lunedì 1 novembre 2021

L'AMORE DEI SANTI PER LA DIVINA VERGINE MARIA MADRE DI DIO E MADRE NOSTRA

Maria negli scritti di Sant’Ildefonso di Toledo

virgenmariaportada

Di P. Félix López, S.H.M.

Ildefonso nacque a Toledo, Spagna, nell’anno 607, da una famiglia della nobiltà visigota. Era nipote di Sant’Eugenio, vescovo della stessa città, che si fece carico inizialmente della sua formazione. Fu ordinato diacono da Sant’Eladio e, più tardi, fu eletto abate del vicino monastero di Agali.

Sant’Ildefonso, impiegando i suoi beni, fondò il convento cosiddetto “Deibiense” per religiose. Partecipò ai Concili di Toledo degli anni 653 e 655. Nel 657 fu designato arcivescovo di Toledo, sede che governò con rettitudine, sapienza e santo timore di Dio fino alla sua morte, il 23 gennaio 667.

Considerato una delle più grandi glorie della Chiesa cattolica spagnola, è onorato come Dottore della Chiesa. Alcuni autori ritengono che abbia scritto la sua opera “De virginitate perpetua Sanctae Mariae adversus tres Infideles” , prima di essere vescovo. In essa si impegnò a combattere le eresie che attentavano alla perpetua Verginità di Maria, diventando così difensore del dogma.

Il libro consta di tre parti: difesa della verginità di Maria durante il parto, contro Gioviniano; difesa della verginità di Maria durante il parto e dopo il parto, contro Elvidio; proclamazione di tutte le grandezze di Maria, insieme alla Sua perfetta verginità, contro un ebreo. Questi sono i tre infedeli contro i quali indirizza il suo trattato. Quest’opera è considerata il monumento mariano più importante della letteratura patristica ibérica .

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Nel Concilio Romano del 649, Papa Martino I aveva lanciato un anatema contro quanti negassero che Maria concepì verginalmente il Verbo, lo diede alla luce verginalmente e rimase vergine dopo il parto. Probabilmente in Spagna erano rimasti resti dell’aria-nesimo, dal momento che re Recaredo solo nel 589 aveva abiurato dall’arianesimo e fatto la professione della fede cattolica nella Trinità. Ario negava la divinità di Cristo e, pertanto, ne rimaneva leso il titolo mariano di Madre di Dio. Sant’Ildefonso proclama tutti i privilegi mariani, difendendo specialmente la Sua Verginità perpetua come segno della divinità di Cristo: solo Dio poteva essere concepito verginalmente e nascere verginalmente. Bisogna sottolineare che Ildefonso non si riferì mai alla Signora chiamandoLa Maria, ma la denominò sempre la Vergine, e, ancor più spesso, la nostra Vergine.

Vediamo alcune delle invettive che il santo vescovo di Toledo indirizza a Gioviniano: «Non ti permetto di addurre che la purezza della nostra Vergine fu macchiata durante il parto, di separare l’integrità dalla maternità; non consento che tu rompa il sigillo della verginità nell’orto da cui nasce, non tollero che privi la Vergine dell’ufficio di Madre o che sottragga alla Madre la pienezza della gloria verginale». Allo stesso modo, afferma: «Vergine prima dell’arrivo del Figlio, vergine dopo aver generato il Figlio, vergine dopo la nascita del Figlio».

A Elvidio disse: «Non sopporto che tu miri ad offendere la proprietà di Dio, che danneggi con opinioni dispregiative la dimora della divinità, né che affermi che una persona qualsiasi possa accostarsi alla porta della Casa di Dio, che fu chiusa alla Sua uscita... Si uniscono l’onore della Madre e della Vergine, il pudore della Vergine e della Madre, la verginità nella Madre che genera e il potere di generare alla Vergine, tutto questo in una stessa persona».

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La notte del 18 dicembre 665 il suo amore per la Vergine fu, senz’ombra di dubbio, corrisposto: ebbe una visione della Madonna nella cappella in cui alcuni chierici Le stavano innalzando degli inni. Nostra Madre si presentò seduta sulla cattedra vescovile e circondata da altre vergini. Dopo avergli fatto un cenno affinché si avvicinasse, rivolse su di lui il Suo sguardo e gli disse: «Tu sei il mio cappellano e notaio fedele. Ricevi questa casula che Mio Figlio ti manda dalla Sua tesoreria». In seguito, la Santissima Vergine lo investì della casula dandogli istruzioni di usarla solamente nei giorni festivi in Suo onore.

