sabato 29 agosto 2015

Lo strano caso della neve di vetro caduta su Firenze

Cold Case 3: Lo strano caso della neve di vetro caduta su Firenze

 27 ottobre 1954. È il primo pomeriggio. Sugli spalti dello stadio di Firenze ci sono migliaia di persone: in campo si gioca una partita d’allenamento tra Fiorentina e Pistoiese. Improvvisamente, però, gli sguardi dei tifosi si spostano dalle azioni di gioco e si alzano verso l’alto, dove sfrecciano due oggetti bianchi.  Al loro passaggio, dal cielo incominciano a cadere degli strani fiocchi di una sostanza mai vista, simile a lana vetrosa, che spariscono non appena toccano il terreno. Si fermano, ammutoliti, anche i giocatori delle due squadre e la partita viene sospesa.


UN QUOTIDIANO DELL'EPOCA RIPORTA LO STRANO CASO

Quello che si dice, davvero, un evento eccezionale… Ancora di più, quando un filamento- recuperato e conservato da un giovane studente universitario,  il primo ad aver avvisato la stampa di quanto stesse avvenendo- viene analizzato  dal professor Giovanni Canneri, dell’Istituto di Chimica Analitica dell’Università di Firenze. Si tratta- stabilisce il referto di laboratorio- di un composto formato da calcio, magnesio, silicio e boro- quest’ultimo, un elemento chimico che non si trova libero in natura. E dopo Firenze, lo stesso fenomeno si ripete- nei giorni successivi- in altre città del Centro Italia: Lucca, Perugia, Roma , Civitavecchia… Anche in questi casi, l’anomala pioggia di sostanza biancastra segue il passaggio di altrettanto anomali oggetti volanti.

La notizia campeggia sulla prima pagina dei quotidiani nazionali: in mancanza di foto, i disegnatori dell’epoca rappresentano a matita e china l’incredibile episodio. Si moltiplicano le possibili spiegazioni: ognuno dice la sua. C’è chi ipotizza che si tratti davvero di lana di vetro, persa da un aviogetto in quota o forse portata via dal vento in una fabbrica: ipotesi subito smentite dagli addetti ai lavori.  Ugualmente fantasiose le altre teorie: lo strano precipitato sarebbe vetro fuso espulso da un’eruzione vulcanica, prodotto da un fulmine o, persino, frutto di un esperimento atomico… Oppure, propone un altro esperto, è solo un fenomeno naturale: quella sostanza piovuta dal cielo èun’impalpabile ragnatela filata da un tipo di ragnetto che si muove lasciandosi trasportare dalle correnti d’aria. Ma che dire di quelle due sfere viste muoversi in cielo? Nient’altro che distorsioni ottiche dovute alla luce del sole. Anche se- come i giornali dell’epoca riportano- alcuni testimoni hanno assistito al passaggio dei globi e alla pioggia di filamenti anche di notte.


ECCO COME POTEVANO APPARIRE I FIOCCHI VETROSI

Qualche giornalista, ovviamente, osa anche avanzare la spiegazione extraterrestre,supportata da racconti e casi simili segnalati all’estero. Dischi volanti argentei, astronavi a forma di sigaro, luci misteriose: dall’Europa all’Africa, sembra cheun’ondata di avvistamenti Ufo stia seminando il panico in mezzo mondo. Non solo:  si scopre che si sarebbero già verificate, in passato, “piogge” di sostanza vetrosa. Ad esempio, nel 1952, nella vicina Francia, da oggetti volanti sarebbero caduti a terra fili sottili come capelli: bianchi e inconsistenti, avrebbero formato una massa gelatinosa prima di decomporsi completamente al suolo.

Come spesso accade, dopo il grande clamore iniziale, sull’enigmatica vicenda presto è calato il sipario. Nessuno ha mai accertato con esattezza cosa sia davvero accaduto, quel giorno, a Firenze, davanti agli occhi di migliaia di persone. Ma i ricercatori hanno continuato ad interrogarsi, anche perchè il fenomeno si è ripetuto, ancora, molte volte, nel corso degli anni. Spesso, ma non sempre, correlato al passaggio o alla segnalazione di strani velivoli nel cielo. I filamenti sono ora noti come “angel hair”, capelli d’angelo, e sulla loro natura le opinioni restano divergenti. Probabilmente perchè non si tratta di un singolo fenomeno univoco, ma di più fenomeni  di origine differente.

