MAGNIFICA PRESENTAZIONE DEL VOLUME
"ALZATEVI, ANDIAMO!"
DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II
INTERVENTO DEL CARDINALE GIOVANNI BATTISTA RE
Scuderie del Quirinale (Roma)Martedì, 18 maggio 2004
1. Fino a pochi anni fa, i Papi parlavano soltanto con le Encicliche, con le Esortazioni Apostoliche, con le Bolle, con i discorsi e le omelie. Non si conoscono libri scritti dai Papi durante il Pontificato, salvo l'unico caso di Benedetto XIV che come "doctor privatus" pubblicò il trattato "De canonizatione Sanctorum".
Giovanni Paolo II ci regala ora il suo terzo libro. È un testo privato autobiografico, che aiuta a capire in profondità alcuni aspetti del pensiero, dell'azione e dello stile di questo Papa.
È uno scritto interessantissimo per i Vescovi: nasce dall'esperienza personale di Karol Wojtyla prima come Vescovo Ausiliare, poi Arcivescovo della storica e importante sede di Cracovia e in fine come Papa. Senza atteggiarsi a "Maestro dei Vescovi", Giovanni Paolo II insegna loro come fare il Vescovo, lo insegna con la sua esperienza vissuta all'interno della crisi spirituale del nostro tempo e mostra la strada da seguire con il suo stile evangelico, umano, trasparente. Da questo libro emerge per i Vescovi un modello concreto a cui guardare per apprendere come comportarsi nelle varie circostanze che un Pastore deve affrontare.
Ma anche per i laici è un libro avvincente. Mi sembra infatti che possa interessare tutti il capire qualche cosa di quello che passa nel cuore di un Vescovo: capire le fatiche e le gioie di una guida spirituale in questa società che cambia. Per usare un'espressione delle prime pagine, il Papa "offre questo suo scritto come un segno di amore... per tutto il Popolo di Dio".
Penso che sia interessante per tutti quanto si legge sui rapporti di Giovanni Paolo II con gli uomini di pensiero, con gli uomini della scienza... con gli artisti... con i collaboratori... con la gente.
Interessante è vedere come in molte pagine traspare il senso dell'amicizia. Giovanni Paolo II ha forte il sentimento dell'amicizia, della riconoscenza, della fedeltà. Appare eminente in lui anche il senso della paternità spirituale.
Forse per qualcuno non è privo di interesse sapere che anche il Papa, a 38 anni, ha dormito in un sacco a pelo sul pavimento di una stazione ferroviaria: infatti per andare dal Card. Wyszynski, Karol Wojtyla ha viaggiato su un camion carico di sacchi di farina per raggiungere la stazione del treno, e lì passò la notte dormendo nel sacco a pelo attendendo la partenza del treno del mattino.
2. Mi sembra che il libro "Alzatevi, andiamo!" ci faccia capire le radici di ciò che vi è di proprio e originale nell'azione di questo Papa.
Certo di questo Papa si conosce molto.
La lunghezza di questo Pontificato (25 anni e mezzo) ci ha aiutato a capire la ventata di novità portata da questo Papa e ci ha aiutato a valutare il contributo significativo da lui dato alla Chiesa e all'umanità.
La Provvidenza divina ha assegnato a Giovanni Paolo II grandi compiti nella storia mondiale del nostro tempo. Non si può negare che Giovanni Paolo II sia un protagonista sul piano mondiale: a innumerevoli persone in questo arco di tempo Giovanni Paolo II ha trasmesso ragioni di vita e di speranza. Egli emerge come punto di riferimento della coscienza morale del mondo contemporaneo.
Le sue prese di posizione, le sue iniziative hanno manifestato la grandezza della sua personalità e la validità del suo pensiero. In pari tempo, la gente lo sente vicino perché egli sa comprendere i problemi, i dubbi, la ricerca di verità e di libertà che vi sono nel cuore umano.
Ed ora che lo vediamo piegato sotto la croce, perché fa fatica a camminare e le sue forze sono sensibilmente diminuite, la simpatia verso di lui è crescente. Egli non si arrende: è debole nel fisico, ma sempre forte nel suo spirito e nella sua testimonianza.
3. Un elemento qualificante, che emerge dal libro e che è confermato da questi 25 anni e mezzo di Pontificato, è che la prima e fondamentale caratteristica di questo Papa è religiosa.
