Il suicidio dell'alterare la Fede nella Liturgia...
di Padre Paul Kramer
Il titolo “Il suicidio dell’alterare la fede nella Liturgia” non è mio. Viene da un discorso di Papa Pio XII, che vide la possibilità di un’imminente crisi nella fede e parlò di una Chiesa dubitante come Pietro una volta dubitò, riferendosi al rinnegamento di S. Pietro di Nostro Signore nella notte della sua passione.
Un metodo degli eretici per attaccare la Chiesa è di infiltrare la gerarchia Cattolica e quindi cambiare la Liturgia per tacitare la sua esplicita professione di fede, facendo apparire la Liturgia sostenere dottrine eretiche. Papa Pio XII avvisò di questo pericolo, “Il suicidio dell’alterare la fede nella Liturgia”.
Un metodo degli eretici per attaccare la Chiesa è di infiltrare la gerarchia Cattolica e quindi cambiare la Liturgia per tacitare la sua esplicita professione di fede, facendo apparire la Liturgia sostenere dottrine eretiche. Papa Pio XII avvisò di questo pericolo, “Il suicidio dell’alterare la fede nella Liturgia”.
Molti preti e fedeli non vedono nessun problema col nuovo Rito della Messa. Considerano sé stessi fedeli alla tradizione e sono apertamente antimodernisti. Ma le astuzie del demonio sono così grandi che essi sono così ingannati da aderire alla posizione modernista senza rendersene conto. E’ come il trattamento fatto alle rane: se le mettete nell’acqua calda saltano fuori immediatamente, ma se le mettete nell’acqua fredda e la riscaldate lentamente, non si rendono conto dell’innalzamento della temperatura fino a quando è troppo tardi. Sono state cotte.
Ho visto questo in molti vescovi cattolici. Venticinque, trent’anni fa erano lealmente arci-conservatori, ritenendo le tradizioni apostoliche della Chiesa; ma questi uomini non si accorsero che quasi nessun di loro la pensava più in quel modo. Vivevano in un’illusione.
Non ho intenzione di fare dei nomi adesso, alcuni di questi vescovi sono già stati giudicati da Gesù Cristo. Non c’è bisogno che io dia ora un giudizio su di loro. L’errore, troppo spesso, è di pensare alla tradizione apostolica in termini di dogmi e considerare la fede e la morale e ogni altra cosa come una semplice questione di disciplina che può essere cambiata, secondo la volontà del legislatore, sia egli vescovo o Papa. Quando S. Paolo parla di tradizione egli non parla semplicemente di dogma. Nella 2.a ai Tessalonicesi S. Paiolo dice: “Tieni salda la tradizione che hi ricevuto da noi, sia a parole che per lettera”. Ci sono entrambe le tradizioni orali e scritte. Ma egli non si riferisce solo all’insegnamento. Egli stesso lo dice chiaramente con una delle più famose espressini del Nuovo Testamento. S. Paolo dice, “Ho trasmesso ciò che ho ricevuto”. Quindi spiega ciò che ha ricevuto. Ciò che descrive è la Santa Messa. Che il Signore, prima di soffrire, prese il pane e dicendo, “Questo è il mio corpo dato per voi. Questo è il calice del mio sangue”, ecc. Allora quando S. Paolo dice, “Tieni salda la tradizione” e “Ho trasmesso ciò che ho ricevuto”, si riferisce esplicitamente alla Santa Messa.
C’è così poca comprensione nella Chiesa sulla dottrina a riguardo della Liturgia che è stata quasi completamente oscurata. Nella Summa di S. Tommaso non c’è quasi nulla a riguardo della Liturgia. La ragione di ciò è del tutto ovvia per chi conosce la storia dello sviluppo della dottrina. Se un punto diventa controverso, è allora che che i teologi producono una grande quantità di scritti e di parole sull’argomento. Ma se una dottrina non è messa in q2uestione, allora non viene detto molto a riguardo. Le controversie Cristologiche dei primi tempi e lo sviluppo della dottrina della tansubstanziazione – in quale modo c’è la Presenza Reale di Gesù Cristo sotto le specie del pane e del vino – provocò una grande quantità di scritti. La cosa che fu meno discussa fu la dottrina della liturgia, per il fatto che era così bene e universmente intesa.
La liturgia fu un sacro patrimonio tramandato da generazione in generazione nella Chiesa. Il processo del tramandare è ciò che noi chiamiamo tradizione. La tradizione, essendo stata stabilita, diventa consuetudine. La liturgia si sviluppa gradualmente, come fanno gli esseri umani, in un modo naturale organico fino a che raggiunge la maturità. Essa raggiunge la completa durata del suo sviluppo ed è quando lo sviluppo finisce. Allora la forma della liturgia resta fissa e subisce, da allora in poi, piccolissime variazioni.
