Maria negli scritti di Sant’Ildefonso di Toledo
Di P. Félix López, S.H.M.
Ildefonso nacque a Toledo, Spagna, nell’anno 607, da una famiglia della nobiltà visigota. Era nipote di Sant’Eugenio, vescovo della stessa città, che si fece carico inizialmente della sua formazione. Fu ordinato diacono da Sant’Eladio e, più tardi, fu eletto abate del vicino monastero di Agali.
Sant’Ildefonso, impiegando i suoi beni, fondò il convento cosiddetto “Deibiense” per religiose. Partecipò ai Concili di Toledo degli anni 653 e 655. Nel 657 fu designato arcivescovo di Toledo, sede che governò con rettitudine, sapienza e santo timore di Dio fino alla sua morte, il 23 gennaio 667.
Considerato una delle più grandi glorie della Chiesa cattolica spagnola, è onorato come Dottore della Chiesa. Alcuni autori ritengono che abbia scritto la sua opera “De virginitate perpetua Sanctae Mariae adversus tres Infideles” , prima di essere vescovo. In essa si impegnò a combattere le eresie che attentavano alla perpetua Verginità di Maria, diventando così difensore del dogma.
Il libro consta di tre parti: difesa della verginità di Maria durante il parto, contro Gioviniano; difesa della verginità di Maria durante il parto e dopo il parto, contro Elvidio; proclamazione di tutte le grandezze di Maria, insieme alla Sua perfetta verginità, contro un ebreo. Questi sono i tre infedeli contro i quali indirizza il suo trattato. Quest’opera è considerata il monumento mariano più importante della letteratura patristica ibérica .
Nel Concilio Romano del 649, Papa Martino I aveva lanciato un anatema contro quanti negassero che Maria concepì verginalmente il Verbo, lo diede alla luce verginalmente e rimase vergine dopo il parto. Probabilmente in Spagna erano rimasti resti dell’aria-nesimo, dal momento che re Recaredo solo nel 589 aveva abiurato dall’arianesimo e fatto la professione della fede cattolica nella Trinità. Ario negava la divinità di Cristo e, pertanto, ne rimaneva leso il titolo mariano di Madre di Dio. Sant’Ildefonso proclama tutti i privilegi mariani, difendendo specialmente la Sua Verginità perpetua come segno della divinità di Cristo: solo Dio poteva essere concepito verginalmente e nascere verginalmente. Bisogna sottolineare che Ildefonso non si riferì mai alla Signora chiamandoLa Maria, ma la denominò sempre la Vergine, e, ancor più spesso, la nostra Vergine.
Vediamo alcune delle invettive che il santo vescovo di Toledo indirizza a Gioviniano: «Non ti permetto di addurre che la purezza della nostra Vergine fu macchiata durante il parto, di separare l’integrità dalla maternità; non consento che tu rompa il sigillo della verginità nell’orto da cui nasce, non tollero che privi la Vergine dell’ufficio di Madre o che sottragga alla Madre la pienezza della gloria verginale». Allo stesso modo, afferma: «Vergine prima dell’arrivo del Figlio, vergine dopo aver generato il Figlio, vergine dopo la nascita del Figlio».
A Elvidio disse: «Non sopporto che tu miri ad offendere la proprietà di Dio, che danneggi con opinioni dispregiative la dimora della divinità, né che affermi che una persona qualsiasi possa accostarsi alla porta della Casa di Dio, che fu chiusa alla Sua uscita... Si uniscono l’onore della Madre e della Vergine, il pudore della Vergine e della Madre, la verginità nella Madre che genera e il potere di generare alla Vergine, tutto questo in una stessa persona».
La notte del 18 dicembre 665 il suo amore per la Vergine fu, senz’ombra di dubbio, corrisposto: ebbe una visione della Madonna nella cappella in cui alcuni chierici Le stavano innalzando degli inni. Nostra Madre si presentò seduta sulla cattedra vescovile e circondata da altre vergini. Dopo avergli fatto un cenno affinché si avvicinasse, rivolse su di lui il Suo sguardo e gli disse: «Tu sei il mio cappellano e notaio fedele. Ricevi questa casula che Mio Figlio ti manda dalla Sua tesoreria». In seguito, la Santissima Vergine lo investì della casula dandogli istruzioni di usarla solamente nei giorni festivi in Suo onore.
Quest’apparizione e la preziosa casula con cui la Vergine lo ossequiò furono prove sufficienti affinché il Concilio di Toledo fissasse una festa speciale per onorarne la memoria. Nonostante sia andata persa la casula originale, nella Cattedrale di Toledo, nella cappella della Discesa, si può ancora venerare la pietra sulla quale la Santissima Vergine posò i piedi quando apparve al nostro celebre vescovo.
