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domenica 18 marzo 2018

IL MISTERO PASQUALE


Sermone di san Leone Papa
Sermone 9 sulla Quaresima

Non ignoriamo, o dilettissimi, che il mistero pasquale occupa il primo posto fra tutte le solennità cristiane: il nostro modo di vivere durante l'anno intero deve, certo, colla riforma dei nostri costumi disporci a celebrarlo in maniera degna e conveniente: ma i giorni presenti soprattutto esigono la nostra devozione, perché sappiamo che essi sono prossimi a quello in cui celebriamo il mistero più sublime della divina misericordia. 

Con ragione e per ispirazione dello Spirito Santo i santi Apostoli hanno ordinato in questi giorni digiuni più rigorosi: affinché con una partecipazione comune alla croce di Cristo, anche noi facciamo qualche cosa che ci unisca a ciò ch'egli ha fatto per noi, siccome dice l'Apostolo: «Se soffriamo con lui, saremo glorificati con lui» Rom. 8,7. Dove è la partecipazione alla passione del Signore, è certa e sicura l' aspettazione della felicità che ci è promessa.

Non c'è alcuno, o dilettissimi, cui si neghi d'essere associato a questa gloria, e la condizione del tempo non l'ostacola, quasi che nella tranquillità e nella pace non ci sia occasione di praticar la virtù. E l'Apostolo l'ha predetto dicendo: «Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo, soffriranno persecuzione» 2Tim. 3,12: e perciò la prova e la persecuzione non mancheranno mai, se non verrà meno giammai la pratica della pietà. 
Difatti il Signore esortando i suoi Apostoli dice: «Chi non prende la sua croce, e mi segue, non è degno di me» (Matth. 10,38). Questa parola, non possiamo dubitarlo, riguarda non solo i discepoli di Cristo, ma tutti i fedeli, la Chiesa intera, la quale, nella sua universalità, ascoltava le condizioni della salute nella persona di quelli che allora erano presenti.

E come è dovere di tutto il corpo il vivere piamente, così l'obbligo di portare la croce è di tutti i tempi: e non senza motivo si consiglia a ciascuno di portare la sua croce, essendo che ognuno n'è caricato in maniera e misura a lui propria. La persecuzione è designata con una sola parola, ma esiste più d'una causa di combattimento: e ordinariamente c'è a temere più da uno che tende insidie di nascosto, che da un avversario dichiarato. 
Il beato Giobbe, che aveva appreso che i beni e i mali si succedono in questo mondo, diceva con pietà e verità: «Non è forse una tentazione la vita dell'uomo sulla terra?» Job. 7,1 Non sono soltanto i dolori e i supplizi del corpo che assalgono l'anima fedele, perché essa è minacciata da grave malattia, ancorché tutte le membra rimangano perfettamente sane, se si lascia rammollire dai piaceri del senso. 
Ma siccome «la carne ha desideri contrari allo spirito, e lo spirito contrari alla carne» Gal. 5,17, l'anima ragionevole è munita del soccorso della croce di Cristo, onde non acconsenta ai desideri colpevoli allorché è tentata, perché è trafitta e trattenuta dai chiodi della continenza e dal timor di Dio.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

AMDG et DVM

giovedì 16 aprile 2015

So, però, che la luce di Dio c’è, che Egli è risorto, che la sua luce è più forte di ogni oscurità; che la bontà di Dio è più forte di ogni male di questo mondo. E questo mi aiuta a procedere con sicurezza. Questo aiuta noi ad andare avanti, e in questa ora ringrazio di cuore tutti coloro che continuamente mi fanno percepire il «sì» di Dio attraverso la loro fede.



SANTA MESSA IN OCCASIONE DELL’85° GENETLIACO DEL SANTO PADRE
OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Cappella Paolina
Lunedì, 16 aprile 2012

Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Fratelli e Sorelle!

Nel giorno del mio compleanno e del mio Battesimo, il 16 aprile, la liturgia della Chiesa ha posto tre segnavia che mi indicano dove porta la strada e che mi aiutano a trovarla. 
In primo luogo, c’è la memoria di santa Bernadette Soubirous, la veggente di Lourdes; 
poi, c’è uno dei Santi più particolari della storia della Chiesa, Benedetto Giuseppe Labre
e poi, soprattutto, c’è il fatto che questo giorno è sempre immerso nel Mistero Pasquale, nel Mistero della Croce e della Risurrezione, e nell’anno della mia nascita è stato espresso in modo particolare: era il Sabato Santo, il giorno del silenzio di Dio, dell’apparente assenza, della morte di Dio, ma anche il giorno nel quale si annunciava la Risurrezione.

