giovedì 31 marzo 2022

 


I sette doni dello Spirito Santo che ebbe Maria santissima.

 


CAPITOLO 13

 

I sette doni dello Spirito Santo che ebbe Maria santissima.

 

596. I sette doni dello Spirito Santo - secondo la comprensione che ne ho - mi pare che aggiungano qualcosa alle virtù corrispondenti; per questo si distinguono da esse, benché abbiano lo stesso oggetto. È certo che qualunque beneficio del Signore si può chiamare dono o regalo della sua mano, anche se naturale. Adesso, però, non parliamo dei doni così in generale, sebbene siano virtù e doni infusi, perché non tutti quelli che hanno qualche virtù o più virtù hanno per questo grazia di doni in quella materia o almeno non arrivano a possedere le virtù in quel grado in cui si chiamano doni perfetti, come li intendono i Dottori nelle parole di Isaia, dove disse che su Cristo nostro salvatore si sarebbe posato lo Spirito del Signore, enumerando sette grazie, le quali comunemente si chiamano doni dello Spirito Santo. Essi sono: lo spirito di sapienza e d'intelletto, lo spirito di consiglio e di fortezza, lo spirito di conoscenza e di pietà e quello del timore di Dio. Questi doni si trovavano nell'anima santissima di Cristo, ridondando dalla divinità alla quale stava ipostaticamente unita, come nella fonte sta l'acqua che da essa sgorga per comunicarsi ad altri, perché tutti attingiamo alle sorgenti del Salvatore grazia su grazia e dono su dono ed in lui stanno nascosti i tesori della sapienza e della scienza di Dio.

597. I doni dello Spirito Santo corrispondono alle virtù cui si collegano. Benché quanto a questa correlazione i Dottori discorrano con qualche differenza, non ve ne può essere alcuna quanto al fine di tali doni, che consiste nel dare qualche speciale perfezione alle facoltà, affinché compiano alcune azioni ed opere assolutamente perfette ed eroiche nelle materie delle virtù; senza questa condizione, infatti, non si potrebbero chiamare doni particolari e più perfetti ed eccellenti del modo comune di operare che hanno le virtù. Questa loro perfezione deve consistere principalmente in qualche speciale o forte ispirazione e mozione dello Spirito Santo, che superi con più efficacia gli impedimenti e muova il libero arbitrio, dandogli maggiore forza affinché non operi debolmente, ma anzi con grande pienezza di perfezione e forza in quella specie di virtù alla quale appartiene il dono. A tutto questo non può giungere il libero arbitrio, se non è illuminato e mosso con speciale efficacia, virtù e forza dello Spirito Santo, che lo spinge fortemente, soavemente e dolcemente, affinché segua quella illuminazione e con libertà operi e voglia quella azione che pare sia fatta nella volontà con l'efficacia dello Spirito divino, come dice l'Apostolo. Perciò questa mozione si chiama istinto dello Spirito Santo; la volontà, infatti, sebbene operi liberamente e senza violenza, in queste opere si comporta molto come strumento volontario e molto somiglia a questo, perché opera con minore esame della prudenza comune con la quale operano le virtù, anche se non con minore intelligenza e libertà.

598. Mi farò intendere in parte con un esempio, avvertendo che, per muovere la volontà alle opere di virtù, concorrono due cose nelle facoltà. L'una è il peso o inclinazione che la stessa volontà ha in sé, che la muove cosi come la gravità porta la pietra o la leggerezza il fuoco, perché ciascuno vada verso il suo centro. Le virtù accrescono più o meno questa inclinazione nella volontà, come fanno i vizi a modo loro; infatti, volgendola all'amore pesano e l'amore è il suo peso che la porta liberamente. L'altra cosa che concorre in questa mozione è da parte dell'intelletto un'illuminazione nelle virtù, dalla quale la volontà è mossa e determinata; essa è proporzionata alle virtù ed agli atti della volontà. Per quelli ordinari servono la prudenza e la sua deliberazione ordinaria, ma per altri atti più elevati è necessaria una più alta e superiore illuminazione e mozione dello Spirito Santo, la quale appartiene ai doni. Poiché la carità è soprannaturale e procede dalla volontà divina come il raggio nasce dal sole, riceve un particolare influsso da Dio; essa muove a sua volta le altre virtù della volontà, e maggiormente quando opera con i doni dello Spirito Santo.

599. Conformemente a ciò, nei doni dello Spirito Santo mi pare di conoscere da parte dell'intelletto una speciale illuminazione, nella quale esso si comporta molto passivamente, volta a muovere la volontà. Ad essa corrispondono le sue virtù con qualche grado di perfezione che inclina, con forza superiore a quella ordinaria, ad opere molto eroiche. Come la pietra, se oltre al suo peso le si aggiunge un altro impulso, si muove più velocemente, così nella volontà, aggiungendo la perfezione, ossia l'impulso dei doni, i moti delle virtù sono più eccellenti e perfetti. Il dono della sapienza comunica all'anima un certo gusto, per mezzo del quale conosce ciò che è divino e ciò che è umano senza inganno, dando all'uno ed all'altro il proprio valore e peso, in opposizione al gusto che procede dall'ignoranza e stoltezza umana; questo dono appartiene alla carità. Il dono dell'intelletto chiarifica per penetrare le cose divine e conoscerle, contro la durezza e lentezza del nostro intelletto. Quello della conoscenza fa penetrare ciò che è più oscuro e rende maestri perfetti contro l'ignoranza. Questi due doni appartengono alla fede. Il dono del consiglio incammina, indirizza e trattiene dalla precipitazione umana, contro l'imprudenza; questo appartiene alla sua virtù propria, che è la prudenza. Quello della fortezza scaccia il timore disordinato e rinvigorisce la debolezza; appartiene alla virtù dallo stesso nome. Quello della pietà rende buono il cuore, gli toglie la durezza e lo ammorbidisce contro l'empietà e la durezza; appartiene alla virtù della religione. Il dono del timore di Dio umilia amorosamente contro la superbia; questo corrisponde all'umiltà.

600. Maria santissima possedeva tutti i doni dello Spirito Santo, avendo come un certo diritto ad essi in quanto madre del Verbo divino, da cui procede lo Spirito Santo, al quale tali doni si attribuiscono. Rapportando questi doni alla dignità speciale di madre, era conseguente che si trovassero in lei con la dovuta proporzione e con tanta differenza da tutte le altre anime quanta ve n'è tra il chiamarsi lei madre di Dio e tutte le altre semplicemente creature. Questo accadeva anche perché la grande Regina era assai vicina allo Spirito Santo per questa dignità e per l'impeccabilità, mentre tutte le altre creature se ne trovano molto lontane, sia per la colpa sia per la distanza dell'esistenza comune, senza altro rapporto o affinità con lo Spirito divino. Se in Cristo nostro redentore e maestro erano come nell'origine e nella fonte, si dovevano trovare anche in Maria sua degna madre come in un ricettacolo o mare da dove si distribuissero a tutte le creature, poiché dalla sua pienezza sovrabbondante si riversano su tutta la Chiesa. Salomone espresse ciò con un'altra metafora nei Proverbi, dicendo che la sapienza costruì una casa su sette colonne, imbandì la mensa, preparò il vino ed invitò gli inesperti ed i privi di senno per trarli fuori dalla stoltezza ed insegnare loro la prudenza. Non mi trattengo a spiegare questo, poiché nessun cattolico ignora che Maria santissima fu questa magnifica abitazione dell'Altissimo, edificata e fondata sopra questi sette doni per sua solidità e bellezza e per preparare in questa casa mistica il banchetto di tutta la Chiesa; in Maria, infatti, è pronta la mensa, affinché tutti noi piccolini ed ignoranti figli di Adamo arriviamo a saziarci dell'influsso e dei doni dello Spirito Santo.