Quest’apparizione e la preziosa casula con cui la Vergine lo ossequiò furono prove sufficienti affinché il Concilio di Toledo fissasse una festa speciale per onorarne la memoria. Nonostante sia andata persa la casula originale, nella Cattedrale di Toledo, nella cappella della Discesa, si può ancora venerare la pietra sulla quale la Santissima Vergine posò i piedi quando apparve al nostro celebre vescovo.

Sant’Ildefonso è stato anche il precursore della schiavitù mariana: alcuni dei suoi testi, di grande bellezza e profondità spirituale, esprimono il desiderio del santo di vivere come schiavo di Maria: «Con quanta sollecitudine desidero farmi schiavo di questa Signora, quanto fedelmente mi diletto con il giogo di questa schiavitù, quanto pienamente anelo obbedire ai Suoi ordini, quanto ardentemente desidero non vedermi libero dal Suo dominio, quanto avidamente anelo non vedermi mai lontano dal servirLa». Alcuni secoli dopo, San Luigi Maria Grignion de Montfort e San Massimiliano Maria Kolbe avrebbero fatto conoscere, in modo più esteso, la pratica della schiavitù mariana, nata dal cuore innamorato del santo vescovo toledano. Concludiamo con una meravigliosa preghiera di Sant’Ildefonso: «Ti prego, ti prego, o Vergine santa, che io abbia Gesù da quello Spirito dal quale Tu stessa hai generato Gesù. Riceva l’anima mia Gesù per opera di quello Spirito per il quale la Tua carne ha concepito lo stesso Gesù. Che io ami Gesù in quello stesso Spirito nel quale Tu lo adori come Signore e Lo contempli come Figlio» .

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Sant'Ildefonso da Toledo

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Sant'Ildefonso di Toledo
Presbitero
Santo

El Greco 032.jpg

El GrecoSant'Ildefonso da Toledo (1609), olio su tela; MadridMonastero dell'Escorial
Età alla morte60 anni
NascitaToledo
607
MorteToledo
4 aprile 667
Ordinazione presbiteraleToledo657
Ruoli ricopertiVescovo di Toledo
Venerato daChiesa cattolica e Chiesa ortodossa
Ricorrenza23 gennaio
Patrono dicittà e provincia di Toledo
Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano23 gennaion. 5:
«Toledo in Spagna, sant'Ildefonso, vescovo, che, monaco e priore di un cenobio, fu eletto all'episcopato, scrisse numerosi libri con stile assai raffinato, compose celebri preghiere liturgiche e venerò con mirabile zelo e devozione la beata e sempre Vergine Maria Madre di Dio. »

Sant'Ildefonso di Toledo (Toledo607; † Toledo4 aprile 667) è stato un vescovo e scrittore spagnolo. Fu arcivescovo di Toledo dal 657 sino alla morte; i suoi scritti sono stati pubblicati all'interno della Patrologia Latina. È venerato come santo anche dalla Chiesa ortodossa.

Vita

Nacque nel 607, sotto il regno visigoto di Viterico a Toledo, allora capitale del regno, la sua famiglia era già potente durante l'impero romano, nipote del vescovo Sant'Eugenio III di Toledo[1] che fu suo maestro. Per lo stile dei suoi scritti e per i giudizi emessi nel suo De viris illustribus sui personaggi che menziona, si deduce che ricevette una brillante formazione letteraria.

Dai suoi scritti apprendiamo che fu ordinato diacono (circa 632-633) dal vescovo Eladio[2]. Dall'Elogium, apprendiamo che ancora giovinetto entrò nel monastero agaliense dei santi Cosma e Damiano presso Toledo, contro la volontà dei genitori.

Ildefonso fu molto attaccato a questo monastero, come egli stesso ricorda parlando di Eladio e come si deduce dal De vir. ill. con cui intende esaltare la sede toledana e forse mostrare il ruolo privilegiato che attribuiva al monastero agaliense.

Già monaco fondò un convento di religiose dotandolo con i beni che ereditò e in data sconosciuta, probabilmente attorno al 650, fu eletto abate. Partecipò a tre concili toledani, quello del 646, 653 e 655, dove si firma come abate ma non figura tra i partecipanti in quello tenutosi nel 656.

