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mercoledì 26 ottobre 2016

IL DIARIO CINESE DI PADRE PIERO GHEDDO del P.I.M.E con pagine di grande interesse

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Sono uscite in Italia le memorie di padre Piero Gheddo, del Pontificio Istituto Missioni Estere di Milano, grande missionario d'antica scuola. Le ha edite la EMI col titolo: "Inviato speciale ai confini della fede".
Alla Cina padre Gheddo dedica pagine di grande interesse. Eccone qui di seguito un assaggio, sugli anni bui della Rivoluzione culturale e sul dopo.
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HO VISTO LA RISURREZIONE DELLA CHIESA IN CINA
di Piero Gheddo
Dopo l’ordinazione sacerdotale, nel 1953, mi impegnai subito nel giornalismo, intervistando – tra gli altri – i nostri missionari del Pontificio Istituto Missioni Estere che in quegli anni venivano espulsi dalla Cina: 140 in tutto, con cinque vescovi.
Nel 1973 vado in Cina come membro di una commissione della Montedison, sostituendo un ammalato. Era il tempo della "rivoluzione culturale" e quella Cina, dico la verità, mi aveva quasi affascinato: disciplina, ordine, pulizia, povertà dignitosa e orgoglio nazionale, uguaglianza nell’avere tutti il necessario. Non si vedevano per le città poveri né mendicanti né lebbrosi. Poi, leggendo il Libretto rosso di Mao, parevano sentenze degne di san Paolo: "A ciascuno tutto quello di cui ha bisogno, da ciascuno tutto quello che può dare"; "Servire il popolo è l’ideale del buon cinese"; "L’ideale del comunismo è cambiare il cuore dell’uomo".
Ho avuto momenti di dubbio nel mio granitico convincimento che il comunismo senza Dio non può produrre frutti positivi per l’uomo. La Cina pareva dimostrare il contrario e la guida non mancava di ripetere: "La Cina ha imparato a fare a meno di Dio". Non solo i cristiani, ma anche i buddisti, i musulmani, i confuciani erano scomparsi: l’ateismo di Stato pareva condiviso dal popolo. In Occidente e in Italia, Mao era considerato da giornalisti e "profeti" il vero salvatore della Cina, che, si diceva, ogni giorno dà una ciotola di riso a tutti i cinesi.
Tornato in Italia, ho poi scritto che in Cina la Chiesa cattolica non esiste più, secoli di missione non hanno prodotto frutti. Pensavo: i cosiddetti "cristiani del riso", convertiti dagli aiuti alimentari, non esistono più. Per cui, quando ci sarà libertà in Cina, si dovrà "ricominciare da capo l’evangelizzazione dei cinesi"! Ero ingenuo e cieco, vedevo la realtà cinese solo con i miei poveri occhi umani, non era ancora maturata bene in me la fiducia nello Spirito Santo, protagonista della missione della Chiesa!
Il nostro viaggio in Cina aveva come base un albergo per stranieri a Canton. Dalla città ci portano a vedere le conquiste della Cina maoista, una grande caserma. Al mattino suona la sveglia alle sei: musiche, canti patriottici in tutta la metropoli. Poco dopo, nel grande viale lungo il fiume scendono uomini e donne vestiti tutti più o meno allo stesso modo, pantaloni neri o blu scuro, camicetta bianca. Incomincia la ginnastica quotidiana, diretta da una voce robusta e sonora, con un sottofondo di musiche patriottiche, diffuse in ogni zona della grande città. Poi, tutti al lavoro.
Non visitiamo la Cina, ma una ristretta regione vicina a Canton, dove tornavamo alla sera. Ci mostrano alcune scuole, un ospedale moderno, le "comuni agricole" con la vita comunitaria delle famiglie, tutte impegnate nei lavori, e i bambini mantenuti ed educati dallo Stato. E poi una grande diga, costruita da migliaia di uomini e donne divisi in gruppi: portano pesi sulle spalle, salgono su scale di bambù che solo al vederle vengono i brividi, il lavoro è in gran parte manuale. I vari gruppi di un settore sono in competizione, ovunque bandierine di vario colore per segnare il lavoro fatto, un grande spettacolo. Alla sera si premia il gruppo che ha lavorato di più. Interessante anche la visita all’università. I palazzi antichi, le aule, i laboratori nelle facoltà scientifiche, tutto più o meno come in Occidente. Ma quando entriamo nella grande biblioteca vediamo subito molti scaffali e pochi libri, tutti o quasi in lingua cinese. L’anziano bibliotecario, che parla in francese, mi prende in disparte e mi dice: "I libri in altre lingue li hanno bruciati tutti".
