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venerdì 13 settembre 2019

Ricordati o piissima Vergine Maria...

Supplica a MARIA

Maria di Nazareth

Di San Bernardo

Ricordati, o piissima Vergine Maria, che non si è mai sentito dire che alcuno abbia fatto ricorso al tuo patrocinio, implorato il Tuo aiuto, chiesto la tua protezione e sia stato abbandonato. Animato da questa fiducia, anch'io ricorro a Te o Madre, Vergine delle Vergini, a Te vengo e, pentito, mi prostro davanti a te. Non respingere, o Madre del Verbo, la mia supplica, ma ascolta benigna ed esaudiscimi. Amen.
S. Bernardo di Chiaravalle

Rosa Mistica

"E il nome della Vergine era Maria".

Diciamo qualche parola su questo nome che si traduce come "Stella del mare" e che conviene perfettamente alla Vergine Maria.

La si compara a ragione ad un astro che diffonde la sua luce senza diminuire d'intensità, così come la Vergine partorisce suo Figlio senza perdere nulla della sua purezza verginale.

I raggi non diminuiscono la luminescenza dell'astro ed il Figlio non toglie nulla all'integrità della Vergine.

Ella è questa nobile stella uscita da Giacobbe, i cui raggi illuminano l'universo intero, brillano nei cieli e penetrano fin negli abissi. Ella irradia la terra, riscalda le anime anziché i corpi, favorisce lo sviluppo delle virtù e consuma i vizi.

Ella è questa stella bella e meravigliosa che, indispensabile, doveva levarsi al di sopra del mare immenso con la brillantezza dei suoi meriti e la luce del suo esempio.

Chiunque tu sia, in questo mare che è il mondo, tu che piuttosto che calcare la terra ferma ti senti sballottato quaggiù, nel mezzo di uragani e tempeste, non distogliere mai i tuoi occhi dalla luce di quest'astro, se non vuoi vederti subito sommerso dai flutti della marea. Se il vento delle tentazioni ti assale, se gli scogli della sventura ti si parano davanti, guarda la Stella, rivolgiti a Maria.

Se la collera, l'avarizia, la seduzione della carne sballottano la fragile barca della tua anima, rivolgi il tuo sguardo a Maria.

Quando, tormentato dall'enormità e dall'atrocità delle tue colpe, vergognoso per le sozzure della tua coscienza, terrorizzato dalla minaccia del giudizio, cominci ad essere afferrato dal baratro della tristezza e dall'abisso della disperazione, pensa a Maria.
Nei pericoli, nell'angoscia, nell'incertezza, invoca Maria.

Che il suo nome mai abbandoni le tue labbra ed il tuo cuore. E per ottenere il sostegno della sua preghiera, non cessare di imitare l'esempio della sua vita.

Seguendola, non ti smarrirai; pregandola, non conoscerai la disperazione, pensando a Lei, non ti sbaglierai. Se Ella ti sostiene, non affonderai; se Ella ti protegge, non avrai timore di nulla; sotto la sua guida non temere la fatica; con la sua protezione raggiungerai il porto. Tu proverai allora, con la tua personale esperienza, con quale verità siano state dette quelle parole: "II nome della Vergine era Maria" (Omelie sull'Evangelo Missus est 2,17).
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Beato Marco d'Aviano
"Taumaturgo del secolo"

«Ama Dio e non fallire
Fa pur bene e lascia dire
Lascia dire a chi vuole,
Ama Dio di buon cuore».


Questo dolcissimo Nome da molto tempo era onorato con speciale devozione in alcune parti del mondo cristiano. Il sommo pontefice Innocenzo XI, dopo la grande vittoria [sotto la spinta del 'taumaturgo del secolo'] riportata a Vienna il 12 sett. 1683, in Austria, sul crudelissimo sultano dei Turchi, che minacciava di soggiogare i popoli cristiani, a perenne ricordo di un così grande beneficio, stabilì che si celebrasse ogni anno, in tutta la Chiesa, la festa del santissimo nome di Maria.


