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venerdì 30 maggio 2014

“Perché vuoi diventare papa? Di papa ce n'è uno solo nella cristianità.”


pesce rombo e pescatore


Fiabe Classiche - Grimm: Il pescatore e la moglie

"Kinder und Hausmärchen" (n.19)

gif animata
C'era una volta un pescatore e sua moglie; abitavano in un lurido tugurio presso il mare, e il pescatore andava tutti i giorni a pescare con la lenza, e così fece per molto tempo. Una volta se ne stava seduto vicino alla lenza a guardare nell'acqua liscia come l'olio. Se ne stava così quando la lenza andò a fondo, giù giù, e quand'egli la sollevò c'era attaccato un grosso rombo. E il rombo gli disse: “Ti prego, lasciami vivere; io non sono un vero rombo, sono un principe stregato. Ributtami in acqua e lasciami andare!”. “Eh”, disse l'uomo, “non hai bisogno di fare tanti discorsi: un rombo che parla, l'avrei certo lasciato libero.” Lo rimise in acqua e il rombo si tuffò e lasciò dietro di sé una lunga striscia di sangue. L'uomo tornò allora a casa da sua moglie, nella lurida catapecchia, e le raccontò che aveva preso un rombo che aveva sostenuto di essere un principe stregato; poi lo aveva lasciato andare. “E non gli hai chiesto niente?”, disse la donna. “No”, disse l'uomo, “cosa avrei dovuto chiedere?” “Ah”, disse la donna, “è pur brutto abitare sempre in questo buco! Puzza ed è così sporco! Vai e domandagli una piccola capanna.” L'uomo non voleva, tuttavia andò sulla riva del mare e, quando giunse, il mare era tutto verde e giallo. Egli andò fino all'acqua, si fermò e disse:
“Piccolo rombo, ticchete tacchete, stammi a sentire, zicchete zacchete, mia moglie parlar troppo suole, e ciò ch'io voglio lei non vuole!”
Allora il rombo giunse nuotando e disse: “Bè, che vuole dunque?” “Ah”, disse l'uomo, “io ti avevo pur preso, invece ti ho lasciato andare; ora mia moglie mi ha detto che avrei dovuto chiederti qualcosa. Non vuole più abitare in un buco, vorrebbe una capanna.” “Và a casa”, rispose il rombo “ce l'ha già.” Allora l'uomo andò a casa e sua moglie era sulla porta di una capanna e gli disse: “Vieni dentro, guarda, adesso è molto meglio”. E dentro alla capanna c'era una stanza, una camera da letto e una cucina. E dietro c'era anche un giardinetto con verdura e alberi da frutta e un cortile con polli e anitre. “Ah”, disse l'uomo, “ora vivremo felici.” “Sì”, disse la donna, “ci proveremo.” Dopo un paio di settimane, la donna disse: “Marito mio, la capanna è troppo stretta e il cortile e il giardino sono così piccoli! Vorrei abitare in un gran castello di pietra; và dal rombo, che ce lo regali”. “Ah, moglie”, disse l'uomo, “il rombo ci ha già dato la capanna: non posso tornare, se ne potrebbe avere a male.” “Macché‚” disse la donna, “può benissimo farlo e lo farà volentieri!” Allora l'uomo andò con il cuore grosso, ma quando giunse al mare, l'acqua era tutta violetta azzurro cupa e grigia; però era ancora calma. Egli si fermò e disse:
“Piccolo rombo, ticchete tacchete, stammi a sentire, zicchete zacchete, mia moglie parlar troppo suole, e ciò ch'io voglio lei non vuole!”
