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venerdì 1 dicembre 2017

Un giorno però, verso la metà del 1754, vi arrivò un uomo un po' santo e un po' matto

16 ottobreSAN GERARDO MAIELLAcoadiutore laico redentorista
Fino al XVIII secolo Materdomini, in provincia di Avellino, era una frazioncina di poche decine di anime, costruita intorno a un santuario dedicato alla Madre del Signore. Dalla chiesa si ammira l'imponenza del monte Paflagone, la cui vetta raggiunge 1224 metri, e si domina la sottostante cittadina di Caposele, abbastanza nota perché nelle sue vicinanze sgorga il fiume Sele che oggi disseta la regione pugliese dal Tavoliere, lungo le Murge, fino a Capo di Santa Maria di Leuca. In quegli anni il santuario era meta di pellegrinaggi abbastanza frequenti, ma locali: vi arrivavano soltanto gruppetti di fedeli dai pesi limitrofi, raramente da altre regioni. Un giorno però, verso la metà del 1754, vi arrivò un uomo un po' santo e un po' matto: si era sentito dire infatti che a Napoli lo chiamavano "'o pazzariello" perché si intratteneva scherzosamente con i malati di mente dell'ospedale. Un analfabeta, scolasticamente parlando; ma capace di leggere i pensieri e le coscienze di coloro che gli passavano a fianco. Ad ogni passo faceva miracoli da gran santo; però spesso si denudava la schiena e se la flagellava per punirsi - diceva lui - di numerosi peccati. Quando era in ritardo sui lavori, chiamava gli angeli a portarli a termine; fu anche un angelo a dargli la prima comunione quando il parroco gliela negò perché troppo piccolo. Un giorno invece, sorpreso da una tempesta infernale lungo il fiume Ofanto, ordinò al demonio di riaccompagnarlo a casa. Una volta si gettò nel mare in burrasca, afferrò la barca che stava per essere inghiottita dai gorghi con tutto il carico di pesce e di uomini, e la trascinò tranquillamente a riva. Il suo arrivo sconvolse la vita monotona di Materdomini e dei paesi vicini; e non soltanto per i giorni della sua vita terrena, ma soprattutto dopo. Oggi infatti quello sperduto agglomerato di case è meta continua di grandi e numerosi pellegrinaggi non più solamente dai paesi vicini, ma da tutto il centro sud dell'Italia e anche dall'estero, per venerare i resti mortali del suo corpo, chiedere aiuti materiali e spirituali, invocare la conversione del cuore e la benedizione per le gestanti, le mamme e i bambini. Si chiamava Gerardo Maiella. Era nato a Muro Lucano, in provincia di Potenza, il 6 aprile 1726. Ma la sua avventura inizia nella primavera del 1749 quando un gruppo di redentoristi si trovò a predicare una missione al popolo di Muro. Egli si entusiasmò a tal punto della loro vita e del loro modo di annunciare il Vangelo che decise di entrare nella stessa congregazione. Non riuscendo a convincere i parenti, fuggì di notte calandosi dalla finestra. A loro lasciò un biglietto: "Vado a farmi santo". Fu mandato nel collegio dei redentoristi a Deliceto, al Santuario Madonna della Consolazione, dove lavorava incessantemente nel coltivare il giardino, nello spazzare la stalla, nel tenere in ordine i vari ambienti della casa e nello svolgimento dell'ufficio di sacrestano. Si rivelò soprattutto uomo di preghiera e di carità verso i confratelli e verso gli estranei. Una volta incontrò un povero che camminava scalzo: Gerardo gli passò calze e scarpe, e se ne tornò a casa a piedi nudi. Terminato il periodo di prova, emise i voti religiosi il 26 luglio 1752. Data l'estrema povertà del collegio, Gerardo era incaricato della questua. Fu proprio questa l'occasione per allargare la sua azione caritativa, proclamare il messaggio di Gesù e guidare le anime alla conversione innamorandole di Maria SS.ma. Durante le sue lunghe peregrinazioni riceveva tanto in beni materiali; ma quello che dava era infinitamente di più perché guariva gli infermi, scioglieva dubbi, ridava speranza, guidava alla confessione coloro che ne erano lontani da tempo, riproponeva per una vita scandita dalla preghiera, risvegliava il fervore religioso. Per qualche tempo fu mandato a Napoli, dove passava la maggior parte della giornata nella preghiera, nelle visite al manicomio, nell'incontro con i poveri. Accostava pure guappi e prostitute chiedendo loro un radicale cambiamento di condotta morale. Finalmente a Materdomini, con un'accoglienza trionfale. Vi passò il resto della sua breve vita come portinaio del collegio: incarico che amò più degli altri perché gli dava la possibilità di aiutare i poveri. Nel gennaio del 1755, per le abbondanti nevicate molti operai rimasero senza lavoro e vennero anch'essi a bussare alla stessa porta. In tanta miseria Gerardo vuotò guardaroba, dispensa, refettorio, cucina; e si privò degli indumenti personali rimanendo, lui ormai tisico, a morir di freddo per dare ai poveri un po' di sollievo. La sera del 21 agosto 1755, mentre si trovava a San Gregorio Magno per la questua, fu colto da un forte sbocco di sangue. Tornò a Materdomini il 31 agosto consumato dalla febbre. Sulla porta della sua stanzetta fece scrivere: "Qui si fa la volontà di Dio, come vuole Dio e per quanto tempo vuole Dio". Il 15 ottobre annunciò: "Questa notte me ne muoio". Nel tardo pomeriggio precisò meglio il momento della partenza: "Ancora sette ore". E quando le sette ore furon passate, Gerardo se ne andò. Era l'una e trenta del 16 ottobre 1755, festa di Maria SS.ma della Purità. Per i funerali, si radunò a Materdomini una folla immensa nella quale erano confluiti i fedeli di ogni ceto e di ogni stato sociale. Il gruppo più numeroso era composto di poveri e di abbandonati, i quali ripetevan l'uno all'altro: "Abbiamo perduto nostro padre".

[ Testo di Padre Ezio Marcelli, redentorista ]

Per informazioni e acquisto biografia: donezio@micanet.net
oppure: P. Ezio Marcelli - Via Monterone, 75 - 00186 ROMA

AVE MARIA PURISSIMA!