Morto il vescovo Eugenio III, su forti pressioni da parte della corte visigota, fu eletto vescovo di Toledo nell'anno 657. Nella sua opera si trovano pagine angosciate, redatte nel periodo del suo episcopato, dove parla degli scandali a opera di certi cristiani influenti e falsi, sui conflitti duri con il re, che pure lo stima; e su tanti ecclesiastici troppo indaffarati in affari di Stato. Vi si legge anche il rammarico perché la sua nuova attività gli lascia poco tempo per la usuale attività letteraria e di maestro. Morì il 23 gennaio 667 e fu sepolto nella chiesa dedicata a santa Leocadia di Toledo. Durante l'invasione araba il corpo venne traslato a Zamora, in Castiglia.

Opere

La sua opera letteraria è descritta nel Beati Ildephonsi Elogium di San Giuliano di Toledo, suo contemporaneo e secondo successore sulla cattedra toledana, scritta come appendice[3] al De viris illustribus.

Di quelle recensite dall'Elogium si conservano:

  • De virginitate S. Mariae contra tres infideles ("Sopra la verginità perpetua di Santa Maria contro tre infedeli"). È l'opera più famosa, di stile molto sorvegliato e piena di entusiasmo e devozione mariana. I tre eretici a cui si riferisce sono Gioviniano ed Elvidio, confutati già da san Girolamo e un ebreo anonimo. Questo fa pensare che voglia confutare qualcuno del suo tempo, che, per influenza ebraica, ripeteva gli stessi errori. Consta di un'orazione iniziale e di 12 capitoli. Nel primo, difende contro Gioviniano la verginità di Maria nel concepimento e nel parto; nel secondo, sostiene contro Elvidio che Maria fu sempre vergine; a partire dal terzo, mostra che Gesù Cristo è Dio e l'integrità perpetua di Maria. La sua teologia deriva strettamente da sant'Agostino e sant'Isidoro e costituisce il punto di arrivo della teologia mariana in Spagna. Fu tradotto dall'arciprete di Talavera.
  • Commentario sopra la conoscenza del battesimo (come recensice san Giuliano) o Annotazioni sopra la conoscenza del battesimo (Liber de cognitione baptismi unus), scoperto da E. Baluze e pubblicato nel libro VI della sua Miscelánea (Parigi 1738). È di sommo interesse per la storia del battesimo in Spagna. Scritto con finalità pastorale, espone al popolo semplice la dottrina della Tradizione circa questo sacramento. Diviso in 142 capitoli, nei primi 13 tratta della creazione dell'uomo e del peccato originale; nei capitoli 14-16, del battesimo di Giovanni e del battesimo di Cristo, affermando che solo il secondo perdona i peccati; nei capitoli 17-35, espone come si deve ricevere il battesimo e spiega le cerimonie; nei capitoli 36-95, spiega il Credo, che si deve imparare a memoria (è un prezioso documento per lo studio della storia del Simbolo in Spagna); nei capitoli 96-131, torna sui riti battesimali; nei capitoli 131-137, spiega il Padre nostro; nei capitoli 138-140 tratta dell'Eucaristia e nei capitoli 141-142 spiega la liturgia del lunedì e del martedì di Pasqua come coronazione dei riti dell'iniziazione cristiana. Le fonti principali sono: le Enarrationes in psalmos di sant'Agostino, i Moralia di san Gregorio Magno e le Etimologie di sant'Isidoro.
  • Sopra il progresso del deserto spirituale (De progressu spiritualis deserti), prolungamento dell'opera precedente. Dopo il battesimo, simboleggiato dal passaggio del mar Rosso, l'anima cammina per il Vangelo, come gli israeliti per il deserto. Utilizza eccessivamente l'allegoria.
  • Sopra gli uomini illustri (De viris illustribus), continuazione dell'omonima opera di sant'Isidoro. A differenza di quegli, enumera non solo scrittori, ma anche ecclesiastici illustri per la loro santità o doti di governo. Dei 13 personaggi che sono ritratti, 7 sono toledani. Tuttavia, autori dell'importanza di Braulio di Saragozza o Isidoro di Siviglia, sono appena tratteggiati. Nello stile e nelle notizie dipende da san Girolamo, da Gennadio e da sant'Isidoro. Sebbene quest'opera non sia recensita nell'Elogium, ma è ritenuta autentica.
  • Infine, si conservano due Lettere indirizzate a Quirico di Barcellona. Non si conservano le opere seguenti: Liber prosopopeiae imbecillitatis propriaeOpusculum de proprietate personarum Patris et Filii et Spiritus SanctiOpusculum adnotationum actionis propriaeOpusculum adnotationum in sacris. L'Elogium parla di Messe composte da Ildefonso, inni e sermoni; la tradizione manoscritta gliene attribuisce alcuni, che la maggior parte dei critici ritiene apocrifi.