Nella vita della tradizione, ci sono sempre sviluppi secondari e secondari cambiamenti e, dopo un periodo di tempo, la liturgia necessita di essere rifinita ancora. Ed è quando si ha la revisione della liturgia intrapresa dal Romano Pontefice. Dopo secoli di sviluppo, il Rito Romano era al massimo livello e non necessitava più di essere rifinito e modificato. Questo è ciò che fece Papa S. Pio V.
Una delle idee più sbagliate della Chiesa post-conciliare è l’aver pensato che Paolo VI fece ciò fece S. Pio V. In effetti, stiamo per vedere che egli fece qualcosa di esattamente all’opposto.
La prima domanda a cui dobbiamo rispondere, comunque, è cosa ha a che fare il cambio della liturgia col messaggio di Fatima. E la risposta, naturalmente, è che esso ha tutto a che fare col messaggio di Fatima. Il Vescovo Cosme do Amaral, ex Vescovo di Leiria-Fatima, al Politecnico di Vienna, nel 1984, parlò del terzo segreto come se trattasse dell’apostasia, della perdita della fede, in interi continenti. Cosa ha a che fare il cambio della liturgia con la perdita della fede? Vedremo che ha tutto a che fare con la perdita della fede. Padre Alonso parlò del terzo segreto come se si trattasse delle mancanze della più alta gerarchia della Chiesa e tendenti a rendere giustizia a coloro che nella Chiesa sono chiamati Tradizionalisti. Il ruolo della tradizione nella Liturgia
Uno degli argomenti principali che sostengono i Cattolici Tradizionali è quello di sottolineare l’importanza del Rito Romano della Messa in opposizione al Rito di Paolo VI. Appena accenni alle carenze nel Rito di Paolo VI, i così detti conservatori diventano molto agitati. Diranno “Ma il rito di Paolo VI fu promulgato dall’intera Chiesa e ha la protezione dell’infallibilità. Come osi dire che c’è qualche difetto nel nuovo Rito della Messa quando lo Spirito Santo dà protezione al Papa quando promulga i riti per l’intera Chiesa?
Ciò che impedisce a questa gente di comprendere è che non hanno letto molto attentamente la documentazione della cosiddetta promulgazione del Messale di Paolo VI, che è chiamata fraudolentemente Messale Romano per il Fatto che il Rito della Messa ivi contenuto non è il Rito Romano della Messa. Non è la liturgia Romana. E’ ciò che il grande architetto del nuovo Rito della Messa, Mons. Annibale Bugnini, chiamò una nuova creazione. Il suo braccio destro, Joseph Gelineau, S.J., disse del nuovo rito, “Dobbiamo parlare francamente. Il Rito Romano non esiste più. E’ stato distrutto”. Lui lo dovrebbe sapere. Fu uno dei principali distruttori.
Qui c’è qualcosa di veramente divertente da considerare: il Canone 846 del Nuovo Codice di Diritto Canonico, il Codice del 1983 promulgato da Giovanni Paolo II, dice che i ministri devono amministrare i Sacramenti secondo il loro proprio Rito. Questa legge riflette semplicemente la dottrina della fede Cattolica. E’ un infallibile insegnamento del magistero Cattolico a riguardo del regolamento della Sacra Liturgia. Questo è stato oscurato e dimenticato. Prima di tutto prendiamo in considerazione il significato de “il loro proprio Rito” del Codice del Diritto Canonico. Per i Cattolici Bizantini, che usano la Divina Liturgia di S. Giovanni Crisostomo, perché sono di Rito Bizantino, il loro proprio Rito è il rito è la Liturgia Bizantina. Questo è il motivo per cui il Concilio di Firenze decretò, sotto Papa Eugenio IV, che quelli che sono di Rito Orientale devono confezionare la Santa Eucaristia secondo l’uso della loro Chiesa, come quelli che sono di Rito Romano devono confezionarla in accordo all’uso della Chiesa Romana.
Ora questo non fu una dichiarazione arbitraria. E’ radicato nella dottrina che la legge della consuetudine governa la liturgia. Ma cosa c’è di così sacro nella consuetudine? Perché la consuetudine governa la liturgia? Perché la consuetudine è stata fondata dalla tradizione, e la legge della tradizione è basata sulle Sacre Scritture.