“Bhè cosa vuole?” rispose il rombo. “Ah”, disse l'uomo tutto turbato, “mia moglie vuole abitare in un castello di pietra.” “Và, è già davanti alla porta” rispose il rombo. Allora l'uomo andò a casa e sua moglie stava davanti a un gran palazzo. “Guarda, marito mio” ella disse, “com'è bello!” Entrarono insieme e dentro c'erano tanti servi, le pareti risplendevano è nelle stanze c'erano sedie e tavole tutte d'oro. E dietro il castello c'erano un giardino e un parco che si estendeva per un mezzo miglio, dov'erano cervi, caprioli e lepri; e un cortile con stalla e scuderia. “Ah” disse l'uomo, “in questo bel castello si può essere contenti!” “Vedremo” disse la donna, “intanto dormiamoci su.” E andarono a letto. Il mattino dopo la donna si svegliò allo spuntar del giorno, diede una gomitata nel fianco dell'uomo e disse: “Alzati, marito, potremmo diventare re di tutto il paese”. “Ah, moglie” disse l'uomo, “perché mai dovremmo diventare re; io non voglio!” “Bene, allora voglio esserlo io.” “Ah, moglie” disse l'uomo, “perché vuoi essere re? Al rombo non piacerà.” “Marito” disse la donna, “vacci difilato, io devo essere re.” Allora l'uomo andò ed era tutto turbato che sua moglie volesse diventare re. E quando arrivò al mare, il mare era tutto plumbeo e nero e l'acqua ribolliva dal profondo. Egli si fermò e disse:
“Piccolo rombo, ticchete tacchete, stammi a sentire, zicchete zacchete, mia moglie parlar troppo suole, e ciò ch'io voglio lei non vuole!”
“Bè, che cosa vuole?”disse il rombo. “Ah” disse l'uomo, “mia moglie vuole diventare re.” “Và pure, che lo è già” disse il rombo. Allora l'uomo tornò a casa e quando arrivò al palazzo c'erano tanti soldati, trombe e timpani. Sua moglie sedeva su di un alto trono d'oro e diamanti e aveva una grande corona d'oro in testa; e al suo fianco stavano in fila sei damigelle, dalla più alta alla più piccola, così da formare una scala. “Ah” disse l'uomo, “adesso sei re?” “Sì” rispose la donna, “adesso sono re.” Dopo averla guardata per un pò, egli disse: “Ah, moglie, che bellezza che tu sia re! non c'è più niente da desiderare”. “No, marito” disse la donna “mi viene in uggia, non posso più resistere: sono re, ora voglio diventare imperatore!” “Ah, moglie” disse l'uomo, “perché vuoi diventare imperatore?” “Marito” diss'ella, “và dal rombo: voglio essere imperatore.” “Ah moglie”, disse l'uomo “egli non può fare imperatori, non posso dir questo al rombo.” “Io sono re” disse la donna, “e tu sei mio marito, vacci subito!” Allora l'uomo andò e mentre camminava pensava: "Non va, non va, imperatore è troppo sfacciato; alla fine il rombo si stancherà". Così arrivò al mare, l'acqua era tutta nera e gonfia e ci soffiava sopra un gran vento che la sconvolgeva. L'uomo si fermò e disse:
“Piccolo rombo, ticchete tacchete, stammi a sentire, zicchete zacchete, mia moglie parlar troppo suole, e ciò ch'io voglio lei non vuole!”
“Bè, che vuole?” disse il rombo. “Ah” disse egli, “mia moglie vuole diventare imperatore.” “Và pure” disse il rombo, “lo è già.” L'uomo se ne andò e, quando arrivò a casa, sua moglie sedeva su di un trono altissimo fatto di un solo pezzo d'oro, e aveva in testa una gran corona alta tre braccia; al suo fianco stavano gli alabardieri, l'uno più piccolo dell'altro, dall'enorme gigante al piccolissimo nano, grosso come il mio mignolo. E davanti a lei c'erano tanti principi e conti. L'uomo passò in mezzo a loro e disse: “Moglie, sei imperatore adesso?”