Per la sua devozione mariana, Ildefonso fu chiamato il "Cappellano della Vergine" nella commedia che, con questo stesso titolo, scrisse Lope de Vega.


AVE MARIA PURISSIMA!

Rafforziamo la nostra FEDE

 





AMDG et DVM

LE 7 SANTE MESSE GREGORIANE: Domine, ne longe, / Nos autem gloriari / In nomine Domini, / Nos autem gloriari, / Requiem aeternam. / Resurrexi, / Gaudeamos,

 


IL GRANDE SALTERIO E 

LE SETTE MESSE GREGORIANE

Tratto da: (Le rivelazione di Santa Geltrude, Libro V, Capitoli 18 e 19)

CAPITOLO XVIII. 

DELL'EFFETTO DEL GRANDE SALTERIO

Mentre la Comunità recitava il salterio, che è soccorso potente alle anime purganti, Geltrude che pregava fervorosamente perchè doveva comunicarsi; chiese al Salvatore per quale motivo il salterio era così vantaggioso alle anime dei purgatorio e gradito a Dio. Le sembrava che tutti quei versetti e orazioni annesse, dovessero generare noia più che divozione.

Rispose Gesù: « L'ardente amore che ho per la salvezza delle anime, fa sì che io dia tanta efficacia a questa preghiera. Sono come un re che tiene chiusi in prigione alcuni suoi amici, ai quali darebbe volentieri la libertà, se la giustizia lo permettesse; avendo in cuore tale eccelsa brama, si capisce come accetterebbe volentieri il riscatto offertogli dall'ultimo dei suoi soldati. Così io gradisco assai quanto mi è offerto per la liberazione di anime che ho riscattate col mio sangue, per saldare i loro debiti e condurli alle gioie a loro preparate da tutta l'eternità. Geltrude insistette: « Ti torna dunque gradito l'impegno che s'impongono coloro che recitano il salterio? ». Egli rispose: « Certamente. Ogni volta che un'anima è liberata da tale preghiera, si acquista un merito come se avessero liberato Me dalla prigione. A tempo debito, ricompenserò i miei liberatori, secondo l'abbondanza delle mie ricchezze ». La Santa chiese ancora: « Vorresti dirmi, caro Signore, quante anime accordi a ciascuna persona che recita l'ufficio? » e Gesù: « Tante quante ne merita il loro amore » Poi continuò: «La mia infinita bontà mi porta a liberare un numero grande di anime; per ciascun versetto di questi salmi libererò tre anime ». Allora Geltrude che, per la sua estrema debolezza non aveva potuto recitare il salterio, eccitata dall'effusione della divina bontà, si sentì in dovere di recitarlo col più grande fervore. Quand'ebbe terminato un versetto, domandò, al Signore quante anime la sua infinita misericordia avrebbe liberato. Egli rispose: « Sono così soggiogato dalle preghiere di un'anima amante, che sono pronto a liberare ad ogni movimento della sua lingua, durante il salterio, una moltitudine sterminata di anime ».

Lode eterna ne sia a Te, dolcissimo Gesù!

 

CAPITOLO XIX. 

SI NARRA DI UN'ANIMA SOCCORSA PER LA RECITA DEL SALTERIO

Un'altra volta che Geltrude pregava per i defunti, scorse l'anìma di un cavaliere, morto circa quattordici anni prima, sotto la forma di una bestia mostruosa, dal cui corpo si rizzavano tante corna quanti peli hanno ordinariamente gli animali. Quella bestia sembrava sospesa sulla gola dell'inferno, sostenuta solo dalla parte sinistra da un pezzo di legno. L'inferno le vomitava contro vortici di fumo, cioè ogni sorta di sofferenze e di pene che le cagionavano tormenti indicibili; essa non riceveva alcun sollievo dai suffragi della Santa Chiesa.

Geltrude, stupita per la strana forma di quella bestia, comprese alla luce di Dio, che, durante la vita, quell'uomo si era mostrato ambizioso e pieno di orgoglio. Perciò i suoi peccati avevano prodotto delle corna talmente dure che gli impedivano di ricevere alcun refrigerio, finchè fosse rimasto sotto quella pelle di bestia.

