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mercoledì 26 agosto 2020

AGE QUOD AGIS : fa' bene ciò che stai facendo

 


IX Coro26 agosto
«Il carpentiere»Madonna di Czestochowa
San Melchisedech

S. Rhima

Questo è l’angelo che misura con la squadra la costruzione della nostra anima, che porta ciò che è superfluo e cresciuto oltre misura, che estende e dilata ciò che è troppo corto e troppo stretto. Egli sta davanti al trono di Dio, la squadra pressata sul petto, ed ha il capo inclinato profondamente. Il rendiconto gli si abbatte pesante, e lui allo stesso tempo deve essere l’intercessore di questa nascosta, deforme custodia degli uomini.

No, non così lui pensa. Ogni angelo prega con tutta la sua interiorità per il fratello uomo, per il quale il suo Signore e Dio è sceso giù dal cielo nella polvere della terra ed è salito sulla croce. Egli si piega davanti all’incomprensibilità di Dio, che gli chiede di costruire un trono, perché lui, il Signore sotto la specie di pane, vuole entrare nella creatura.

L’uomo spesso va incurante incontro alla santa Comunione, spesso solo per tradizione, viltà o costrizione, perché è solo usanza. Lo pensi tu, uomo, che ti mangi il tuo giudizio? Con che cosa deve l’angelo costruire un trono nel tuo cuore, quando tu non metti a disposizione nessun materiale?

S. Rhima

è un angelo del IX coro, egli è assegnato a S. Jophiel, l’aratore. Egli è carpentiere come S. Giuseppe, egli costruisce la casetta di Nazareth giorno dopo giorno nel cuore degli uomini, quando si apprestano alla mensa del Signore. Oh, come aspira egli ad un posticino pulito per il suo Signore, come sistema e allarga già dapprima la stanza dell’anima. Egli ha uno dei più difficili compiti angelici, poiché a nessun uomo è data la conoscenza di Dio e della creatura come agli angeli. È per gli angeli quasi insopportabile osservare una profanazione del santissimo Pane attraverso l’empietà, l’indifferenza, sì, la peccaminosità da parte dell’uomo. Così noi vogliamo pregare questo buon angelo, di non risparmiarci la sua misura e di raddrizzare sempre la costruzione della nostra anima cosicché essa possa esistere davanti al suo Signore e Dio. Noi abbiamo bisogno solo di volere, volere credere, volere amare, volere pentirci e già S. Rhima è pronto, le mani già stese, affinché la nostra anima divenga un trono, un altare, una casetta sicura per il Signore incatenato. Solo l’anima di Maria fu un duomo dalla terra fino al cielo.

Preghiera:  Santo angelo con la squadra nella tua mano, allestisci anche nella mia anima tutto secondo la misura e l’ordine di Dio, sii tu carpentiere della mia anima, affinché il trono per il mio Signore e Dio, quand’anche pure così minuscolo, porti la tua misura. Amen.

 
Testo in lingua originale
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martedì 13 agosto 2019

SAN GIOVANNI BERCHMANS / Age quod agis

San Giovanni Berchmans
Diest, Fiandre, 12 marzo 1599 - 13 agosto 1621


Nacque il 12 marzo 1599 a Diest nelle Fiandre, primogenito dei cinque figli di Giovanni Berchmans, calzolaio e conciatore di pelli, e di Elisabetta, figlia del borgomastro Adriano Van den Hove. 
Quando nel 1609 la madre fu colpita da una incurabile e lenta malattia, Giovanni venne affidato, insieme ai suoi fratelli, alle cure di due zie e, nell'ottobre, posto nel pensionato retto dal premostratense Pietro Van Emmerick, pio parroco della chiesa di N. Signora di Diest. 

Avviatosi verso la vita ecclesiastica, iniziò gli studi latini nella Scuola Grande di Diest; ma nel 1612 il padre si vide costretto dalla situazione economica, a chiedere a Giovanni di abbandonare gli studi intrapresi e di imparare un mestiere; l'aiuto offerto poi da alcuni familiari rese possibile un'altra soluzione piú confacente alle doti e all'impegno del ragazzo. 
A metà settembre 1612, Giovanni entrò infatti nella casa del canonico Froymont, a Malines, per continuare i suoi studi presso la Scuola Grande di questa città, ma serviva al tempo stesso come cameriere il Froymont e come istitutore alcuni giovanissimi ragazzi della nobiltà, convittori nella canonica. 

Avendo nel 1615 i Gesuiti aperto un collegio a Malines, Giovanni poté compiere sotto la loro direzione gli studi di retorica e divenne anche membro della Congregazione Mariana. Provate alcune incertezze nei riguardi della forma concreta in cui attuare la sua vocazione sacerdotale, leggendo una biografia di s. Luigi Gonzaga, capí che Dio lo chiamava nella Compagnia di Gesú. Dovette tuttavia ancora superare la resistenza oppostagli dal padre, che sognava per lui una ricca prebenda vi riuscí in maniera cosí convincente che il padre stesso, dopo la morte della moglie, avvenuta nel 1616, abbracciò lo stato ecclesiastico e divenne sacerdote.