L'anno scorso, in occasione del XXV di Pontificato, più che la sua immagine ecclesiale, ciò che maggiormente fu messo in rilievo da parte dei mezzi di comunicazione, circa Giovanni Paolo II, sono stati i risvolti politici della sua azione.
È fuori dubbio il ruolo che l'opera di questo Papa ha avuto anche sugli avvenimenti che segnarono lo sgretolarsi dell'Unione Sovietica. Quando Giovanni Paolo II fu eletto Papa, l'Unione Sovietica era salda, compatta ed appariva indistruttibile. Il mondo era diviso in due da quella che Churchill chiamò "la cortina di ferro".
Poco più di una decina di anni dopo, lo stesso Gorbaciov riconosceva che quanto era successo nell'Europa Orientale non sarebbe stato possibile senza la presenza e il ruolo di questo Papa.
Tuttavia, vorrei rilevare che il movente di tutto il Pontificato, il motivo ispiratore di tutte le iniziative è stato religioso: tutti gli sforzi del Papa mirano a fare rientrare Dio in questo mondo; mirano a ridare all'umanità il senso di Dio.
È vero che questo Papa era contro il Comunismo. Ma il motivo per cui il Papa era contro il Comunismo era un motivo non politico, ma religioso e antropologico: il Comunismo era un sistema che professava l'ateismo e perseguitava la Chiesa, e in pari tempo opprimeva l'uomo, negandogli la piena libertà. Era un motivo religioso e più propriamente cristologico quello che ha ispirato l'azione di Giovanni Paolo II.
A pagina 42 si legge che a Cracovia, quando studiava insieme con i suoi collaboratori come affrontare un problema, incominciava sempre approfondendo le motivazioni religiose per agire.
4. Un altro elemento qualificante di questo Papa è il coraggio.
È un uomo che sa affrontare a viso aperto le situazioni difficili e lo fa a motivo di una grande causa che lo ispira e lo guida, cioè Dio e il bene degli uomini.
Un episodio significativo del suo coraggio è quello riportato alle pagine 63-67.
Nell'ambito dell'Arcidiocesi di Cracovia, e precisamente a Nowa Huta, era sorto un grande quartiere abitato da migliaia di operai dell'industria metallurgica con le loro famiglie. Secondo il progetto delle Autorità doveva essere un quartiere privo di qualunque legame con la Chiesa, doveva essere un quartiere modello dal punto di vista marxista, ma gli operai erano in stragrande maggioranza cattolici.
Ebbe inizio allora un braccio di ferro tra l'Arcivescovo Wojtyla e le Autorità comuniste.
"Fu - scrive a pagina 64 - uno dei primi atti della lunga lotta per la libertà e la dignità di quella popolazione". Fu una logorante "guerra di nervi".
L'Arcivescovo condusse le trattative con le Autorità, soprattutto col Capo dell'Ufficio provinciale per le questioni religiose: un uomo garbato nei colloqui, ma duro e intransigente nelle decisioni. Mentre conduceva le trattative, il Cardinale Wojtyla nominò un Parroco per quella popolazione. Anche se non vi era una chiesa, almeno vi era un sacerdote. Si trattava di un sacerdote col quale aveva una grande amicizia e che era nativo della medesima cittadina, Wadowice.
A Natale, a mezzanotte, l'Arcivescovo Wojtyla andò a celebrare la Messa all'aperto, senza chiesa, con almeno 10 gradi sotto zero. E molta gente partecipò a quella Messa. Questo divenne un ulteriore argomento nelle trattative con le Autorità: il diritto della gente di partecipare alle celebrazioni religiose in condizioni più umane rispetto a ciò che era avvenuto la notte di Natale.
Alla fine la battaglia fu vinta. Per costruire la chiesa il Parroco ebbe poi la felice idea di domandare a tutti i fedeli di portare una pietra, così tutti si sentirono coinvolti nell'edificazione del tempio. E nel 1977 Wojtyla consacrò la chiesa a Nowa Huta.