SUL TEMA E' MOLTO INTERESSANTE il seguente link:
https://forum.termometropolitico.it/603143-12-settembre-1683-la-battaglia-di-vienna-2.html
AVE MARIA PURISSIMA!

venerdì 6 settembre 2019

MARCO D'AVIANO, un Apostolo del nord-est d'Italia e non solo


Marco D'Aviano (1631-1699)
   
Marco d'Aviano, predicatore cappuccino della Provincia Veneta, è una delle principali personalità religiose del secolo XVII: riconosciuto annunziatore di conversione e di perdono, animatore di una rinnovata pratica della vita cristiana, apostolo dell'atto di dolore perfetto, percorse le strade dell'Europa annunziando la parola di Dio e invitando gli uomini del suo tempo alla fede e alla penitenza, mentre il suo messaggio veniva garantito e rafforzato con il dono delle conversioni e delle guarigioni.

Nato ad Aviano il 17 novembre 1631 da Marco Pasquale Cristofori e Rosa Zanoni, appartenenti alla ricca borghesia del paese e dal cui matrimonio nacquero altri dieci figli, fu battezzato nello stesso giorno con il nome di Carlo Domenico. Ricevette nel suo paese di origine la prima formazione spirituale e culturale, che fu perfezionata negli anni 1643-1647 nel collegio dei gesuiti a Gorizia: qui il giovane Cristofori ebbe modo di ampliare le basi della sua cultura classica e scientifica, e di approfondire la sua vita di pietà, resa piú incisiva dalla appartenenza alle congregazioni mariane.

 Il clima epico determinato dalla guerra di Candia, combattuta in quegli anni tra la Repubblica di Venezia e l'Impero Ottomano, ebbe un influsso decisivo nella vita del giovane avianese. Animato dal desiderio di raggiungere il luogo delle operazioni belliche, disposto a dare anche il suo sangue per la difesa della fede, lasciò il collegio di Gorizia e giunse giorni dopo a Capodistria, dove, stremato dalla fame e dalle fatiche del viaggio, bussò alla porta dei cappuccini. Dal superiore del convento, oltre a cibo e ricovero, ricevette anche il saggio consiglio di far ritorno a casa presso i suoi genitori.

 Durante la breve permanenza presso i cappuccini di Capodistria, illuminato dalla grazia, l'avianese ebbe modo di intravedere la possibilità di seguire in modo diverso la sua vocazione all'apostolato e al martirio. Il tutto sfociò nella ferma decisione di abbandonare il mondo e di abbracciare l'austera vita cappuccina. Nel mese di settembre del 1648 fu ricevuto nel noviziato di Conegliano e un anno dopo, il 21 novembre 1649, emetteva i voti religiosi con il nome di Marco d'Aviano. Compì in seguito il corso regolare degli studi, fissato tra i cappuccini in un triennio di filosofia e un quadriennio di teologia, durante il quale, il 18 settembre 1655, fu ordinato sacerdote a Chioggia.

 La sua vita fu caratterizzata da un forte impegno nella preghiera e nella vita comune, vissuta nell'umiltà e nel nascondimento e animata da zelo e osservanza della regola e delle costituzioni dell'Ordine. Dal settembre 1664, anno in cui ottenne la “patente di predicazione”, padre Marco profuse le sue migliori energie nell'apostolato della parola, annunziata in tutta Italia, soprattutto nei tempi forti della Quaresima e dell'Avvento. Non mancarono impegni di responsabilità e di governo: nel 1672 infatti fu eletto superiore del convento di Belluno, e nel 1674 fu chiamato a dirigere la fraternità di Oderzo.

 L'evento che tolse la persona del frate avianese dall'umile nascondimento della cella conventuale e la impose all'attenzione universale si verificò l'8 settembre 1676: inviato a predicare nel monastero padovano di San Prosdocimo, tramite la sua preghiera e la sua benedizione fu istantaneamente guarita la monaca Vincenza Francesconi, ammalata e costretta a letto da circa 13 anni. Eventi straordinari simili si verificarono un mese dopo a Venezia, creando intorno alla sua persona un notevole afflusso di popolo e dando cosí un credito particolare alla sua attività apostolica.

