venerdì 3 marzo 2017

"Il Male è nella FALSA Chiesa", mai nella VERA.

sabato 20 agosto 2016


Ultimato il Piano Massonico per Demolire la Chiesa




Sebirblu, 18 agosto 2016

Padre Giulio Maria Scozzaro è un coraggioso sacerdote che ha deciso, dopo un travaglio  interiore  che  ne  ha lacerato l'anima,  di esporsi per  il  bene di tutti i fedeli, e non, a pubblicare un libro sul marciume esistente nella Chiesa soprattutto dovuto ad un diabolico piano della Massoneria Ecclesiastica, oggi quasi completamente ultimato.

Nella sua prefazione, di cui ho riportato qualche brano, egli dice:

"Noi  cattolici  fedeli  a  Gesù Cristo  non  possiamo  più  tacere,  dobbiamo  difendere la Chiesa Cattolica, anche esponendoci per segnalare le strategie massoniche, moderniste,  protestanti,  portate  avanti  dai  Prelati  massoni.

So molto bene che vado incontro a ritorsioni e vendette da parte loro; c'è sempre un prezzo da pagare quando si rimane fedeli a Gesù; il Vangelo non si vive con pie illusioni, bisogna battersi per difenderlo e proteggerlo dai lupi interni alla Chiesa.

È stato lo stesso Papa Benedetto XVI, nella Santa Messa di insediamento del 24 aprile 2005, a parlare di complotti e di un pericolo gravissimo dentro la Chiesa: "… pregate per me perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi".

Chi sono questi lupi? Non certamente i Sacerdoti e i Religiosi, si tratta, senza alcun dubbio, di Cardinali e Vescovi che sbranano e mordono...

È  la  mia  Fede  a  spingermi;  è  l'amore  totale  al  Signore Gesù  a  farmi  mettere  da parte qualsiasi calcolo umano. Egli mi esorta a parlare; non si può più tacere sulla corruzione. La Madonna è con me e mi protegge.

Per amore del Cristo e della sua Chiesa non mi tirerò indietro per paura e timoreumano; nella mia ordinazione sacerdotale ho promesso fedeltà incondizionata al Signore, non posso venire meno a quel giuramento.

Anche a costo di ricevere altre persecuzioni dai Porporati massoni, Gesù vuole che i cattolici sappiano quanta sporcizia esiste all'interno della Sua Chiesa; quale piano distruttivo essi perseguono, la rovina spirituale di quanti seguiranno il modernismo che si oppone alla vera dottrina cristica."

Il libro scritto da Padre Scozzaro "La Corruzione nella Chiesa" si può scaricare QUI.




"Il Male è nella Chiesa"
"Il Pericolo peggiore è l'Infedeltà dei suoi Membri"
(Papa Benedetto XVI ‒ 29 giugno 2010)

La crisi teologica, morale e disciplinare all'interno della Chiesa è più che evidente.Moltissimi Vescovi da alcuni decenni hanno intrapreso una strada diversa da quella indicata da Gesù; hanno scelto di entrare per la "porta larga e spaziosa, che è la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa." (Mt 7,13).

È la loro esistenza a denunciarlo, quel modernismo abbracciato affettuosamente e trasmesso ai loro parroci e alle diocesi con enfasi gagliarda. Come se stessero annunciando la vita eterna a tutti, mentre in realtà chiudono porte e portoni a milioni di persone che in buonafede li seguono, convinte che tutti i Prelati siano ancora seguaci del Cristo.

"Guai a voi ipocriti, che chiudete il Regno dei Cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che desiderano entrarvi" (Mt 23,13).

È anche vero che molti cattolici non notano le eresie che si diffondono a piene maninelle Curie e nelle  parrocchie, forse perché gradiscono una dottrina aggiornata ai tempi d'oggi (modernista e protestante), e non si fanno scrupoli se ne ascoltano una nuova, eretica e diversa dal Vangelo.

Ci sono Cardinali e Vescovi che la predicano o la permettono nei loro seminari, approvano i teologi eretici, tacciono o si girano dall'altra parte gioendo se i loro curatiosservano addirittura i dettami del Gran Maestro inviati, dal 1961 in poi, ai Presuli iscritti alla Massoneria ecclesiastica.

Ce ne sono ancora tanti, ovviamente, di fedeli al Cristo, oltre a quei Sacerdoti che continuano a camminare nell'impegnativa Via evangelica rinnegando i piaceri umani opposti alla vita spirituale, ma gli umili servitori della Chiesa ancora innamorati di Gesù diminuiscono con il passare del tempo.

I parroci giovani che si sono formati negli ultimi trent'anni nelle facoltà di teologia, straripanti di professori eterodossi, conoscono solamente tali teorie innovatrici e false; non si rendono conto di essere diventati portavoce di quei Porporati massoni e carrieristi, modernisti e materialisti che tradiscono Gesù Cristo per averne dei vantaggi personali. Per gestire il potere.

Rifiutano la Santa Messa come Sacrificio, annullano il valore della Confessione, ignorano e ridicolizzano la Madonna e le sue apparizioni, aderiscono al modernismo e al protestantesimo con una subdola e industriosa opera onde distruggere le basi dottrinali della Chiesa Cattolica.

È preferibile, dunque, manifestare la volontà della trasparenza che creare sotterfugi,inganni e  stratagemmi per insabbiare i corrotti, perché il nero che bolle all'interno della Sacra Istituzione è assolutamente catastrofico.




Perciò, voglio riportare alcuni nomi dei 121 Prelati ed Ecclesiastici affiliati allaMassoneria ‒ oggi moltiplicatisi rapidamente ‒ segnalati nella  "Lista Pecorelli"  sin dal 1978 (giornalista iscritto alla P2 poi assassinato) pubblicata dal settimanale Panorama e, in seguito, dalla rivista dello stesso Pecorelli: "OP = Osservatorio Politico". 

Inizialmente, furono proprio alcuni di loro a tradire, per annientare i tre cardinali che dominavano la Chiesa sotto Paolo VI ‒ CasaroliBenelli e Villot.

Ma ecco l'elenco:

Cardinale Jean Marie Villot (Segretario di Stato Vaticano).
Cardinale Agostino Casaroli (ministro degli Esteri e poi Segretario di Stato Vaticano).
Cardinale Ugo Poletti (Vicario del Papa a Roma).
Cardinale Sebastiano Baggio (Prefetto della Congregazione per i Vescovi).
Arcivescovo Marcinkus (presidente Banca Vaticana IOR).
Monsignor Donato De Bonis (Banca Vaticana, Ior).
Don Virgilio Levi (vicedirettore dell'Osservatore Romano).
Padre Roberto Tucci (direttore della Radio Vaticana).
Monsignor Pasquale Macchi (Segretario personale di Papa Paolo VI e poi, nel 1988, Arcivescovo di Loreto).
Mons. Giovanni Benelli, poi Cardinale (allora sostituto della Segreteria di Stato Vaticana; cfr. QUI; ndr).
Cardinale Salvatore Pappalardo di Palermo.

Sono sufficienti solo questi nomi per avere l'idea della massiccia presenza massonicaai vertici della Chiesa come preannunciò la Madonna a Fatima, con l'unico fine di svuotarla dal soprannaturale e trasformarla nella "chiesa degli uomini".

Cardinali, Arcivescovi, Monsignori e Segretari, Rettori di atenei Pontifici, frati, innumerevoli massoni all'interno della Chiesa Cattolica, infiltrati ai massimi livellidella gerarchia ecclesiastica, tutto per arrivare, infine, a circondare il Soglio di Pietro.

Anno dopo anno l'infiltrazione all'interno della Chiesa è perfettamente riuscita e si attende l'ultimo passaggio. Un atto che sconvolgerà tutti e che conosceremo molto presto. (E che ormai è già avvenuto con l'insediamento del Falso Profeta, Bergoglio, il 13 marzo 2013; ndr).

Basta conoscere le direttive del Gran Maestro della Massoneria del 1961 per comprendere che tutti gli aggiornamenti apportati negli ultimi decenni nella nostra dottrina, nella liturgia, nei seminari, sono opera di un piano ben preciso contro la Chiesa Cattolica. Ecco i famigerati 33 punti.


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Il Piano Massonico per la Distruzione Della Chiesa Cattolica
Rivista "Teologica" n. 14 Mar/Apr 1998 pag. 22-25 Ed. Segno ‒ Udine (Italia)

Direttive del gran Maestro della Massoneria ai Vescovi cattolici massoni, 
effettive dal 1962 (Aggiornamento del Concilio Vaticano II).

Tutti i confratelli massoni dovranno riferire sui progressi di queste decisive disposizioni. Rielaborate nell'ottobre 1993 come piano progressivo per lo stadio finale. Tutti  i  massoni  occupati  nella  Chiesa  debbono  accoglierle  e  realizzarle.

1  Rimuovete una volta per tutte San Michele, protettore della Chiesa Cattolica da tutte le preghiere all'interno e all'esterno della Santa Messa. Rimuovete le sue statue, affermando che esse distolgono dall'Adorazione di Cristo. 