Un altro episodio di coraggio, più lontano nel tempo, lo si può leggere a pagina 45. Nel 1936 vi fu un grande pellegrinaggio della gioventù universitaria al Santuario di Czestochowa. Da allora ogni anno l'Università Jagellonica, che Wojtyla frequentava, faceva il pellegrinaggio. Arrivò l'occupazione nazista e il pellegrinaggio non fu più possibile. Ma, per mantenere la tradizione, tre studenti andarono al Santuario di Czestochowa: Karol Wojtyla e altri due. Czestochowa in quei giorni era circondata dall'esercito di Hitler. I Padri del Santuario accolsero e diedero ospitalità ai tre studentelli, che avevano la soddisfazione di essere riusciti a conservare in quelle circostanze difficili quella tradizione. Tutto andò bene. La cosa rimase segreta.
Altro episodio di coraggio, ricordato nel libro, è la difesa della Facoltà Teologica nell'Università Jagellonica. Le Autorità nel 1953 la soppressero col pretesto che a Varsavia era stata creata un'Accademia Teologica alle dipendenze dello Stato. L'Arcivescovo ritenne suo dovere difendere la conservazione di tale facoltà. Non riuscì a impedirne la soppressione, ma ottenne che nascesse poi a Cracovia qualche cosa di analogo alla soppressa Facoltà e, in qualche modo, sostitutivo.
Dove ha attinto tanto coraggio questo Papa?
Ce lo dice il capitolo VI, cioè l'ultimo, che ha come titolo: "Dio e il coraggio".
Il ragionamento del Papa può essere così riassunto: la fortezza nella fede e il senso di responsabilità che animano un Vescovo nella sua alta missione devono portarlo a non avere paura quando si tratta di proclamare la verità, di difendere i valori e di difendere le persone.
Nella prima Enciclica, Redemptor Hominis, dirà: nella "via che va da Cristo all'uomo, la Chiesa non può essere fermata da nessuno".
Sia nell'Arcivescovo di Cracovia sia nel Papa troviamo la stessa coraggiosa linea di azione, anche perché Giovanni Paolo II è convinto che non è manipolando la verità o rinunciando alle proprie certezze che si può aiutare l'uomo nei suoi smarrimenti.
Sul coraggio sono riportate nel libro alcune affermazioni del Card. Wyszynski. Ne cito due (cfr pag. 123):
"Per un Vescovo la mancanza di fortezza è l'inizio della sconfitta".
"La più grande mancanza dell'apostolo è la paura".
Per Papa Giovanni Paolo II, "con Dio nel cuore ed i propri sacerdoti e fedeli attorno", un Vescovo deve avere il coraggio di affrontare le sfide che la nostra epoca porta con sé.
Giovanni Paolo II ci ha dato al riguardo l'esempio: nemmeno le pallottole sparategli contro lo hanno fermato o lo hanno intimorito.
Anche Karol Wojtyla ha avuto un modello a cui ha guardato negli anni del Seminario e nei primi anni di sacerdozio: il suo Arcivescovo, il Cardinale Sapieha, che il Papa cita più di una volta chiamandolo "il Principe intrepido". Principe, perché veniva da una famiglia nobile che aveva questo titolo. Intrepido, perché diede grandi prove di coraggio nei riguardi prima del nazismo poi del comunismo: un Arcivescovo che mai si piegò.
Con questi precedenti si capisce come, nella prima omelia in Piazza San Pietro, inaugurando il suo Pontificato, abbia detto (forse sarebbe più giusto dire: abbia gridato): "Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo!". In quel grido era indicata la linea ispiratrice di tutto il suo Pontificato.
Nell'arco di questi anni di Pontificato, Giovanni Paolo II ha proposto con coraggio e con fiducia al mondo d'oggi di riprendere la via della verità e dei valori morali e spirituali: è l'unica via che può assicurare all'umanità la giustizia, la solidarietà e la pace.
Rapporto con le persone
5. Per un Vescovo è importante il rapporto con le persone. Il Papa dice che, in questo campo, gli è stato di grande aiuto "il personalismo" che ha approfondito nei suoi studi filosofici. Ogni uomo, ogni donna, è una persona unica e irripetibile.
A tale riguardo mi ha colpito quanto è scritto a pagina 56: "Appena incontro una persona, prego per lei" (Chi ha incontrato questo Papa personalmente ora sa che il Papa ha pregato per lui, sia cattolico, sia ebreo, sia ortodosso, sia musulmano, sia ateo...).
Scrive ancora: "L'interesse per l'altro comincia dalla preghiera del Vescovo, dal suo colloquio con Cristo che gli affida i suoi".
E poi: "Seguo il principio di accogliere ciascuno come una persona che il Signore mi invia e che, allo stesso tempo, mi affida".