. “Sì” diss'ella, “sono imperatore.” “Ah”,disse l'uomo contemplandola, “che bellezza che tu sia imperatore!” “Marito” disse la donna, “non incantarti! Ora sono imperatore, ma voglio anche diventare papa.” “Ah, moglie” disse l'uomo, “perché vuoi diventare papa? Di papa ce n'è uno solo nella cristianità.” “Marito” diss'ella, “voglio diventare papa oggi stesso.” “No, moglie” disse l'uomo, “il rombo non può far papi, questo non va.” “Chiacchiere, se può fare imperatori può fare anche papi. Vacci subito!” Allora l'uomo andò, ma era tutto fiacco, le gambe e le ginocchia gli vacillavano, e soffiava un gran vento e l'acqua sembrava che bollisse. Le navi, in pericolo, invocavano soccorso, danzavano e saltavano sulle onde. Tuttavia il cielo era ancora un pò azzurro al centro, ma ai lati saliva un color rosso, come durante un gran temporale. Allora egli si fermò, sconfortato, e disse:
“Piccolo rombo, ticchete tacchete, stammi a sentire, zicchete zacchete, mia moglie parlar troppo suole, e ciò ch'io voglio lei non vuole!”
“Bè, cosa vuole?” disse il rombo. “Ah” disse l'uomo, “mia moglie vuole diventare papa.” “Và pure” disse il rombo, “lo è già.” Egli se ne andò e quando arrivò a casa sua moglie sedeva su di un trono alto tre miglia e aveva tre grandi corone in testa, intorno a lei c'erano tanti preti, e ai suoi lati c'erano due file di lumi, dal più alto, spesso e grosso come un'enorme torre, fino alla più piccola candela da cucina. “Moglie” disse l'uomo guardandola, “sei papa adesso?” “Sì” diss'ella, “sono papa.” “Ah moglie” disse l'uomo, “che bella cosa che tu sia papa! Moglie, ora sarai contenta: sei papa, non puoi diventare niente di più.” “Ci penserò” disse la donna. E andarono a letto, ma ella non era contenta e la cupidigia non la lasciava dormire: pensava sempre che cosa potesse ancora diventare. Quand'ella vide dalla finestra il sole che sorgeva, pensò: "Ah, non potrei forse far sorgere anche il sole?". Piena di rabbia, diede una gomitata al marito e disse: “Marito, vai dal rombo, voglio diventare come il buon Dio!”. L'uomo era ancora addormentato, ma si spaventò tanto che cadde dal letto. “Ah, moglie” diss'egli, “rientra in te e contentati di essere papa.” “No”,gridò la moglie e si strappò la camiciola di dosso, “non sono tranquilla e non posso resistere quando vedo sorgere il sole e la luna e non posso farli sorgere io stessa. Voglio diventare come il buon Dio.” “Ah, moglie, il rombo questo non lo può fare. Può fare imperatori e papi, ma questo non lo può fare!” “Marito” diss'ella, e gli rivolse uno sguardo terribile, “voglio diventare come il buon Dio, và subito dal rombo.” Allora l'uomo andò pieno di paura; fuori infuriava la tempesta che sconvolgeva i campi e sradicava gli alberi, il cielo era tutto nero, lampeggiava e tuonava; il mare si gonfiava in onde nere, alte come montagne e tutte avevano una bianca corona di spuma. Egli gridò:
“Piccolo rombo, ticchete tacchete, stammi a sentire, zicchete zacchete, mia moglie parlar troppo suole, e ciò ch'io voglio lei non vuole!”
“Bè, cosa vuole?” disse il rombo. “Ah” rispose l'uomo, “vuole diventare come il buon Dio.” “Và pure, che è tornata nel suo lurido tugurio.” E ci stanno ancora.