(Tradizionalmente in atto dal 1886  da quando Leone XIII ebbe la famosa visione, cfr. QUI  venne soppressa nel 1964  ved. QUI; ndr).  

2  Rimuovete gli Esercizi Penitenziali della Quaresima come l'astinenza dalle carnidel venerdì o anche il digiuno; impedite ogni atto di abnegazione. Al loro posto debbono essere favoriti atti di gioia, di felicità e di amore del prossimo. 

(Sospeso durante la seconda guerra mondiale, il precetto fu commutato dall'Ordine dei Vescovi in un altro tipo di mortificazione adeguato ai tempi; ndr). 

Dite: "Cristo ha già meritato per noi il Paradiso" e "ogni sforzo umano è inutile". Dite a tutti che debbono prendere sul serio la preoccupazione per la loro salute. Incoraggiate il consumo di carne, specialmente di maiale.

3 ‒ Incaricate i pastori protestanti di riesaminare la Santa Messa e di dissacrarla. Seminate dubbi sulla "Presenza Reale" nell'Eucaristia e confermate che l'Eucaristia ‒ con maggior vicinanza alla fede dei protestanti ‒ è soltanto pane e vino e intesa come puro simbolo.

Disseminate protestanti nei seminari e nelle scuole. Incoraggiate l'ecumenismo come via verso l'unità. Accusate ognuno che crede alla Presenza Reale come sovversivo e disobbediente verso la Chiesa.

(Bergoglio ha recentemente nominato un protestante alla direzione dell'Osservatore Romano in Argentina, cfr. QUI; ndr).

4 ‒ Vietate la Liturgia Latina della Messa, Adorazione e Canti, giacché essi comunicano un sentimento di mistero e di deferenza. Presentateli come incantesimi di indovini.

Gli uomini smetteranno di ritenere i Sacerdoti come uomini di intelligenza superiore, da rispettare come portatori dei Misteri Divini.

5 ‒ Incoraggiate le donne a non coprire la testa con il velo in Chiesa. I capelli sono sexy. Pretendete donne come lettrici e sacerdotesse. Presentate la cosa come idea democratica.




Fondate un movimento di liberazione della donna. Chi entra in Chiesa deve indossare vesti trascurate per sentirsi là come a casa. Ciò indebolirà l’importanza della Santa Messa.

6 ‒ Distogliete i fedeli dall'assumere in ginocchio la Comunione. Dite alle suore che debbono distogliere i bambini prima e dopo la Comunione dal tenere le mani giunte. Dite loro che Dio li ama così come sono e desidera che si sentano del tutto a loro agio.

(Infatti il Falso Profeta ha staccato le mani giunte ad un chierichetto! Ved. QUI; ndr)

Eliminate in Chiesa lo stare in ginocchio ed ogni genuflessione. Rimuovete gli inginocchiatoi. Dite alle persone che durante la Messa debbono restare in posizione eretta.

7 ‒ Eliminate la musica sacra dell'organo. Introducete chitarre, arpe giudaiche, tamburi, calpestìo e sacre risate nelle Chiese. Ciò distoglierà la gente dalla preghiera personale e dalle conversazioni con Gesù.

Negate a Gesù il tempo di chiamare bambini alla vita religiosa. Eseguite attorno all'Altare danze liturgiche in vesti eccitanti, teatri e concerti. 

(Magari anche un bel tango, ved. QUI, oppure un'esibizione come quella avvenuta al Battesimo della bimba di Carmen Russo ed Enzo Paolo Turchi, dove in fondo si scorge anche Valeria Marini; ndr).




8 ‒ Togliete il carattere sacro ai canti alla Madre di Dio e a San Giuseppe. Indicate la loro venerazione come idolatria. Rendete ridicoli coloro che persistono.

Introducete canti protestanti. Ciò darà l’impressione che la Chiesa Cattolica finalmente  ammetta  che  il  Protestantesimo  è  la  vera  religione  o  almeno  che  sia uguale  ad essa.

9 ‒ Eliminate tutti gli inni anche quelli a Gesù, giacché essi fanno pensare alla gente la felicità e la serenità che deriva dalla vita di mortificazione e di penitenza per Dio già dall'infanzia. Introducete canti nuovi soltanto per convincere la gente che i riti precedenti in qualche modo erano falsi.

Assicuratevi che in ogni Messa ci sia almeno un canto in cui il Cristo non venga menzionato e che invece parli soltanto di amore per gli uomini.

La gioventù sarà entusiasta a sentire parlare di amore per il prossimo. Predicate l'amore, la tolleranza e l'unità. Non menzionate Gesù, vietate ogni annuncio sulla Eucarestia.

10 ‒ Rimuovete tutte le reliquie dei Santi dagli Altari e in seguito anche gli Altari stessi. Sostituiteli con tavole pagane prive di Consacrazione che possono venir usate per offrire sacrifici umani nel corso di messe sataniche.

Eliminate la legge ecclesiastica che vuole la celebrazione della Santa Messa soltanto su Altari contenenti reliquie.

11 ‒ Interrompete la pratica di celebrare la Santa Messa alla presenza del SantissimoSacramento nel  Tabernacolo. Non ammettete alcun Tabernacolo sugli altari che vengono usati per la celebrazione della Santa Messa.

La tavola deve avere l'aspetto di un tavolo da cucina. Deve essere trasportabile per esprimere che essa non è affatto sacra ma deve servire ad un duplice scopo come, ad esempio, per conferenze o per giocarvi a carte.

Più tardi collocate almeno una sedia vicino alla tavola. Il Sacerdote deve prendervi posto per indicare che dopo la Comunione egli si riposa come dopo un pasto. Il Sacerdote non deve mai stare in ginocchio durante la Messa né fare genuflessioni.

(Ed è proprio quello che fa Bergoglio che non si genuflette mai, nemmeno davanti al Santissimo, ma per lavare i piedi ad uomini e donne sì; ndr).




Ai pasti, infatti, non ci si inginocchia mai. La sedia dell'officiante deve essere collocata al posto del Tabernacolo. Incoraggiate la gente a venerare ed anche ad adorare il Sacerdote invece che l'Eucarestia, ad obbedire a lui invece che all'Eucarestia.

Dite alla gente che il Sacerdote è Cristo, il loro capo. Collocate il Tabernacolo in un locale diverso, fuori vista.

12 ‒ Fate sparire i Santi dal calendario ecclesiastico, sempre soltanto alcuni in tempi determinati. 

(Come la nuova disposizione di rendere obbligatoria la festa, guarda caso, proprio di Maria Maddalena, il 22 luglio; ved. QUI; ndr).

Vietate  ai  sacerdoti  di  predicare  sui  Santi, tranne  quelli  che  vengono  menzionati nel Vangelo. Dite al popolo che eventuali protestanti, magari presenti in Chiesa, potrebbero scandalizzarsene. Evitate tutto ciò che li potrebbe disturbare.

13 ‒ Nella lettura del Vangelo omettete la parola "Santo", per esempio, invece di "Vangelo secondo San Giovanni", dite semplicemente: "Vangelo secondo Giovanni". Ciò farà pensare alla gente di non doverli più venerare.

Scrivete continuamente nuove Bibbie finché non saranno identiche a quelle protestanti. Omettete l'aggettivo "Santo" nell'espressione "Spirito Santo". Ciò aprirà la strada. Evidenziate la natura femminile di Dio come di una madre piena di tenerezza. Eliminate l'uso del termine "Padre".

14 ‒ Fate sparire tutti i libri personali di pietà e distruggeteli. Di conseguenza verranno a cessare anche le Litanie del Sacro Cuore di Gesù, della Madre di Dio, di San Giuseppe come la preparazione alla Santa Comunione. Superfluo diverrà pure il ringraziamento dopo la Comunione.

15 ‒ Fate sparire anche tutte le statue e le immagini degli Angeli. Perché mai dovrebbero stare fra i piedi le statue dei nostri nemici? Definiteli miti per le storielle della buona notte. Non permettete il discorso sugli Angeli giacché urterebbe i nostri amici protestanti.

16 ‒ Abrogate l'esorcismo minore per espellere i demóni; impegnatevi in questo,annunciate che i diavoli non esistono. Spiegate che è il metodo adottato dalla Bibbia per designare il male e che senza un malvagio non possono esserci storie interessanti.




Di conseguenza la gente non crederà all'esistenza dell'inferno né temerà di poterci mai cadere. Ripetete che l'inferno altro non è che la lontananza da Dio e che c'è mai di terribile in ciò, se si tratta in fondo della medesima vita come qui sulla terra.

17 ‒ Insegnate che Gesù era soltanto Uomo che aveva fratelli e sorelle e che aveva odiato i detentori del potere. Spiegate che Egli amava la compagnia delle prostitute,specialmente di Maria Maddalena, e che non sapeva che farsene di chiese e sinagoghe.

(Ecco perché, insieme al decreto menzionato sopra, continuano ad "apparire" nuovi "reperti" attestanti che la Maddalena sarebbe stata la moglie di Gesù! Cfr. QUI; ndr).