Lavorando vicino a Papa Giovanni Paolo II la cosa che mi ha sempre colpito di più è l'intensità della sua preghiera.
Colpisce come si abbandona alla preghiera. Mi ha sempre commosso la facilità con cui nei viaggi passava dal contatto umano con la gente al raccoglimento del colloquio con Dio.
Ho avuto modo di constatare come prima di ogni decisione egli vi prega sopra a lungo. Più importante è la decisione, più prolungata è la preghiera.
Nei fogli in cui scrive le sue omelie, i suoi discorsi, i suoi appunti... mette sempre in alto una giaculatoria, per iniziare ogni foglio con una preghiera.
Nella preghiera sta la sorgente del suo dinamismo e il segreto della sua instancabile donazione.
So anche che adesso, che per gli acciacchi della salute può fare meno di prima, dà più tempo alla preghiera.
Rapporto con il mondo della cultura
6. "Nelle mie letture e nei miei studi ho sempre cercato di unire in modo armonioso le questioni di fede, quelle di pensiero e quelle di cuore. Non vi sono campi separati, ognuno penetra e anima gli altri".
Fede, pensiero, cuore.
Nel libro Giovanni Paolo II ci dice che in gioventù la sua attrattiva (oltre il teatro) era la letteratura. Il padre gli leggeva brani di letteratura polacca. Iniziò l'Università per laurearsi in Lettere... invece la nascita della vocazione sacerdotale lo portò a laurearsi in Teologia e poi in Filosofia.
Anche se si sentiva inclinato verso la letteratura e la sua prima scelta era stata in questa direzione, bisogna riconoscere che è più filosofo.
Nel Papa Giovanni Paolo II si nota una forte mentalità filosofica, che è sempre presente nell'impianto del suo pensiero; una mentalità formata dal tomismo aristotelico e poi anche dalla fenomenologia. La sua tesi filosofica fu sull'opera di Max Scheler. La tesi in Teologia riguardava San Giovanni della Croce. Uno dei più alti mistici.
Giovanni Paolo II è personalmente un mistico. La mistica è una dimensione che spicca in tutta la sua vita. Non meraviglia pertanto che quando frequentava il Seminario clandestino a Cracovia gli sia venuta l'idea di farsi carmelitano. Considerava più congeniale a lui la vita di un carmelitano che non quella di un parroco.
E dobbiamo essere grati al Card. Sapieha, suo Arcivescovo, che gli fece cambiare pensiero, convincendolo a continuare in Seminario.
È commovente l'affetto e la venerazione di Karol Wojtyla per questo suo Arcivescovo, pure lui uomo di grande preghiera, grande coraggio e saggezza.
È l'Arcivescovo che lo accolse in Seminario, che lo ordinò sacerdote e che lo inviò a Roma a completare gli studi. È l'Arcivescovo che ha formato il giovane Karol a quei compiti che egli non ha visto... che non ha immaginato... fino al Pontificato, ma che di fatto ha preparato (cfr pagine 104- 105).
Un Vescovo deve preparare chi domani possa essere chiamato all'episcopato.
Mancato viaggio a Ur dei Caldei
7. Circa il tema dei viaggi apostolici, tanto significativi in questo Pontificato, nel libro vi è un accenno anche al progettato viaggio a Ur dei Caldei che Giovanni Paolo II non ha potuto compiere in occasione del Giubileo del 2000 perché il Presidente Saddam non ha dato il permesso. (Personalmente non capii perché Saddam non volle; era politicamente utile per lui che il Papa andasse in Iraq, rompendo l'embargo con il permesso dell'ONU. La finalità del Papa era religiosa e il Papa l'aveva pubblicamente illustrata).
Il Concilio
8. In questi anni Giovanni Paolo II ha attuato con fedeltà l'insegnamento del più grande evento spirituale del nostro tempo: il Concilio Ecumenico Vaticano II.
Possiamo dire che è il Papa formato dal Concilio.
Egli era Vescovo Ausiliare da un anno, quando fu annunciato il Concilio.
Partecipò a tutte le Sessioni del Concilio. Fu membro di alcune Commissioni importanti, come quella per lo Schema 13, che diventerà la Costituzione Pastorale Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo.
Durante il Concilio fece molte amicizie fra i Vescovi e anche fra i cosiddetti periti, e conobbe così molti teologi tra i quali l'allora Prof. Ratzinger.