Conclusi gli studi umanistici in maniera brillante, Giovanni iniziò a Malines il noviziato sotto la direzione di A. Sucquet, autore della celebre opera Via Vitae Aeternae. I progressi spirituali furono cosí rapidi e sicuri che i superiori gli concessero di emettere, dopo un solo anno di noviziato, i tre voti perpetui d detti "di devozione" e lo nominarono ianitor, ossia prefetto dei novizi, che erano allora piú di cento. 
Poco dopo la fine del noviziato (24 settembre 1618) fu prescelto per essere inviato a Roma a fare i suoi studi filosofici al Collegio Romano, ove giunse il 2 gennaio 1619. Qui ebbe la fortuna di trovare nella persona di Virgilio Cepari - uno dei migliori scrittori spirituali di quel secolo - un eccellente direttore spirituale. 
Al termine degli studi filosofici, Giovanni fu incaricato di sostenere l'onorifico e solenne actus publicus, nello svolgimento del quale la chiarezza della sua intelligenza e la profondità delle sue cono scenze destarono grande ammirazione cosí come la sua modestia, umiltà e dolcezza. 

Il rigido tenore di vita da lui seguito e il clima di Roma, poco confacentesi a lui, ne avevano però minato l'alquanto delicata salute; quando, il 7 agosto 1621, fu assalito da violente febbri, accompagnate da catarro intestinale e da infiammazione polmonare, i dottori disperarono di poterlo salvare e infatti egli spirò il 13 agosto 1621 dando esempio di una morte santissima. 

Se Giovanni raggiunse nella breve durata della sua vita, svoltasi in circostanze del tutto ordinarie, le vette della santità canonizzata, ciò deve naturalmente essere ascritto innanzitutto alla grazia e provvidenza di Dio che—oltre ad avergli dato un temperamente felice, dei genitori cristiani esemplari e dei direttori spirituali di primo ordine—lo guidò manifestamente e lo colmò di grazie, fra le quali spicca il dono della piú perfetta castità. 

Non dobbiamo però dimenticare che Giovanni corrispose a questi doni di Dio con un amore fedelissimo e con un senso del dovere del tutto eccezionale. Educato sin dall'infanzia secondo i principi dell'antica scuola ascetico-mistica dei Paesi Bassi, egli si aprí poi completamente agli insegnamenti ignaziani e giunse cosí a godere--oltre che di una profonda pietà e un'ardente devozione verso l'Eucaristia e la Beata Vergine—di un sano e schietto realismo spirituale, che si rivela nel suo sapersi prefiggere chiaramente uno scopo, nello scegliere il metodo adatto da seguire e nella cura di ogni particolare nella attuazione.

Fedele ai suoi motti preferiti: Age quod agis 
(«Fai bene quanto stai facendo»)  e Maximi facere minima («Rendi il massimo con il minimo»), riuscí a eseguire le cose ordinarie in modo straordinario e a diventare il santo della vita comune, in cui le regole del suc Ordine furono per cosí dire canonizzate. Non aveva però nulla del moralista, o dell'asceta rigido, o dello scrupoloso irrequieto: la sua era invece una spiritualità di libertà gioconda, di gioia e serenità nel Signore, di amore operoso, caldo ed affabile, che si approfondí e semplificò sempre piú, specie verso la fine della vita, quando cioè, dopo un previo periodo di aridità spirituale, Giovanni fu favorito della esperienza mistica della presenza divina. 
Furono precisamente questa profonda unione amorosa a Dio e la sua sorridente attuazione operosa nelle circostanze della vita concreta, che esercitarono un fascino ed un ascendente straordinario su quanti ebbero la fortuna di conoscerlo e che spiegano la sorprendente fama di santità diffusasi subito dopo la sua morte, sia a Roma, sia all'estero.

Già un anno dopo la morte di Giovanni si fecero le prime indagini canoniche in Roma e in Belgio; i decreti di Urbano VIII (1625) e di Innocenzo XI (1678) in materia di processi e procedura e, poi, la soppressione della Compagnia di Gesú ritardarono lo svolgimento della causa. Quando essa fu riattivata nel 1830 i progressi furono rapidissimi: 5 giugno 1843, decreto sulla eroicità delle virtú; 9 maggio 1865, beatificazione; 27 novembre 1887, decreto detto del tuto; 15 gennaio 1888, solenne canonizzazione.

Il corpo del santo riposa nella chiesa di S.Ignazio a Roma, mentre il suo cuore è venerato nella chiesa dei padri gesuiti a Lovanio. La sua festa si celebre il 13 agosto, mentre la Compagnia di Gesù festeggia la memoria il 26 novembre. Insieme a s. Luigi Gonzaga, Giovanni è venerato come patrono della gioventù studentesca.

Autore: 
Paolo Molinari

AMDG et DVM