S. Paolo non fece nessuna innovazione nella liturgia che ricevette. “Ho trasmesso ciò che ho ricevuto”. Così la Sacra Scrittura stabilisce la regola della tradizione; la tradizione stabilisce i costumi; e quindi il Concilio di Firenze nel fare la sua solenne definizione applicò il principio che la consuetudine governa la liturgia quando definì che coloro che appartengono alla Chiesa Greca devono usare pane lievitato e quelli che appartengono alla Chiesa Romana usare pane non lievitato. Il Canone 27 del Nuovo Codice di Diritto Canonico spiega che la consuetudine è la miglio interprete della legge. Così quando guardiamo alla legge liturgica nello spirito della tradizione canonica, bisogna dirlo, comprendiamo autenticamente la legge come si volle fosse intesa, allora deve essere capita secondo quella tradizione che ha stabilito le consuetudini ecclesiastiche e liturgiche. Questo è il motivo per cui la consuetudine è così importante nel determinare il senso, il significato, della legge.
Tra gli antichi Padri abbiamo S. Giovanni Crisostomo, che disse in pochissime parole: “E’ tradizione? Non chiedere altro”.
Tra i Dottori medievali non troviamo molti pronunciamenti, ma ciò che troviamo è unanimemente insegnato come S. Pier Damiani ed altri che insistono che non devi cambiare i punti di riferimento. Ciò che è stato tramandato non deve essere alterato. A tal punto che se anche il Papa dovesse fare dei cambiamenti le consuetudini universali della Chiesa, non deve essere seguito. Un libro che parla in modo specifico della consuetudine, un trattato teologico scritto dal grande Papa Innocenzo III, dice che se il Papa fa dei cambiamenti nella consuetudine universale della Chiesa, non deve essere seguito. Ora abbiamo così tanti vescovi che insistono affinché I preti e I fedeli aderiscano a questo nuovo Rito di Paolo VI perché, pretendono, che esso fu decretato da un Papa e quindi, in umile obbedienza, dobbiamo accettarlo; che non saremmo Cattolici leali se insistiamo nell’adesione al vecchio Rito.
Ma noi abbiamo qui l’insegnamento dei Padri e Dottori della Chiesa che insistono ad aderire alla tradizione liturgica della Chiesa. Abbiamo qui uno dei più grandi Papi che dice che se un Papa osasse fare tali cambiamenti, non deve essere seguito. E si va oltre. Il Cardinal Torquemada fu nominato teologo ufficiale del Concilio di Firenze da Eugenio IV, e confermò il principio che la consuetudine governa la liturgia. Il Cardinal Torquemada spiega citando Innocenzo III – in quel libro che ho menzionato, che se il Papa dovesse attentare a cambiare le consuetudini della Chiesa, specialmente i Riti liturgici, se dovesse cercare di cambiare le cerimonie liturgiche della Chiesa, commetterebbe un atto scismatico.
Un secolo dopo, il grande Suarez, che fu detto essere tra i più pii ed eccellenti Dottori da Paolo V, spiegò che “se il Papa dovesse cercare di cambiare la liturgia, cadrebbe nello scisma”. Questo è l’insegnamento pontificale dai due più grandi teologi dei loro rispettivi secoli. Fu riconosciuto che ciò che insegnarono è veramente un’espressione della mente dei successori di Pietro nel loro Magistero. Ora tutto ciò ci conduce a quel giorno del 1969 il 19 di novembre. Paolo VI, nell’udienza del mercoledì, annuncia che si sta cambiando la liturgia nella Chiesa Latina. A breve la Messa si celebrerà in modo diverso da come è stata celebrata prima. Ed egli nota quanto ciò sia strano per il fatto che la Messa è considerata come la tradizionale ed intoccabile espressione del nostro culto religioso e della nostra fede.
Evidentemente Paolo VI non considerò approfonditamente questo punto. Perché?, avrebbe dovuto chiedere. Perché la Messa è considerata essere la tradizionale ed intoccabile espressione del nostro culto religioso? La risposta a questa domanda consiste nel fatto che è l’infallibile insegnamento della fede Cattolica che ci dice che siamo tenuti ad abbracciare e aderire ai Riti tradizionali della nostra rispettiva Chiesa.