601. Quando questi doni si acquistano mediante la disciplina e l'esercizio delle virtù superando i vizi contrari, il timore ha il primo posto; in Cristo Signore nostro, però, Isaia cominciò ad enumerarli dal dono della sapienza, che è il più alto, perché egli li ricevette come maestro e capo, non come discepolo che li apprendesse. Con questo stesso ordine li dobbiamo considerare nella sua Madre santissima, perché nei doni somigliò più lei al suo Figlio santissimo che le altre creature a lei. Il dono della sapienza contiene un'illuminazione saporosa, mediante la quale l'intelletto conosce la verità delle cose per le loro cause intime e supreme; e la volontà, con il gusto della verità del vero bene, discerne e separa questo bene da quello apparente e falso, perché è veramente sapiente colui che conosce senza inganno il vero bene per gustarlo e lo gusta conoscendolo. Questo gusto della sapienza consiste nel godere del sommo Bene per un'intima unione di amore, cui segue il sapore e gusto dei bene onesto, partecipato ed esercitato per mezzo delle virtù inferiori all'amore. Perciò non si chiama sapiente colui che conosce la verità solo speculativamente, benché abbia in questa conoscenza il suo diletto, né colui che opera atti di virtù per la sola conoscenza, e tanto meno se lo fa per altra causa. Se, però, opera con intimo amore unitivo per il gusto del sommo e vero Bene, che conosce senza inganno, ed in lui e per lui tutte le verità inferiori, allora questi sarà veramente sapiente. Tale conoscenza viene data alla sapienza dal dono dell'intelletto, che la precede ed accompagna; esso consiste in un intima penetrazione delle verità divine e di quelle che a questo ordine si possono ricondurre e collegare, perché lo Spirito scruta le profondità di Dio, come dice l'Apostolo.

602. Questo medesimo Spirito sarà necessario per intendere e dire qualcosa dei doni di sapienza ed intelletto che ebbe l'imperatrice del cielo, Maria. L'impeto del fiume della somma Bontà, trattenuto per tanti secoli, infine rallegrò questa città di Dio con la corrente che riversò nella sua anima santissima per mezzo dell'Unigenito del Padre e suo, che abitò in lei; fu come se - a nostro modo di intendere - avesse scaricato in questo pelago di sapienza l'infinito mare della Divinità, nello stesso momento in cui Maria poté invocare lo spirito della sapienza. Anzi, perché lo chiamasse venne a lei, affinché apprendesse tale sapienza senza finzione e la comunicasse senza invidia, come fece, poiché per mezzo della sua sapienza si manifestò al mondo la luce del Verbo eterno incarnato. Questa sapientissima Vergine conobbe la struttura del mondo e la forza degli elementi, il principio, la fine e il mezzo dei tempi, il loro alternarsi, la posizione degli astri, la natura degli animali e l'istinto delle fiere, i poteri degli spiriti e i ragionamenti degli uomini, la varietà delle piante e la proprietà delle radici, tutto ciò che è nascosto, occulto e superiore al pensiero degli uomini, i misteri e le vie segrete dell'Altissimo. Maria santissima nostra regina conobbe e gustò tutto ciò con il dono della sapienza che, bevuta alla sua fonte originale, restò parola fatta del suo pensiero.

603. Qui ricevette questo effluvio della virtù di Dio, questa emanazione della sua carità sincera che la fece immacolata, preservandola dalla colpa che imbratta l'anima dei mortali, rendendola così specchio senza macchia della maestà di Dio. Qui attinse lo spirito che la sapienza contiene, spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, mobile, penetrante, senza macchia, terso, inoffensivo, amante del bene, acuto, libero, benefico, amico dell'uomo, stabile, sicuro, senza affanni, onnipotente, onniveggente e che pervade tutti gli spiriti intelligenti, puri, sottilissimi. Tutte queste qualità di cui parlò l'autore del libro della Sapienza si trovarono in modo singolare e perfetto in Maria santissima, dopo che nel suo Figlio unigenito. Insieme con la sapienza le vennero tutti i beni e in tutto la precedevano questi altissimi doni di sapienza ed intelletto, affinché in tutte le azioni delle altre virtù fosse da essi guidata ed in tutte si vedesse l'impronta dell'incomparabile sapienza con la quale operava.

604. Degli altri doni si è già riferito qualcosa parlando delle virtù alle quali appartengono; ma, poiché tutto quanto possiamo intendere e dire è assai meno di quello che vi era in questa città mistica di Maria, troveremo sempre molto da aggiungere. Il dono del consiglio segue nell'ordine di Isaia quello dell'intelletto. Esso consiste in una illuminazione soprannaturale con la quale lo Spirito Santo tocca l'intimo dell'uomo, illuminandolo sopra ogni umana e comune intelligenza, affinché scelga ciò che è più utile, conveniente e giusto e respinga il contrario, conducendo la volontà, con le regole dell'eterna ed immacolata legge divina, all'unità di un solo amore ed alla conformità perfetta con la volontà del sommo Bene. Accogliendo questa ispirazione divina la creatura bandisce da sé la molteplicità e varietà delle inclinazioni e degli attaccamenti ai beni esteriori e terreni, che possono essere di intralcio al cuore impedendogli di ascoltare e seguire questo impulso e consiglio divino e di giungere a conformarsi a quell'esempio vivo di Cristo nostro Signore, il quale con altissimo consiglio disse all'eterno Padre: Non sia fatta la mia, ma la tua volontà.

605. Il dono della fortezza è una partecipazione o influsso della virtù divina, che lo Spirito Sant6 comunica alla volontà creata affinché, felicemente coraggiosa, si sollevi sopra tutto quello che la debolezza umana può e suole temere dalle tentazioni, dai dolori, dalle tribolazioni e dalle avversità. Sorpassando e vincendo tutto, essa acquista e conserva ciò che vi è di più arduo ed eccellente nelle virtù e, innalzandosi sempre più, trascende tutte le virtù, le grazie, le consolazioni interiori e spirituali, le rivelazioni, gli amori sensibili, per nobili ed eccellenti che siano. Tutto, insomma, lascia dietro di sé, estendendosi con divino sforzo fino ad arrivare a conseguire l'intima e suprema unione con il sommo Bene, al quale anela con desideri ardentissimi e dove veramente esce dal forte la dolcezza, avendo tutto vinto in colui che le dà la forza 16 . Il dono della conoscenza èuna capacità di discernere con rettitudine infallibile tutto quello che si deve credere ed operare con le virtù. Si differenzia dal consiglio perché questo sceglie e quella giudica, l'uno forma la scelta prudente e l'altra il giudizio retto. Si distingue, poi, dal dono dell'intelletto perché questo penetra le verità profonde riguardanti la fede e le virtù, come in una semplice intelligenza, mentre il dono della conoscenza sa ciò che da esse si deduce ed applica le azioni esterne delle facoltà alla perfezione della virtù, nella quale il dono della conoscenza è come radice e madre della discrezione.

606. Il dono della pietà è una virtù divina o influsso con il quale lo Spirito Santo ammorbidisce e in un certo modo fonde e scioglie la volontà umana, muovendola verso tutto ciò che appartiene al servizio dell'Altissimo ed al beneficio del prossimo. Con questa tenerezza e soave dolcezza la nostra volontà sta pronta e la nostra memoria attenta in ogni tempo, luogo e avvenimento a lodare e benedire il sommo Bene ed a rendere a lui grazie ed onore, come anche ad avere compassione tenera e amorosa delle creature, senza mancare di sovvenirle nelle loro tribolazioni e necessità. Questo dono della pietà non è trattenuto dall'invidia né conosce odio, avarizia, tiepidezza o meschinità, perché causa una forte e soave inclinazione per cui abbraccia con dolcezza e amore tutte le opere d'amore di Dio e del prossimo; anzi, rende benevolo, pieno di riguardo, premuroso e diligente chi lo possiede. Per questo l'Apostolo dice che l'esercizio della pietà è utile a tutto, portando con sé la promessa della vita eterna, perché è uno strumento nobilissimo della carità.

