venerdì 26 agosto 2022

Ma non vi perdete di coraggio.

 14 - Il pergolato. Vita religiosa (1847)

MB III, 32-37

Nel 1864 una sera dopo le orazioni radunava a conferenza nella sua anticamera, come era solito a fare di quando in quando, coloro che già appartenevano alla sua Congregazione: tra i quali D. Alasonatti Vittorio, D. Michele Rua, D. Cagliero Giovanni, D. Durando Celestino, D. Lazzero, Giuseppe e D. Barberis Giulio. Dopo aver loro parlato del distacco dal mondo e dalle proprie famiglie per seguire l'esempio di N. S. Gesù Cristo, continuò in questi termini:

             “Vi ho già raccontato diverse cose in forma di sogno, dalle quali possiamo argomentare quanto la Madonna SS. ci ami e ci aiuti; ma giacchè siamo qui noi soli, perchè ognuno di noi abbia  la sicurezza essere Maria Vergine che vuole la nostra Congregazione e affinchè ci animiamo sempre più a lavorare per la maggior gloria di Dio, vi racconterò non già la descrizione di un sogno, ma quello che la stessa Beata Madre si compiacque di farmi vedere. Essa vuole che riponiamo in Lei tutta la nostra fiducia. Io vi parlo in tutta confidenza, ma desidero che quanto io sono per dirvi, non si propali ad altri della Casa, o fuori dell'Oratorio, affinchè non si dia appiglio alle critiche dei maligni. 

“Un giorno dell'anno 1847 avendo io molto meditato sul modo di far del bene, specialmente a vantaggio della gioventù, mi comparve la Regina del cielo e mi condusse in un giardino incantevole. Ivi era come un rustico, ma bellissimo e vasto porticato, fatto a forma di vestibolo. Piante rampicanti ne ornavano e fasciavano i pilastri e coi rami ricchissimi di foglie e di fiori protendendo in alto le une verso le altre le loro cime ed intrecciandosi vi stendevano sopra un grazioso velario. Questo portico metteva in una bella via, sulla quale a vista d'occhio prolungavasi un pergolato incantevole [33] a vedersi, che era fiancheggiato e coperto da meravigliosi rosai in piena fioritura. Il suolo eziandio era tutto coperto di rose. 

La Beata Vergine mi disse: “Togliti le scarpe!”. E poichè me l'ebbi tolte, soggiunse: “Va avanti per quel pergolato: è quella la strada che devi percorrere”. Fui contento di aver deposto i calzari perchè mi avrebbe rincresciuto calpestare quelle rose, tanto erano vaghe. E cominciai a camminare; ma subito sentii che quelle rose celavano spine acutissime, cosicchè i miei piedi sanguinavano. Quindi, fatti appena pochi passi, fui costretto a fermarmi e poi a ritornare indietro. - Qui ci vogliono le scarpe, dissi allora alla mia guida. - Certamente, mi rispose: ci vogliono buone scarpe. - Mi calzai e mi rimisi sulla via con un certo numero di compagni, i quali erano apparsi in quel momento, chiedendo di camminar meco. Essi mi tennero dietro sotto il pergolato, che era di una vaghezza incredibile; ma avanzandomi quello appariva stretto e basso. 

Molti rami scendevano dall'alto e rimontavano come festoni; altri pendevano perpendicolari sopra il sentiero. Dai fusti dei rosai altri rami si protendevano di qua e di là ad intervalli, orizzontalmente; altri formando talora una più folta siepe, invadevano una parte della via; altri serpeggiavano a poca altezza da terra. Erano però tutti rivestiti di rose, ed io non vedeva che rose ai lati, rose di sopra, rose innanzi a' miei passi. Io mentre ancora provava vivi dolori nei piedi e alquanto mi contorceva, toccava le rose di qua e di là e sentii che spine ancora più pungenti stavano nascoste sotto di quelle. Tuttavia andai avanti. Le mie gambe si impigliavano nei rami stesi per terra e ne rimanevano ferite; rimoveva un ramo traversale, che impedivami la via oppure per ischivarlo rasentava la spalliera, e mi pungevo e sanguinavo non solo nelle mani, ma in [34] tutta la persona. 