Una volta parlai con un prete di questa questione e prima ancora che potessi parlare per entrare nell’argomento , disse “questo non può essere materia di fede perché la Messa Tridentina, il Rito Romano, non esisteva neppure alla morte dell’ultimo apostolo. E allora come può essere la Messa Tridentina una materia di legge divina?” Ed è allora che dissi, “risponderò alla tua domanda. La legge di Dio è espressa nell’infallibile professione di fede. La Professione di Fede Tridentina obbliga tutti i Cattolici ad aderire alla liturgia tradizionale, i Riti ricevuti ed approvati. Perché sono detti ricevuti ed approvati? Perché sono stati approvati così come sono stati consacrati dalla tradizione, l’autorevole trasmissione dei Riti. Essi sono veramente il patrimonio che abbiamo ricevuto attraversi i secoli dal veicolo della tradizione. Non è autentica liturgia se non è stata ricevuta attraverso il veicolo della tradizione.
E ciò perché la legge di Dio, come è definita dalla Chiesa e spiegata da S. Paolo, è che la liturgia deve essere trasmessa dal veicolo della tradizione. Paolo VI ... , non comprendendo che questa è materia di Fede Divina e Cattolica solennemente professata nella Professione di Fede Tridentina, annunciò che la liturgia stava per essere cambiata. Ci sarebbero stati grandi variazioni nella liturgia. E come può essere questo, per il fatto che la Messa, come lo stesso Montini ammise,è considerata essere intoccabile, espressione tradizionale del nostro culto religioso e della nostra fede? Quando parliamo di perdita della fede stiamo parlando di Nostra Signora di Fatima nel terzo segreto, possiamo vedere che questo punto è già stato oscurato.
Sin dalla Riforma Protestante c’è stata una tale enfasi sulla chiarezza dottrinale nel confutare le false dottrine dei Protestanti che l‘insegnamento della Chiesa a riguardo della liturgia è stato trascurato. Ed essendo stato trascurato, fu dimenticato. Ed allora quando furono fatti i cambiamenti, furono messi in pratica da coloro che, in posizione di alta autorità, trascurarono l’insegnamento della Chiesa nel fare questi cambiamenti.Ed è per questo che il terzo segreto tratta della negligenza dei pastori della gerarchia superiore della Chiesa.
La “Promulgazione” della Nuova Messa?
Prima di affrontare il Scrosanctum Concilium del Vaticano II, devo sottolineare che se leggiamo scrupolosamente il decreto del Missale Romanum di Paolo VI, ci accorgeremo che Paolo VI non decretò mai, né mai promulgò, che il nuovo Rito della Messa rimpiazzasse il vecchio Rito. In realtà, Egli non promulgò assolutamente mai in modo appropriato la Messa.
In una delle mie conversazioni col recente Vescovo Salvador Lazo gli feci notare, “Sua Eccellenza, dovete essere molto astuto quando leggete questi documenti perché sono veramente ingannevoli Sembrano insinuare ed implicare una cos senza veramente affermarla. Sembrano decretare una legge, ma se leggete attentamente, non decretano nulla”. Il Vescovo Lazo mi rispose, “ma Roma il Vaticano, i capi della Curia Romana, i dicasteri, loro sono i nostri Padri Spirituali. I nostri rapporti con loro sono di filiale pietà verso i nostri Padri Spirituali. Perciò non ci aspettiamo di dover leggere i loro documenti così attentamente.” E si arrabbiò molto perché disse “approfittano della nostra filiale pietà e ci ingannano”.
Alla fine della sessione del Vaticano II, alcuni Vescovi chiesero al Segretario del Concilio Card. Pericle Felici il motivo del richiamo alle “note teologiche” del Concilio. Il Card. Felici rispose “bisogna distinguere in accordo agli schemi e ai capitoli quelli che sono già stati oggetto di definizioni dogmatiche nel passato; perché per le dichiarazioni che presentano un carattere di novità,dobbiamo fare delle riserve”. Nel cosiddetto, Messale Romano, del Vaticano II, che non contiene il Rito Romano ma il Rito di Palo VI, vedrete che alla fine del documento Paolo VI dice molto solennemente “quanto abbiamo decretato avrà forza di legge il seguente 30 novembre”. Ora chi legge, legge che, come fu fatto più di trent’anni fa, “quanto abbiamo decretato avrà forza di legge il prossimo novembre. Ciò significa che questo messale sta per diventare legge della Chiesa. Questo è il messale che dobbiamo usare da prossimo novembre”. Questa fu l’impressine che vollero creare.