607. Viene in ultimo luogo il dono del timore di Dio, tanto lodato, magnificato e raccomandato ripetutamente nella Scrittura divina e dai santi Dottori come fondamento della perfezione cristiana e principio della vera sapienza, perché è il primo che resiste alla stoltezza arrogante degli uomini e quello che con maggiore forza la distrugge ed annienta. Questo dono così importante consiste in un'amorosa fuga ed in una nobilissima e pudica riservatezza con cui l'anima si ritira in se stessa e nella conoscenza della propria condizione e bassezza, considerandola in confronto con la suprema grandezza e maestà di Dio, e, non volendo sentire né pensare altamente di se stessa, teme, come insegnò l'Apostolo. Questo santo timore ha i suoi gradi, perché al principio si chiama iniziale ed in seguito filiale. L'anima, infatti, comincia a fuggire dalla colpa, come contraria al sommo Bene che ama con riverenza; passa, poi, ad abbassare e disprezzare se stessa, perché paragona la propria natura con la maestà di Dio, la propria ignoranza con la sua sapienza e la propria povertà con la sua infinita ricchezza. Trovandosi in tutto soggetta pienamente alla volontà divina, si umilia e sottomette anche a tutte le creature per Dio, muovendosi verso di lui e verso di loro con intimo amore e giungendo così alla perfezione dei figli di Dio, cioè alla suprema unione di spirito con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

608. Se mi dilungassi maggiormente nella spiegazione di questi doni, uscirei dal mio intento ed allungherei troppo questo discorso. Quello che ho detto mi pare sufficiente per capire la loro natura e le loro qualità. Inteso questo, si deve considerare che nella sovrana Regina del cielo tutti i doni dello Spirito Santo si trovarono non solamente nel grado sufficiente e ordinario che ciascuno di essi ha nel suo genere, perché ciò sarebbe comune agli altri santi, ma con speciale eccellenza e privilegio quale non poté aver luogo in nessuno di loro, né sarebbe stato conveniente ad altri inferiori a lei. Compreso, dunque, in che cosa consistono il timore santo, la pietà, la fortezza, la conoscenza ed il consiglio in quanto doni speciali dello Spirito Santo, il giudizio umano e l'intelletto angelico si estendano e pensino il grado dei doni più alto, nobile, eccellente, perfetto e divino. Si sappia che i doni di Maria si trovano al di là di quanto possono concepire tutte le creature insieme e che il più basso grado di essi corrisponde a quello più alto immaginato dal pensiero umano, come il più alto grado dei doni di questa Signora e regina delle virtù tocca, in qualche modo, il più basso grado delle eccellenze di Cristo e della Divinità.

 


Insegnamento della Regina santissima Maria

 

609. Figlia mia, questi nobilissimi ed eccellentissimi doni dello Spirito Santo che hai inteso sono un emanazione con cui la Divinità si comunica e si trasferisce nelle anime sante, per cui non ammettono limitazione da parte loro come l'hanno da parte del soggetto da cui sono ricevuti. Se le creature liberassero dagli affetti e dall'amore terreno il loro cuore, benché esso sia limitato, parteciperebbero senza misura del torrente della Divinità infinita, per mezzo degli inestimabili doni dello Spirito Santo. Le virtù purificano la creatura dalla bruttezza e dalla macchia dei vizi, se ne ha, e tramite esse questa comincia a ristabilire l'ordine armonico delle sue facoltà, perso prima per il peccato originale e dopo per quelli attuali suoi propri. Inoltre, le virtù aggiungono bellezza, forza e diletto nel bene operare. I doni dello Spirito Santo sollevano le stesse virtù ad un sublime grado di perfezione, ornamento e bellezza mediante il quale l'anima si dispone, si abbellisce e si rende graziosa per entrare nel talamo dello Sposo, dove in modo ammirabile resta unita alla Divinità in un solo spirito e nel vincolo dell'eterna pace. Da quel felicissimo stato esce fedelissima e sicura ad operare virtù eroiche e con esse torna a ritirarsi al medesimo principio da cui è uscita, che è lo stesso Dio; alla sua ombra riposa tranquilla e quieta, senza che la turbino gli impeti furiosi delle passioni ed i loro appetiti disordinati. Pochi, però, ottengono questa felicità e solo per esperienza la conosce chi la riceve.

610. Medita, perciò, o carissima, e considera con profonda attenzione come salirai al grado più alto di questi doni, perché la volontà del Signore e mia è che tu passi più avanti al banchetto che la sua dolcezza ti prepara con la benedizione dei doni; a questo fine, appunto, li hai ricevuti. Considera, dunque, che per l'eternità vi sono solamente due cammini: uno, che conduce alla morte eterna per il disprezzo delle virtù e per l'ignoranza della Divinità; l'altro, che porta alla vita eterna mediante la conoscenza fruttuosa dell'Altissimo, perché questa è la vita eterna, che si conoscano Dio e il suo Unigenito che egli ha inviato nel mondo. Battono il cammino della morte infiniti stolti, i quali non conoscono la loro stessa ignoranza, presunzione e superbia, accecati da una spaventosa insipienza. A quelli che, invece, chiamò misericordiosamente alla sua ammirabile luce, rigenerandoli come figli della luce, diede in questa generazione il nuovo essere che hanno per la fede, la speranza e la carità e che li fa suoi ed eredi della divina ed eterna felicità. Ricondottili così allo stato di figli, diede loro le virtù che si infondono nella prima giustificazione, affinché come figli della luce compissero proporzionatamente opere di luce, in base alle quali tiene pronti da dare i doni dello Spirito Santo. E come il sole materiale a nessuno nega il suo calore e la sua luce, se nel soggetto vi è capacità e disposizione per ricevere la virtù dei suoi raggi, così non nega se stessa né si nasconde ad alcuno la sapienza divina, che invita e chiama tutti, gridando in cima alle alture, sulle strade battute e nei sentieri più nascosti, presso le porte e nelle piazze delle città. La stoltezza dei mortali, però, li rende sordi, la loro empia malizia li fa dispregiatori e la loro incredula perversità li allontana da Dio, la cui sapienza non entra in un'anima che opera il male né abita in un corpo schiavo del peccato.

611. Ma tu, figlia mia, rifletti bene sulle tue promesse, sulla tua vocazione e sui tuoi desideri, perché la lingua che mente a Dio uccide l'anima; non volere provocarti la morte con gli errori della tua vita né attirarti la rovina con le opere delle tue mani, come per mezzo della divina luce sai che fanno i figli delle tenebre. Temi l'onnipotente Dio e Signore con timore santo, umile e ben ordinato ed in tutte le tue azioni determina la tua condotta con questo maestro. Offri il tuo cuore duttile, arrendevole e docile alla disciplina ed alle opere di pietà. Giudica con rettitudine la virtù ed il vizio. Fatti animo con invincibile fortezza per operare ciò che è più arduo e sublime e per soffrire ciò che è più avverso e difficile nelle tribolazioni. Scegli con discrezione i mezzi per l'esecuzione di queste opere. Considera la forza della luce divina, con la quale trascenderai tutto il sensibile, salirai alla conoscenza altissima dei segreti della sapienza divina ed apprenderai a dividere l'uomo nuovo da quello vecchio. Ti renderai capace di ricevere la sapienza quando, entrando nella cella del vino del tuo Sposo, sarai inebriata del suo amore ed in te sarà ordinata la sua carità etema. 

https://rosarioonline.altervista.org/libri/la%20mistica%20citta%20di%20Dio/index.php?dn=2-13