 Non turbato dalla fama, che sempre piú si diffondeva intorno a lui e che presto fece richiedere la sua presenza anche fuori d'Italia, il Servo di Dio continuava il suo ministero apostolico e specialmente l'attività della predicazione, sempre incisiva ed essenziale. In modo particolare esortava i suoi uditori all'incremento della vita di fede e della pratica cristiana, al pentimento dei propri peccati e alla necessità della penitenza: a tutti faceva recitare l'atto di dolore perfetto e impartiva in seguito la sua benedizione, sempre apportatrice di copiosi frutti spirituali e spesso anche di eventi prodigiosi e guarigioni straordinarie.

 Furono proprio questi eventi taumaturgici a far richiedere ovunque la presenza del Servo di Dio e a fargli intraprendere negli ultimi venti anni della sua vita faticosi viaggi apostolici in tutta Europa. Questi venivano effettuati sempre dietro precetto obbedienziale dei superiori dell'Ordine o comandati direttamente dalla Santa Sede, che spesso concedeva anche la facoltà — soprattutto in seguito agli acciacchi dell'età — di poter usare convenienti mezzi di trasporto. Continuamente richiesto dai sovrani e governanti e dalle autorità pubbliche, veniva accolto con grande entusiasmo da numerosa folla, desiderosa di ascoltare la sua parola e ricevere la sua benedizione.

 Tra gli autorevoli personaggi che richiesero insistentemente la sua presenza e gli offrirono la loro amicizia vanno annoverati il governatore del Tirolo Carlo V di Lorena e sua moglie Eleonora, il duca di Neuburg Filippo Guglielmo e suo figlio Giovanni Guglielmo, l'elettore di Baviera Massimiliano Emanuele e lo zio Massimiliano Filippo, la principessa di Vaudemont Anna Elisabetta, la delfina di Francia Maria Anna Cristina Vittoria, il re di Spagna Carlo II e la sua seconda moglie Marianna di Neuburg, e in modo particolare il re di Polonia Giovanni Sobieski, l'imperatore Leopoldo I e vari esponenti della corte imperiale. Mete dei suoi viaggi furono in questi anni la Germania, la Francia, il Belgio, l'Olanda, la Svizzera, la Boemia e l'Austria.
Con speciale evidenza vanno ricordate le relazioni tra padre Marco e l'imperatore Leopoldo I. Dal primo incontro, che ebbe luogo a Linz nel settembre 1680, fino alla morte, il Servo di Dio fu per Leopoldo amico, consigliere, padre spirituale e confidente in ogni occasione e per ogni problema, tanto di ordine familiare che politico, economico, militare e religioso. Tra i due esisteva in effetti una profonda complementarietà di carattere: l'insicuro e indeciso Leopoldo incontrò provvidenzialmente sulla sua strada la forte e decisa personalità di padre Marco che, oltre alla sincera amicizia, offrì al suo augusto contemporaneo coraggio, forza, decisione, sicurezza di giudizio e di azione, aiuto e direzione nelle necessità spirituali, confidenza e consiglio nei suoi problemi di coscienza e in tutti i suoi impegni di governo.


 Proprio in base alle pressanti insistenze imperiali e agli ordini provenienti da Roma, Marco d'Aviano dovette recarsi alla corte imperiale, prevalentemente nei mesi estivi, ben quattordici volte, e partecipare attivamente alla crociata antiturca: ad essa il Servo di Dio prese parte in qualità di legato pontificio e di missionario apostolico. Fu suo grande merito l'aver contribuito in prima persona e in maniera determinante alla liberazione di Vienna dall'assedio turco il 12 settembre 1683.
Dal 1683 al 1689 partecipò personalmente alle campagne militari di difesa e di liberazione: suo scopo era instaurare e favorire reciproche relazioni amichevoli all'interno dell'esercito imperiale, esortare tutti a una vera condotta cristiana e assistere spiritualmente i soldati. Non mancarono grandi successi militari, come la liberazione di Buda il 2 settembre 1686, e quella di Belgrado il 6 settembre 1688. Negli anni seguenti fu molto viva la sua azione per riportare la pace in Europa, soprattutto tra Francia e Impero, e nel promuovere l'unità delle potenze cattoliche in difesa della fede, sempre minacciata dalla potenza ottomana.