Tra gli studiosi italiani dei “capelli d’angelo” c’è un lettore di Extremamente.it, il professor Sebastiano Pernice, del Cisu di Palermo, di cui è coordinatore per gli avvistamenti Ufo. Ecco cosa mi scrive:

  <Ciao a tutti, sono Sebastiano Pernice e sto scrivendo un catalogo di tutti i casi di “pioggia di filamenti dal cielo “, sia in Italia che nel mondo. Per filamenti intendo, in particolare, i capelli d’angelo o più universalmente noti come  “angel hair “. Basta digitare nella ricerca web queste 2 parole per trovare una ampia casistica. Questo è un fenomeno stagionale, cioè si verifica soprattutto da metà Settembre a Dicembre di ogni anno. Fuori da questo periodo i filamenti potrebbero essere di tutt’altro genere, possibilmente di origine chimica. Ed è per questo motivo che al 90% dei casi questi filamenti vengono sottoposti ad analisi (vedasi il clamoroso caso del 27 ottobre 1954 a Firenze ).

Ma io mi interesso soprattutto di quei filamenti che sono ” tela di ragno ” utilizzata da piccoli ragnetti ( 1,3 mm- 1,5mm ) per andare a colonizzare nuovi territori per ripopolarsi. In breve: una specie di ragni per migrare in nuovi territori secerne un filo di seta molto, molto sottile ( si parla di millimicron ) che unito ad altri fili secreti da altri ragnetti forma una “treccia” visibile anche a occhio nudo. Di solito si vedono penzolare da pali della luce, fili del telefono, rami di alberi ecc… e sempre meglio in controluce, in quanto, somigliando alla seta, riflettono la luce del Sole.

Tanti di questi fili possono riunirsi nel formare un ” balloon ” e si affidano, prima,  a correnti ascensionali e poi  ai venti per lasciarsi trasportare anche per decine di chilometri a quote abbastanza alte, anche 2-3 Km. Ancora sto studiando per quale motivo questo fenomeno si verifichi soprattutto nelle regioni del Nord Italia (Novara, Pavia, Milano, basso Polesine…), e molto raramente a Sud . Su 800 casi catalogati solo 3 in Sicilia , ma anche nel Lazio si sono verificate piogge di ragnatele. Il fenomeno si manifesta in giornate assolate anche se fredde.

Quindi un fenomeno della natura, nulla di misterioso. Però ad onor di cronaca devo aggiungere che vi sono state altre ricerche  in merito di altri studiosi. Ne indico solamente i più noti, lasciando a chi si interessasse all’argomento di cercare nel web: Prof. Meessen padre e figlio in “Analyse du phénomène des cheveux d’ange “, Keith Basterfield, Murray Bott, Brian Boldman che nei casi da lui studiati ha scoperto che  per quasi il 50% questa pioggia di filamenti si è vista dopo il passaggio di un UFO>.


FILAMENTI PRODOTTI DA RAGNI?

Dunque è proprio questo il periodo giusto per osservare il curioso fenomeno. Se qualcuno si fosse imbattuto in qualche filo caduto dal cielo di natura ignota, può contattare il prof. Pernice al suo indirizzo di posta: sebastiano-pernice@alice.it  .

SABRINA PIERAGOSTINI

Domenica 30 agosto 2015 XXII Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta



Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 7,1-8.14-15.21-23.
Allora si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate -
i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi,
e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame -
quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.
Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e intendete bene:
non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo».
Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi,
adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza.
Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo».
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 5 Capitolo 300 pagina 35.
1La città di Naim è in gran festa. Essa ospita Gesù. Per la prima volta dopo il miracolo del giovane Daniele risuscitato da morte.
Preceduto e seguito da un buon numero i persone, Gesù traversa, benedicendo, la città. A quelli di Naim si sono unite persone di altri luoghi, provenienti da Cafarnao, dove erano andati a cercarlo e da dove erano stati mandati a Cana e da qui a Naim. Ho l’impressione che, ora che ha molti discepoli, Gesù abbia costituito come una rete d’informazioni, di modo che i pellegrini che lo cercano lo possano trovare nonostante il suo continuo spostarsi, sebbene di poche miglia al giorno, quanto lo consente la stagione e la brevità delle giornate. E fra questi, che sono venuti a cercarlo da altrove, non mancano farisei e scribi, in apparenza ossequienti…