Il piolo che lo sosteneva, impedendogli di cadere nell'inferno, designava qualche raro atto di buona volontà, che aveva avuto durante la vita; era la sola cosa che, con l'aiuto della divina misericordia, gli aveva impedito di piombare nel baratro infernale.

Geltrude, per divina bontà, sentì una grande compassione di quell'anima, e offerse a Dio in suo suffragio, la recita del Salterio. Subito la pelle di bestia scomparve e l'anima apparve sotto la forma di bambinello, ma tutto coperto di macchie. Geltrude insistette nella supplica, e quell'anima venne trasportata in una casa ove molte altre anime erano già riunite. Là ella mostrò tanta gioia come se, sfuggita al fuoco dell'inferno, fosse stata ammessa in paradiso. Allora aveva capito che i suffragi di S. Chiesa potevano beneficarla, privilegio di cui era stata priva dal momento della morte fino quando Geltrude l'aveva liberata da quella pelle di bestia, conducendola in quel luogo.

Le anime che ivi si trovavano la ricevettero con bontà e le fecero posto fra loro.

Geltrude, con uno slancio del cuore, chiese a Gesù di ricompensare l'amabilità di quelle anime verso l'infelice cavaliere. Il Signore, commosso, la esaudì e le trasferì tutte in un luogo di refrigerio e di delizie.

Geltrude interrogò nuovamente lo Sposo divino: « Quale frutto, o amato Gesù, ritrarrà il nostro Monastero dalla recita del Salterio? ». Egli, rispose: « Il frutto di cui la S. Scrittura dice: « Oratia tua in sinum tuum convertetur La tua preghiera ritornerà nel tuo seno » (Sal. XXXIV, 13). Di più la mia divina tenerezza, per ricompensare la carità che vi spinge a soccorrere i miei fedeli per farmi piacere, aggiungerà questo vantaggio: in tutti i luoghi del mondo, ove si reciterà d'ora in avanti il Salterio, ciascuna di voi riceverà tante grazie, come se fosse recitato solo per lei ».

Un'altra, volta ella disse al Signore: « O Padre delle misericordie, se alcuno, mosso dal tuo amore, volesse glorificarti, recitando il Salterio in suffragio dei defunti, ma, non potesse poi ottenere il numero voluto di elemosine e di Messe, cosa potrebbe offrirti per farti piacere? ». Rispose Gesù: « Per supplire al numero delle Messe dovrà ricevere altrettante volte il Sacramento del mio Corpo, e al posto di ogni elemosina dica un Pater con la Colletta: «Deus, cui proprium est etc., per la conversione dei peccatori, aggiungendo ogni volta un atto di carità». Geltrude aggiunse ancora, in tutta confidenza: « Vorrei pur sapere, o dolce mio Signore, se tu accorderai il sollievo e la liberazione alle anime purganti anche quando invece del Salterio, si recitasse qualche breve preghiera ». Egli rispose: « Gradirò queste preghiere come ii Salterio, però con alcune condizioni. A ciascun versetto del Salterio si dica questa preghiera: « Io ti saluto, Gesù Cristo, splendore del Padre»; domandando prima perdono dei peccati con la preghiera « In unione di quella lode supreme ecc. ». In unione poi all'amore che per la salvezza del mondo mi ha fatto prendere umana carne, si diranno le parole della suddetta, preghiera, che parla della mia vita mortale. In seguito bisogna porsi in ginocchio, unendosi all'amore che mi ha condotto a lasciarmi giudicare e condannare a morte, Io, che sono il Creatore dell'universo, per la salvezza di tutti, e si reciterà la parte che riguarda la mia Passione; In piedi si diranno le parole che salutano la mia Risurrezione e Ascensione, lodandomi in unione alla confidenza che mi ha fatto vincere la morte, risuscitare a salire al cielo, per porre la natura umana a destra del Padre. Poi, supplicando ancora il perdono, si reciterà l'antifona Salvator mundi, in unione alla gratitudine dei Santi i quali confessano che la mia Incarnazione, Passione, Risurrezione sono le cause della loro beatitudine. Come ti dissi bisognerà comunicarsi tante volte quante sono le Messe che il Salterio esige. Per supplire alle elemosine si dirà un Pater con la preghiera Deus cui proprium est, aggiungendo un'opera di carità. Ti ripeto che tali preghiere valgono, al mio sguardo l'intero Salterio».