Ma essi non avrebbero preso la responsabilità di legiferare veramente questo. Rileggete l‘intero documento. Rileggetelo ancora. Cosa è decretato? Cosa veramente decreta questo documento? Cosa dichiarò così solennemente che avrebbe avuto forza di legge il prossimo novembre? Ci sono esattamente due decreti in quella costituzione apostolica, 'Missale Romanum', di Paolo VI. Egli decreta che tre nuove preghiere eucaristiche devono essere stampate in questo libro. Egli decreta poi quali debbano essere le parole della consacrazione e che devono apparire in ciascuna delle quattro preghiere eucaristiche. Sono le uniche cose che egli decreta nell’intero documento, il cosiddetto Messale Romano, leggetelo attentamente. Vedrete che non c’è nient’altro decretato nell’intero documento. Non viene promulgato nessun nuovo Rimodellamento della Messa in quel documento.
Il Missale Romanum di Paolo VI presenta semplicemente un libro e decreta su alcune nuove preghiere che devono essere stampate nel libro; non cè niente in esso di natura disciplinare. Non si prescrive che il nuovo messale debba essere usato, e neanche si permette di usarlo, a nessuno. Non esiste una qualsiasi autorizzazione per l’uso di quel nuovo messale di Palo VI. Chi è sottoposto all’uso di questo messale? Non una sola parola. Chi può usare questo messale? Dove può usarlo? Non una parola. Ecco perché siamo alla presenza di un ordinamento veramente strano. Nel titolo del documento si legge ‘promulgazione’. Leggiamo il testo del documento e ci accorgiamo che non è stato promulgato nulla. Provate solo a immaginare se la solenne definizione dell’assunzione della Beata Vergine Maria al Cielo mancasse di un passaggio chiave dove Pio XII dice noi definiamo, noi stabiliamo, noi dichiariamo che è un dogma, un doga rivelato dalla fede Cattolica che la Beata Vergine Maria, alla fine della sua vita fu assunta, corpo e anima, in Cielo. Cosa sarebbe il valore dogmatico, la forza dogmatica del documento? Sarebbe assolutamente privo di valore. Non sarebbe una definizione se non avesse queste frasi. Non importa quale sia il titolo del documento, non importa di quante pagine di solenne linguaggio sia composto il documento, se quella sentenza dove viene fatta la reale definizione non appare in quel documento,allora il documento è invalido e vuoto.Per definizione, è niente. E’ privo di valore. Riguarda la stessa natura di una legge che una legge deve essere prescritta nelle sue parole. In altre parole, la legge deve comandare, deve imporre un obbligo verso quelli che sono soggetti alla legge. Deve essere chiaro chi sono quelli soggetti alla legge. Deve essere esattamente chiaro cosa viene comandato. Se queste cose no si trovano in un precetto o in una legge, allora semplicemente non è una legge, perché manca ciò che costituisce la vera essenza, la vera sostanza di una legge. Una legge che non comanda ai soggetti di fare o di non fare qualcosa è come una definizione che non definisce. “Lex dubia lex nulla”. “Lex dubia non obligat”, perché una legge deve chiaramente dare un precetto – imporre un’obbligazione legale a coloro su coloro che sono specificati essere i soggetti.
Il Missale Romanum semplicemente fallisce questo fine. Non una legge che riguarda la disciplina della Chiesa. Esso non comanda né autorizza nessuno ad usare il messale di Paolo VI. Questo è il motivo per cui troviamo una seconda promulgazione.
Il Missale Romanum si autodefinisce nel titolo una promulgazione.
Girate la pagina dopo aver raggiunto la fine del documento e trovate una promulgazione della Sacra Congregazione del Culto Divino firmata dal Card. Gut, che promulga il nuovo messale appena dopo che fu promulgato, almeno così si pretendeva, da Paolo VI nel Missale Romanum. Molto strano davvero. Non è possibile per un Cardinale Prefetto di una Congregazione Romana, quand’anche autorizzato dal Papa, sovraprescrivere e abrogare il solenne decreto di un Romano Pontefice in una costituzione apostolica. Ciò è chiaro anche nel Codice di Diritto Canoico de 1983. E’ l’incarnazione di un antico principio legale che è stato nella tradizione canonica della Chiesa per secoli e secoli.: “inferior non potest tollere legem superioris”. Ma la promulgazione del Card. Gut non cercò solamente di sopprimere il messale di S.Pio V. Si spinse al punto tale da permettere solamente l’uso del nuovo messale, dichiarando che i vescovi sono coloro ai quali sarà data l’autorità di dire quando il nuovo messale può essere usato. Questo è successo nonostante fosse già uscita la promulgazione del nuovo messale. E’ solo un permesso. E deve essere attivato dai vescovi.
