venerdì 1 dicembre 2017

Un destino singolare

Simeone di Bulgaria. Un destino singolare

(di Cristina Siccardi) «Ho voluto questa autobiografia perché fosse un documento di prima mano per evitare che un giorno ci siano gli interpreti a dire “pare che abbia detto”, “pare che abbia fatto”, così che la realtà rimanga indietro», è ciò che ha dichiarato Re Simeone II durante la presentazione dell’autobiografia Simeone II di Bulgaria. Un destino singolare. Dopo 50 anni di esilio l’unico Re divenuto Primo Ministro (Gangemi Editore, pp. 320, € 24,00), che si è tenuta a Roma nella Sala mostre e convegni Gangemi l’11 novembre scorso.
Il libro è stato redatto dallo storico francese Sébastien de Courtois sotto dettatura del Re dei Bulgari. Inizialmente è stato pubblicato in francese e poi, via via, nelle diverse lingue. Il 16 giugno scorso, il Re bambino divenuto decenni dopo Primo Ministro di Bulgaria (21 luglio 2001), ha compiuto 80 anni, ciò significa che è stato testimone delle tragiche vicende totalitariste che hanno attraversato l’Europa. Uomo ovunque stimato per le sue doti intellettuali, amministrative, organizzative, porta con orgoglio e onore il ricco retaggio spirituale sia del padre, Re Boris III (1894-1943) di Bulgaria, che della madre, Giovanna di Savoia (1907-2000).
I genitori si sposarono ad Assisi (per un voto promesso da Giovanna, la quale diverrà terziaria francescana e vorrà poi essere sepolta nella città di san Francesco, dove tuttora riposa) il 25 ottobre del 1930. Simeone è stato sovrano dal 1943 al 1946, dopo l’assassinio del padre. Vista la giovane età, 6 anni, fu nominato un Consiglio di reggenti, a capo del quale fu posto lo zio, il Principe Kyril.
Questa autobiografia, scritta con perizia e trasparenza, viene ad assumere un enorme valore storiografico, sia per i fatti che vengono rivelati, sia per l’autorevolezza di chi li espone: qui è presente tutta la Storia d’Europa del XX secolo fino ad arrivare agli incredibili accadimenti dell’inizio del XXI, quando, per la prima volta, un Sovrano è stato eletto Premier di una Repubblica da poco liberata dalla tirannia comunista.
Boris III della dinastia di Sassonia-Coburgo-Gotha riuscì a non far intervenire il proprio Paese nel secondo conflitto mondiale, risparmiando così moltissime vite umane, fra le quali quelle degli ebrei, in quanto non acconsentì mai alla loro deportazione.
Boris III venne avvelenato, molto probabilmente, come sosteneva Giovanna di Savoia, straordinaria sposa, madre e Regina, per mano dei sovietici. Lo zar dei Bulgari morì il 28 agosto 1943, alle ore 16,20, e Simeone gli succedette sul trono. Il 28 agosto di un anno dopo morirà, assassinata nel campo di concentramento di Buchenwald, Mafalda di Savoia, la quale, molto legata alla sorella Giovanna, si era recata un anno prima al funerale del cognato Boris, proprio nei tragici giorni in cui l’Italia firmava l’armistizio.
Nel gennaio del 1944 Sofia viene bombardata dagli alleati. Il 1° febbraio 1945 il Principe Reggente Kyril è fucilato a Sofia dopo il colpo di Stato comunista sostenuto dall’Unione Sovietica.
Nel 1946 la monarchia è abolita con un referendum nel quale il 90,72% dei votanti si era espresso a favore della Repubblica: un risultato chiaramente manipolato dal Governo di coalizione di Otečestven front, nel quale il partito comunista era la forza principale, senza contare la pesante influenza esercitata dalle stanziate truppe militari sovietiche. La Regina e i due figli, Simeone e Maria Luisa (nata il 13 gennaio 1933), sono costretti all’esilio, dapprima riparano in Egitto, poi, nel luglio del 1952, trovano ospitalità nella Spagna di Francisco Franco. La prepotenza che l’Unione Sovietica eserciterà sul popolo bulgaro sarà orribile, persecutoria e criminale, fino alla fine.