 Nel maggio 1699 Marco d'Aviano intraprese il suo ultimo viaggio verso la capitale dell'Impero. La sua salute, già cagionevole, subí un progressivo peggioramento, tanto che dovette interrompere ogni attività. Il 2 agosto ricevette in convento la visita della famiglia imperiale e poi man mano quella dei piú illustri personaggi di Vienna. Il 12 dello stesso mese il Nunzio Apostolico Andrea Santa Croce portò personalmente la benedizione apostolica del Papa Innocenzo XII all'ammalato, che ricevette gli ultimi sacramenti e rinnovò la professione religiosa. Il 13 agosto 1699, assistito dal suo augusto amico l'imperatore Leopoldo e dall'imperatrice Eleonora, stringendo tra le mani il crocifisso, padre Marco spirava dolcemente.
Per permettere alla numerosa popolazione, accorsa da ogni dove, di vedere e venerare per l'ultima volta le spoglie mortali del cappuccino avianese, l'imperatore ordinò che i funerali si celebrassero il giorno 17, e dispose infine che fosse seppellito nel cimitero dei frati, ma in una tomba a parte, non lontana dai sepolcri imperiali. Pensava già di promuoverne la causa di Beatificazione, e a questo proposito quattro anni dopo disponeva la traslazione dei resti mortali del frate di Aviano in una cappella della chiesa dei cappuccini di Vienna, ove tuttora riposano.

 Se il messaggio di Marco d'Aviano, a livello personale, è costituito da un vigoroso invito, rivolto a ogni cristiano, a percorrere un costante itinerario di conversione e di fede, a livello più ampio esso richiama e sottolinea l'identità cristiana dell'Europa, che va salvaguardata e perseguita con l'apostolato e la preghiera: in questa prospettiva egli stesso si attribuiva l'appellativo, che fu il programma della sua vita ed è tuttora attuale, di “medico spirituale dell'Europa”.

giovedì 3 ottobre 2013

BEATO MARCO d'AVIANO, un illustrissimo figlio del Serafico di Assisi








Un apostolo dell’Europa cristiana
Marco d'Aviano
di Giovanna Brizi
Predicatore cappuccino, amico e consigliere dell’imperatore Leopoldo I, partecipò alla crociata antiturca come legato pontificio. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 27 aprile 2003.
(foto MARCATO)
(foto MARCATO)


Padre Marco, al secolo Carlo Domenico Cristofori, nacque ad Aviano (Pn) il 17 novembre 1631, in una stimata e facoltosa famiglia friulana. Dopo aver frequentato la scuola del luogo, proseguì gli studi nel collegio dei Gesuiti a Gorizia, dove ricevette un'ottima formazione spirituale e culturale. A diciassette anni Carlo fuggì per recarsi in Turchia, con l'intento di convertire i musulmani e morire martire, ma il suo viaggio si arrestò a Capodistria dove, senza soldi, stanco e affamato, bussò alla porta del convento dei Cappuccini, che lo accolsero e lo ricondussero in famiglia.

Ritratto dal vero di Marco d'Aviano. In alto: la beatificazione del cappuccino è avvenuta lo stesso giorno del nostro fondatore, il beato don Alberione (foto BEVILACQUA).
Ritratto dal vero di Marco d'Aviano. 
In alto: la beatificazione del cappuccino è avvenuta lo stesso giorno 
del beato don Giacomo Alberione 
(foto BEVILACQUA).


Fatti prodigiosi e guarigioni 



Maturata la sua vocazione, nel 1648 entrò nell'ordine dei frati minori cappuccini, prendendo in religione il nome di Marco. Il 18 settembre 1655 fu ordinato sacerdote e dal 1665, per ordine dei superiori, si dedicò alla predicazione. Di intelligenza vivace e di grande fervore religioso, quando predicava – come scrisse un suo ammiratore di Thiene – «pareva che dalla sua bocca vibrassero raggi divini».

A quarantacinque anni la sua vita cambiò radicalmente: l'8 settembre 1676, a Padova, tenne un discorso nella chiesa di San Prosdocimo, annessa al Monastero delle nobili dimesse; in quell'occasione fu pregato di benedire la giovane suor Vincenza Francesconi, paralizzata da tredici anni. Dopo la benedizione la giovane guarì immediatamente, suscitando clamore in tutta la città. Da quel giorno, ogni volta che padre Marco impartiva la benedizione, accadevano cose umanamente inspiegabili: gli storpi gettavano le stampelle, i ciechi aprivano gli occhi, i paralitici si alzavano dai letti.

