarà sempre. Si senta pure offeso il Giudeo; se ne rida il Greco; e la lingua dell'eretico si agiti nella sua bocca impura. Crederanno quando lo vedranno, questo Figlio di Dio, salire al cielo; e se anche in quel momento si rifiutano, crederanno quando ne discenderà e comparirà sul tribunale di giudice.

Sermone di san Bernardo.
Ascoltiamo ora, nella Chiesa Latina, il devoto san Bernardo, che effonde una soave letizia in queste melodiose parole, nel iv sermone per la Vigilia di Natale.
"Abbiamo ricevuto una notizia piena di grazia e fatta per essere accolta con trasporto: Gesù Cristo, Figlio di Dio, nasce in Betlemme di Giuda. La mia anima si è sciolta a queste parole: lo spirito ribolle in me, spinto come sono ad annunciarvi tanta felicità. Gesù significaSalvatore. Che cosa è più necessario di un Salvatore a quelli che erano perduti, più desiderabile a degli infelici, più vantaggioso per quelli che erano accasciati dalla disperazione? Dov'era la salvezza dov'era perfino la speranza della salvezza, per quanto debole, sotto la legge del peccato, in quel corpo di morte, in mezzo alla perversità, nella dimora d'afflizione, se questa salvezza non fosse nata d'un tratto e contro ogni speranza? O uomo, tu desideri, è vero, la tua guarigione; ma, avendo coscienza della tua debolezza e della tua infermità, temi il rigore del trattamento. Non temere dunque: Cristo è soave e dolce; la sua misericordia è immensa; come Cristo, egli ha ricevuto in eredità l'olio, ma per effonderlo sulle tue piaghe. E se ti dico che è dolce, non temere che il tuo Salvatore manchi di potenza; perché è anche Figlio di Dio. Esultiamo dunque, riflettendo in noi stessi, e facendo risplendere al di fuori quella dolce sentenza, quelle soavi parole: Gesù Cristo. Figlio di Dio, nasce in Betlemme di Giuda!".

Sermone di sant'Efrem.
È dunque veramente un grande giorno quello della Nascita del Salvatore: giorno atteso dal genere umano per migliaia di anni, atteso dalla Chiesa nelle quattro settimane dell'Avvento che ci lasciano così cari ricordi; atteso da tutta la natura che riceve ogni anno sotto i suoi auspici, il trionfo del sole materiale sulle tenebre sempre crescenti. Il grande Dottore della Chiesa Sira, sant'Efrem, celebra con entusiasmo la bellezza e la fecondità di questo giorno misterioso; prendiamo qualche brano dalla sua divina poesia, e diciamo con lui:
"Degnati, o Signore, di permettere che celebriamo oggi il giorno stesso della tua nascita, che la presente solennità ci ricorda. Quel giorno è simile a tè; è amico degli uomini. Esso ritorna ogni anno attraverso i tempi; invecchia con i vecchi, e si rinnova con il bambino che è nato. Ogni anno, ci visita e passa; quindi ritorna pieno di attrattive. Sa che la natura umana non potrebbe fare a meno di lui; come te, esso viene in aiuto alla nostra razza in pericolo. Il mondo intero, o Signore, ha sete del giorno della tua nascita; questo giorno beato racchiude in sé i secoli futuri; esso è uno e molteplice. Sia dunque anche quest'anno simile a tè, e porti la pace fra il cielo e la terra. Se tutti i giorni sono segnati della tua liberalità, non è giusto forse che essa trabocchi in questo?
Gli altri giorni dell'anno traggono la loro bellezza da questo, e le solennità che seguiranno debbono ad esso la dignità e lo splendore di cui brillano. Il giorno della tua nascita è un tesoro, o Signore, un tesoro destinato a soddisfare il debito comune. Benedetto il giorno che ci ha ridato il sole, a noi erranti nella notte oscura; che ci ha recato il divino manipolo dal quale è stata diffusa l'abbondanza; che ci ha dato la vite che contiene il vino della salvezza che deve dare a suo tempo. Nel cuore dell'inverno che priva gli alberi dei loro frutti la vigna si è rivestita d'una divina vegetazione; nella stagione glaciale, un pollone è spuntato dal ceppo di Jesse. È in dicembre, in questo mese che trattiene nel grembo della terra il seme che le fu affidato, che la spiga della nostra salvezza, spunta dal seno della Vergine dove era disceso nei giorni di primavera, quando gli agnelli vanno belando nei prati".
Non è dunque da stupire che questo giorno il quale è caro a Dio stesso sia privilegiato nell'economia dei tempi; e conforta vedere le genti pagane presentire nei loro calendari la gloria che Dio gli riservava nella successione delle età. Abbiamo visto del resto che i Gentili non sono stati i soli a prevedere misteriosamente le relazioni del divino Sole di giustizia con l'astro mortale che illumina e riscalda il mondo; i santi Dottori e tutta la Liturgia sono molto prodighi riguardo a questa ineffabile armonia.