Nella preghiera

 

Messaggio del Nostro Signore Gesù Cristo e della Vergine Madre Maria Santissima
21 gennaio 2021, USA
10:00 ora della Florida

Nella preghiera ho ricevuto questo messaggio del Nostro Signore Gesù Cristo per tutta l'umanità, dove ha parlato anche la Beata Vergine Madre Maria.
Vi scrivo con le mie limitate parole.
Dice il Signore:
Caro figlio Giovanni, devi sapere questo, che devi comunicare a tutti: da ieri, 20 gennaio 2021, si è scatenata ancora di più una potente lotta di Satana contro tutto il Creato.
I decessi in tutto il mondo a causa della pandemia continueranno ad aumentare. Stanno arrivando catastrofi naturali (peggiori), nuove malattie ed eventi inaspettati. MA DOVETE SAPERE CHE NON TUTTO È PERSO…
È urgente! PREGATE con dedizione e perseveranza. Questo sarà l'unico freno e rimedio.
Tutti i Cristiani Cattolici: Papi, Vescovi, Sacerdoti, persone Consacrate e tutte le famiglie, RITORNATE ALL’USO DEI SACRAMENTALI che sono stati così dimenticati, ma che sono necessari per le gravi situazioni che si stanno presentando. È urgente proteggersi nell'ANIMA E NEL CORPO. Questa è la prima prova che vi do: CREDETE E OBBEDITE!

E la voce di Maria Madre ha aggiunto:
Figli, mettetevi in preghiera ogni giovedì, durante tutto l'anno 2021, attraverso la preghiera e la meditazione del mio Santo Rosario. Tutti i paesi del mondo prendano come riferimento le 20:00. fino alle 21:00 di Roma, Italia (dalle 20:00 alle 21:00). Tutti i paesi devono coincidere allo stesso tempo, per recitare questa preghiera che vi chiedo insieme a mio Figlio. Ricordate figli miei, che lì (a Roma) si è sviluppata e diffusa la fede, così dimenticata in questi tempi difficili.
Gesù continua:
Figli, per questa preghiera, portate con voi ACQUA, OLIO, CANDELE, INCENSO E SALE ESORCIZZATI… Spargeteli nelle vostre case e nei luoghi in cui vi trovate. Mettete una croce di legno Benedetta sulla porta d'ingresso e, se possibile, bruciate anche incenso esorcizzato nelle vostre case e stanze. DIGIUNATE A PANE E ACQUA. CHIEDETE CON SICUREZZA E FEDE, L'ESPULSIONE DEI DEMONI NELLE FAMIGLIE, NELLE COMUNITÀ, NELLA CHIESA E IN TUTTA LA TERRA. Tutti i cattolici (di rito occidentale e orientale) devono confessarsi o ricevere una benedizione; quelli che possono, SI CONFESSINO SETTIMANALMENTE E COMUNICANO.
Pregate specialmente per i Sacerdoti, poiché vengono pesantemente attaccati dal virus e dalle usanze mondane. Molti Sacerdoti stanno morendo; molti altri Sacerdoti lo stanno vedendo e dovranno riflettere su sé stessi. I MIEI FIGLI SACERDOTI DOVREBBERO CERCARE DI CONFESSARSI, POICHÉ MOLTI HANNO ABBANDONATO QUESTO SACRAMENTO (NÉ SI CONFESSANO, NÉ CONFESSANO) DURANTE QUESTO TEMPO DI PANDEMIA, INVECE DI DARSI ANCORA DI PIÙ ALLA PREGHIERA E ALLA PENITENZA. QUELLI CHE HANNO SMESSO DI PRESIDERE L'EUCARISTIA, DOVREBBERO RIPRENDERLA E COMUNICARE.

Poi ho chiesto al Signore: "E come faranno quelli che non sono cattolici o cristiani?"
Mi ha detto:
Ricorda che sono tutti miei figli, tutti devono unirsi per ottenere la Salvezza. Quelle di altre Confessioni non-Cattoliche e di altre Religioni, che si uniscano altrettanto in Preghiera in un unico grido, secondo le proprie forme, costumi e riti, (per chiedere COMPASSIONE E MISERICORDIA); È tempo di diventare un Corpo Unico nella Fede, quindi dovrebbero coordinarsi alla stessa ora ogni GIOVEDI', come vi abbiamo già detto prima.
TUTTI SIETE I MIEI AMATI FIGLI, QUINDI UNITEVI A LIVELLO MONDIALE.
TUTTO QUESTO VI GARANTIRÀ LA GRAZIA DI ESPELLERE SATANA E TUTTI GLI SPIRITI DELLE TENEBRE, CHE CERCHERANNO DI DISTRUGGERE LA FEDE, LE BUONE USANZE E LA TERRA STESSA. Chi conosce il Santo Rosario, lo preghi e lo mediti, invece chi non lo sa, preghi le preghiere che conosce per chiedere COMPASSIONE E MISERICORDIA. L'importante è essere uniti con la stessa intenzione: CHE LA TERRA SIA PURIFICATA DALLE INFLUENZE DI SATANA E DA TUTTI I SUOI SEGUACI, SPIRITI DEL MALE.
Fate questo, per ottenere la guarigione delle malattie, la protezione divina e la Conversione delle anime in tutto il mondo, per uscire dall'Oscurità alla Luce. E infine così, in questo modo, la Vita eterna.

***. ***. ***. ***. *** ***. ***
Grazie Signore, grazie Madre Maria Santissima!

Vi lascio questo messaggio per iscritto.

Lo Spirito Santo ILLUMINI LA NOSTRA COMPRENSIONE!


Umilmente, il tuo servitore Giovanni,
Strumento di Dio.

mercoledì 30 marzo 2022

S. Rananiel , del 29 marzo // S. Hona, del 30 marzo.

 

VI Coro
Principati
VI Coro29 marzo
Principe sulle piante e sugli animaliBeato Bertoldo

S. Rananiel

Egli è inginocchiato ai piedi del suo Signore e Dio come un fanciullo davanti alla meravigliosa moltiplicazione del pane descritta nel Vangelo. Nelle sue mani tiene pane e pesce; il pane come simbolo del seme di grano, la pianta - il pesce come simbolo per tutti gli animali sulla terra. Tutte due, piante ed animali, servono, secondo la volontà di Dio, all’uomo e vengono benedetti e moltiplicati fino alla fine del mondo.

Nulla di ciò che Dio ha creato è senza senso ed ogni cosa creata dalla mano di Dio è stata armonizzata nella misura e nell’ordine, secondo luogo e tempo, secondo specie e le leggi della natura. Così è anche il mondo vegetale ed animale opera di Dio e messo sotto l’amministrazione di potenti angeli; ciò significa, per noi, che non dovremmo mai mancare di rispetto davanti a Dio per queste creazioni sottomesse da Dio al nostro servizio, piante ed animali.

Il grande principe degli angeli,

S. Rananiel,

il principe sigillato, che Dio ci fa vedere oggi alle scale del suo trono, è l’amministratore celeste delle piante e degli animali e di tutte le materie animali e vegetali, che servono alla costruzione ed al mantenimento nella creazione e per lo svolgimento regolare di tutti gli avvenimenti in essa.

S. Rananiel sorveglia e cura in noi il profondo rispetto che dobbiamo avere per il piccolo e debole e l’abbandonato, per colui che ci è sottomesso e dipende da noi. Egli ci insegna di vedere Dio anche nelle cose piccole ed insignificanti e di venerarlo, egli ci insegna la disciplina, non solo per coloro che dipendono da noi, ma anche per noi. Egli ci dona la mano ferma e calma, l’occhio limpido e buono, la conoscenza sull’utilità ed il profitto della natura intera per noi uomini. Egli ci apre il nostro cuore alla gioia per la contemplazione della meravigliosa creazione della natura e per la misura dell’ordinamento di tutta la creazione verso il suo Creatore. Perciò egli è anche posto sopra ogni metodo e mezzo naturale di guarigione, che Dio ha creato per la salvezza e per la guarigione di tutte le cose create, principalmente per l’uomo.