Dite che Egli aveva consigliato di non obbedire ai capi del Clero; che era un grande Maestro ma che deviò dalla retta via quando negò obbedienza ai capi della Chiesa. Scoraggiate il discorso sulla Croce come vittoria, al contrario presentatela come fallimento.

18 ‒ Ricordate che potete indurre suore verso il tradimento della loro vocazione se vi rivolgerete alla loro vanità, fascino e bellezza. Fate loro mutare l'abito ecclesiastico e ciò le porterà naturalmente a buttar via i loro Rosari. Rivelate al mondo che nei loro conventi vi sono dissensi.

(Come la campagna denigratoria e persecutrice messa in atto da Bergoglio contro i Francescani dell'Immacolata. Cfr. QUI; ndr).

Ciò disseccherà le loro vocazioni. Dite alle suore che non saranno accettate se non avranno rinunciato all'abito. Favorite il discredito dell'abito ecclesiastico anche fra la gente.


Suore americane in abiti secolari. QUI 

19 ‒ Bruciate tutti i Catechismi. Dite agli insegnanti di religione di insegnare ad amare le creature di Dio invece di Dio stesso. L'amare apertamente è testimonianza di maturità. 

(Come l'Esortazione Amoris Laetitia o lo show naturalistico "Fiat Lux" proiettato su San Pietro il giorno dell'Immacolata senza, peraltro, nominarLa mai! Cfr. QUI;ndr). 

Fate che il termine "sesso" diventi parola di uso quotidiano nelle vostre classi di religione. Fate del sesso una nuova religione. Introducete immagini di sesso nelle lezioni religiose per insegnare ai bambini la realtà. Assicuratevi che le immagini siano chiare. (Cfr. QUIndr).

Incoraggiate le scuole a divenire pensatoi progressisti nel campo dell'educazione sessuale. Introducete l'educazione sessuale tramite l'autorità Vescovile, così i genitori non avranno nulla in contrario.

20 ‒ Soffocate le scuole cattoliche, impedendo le vocazioni di suore. Rivelate alle suore che sono lavoratrici sociali sottopagate e che la Chiesa è in procinto di eliminarle. Insistete che l'insegnante laico cattolico riceva l'identico stipendio di quello delle scuole governative.

Impiegate insegnanti non cattolici. I Sacerdoti debbono ricevere l'identico stipendio come i corrispondenti impiegati secolari. Tutti i Sacerdoti debbono deporre la loro veste clericale e le rispettive Croci così da poter essere accettati da tutti. Rendete ridicoli coloro che non si adeguano.

21 ‒ Annientate il Papa, distruggendo le sue Università. Staccate le Università dal Papa, dicendo che così il governo le potrebbe sussidiare. Sostituite i nomi degli Istituti Religiosi con nomi profani, per favorire l'ecumenismo. Per esempio, invece di "Scuola Immacolata Concezione" dite "Scuola Superiore Nuova".

Istituite reparti di ecumenismo in tutte le Diocesi e preoccupatevi del loro controllo da parte protestante. Vietate le Preghiere per il Papa e verso Maria perché esse scoraggiano l'ecumenismo. Annunciate che i Vescovi del luogo sono le autorità competenti.

Sostenete che il Papa è soltanto una figura rappresentativa. Spiegate alla gente che l'Insegnamento Papale serve soltanto alla conversazione ma che è altrimenti privo di importanza.

22 ‒ Combattete l'Autorità Papale, ponendo un limite di età al suo esercizio.Riducetela a poco a poco,  spiegate che lo volete preservare dall'eccesso di lavoro.




23 ‒ Siate audaci. Indebolite il Papa introducendo sinodi Vescovili. Il Papa diverrà allora soltanto una figura di rappresentanza come in Inghilterra dove la Camera Alta e quella Bassa regnano e da essi la regina riceve gli ordini.

In seguito indebolite l'autorità del Vescovo, dando vita a una istituzione concorrente a livello di Presbiteri. Dite che i Sacerdoti ricevono in tale modo l'attenzione che meritano. Infine indebolite l'autorità del Sacerdote con la costituzione di gruppi di laici che li dominino.

In questo modo si originerà un tale odio che abbandoneranno la Chiesa addirittura i Cardinali e la Chiesa allora sarà democratica... la Chiesa Nuova...

24 ‒ Riducete le vocazioni al sacerdozio, facendo perdere ai laici il timore reverenziale per esso. Lo scandalo pubblico di un sacerdote annienterà migliaia di vocazioni. Lodate sacerdoti che per amore di una donna abbiano saputo lasciare tutto, definiteli eroici.

Onorate i Sacerdoti ridotti allo stato laicale come autentici martiri, oppressi a tal punto da non poter sopportare oltre. Condannate anche come uno scandalo che i nostri confratelli massoni nel sacerdozio debbano venir resi noti e i loro nomi pubblicati. Siate tolleranti con l’omosessualità del Clero. Dite alla gente che i Preti soffrono di solitudine.

25 ‒ Cominciate a chiudere le chiese a causa della scarsità di Clero. Definite come buona ed economica tale pratica. Spiegate che Dio ascolta ovunque le preghiere. In tale maniera le chiese diventano stravaganti sprechi di denaro. Serrate subito le chiese in cui si pratica pietà tradizionale.

26 ‒ Utilizzate commissioni di laici e sacerdoti deboli nella fede che condannino e riprovino senza difficoltà ogni apparizione di Maria e ogni apparente miracolo, specialmente dell'Arcangelo Michele.

Assicuratevi che nulla di ciò, in nessuna misura riceva l'approvazione secondo il Vaticano II. Denominate disobbedienza nei confronti dell'Autorità se qualcuno obbedisce alle Rivelazioni o addirittura se qualcuno riflette su di esse.

Indicate i Veggenti come disobbedienti nei confronti dell'Autorità Ecclesiastica. Fate cadere il loro buon nome in disistima, allora nessuno penserà di tenere in qualche conto il loro Messaggio.

27 ‒ Eleggete un Antipapa. (Già fatto! Ndr). Affermate che egli riporterà i protestanti nella Chiesa e forse addirittura gli Ebrei. (E così sta avvenendo; ndr). Un Antipapa potrà essere eletto se venisse dato il diritto di voto ai Vescovi.


Bergoglio bacia la mano al Rabbino Capo

Allora verranno eletti molteplici Antipapi così che ne verrà insediato uno come compromesso. Affermate che il vero Papa è morto.

28 ‒ Togliete la Confessione prima della Santa Comunione per gli scolari del secondo e terzo anno così che non importi loro nulla di essa quando frequenteranno la quarta o la quinta classe e poi le classi superiori. La Confessione allora scomparirà.

Introducete (in silenzio) la Confessione comunitaria con l'assoluzione in gruppo. Spiegate alla gente che la cosa succede per la scarsità di Clero.

29 ‒ Fate distribuire la Comunione da donne e laici. Dite che questo è il tempo dei laici. Cominciate con il deporre la Comunione in mano, come i protestanti, invece che sulla lingua. (Già in corso! Ndr) Spiegate che il Cristo lo fece nel medesimo modo.




Raccogliete alcune Ostie per "messe nere" nei nostri templi. Distribuite invece della Comunione una coppa di ostie non consacrate che si possono portare con sé a casa. Spiegate che in questo modo si possono prendere i doni divini nella vita di ogni giorno. Collocate distributori automatici di Ostie per le Comunioni e denominateli Tabernacoli. 

(È incredibile, ma già da sei anni ne hanno inventato uno! Ved. QUI; ndr).

Dite che devono essere scambiati segni di pace. Incoraggiate la gente a spostarsi in chiesa per interrompere la devozione e la preghiera. Non fate segni di Croce; al posto di esso invece scambiatevi un segno di pace. Spiegate che anche Cristo si è spostato per salutare i Discepoli.

Non consentite alcuna concentrazione in tali momenti. I sacerdoti debbono volgere la schiena all'Eucarestia ed onorare il popolo.(Sono anni che sta accadendo ormai! Ndr).

30 ‒ Dopo che l'Antipapa sarà stato eletto, sciogliete i sinodi dei Vescovi come le associazioni dei sacerdoti e i consigli parrocchiali. Vietate a tutti i Religiosi di porre in discussione, senza permesso, queste nuove disposizioni.

Spiegate che Dio ama l'umiltà e odia coloro che aspirano alla gloria. Accusate di disobbedienza nei confronti dell'Autorità Ecclesiastica tutti coloro che pongono interrogativi. Scoraggiate l'obbedienza verso Dio. Dite alla gente che deve obbedire a questi superiori Ecclesiastici.

31 ‒ Conferite al Papa (= Antipapa) il massimo potere di scegliere i propri successori.(Già fatto! Bergoglio ha rimosso quelli che lo intralciavano; ndr). Ordinate sotto pena di scomunica a tutti coloro che amano Dio di portare il segno della bestia. Non nominatelo però "segno della bestia".