Al di sopra le rose che pendevano, celavano pure grandissima quantità di spine, che mi si infiggevano nel capo. Ciò non per tanto, incoraggiato dalla Beata Vergine proseguii il mio cammino. Di quando in quando però mi toccavano eziandio punture più acute e penetranti, che mi cagionavano uno spasimo ancor più doloroso. Intanto tutti coloro, ed erano moltissimi, che mi osservavano a camminare per quel pergolato dicevano: “Oh! come D. Bosco cammina sempre sulle rose: egli va avanti tranquillissimo; tutto gli va bene”. Ma essi non vedevano le spine che laceravano le mie povere membra. 

Molti chierici, preti e laici da me invitati si erano messi a seguitarmi festanti, allettati dalla bellezza di quei fiori; ma quando si accorsero che si doveva camminare sulle spine pungenti e che queste spuntavano da ogni parte, incominciarono a gridare dicendo: “Siamo stati ingannati!”. Io risposi: - Chi vuol camminare deliziosamente sulle rose torni indietro: gli altri mi seguano. Non pochi ritornarono indietro. Percorso un bel tratto di via, mi rivolsi per dare uno sguardo a' miei compagni. Ma qual fu il mio dolore quando vidi che una parte di questi era scomparsa, ed un'altra parte mi aveva già voltate le spalle e si allontanava. Tosto ritornai anch'io indietro per richiamarli, ma inutilmente, poichè neppure mi davano ascolto. Allora incominciai a piangere dirottamente ed a querelarmi dicendo: - Possibile che debba io solo percorrere tutta questa via così faticosa?

Ma fui tosto consolato. Veggo avanzarsi verso di me uno stuolo di preti, di chierici e di secolari, i quali mi dissero: “Eccoci; siamo tutti suoi, pronti a seguirla”. Precedendoli mi rimisi in via. Solo alcuni si perdettero d'animo e si arrestarono, ma una gran parte di essi giunse con me alla meta. [35] Percorso in tutta la sua lunghezza il pergolato, mi trovai in un altro amenissimo giardino, ove mi circondarono i miei pochi seguaci, tutti dimagriti, scarmigliati, sanguinanti. Allora si levò un fresco venticello e a quel soffio tutti guarirono. 

Soffiò un altro vento e come per incanto mi trovai attorniato da un numero immenso di giovani e di chierici, di laici coadiutori ed anche di preti, che si posero a lavorare con me guidando quella gioventù. Parecchi li conobbi, di fisonomia, molti non li conosceva ancora. 

Intanto, essendo io giunto ad un luogo elevato del giardino mi vidi innanzi un edifizio monumentale sorprendente per magnificenza di arte, e varcatane la soglia, entrai in una spaziosissima sala, di tale ricchezza che nessuna reggia al mondo può vantarne una eguale. Era tutta sparsa e adorna di rose freschissime e senza spine dalle quali emanava una soavissima fragranza. 

Allora la Vergine SS., che era stata la mia guida, mi interrogò: - Sai che cosa significa ciò che tu vedi ora, e ciò che hai visto prima? - No, risposi: vi prego di spiegarmelo. Allora Ella mi disse: 

- Sappi che la via da te percorsa tra le rose e le spine significa la cura che tu hai da prenderti della gioventù: tu vi devi camminare colle scarpe della mortificazione. Le spine per terra rappresentano le affezioni sensibili, le simpatie o antipatie umane che distraggono l'educatore dal vero fine, lo feriscono, lo arrestano nella sua missione, gli impediscono di procedere e raccogliere corone per la vita eterna. 

Le rose sono simbolo della carità ardente che, deve distinguere te e tutti i tuoi coadiutori. Le altre spine significano gli ostacoli, i patimenti, i dispiaceri che vi toccheranno. Ma non vi perdete di coraggio. Colla carità e colla mortificazione, tutto supererete e giungerete alle rose senza spine. [36] Appena la Madre dì Dio ebbe finito di parlare, rinvenni in me e mi trovai nella mia camera”.

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