Il volume racchiude tutto il sapore del calore familiare, come è proprio di alcune case reali: non vengono fornite informazioni asettiche e ideologiche di carattere statalista, bensì emergono narrazioni di mera essenza storica e, allo stesso tempo, trapelano chiari sentimenti, sia nei confronti dei propri cari che del proprio popolo: è un tutt’uno.
Dalle pagine emerge il cuore di quella tradizione monarchica super partes, dove la casa regnante è una cosa sola con la propria nazione, in un’osmotica combinazione fra i sovrani e la propria gente, dove tutti si riconoscono nelle proprie radici.
A dimostrazione di tutto ciò questi ricordi sono dedicati ai cinque figli «e soprattutto ai miei nipoti affinché conoscano meglio le proprie origini e possano sempre crescere con loro». Nel prologo Simeone II scrive, a proposito del suo ritorno dal lungo esilio: «In quel giorno di maggio del 1996, le circostanze della vita mi offrivano la possibilità di tornare nei luoghi in cui ero stato felice, per questo sarò sempre riconoscente alle persone che me lo permisero […]. Penso soprattutto a mia madre, la Regina Giovanna, che non è più di questo mondo: aveva sempre rifiutato di abbandonare la speranza che potessi tornare in Patria, finché questo non avvenne. […] Seduta accanto a me, mia moglie [Margarita Gomez-Acebo y Cejuela,ndr] mi strinse d’istinto la mano, mentre mi avvolgeva con lo sguardo. Dal momento del nostro matrimonio, nel 1962, aveva condiviso e vissuto sulla pelle fino al più piccolo sussulto della mia vita politica; sapeva quanto avessi atteso quel ritorno in Bulgaria […]. Sebbene fosse nata in Italia, mia madre aveva obbligato me e mia sorella Maria Luisa a comunicare in bulgaro, soprattutto negli anni seguenti alla nostra partenza, al fine di non perderne l’uso. […] La Bulgaria è un Paese che mi abita profondamente, al quale sono talmente legato da essere più che deciso a restarvi ora, costi quel che costi, malgrado le meschinità malevoli di cui – soprattutto dopo gli anni neri del comunismo – sono stato vittima in ragione di una vendetta politica di bassa lega, che mi rattrista molto. […]”Per parte mia”, scrive il mio compatriota, il filosofo TzvetanTodorov, in Memoria del male, tentazione del bene, “preferirei che si ricordassero, di questo cupo secolo, le figure luminose di alcuni individui dal destino drammatico, dalla lucidità impietosa, che hanno continuato malgrado tutto a credere che l’uomo meriti di rimanere lo scopo dell’uomo”. Non posso fare altro che sottoscrivere a mia volta queste parole piene di saggezza e di ottimismo» (pp. 9-10).
È stata assai sofferta la decisione di Simeone II di scrivere su di sé e sulla propria famiglia, nonché di Storia. Il senso del rispetto e della carità nutrono i paragrafi: non ci sono giudizi, vengono esposti dei fatti, per tale ragione ci viene naturale riandare alla scrittura di Maria Teresa di Francia, duchessa d’Angoulême (figlia dei decapitati Luigi XVI e Maria Antonietta, e per alcuni minuti, nel 1830, Regina di Francia), del suo Racconto degli avvenimenti accaduti al Tempio (Casa Editrice Ceschina, Milano 1964), avvenimenti che vanno dal 13 agosto 1792 fino alla morte, causata dalla dura prigionia, del fratello Luigi XVII. Anche qui è presente il valore della famiglia, l’amore per la propria terra. Anche qui la tirannia, quella giacobina, scoppiata nel 1789.