E’ in errore, quindi, chiunque dica che il messale di Paolo VI fu promulgato dalla Chiesa universale di Rito Latino. E’ semplicemente falso. Fu così solo in apparenza. Ma le frasi chiave che avrebbero costituito una legge, una vera promulgazione di una legge della disciplina universale della Chiesa, no la si trova da nessuna parte nella costituzione apostolica del Missale Romanum.
Quindi, i preti indottrinati dall’Opus Dei portano un argomento privo di basi quando dicono “Bene, Padre, come può essere difettosa? Come ci può essere qualcosa di sbagliato nella nuova Messa visto che è stata promulgata dalla Chiesa Universale?” Questo è un errore di fatto. Non fu mai promulgata dall’intera Chiesa. Fu solo permessa in via eccezionale. La nuova Messa è difettosa? Certamente sì.
Il Concilio vaticano II decreta come deve essere svolta la revisione della liturgia. Cito le testuali parole della Sacrosantum Concilium. “Deve essere rivista prudentemente alla luce della tradizione”. Il principio base della tradizione nello sviluppo della liturgia è che sia una crescita graduale organica, come il bambino che cresce fino a diventare adulto. Se a un essere umano noi gli tagliamo la testa e gli trapiantiamo la testa di qualcun altro, questa non sarà più uno sviluppo organico naturale. Ma furono fatte grosse amputazioni alle venerabili usanze liturgiche della Chiesa Romana.
Il Concilio decreta che “devessere presa la dovuta cura per preservare la sostanza dei Riti liturgici”. – Sacrosanctum Conciluim, 23.
Allora la riforma fu compiuta e avviata e la testa del Concilio (che fu il corpo costituito da Paolo VI per rivedere la liturgia), Monsignor Bugnini, dichiara che è in verità una nuova creazione; e il suo braccio destro, Padre Gelineau, dice che il Rito Romano è stato distrutto, che non esiste più. Mi piacerebbe sapere cos’è successo alla dovuta cura per preservare la sostanza dei Riti! Una Liturgia Ecumenica Un altro della banda dei vandali liturgici fu Padre Carlo Braga. Il Concilio decretò che la liturgia deve dev’essere aggiornata in accordo alle prime norme dei Santi Padri. Come dicono i riformatori liturgici che crearono il nuovo Rito, essi fecero le loro variazioni con ciò che padre Braga chiamò “una nuova dimensione ecumenica e” pesate bene queste parole “una nuova fondazione della teologia Eucaristica”. Non più la teologia del Concilio di Trento, la dottrina di s, Tommaso d’Aquino. Ma una nuova fondazione della teologa Eucaristica.
E mentre li analizziamo uno ad uno, ci accorgiamo che cambiamenti fatti nella liturgia riflettono esattamente quelli intrapresi dalla Riforma Protestante nel 16° secolo. Non sembra che sia qualcosa di più che una semplice coincidenza il fatto che i cambiamenti fatti nella liturgia furono esattamente quelli fatti dai Riformatori Protestanti? E che se veniva trovata qualsiasi cosa che era offensiva per i Protestanti, qualsiasi cosa di più cara alla dottrina tradizionale dell’ Eucaristia Cattolica della Santa Messa, veniva ridotta di tono o completamente eliminata dalla liturgia, al punto che uno degli osservatori Protestanti al Vaticano II, che aiutava e dava consigli nel fare la nuova liturgia, disse che “I Protestanti Evangelici potrebbero in tutta tranquillità usare questo nuovo Rito della Messa”. Il “Nuovo fondamento” della teologia Eucaristica è chiaramente Protestante. Ma se parliamo di restaurazione della liturgia secondo la norma originale dei Santi Padri, il significato di ciò è espresso dalle parole do Leone XIII, dove spiega nella Orientalum Dignitas, che la Chiesa permette e provvede a qualche innovazione nella forme esteriori, specialmente quando queste sono conformi a quelle dell’antichità, vale a dire, specialmente quando questi cambiamenti sono nella natura della restaurazione. Questo è esattamente quanto fece S. Pio V. Egli restaurò la liturgia secondo le norme degli antichi Padri. Questa fu l’espresso volere del Concilio di Trento in accordo alle usanza degli antichi Padri.
Il Sacrosanctum Concilium usò quella quasi identica espressione – in accordo alle prime norme dei Santi Padri. Ciò chiarisce benissimo che è illegale apportare radicali cambiamenti nella liturgia che riflettono una dottrina Protestantizzata della Messa e dei Sacramenti in generale, e della Santa Eucaristia in particolare.