2Gesù è ospite in casa del giovane risuscitato. Nella stessa sono convenuti i notabili del paese. E la madre di Daniele, vedendo gli scribi e i farisei - sette come i peccati capitali - tutta umile li invita, scusandosi di non poter offrire loro più degna dimora.
«C’è il Maestro, c’è il Maestro, donna. Ciò dà valore anche a una spelonca. Ma la tua casa è ben più di una spelonca, e noi vi entriamo dicendo: “Pace a te e alla tua casa”».
Infatti la donna, pur non essendo certo una ricca, si è fatta in quattro per onorare Gesù. Certo sono entrate in lizza tutte le ricchezze di Naim, messe cooperativamente in moto per addobbare casa e mensa. E le rispettive proprietarie occhieggiano, da tutti i punti possibili, la comitiva che passa per il corridoio di ingresso diretta a due stanze prospicienti, nelle quali la padrona di casa ha approntato le tavole. Forse hanno chiesto questo solo, per il prestito delle stoviglie e tovaglie e sedili, e per la loro prestazione d’opera ai fornelli: questo di vedere da vicino il Maestro e respirare dove Egli respira. Ed ora si affacciano qua e là, rosse, infarinate o incenerate, o con le mani sgocciolanti, a seconda delle loro incombenze culinarie; sbirciano, si prendono il loro scampolino di sguardo divino, la loro briciolina di voce divina, bevono la dolce benedizione e la dolce figura con lo sguardo e l’udito, e tornano ancor più rosse ai loro fornelli, madie e acquai: felici.
Felicissima, poi, quella che con la padrona di casa offre i bacili delle abluzioni agli ospiti di riguardo. È una giovanetta bruna nei capelli e negli occhi, ma dal colorito soffuso di rosa. E ancor più rosa diventa quando la padrona di casa avverte Gesù che essa è la sposa di suo figlio e presto verranno compiute le nozze. «Abbiamo atteso la tua venuta a compierle, perché tutta la casa fosse santificata da Te. Ma ora benedici lei pure, acciò sia buona moglie in questa casa».
Gesù la guarda e, poiché la sposina si curva, le impone le mani dicendo: «Rifioriscano in te le virtù di Sara, Rebecca e Rachele, e da te si generino dei veri figli di Dio, per la sua gloria e per la letizia di questa dimora».
Ormai Gesù e i notabili sono tutti purificati ed entrano nella stanza del convito con il giovane padrone di casa, mentre gli apostoli con altri uomini di Naim meno influenti entrano nella stanza di fronte. E il convito ha luogo.