Duecento anni dopo cade il Muro di Berlino, e per Simeone II, divenuto nel corso degli anni, grazie ai suoi studi e al suo impegno, un manager di prim’ordine a livello internazionale, si profila la possibilità di lavorare per i concittadini con maggior speranza rispetto a prima, intanto la Patria si fa più vicina: «La Bulgaria rappresentava per mia madre un mito divino, era una sorta di Terra promessa dove aveva esercitato i suoi talenti di Sovrana. Nessuno potrà mai contraddirmi rispetto all’importanza del ruolo da lei rivestito in quanto Sovrana. Mia madre si dimostrò infatti ampiamente all’altezza del suo compito, intenzionata a non emettere mai giudizi su nessuno. Ed è proprio questo che trasmise anche a noi. Ma stiamo parlando di un’altra epoca, soprattutto di un’altra educazione, che tanto contrasta con la tendenza voyeristica di oggi a cibarsi della sofferenza psicologica altrui, senza però muovere un dito per alleviarla» (pp. 10-11).
Simeone II non ha voluto lasciare la Storia ai soli vincitori e questa sua autobiografia ne è ampia e coraggiosa dimostrazione. Purtroppo non così fecero i sovrani d’Italia, dallo stesso Simeone ricordati, infatti egli pensa che la loro testimonianza avrebbe avuto un valore inestimabile «aiutandoci a comprendere meglio la Storia recente d’Italia. Le memorie servono infatti anche a far luce su un passato che si conosce male, che non viene quasi mai descritto da una prospettiva interna alla storia delle famiglie reali. […] Perché a passare alla Storia fu soltanto la visione dei loro oppositori […] ma penso che una volta ancora l’eccesso di pudore e la paura di compromettere persone ancora politicamente attive abbia impedito loro di tornare con lo sguardo sulle proprie azione passate» (p. 13).
Anche per non commettere più questo genere di omissione, fondata sulla discrezione e riservatezza – sulle quali hanno marciato beffardamente le bandiere e propagande rosse italiane – crediamo che Simeone abbia deciso di mettere nero su bianco la sua versione. Tuttavia, ricorda l’autore, non bisogna dimenticare che «la grande Storia si costruisce in fondo anche con le piccole storie individuali e che soltanto incrociando entrambi gli elementi è possibile pervenire a una conoscenza storica più approfondita, quando non alla verità. Sempre che si possa parlare di Verità nel contesto della Storia. […] Poiché sono cristiano, credo inoltre nell’amore per il mio prossimo e nell’esigenza di ricordarsi sempre di come i cammini che orientano l’esistenza restino un mistero insondabile» (pp. 14-15).
Queste memorie sono un atto di giustizia e tutte le persone, rimaste intellettualmente oneste, dovrebbero esserne vivamente grate oltre al fatto che la loro sete di verità non rimarrà delusa, qui troveranno invero molte risposte alle loro domande: la storia dei faziosi è senz’altro più sensazionalistica, ma «non basta lasciare la Storia ai soli vincitori. Nel corso della mia vita ho visto talmente tanta propaganda – nazista, sovietica e, ovviamente, anche occidentale – da trovarla ormai pietosa e da restarne disgustato».
Comunque, a dispetto di tutto e di tutti, compresa quella stampa illuministicamente egualitaria, Simeone II è tornato trionfante nell’amata Bulgaria, dove ha governato dal 2001 al 2005 e dove adesso continua a vivere senza rassegnarsi alle menzogne.
Quando nel 2003 mio marito ed io ci recammo a Sofia, tastammo con mano e con commozione il potente affetto che continuava a legare i Bulgari alla Casa reale, nonostante 50 anni di infangante e atroce propaganda comunista. (Cristina Siccardi)