La necessità di preservare la sostanza dei Riti liturgici è una materia di fede. Come ho sottolineato, è nella Professione di Fede Tridentina che i Cattolici sono obbligati a tener stretti, ad abbracciare, a ricevere ed ammettere quei Riti che sono quelli ricevuti ed approvati della Sacra Liturgia usati nella Chiesa Cattolica nella solenne amministrazione dei Sacramenti. A volte coloro che vorrebbero difendere la nuova liturgia si riferiranno a qualche teologo come Tanqueray, o altri, che dicono che i Riti non possono essere cambiati da nessuno eccetto il Papa. Devo porre la domanda: Possono i Papi aver sbagliato nella loro solenne professione per 600 anni? Il primissimo atto fatto da un Papa iniziando da S. Agatone fu quello di fare una solenne dichiarazione e giuramento all’atto dell’incoronazione a Romano Pontefice nel quale giurava solennemente e solennemente dichiarava di non avere il potere e che non avrebbe comunque cambiato la disciplina e i Riti della Chiesa. Invocando l’ira di Dio su sé stesso se avrebbe osato o permesso che fossero cambiati. Ma questo non significa che nella liturgia non può essere mai assolutamente cambiato nulla? Come ho sottolineato, secondo l’insegnamento di Leone XIII, dei cambiamenti che hanno principalmente la natura della restaurazione, possono essere fatti. Sviluppi minori sono permessi.
E spetta all’autorità del Papa restaurare la liturgia, preservare la liturgia, come fu insegnato da Pio XI. E’ dovere dei Papi preservare la liturgia e proteggerla dalle contraffazioni. Per 600 anni, quel solenne Giuramento di Professione fu fatto da un Papa dopo l’altro, dai giorni di S. Agatone fino a Bonifacio VIII. E’ stato spiegato da vari Papi che il Papa ha il potere di modificare la disciplina della Chiesa, in accordo alle attuali necessità della Chiesa. Ma fare delle modifiche è un cosa. Fare drastiche alterazioni, abolire completamente tutto e rimpiazzarlo con qualcos’altro, è qualcosa che i Papi, per 600 anni, hanno solennemente professato di non avere il potere di fare.
*Bonifacio VIII non fece quel giuramento d’incoronazione a causa della situazione politica del tempo. C’era tensione tra il Papa e Filippo il Bello, di Francia, che alla fine attaccò l’esercito del Papa, assediò Bonifacio VIII, e infine lo sottopose a violenza fisica. Bonifacio VIII non voleva dare nessuna apparenza di aver bisogno del consenso e dell’approvazione di nessun governatore secolare, così non firmò il giuramento di incoronazione e non lo inviò ai monarchi regnanti dei suoi tempi. Lo giudicava imprudente. Non fu perché non era d’accordo col giuramento, che esso non fu più usato, ma perché la situazione politica di quel periodo storico necessitava di un cambio di politica.
Ciò nonostante, questa è una dottrina della Chiesa, e il giuramento di incoronazione è un documento della tradizione della Chiesa che i Papi non hanno assolutamente il potere di abolire un Rito ricevuto ed approvato e sostituirlo con un altro.
E’ definito dalla Chiesa, quindi è legge di Dio.
Bisogna aderire ai tradizionali Riti ricevuti.
Questa è professione di fede. Questo è il motivo per cui il Concilio di Trento, Sessione 7, Canone 13, dichiara la proposizione, “Se qualcuno dichiara che i Riti ricevuti e approvati della Chiesa Cattolica abitualmente usati nella solenne amministrazione dei Sacramenti possono essere cambiati con altri nuovi Riti da un qualsiasi pastore della Chiesa, sia anatema”. E’ chiarissimo che questo anatema dichiara che è un’eresia dire che qualche pastore della Chiesa Cattolica, qualsiasi esso sia, ha il potere di revisionare la sacra liturgia, I Riti tradizionali, cambiando gli usuali Riti in nuovi Riti.
Quando al Sinodo di Pistoia del 1786, si propose la semplificazione della liturgia, l’uso completo del vernacolare, e la recita del Canone della Messa ad alta voce, Pio VI condannò queste proposizioni.
Queste riforme proposte al Sinodo di Pistoia sono esattamente le stesse cose che furono proposte al Concilio Vaticano II. A questo punto quelli che, sviati per la lealtà al Concilio, iniziano a sospettare i Cattolici Tradizionali di non essere completamente ortodossi diranno “Ma come osi a discutere il Concilio Vaticano II? E’ il Papa assieme a tutti i vescovi che ha emesso questi decreti. Come puoi dissentire da questo? Tu non sei leale all’autorità della Chiesa”. /La risposta è moto semplice. Ho usato l’espressione del Card. Ratzinger che di coloro dice che convertono il Concilio Vaticano II in un “super dogma”/.