Bernadette Soubirous, la ragazza semplice del Sud, dei Pirenei – tutti la conosciamo e la amiamo. Bernadette è cresciuta nella Francia illuminista del XIX secolo, in una povertà difficilmente immaginabile. La prigione, che era stata abbandonata perché troppo insalubre, diventò, alla fine – dopo qualche esitazione –, la dimora della famiglia, nella quale ella trascorse l’infanzia. Non c’era la possibilità di avere formazione scolastica, solo un po’ di catechismo per la preparazione alla Prima Comunione. Ma proprio questa fanciulla semplice, che nel suo cuore era rimasta pura e schietta, aveva il cuore che vede, era capace di vedere la Madre del Signore e in Lei il riflesso della bellezza e della bontà di Dio. A questa fanciulla Maria poteva mostrarsi e attraverso lei parlare al secolo e oltre il secolo stesso. 
Bernadette sapeva vedere, con il cuore puro e genuino. E Maria le indica la sorgente: lei può scoprire la sorgente, acqua viva, pura e incontaminata; acqua che è vita, acqua che dona purezza e salute. E attraverso i secoli, ormai, quest’acqua viva è un segno da parte di Maria, un segno che indica dove si trovano le sorgenti della vita, dove possiamo purificarci, dove troviamo ciò che è incontaminato. In questo nostro tempo, in cui vediamo il mondo in tanto affanno, e in cui prorompe la necessità dell’acqua, dell’acqua pura, questo segno è tanto più grande. Da Maria, dalla Madre del Signore, dal cuore puro viene anche l’acqua pura, genuina che dà la vita, l’acqua che in questo secolo – e nei secoli che possono venire – ci purifica e ci guarisce.

Penso che possiamo considerare quest’acqua come un’immagine della verità che ci viene incontro nella fede: la verità non simulata, ma incontaminata. Infatti, per poter vivere, per poter diventare puri, abbiamo bisogno che ci sia in noi la nostalgia della vita pura, della verità non travisata, di ciò che non è contaminato dalla corruzione, dell’essere uomini senza macchia. Ecco che questo giorno, questa piccola Santa è sempre stata per me un segno che mi ha indicato da dove proviene l’acqua viva di cui abbiamo bisogno – l’acqua che ci purifica e che dà la vita –, e un segno di come dovremmo essere: con tutto il sapere e tutte le capacità, che pure sono necessari, non dobbiamo perdere il cuore semplice, lo sguardo semplice del cuore, capace di vedere l’essenziale, e dobbiamo sempre pregare il Signore affinché conserviamo in noi l’umiltà che consente al cuore di rimanere chiaroveggente – di vedere ciò che è semplice ed essenziale, la bellezza e la bontà di Dio – e di trovare così la sorgente dalla quale viene l’acqua che dona la vita e purifica.

Poi c’è Benedetto Giuseppe Labre, il pio pellegrino mendicante del XVIII secolo che, dopo diversi tentativi inutili, trova finalmente la sua vocazione di pellegrinare come mendicante – senza niente, senza alcun appoggio e non tenendo per sé nulla di quel che riceveva se non ciò di cui aveva assolutamente bisogno – pellegrinare attraverso tutta l’Europa, a tutti i santuari dell’Europa, dalla Spagna fino alla Polonia e dalla Germania fino alla Sicilia: un Santo veramente europeo! Possiamo anche dire: un Santo un po’ particolare che, mendicando, vagabonda da un santuario all’altro e non vuole fare altro che pregare e con ciò rendere testimonianza a quello che conta in questa vita: Dio. 

Certo, non rappresenta un esempio da emulare, ma è un segnavia, un dito teso verso l’essenziale. Egli ci mostra che Dio da solo basta; che al di là di tutto ciò che può esserci in questo mondo, al di là delle nostre necessità e capacità, quello che conta, l’essenziale è conoscere Dio. Egli da solo basta. E questo «solo Dio», egli lo indica a noi in modo drammatico. E al tempo stesso, questa vita realmente europea che, da santuario a santuario, abbraccia l’intero Continente europeo rende evidente che colui che si apre a Dio non si estranea dal mondo e dagli uomini, bensì trova fratelli, perché da parte di Dio cadono le frontiere, solo Dio può eliminare le frontiere perché grazie a Lui siamo tutti solo fratelli, facciamo parte gli uni degli altri; rende presente che l’unicità di Dio significa, al contempo, la fratellanza e la riconciliazione degli uomini, l’abbattimento delle frontiere che ci unisce e ci guarisce. Così egli è un Santo della pace proprio in quanto è un Santo senza alcuna esigenza, che muore povero di tutto eppure benedetto con ogni cosa.

E poi, infine, c’è il Mistero Pasquale. Nello stesso giorno in cui sono nato, grazie alla premura dei miei genitori, sono anche rinato dall’acqua e dallo Spirito, come abbiamo appena ascoltato nel Vangelo. 
In primo luogo, c’è il dono della vita che i miei genitori mi hanno fatto in tempi molto difficili, e per il quale li devo ringraziare. 