Preghiera: Grande angelo santo, insegnaci il profondo rispetto per la indifesa creazione di Dio, che è stata posta nelle nostre mani. Insegnaci ad avere la misura giusta nell’amministrazione di tutte le materie della natura, affinché tutto possa corrispondere alla volontà di Dio, all’onore di Dio e per amore di Dio. Amen.



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IX Coro30 marzo
“Sempre dovete pregare”San Leonardo Murialdo

S. Hona

Sempre di nuovo il Signore fa risplendere un angelo in una luce diversa, per poter riscaldare il nostro cuore e suscitare in noi il desiderio, che potesse essere proprio quell’angelo il nostro angelo custode, del quale noi ancora non sappiamo niente.

S. Hona

sta oggi davanti al trono di Dio, l’angelo del in ogni tempo dovete pregare!”

Sembra che lui abbia tutta la luce nell’interno e perciò lui splende da dentro di sé con un ardore tale, come se lui portasse il tabernacolo in sé. Ma lo splendore e l’ardore brillano anche attorno a lui nei sette colori dell’arcobaleno e lo avvolgono nella conoscenza di Dio, del Principe della pace, del Buon Pastore, della patria. Nella mano ha uno strumento musicale simile ad una grande conchiglia, composta da tanti bastoncini rotondi d’oro; ogni bastoncino ha un tono diverso ed ogni tono innesca un’altro tono, così permane una melodia continua in questo strumento. L’angelo è fermo, egli è avvolto nel manto blu di Maria, che è illuminato dai colori dell’arcobaleno dall’esterno e dall’ardore del cuore dall’interno.

Si è svelato con lo strumento musicale e con i colori dell’arcobaleno: egli appartiene ai portatori dell’arcobaleno dal IV coro. S. Schemmajim, l’angelo del giubilo sponsale è un portatore dell’arcobaleno, a lui appartengono gli angeli dei cori che suonano gli strumenti; l’altro portatore dell’arcobaleno è S. Alphareth, il principe della risposta, a lui appartengono gli angeli dei cori che cantano. Lui ha come simbolo una conchiglia, che mormora continuamente. Questi due grandi angeli principi tendono l’arcobaleno della pace, della riconciliazione, della nostalgia e dell’essere uni con Dio sopra la creazione, essi avvolgono la loro Regina, Maria, in raggi settemplici dello Spirito Santo.

Così S. Hona che sta nel flusso di grazia dell’amore, è l’angelo dell’amore, di quell’amore che scende dal cuore di Dio sopra i serafini e sopra le dominazioni, e da lì in una larga scia sopra le virtù. Gli angeli della potenza, della profondità dell’amore, come lo è S. Hona, sono avvolti da lui e lasciano fluire quest’amore sopra tutte le anime, che si sono lasciate prendere dall’amore di Dio, che non vogliono essere altro che servi e serve del Signore.

S. Hona ci dice: Amare la vita è semplice, portare e sopportare la vita nell’amore di Dio è difficile.

Amare la croce del Signore è santità, portare dietro al Signore la croce nella verità è torchio sanguinante di Dio. Amare Dio nella luce e nella pienezza dello Spirito è divino, ma portare e sopportare Dio nel suo impeto è stritolante”.

Preghiera: Angelo santo, aiutaci a portare la vita, a portare la croce, a sopportare Dio in tutte le Sue richieste di amore. Amen.

 
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Quanto è l'amore che ci porta questa Madre.



 § 3. - Quanto è l'amore che ci porta questa Madre.

Se dunque Maria è nostra madre, possiamo considerare quanto ella ci ama.

L'amore a' figli è un amor necessario; e questa è la ragione per cui, come riflette S. Tommaso (nell'Opusc. LX, c. 4),1


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dalla divina legge è già imposto a' figli il precetto di amare i genitori, ma all'incontro non vi è precetto espresso ai genitori d'amare i figli, perché l'amore verso i propri parti è un amore con tanta forza insito dalla stessa natura, che le stesse fiere più selvagge, come dice S. Ambrogio, non possono lasciar di amare i loro figli: Natura hoc bestiis infundit, ut catulos parvulos ament (L. VI, Exa., c. 4).2 Onde portano gl'istorici che anche le tigri, sentendo la voce de' figli presi da' cacciatori, si pongono a nuotare per mare sino a raggiungere le navi dove quelli sono.3 Se dunque, dice la nostra amantissima madre Maria, neppure le tigri si sanno dimenticare de' figli, come io posso dimenticarmi di amare voi, figli miei? Numquid oblivisci potest mulier infantem suum, ut non misereatur filio uteri sui? Et si illa oblita fuerit, ego tamen non obliviscar tui (Is. XLIX, 15). E se mai, ella soggiunge, si desse per impossibile il caso che una madre si dimenticasse d'un figlio, non è possibile ch'io lasci d'amare un'anima figlia mia.

Maria è nostra madre, non già di carne, come dicemmo, ma d'amore. Ego mater pulchrae dilectionis (Prov. XXIV, 24).4 Onde il solo amor che ci porta la fa diventar nostra madre, e perciò ella si gloria, dice un autore (Paciucch.), d'esser madre d'amore; poiché, avendoci presi per figli, e tutta amore verso di noi: Se dilectionis esse matrem gloriatur, quia tota est amor erga nos, quos in filios recepit.5


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E chi mai potrebbe spiegare l'amore che Maria porta a noi miserabili! Dice Arnoldo Carnotense ch'ella nella morte di Gesù Cristo desiderava con immenso ardore di morire insieme col Figlio per nostro amore: Flagrabat Virgo, aestuante caritate incensa, ut pro humani generis salute simul cum prole profunderet vitam (Tract. de Verb. Dom.).6 Sicché, soggiunge S. Ambrogio, conforme il Figlio pendeva moribondo dalla croce, così Maria si offeriva a' carnefici a dar la vita per noi: Pendebat in cruce Filius, Mater persecutoribus se offerebat (De Inst. Virg., c. 7).7

Ma consideriamo le ragioni di questo amore, perché così meglio intenderemo quanto ci ami questa buona Madre.

La prima ragione del grande amore che Maria porta agli uomini, è il grande amore ch'ella porta a Dio. L'amore verso Dio e verso il prossimo, come scrisse S. Giovanni, va sotto lo stesso precetto: Hoc mandatum habemus a Deo, ut qui diligit Deum, diligat et fratrem suum (I Io. IV, 21). In modo che quanto cresce l'uno, tanto s'avanza l'altro. Perciò sappiamo che i santi, perché assai amavano Dio, che non han fatto per amore del prossimo? Son eglino arrivati sino ad esporre e perdere la libertà ed anche la vita per la di lui salute. Leggasi quel che fece S. Francesco Saverio nelle Indie, dov'egli per aiutare l'anime di quei barbari si andava rampicando per le montagne, arrischiandosi fra mille pericoli, affin di ritrovare quei miserabili dentro le caverne, dove abitavano a modo di fiere, e portarli a Dio.8 Un S. Francesco di Sales,


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che, per convertire gli eretici della provincia del Chamblae, si arrischiò per un anno di passare il fiume ogni giorno carponi per sopra d'una trave gelata, affine di andare all'altra riva a predicare a quegli ostinati.9 Un S. Paolino, che diede se stesso per ischiavo, affine di ottenere la libertà al figlio di una povera vedova.10 Un S. Fedele, che per tirare a Dio gli eretici d'un luogo, si contentò predicando di lasciarvi la vita.11 Dunque i santi, perché assai amavano Dio, son giunti a far tanto per amor de' prossimi.