Il battesimo di Clodoveo.
Per incidere più profondamente l'importanza di un giorno così santo nella memoria dei popoli cristiani dell'Europa, stirpi preferite nei consigli della misericordia divina, il supremo Signore degli eventi ha voluto che il regno dei Franchi nascesse appunto il giorno di Natale (496) allorché nel Battistero di Reims, tra le pompe di tale solennità, Clodoveo, il fiero Sicambro, divenuto mite come l'agnello, fu immerso da san Remigio nel fonte della salvezza, dal quale uscì per inaugurare la prima monarchia cattolica fra le monarchie nuove, quel regno di Francia, il più bello - è stato detto - dopo quello dei cieli.

La conversione dell'Inghilterra.
Un secolo più tardi (597), era la volta della razza anglosassone. L'Apostolo dell'Isola dei Bretoni, il monaco sant'Agostino, dopo aver convertito al vero Dio il re Eteiredo, avanzò alla conquista delle anime. Essendosi diretto verso York, vi fece risuonare la parola di vita, e un intero popolo si unì per chiedere il Battesimo. Il giorno di Natale è fissato per la rigenerazione di quei nuovi discepoli di Cristo; e il fiume che scorre sotto le mura della città viene scelto per servire da fonte battesimale a quell'armata di catecumeni. Diecimila uomini, non contando le donne e i bambini, scendono nelle acque la cui corrente deve portar via l'immondezza delle loro anime. Il rigore della stagione non arresta i nuovi e ferventi discepoli del Bambino di Betlemme che appena pochi giorni prima ignoravano perfino il suo nome. Dalle acque gelide esce piena di gaudio e risplendente d'innocenza tutta un'armata di neofiti; e nel giorno stesso della sua nascita, Cristo conta una nazione di più sotto il suo impero.
Ma non era ancora abbastanza per il Signore che vuole onorare il giorno della nascita del suo Figliuolo.

L'incoronazione di Carlo Magno.
Un'altra illustre nascita doveva ancora abbellire questo lieto anniversario. A Roma, nella basilica di San Pietro, nella solennità di Natale dell'800, nasceva il Sacro Romano Impero al quale era riservata la missione di propagare il regno di Cristo nelle regioni barbare del Nord, e di mantenere l'unità europea, sotto la direzione del Romano Pontefice. In quel giorno, san Leone III poneva la corona imperiale sul capo di Carlo Magno; e la terra attonita rivedeva un Cesare, un Augusto, non più successore dei Cesari e degli Augusti della Roma pagana, ma investito di quei titoli gloriosi dal Vicario di Colui che si chiama, nei santi Oracoli, il Re dei re, il Signore dei signori.