Ave Maria, Graziosa e pia


Orazione per implorare la divina grazia

Ave Maria, 
Graziosa e pia, 

Vergine eletta, 
Fosti Concetta 

Senza peccato, 
Orto serrato, 

Vergine santa, 
Felice pianta, 

Portasti al mondo 
Frutto giocondo 

Deh ! per pietade, 
Per caritade, 

Candido giglio 
Prega il tuo Figlio,  

Ch’io sempre l’ami, 
Ch’io sempre brami 

Ogni momento 
Dargli contento: 

E Te Maria, 
Speranza mia, 

Possa servire 
Sino al morire;

E dopo morte 
Sia la mia sorte 

Poter cantare 
Poter lodare 

Con mente pia, 
Gesù e Maria 
Gesù e Maria 
Gesù e Maria!


AMDG et BVM

Un giorno però, verso la metà del 1754, vi arrivò un uomo un po' santo e un po' matto

16 ottobreSAN GERARDO MAIELLAcoadiutore laico redentorista
Fino al XVIII secolo Materdomini, in provincia di Avellino, era una frazioncina di poche decine di anime, costruita intorno a un santuario dedicato alla Madre del Signore. Dalla chiesa si ammira l'imponenza del monte Paflagone, la cui vetta raggiunge 1224 metri, e si domina la sottostante cittadina di Caposele, abbastanza nota perché nelle sue vicinanze sgorga il fiume Sele che oggi disseta la regione pugliese dal Tavoliere, lungo le Murge, fino a Capo di Santa Maria di Leuca. In quegli anni il santuario era meta di pellegrinaggi abbastanza frequenti, ma locali: vi arrivavano soltanto gruppetti di fedeli dai pesi limitrofi, raramente da altre regioni. Un giorno però, verso la metà del 1754, vi arrivò un uomo un po' santo e un po' matto: si era sentito dire infatti che a Napoli lo chiamavano "'o pazzariello" perché si intratteneva scherzosamente con i malati di mente dell'ospedale. Un analfabeta, scolasticamente parlando; ma capace di leggere i pensieri e le coscienze di coloro che gli passavano a fianco. Ad ogni passo faceva miracoli da gran santo; però spesso si denudava la schiena e se la flagellava per punirsi - diceva lui - di numerosi peccati. Quando era in ritardo sui lavori, chiamava gli angeli a portarli a termine; fu anche un angelo a dargli la prima comunione quando il parroco gliela negò perché troppo piccolo. Un giorno invece, sorpreso da una tempesta infernale lungo il fiume Ofanto, ordinò al demonio di riaccompagnarlo a casa. Una volta si gettò nel mare in burrasca, afferrò la barca che stava per essere inghiottita dai gorghi con tutto il carico di pesce e di uomini, e la trascinò tranquillamente a riva. Il suo arrivo sconvolse la vita monotona di Materdomini e dei paesi vicini; e non soltanto per i giorni della sua vita terrena, ma soprattutto dopo. Oggi infatti quello sperduto agglomerato di case è meta continua di grandi e numerosi pellegrinaggi non più solamente dai paesi vicini, ma da tutto il centro sud dell'Italia e anche dall'estero, per venerare i resti mortali del suo corpo, chiedere aiuti materiali e spirituali, invocare la conversione del cuore e la benedizione per le gestanti, le mamme e i bambini. Si chiamava Gerardo Maiella. Era nato a Muro Lucano, in provincia di Potenza, il 6 aprile 1726. Ma la sua avventura inizia nella primavera del 1749 quando un gruppo di redentoristi si trovò a predicare una missione al popolo di Muro. Egli si entusiasmò a tal punto della loro vita e del loro modo di annunciare il Vangelo che decise di entrare nella stessa congregazione. Non riuscendo a convincere i parenti, fuggì di notte calandosi dalla finestra. A loro lasciò un biglietto: "Vado a farmi santo". Fu mandato nel collegio dei redentoristi a Deliceto, al Santuario Madonna della Consolazione, dove lavorava incessantemente nel coltivare il giardino, nello spazzare la stalla, nel tenere in ordine i vari ambienti della casa e nello svolgimento dell'ufficio di sacrestano. Si rivelò soprattutto uomo di preghiera e di carità verso i confratelli e verso gli estranei. Una volta incontrò un povero che camminava scalzo: Gerardo gli passò calze e scarpe, e se ne tornò a casa a piedi nudi. Terminato il periodo di prova, emise i voti religiosi il 26 luglio 1752. Data l'estrema povertà del collegio, Gerardo era incaricato della questua. Fu proprio questa l'occasione per allargare la sua azione caritativa, proclamare il messaggio di Gesù e guidare le anime alla conversione innamorandole di Maria SS.ma. Durante le sue lunghe peregrinazioni riceveva tanto in beni materiali; ma quello che dava era infinitamente di più perché guariva gli infermi, scioglieva dubbi, ridava speranza, guidava alla confessione coloro che ne erano lontani da tempo, riproponeva per una vita scandita dalla preghiera, risvegliava il fervore religioso. Per qualche tempo fu mandato a Napoli, dove passava la maggior parte della giornata nella preghiera, nelle visite al manicomio, nell'incontro con i poveri. Accostava pure guappi e prostitute chiedendo loro un radicale cambiamento di condotta morale. Finalmente a Materdomini, con un'accoglienza trionfale. Vi passò il resto della sua breve vita come portinaio del collegio: incarico che amò più degli altri perché gli dava la possibilità di aiutare i poveri. Nel gennaio del 1755, per le abbondanti nevicate molti operai rimasero senza lavoro e vennero anch'essi a bussare alla stessa porta. In tanta miseria Gerardo vuotò guardaroba, dispensa, refettorio, cucina; e si privò degli indumenti personali rimanendo, lui ormai tisico, a morir di freddo per dare ai poveri un po' di sollievo. La sera del 21 agosto 1755, mentre si trovava a San Gregorio Magno per la questua, fu colto da un forte sbocco di sangue. Tornò a Materdomini il 31 agosto consumato dalla febbre. Sulla porta della sua stanzetta fece scrivere: "Qui si fa la volontà di Dio, come vuole Dio e per quanto tempo vuole Dio". Il 15 ottobre annunciò: "Questa notte me ne muoio". Nel tardo pomeriggio precisò meglio il momento della partenza: "Ancora sette ore". E quando le sette ore furon passate, Gerardo se ne andò. Era l'una e trenta del 16 ottobre 1755, festa di Maria SS.ma della Purità. Per i funerali, si radunò a Materdomini una folla immensa nella quale erano confluiti i fedeli di ogni ceto e di ogni stato sociale. Il gruppo più numeroso era composto di poveri e di abbandonati, i quali ripetevan l'uno all'altro: "Abbiamo perduto nostro padre".