E’ un dato di fatto, che la politica ufficiale del Concilio Vaticano II fu del tutto chiaramente dichiarata dall’arcivescovo Pericle Felici, che a quel tempo era il Segretario Generale del Concilio. Nelle sue funzioni di Segretario Generale, quando i Padri conciliari gli chiesero a riguardo del peso teologico – per usare termini più precisi la nota teologica – del Concilio.
Egli disse qualcosa che non deve mai essere dimenticato. “Dobbiamo distinguere negli schemi e nei capitoli quelli che sono già stati oggetto di definizioni dogmatiche nel passato; di conseguenza per quelle dichiarazioni che hanno un nuovo carattere, dobbiamo fare delle riserve. Molto chiara, molto precisa, la politica del Concilio Vaticano II riguardo sé stesso fu che: quelle proposizioni e dottrine che hanno un carattere di novità non sono imposte, sotto nessuna obbligazione, ai fedeli. E’ il Concilio stesso che lascia ai fedeli il diritto il diritto di avere riserve, e ciò vale a dire che non devono acconsentire ad ogni cosa che il Concilio ha detto, ma solo a quelle che sono state precedentemente definite. Ed è a quelle che noi aderiamo. Allora abbiamo il diritto di mettere in discussione alcune delle riforme della liturgia anche se sono richieste dal Concilio Vaticano II.
Ciò che è più ovvio a coloro che hanno ancora una comprensione Cattolica della liturgia della Chiesa è che la liturgia non può essere ambigua. Non può suggerire eresie.
Se guardiamo l’articolo 7 delle Istruzioni Generali del Nuovo Messale, esso definisce cos’è la Santa Messa secondo il creatore del Nuovo Rito. Ora i liberali sottolineano che “Quella definizione fu tolta. Essa fu rimossa”. Ma è come chiudere la porta della stalla quando i buoi sono già scappati, perché essi riformarono la liturgia secondo quella definizione protestante della Messa. E se osservate bene le varie parti del nuovo Rito della Messa, vi accorgerete che suggeriscono l’eresia dei Protestanti. Non ha ora l’intenzione di analizzare punto per punto queste parti, in quanto esiste un’esauriente letteratura per coloro che sono interessati.
Ma ciò che ha bisogno di essere messo in risalto è che su due punti la nuova liturgia fallisce. Primo, non è l’usuale Rito ricevuto come ci richiede la Chiesa Cattolica. Il Canone 846 prescrive l’aderenza a quei Riti che sono i propri Riti, vale a dire i nostri Riti abituali. Come Cattolici Romani il nostro proprio Rito è il Rito Romano, no qualche nuovo miscuglio che alcuni burocrati hanno creato a Roma e che hanno cercato di imporcelo. In quanto Cattolici Romani, il Rito Romano appartiene a noi, proprio come il Rito Bizantino appartiene ai Cattolici Bizantini. Questi non possono essere cambiati perché la professione di fede ci obbliga a restare attaccati ai nostri propri tradizionali, Riti liturgici. Secondo, le ambiguità e i richiami Protestanti del nuovo Rito sono ben documentate, (furono sottolineati dai Card. Ottaviani e Bacci durante il regno di Paolo VI). Mostrarono che il nuovo Rito non era ciò che Pio XII dichiarò che la liturgia deve essere: un’esplicita professione della Fede Cattolica. Sono le ambiguità, le distorsioni, le tendenze all’eresia che il nuovo Rito della Messa ha portato a ciò che Suor Lucia si riferiva in relazione al Terzo Segreto di Fatima: “il diabolico disorientamento della Chiesa post-conciliare”.
Pio XI dichiarò che la Messa è il più importante organo dell’ordinario Magistero della Chiesa.
Quando la liturgia verrà restaurata a una chiara e non equivoca professione di Fede Cattolica, allora i fedeli cesseranno di vivere nelle nebbie della confusione che sono state causate dal fallimento dei loro pastori e dalla negligenza della gerarchia superiore nel ritenere e confermare in modo chiaro e senza equivoci la Fede Cattolica. Ma mediante lo spargimento di confusione, ambiguità ed equivoci, hanno portato a ciò che è espresso nel segreto di Fatima – rivelato da niente meno che dall’ex Vescovo di Fatima – l’apostasia, la perdita della Fede in interi continenti.
AMDG et DVM