Alla fine, due giorni di libertà. Un mattino esco col permesso della nostra guida e vado verso la maestosa cattedrale cattolica in stile gotico, costruita dai missionari francesi alla fine dell’Ottocento. La cattedrale è dietro a una cancellata chiusa. La fotografo con un quadro di Mao sopra il portale. Di fianco alla cattedrale una grande tettoia dove scaricano i rifiuti di quel quartiere. I miei confratelli di Hong Kong mi hanno poi spiegato che quello era un marchio di disprezzo per quell’edificio straniero. Dopo la cattedrale, mi fermo un po’ su una panca nella piazza vicina e rientro in albergo. Vado in stanza e mi accorgo che una delle mie due macchine fotografiche non ha più il coperchietto di plastica per la lente. Scendo al ristorante e un cameriere mi porge su un vassoio quel coperchio e dice: "L’ha lasciato lei sulla panca della piazza qui vicino?". E io, ingenuo, pensavo di essere libero!
In albergo, mi alzo alle due del mattino e celebro la messa sul tavolo della stanza. Messe commoventi nel silenzio notturno, pensando a tutti i cristiani nelle carceri e nei campi di lavoro e di sterminio cinesi, i laogai. Mentre era in corso la "rivoluzione culturale", non c’era nessuna chiesa aperta: sembrava che la Chiesa in Cina fosse letteralmente scomparsa.
Ma dopo la morte di Mao, che avviene nel 1976, la Chiesa risorge dalle ceneri. Verso il 1979-1980, cristiani cinesi incominciano a scrivere ai missionari italiani del PIME espulsi dalla Cina 20-25 anni prima. Lettere molto semplici, di gente di campagna, che ha sperimentato la sofferenza, la persecuzione, il carcere, i campi di lavoro forzato e arriva a scrivere frasi come questa: "Sono contento di aver sofferto per la fede in Gesù Cristo".
Quella gente ha conservato la fede in condizioni difficilissime, senza chiese, senza sacerdoti, senza comunità cristiana, anzi in presenza di uno Stato totalitario che per quasi trent’anni ha perseguitato tutte le religioni. In quelle lettere i cristiani cinesi chiedono non denaro, ma oggetti sacri: rosari, Vangeli, immagini della Madonna, medaglie, libri di preghiera.
La rinascita della Chiesa cinese è un vero e proprio miracolo. Torno in Cina una seconda volta nell’estate 1980, insieme con padre Giancarlo Politi, missionario a Hong Kong, che parlava bene il cinese. Così visitiamo una diocesi dove nel 1973 non avevo trovato nessun segno di presenza cristiana. A Sheqi incontriamo il vescovo e un sacerdote, con alle spalle 25 e 31 anni di carcere. I non cristiani che chiedono l’istruzione religiosa – dicono – sono tanti. Purtroppo non ci sono libri, segni sacri, non è possibile dare loro un’adeguata formazione cristiana. Chiedo come mai ci sono queste richieste di conversione, quando la Chiesa è così povera di preti e di materiale formativo: Vangeli, immagini, libri di preghiere. Il vescovo risponde: "Noi non predichiamo, ma la vita dei cristiani annunzia il Vangelo e una società alternativa a quella presente. Tutti sanno chi sono i cristiani: ci hanno visti quando siamo stati perseguitati, processati e condannati ingiustamente: non abbiamo mai maledetto nessuno, anche in carcere e nei campi di lavoro forzato la testimonianza dei cristiani ha convertito molti al Vangelo. E ora che siamo tornati alle nostre case, non cerchiamo vendette, non ci lamentiamo per quanto abbiamo patito, aiutiamo quelli che sono bisognosi del nostro aiuto. Credo che da qui vengano le richieste di istruzione religiosa e le conversioni".
Nell’ottobre 2000 la mia terza visita in Cina. Nel mio soggiorno a Canton incontro 26 giovani suore, in pantaloni neri, camicetta bianca, senza velo, capelli tagliati corti, con un piccolo crocifisso sul petto. Le piccole comunità di suore vivono in appartamenti fra la gente, esercitando ciascuna una professione, un lavoro, interessandosi dei poveri, collaborando con le parrocchie, prendendo contatto con le donne e le famiglie. Chiedo: "È vero che in questi giorni ci sono riunioni di preti, suore e catechisti, convocate dal governo, che vuole indottrinarvi?". "Sì – rispondono –, è vero, abbiamo una riunione tutti i giorni. Ci raccontano la storia del passato, i crimini e le prepotenze dei popoli cristiani occidentali, i danni che i missionari e le suore hanno fatto al popolo cinese. Però queste lezioni finiranno in pochi giorni e tutto tornerà come prima. Se anche ci fosse qualcosa di vero in quel che dicono, la nostra fede è basata sull’amore a Cristo e sulle esperienze concrete che la fede e la preghiera aiutano a vivere meglio". Testimonianze di fede e coraggio che non ho dimenticato.

AMDG et BVM