(Il microchip; cfr. QUI e QUI; ma c'è stato anche un articolo in inglese, due anni fa, attestante che il Pontefice avrebbe dichiarato di essere favorevole ad esso, QUI; non si sa però quanto sia attendibile. Ndr).

Il Segno della Croce non deve essere né fatto, né usato sulle persone o tramite esse (non si deve più benedire). Fare il segno di Croce verrà designato come idolatria e disobbedienza.

32 ‒ Dichiarate falsi i Dogmi precedenti, tranne quello dell'Infallibilità Pontificia. Proclamate Gesù Cristo un rivoluzionario fallito. Annunciate che il vero Cristo presto verrà. (L'Anticristo! Ndr). Soltanto l'Antipapa eletto deve essere obbedito. Dite alle genti che debbono inchinarsi quando verrà pronunciato il suo nome.

33 ‒ Ordinate a tutti i sudditi del Papa di combattere in sante crociate per estendere l'Unica Religione Mondiale. (Cfr. QUI QUI; ndr). Satana sa dove si trova tutto l'oro perduto. Conquistate senza pietà il mondo! Tutto ciò apporterà all'umanità quanto essa ha sempre bramato: "L’epoca d'oro della pace".

Note di Padre Scozzaro

* La cosa triste è che esclusi pochi punti ‒ come l'antipapa (ora non più; ndr) e la negazione della natura divina di Cristo ‒ si può dire che tutto questo è già avvenuto...Molti dei loro scopi sono stati raggiunti.

* Quasi tutti i commi sono stati realizzati fin dalla diffusione di questa direttiva, cioè, dal 1962.

Conclusione di Sebirblu

Come si vede, non è più ammissibile rimanere nell'indifferenza, nell'apatia e nella ignoranza degli eventi, trincerandosi dietro un laconico e giustificativo "Io dei fatti della Chiesa non mi interesso..." perché quando meno lo si aspetta... un gran macigno ci cadrà sulla testa e ci seppellirà, insieme alla nostra insipienza e allo stolto lassismo!


In ogni caso, comunque, le Tenebre non prevarranno... l'Alba è vicina!

Relazione, adattamento e cura di Sebirblu.blogspot.it

giovedì 2 marzo 2017

L’ammiratore. Einstein. Thomas Becket


Benedetto XVI: Non è di una Chiesa più umana che abbiamo bisogno, bensì di una Chiesa più divina; solo allora essa sarà anche veramente umana.


* Il presente intervento è stato tenuto dal Cardinal Joseph Ratzinger il 1° settembre 1990, in occasione del IX Meeting per l’amicizia fra i popoli a Rimini (25 agosto – 1° settembre 1990), sul tema «L’ammiratore. Einstein. Thomas Becket».