A pagina 133 afferma che il Concilio lo ha molto arricchito. Per lui fu "un'indimenticabile esperienza" di un grande evento.
Gli anni che seguirono a Cracovia e poi gli anni del Pontificato sono stati un grande sforzo per dare attuazione alle disposizioni del Concilio Vaticano II. Fedeltà al Vangelo e fedeltà al Concilio Vaticano: sono due motivi ispiratori dell'attività di questo Papa.
Autorità come servizio
9. Consacrato Vescovo, Karol Wojtyla ha sempre sentito la sua autorità come un servizio. Più che comandare, ha cercato di servire.
A pagina 42 rileva che quando il Vescovo si pone in atteggiamento di servizio, i fedeli si sentono spontaneamente spinti ad ascoltarlo e si sottomettono volentieri alla sua autorità.
Per questo, la casa dell'Arcivescovo di Cracovia era aperta a tutti.
Innanzi tutto perché l'Arcivescovo Wojtyla era guidato dall'intima convinzione che il Vescovo deve essere con la gente, per la gente, a servizio della gente.
La sua casa era aperta agli uomini del pensiero e della scienza, ai laici, ai sacerdoti, a tutti.
La Collegialità
10. Già come Arcivescovo Metropolita di Cracovia, cercò sempre di giungere alle decisioni in modo collegiale, cioè consultandosi con i Vescovi Ausiliari e con i collaboratori.
Ogni settimana vi era una riunione di tutti i collaboratori della Curia e tutte le questioni venivano studiate e discusse nell'ottica del maggior bene dell'Arcidiocesi.
Vi era sempre anche la preoccupazione di trovare la persona adatta per svolgere il compito che era allo studio.
Come Papa, Giovanni Paolo II ha promosso una più visibile e più ampia attuazione dell'affetto collegiale e della fattiva collaborazione del Collegio dei Vescovi valorizzando tutte le varie istanze di comunione.
Ha lavorato per l'unità interna della Chiesa operando un progressivo coinvolgimento dei Vescovi e delle Conferenze Episcopali per fare maturare insieme un più ravvicinato scambio di idee. Ha così favorito anche un rinnovato approccio culturale con la situazione del mondo contemporaneo.
Lo ha fatto con il tratto affettuoso e familiare che egli ha sempre avuto con ogni Vescovo. Con dedizione infaticabile in questi anni ha incontrato numerosissimi Vescovi negli innumerevoli colloqui personali, e con loro ha concelebrato l'Eucaristia nella sua Cappella privata. Li ha anche invitati alla sua mensa (rompendo la tradizione secondo la quale normalmente i Papi pranzavano da soli).
Con singoli Vescovi e con gruppi di Vescovi ha esaminato in profondità le problematiche della Chiesa in una determinata diocesi, o in una determinata nazione o continente, o nella Chiesa universale.
Ha reso più internazionale il Collegio dei Cardinali: in esso sono ora rappresentate 67 nazioni, di tutti e cinque i continenti.
Guardando al dinamismo del Papa in questi anni ed al suo lavoro instancabile per l'unità interna della Chiesa, si deve riconoscere che Giovanni Paolo II ha ad un tempo sia valorizzato la Collegialità, sia esercitato il Primato come un servizio in nome di Cristo: un servizio alla comunione nella Chiesa, un servizio all'unità, un servizio alle singole Chiese, un servizio ai fratelli Vescovi, offrendo loro il proprio aiuto e sostegno, un servizio quindi anche alla Collegialità episcopale, promuovendo e sostenendo una più visibile cooperazione nella Chiesa.
Conclusione
11. Oggi è il compleanno del Papa.
In ogni famiglia i compleanni sono ricordati con gioia e con auguri.
Gli auguri di buon compleanno per Giovanni Paolo II sono ispirati da un profondo senso di gratitudine per il bene seminato a beneficio della Chiesa e della società. Forse anche qualcuno di noi é cambiato a motivo della fedeltà e del coraggio con i quali questo Papa ha proclamato la verità ed ha difeso i valori.
L'esempio di questo Papa, come traspare anche dalle pagine di questo libro, è per tutti noi di grande ispirazione.
Che la testimonianza che egli ci dona con la sua fede e il suo coraggio continui a illuminare il cammino della Chiesa e dell'umanità.
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"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
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venerdì 29 luglio 2016
"ALZATEVI, ANDIAMO!"
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