Il pifferaio 2

Grimm: Il pifferaio di Hamelin (o: «I bambini di Hamelin»)

Realtà o leggenda? (questa storia trascritta dai fratelli Grimm e raccolta nelle «Saghe Germaniche» si ritiene sia ispirata a un tragico evento realmente accaduto.)
(testo tradotto da me; vedi note a pié di pagina)
il pifferaio attira i topi

"Saghe Germaniche" (n.245)

libro animato
Nell'anno 1284 uno strano uomo fu visto ad Hamelin. Indossava un soprabito e uno scialle bicolore. Dichiarò di essere un cacciatore di topi e promise di liberare la città da tutti i topi e i ratti che l'avevano infestata, in cambio di una certa somma di denaro. La popolazione del villaggio raggiunse un accordo con lui, e promise che sarebbe stato ricompensato come pattuito. 
Quindi lo sterminatore di topi tirò fuori dal taschino un certo flauto e cominciò a suonare. Nello stesso istante, tutti i ratti e i topi fuoriuscirono dalle case e si radunarono intorno a lui. Quando sembrava proprio che egli li avesse radunati veramente tutti, si incamminò fuori città, e i topi e i ratti lo seguirono a ruota al suono del flauto. Così, egli li attirò verso il fiume Weser. Si allacciò il mantello colorato, ed entrò nell'acqua. Così, gli animali che lo seguivano furono sommersi dall'acqua e affogarono. Ma quando la cittadinanza si vide finalmente liberata dalla pestilenza, cominciarono a rimpiangere la promessa fatta, e gli negarono il compenso portando mille scuse, finché il pifferaio divenne furioso e se ne andò via in collera.
La mattina del 26 giugno, il giorno di Giovanni e Paolo, verso le sette di mattina (ma secondo altri era di pomeriggio), il pifferaio riapparse, ma stavolta, vestito da cacciatore, con un volto terribile e con uno strano cappello rosso in testa. Suonava il suo flauto in ogni angolo di strada. Questa volta non furono ratti, né topi, a seguirlo, ma bambini, maschi e femmine, dai quattro anni in su, in vasti gruppi. Tra di loro c'era anche la figlia adolescente del sindaco. Una processione di ragazzi e ragazzini lo seguirono, ed egli li portò lontano, verso una montagna, dove ben presto scomparvero. Una bambinaia aveva visto tutto; aveva un bimbo in braccio e seguì la folla da lontano, ma al ritorno riferì tutto. I genitori confluirono a fiotti alle porte della città gonfi di preoccupazione, in cerca dei loro figli; le madri si disperavano per la loro perdita. Per terra e per mare erano stati già inviati messaggeri in cerca dei bambini fino alle cittadine vicine, nella speranza che fossero stati visti, ma inutilmente. 
Alla fine si calcolò che 130 bambini erano scomparsi. C'è anche chi testimoniò che due di loro erano corsi dietro alla folla, ma che, essendo troppo lenti per raggiungerli, erano tornati indietro: uno era cieco, l'altro, muto: quello cieco non poté individuare il luogo, ma poté soltanto testimoniare che il gruppo aveva seguito la musica. Il bambino muto, al contrario, vide bene quale era la direzione, ma essendo muto, non fu in grado di spiegarlo. In più, un altro ragazzo corse fuori casa in maniche di camicia, quindi dovette rientrare in casa per prendere la giacca, e questa fu la sua salvezza. Quando poi tentò di raggiungere il gruppo, vide che gli altri erano arrivati già ai piedi della montagna, dopodiché li vide scomparire nel nulla.
Verso la metà del diciottesimo secolo la strada che i bambini avevano percorso era ancora chiamata «Bungelose» (via silenziosa, senza musica o rumore), perché a nessuno era consentito di fare musica o danzare. Quando una sposa era condotta in chiesa con l'accompagnamento musicale, i musicisti dovevano interrompere l'esecuzione quando si arrivava a dover transitare quella via. La collina vicino Hamelin, dove i bambino scomparvero, si chiama «Poppenberg». Due monumenti in pietra a forma di croce furono eretti in memoria della disgrazia. Qualcuno ipotizza che i bambini siano stati condotti in una cava e che siano transitati dall'altra parte, in Transilvania, nella città di Siebenbuergen.
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I cittadini di Hamelin fecero archiviare la storia nei registri comunali, e da quel momento contarono ogni giorno e ogni anno dal giorno della sparizione dei loro figli. Tuttavia, qualcuno sostenne che il giorno in cui accadde era il 22 giugno, e non il 26, come risulta dai registri. Presso il municipio si leggono queste parole:
Nell'anno di nostro Signore 1284 ad Hamelin, 130 bambini scomparvero per mano di un pifferaio, nel luogo chiamato Calvario.
Nel 1572 il sindaco aveva fatto incidere la storia sulle finestre di una chiesa, con le relative didascalie, ma le parole sono quasi del tutto illeggibili oggi. Una moneta è stata inoltre coniata in commemorazione dell'evento.
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Il testo originale che ho tradotto è tratto dal blog Fairy Tale Channel.org. Chiunque desideri divulgarlo sulle proprie pagine web, può prelevarlo liberamente, purché ne citi cortesemente la fonte, e non indichi questa traduzione come opera sua, in segno di rispetto per il mio lavoro. Grazie.
Vale76