La gloria del giorno di Natale.
Così Dio ha fatto, risplendere agli occhi degli uomini la gloria del regale Bambino che nasce oggi; così egli ha preparato, di epoca in epoca attraverso i secoli, ricchi anniversari di quella Natività che da gloria a Dio e pace agli uomini. Il susseguirsi dei tempi farà vedere al mondo in che modo l'Altissimo si riserva ancora di glorificare, in questo giorno, se stesso e il suo Emmanuele.
Nell'attesa, le nazioni dell'Occidente, colpite dalla dignità di tale festa, e considerandola con ragione come il principio di tutte le cose nell'era della rigenerazione del mondo, contarono a lungo gli anni cominciando dal Natale, come si vede su antichi Calendari, sui Martirologi di Usuardo e di Adone, e su un gran numero di Bolle, di Costituzioni e di Diplomi. Un concilio di Colonia, nel 1320, ci dimostra che tale usanza ancora esisteva a quell'epoca. Parecchi popoli dell'Europa cattolica, soprattutto gli Italiani, hanno conservato l'usanza di festeggiare il nuovo anno alla Natività del Salvatore. Si augura il buon Natale come altrove al primo gennaio il buon anno. Ci si scambiano i complimenti e i regali; si scrive agli amici lontani: preziose vestigia delle antiche usanze, di cui la fede era il principio e il baluardo invincibile.
Ma è tale agli occhi della santa Chiesa la gioia che deve riempire i fedeli nella Nascita del Salvatore che, associandosi con una particolare indulgenza a così legittima allegrezza, abolisce per il giorno di domani il precetto dell'astinenza dalla carne, se il Natale cade il venerdì o il sabato. Questa dispensa risale al Papa Onorio III, che occupava la sede di Pietro nel 1216; ma già fin dal IX secolo san Nicola I, nella sua risposta ai quesiti dei Bulgari, aveva mostrato simile condiscendenza, per incoraggiare la gioia dei fedeli nella celebrazione non solo della solennità di Natale, ma anche nelle feste di santo Stefano, di san Giovanni Evangelista, dell'Epifania, della Assunzione della Vergine, di san Giovanni Battista e dei santi Pietro e Paolo. Ma questa indulgenza non fu universale, e l'abolizione non si è conservata che per la festa di Natale di cui accresce la popolare allegrezza.
La legislazione civile medievale intese, a suo modo, mettere in risalto l'importanza di questa festa così cara a tutta la cristianità concedendo ai debitori la facoltà di sospendere il pagamento dei loro creditori durante tutta la settimana di Natale, che appunto per questo era, chiamata settimana di remissione, come quelle di Pasqua e della Pentecoste.
Ma sospendiamo per un poco questi ricordi familiari, che ci piace raccogliere sulla gloriosa solennità il cui avvicinarsi commuove così dolcemente i nostri cuori. È tempo di dirigere i nostri passi verso la casa di Dio, dove ci chiama l'Ufficio solenne dei Primi Vespri. Durante il tragitto, rivolgiamo il pensiero a Betlemme, dove Giuseppe e Maria sono già arrivati. Il sole materiale volge rapidamente al tramonto; e il divino Sole di giustizia rimane nascosto ancora per qualche istante sotto la nube, nel seno della più pura delle vergini. La notte è vicina; Giuseppe e Maria percorrono le strade della città di David, cercando un asilo per mettersi al riparo. Che i cuori fedeli siano dunque attenti, e si uniscano ai due incomparabili pellegrini. È giunta ormai l'ora in cui il canto di gloria e di riconoscenza deve levarsi da ogni bocca umana. Accogliamo con sollecitudine, per la nostra, la voce della santa Chiesa: essa non è certo inferiore a così nobile compito.

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 113-119

"Vieni, Spirito Santo, vieni, 
per mezzo della potente intercessione 
del  Cuore Immacolato di Maria
Tua Sposa amatissima"

mercoledì 23 dicembre 2015

La nascita del Salvatore




5. “E avvenne che, mentre si trovavano lì...” (Lc 2,6). Lì, dove? Nella casa del pane: anche Maria è la casa del pane. Il pane degli angeli si è trasformato in latte per i bambini, affinché i bambini diventassero angeli. “Lasciate che i bambini vengano a me” (Mc 10,14) perché succhino e si sazino all’abbondanza della sua consolazione (cf. Is 66,11).
Osserva che il latte è di sapore dolce e di gradevole aspetto. Così Cristo, come dice “Bocca d’Oro” (Giovanni Crisostomo), attirava a sé gli uomini con la sua dolcezza come il diamante7 attira il ferro; egli afferma di se stesso: “Chi mangia di me avrà ancora fame e chi beve di me avrà ancora sete” (Eccli 24,29); ed è anche di incantevole aspetto, infatti gli angeli desiderano fissare in lui lo sguardo (cf. 1Pt 1,12).
“Si compirono per lei i giorni del parto” (Lc 2,6). Ecco la pienezza dei tempi (cf. Gal 4,4), il giorno della salvezza (cf. 2Cor 6,2), l’anno della benevolenza” (cf. Sal 64,12). Dalla caduta di Adamo fino all’avvento di Cristo fu tempo vuoto; infatti dice Geremia: “Guardai la terra, ed ecco che era vuota e senza nulla” (Ger 4,23), perché il diavolo aveva distrutto ogni cosa; fu giorno di dolore e di malattia; dice infatti il salmo: “Sei sempre stato vicino al letto del suo dolore” (Sal 40,4); fu anno della maledizione, e dice la Genesi: “Maledetta sia la terra per quello che hai fatto” (Gn 3,17). Ma oggi “si sono compiuti i giorni del parto”. Dalla pienezza di questo giorno noi tutti abbiamo ricevuto (cf. Gv 1,16). E il salmo: “Saremo riempiti con i beni della tua casa” (Sal 64,5).
A te, o beata Vergine, sia lode e gloria, perché oggi siamo stati ricolmati dei beni della tua casa, cioè del tuo grembo. Noi che prima eravamo vuoti, ora siamo pieni; noi che prima eravamo malati, ora siamo sani; noi che prima eravamo maledetti, ora siamo benedetti, perché, come dice il Cantico dei Cantici: “Ciò che da te proviene è il paradiso”, o Maria! (Ct 4,13).