SPIEGAZIONE DEL GRANDE SALTERIO E 

DELLE SETTE MESSE GREGORIANE

Il lettore sentendo nominarsi il Salterio potrebbe domandare, cos'è e come si recita. Ecco il modo di recitarlo secondo le direttive di S. Geltrude.

Iniziando, dopo d'aver chiesto perdono dei peccati, dite: « In unione a quella lode suprema con la quale la gloriosissima Trinità loda se stessa, lode che scorre poi sulla tua benedetta Umanità, dolcissimo Salvatore, e di là sulla tua gloriosissima Madre, sugli Angeli, sui Santi, per ritornare poi nell'oceano della tua Divinità, ti offro questo Salterio per tuo onore e gloria. Ti adoro, ti saluto, ti ringrazio in nome dell'universo intero per l'amore con cui ti sei degnato farti uomo, nascere e soffrire per noi durante trentatrè anni, patendo fame, sete, fatiche, strazi, oltraggi e restare poi infine, per sempre, nel SS. Sacramento. Ti supplico di unire, ai meriti della tua santissima vita la recita di questo ufficio che ti offro per... (nominare le persone vive o morte per le quali intendiamo pregare). Ti domando il supplire coi tuoi divini tesori a quanto esse hanno trascurato nella lode, nel ringraziamento e nell'amore che ti sono dovuti, cosa pure nella preghiera e nella pratica della carità, o di altre virtù, infine alle imperfezioni e alle omissioni delle loro opere».

Secondariamente dopo d'avere rinnovato la contrizione dei peccati, bisogna porsi in ginocchio e dire: « Ti adoro, ti saluto, ti benedico, ti ringrazio, dolcissimo Gesù, per quell'amore col quale ti sei degnato di essere preso, legato, trascinato, calpestato, colpito, sputacchiato, flagellato, coronato chi spine, immolato col supplizio più atroce e trafitto da una lancia. In unione di tale amore ti offro le mie indegne preghiere, scongiurandoti, per i meriti della tua santa Passione e morte, di cancellare completamente le colpe commesse in pensieri, parole e azioni dalle anime per le quali ti prego. Ti domando anche di offrire a Dio Padre tutte le pene e dolori del tuo Corpo affranto, e dell'anima tua abbeverata di amarezza, tutti i meriti che tu hai acquistato sia per l'uno come per l'altra, e tutto presentare al sommo Iddio per la remissione della pena che la tua giustizia deve fare subire a quelle anime».

Terzo, stando in piedi direte direttamente: «Ti adoro, ti saluto, ti benedico, ti ringrazio, dolcissimo Signore Gesù Cristo, per l'amore e la confidenza con cui, avendo vinto la morte, hai glorificato il tuo Corpo con la Risurrezione, ponendolo alla destra del Padre. Ti scongiuro di rendere partecipe della tua vittoria e della tua gloria le anime per le quali prego».

Quarto, implora perdono dicendo: « Salvatore del mondo, salvaci tutti, Santa Madre di Dio, Maria sempre Vergine, prega per noi. Noi ti supplichiamo affinchè le preghiere dei santi Apostoli, Martiri, Confessori e delle Sante Vergini ci liberino dal male, e ci accordino di gustare tutti i beni, ora e per sempre. Ti adoro, ti saluto, ti benedico, ti ringrazio, dolcissimo Gesù, per tutti i benefici che hai accordati alla tua gloriosa Madre e a tutti gli eletti, in unione di quella riconoscenza con la quale i Santi si rallegrano di avere raggiunto la beatitudine eterna per mezzo della tua Incarnazione, Passione, Redenzione. Ti scongiuro di supplire a quanto manca a queste anime coi meriti della beata Vergine e dei Santi ».

Quinto, recita divotamente e con ordine i centocinquanta salmi, aggiungendo dopo ciascun versetto del salterio questa preghierina: « Io ti saluto, Gesù Cristo, splendore del Padre, principe della pace, porta del cielo; pane vivente, figlio della Vergine, tabernacolo della Divinità ». Alla fine di ciascun salmo dite in ginocchio Requiem aeternam etc. Poi ascolterete piamente o farete celebrare centocinquanta, o cinquanta, o almeno trenta S. Messe. Se non potete farle celebrare vi comunicherete lo stesso numero di volte. Poi farete centocinquanta elemosine oppure vi supplirete con lo stesso numero di Pater seguiti dalla preghiera: « Deus cui proprium est etc. Dio di cui è proprio etc. (preghiera che segue le Litanie dei Santi), per la conversione dei peccatori, e compirete centocinquanta atti di carità. Per atti di carità s'intende il bene fatto al prossimo per amore di Dio: elemosine, buoni consigli, delicati servigi, ferventi preghiere. Questo è il grande Salterio la cui efficacia venne esposta più sopra (cap. XVIII e XIX).