Ma chi più di Maria ha già amato Dio? Ella ha amato più Dio nel primo momento del suo vivere, che non l'hanno amato tutti i santi e tutti gli angeli in tutto il corso della loro vita, come a lungo considereremo poi, parlando delle virtù di Maria. Rivelò la stessa Vergine a Suor Maria Crocifissa (Vita, lib. II, c. 5), ch'era tanto il fuoco dell'amore di cui ella ardea verso Dio, che posto in quello tutto il cielo e la terra, in un momento si sarebber consumati; onde disse che al suo confronto erano come fresche aure tutti gli ardori de' Serafini.12 Che pertanto, siccome non vi è tra tutti gli spiriti beati chi più di Maria ami Dio, così noi non abbiamo né possiamo avere chi


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dopo Dio ci ami più di questa nostra amorosissima Madre. E se si unisse l'amore che tutte le madri portano a' figli, tutti gli sposi alle loro spose, e tutti i santi ed angeli a' loro divoti, non giunge all'amore che Maria porta ad un'anima sola. Dice il padre Nierembergh che l'amore che tutte le madri hanno portato a' loro figli è un'ombra a paragone dell'amore che ad un solo di noi porta Maria: ben ci ama più ella sola, soggiunge, che non ci amano insieme tutti gli angeli e i santi.13

In oltre14 la nostra Madre ci ama assai, perché noi le siamo stati raccomandati per figli dal suo amato Gesù, allorch'egli prima di spirare le disse: Mulier, ecce filius tuus:15 dinotandole in persona di Giovanni tutti noi uomini, come abbiamo sopra considerato. Queste furono le ultime parole, che 'l Figlio le disse. Gli ultimi ricordi che si lasciano dalle persone amate nel punto della loro morte troppo si stimano, e non se ne può perdere mai la memoria.

Di più noi siamo figli troppo cari a Maria, perché troppo di dolore le costiamo. Dalle madri ben si amano più quei figli, a cui il conservare la vita ha costato loro più stento e dolore. Noi siamo quei figli, a' quali Maria affin di ottenere la vita della grazia, ha dovuto soffrire la pena di offerire ella stessa alla morte la cara vita del suo Gesù, contentandosi per noi di vederselo morire avanti gli occhi suoi a forza di tormenti. Da questa grande offerta di Maria noi nascemmo allora alla vita della divina grazia. Sicché noi siamo figli perciò troppo cari, perché troppo le costiamo di affanno. Onde, conforme sta scritto dell'amore che l'Eterno Padre ha portato agli uomini nel dare alla morte per noi il suo medesimo Figlio: Sic... Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum daret (Io. III, 16), così ancora,


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dice S. Bonaventura, può dirsi di Maria: Sic Maria dilexit nos, ut Filium suum unigenitum daret.16

E quando ella ce lo diede? Ce lo diede, dice il P. Nierembergh, quando per prima gli concedé la licenza per andar alla morte. Ce lo diede, quando mancando gli altri, o per odio o per timore, ben poteva ella sola bastantemente difendere appresso i giudici la vita del Figlio; e ben si può credere che le parole d'una madre così savia e così tenera del figlio avrebbero potuto fare una gran forza, almeno appresso Pilato, acciocché si fosse arrestato di condannare alla morte un uomo ch'egli stesso conobbe e dichiarò innocente. Ma no, che Maria non volle dire neppure una parola a favore del Figlio, per non impedire la sua morte, da cui pendeva la nostra salute. Ce lo diè finalmente mille e mille volte a piè della croce in quelle tre ore, in cui assisté alla morte del Figlio;17 poiché allora in ogn'istante altro non facea che con sommo dolore e sommo amore verso di noi sagrificare per noi la vita del Figlio, con tanta costanza, che dicono S. Anselmo e S. Antonino che se mai allora fossero mancati i carnefici, ella stessa l'avrebbe crocifisso per ubbidire alla volontà del Padre, che lo volea morto per la nostra salute. E se un simile atto di fortezza di voler sagrificare il figlio colle proprie mani lo fece Abramo, dobbiamo credere che con maggior costanza certamente l'avrebbe eseguito Maria, più santa e più ubbidiente di Abramo.18


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Ma ritornando al nostro punto, quanto noi dobbiamo vivere grati a Maria di un atto di tanto amore? Del sacrificio, dico, ch'ella fece della vita del Figlio con tanto suo dolore, affin di ottenere a tutti noi la salute? Ben rimunerò il Signore ad Abramo il sagrificio ch'egli si accinse a fargli del suo Isacco; ma noi che possiamo rendere a Maria per la vita ch'ella ci ha data del suo Gesù, figlio assai più nobile ed amato che 'l figlio di Abramo? Questo amor di Maria, dice S. Bonaventura, ci ha troppo obbligati ad amarla, vedendo ch'ella ci ha amato più d'ognun altro, poiché ci ha dato il suo unico Figlio, che amava più di se stessa: Nulla post eam creatura ita per amorem nostrum exardescet, quae Filium suum unicum, quem multo plus se amavit nobis dedit, et pro nobis obtulit (S. Bon.).19

E da ciò nasce l'altro motivo, per cui noi siamo tanto amati da Maria, perché vede che noi siamo il prezzo della morte di Gesù Cristo. Se una madre vedesse un servo ricomprato da un suo figlio diletto coi patimenti di venti anni di carceri e di stenti, per questo solo riguardo quanto ella stimerebbe questo servo? Ben sa Maria che 'l Figlio non per altro è venuto in terra, che per salvare noi miserabili, com'egli stesso protestò: Veni salvum facere quod perierat (Luc. XIX, 10).20 E per salvarci si è contentato di spenderci anche la vita: Factus obediens usque ad mortem (Philip. II, 8). Se Maria dunque poco ci amasse, poco dimostrerebbe di stimare il sangue del Figlio, ch'è il prezzo della nostra salute. - Fu rivelato a S. Elisabetta monaca che Maria, sin da che stava nel tempio, non faceva altro che pregare per noi, pregando che Dio mandasse


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presto il Figlio a salvare il mondo.21 Or quanto più dobbiamo pensare ch'ella ci ami, dopoché ci ha veduti così stimati dal Figlio, che non ha sdegnato di comprarci a tanto suo costo?

E perché tutti gli uomini sono stati redenti da Gesù, perciò Maria tutti ama e favorisce. Fu ella veduta da S. Giovanni vestita di sole: Et signum magnum apparuit in caelo, mulier amicta sole (Apoc. XII, 1). Dicesi vestita di sole, per ragione che come non vi è nella terra chi possa mai nascondersi dal calore del sole: Non est qui se abscondat a calore eius (Ps. XVIII, [7]), così non vi è vivente che sia privo in terra dell'amor di Maria. A calore eius, applica l'Idiota, idest a dilectione Mariae.22

E chi mai, dice S. Antonino, può comprendere la cura che questa Madre amorosa ha di tutti noi? Oh quanta cura est Virgini matri de nobis! Perciò ella a tutti offerisce e dispensa la sua misericordia: Omnibus aperit sinum misericordiae suae.23 Poiché la nostra Madre ha desiderato la salute di tutti, ed alla salute di tutti ha cooperato. Constat, afferma S. Bernardo (Ho. 2, in Mis.), pro universo genere humano fuisse sollicitam.24 Ond'è che riesce utilissima la pratica di alcuni divoti di Maria, i quali, come riferisce Cornelio a Lapide, sogliono pregare il Signore a conceder loro quelle grazie, che per essi cerca la B. Vergine, con dire: Domine, da mihi, quod pro me postulat SS. Virgo Maria. E con ragione, dice il nominato a Lapide, mentre la nostra Madre desidera ella a noi maggiori beni di quelli che noi stessi possiamo desiderare:


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Ipsa enim maiora optat, quam nos optare possumus.25 E 'l divoto Bernardino da Busto dice che più Maria ama di far bene e dispensare a noi le grazie, che noi desideriamo di riceverle: Plus ipsa desiderat facere tibi bonum et largiri gratiam, quam tu accipere concupiscas (Mar. I, serm. 5).26 Onde il B. Alberto Magno applica a Maria le parole della Sapienza: Praeoccupat qui se concupiscunt, ut illis se prior ostendat (Sap. VI, 14): Previene Maria coloro che a lei ricorrono, per farsi da loro trovare prima che la cerchino.27 È tanto l'amore, dice Riccardo, che ci porta questa buona Madre, che quando scorge i nostri bisogni, ella viene a soccorrerci, prima che noi le domandiamo il soccorso: Prius occurrit quam invocetur (Rich., in Cant. IV, 5).28

Or se Maria è così buona con tutti, anche cogl'ingrati e negligenti, che poco l'amano e poco a lei ricorrono, quanto sarà più ella amorosa con coloro che l'amano e spesso l'invocano? Facile invenitur ab his qui diligunt illam (Sap. VI, 13).29 Oh quanto facil cosa, soggiunge lo stesso B. Alberto, è


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trovar Maria a coloro che l'amano, e 'l trovarla tutta piena di pietà e di amore!30 Ego diligentes me diligo (Prov. VIII, [17]). Ella si protesta che non può non amare chi l'ama. E benché l'amantissima Signora ami tutti gli uomini come suoi figli, ben non però, dice S. Bernardo, ella agnoscit et diligit, sa conoscere ed amar con distinzione coloro che più teneramente l'amano.31 Questi felici amanti di Maria, asserisce l'Idiota, non solo da lei sono amati, ma anche serviti: Inventa Maria Virgine, invenitur omne bonum: ipsa namque diligit diligentes se, immo sibi servientibus servit (De Contempl. Virg., in prol.).32

Stava morendo, come si narra nelle Croniche dell'Ordine, Leonardo domenicano, il quale ducento volte il giorno si raccomandava a questa Madre di misericordia. Un dì ecco videsi accanto una bellissima regina, che li disse: Leonardo, volete morire, e venire al mio Figlio ed a me? Rispose il religioso: E voi chi siete? Io sono, ripigliò la Vergine, la madre delle misericordie: voi mi avete tante volte invocata, eccomi ora son venuta a prendervi; andiamocene al paradiso. E nello stesso giorno morendo Leonardo, speriamo che la seguì al regno beato.33


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Ah Maria dolcissima, beato chi v'ama! Diceva il Ven. fratello Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Se io amo Maria, son sicuro della perseveranza, e impetrerò da Dio quanto voglio. E perciò il divoto giovine non si saziava mai di rinnovare il proposito, e di replicare spesso fra sé: Io voglio amare Maria, io voglio amare Maria.34

Oh quanto ella la buona Madre avanza in amore tutti i suoi figli! L'amino questi quanto possono, semper Maria cum amantibus est amantior, dice S. Ignazio martire (Ep. ad Io., ap. Aur.).35 L'amino pure quanto un S. Stanislao Kostka, che amava sì teneramente questa sua cara madre, che al parlarne invogliava ad amarla ognun che l'udiva. Egli s'avea formati nuovi vocaboli e nuovi titoli con cui ne onorava il nome. Non cominciava azione, che prima rivolto a qualche sua immagine non le chiedesse la benedizione. Quando le recitava l'Officio, il rosario od altre orazioni, le diceva con tale affetto ed espressione, come parlasse da faccia a faccia con Maria. Quando sentiva cantare la Salve Regina, tutto s'infiammava nell'anima, ed anche nel volto. Dimandato una volta da un padre della Compagnia, mentre andavano insieme a visitare un'immagine della B. Vergine, quanto egli l'amasse, «Padre, rispose, che posso dirgli più? Ella è la


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Madre mia». Ma disse poi quel padre che il santo giovine proferì queste parole con tale tenerezza di voce e di sembiante e di cuore, che parve non già un giovine, ma un angelo che parlasse dell'amore di Maria.36 - L'amino pure quanto un B. Ermanno, che la chiamava la sua sposa d'amore, mentre del nome di sposo egli fu onorato anche da Maria.37 - Quanto un S. Filippo Neri, che tanto si consolava pensando solamente a Maria, e perciò la nominava la sua delizia.38 - Quanto un S. Bonaventura, che la chiamava non solo sua signora e madre, ma per dimostrar la tenerezza dell'affetto che le portava, giungeva a chiamarla il suo cuore, l'anima sua: Ave, domina mea, mater mea; imo cor meum, anima mea.39 - L'amino ancor quanto quel grande amante di Maria, S. Bernardo, che tanto amava questa dolce madre, che la chiamava la ladra de' cuori: Raptrix cordium. onde il santo, per esprimerle l'amore


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ardente che le portava, le diceva: Nonne rapuisti cor meum?40 - La chiamino pure la loro innamorata, come la nominava un S. Bernardino da Siena, che ogni giorno l'andava a visitare in una divota immagine, per dichiararle il suo amore con teneri colloqui che tenea colla sua regina; e perciò a chi gli domandava dove andasse ogni giorno, diceva che andava a trovare la sua innamorata.41 - L'amino pure quanto un S. Luigi Gonzaga, che tanto bruciava continuamente d'amore verso Maria, che appena in sentir risonar il dolcissimo nome della sua cara Madre, subito se gli accendeva il cuore, e la fiamma gli compariva rubiconda nel volto a farsi da tutti vedere.42 - L'amino quanto un S. Francesco Solanes, che impazzito quasi - ma con santa pazzia - per amor di Maria, si metteva alle volte con istromento di suono a cantar d'amore avanti una sua immagine, dicendo che siccome fanno gli amanti del mondo, egli faceva la sua serenata alla sua diletta regina.43


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L'amino pure quanto l'hanno amata tanti suoi servi, che non sapeano più che fare per dimostrarle il loro amore. Il P. Girolamo da Trexo della Compagnia di Gesù giubilava in chiamarsi schiavo di Maria, ed in segno della sua schiavitù andava spesso a visitarla in una sua chiesa; ed ivi che faceva? in arrivare alla chiesa prima la bagnava di lagrime per la tenerezza dell'amore che si sentiva verso Maria; poi la scopava colla lingua e colla faccia, baciando mille volte quel pavimento, pensando che quella era casa della sua amata signora.44 - Il P. Diego Martinez della stessa Compagnia di Gesù, che per la sua divozione alla Madonna nelle feste di Maria era portato dagli angeli in cielo a vedere con quanto onore si celebravano, questi dicea: Vorrei avere tutti i cuori degli angeli e de' santi per amare Maria com'essi l'amano: vorrei le vite di tutti gli uomini per ispenderle tutte per amor di Maria.45 - Giungano pure altri ad amarla quanto l'amava Carlo figlio di S. Brigida, che diceva di non sapere cosa che più lo consolasse nel mondo, quanto il sapere che Maria era così amata da Dio. Ed aggiungeva che volentieri avrebbe accettato ogni pena per fare che Maria non avesse perduto, se mai l'avesse potuto perdere, un punto della sua grandezza; e che se la grandezza di Maria fosse stata sua, egli ce l'avrebbe rinunziata, per esserne ella assai di lui più degna.46 - Desiderino pure di dar la vita in protesta del loro amore a Maria, come desiderava Alfonso Rodriguez.47 - Arrivino finalmente a scolpirsi con ferri acuti sul petto l'amabil nome di Maria, come fecero un Francesco Binanzio religioso,48 ed una Radagunde