6. Continua l’evangelista: “Diede alla luce il suo figlio primogenito” (Lc 2,7). Ecco la bontà, ecco il paradiso! Correte dunque, o ingordi, o avari, o usurai, voi cui piace più il denaro che Dio, correte e comprate senza denaro e senza alcuna permuta (Is 55,1) il frumento e il grano che oggi la Vergine ha tratto dal tesoro del suo grembo. Diede dunque alla luce il figlio. Quale figlio? Il Figlio di Dio, Dio lui stesso. O tu, donna più felice di ogni altra, che hai avuto il figlio in comune con Dio Padre! Di quale gloria risplenderebbe una misera donna se avesse un figlio da un imperatore di questo mondo? Di gran lunga più grande è la gloria di Maria che ha condiviso il Figlio con Dio Padre.
“Partorì il Figlio suo”. Il Padre ha dato la divinità, la Madre l’umanità; il Padre ha dato la maestà, la Madre l’infermità. “Partorì il suo Figlio”, l’Emmanuele, cioè il “Dio con noi” (cf. Mt 1,23): chi dunque sarà contro di noi? (cf. Rm 8,31).
Dice infatti Isaia: “Sul suo capo ha posto l’elmo della salvezza” (Is 59,17). L’elmo è l’umanità, il capo è la divini­tà; il capo è nascosto sotto l’elmo, la divinità è nascosta sotto l’umanità. Quindi nessun timore: la vittoria è dalla nostra parte, perché con noi c’è un Dio in armi. Grazie a te, o Vergine gloriosa, giacché per merito tuo Dio è con noi.
“Partorì dunque il figlio suo primogenito”, cioè genera­to dal Padre prima di tutti i secoli; o anche primogenito tra i morti (cf. Col 1,18), oppure primogenito tra molti fratelli (cf. Rm 8,29).

7. “Lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia” (Lc 2,7). O povertà, o umiltà! Il padrone di tutte le cose è avvolto in fasce, il re degli angeli è adagiato in una stalla. Vergògnati, o insaziabile avarizia! Sprofonda, o umana superbia!
“Lo avvolse in fasce”. Osserva che Cristo all’inizio e alla fine della sua vita viene avvolto in fasce. “Giuseppe (d’Arimatea) – dice Marco –, comprato un lenzuolo, calò Gesù dalla croce e ve lo avvolse” (Mc 15,46). Beato colui che fini­rà la sua vita avvolto nella sindone, cioè nell’in­no­­­cenza battesimale.
Il vecchio Adamo, quando fu cacciato dal paradiso terrestre, venne ricoperto di una tunica di pelli (cf. Gn 3,21); la pelle, quanto più si lava, tanto più si deteriora: e in ciò è raffigurata la sua carnalità e quella dei suoi discendenti. Invece il nuovo Adamo viene avvolto in panni, che nella loro bianchezza raffigurano il candore della Madre sua, l’innocenza battesimale e la gloria della risurrezione finale.
“E lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo” (Lc 2,7), detto in lat. diversorium. Ecco – come è scritto nei Proverbi – “la cerva amabile e il delizioso cerbiatto” (Pro 5,19). Dice la Storia Naturale che la cerva partorisce nella strada battuta” (frequentata); così la beata Vergine partorì nella strada, che è pure un diversorium, come l’albergo, così chiamato perché ad esso si arriva da diverse strade.
"Ad Te, Domina, clamabo et exaudies me:
in voce laudis tuae laetificabis me"

martedì 22 dicembre 2015

Tre eventi






1. In quel tempo: “Un editto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutto il mondo” (Lc 2,1). In questo vangelo si devono considerare tre eventi:
- il censimento del mondo,
- la nascita del Salvatore,
- l’annuncio dell’angelo ai pastori.
Con l’aiuto di Dio presenteremo brevemente ognuno dei tre avvenimenti.