 

Ci pare che non sia fuor di proposito parlare qui delle sette Messe 

che, secondo un'antica tradizione, vennero rivelate al Papa S. Gregorio. Esse hanno una grande efficacia per liberare le anime purganti, perchè si appoggiano ai meriti di Gesù Cristo, che saldano i loro debiti.

In ogni S. Messa bisogna accendere, se possibile, sette candele in onore della Passione e, durante sette giorni, recitare quindici Pater od Ave Maria, fare sette elemosine e recitare un Notturno dell'Ufficio dei defunti. 

La prima Messa è: Domine, ne longe, con la recita della Passione, come nella domenica delle Palme. Bisogna pregare il Signore perché si degni, Lui che si è volontariamente abbandonato nelle mani dei peccatori, liberare l'anima dalla prigionia ch'ella subisce per le sue colpe, 

La Seconda Messa è: Nos autem gloriari con la recita della Passione, come nella terza feria dopo le Palme. Si prega Gesù affinchè, per l'ingiusta condanna a morte, liberi l'anima dalla giusta condanna meritata per le sue colpe. 

La terza Messa: In nomine Domini, col canto della Passione, come nella quarta feria dopo le Palme. Bisogna chiedere al Signore, per la sua Crocifissione e dolorosa sospensione allo strumento del suo supplizio, di liberare l'anima dalle pene a cui si è ella stessa condannata. 

La quarta Messa è: Non autem gloriari, con la Passione Egressus Jesus, come al Venerdì Santo. Si domanda al Signore, per la sua amarissima morte e per la trafittura del suo Costato, di guarire l'anima dalle ferite del peccato, e delle pene che ne sono la conseguenza. 

La quinta Messa è: Requiem aeternam. Si domanda al Signore che, per la sepoltura che ha voluto subire, Lui, il Creatore del cielo e della terra, ritragga l'anima dall'abisso dove l'hanno fatta cadere i suoi peccati. 

La sesta Messa è: Resurrexi, affinchè il Signore per la gloria della sua gioiosa risurrezione, degni purificare l'anima da ogni macchia di peccato e renderla partecipe della sua gloria. 

La settima Messa infine è: Gaudeamos, come nel giorno dell'Assunzione. Si prega il Signore e si domanda alla Madre delle misericordie, per i suoi meriti e le sue preghiere, in nome delle gioie che ricevette nel giorno del suo trionfo, che l'anima, sciolta da ogni legame, voli allo Sposo celeste. Se compirete queste opere per altre persone in occasione della loro morte, la vostra preghiera vi sarà ridonata con doppio merito. Se poi la praticate per voi, mentre siete in vita, sarà molto meglio che attenderle da altri, dopo morte. Il Signore, che è fedele e cerca l'occasione di farci del bene, custodirà Lui stesso quelle preghiere e ve le restituirà a tempo debito « per le viscere della misericordia del nostro Dio, con le quali è venuto a visitarci dall'alto questo sole levante» (Luc. I, 78).

 

CAPITOLO XX . 

COME SI ACCRESCE IL MERITO OFFERTO

Geltrude un giorno offerse a Dio, per l'anima di un defunto, tutto il bene che la bontà del Signore aveva compiuto in lei e per lei. Vide allora questo bene presentato davanti al trono della divina Maestà, sotto la forma di un magnifico dono che sembrava rallegrare Dio ed i suoi Santi.

Il Signore ricevette volontieri quel dono e parve felice di distribuirlo a coloro che erano nel bisogno, e che nulla avevano da loro stessi meritato. Geltrude vide poi che il Signore aggiungeva, nella sua infinita liberalità, qualche cosa alle sue opere buone, affine di restituirgliele poi aumentate, per il decoro della sua eterna ricompensa. Comprese allora che, lungi dal perdere qualche cosa, l'uomo guadagna assai a soccorrere gli altri, con senso di generosa carità.


AMDG et DVM