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sposa del re Clotario.49 - Arrivino pure con ferri roventi ad imprimere sulla carne l'amato nome, per farlo restare più espresso e più durevole, come fecero, spinti dall'amore, i suoi divoti Battista Archinto ed Agostino d'Espinosa, ambi della Compagnia di Gesù.50

Facciano dunque o pensino di fare quanto è possibile a farsi da un amante che pretende, quanto può, far conoscere il suo affetto alla persona amata; che non mai arriveranno gli amanti di Maria ad amarla tanto quanto ella l'ama. Scio, Domina, diceva S. Pier Damiano, quia amantissima es, et amas nos amore invincibili (Serm. I, de Nat. B. M. V.).51 So, Signora


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mia, diceva, che fra coloro che vi amano siete la più amante, ed amate noi con amore, che non si fa vincere da ogni altro amore. - Stava una volta a' piedi d'un'immagine di Maria il Ven. Alfonso Rodriguez della Compagnia di Gesù, ed ivi sentendosi ardere d'amore verso la santa Vergine, proruppe, e disse: «Madre mia amabilissima, io so che voi mi amate; ma non mi amate tanto quanto v'amo io.» Allora Maria, come offesa in punto d'amore, da quell'immagine gli rispose: «Che dici, Alfonso, che dici? Oh quanto è più grande l'amore ch'io porto a te, dell'amore che tu porti a me! Sappi, gli disse, che non vi è tanta distanza dal cielo alla terra, quanta ve n'è dall'amor mio al tuo.»52

Ha ragione dunque S. Bonaventura di esclamare: Beati quelli che han la sorte di essere fedeli servi ed amanti di quest'amantissima Madre! Beati quorum corda diligunt Mariam! beati qui ei famulantur!53 Sì, perché la gratissima regina non si fa mai vincere d'amore da' suoi divoti: Numquam in hoc certamine a nobis ipsa vincetur. Amorem redhibet, et praeterita beneficia semper novis adauget (Paciucch., de B. Virg.).54 Maria imitando in ciò il nostro amorosissimo Redentor Gesù Cristo, co' suoi benefizi e favori rende a chi l'ama duplicato il suo amore. Vestri continuo amore, esclamerò dunque anch'io coll'innamorato S. Anselmo, langueat cor meum, liquefiat anima mea (In Depr. ad V.): Arda per voi sempre il mio cuore, e tutta si consumi d'amore l'anima mia, o amato mio


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Salvatore Gesù, o cara mia madre Maria. Date itaque supplicanti animae meae, non propter meritum meum, sed propter meritum vestrum, date illi quantum digni estis amorem vestrum: Concedete pertanto, o Gesù e Maria, giacché senza la vostra grazia io non posso amarvi, concedete all'anima mia per li meriti vostri, non miei, ch'io vi ami quanto voi meritate. O amator hominum, tu potuisti reos tuos usque ad mortem amare, et poteris roganti amorem tui et matris tuae negare?55 O Dio innamorato degli uomini, voi avete potuto morire per li vostri nemici, e potrete a chi ve la domanda, negare la grazia di amar voi e la madre vostra?

Esempio.

Si narra appresso il padre Auriemma (Affetti scamb., tom. 2, cap. 7) che una povera pastorella, che guardava gli armenti, amava tanto Maria, che tutta la sua delizia era andarsene in una cappelletta di nostra Signora, che stava nella montagna, ed ivi ritirarsi, mentre pascevano le pecorelle, a parlare ed a fare onori alla sua cara Madre. Vedendo che quell'immaginetta di Maria, ch'era di rilievo, stava disadorna, si pose colle povere fatiche delle sue mani a farle un manto. Un giorno avendo raccolti dal campo alcuni fiori, ne compose una ghirlanda, e poi salita sull'altare di quella cappelletta, la pose in testa all'immagine, dicendo: Madre mia, io vorrei porvi sulla fronte una corona d'oro e di gemme; ma perché son povera, ricevete da me questa povera corona di fiori, e accettatela in segno dell'amor che vi porto. Così e con altri ossequi procurava sempre questa divota verginella di servire ed onorare la sua amata Signora.

Ma vediamo ora come la buona Madre all'incontro rimunerò le visite e l'affetto di questa sua figlia.

Cadde ella inferma e si ridusse vicino a morte. Avvenne che due religiosi, passando per quelle contrade, stracchi dal viaggio,


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si posero a riposare sotto d'un albero: l'uno dormiva, l'altro vegliava; ma ebbero la stessa visione. Videro una compagnia di donzelle bellissime, e fra queste ve n'era una che in bellezza e maestà superava tutte. A questa dimandò un di loro: Signora, chi siete voi? Io, rispose, sono la Madre di Dio, che con queste sante vergini andiamo a visitare nella vicina villa una pastorella moribonda, la quale tante volte ha visitato me. Così disse, e sparvero. Dopo ciò dissero tutti due quei buoni servi di Dio: Andiamo a vederla ancor noi. Si avviarono, e trovando già la casa dove stava la vergine moribonda, entrarono in un piccolo tugurio, ed ivi sopra un poco di paglia la trovarono giacendo. La salutarono; ed ella disse loro: Fratelli, pregate Dio, che vi faccia vedere la compagnia che m'assiste. S'inginocchiarono subito, e videro Maria che stava accanto alla moribonda con una corona in mano e la consolava. Ecco quelle sante vergini cominciano a cantare, e a quel dolce canto si scioglie dal corpo quell'anima benedetta. Maria le pone in testa la corona, e prendendosi l'anima, se la porta seco nel paradiso.56


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Preghiera.

O Domina, quae rapis corda,57 vi dirò con S. Bonaventura: O Signora, che coll'amore e i favori che dimostrate a' vostri servi, rapite loro i cuori, rapitevi ancora il mio cuore miserabile, che desidera d'amarvi assai. Voi, madre mia, colla vostra bellezza avete innamorato un Dio, e l'avete tirato dal cielo nel vostro seno; ed io viverò senza amarvi? No, vi dico con quell'altro vostro amante figlio Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Numquam quiescam, donec habuero tenerum amorem erga matrem meam Mariam:58 Io non mai voglio quietarmi, sintanto che non sarò certo di aver ottenuto l'amore, ma un amore costante e tenero, verso di voi, madre mia, che con tanta tenerezza mi avete amato, ancora quando io v'era così ingrato. E che sarebbe ora di me, se voi, o Maria, non mi aveste amato ed impetrate tante misericordie? Se dunque voi mi avete tanto amato, quando io non vi amava, quanto più debbo sperare dalla vostra bontà, ora che v'amo?


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Io v'amo, o madre mia, e vorrei un cuore che vi amasse per tutti quegli infelici che non vi amano. Vorrei una lingua che valesse a lodarvi per mille lingue, affin di far conoscere a tutti la vostra grandezza, la vostra santità, la vostra misericordia, e l'amore con cui amate coloro che v'amano. Se avessi ricchezze, vorrei tutte impiegarle a vostro onore. Se avessi sudditi, vorrei renderli tutti vostri amanti. Vorrei in fine per voi e per la gloria vostra spender anche la vita, se bisognasse.

V'amo dunque, o madre mia, ma nello stesso tempo temo che non v'amo: poiché sento dire che l'amore fa simili gli amanti alle persone amate: Amor aut similes invenit, aut facit (Aristot.).59 Dunque se io mi vedo così a voi dissomigliante è segno che non v'amo. Voi così pura, io così sozzo! Voi così umile, io così superbo! Voi così santa, io così iniquo! Ma questo è quello che avete da far voi, o Maria: giacché mi amate, rendetemi simile a voi. Voi già avete tutta la potenza di mutare i cuori; prendetevi dunque il mio, e mutatelo. Fate vedere al mondo quel che potete a favor di coloro che voi amate. Fatemi santo, fatemi degno vostro figlio. Così spero, così sia.


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