Una compagnia in cammino. La Chiesa e il suo ininterrotto rinnovamento.*
Lo scontento verso la Chiesa
Non c’è bisogno di molta immaginazione per indovinare che la compagnia di cui qui voglio parlare è la Chiesa. Forse si è evitato di menzionare nel titolo il termine “Chiesa” solo perché esso provoca spontaneamente, nella maggior parte degli uomini di oggi, reazioni di difesa. Essi pensano: “di Chiesa abbiamo già sentito parlare fin troppo e per lo più non si è trattato di niente di piacevole”. La parola e la realtà della Chiesa sono cadute in discredito. E perciò anche una simile riforma permanente non sembra poter cambiare qualcosa. O forse il problema è solamente che finora non è stato scoperto il tipo di riforma che potrebbe fare della Chiesa una compagnia che valga davvero la pena di essere vissuta?
Ma chiediamoci innanzitutto: perché la Chiesa riesce sgradita a così tante persone, e addirittura anche a credenti, anche a persone che fino a ieri potevano essere annoverate tra le più fedeli o che, pur tra [336] sofferenze, lo sono in qualche modo ancora oggi? I motivi sono tra loro molto diversi, anzi opposti, a seconda delle posizioni.
Alcuni soffrono perché la Chiesa si è troppo adeguata ai parametri del mondo d’oggi; altri sono infastiditi perché ne resta ancora troppo estranea. Per la maggior parte della gente, la scontentezza nei confronti della Chiesa comincia col fatto che essa è un’istituzione come tante altre, e che come tale limita la mia libertà. La sete di libertà è la forma in cui oggi si esprimono il desiderio di liberazione e la percezione di non essere liberi, di essere alienati. L’invocazione di libertà aspira ad un’esistenza che non sia limitata da ciò che è già dato e che mi ostacola nel mio pieno sviluppo, presentandomi dal di fuori la strada che io dovrei percorrere. Ma dappertutto andiamo a sbattere contro barriere e blocchi stradali di questo genere, che ci fermano impedendoci di andare oltre. Gli sbarramenti che la Chiesa innalza si presentano quindi come doppiamente pesanti, poiché penetrano fin nella sfera più personale e più intima. Le norme di vita della Chiesa sono infatti ben di più che una specie di regole del traffico, affinché la convivenza umana eviti il più possibile gli scontri. Esse riguardano il mio cammino interiore, e mi dicono come devo comprendere e configurare la mia libertà. Esse esigono da me decisioni, che non si possono prendere senza il dolore della rinuncia. Non si vuole forse negarci i frutti più belli del giardino della vita? Non è forse vero che con la ristrettezza di così tanti comandi e divieti ci viene sbarrata la strada di un orizzonte aperto? E il pensiero, non viene forse ostacolato nella sua grandezza, come pure la volontà? Non deve forse la liberazione essere necessariamente l’uscita da una simile tutela spirituale? E l’unica vera riforma, non sarebbe forse quella di respingere tutto ciò? Ma allora cosa rimane ancora di questa compagnia?
L’amarezza contro la Chiesa ha però anche un motivo specifico. Infatti, in mezzo ad un mondo governato da dura disciplina e da inesorabili costrizioni, si leva verso la Chiesa ancora e sempre una silenziosa speranza: essa potrebbe rappresentare in tutto ciò come una piccola isola di vita migliore, una piccola oasi di libertà, in cui di tanto in tanto ci si può ritirare. L’ira contro la Chiesa o la delusione nei suoi confronti hanno perciò un carattere particolare, poiché silenziosamente ci si attende da essa di più che da altre istituzioni mondane. In essa si dovrebbe realizzare il sogno di un mondo migliore. Quanto meno, si vorrebbe assaporare in essa il gusto della libertà, dell’essere liberati: quell’uscir fuori dalla caverna, di cui parla Gregorio Magno ricollegandosi a Platone. [337]
Tuttavia, dal momento che la Chiesa nel suo aspetto concreto si è talmente allontanata da simili sogni, assumendo anch’essa il sapore di una istituzione e di tutto ciò che è umano, contro di essa sale una collera particolarmente amara. E questa collera non può venir meno, proprio poiché non si può estinguere quel sogno che ci aveva rivolti con speranza verso di essa. Siccome la Chiesa non è così come appare nei sogni, si cerca disperatamente di renderla come la si desidererebbe: un luogo in cui si possano esprimere tutte le libertà, uno spazio dove siano abbattuti i nostri limiti, dove si sperimenti quell’utopia che ci dovrà pur essere da qualche parte. Come nel campo dell’azione politica si vorrebbe finalmente costruire il mondo migliore, così si pensa, si dovrebbe finalmente (magari come prima tappa sulla via verso di esso) metter su anche la Chiesa migliore: una Chiesa di piena umanità, piena di senso fraterno, di generosa creatività, una dimora di riconciliazione di tutto e per tutti.
Riforma inutile
Ma in che modo dovrebbe accadere questo? Come può riuscire una simile riforma? Orbene; dobbiamo pur cominciare, si dice. Lo si dice spesso con l’ingenua presunzione dell’illuminato, il quale è convinto che le generazioni fino ad ora non abbiano ben compreso la questione, oppure che siano state troppo timorose e poco illuminate; noi però abbiamo ora finalmente nello stesso tempo sia il coraggio che l’intelligenza. Per quanta resistenza possano opporre i reazionari e i “fondamentalisti” a questa nobile impresa, essa deve venir posta in opera. Almeno c’è una ricetta oltremodo illuminante per il primo passo.
La Chiesa non è una democrazia. Da quanto appare, essa non ha ancora integrato nella sua costituzione interna quel patrimonio di diritti della libertà che l’Illuminismo ha elaborato e che da allora è stato riconosciuto come regola fondamentale delle formazioni sociali e politiche. Così sembra la cosa più normale del mondo recuperare una buona volta quanto era stato trascurato e cominciare coll’erigere questo patrimonio fondamentale di strutture di libertà. Il cammino conduce – come si suol dire – da una Chiesa paternalistica e distributrice di beni ad una Chiesa-comunità. Si dice che nessuno più dovrebbe rimanere passivo ricevitore dei doni che fanno esser cristiano. Tutti devono invece diventare attivi operatori della vita cristiana. La Chiesa non deve più venir calata giù dall’alto. No! Siamo noi che “facciamo” la Chiesa, e la facciamo sempre nuova. Così essa diverrà finalmente la “nostra” Chiesa, e noi i suoi attivi soggetti responsabili. L’aspetto passivo cede a quello attivo. La Chiesa sorge attraverso discussioni, accordi e decisioni. Nel dibatti[338]to emerge ciò che ancora oggi può esser richiesto, ciò che oggi può ancora essere riconosciuto da tutti come appartenente alla fede o come linea morale direttiva. Vengono coniate nuove “formule di fede” abbreviate.
In Germania, a un livello abbastanza elevato, è stato detto che anche la Liturgia non deve più corrispondere ad uno schema previo, già dato, ma deve sorgere invece sul posto, in una data situazione ad opera della comunità per cui viene celebrata. Anche essa non deve più essere niente di già precostituito, ma invece qualcosa di fatto da sé, qualcosa che sia espressione di se stessi. Su questa via si rivela essere un po’ di ostacolo, per lo più, la parola della Scrittura, alla quale però non si può rinunciare del tutto. Si deve allora affrontarla con molta libertà di scelta. Non sono molti però i testi che si lasciano impiegare in modo tale da adattarsi senza disturbi a quell’auto-realizzazione, alla quale la liturgia ora sembra essere destinata.
In quest’opera di riforma, in cui ora finalmente anche nella Chiesa l’“autogestione” deve sostituire l’esser guidati da altri, sorgono però presto delle domande. Chi ha qui propriamente il diritto di prendere le decisioni? Su quale base ciò avviene? Nella democrazia politica, a questa domanda si risponde con il sistema della rappresentanza: nelle elezioni i singoli scelgono i loro rappresentanti, i quali prendono le decisioni per loro. Questo incarico è limitato nel tempo; è circoscritto anche contenutisticamente in grandi linee dal sistema partitico, e comprende solo quegli ambiti dell’azione politica che dalla Costituzione sono assegnati alle entità statali rappresentative. Anche a questo proposito rimangono delle questioni: la minoranza deve chinarsi alla maggioranza, e questa minoranza può essere molto grande. Inoltre, non è sempre garantito che il rappresentante che ho eletto agisca e parli davvero nel senso da me desiderato, cosicché anche la maggioranza vittoriosa, osservando le cose più da vicino, ancora una [339] volta non può considerarsi affatto interamente come soggetto attivo dell’evento politico. Al contrario, essa deve accettare anche “decisioni prese da altri”, onde perlomeno non mettere in pericolo il sistema nella sua interezza.
Più importante per la nostra questione è però un problema generale.
Tutto quello che gli uomini fanno, può anche essere annullato da altri. Tutto ciò che proviene da un gusto umano può non piacere ad altri. Tutto ciò che una maggioranza decide può venire abrogato da un’altra maggioranza. Una Chiesa che riposi sulle decisioni di una maggioranza diventa una Chiesa puramente umana. Essa è ridotta al livello di ciò che è plausibile, di quanto è frutto della propria azione e delle proprie intuizioni ed opinioni. L’opinione sostituisce la fede. Ed effettivamente, nelle formule di fede coniate da sé che io conosco, il significato dell’espressione “credo” non va mai al di là del significato “noi pensiamo”. La Chiesa fatta da sé ha alla fine il sapore del “se stessi”, che agli altri “se stessi” non è mai gradito e ben presto rivela la propria piccolezza. Essa si è ritirata nell’ambito dell’empirico, e così si è dissolta anche come ideale sognato.
L’essenza della vera riforma
L’attivista, colui che vuole costruire tutto da sé, è il contrario di colui che ammira (l’“ammiratore”). Egli restringe l’ambito della propria ragione e perde così di vista il Mistero. Quanto più nella Chiesa si estende l’ambito delle cose decise da sé e fatte da sé, tanto più angusta essa diventa per noi tutti. In essa la dimensione grande, liberante, non è costituita da ciò che noi stessi facciamo, ma da quello che a noi tutti è donato. Quello che non proviene dal nostro volere e inventare, bensì è un precederci, un venire a noi di ciò che è inimmaginabile, di ciò che “è più grande del nostro cuore”. La reformatio, quella che è necessaria in ogni tempo, non consiste nel fatto che noi possiamo rimodellarci sempre di nuovo la “nostra” Chiesa come più ci piace, che noi possiamo inventarla, bensì nel fatto che noi spazziamo via sempre nuovamente le nostre proprie costruzioni di sostegno, in favore della luce purissima che viene dall’alto e che è nello stesso tempo l’irruzione della pura libertà.
Lasciatemi dire con un’immagine ciò che io intendo, un’immagine che ho trovato in Michelangelo, il quale riprende in questo da parte sua antiche concezioni della mistica e della filosofia cristiane. Con lo sguardo dell’artista, Michelangelo vedeva già nella pietra che gli stava davanti l’immagine-guida che nascostamente attendeva di venir liberata e messa in luce. Il compito dell’artista – secondo lui – era solo quello di toglier [340] via ciò che ancora ricopriva l’immagine. Michelangelo concepiva l’autentica azione artistica come un riportare alla luce, un rimettere in libertà, non come un fare.