La fama dei suoi prodigi si sparse velocemente e molti vescovi iniziarono a richiedere la sua presenza, per ravvivare lo spirito religioso nelle popolazioni. Iniziarono così i suoi faticosi viaggi, per ordine dei superiori o del Papa, che lo dispensò perfino dal precetto francescano di non cavalcare; Innocenzo XI, che lo aveva definito «il taumaturgo del secolo», gli concesse il privilegio, unico per un religioso, di poter impartire la benedizione papale, con annessa indulgenza plenaria in suffragio dei defunti. In pochi anni padre Marco fu in Italia del Nord, Francia, Belgio, Olanda, Svizzera, Austria e Germania. Numerosissime guarigioni e fatti prodigiosi furono documentati dai notai nelle cronache cittadine e riconosciuti dalle curie vescovili.

A Lione assistettero alla sua predica ben centomila persone. A Monaco di Baviera il superiore dei Cappuccini raccolse centosessanta stampelle, lasciate da storpi guariti nelle chiese; a Neuburg più di trenta, tra ciechi, sordomuti ed epilettici furono guariti; a Roermond (oggi in Olanda), durante l'ultima predica con benedizione, si contarono ben 40.000 persone! Alle sue prediche accorrevano anche i protestanti, che venivano invitati da padre Marco alla preghiera comune, ancor prima che al ritorno nella Chiesa cattolica. Scrisse l'Atto di dolore perfetto, che ebbe una diffusione immediata e fu stampato in latino, francese, tedesco, italiano, fiammingo e spagnolo. 




Ma Dio aveva ancora altri piani per lui. Nel 1682 si recò a Vienna, dove incontrò la famiglia imperiale e celebrò la solenne funzione di ringraziamento a Dio per la cessazione della peste. Come ispirato da Dio, chiamò i viennesi alla conversione, pena un castigo ben peggiore della peste. Fu profeta.

Infatti, l'anno seguente, il sultano ottomano Maometto IV inviò da Costantinopoli una missiva all'imperatore Leopoldo I d'Austria e al re di Polonia Giovanni Sobieski, manifestando i suoi propositi: «Io ho in animo di invadere la vostra regione. Condurrò con me tredici re con soldati, cavalleria e fanteria per schiacciare il vostro insignificante Paese. Lo distruggerò con il ferro e con il fuoco. Soprattutto ti comando [o imperatore] di attendermi nella tua residenza, perché possa tagliarti la testa».


L'invasione ottomana in Europa 



Nel gennaio 1683 da Istanbul l'esercito ottomano, composto da non meno di 150-200.000 soldati ben armati, con a capo il gran visir Kara (il Nero) Mustafa, si mosse verso l'Ungheria. Ad Adrianopoli Kara Mustafa aveva ricevuto il vessillo verde del Profeta, considerato sacro dai popoli della Mezzaluna. L'Europa cristiana è prostrata, dilaniata da fazioni religiose e lotte dinastiche, in preda a una grave crisi economica e a un conseguente calo demografico: è diventata la preda più appetibile per la potenza ottomana.
All'inizio di maggio del 1683, Kara Mustafa radunò il suo esercito a Belgrado e mosse verso Vienna, seguito da migliaia di persone di servizio, un harem personale di 1.500 concubine, tende per i generali, fontane con giochi d'acqua e migliaia di animali: una vista impressionante. L'imperatore Leopoldo fuggì precipitosamente a Linz, dopo aver affidato il comando militare al conte Ernst Rüdiger von Starhemberg, che organizzò la strenua difesa di Vienna. Il 12 luglio i turchi giunsero nei dintorni di Vienna, dando inizio a uno degli assedi più memorabili della storia, durato due mesi. Dalle mura di Vienna si potevano contemplare le venticinquemila tende dell'esercito ottomano che si stendevano a perdita d'occhio tra il Wienfluss e l'Alserbach, e alla sera udire il terribile grido di Allah.