Sant’Ildefonso è stato anche il precursore della schiavitù mariana: alcuni dei suoi testi, di grande bellezza e profondità spirituale, esprimono il desiderio del santo di vivere come schiavo di Maria: «Con quanta sollecitudine desidero farmi schiavo di questa Signora, quanto fedelmente mi diletto con il giogo di questa schiavitù, quanto pienamente anelo obbedire ai Suoi ordini, quanto ardentemente desidero non vedermi libero dal Suo dominio, quanto avidamente anelo non vedermi mai lontano dal servirLa». Alcuni secoli dopo, San Luigi Maria Grignion de Montfort e San Massimiliano Maria Kolbe avrebbero fatto conoscere, in modo più esteso, la pratica della schiavitù mariana, nata dal cuore innamorato del santo vescovo toledano. Concludiamo con una meravigliosa preghiera di Sant’Ildefonso: «Ti prego, ti prego, o Vergine santa, che io abbia Gesù da quello Spirito dal quale Tu stessa hai generato Gesù. Riceva l’anima mia Gesù per opera di quello Spirito per il quale la Tua carne ha concepito lo stesso Gesù. Che io ami Gesù in quello stesso Spirito nel quale Tu lo adori come Signore e Lo contempli come Figlio» .
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Sant'Ildefonso da Toledo
Sant'Ildefonso di Toledo Presbitero | |
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Santo | |
El Greco, Sant'Ildefonso da Toledo (1609), olio su tela; Madrid, Monastero dell'Escorial | |
Età alla morte | 60 anni |
Nascita | Toledo 607 |
Morte | Toledo 4 aprile 667 |
Ordinazione presbiterale | Toledo, 657 |
Ruoli ricoperti | Vescovo di Toledo |
Venerato da | Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa |
Ricorrenza | 23 gennaio |
Patrono di | città e provincia di Toledo |
Nel Martirologio Romano, 23 gennaio, n. 5:
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Sant'Ildefonso di Toledo (Toledo, 607; † Toledo, 4 aprile 667) è stato un vescovo e scrittore spagnolo. Fu arcivescovo di Toledo dal 657 sino alla morte; i suoi scritti sono stati pubblicati all'interno della Patrologia Latina. È venerato come santo anche dalla Chiesa ortodossa.
Vita
Nacque nel 607, sotto il regno visigoto di Viterico a Toledo, allora capitale del regno, la sua famiglia era già potente durante l'impero romano, nipote del vescovo Sant'Eugenio III di Toledo[1] che fu suo maestro. Per lo stile dei suoi scritti e per i giudizi emessi nel suo De viris illustribus sui personaggi che menziona, si deduce che ricevette una brillante formazione letteraria.
Dai suoi scritti apprendiamo che fu ordinato diacono (circa 632-633) dal vescovo Eladio[2]. Dall'Elogium, apprendiamo che ancora giovinetto entrò nel monastero agaliense dei santi Cosma e Damiano presso Toledo, contro la volontà dei genitori.
Ildefonso fu molto attaccato a questo monastero, come egli stesso ricorda parlando di Eladio e come si deduce dal De vir. ill. con cui intende esaltare la sede toledana e forse mostrare il ruolo privilegiato che attribuiva al monastero agaliense.
Già monaco fondò un convento di religiose dotandolo con i beni che ereditò e in data sconosciuta, probabilmente attorno al 650, fu eletto abate. Partecipò a tre concili toledani, quello del 646, 653 e 655, dove si firma come abate ma non figura tra i partecipanti in quello tenutosi nel 656.
Morto il vescovo Eugenio III, su forti pressioni da parte della corte visigota, fu eletto vescovo di Toledo nell'anno 657. Nella sua opera si trovano pagine angosciate, redatte nel periodo del suo episcopato, dove parla degli scandali a opera di certi cristiani influenti e falsi, sui conflitti duri con il re, che pure lo stima; e su tanti ecclesiastici troppo indaffarati in affari di Stato. Vi si legge anche il rammarico perché la sua nuova attività gli lascia poco tempo per la usuale attività letteraria e di maestro. Morì il 23 gennaio 667 e fu sepolto nella chiesa dedicata a santa Leocadia di Toledo. Durante l'invasione araba il corpo venne traslato a Zamora, in Castiglia.
Opere
La sua opera letteraria è descritta nel Beati Ildephonsi Elogium di San Giuliano di Toledo, suo contemporaneo e secondo successore sulla cattedra toledana, scritta come appendice[3] al De viris illustribus.
Di quelle recensite dall'Elogium si conservano:
Per la sua devozione mariana, Ildefonso fu chiamato il "Cappellano della Vergine" nella commedia che, con questo stesso titolo, scrisse Lope de Vega.
AVE MARIA PURISSIMA!