La stessa idea applicata però all’ambito antropologico, si trovava già in San Bonaventura, il quale spiega il cammino attraverso cui l’uomo diviene autenticamente se stesso, prendendo lo spunto dal paragone con l’intagliatore di immagini, cioè con lo scultore. Lo scultore non fa qualcosa, dice il grande teologo francescano. La sua opera è invece una ablatio: essa consiste nell’eliminare, nel togliere via ciò che è inautentico. In questa maniera, attraverso la ablatio, emerge la nobilis forma, cioè la figura preziosa. Così anche l’uomo, affinché risplenda in lui l’immagine di Dio, deve soprattutto e prima di tutto accogliere quella purificazione, attraverso la quale lo scultore, cioè Dio, lo libera da tutte quelle scorie che oscurano l’aspetto autentico del suo essere, facendolo apparire solo come un blocco di pietra grossolano, mentre invece inabita in lui la forma divina.
Se la intendiamo giustamente, possiamo trovare in questa immagine anche il modello guida per la riforma ecclesiale. Certo, la Chiesa avrà sempre bisogno di nuove strutture umane di sostegno, per poter parlare e operare ad ogni epoca storica. Tali istituzioni ecclesiastiche, con le loro configurazioni giuridiche, lungi dall’essere qualcosa di cattivo, sono al contrario, in un certo grado, semplicemente necessarie e indispensabili. Ma esse invecchiano, rischiano di presentarsi come la cosa più essenziale, e distolgono così lo sguardo da quanto è veramente essenziale. Per questo esse devono sempre di nuovo venir portate via, come impalcature divenute superflue. Riforma è sempre nuovamente una ablatio: un toglier via, affinché divenga visibile la nobilis forma, il volto della Sposa e insieme con esso anche il volto dello Sposo stesso, il Signore vivente.
Una simile ablatio, una simile “teologia negativa”, è una via verso un traguardo del tutto positivo. Solo così il Divino penetra, e solo così sorge una congregatio, un’assemblea, un raduno, una purificazione, quella comunità pura a cui aneliamo: una comunità in cui un “io” non sta più contro un altro “io”, un “sé” contro un altro “sé”. Piuttosto quel do[341]narsi, quell’affidarsi con fiducia, che fa parte dell’amore, diventa il reciproco ricevere tutto il bene e tutto ciò che è puro. E così per ciascuno vale la parola del Padre generoso, il quale al figlio maggiore invidioso richiama alla memoria quanto costituisce il contenuto di ogni libertà e di ogni utopia realizzata: “Tutto ciò che è mio è tuo…” (Lc 15,31; cfr. Gv 17,1).
La vera riforma è dunque una ablatio, che come tale diviene congregatio. Cerchiamo di afferrare in modo un po’ più concreto quest’idea di fondo. In un primo approccio avevamo contrapposto all’attivista l’ammiratore, e ci eravamo espressi in favore di quest’ultimo. Ma che cosa esprime questa contrapposizione? L’attivista, colui che vuol sempre fare, pone la sua propria attività al di sopra di tutto. Ciò limita il suo orizzonte all’ambito del fattibile, di ciò che può diventare oggetto del suo fare. Propriamente parlando egli vede soltanto degli oggetti. Non è affatto in grado di percepire ciò che è più grande di lui, poiché ciò porrebbe un limite alla sua attività. Egli restringe il mondo a ciò che è empirico. L’uomo viene amputato. L’attivista si costruisce da solo una prigione, contro la quale poi egli stesso protesta ad alta voce.
Invece l’autentico stupore è un “No” alla limitazione dentro ciò che è empirico, dentro ciò che è solamente l’al di qua. Esso prepara l’uomo all’atto della fede, che gli spalanca d’innanzi l’orizzonte dell’Eterno, dell’Infinito. E solamente ciò che non ha limiti è sufficientemente ampio per la nostra natura, solamente l’illimitato è adeguato alla vocazione del nostro essere. Dove questo orizzonte scompare, ogni residuo di libertà diventa troppo piccolo e tutte le liberazioni, che di conseguenza possono venir proposte, sono un insipido surrogato, che non basta mai.
La prima, fondamentale ablatio, che è necessaria per la Chiesa, è sempre nuovamente l’atto della fede stessa. Quell’atto di fede che lacera le barriere del finito e apre così lo spazio per giungere sino allo sconfinato. La fede ci conduce “lontano, in terre sconfinate”, come dicono i Salmi.
Il moderno pensiero scientifico ci ha sempre più rinchiusi nel carcere del positivismo, condannandoci così al pragmatismo. Per merito suo si possono raggiungere molte cose; si può viaggiare fin sulla luna e ancora più lontano, nell’illimitatezza del cosmo. Tuttavia, nonostante questo, si rimane sempre allo stesso punto, perché la vera e propria frontiera, la frontiera del quantitativo e del fattibile, non viene oltrepassata. Albert Camus ha descritto l’assurdità di questa forma di libertà nella figura dell’imperatore Caligola: tutto è a sua disposizione, ma ogni cosa gli è troppo stretta. Nella sua folle bramosia di avere sempre di più, e cose sempre più grandi, egli grida: Voglio avere la luna, datemi la luna! [342]
 Ora, nel frattempo, è divenuto per noi possibile avere in qualche modo anche la luna. Ma finché non si apre la vera e propria frontiera, la frontiera fra terra e cielo, tra Dio e il mondo, anche la luna è solamente un ulteriore pezzetto di terra, e il raggiungerla non ci porta neanche di un passo più vicini alla libertà e alla pienezza che desideriamo.
La fondamentale liberazione che la Chiesa può darci è lo stare nell’orizzonte dell’Eterno, è l’uscir fuori dai limiti del nostro sapere e del nostro potere. La fede stessa, in tutta la sua grandezza e ampiezza, è perciò sempre nuovamente la riforma essenziale di cui noi abbiamo bisogno; a partire da essa noi dobbiamo sempre di nuovo mettere alla prova quelle istituzioni che nella Chiesa noi stessi abbiamo fatto. Ciò significa che la Chiesa deve essere il ponte della fede, e che essa – specialmente nella sua vita associazionistica intramondana – non può divenire fine a se stessa.
È diffusa oggi qua e là, anche in ambienti ecclesiastici elevati, l’idea che una persona sia tanto più cristiana quanto più è impegnata in attività ecclesiali. Si spinge ad una specie di terapia ecclesiastica dell’attività, del darsi da fare; a ciascuno si cerca di assegnare un comitato o, in ogni caso, almeno un qualche impegno all’interno della Chiesa. In un qualche modo, così si pensa, ci deve sempre essere un’attività ecclesiale, si deve parlare della Chiesa o si deve fare qualcosa per essa o in essa. Ma uno specchio che riflette solamente se stesso non è più uno specchio; una finestra che invece di consentire uno sguardo libero verso il lontano orizzonte, si frappone come uno schermo fra l’osservatore ed il mondo, ha perso il suo senso.
Può capitare che qualcuno eserciti ininterrottamente attività associazionistiche ecclesiali e tuttavia non sia affatto un cristiano. Può capitare invece che qualcun altro viva solo semplicemente della Parola e del Sacramento e pratichi l’amore che proviene dalla fede, senza essere mai comparso in comitati ecclesiastici, senza essersi mai occupato delle novità di politica ecclesiastica, senza aver fatto parte di sinodi e senza aver votato in essi, e tuttavia egli è un vero cristiano.
Non è di una Chiesa più umana che abbiamo bisogno, bensì di una Chiesa più divina; solo allora essa sarà anche veramente umana. E per questo tutto ciò che è fatto dall’uomo, all’interno della Chiesa, deve riconoscersi nel suo puro carattere di servizio e ritrarsi davanti a ciò che più conta e che è l’essenziale.
La libertà, che noi ci aspettiamo con ragione dalla Chiesa e nella Chiesa non si realizza per il fatto che noi introduciamo in essa il principio della maggioranza. Essa non dipende dal fatto che la maggioranza più ampia possibile prevalga sulla minoranza più esigua possibile. Essa dipende invece dal fatto che nessuno può imporre il suo proprio volere agli altri, bensì tutti si riconoscono legati alla parola e alla volontà dell’Unico, che è il nostro Signore e la nostra libertà. Nella Chiesa l’atmosfera diventa angusta e soffocante se i portatori del ministero dimenticano che il Sacramento non è una spar[343]tizione di potere, ma è invece espropriazione di me stesso in favore di Colui, nella persona del quale io devo parlare ed agire. Dove alla sempre maggiore responsabilità corrisponde la sempre maggiore autoespropriazione, lì nessuno è schiavo dell’altro; lì domina il Signore e perciò vale il principio che: «Il Signore è lo Spirito. Dove però c’è lo Spirito del Signore ivi c’è la libertà» (2Cor 3, 17).
Quanti più apparati noi costruiamo, siano anche i più moderni, tanto meno c’è spazio per lo Spirito, tanto meno c’è spazio per il Signore, e tanto meno c’è libertà. lo penso che noi dovremmo, sotto questo punto di vista, iniziare nella Chiesa a tutti i livelli un esame di coscienza senza riserve. A tutti i livelli questo esame di coscienza dovrebbe avere conseguenze assai concrete, e recare con sé una ablatio che lasci di nuovo trasparire il volto autentico della Chiesa. Esso potrebbe ridare a noi tutti il senso della libertà e del trovarsi a casa propria in maniera completamente nuova.
Morale, perdono ed espiazione: il centro personale della riforma
Guardiamo un attimo, prima di andare avanti, a quanto fin qui abbiamo messo in luce. Abbiamo parlato di un doppio “toglimento”, di un atto di liberazione, che è un duplice atto: di purificazione e di rinnovamento.Da prima il discorso ha toccato la fede, che infrange le mura del finito e libera lo sguardo verso le dimensioni dell’Eterno, e non solo lo sguardo, ma anche la strada. La fede è infatti non soltanto riconoscere ma operare; non soltanto una frattura nel muro, ma una mano che salva, che tira fuori dalla caverna. Da ciò abbiamo tratto la conseguenza, per le istituzioni, che l’essenziale ordinamento di fondo della Chiesa ha sì bisogno sempre di nuovi sviluppi concreti e di concrete configurazioni – affinché la sua vita si possa sviluppare in un tempo determinato – ma che però queste configurazioni non possono diventare la cosa essenziale. La Chiesa infatti non esiste allo scopo di tenerci occupati come una qualsiasi associazione intramondana e di conservarsi in vita essa stessa, ma esiste invece per divenire in noi tutti accesso alla vita eterna.
Ora dobbiamo compiere un passo ulteriore, e applicare tutto questo non più al livello generale e oggettivo quale era finora, ma all’ambito personale. Infatti anche qui, nella sfera personale, è necessario un “toglimento” che ci liberi. Sul piano personale non è sempre e senz’altro la “forma preziosa”, cioè l’immagine di Dio inscritta in noi, a balzare all’occhio.