Ma non è scontato che la vita dell’uomo in sé sia un dono. 
Può veramente essere un bel dono? Sappiamo che cosa incombe sull’uomo nei tempi bui che si troverà davanti – anche in quelli più luminosi che potranno venire? Possiamo prevedere a quali affanni, a quali terribili eventi potrà essere esposto? È giusto dare la vita così, semplicemente? È responsabile o è troppo incerto? È un dono problematico, se rimane a se stante. 
La vita biologica di per sé è un dono, eppure è circondata da una grande domanda. Diventa un vero dono solo se, insieme ad essa, si può dare una promessa che è più forte di qualunque sventura che ci possa minacciare, se essa viene immersa in una forza che garantisce che è un bene essere uomo, che per questa persona è un bene qualsiasi cosa possa portare il futuro. Così, alla nascita va associata la rinascita, la certezza che, in verità, è un bene esserci, perché la promessa è più forte delle minacce. Questo è il senso della rinascita dall’acqua e dallo Spirito: essere immersi nella promessa che solo Dio può fare: è bene che tu ci sia, e ne puoi essere certo, qualsiasi cosa accada. Da questa certezza ho potuto vivere, rinato dall’acqua e dallo Spirito. 
Nicodemo chiede al Signore: «Un vecchio può forse rinascere?». Ora, la rinascita ci è donata nel Battesimo, ma noi dobbiamo continuamente crescere in essa, dobbiamo sempre di nuovo lasciarci immergere da Dio nella sua promessa, per essere veramente rinati nella grande, nuova famiglia di Dio che è più forte di tutte le debolezze e di tutte le potenze negative che ci minacciano. Perciò questo è un giorno di grande ringraziamento.

Il giorno in cui sono stato battezzato, come ho detto, era Sabato Santo. Allora si usava ancora anticipare la Veglia Pasquale nella mattinata, alla quale sarebbe seguito ancora il buio del Sabato Santo, senza l’Alleluia. Mi sembra che questo singolare paradosso, questa singolare anticipazione della luce in un giorno oscuro, possa essere quasi un’immagine della storia dei nostri giorni. Da un lato, c’è ancora il silenzio di Dio e la sua assenza, ma nella Risurrezione di Cristo già c’è l’anticipazione del «sì» di Dio, e in base a questa anticipazione noi viviamo e, attraverso il silenzio di Dio, sentiamo il suo parlare, e attraverso il buio della sua assenza intravvediamo la sua luce. L’anticipazione della Risurrezione nel mezzo di una storia che si evolve è la forza che ci indica la strada e che ci aiuta ad andare avanti.

Ringraziamo il buon Dio perché ci ha donato questa luce e lo preghiamo affinché essa possa rimanere sempre. E in questo giorno ho motivo di ringraziare Lui e tutti coloro che sempre di nuovo mi hanno fatto percepire la presenza del Signore, che mi hanno accompagnato affinché io non perdessi la luce.

Mi trovo di fronte all’ultimo tratto del percorso della mia vita e non so cosa mi aspetta. So, però, che la luce di Dio c’è, che Egli è risorto, che la sua luce è più forte di ogni oscurità; che la bontà di Dio è più forte di ogni male di questo mondo. E questo mi aiuta a procedere con sicurezza. Questo aiuta noi ad andare avanti, e in questa ora ringrazio di cuore tutti coloro che continuamente mi fanno percepire il «sì» di Dio attraverso la loro fede.
Alla fine - Cardinale Decano - un cordiale ringraziamento per le Sue parole di fraterna amicizia, per tutta la collaborazione in tutti questi anni. E un grande grazie a tutti i collaboratori dei 30 anni in cui sono a Roma, che mi hanno aiutato a portare il peso della mia responsabilità. Grazie. Amen.


E Papa Benedetto XVI aggiunse 
la Conchiglia nel suo nuovo stemma.

SANTITA', AUGURI 
per gli 88!
Dalla messa all'alba tutti i giorni al tg delle 20. Georg Gänswein, storico segretario di Benedetto XVI, racconta la vita del Papa emerito che oggi compie 88 anni e di cui domenica ricorrono i dieci anni dall'elezione. "Impossibile dissuaderlo, ma fu una decisione serena".  --"Quando rinunciò al pontificato era di una serenità sconvolgente. La sua anima ne è ancora oggi pervasa, mentre trascorre le sue giornate fra gli amati libri, collocati in un ordine che soltanto lui, da oltre mezzo secolo, sa riconoscere. Legge, studia, suona e anche canta". Canta? "Solo nella santa messa!".

 Perfetta Vergine Santa Maria di Guadalupe 
Adorata Divina Madre della Salvezza
nutri le nostre anime con i Tuoi divini influssi


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