[ Testo di Padre Ezio Marcelli, redentorista ]

Per informazioni e acquisto biografia: donezio@micanet.net
oppure: P. Ezio Marcelli - Via Monterone, 75 - 00186 ROMA

AVE MARIA PURISSIMA!

Maria Santissima è solo Amore

IL SUO CUORE E' SOLO AMORE




<<Il buon Dio poteva creare un mondo più bello di quello che esiste, ma non poteva dare l'essere ad una creatura più perfetta di Maria.

Il Padre si diletta nel guardare il Cuore della Santissima Vergine, come il capolavoro delle sue mani.

Gesù Cristo, dopo averci dato tutto quello che poteva darci, vuole ancora farci eredi di ciò che c'è di più prezioso, e cioè della sua Santa Madre.

Tutti i santi hanno una grande devozione per la Vergine Santa: nessuna grazia viene dal cielo senza passare per le sue mani.

Ciò che ci deve spingere a rivolgerci con grande fiducia alla Vergine Santa, è che lei è sempre attenta.

Quando si parla di oggetti della terra, della politica... ci si stanca, ma quando si parla della Vergine Santa, è sempre nuovo.

Il mezzo più sicuro per conoscere la volontà di Dio è pregare la nostra buona Madre.

La Santissima Vergine si tiene tra il Figlio suo e noi. Quanto più siamo peccatori, tanto più essa nutre affetto e compassione per noi. Il bambino che è costato più lacrime a sua madre è il più caro al suo cuore. Non corre sempre una madre verso il figlio più debole e più esposto?

Il Cuore di questa Madre è soltanto amore e misericordia; desidera unicamente vederci felici. Basta rivolgersi a lei per essere esauditi>>. 
(San Giovanni Maria Vianney)

Deo gratias et B.V.Mariae!