Come prima cosa noi vediamo invece soltanto l’immagine di Adamo, l’immagine dell’uomo non del tutto distrutto, ma pur sempre decaduto. Vediamo le incrostazioni di polvere e sporcizia, che si sono [344] posate sopra l’immagine.Noi tutti abbiamo bisogno del vero Scultore, il quale toglie via ciò che deturpa l’immagine, abbiamo bisogno del perdono, che costituisce il nucleo di ogni vera riforma. Non è certamente un caso che nelle tre tappe decisive del formarsi della Chiesa, raccontate dai Vangeli, la remissione dei peccati giochi un ruolo essenziale. C’è in primo luogo la consegna delle chiavi a Pietro. La potestà a lui conferita di legare e sciogliere, di aprire e chiudere, di cui qui si parla, è, nel suo nucleo, incarico di lasciar entrare, di accogliere in casa, di perdonare (Mt 16,19). La stessa cosa si trova di nuovo nell’Ultima Cena, che inaugura la nuova comunità a partire dal corpo di Cristo e nel corpo di Cristo. Essa diviene possibile per il fatto che il  Signore versa il suo sangue “per i molti, in remissione dei peccati” (Mt 26,28). Infine il Risorto, nella sua prima apparizione agli Undici, fonda la comunione della sua pace nel fatto che egli dona loro la potestà di perdonare (Gv 20,19-23). La Chiesa non è una comunità di coloro che “non hanno bisogno del medico”, bensì una comunità di peccatori convertiti, che vivono della grazia del perdono, trasmettendola a loro volta ad altri.
Se leggiamo con attenzione il Nuovo Testamento, scopriamo che il perdono non ha in sé niente di magico; esso però non è nemmeno un far finta di dimenticare, non è “un fare come se non”, ma invece un processo di cambiamento del tutto reale, quale lo Scultore lo compie.
Il toglier via la colpa rimuove davvero qualcosa; l’avvento del perdono in noi si mostra nel sopraggiungere della penitenza. Il perdono è in tal senso un processo attivo e passivo: la potente parola creatrice di Dio su di noi opera il dolore del cambiamento e diventa così un attivo trasformarsi. Perdono e penitenza, grazia e propria personale conversione non sono in contraddizione, ma sono invece due facce dell’unico e medesimo evento. Questa fusione di attività e passività esprime la forma essenziale dell’esistenza umana. Infatti tutto il nostro creare comincia con l’essere creati, con il nostro partecipare all’attività creatrice di Dio.
Qui siamo giunti ad un punto veramente centrale: credo infatti che il nucleo della crisi spirituale del nostro tempo abbia le sue radici nell’oscurarsi della grazia del perdono. Notiamo però dapprima l’aspetto positivo del presente: la dimensione morale comincia nuovamente a poco a poco a venir tenuta in onore. Si riconosce, anzi è divenuto evidente, che ogni progresso tecnico è discutibile e ultimamente distruttivo, se ad esso non corrisponde una crescita morale. Si ricono[345]sce che non c’è riforma dell’uomo e dell’umanità senza un rinnovamento morale. Ma l’invocazione di moralità rimane alla fine senza energia, poiché i parametri si nascondono in una fitta nebbia di discussioni. In effetti l’uomo non può sopportare la pura e semplice morale, non può vivere di essa: essa diviene per lui una “legge”, che provoca il desiderio di contraddirla e genera il peccato.
Perciò là dove il perdono, il vero perdono pieno di efficacia, non viene riconosciuto o non vi si crede, la morale deve venir tratteggiata in modo tale che le condizioni del peccare per il singolo uomo non possano mai propriamente verificarsi. A grandi linee si può dire che l’odierna discussione morale tende a liberare gli uomini dalla colpa, facendo sì che non subentrino mai le condizioni della sua possibilità. Viene in mente la mordace frase di Pascal: Ecce patres, qui tollunt peccata mundi!. Ecco i padri, che tolgono i peccati del mondo. Secondo questi “moralisti”, non c’è semplicemente più alcuna colpa.
Naturalmente, tuttavia, questa maniera di liberare il mondo dalla colpa è troppo a buon mercato. Dentro di loro, gli uomini così liberati sanno assai bene che tutto questo non è vero, che il peccato c’è, che essi stessi sono peccatori e che deve pur esserci una maniera effettiva di superare il peccato. AncheGesù stesso non chiama infatti coloro che si sono già liberati da sé e che perciò – come essi ritengono – non hanno bisogno di Lui, ma chiama invece coloro che si sanno peccatori e che perciò hanno bisogno di Lui.
La morale conserva la sua serietà solamente se c’è il perdono, un perdono reale, efficace; altrimenti essa ricade nel puro e vuoto condizionale. Ma il vero perdono c’è solo se c’è il “prezzo d’acquisto”, l'”equivalente nello scambio”, se la colpa è stata espiata, se esiste l’espiazione. La circolarità che esiste tra «morale – perdono –espiazione» non può essere spezzata; se manca un elemento cade anche tutto il resto. Dall’indivisa esistenza di questo circolo dipende se per l’uomo c’è redenzione oppure no. Nella Torah, nei cinque libri di Mosé, questi tre elementi sono indivisibilmente annodati l’uno all’altro e non è possibile perciò da questo centro compatto appartenente al Canone dell’An[346]tico Testamento scorporare, alla maniera illuminista, una legge morale sempre valida, abbandonando tutto il resto alla storia passata. Questa modalità moralistica di attualizzazione dell’Antico Testamento finisce necessariamente in un fallimento; in questo punto preciso stava già l’errore di Pelagio, il quale ha oggi molti più seguaci di quanto non sembri a prima vista. Gesù ha invece adempiuto a tutta la Legge, non solamente ad una parte di essa e così l’ha rinnovata dalla base. Egli stesso, che ha patito espiando ogni colpa, è espiazione e perdono contemporaneamente, e perciò è anche l’unica sicura e sempre valida base della nostra morale.
Non si può disgiungere la morale dalla cristologia, poiché non la si può separare dall’espiazione e dal perdono. In Cristo tutta quanta la Legge è adempiuta, e quindi la morale è diventata una vera, adempibile esigenza rivolta nei nostri confronti. A partire dal nucleo della fede, si apre così sempre di nuovo la via del rinnovamento per il singolo, per la Chiesa nel suo insieme e per l’umanità.
La sofferenza, il martirio e la gioia della Redenzione
Su questo ci sarebbe ora molto da dire. Cercherò però solo, molto brevemente, di accennare come conclusione, ancora a ciò che nel nostro contesto mi appare come la cosa più importante. Il perdono e la sua realizzazione in me, attraverso la via della penitenza e della sequela, è in primo luogo il centro del tutto personale di ogni rinnovamento. Ma proprio perché il perdono concerne la persona nel suo nucleo più intimo, esso è in grado di raccogliere in unità, ed è anche il centro del rinnovamento della comunità.
Se infatti vengono tolte via da me la polvere e la sporcizia, che rendono irriconoscibile in me l’immagine di Dio, allora in tal modo io divengo davvero anche simile all’altro, il quale è anche lui immagine di Dio, e soprattutto io divengo simile a Cristo, che è l’immagine di Dio senza limite alcuno, il modello secondo il quale noi tutti siamo stati creati. Paolo esprime questo processo in termini assai drastici: «La vecchia immagine è passata, ecco ne è sorta una nuova; non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Si tratta di un processo di morte e di nascita. Io sono strappato al mio isolamento e sono accolto in una nuova comunità-soggetto; il mio “io” è inserito nell`io” di Cristo e così è unito a quello di tutti i miei fratelli. Solamente a partire da questa profondità di rinnovamento del singolo nasce la Chiesa, nasce la comunità che unisce e sostiene in vita e in morte. Solamente quando prendiamo in considerazione tutto ciò, vediamo la Chiesa nel suo giusto ordine di grandezza.
La Chiesa: essa non è soltanto il piccolo gruppo degli attivisti che si [347] trovano insieme in un certo luogo per dare avvio ad una vita comunitaria. La Chiesa non è nemmeno semplicemente la grande schiera di coloro che alla domenica si radunano insieme per celebrare l’Eucarestia. E infine, la Chiesa è anche di più che Papa, vescovi e preti, di coloro che sono investiti del ministero sacramentale. Tutti costoro che abbiamo nominato fanno parte della Chiesa, ma il raggio della compagnia in cui entriamo mediante la fede, va più in là, va persino al di là della morte.
Di essa fanno parte tutti i Santi, a partire da Abele e da Abramo e da tutti i testimoni della speranza di cui racconta l’Antico Testamento, passando attraverso Maria, la Madre del Signore, e i suoi apostoli, attraverso Thomas Becket e Tommaso Moro, per giungere fino a Massimiliano Kolbe, a Edith Stein, a Piergiorgio Frassati. Di essa fanno parte tutti gli sconosciuti e i non nominati, la cui fede nessuno conobbe tranne Dio; di essa fanno parte gli uomini di tutti i luoghi e tutti i tempi, il cui cuore si protende sperando e amando verso Cristo, “l’autore e perfezionatore della fede”, come lo chiama la lettera agli Ebrei (12,2).
Non sono le maggioranze occasionali che si formano qui o là nella Chiesa a decidere il suo e il nostro cammino. Essi, i Santi, sono la vera, determinante maggioranza secondo la quale noi ci orientiamo. Ad essa noi ci atteniamo! Essi traducono il divino nell’umano, l’eterno nel tempo. Essi sono i nostri maestri di umanità, che non ci abbandonano nemmeno nel dolore e nella solitudine, anzi anche nell’ora della morte camminano al nostro fianco.
Qui noi tocchiamo qualcosa di molto importante. Una visione del mondo che non può dare un senso anche al dolore e renderlo prezioso non serve a niente. Essa fallisce proprio là dove fa la sua comparsa la questione decisiva dell’esistenza. Coloro che sul dolore non hanno nient’altro da dire se non che si deve combatterlo, ci ingannano. Certamente bisogna fare di tutto per alleviare il dolore di tanti innocenti e per limitare la sofferenza. Ma una vita umana senza dolore non c’è, e chi non è capace di accettare il dolore, si sottrae a quelle purificazioni che sole ci fanno diventar maturi. Nella comunione con Cristo il dolore diventa pieno di significato, non solo per me stesso, come processo di ablatio, in cui Dio toglie da me le scorie che oscurano la sua immagine, ma anche al di là di me stesso esso è utile per il tutto, cosicché noi tutti possiamo dire con San Pao[348]lo: «Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo Corpo che è la Chiesa» (Col 1,24).
Thomas Becket, che insieme con l’Ammiratore e con Einstein ci ha guidato nelle riflessioni di questi giorni, ci incoraggia ancora ad un ultimo passo. La vita va più in là della nostra esistenza biologica. Dove non c’è più motivo per cui vale la pena morire, là anche la vita non val più la pena. Dove la fede ci ha aperto lo sguardo e ci ha reso il cuore più grande, ecco che qui acquista tutta la sua forza di illuminazione anche quest’altra frase di San Paolo: «Nessuno di noi vive per se stesso, e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore; se moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore» (Rom 14,7-8).
Quanto più noi siamo radicati nella compagnia con Gesù Cristo e con tutti coloro che a Lui appartengono, tanto più la nostra vita sarà sostenuta da quella irradiante fiducia cui ancora una volta San Paolo ha dato espressione: «Di questo io sono certo: né morte né vita, né angeli né potestà, né presente né futuro, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù nostro Signore» (Rom 8,38-39).
Cari amici, da simile fede noi dobbiamo lasciarci riempire! Allora la Chiesa cresce come comunione nel cammino verso e dentro la vera vita, e allora essa si rinnova di giorno in giorno. Allora essa diventa la grande casa con tante dimore; allora la molteplicità dei doni dello Spirito può operare in essa. Allora noi vedremo «com’è buono e bello che i fratelli vivano insieme. E’ come rugiada dell’Ermon, che scende sul monte di Sion; là il Signore dona benedizione e vita in eterno» (-Sal 133,1-3) [349].