I. il censimento del mondo

2. Censimento del mondo: “Uscì un editto”. Osserva che in questa prima parte si dice, in senso morale, che chi vuole veramente pentirsi dei peccati commessi, deve prima di tutto “fare il censimento”, “descrivere” come dice il vangelo, con contrizione tutta la sua vita, e poi accostarsi alla confessione.
“Uscì un editto di Cesare Augusto”. Cesare, che s’interpreta “signore del potere”, e Augusto, “in solenne atteggiamento”, rappresenta Dio onnipotente, Signore di tutto il creato: “La mia mano ha fatto tutto questo” (Is 66,2); e “sotto di lui si piegano coloro che reggono il mondo” (Gb 9,13), cioè il peso del mondo, quindi i prelati della chiesa e principi del mondo. Dio sta in atteggiamento solenne perché, come dice Daniele: “Mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano” (Dn 7,10).
Si dice che uno sta (in piedi) quando è pronto ad andare in aiuto ai suoi; invece che siede, quando esercita il giudizio: in entrambe le positure è nobile, solenne, maestoso.
Questo nostro “imperatore” emette ogni giorno un editto per mezzo dei suoi banditori, cioè i predicatori della chiesa, perché venga censito tutto il mondo. Il mondo è detto anche orbe, dal lat. orbis, cerchio, appunto per la sua rotondità: infatti l’oceano, circondandolo da ogni parte, ne lambisce tutt’intorno i confini. La vita dell’uomo è un orbe, cioè come un cerchio: infatti nella Genesi gli viene detto: Sei terra e alla terra ritornerai (cf. Gn 3,19).
L’uomo deve censire, deve descrivere tutto questo cerchio, ripensando nell’amarez­za della sua anima a ciò che ha commesso nella fanciullezza, nell’adolescenza, nella giovinezza e anche nella vecchiaia. E osserva che dice “tutto” il cerchio, per indicare che deve descrivere i peccati commessi con il cuore, con la bocca, con le azioni, e i peccati di omissione, e le loro circostanze: e questo è indicato dal fatto che non dice “scrivere” ma “descrivere”, che significa scrivere i vari modi e i vari luoghi del peccato.
“Questo primo censimento fu fatto dal governatore della Siria Quirino” (Lc 2,2).
Quirino, che s’interpreta “erede”, è figura del peniten­te, erede di Dio e coerede di Cristo (cf. Rm 8,17), il quale dice: “La mia eredità è splendida per me” (Sal 15,6). Il penitente fa il primo censimento dei suoi peccati quando, per prima cosa, cerca diligentemente, con profonda contrizione, ciò che ha commesso e ciò che ha omesso. Egli è il governatore della Siria, nome che significa “altezza”, cioè l’altezza della superbia e dell’arro­ganza. Dice Giobbe del diavolo: “Egli vede tutte le cose alte, ed è il re di tutti i figli della superbia” (Gb 41,25). Quale potere è più degno di lode, di quello che si esercita su se stessi e nell’umiliare la propria superbia?
 LAUDETUR   JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!

Un bue e un asino e una mangiatoia piena di fieno


SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE
OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Basilica Vaticana
Sabato, 24 dicembre 2011

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Natale è epifania – il manifestarsi di Dio e della sua grande luce in un bambino che è nato per noi. Nato nella stalla di Betlemme, non nei palazzi dei re. 

Quando, nel 1223, San Francesco di Assisi celebrò a Greccio il Natale con un bue e un asino e una mangiatoia piena di fieno, si rese visibile una nuova dimensione del mistero del Natale. Francesco di Assisi ha chiamato il Natale “la festa delle feste” – più di tutte le altre solennità – e l’ha celebrato con “ineffabile premura” (2 Celano, 199: Fonti Francescane, 787). Baciava con grande devozione le immagini del bambinello e balbettava parole di dolcezza alla maniera dei bambini, ci racconta Tommaso da Celano (ivi). 

Per la Chiesa antica, la festa delle feste era la Pasqua: nella risurrezione, Cristo aveva sfondato le porte della morte e così aveva radicalmente cambiato il mondo: aveva creato per l’uomo un posto in Dio stesso. Ebbene, Francesco non ha cambiato, non ha voluto cambiare questa gerarchia oggettiva delle feste, l’interna struttura della fede con il suo centro nel mistero pasquale. Tuttavia, attraverso di lui e mediante il suo modo di credere è accaduto qualcosa di nuovo: Francesco ha scoperto in una profondità tutta nuova l’umanità di Gesù. Questo essere uomo da parte di Dio gli si rese evidente al massimo nel momento in cui il Figlio di Dio, nato dalla Vergine Maria, fu avvolto in fasce e venne posto in una mangiatoia. La risurrezione presuppone l’incarnazione. Il Figlio di Dio come bambino, come vero figlio di uomo – questo toccò profondamente il cuore del Santo di Assisi, trasformando la fede in amore. “Apparvero la bontà di Dio e il suo amore per gli uomini”: questa frase di san Paolo acquistava così una profondità tutta nuova. Nel bambino nella stalla di Betlemme, si può, per così dire, toccare Dio e accarezzarlo. Così l’anno liturgico ha ricevuto un secondo centro in una festa che è, anzitutto, una festa del cuore.