Come vivere la consacrazione a Maria


NOVENA 
DELL'IMMACOLATA
1.XII.17 (III)


2 febbraio 1983. 
Presentazione di Gesù Bambino al Tempio.

Vi domando una infanzia spirituale.

«Se guardate con amore al mistero che oggi la Chiesa ricorda, figli prediletti, imparate come deve essere vissuta la consacrazione che mi avete fatto.

Il Bambino Gesù che, a quaranta giorni, presento, assieme a Giuseppe mio castissimo Sposo, al Tempio del Signore, è il vero Dio, il nostro Salvatore, il Messia da tanto tempo atteso.

Come mamma l'ho generato a questa vita terrena, ma è Lui l'autore della vita, perché è il Creatore.

Io, col mio "sì", gli ho consentito di entrare nel tempo, ma Lui è al di fuori del tempo, perché è eterno.

Lo stringo fra le mie braccia e lo sorreggo, ma è Lui il sostegno di tutto, perché è onnipotente.

Lo porto al Tempio di Gerusalemme in adempimento della divina Scrittura, ma è Lui la fonte della Rivelazione, perché è l'eterna Parola.

Il Verbo del Padre, Dio creatore, onnipotente e onnisciente, ha voluto rivestirsi di debolezza e si è imposto il limite del tempo, si è assunto la fragilità della natura umana, è nato da Me. Come ogni bambino ha provato tutte le necessità.

Quante volte, mentre lo baciavo con tenerezza di mamma, gli dicevo: "Eppure tu sei il bacio eterno del Padre". E mentre lo accarezzavo, pensavo: "Tu sei la divina carezza che rende beate le anime". Mentre gli indossavo i piccoli vestiti, sussurravo: "Sei tu che vesti di fiori la terra e di astri l'immenso universo". E mentre lo nutrivo, gli cantavo: "Sei tu che provvedi di cibo i viventi". Quando gli dicevo con amore materno: "Figlio mio!" adorando con l'anima, lo pregavo: "Tu sei il Figlio del Padre, suo eterno Unigenito, sua Parola vivente..." 

Oh! penetrate oggi il mistero ineffabile dell'infanzia di mio Figlio Gesù, che porto fra le mie braccia al Tempio del Signore, se volete camminare sulla strada dell'infanzia spirituale che vi ho tracciato.

Su questa strada tutti devono camminare, anche chi è cresciuto in età e occupa posti importanti; anche chi è dotto, perché formato attraverso anni di studio e di esperienza; anche chi è ricco culturalmente ed è chiamato ad esercitare compiti di grande responsabilità.

Accanto alla vostra crescita umana, che si sviluppa col trascorrere degli anni, vi domando una infanzia spirituale, una interiore piccolezza, che vi conduca a rivestirvi dell'umiltà e della stessa fragilità del mio Bambino Gesù.

Voglio in voi un cuore candido di bimbi, che non conosca egoismo e peccato, aperto all'amore ed alla donazione, che tutto si attende dal Padre Celeste per tutto donare.

Voglio in voi una mente vergine di fanciulli, ancora chiusa all'insidia dell'inganno e della doppiezza e che si apre come un fiore per ricevere il raggio della scienza, della verità e della sapienza.

Voglio in voi una volontà docile di piccoli, come fragile creta, pronta a farsi formare con abbandono e fiducia; una volontà che deve essere plasmata dal bene e dal vero e si irrobustisce nel tendere al buono e al bello.

Oh! questa via della infanzia spirituale deve essere necessariamente da voi percorsa, figli prediletti, se volete vivere in maniera perfetta la consacrazione al mio Cuore Immacolato.

Soltanto così vi posso portare, come il mio Bambino Gesù, ed offrirvi nel tempio del Signore alla realizzazione del suo disegno di amore e di misericordia che ha su di voi per la salvezza di tutti i miei figli sparsi nel mondo».

"Salus nostra in manu tua est, o Maria!
Respice nos tantum, et laeti serviemus Regi Domino.
Amen. Alleluja".

AMDG et BVM