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI Basilica Vaticana Mercoledì delle Ceneri


SANTA MESSA, BENEDIZIONE E IMPOSIZIONE DELLE CENERI
OMELIA DEL 
SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Basilica Vaticana
Mercoledì delle Ceneri, 
13 febbraio 2013   
[Video]Galleria fotografica

Venerati Fratelli,

cari fratelli e sorelle!

Oggi, Mercoledì delle Ceneri, iniziamo un nuovo cammino quaresimale, un cammino che si snoda per quaranta giorni e ci conduce alla gioia della Pasqua del Signore, alla vittoria della Vita sulla morte. Seguendo l’antichissima tradizione romana delle stationes quaresimali, ci siamo radunati oggi per la Celebrazione dell’Eucaristia. Tale tradizione prevede che la prima statio abbia luogo nella Basilica di Santa Sabina sul colle Aventino. Le circostanze hanno suggerito di radunarsi nella Basilica Vaticana. Siamo numerosi intorno alla Tomba dell’Apostolo Pietro anche a chiedere la sua intercessione per il cammino della Chiesa in questo particolare momento, rinnovando la nostra fede nel Pastore Supremo, Cristo Signore. Per me è un’occasione propizia per ringraziare tutti, specialmente i fedeli della Diocesi di Roma, mentre mi accingo a concludere il ministero petrino, e per chiedere un particolare ricordo nella preghiera.

Le Letture che sono state proclamate ci offrono spunti che, con la grazia di Dio, siamo chiamati a far diventare atteggiamenti e comportamenti concreti in questa Quaresima. La Chiesa ci ripropone, anzitutto, il forte richiamo che il profeta Gioele rivolge al popolo di Israele: «Così dice il Signore: ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti» (2,12). Va sottolineata l’espressione «con tutto il cuore», che significa dal centro dei nostri pensieri e sentimenti, dalle radici delle nostre decisioni, scelte e azioni, con un gesto di totale e radicale libertà. Ma è possibile questo ritorno a Dio? Sì, perché c’è una forza che non risiede nel nostro cuore, ma che si sprigiona dal cuore stesso di Dio. E’ la forza della sua misericordia. Dice ancora il profeta: «Ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male» (v.13). Il ritorno al Signore è possibile come ‘grazia’, perché è opera di Dio e frutto della fede che noi riponiamo nella sua misericordia. Questo ritornare a Dio diventa realtà concreta nella nostra vita solo quando la grazia del Signore penetra nell’intimo e lo scuote donandoci la forza di «lacerare il cuore». E’ ancora il profeta a far risuonare da parte di Dio queste parole: «Laceratevi il cuore e non le vesti» (v.13). In effetti, anche ai nostri giorni, molti sono pronti a “stracciarsi le vesti” di fronte a scandali e ingiustizie – naturalmente commessi da altri –, ma pochi sembrano disponibili ad agire sul proprio “cuore”, sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta.

Quel «ritornate a me con tutto il cuore», poi, è un richiamo che coinvolge non solo il singolo, ma la comunità. Abbiamo ascoltato sempre nella prima Lettura: «Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo» (vv.15-16). La dimensione comunitaria è un elemento essenziale nella fede e nella vita cristiana. Cristo è venuto «per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (cfr Gv 11,52). Il “Noi” della Chiesa è la comunità in cui Gesù ci riunisce insieme (cfr Gv 12,32): la fede è necessariamente ecclesiale. E questo è importante ricordarlo e viverlo in questo Tempo della Quaresima: ognuno sia consapevole che il cammino penitenziale non lo affronta da solo, ma insieme con tanti fratelli e sorelle, nella Chiesa.

Il profeta, infine, si sofferma sulla preghiera dei sacerdoti, i quali, con le lacrime agli occhi, si rivolgono a Dio dicendo: «Non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti. Perché si dovrebbe dire fra i popoli: “Dov’è il loro Dio?”» (v.17). Questa preghiera ci fa riflettere sull’importanza della testimonianza di fede e di vita cristiana di ciascuno di noi e delle nostre comunità per manifestare il volto della Chiesa e come questo volto venga, a volte, deturpato. Penso in particolare alle colpe contro l’unità della Chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale. Vivere la Quaresima in una più intensa ed evidente comunione ecclesiale, superando individualismi e rivalità, è un segno umile e prezioso per coloro che sono lontani dalla fede o indifferenti.

«Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2 Cor 6,2). Le parole dell’apostolo Paolo ai cristiani di Corinto risuonano anche per noi con un’urgenza che non ammette assenze o inerzie. Il termine “ora” ripetuto più volte dice che questo momento non può essere lasciato sfuggire, esso viene offerto a noi come un’occasione unica e irripetibile. E lo sguardo dell’Apostolo si concentra sulla condivisione con cui Cristo ha voluto caratterizzare la sua esistenza, assumendo tutto l’umano fino a farsi carico dello stesso peccato degli uomini. La frase di san Paolo è molto forte: Dio «lo fece peccato in nostro favore». Gesù, l’innocente, il Santo, «Colui che non aveva conosciuto peccato» (2 Cor 5,21), si fa carico del peso del peccato condividendone con l’umanità l’esito della morte, e della morte di croce. La riconciliazione che ci viene offerta ha avuto un prezzo altissimo, quello della croce innalzata sul Golgota, su cui è stato appeso il Figlio di Dio fatto uomo. In questa immersione di Dio nella sofferenza umana e nell’abisso del male sta la radice della nostra giustificazione. Il «ritornare a Dio con tutto il cuore» nel nostro cammino quaresimale passa attraverso la Croce, il seguire Cristo sulla strada che conduce al Calvario, al dono totale di sé. E’ un cammino in cui imparare ogni giorno ad uscire sempre più dal nostro egoismo e dalle nostre chiusure, per fare spazio a Dio che apre e trasforma il cuore. E san Paolo ricorda come l’annuncio della Croce risuoni a noi grazie alla predicazione della Parola, di cui l’Apostolo stesso è ambasciatore; un richiamo per noi affinché questo cammino quaresimale sia caratterizzato da un ascolto più attento e assiduo della Parola di Dio, luce che illumina i nostri passi.

Nella pagina del Vangelo di Matteo, che appartiene al cosiddetto Discorso della montagna, Gesù fa riferimento a tre pratiche fondamentali previste dalla Legge mosaica: l’elemosina, la preghiera e il digiuno; sono anche indicazioni tradizionali nel cammino quaresimale per rispondere all’invito di «ritornare a Dio con tutto il cuore». Ma Gesù sottolinea come sia la qualità e la verità del rapporto con Dio ciò che qualifica l’autenticità di ogni gesto religioso. Per questo Egli denuncia l’ipocrisia religiosa, il comportamento che vuole apparire, gli atteggiamenti che cercano l’applauso e l’approvazione. Il vero discepolo non serve se stesso o il “pubblico”, ma il suo Signore, nella semplicità e nella generosità: «E il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,4.6.18). La nostra testimonianza allora sarà sempre più incisiva quanto meno cercheremo la nostra gloria e saremo consapevoli che la ricompensa del giusto è Dio stesso, l’essere uniti a Lui, quaggiù, nel cammino della fede, e, al termine della vita, nella pace e nella luce dell’incontro faccia a faccia con Lui per sempre (cfr 1 Cor 13,12).

Cari fratelli e sorelle, iniziamo fiduciosi e gioiosi l’itinerario quaresimale. Risuoni forte in noi l’invito alla conversione, a «ritornare a Dio con tutto il cuore», accogliendo la sua grazia che ci fa uomini nuovi, con quella sorprendente novità che è partecipazione alla vita stessa di Gesù. Nessuno di noi, dunque, sia sordo a questo appello, che ci viene rivolto anche nell’austero rito, così semplice e insieme così suggestivo, dell’imposizione delle ceneri, che tra poco compiremo. Ci accompagni in questo tempo la Vergine Maria, Madre della Chiesa e modello di ogni autentico discepolo del Signore. Amen!


AMDG et BVM 
 “Madre di Dio, Corredentrice del mondo, prega per noi

Che cosa odiate di più nei Cristiani? "La Devozione alla Grande Signora"... - fu risposto