Intanto l'imperatore Leopoldo chiamava a raccolta tutti i principi cattolici e protestanti, appellandosi al supremo interesse della salvezza della cristianità. Padre Marco, chiamato in soccorso dall'imperatore, fu nominato Legato pontificio da Innocenzo XI, preoccupatissimo per il destino dell'Europa. Lasciò così il suo convento di Padova e si recò presso l'esercito della coalizione: tutti i capi erano d'accordo sulla necessità d'attaccare i Turchi, ma ciascuno voleva assumere il comando supremo, così la situazione ristagnava.
Padre Marco, giunto al consiglio di guerra del 6 settembre a Tulln, riuscì a mettere d'accordo i principi sul comando delle truppe – appena settantamila soldati – e li convinse a partire immediatamente alla volta di Vienna, guidati dal re Giovanni Sobieski; su tutte le insegne imperiali fu riportata l'immagine della Madre di Dio. Da allora tutte le bandiere militari austriache continueranno a portare l'effigie della Madonna per i successivi due secoli e mezzo, fino all'avvento di Hitler.
Cominciata la marcia verso Vienna, tutto l'esercito si fermò l'8 settembre, festa della Natività di Maria, nella pianura di Tulln, per una giornata di preghiera, cosa mai accaduta prima nella storia; padre Marco passò per ogni schiera, facendo ripetere a tutti i soldati l'atto di dolore perfetto e dando loro l'assoluzione con la benedizione papale.

La vittoria dell'esercito cristiano 




L'11 settembre conquistarono le alture del Kahlemberg, alla periferia della capitale, che il capo dei turchi per grande errore strategico non aveva occupato. All'alba del 12 settembre padre Marco celebrò la messa, che fu servita dal re Sobieski e da suo figlio Giacomo; i comandanti cattolici furono assolti e comunicati, quelli protestanti, benedetti. Benedisse l'esercito schierato, incitandolo a combattere per la difesa dei fratelli e della fede cristiana, dando loro l'assoluzione generale.

Durante la battaglia padre Marco rimase bene in vista sul colle e con il crocifisso in mano benediva il luogo dove la lotta era più tremenda. La battaglia durò tutto il giorno e terminò con una terribile carica all'arma bianca, guidata da Sobieski in persona, che provocò la rotta degli ottomani e la vittoria dell'esercito cristiano, che miracolosamente contò solo 2.000 morti, contro i 20.000 dell'avversario. L'esercito ottomano fuggì abbandonando il bottino, le armi e le sacre insegne della Mezzaluna, dopo aver massacrato centinaia di prigionieri e schiavi cristiani.

Il 13 settembre l'imperatore Leopoldo entrò a Vienna, festante e libera, alla testa dei principi e delle truppe confederate, e assistette al solenne Te Deum di ringraziamento. Il re di Polonia inviò al Papa le insegne del nemico, accompagnandole con la memorabile scritta: «Veni, vidi, Deus vicit»; le insegne rimasero esposte sulle porte di San Pietro per giorni. L'incredibile vittoria fu attribuita all'intercessione di Maria e il Papa stabilì che il 12 settembre fosse dedicato al Ss. Nome di Maria, in ricordo e ringraziamento perenne per la vittoria.

Dopo aver partecipato alla liberazione di Buda (1686) e di Belgrado (1688; in quell'occasione padre Marco salvò dalla morte ottocento soldati turchi, fatti prigionieri dalle truppe cristiane), nel luglio 1699 il Papa lo inviò a Vienna, per quello che sarebbe stato il suo ultimo viaggio. Vi morì il 13 agosto, stringendo la croce tra le mani. Al suo capezzale si trovavano l'imperatore e la moglie Eleonora.

Per disposizione imperiale la salma rimase esposta fino al giorno 17, venerata da una folla immensa. I funerali furono un'apoteosi e la bara fu tumulata presso le tombe imperiali nella cripta dei Cappuccini. Lo stesso imperatore avviò subito le pratiche per il processo di beatificazione che, per complesse vicende storiche, si concluse solo nel 2003, quando fu elevato agli onori degli altari.

In occasione della beatificazione, la VII Commissione del parlamento europeo presentò una risoluzione per far diventare padre Marco d'Aviano, accanto a san Benedetto, patrono d'Europa. Sarebbe il miglior riconoscimento che l'Europa potrebbe offrire a questo umile frate cappuccino che, per un singolare progetto di Dio, fu predicatore, taumaturgo e diplomatico.
Giovanna Brizi