Tutto ciò non ha niente di sentimentalismo. Proprio nella nuova esperienza della realtà dell’umanità di Gesù si rivela il grande mistero della fede. Francesco amava Gesù, il bambino, perché in questo essere bambino gli si rese chiara l’umiltà di Dio. Dio è diventato povero. Il suo Figlio è nato nella povertà della stalla. Nel bambino Gesù, Dio si è fatto dipendente, bisognoso dell’amore di persone umane, in condizione di chiedere il loro – il nostro – amore. Oggi il Natale è diventato una festa dei negozi, il cui luccichio abbagliante nasconde il mistero dell’umiltà di Dio, la quale ci invita all’umiltà e alla semplicità. Preghiamo il Signore di aiutarci ad attraversare con lo sguardo le facciate luccicanti di questo tempo fino a trovare dietro di esse il bambino nella stalla di Betlemme, per scoprire così la vera gioia e la vera luce.

Sulla mangiatoia, che stava tra il bue e l’asino, Francesco faceva celebrare la santissima Eucaristia (cfr 1 Celano, 85: Fonti, 469). Successivamente, sopra questa mangiatoia venne costruito un altare, affinché là dove un tempo gli animali avevano mangiato il fieno, ora gli uomini potessero ricevere, per la salvezza dell’anima e del corpo, la carne dell’Agnello immacolato Gesù Cristo, come racconta il Celano (cfr 1 Celano, 87: Fonti, 471). Nella Notte santa di Greccio, Francesco quale diacono aveva personalmente cantato con voce sonora il Vangelo del Natale. Grazie agli splendidi canti natalizi dei frati, la celebrazione sembrava tutta un sussulto di gioia (cfr 1 Celano, 85 e 86: Fonti, 469 e 470). Proprio l’incontro con l’umiltà di Dio si trasformava in gioia: la sua bontà crea la vera festa.


Chi oggi vuole entrare nella chiesa della Natività di Gesù a Betlemme, scopre che il portale, che un tempo era alto cinque metri e mezzo e attraverso il quale gli imperatori e i califfi entravano nell’edificio, è stato in gran parte murato. È rimasta soltanto una bassa apertura di un metro e mezzo. L’intenzione era probabilmente di proteggere meglio la chiesa contro eventuali assalti, ma soprattutto di evitare che si entrasse a cavallo nella casa di Dio. Chi desidera entrare nel luogo della nascita di Gesù, deve chinarsi. Mi sembra che in ciò si manifesti una verità più profonda, dalla quale vogliamo lasciarci toccare in questa Notte santa: se vogliamo trovare il Dio apparso quale bambino, allora dobbiamo scendere dal cavallo della nostra ragione “illuminata”. 

Dobbiamo deporre le nostre false certezze, la nostra superbia intellettuale, che ci impedisce di percepire la vicinanza di Dio. Dobbiamo seguire il cammino interiore di san Francesco – il cammino verso quell’estrema semplicità esteriore ed interiore che rende il cuore capace di vedere. Dobbiamo chinarci, andare spiritualmente, per così dire, a piedi, per poter entrare attraverso il portale della fede ed incontrare il Dio che è diverso dai nostri pregiudizi e dalle nostre opinioni: il Dio che si nasconde nell’umiltà di un bimbo appena nato. 

Celebriamo così la liturgia di questa Notte santa e rinunciamo a fissarci su ciò che è materiale, misurabile e toccabile. Lasciamoci rendere semplici da quel Dio che si manifesta al cuore diventato semplice. E preghiamo in quest’ora anzitutto anche per tutti coloro che devono vivere il Natale in povertà, nel dolore, nella condizione di migranti, affinché appaia loro un raggio della bontà di Dio; affinché tocchi loro e noi quella bontà che Dio, con la nascita del suo Figlio nella stalla, ha voluto portare nel mondo. Amen.

SALVE SANCTE PATER...