3Capisco dai discorsi che prima che avesse inizio la visione, Gesù aveva predicato e guarito in Naim. Ma i farisei e scribi poco si soffermano su questo, mentre tempestano di domande quelli di Naim per sapere particolari sulla malattia di cui era morto Daniele, e quante ore erano intercorse dalla morte alla risurrezione, e se era stato completamente imbalsamato, ecc. ecc.
Gesù si astrae da tutte queste indagini parlando col risuscitato, che sta benone e che mangia con un formidabile appetito. Ma un fariseo chiama Gesù per chiedergli se Egli era al corrente della malattia di Daniele.
«Venivo da Endor per puro caso, avendo voluto accontentare Giuda di Keriot come avevo accontentato Giovanni di Zebedeo. Non sapevo neppure di avere a passare per Naim quando avevo iniziato il cammino per il pellegrinaggio pasquale» risponde Gesù.
«Ah! non eri andato apposta a Endor?» chiede stupito uno scriba.
«No. Non avevo la minima volontà di andarvi, allora».
«E come mai allora vi andasti?».
«L’ho detto, perché Giuda di Simone voleva andarvi».
«E perché questo capriccio?».
«Per vedere la grotta della maga».
«Forse Tu ne avevi parlato…».
«Mai! Non ne avevo motivo».
«Voglio dire… forse hai spiegato con quell’episodio altri sortilegi, per iniziare i tuoi discepoli a…».
«A che? Per iniziare alla santità non c’è bisogno di pellegrinaggi. Una cella o una landa deserta, un picco montuoso o una casa solitaria, servono ugualmente. Basta che in chi insegna sia austerità e santità, e in chi ascolta volontà di santificarsi. Io insegno questo e non altro».
«Ma i miracoli che ora essi, i discepoli, fanno, che sono se non prodigi e…».
«E volere di Dio. Questo solo. E più santi diverranno e più ne faranno. Con l’orazione, il sacrificio, e la loro ubbidienza a Dio. Non con altro».
«Ne sei sicuro?» chiede uno scriba tenendosi il mento nella mano e sbirciando di sotto in su Gesù. E il suo tono è discretamente ironico e anche compassionevole.
«Io queste armi ho dato loro e queste dottrine. Se poi fra essi, e sono tanti, ve ne sarà alcuno che si corrompe con indegne pratiche, per superbia o altro, non da Me sarà venuto il consiglio. Io posso pregare per vedere di redimere il colpevole. Posso impormi dure penitenze espiatorie per ottenere che Dio lo aiuti particolarmente con lumi della sua sapienza a vedere l’errore. Posso gettarmi ai suoi piedi per supplicarlo, con tutto il mio amore di Fratello, Maestro e Amico, di lasciare la colpa. Né penserei di avvilirmi a far ciò, perché il prezzo di un’anima è tale che merita subire ogni umiliazione per ottenere quest’anima. Ma più non posso fare. E, se ciononostante la colpa durerà, pianto e sangue gemeranno occhi e cuore del tradito e incompreso Maestro e Amico». Che dolcezza e che tristezza nella voce e nell’aspetto di Gesù!
Scribi e farisei si guardano fra di loro. Tutto un giuoco di sguardi. Ma non dicono altro in merito.

4Interrogano invece il giovane Daniele. Si ricorda cosa è la morte? Che provò tornando alla vita? E che vide nello spazio fra morte e vita?
«Io so che ero malato mortalmente e patii l’agonia. Oh! tremenda cosa! Non mi ci fate pensare!… Eppure verrà il giorno in cui la dovrò risoffrire! Oh! Maestro!…». Lo guarda terrorizzato, sbianchendo al pensiero di dover morire di nuovo.
Gesù lo conforta dolcemente dicendo: «La morte è di per sé espiazione. Tu, morendo due volte, sarai completamente mondo da macchie e gioirai subito del Cielo. Però questo pensiero ti faccia vivere da santo, onde solo involontarie e veniali colpe siano in te».
Ma i farisei tornano all’attacco: «Ma cosa provasti tornando alla vita?».
«Nulla. Mi sono ritrovato vivo e sano come mi fossi svegliato da un lungo sonno pesante».
«Ma ti ricordavi di essere morto?».
«Mi ricordavo di essere stato molto malato, fino all’agonia, e basta».
«E che ricordi dell’altro mondo?».
«Niente. Non c’è niente. Un buco nero, uno spazio vuoto nella mia vita… Nulla».
«Allora per te non c’è il Limbo, il Purgatorio, l’Inferno?».
«Chi dice che non ci sono? Certo che ci sono. Ma io non li ricordo».
«Ma sei sicuro di essere stato morto?».
Scattano quelli di Naim: «Se era morto? E che volete di più? Quando lo ponemmo sulla bara era già in procinto di puzzare. E poi! Con tutti quei balsami e quelle bende sarebbe morto anche un gigante».
«Ma tu non ti ricordi di essere morto?».
«Vi ho detto di no». Il giovane si impazienta e aggiunge: «Ma cosa volete stabilire con questi lungubri discorsi? Che tutto un paese facesse mostra di avere me morto, mia madre compresa, la mia sposa compresa, che era a letto morente di dolore, io compreso, legato, imbalsamato, mentre non era vero? Che dite? Che a Naim si fosse tutti bambini o ebeti in voglia di scherzare? Mia madre è divenuta bianca in poche ore. La sposa mia dovette essere curata perché dolore e gioia l’avevano resa come folle. E voi dubitate? E perché avremmo fatto tutto questo?».
«Perché? È vero! Perché lo avremmo fatto?» dicono quelli di Naim.

5Gesù non parla. Giocherella colla tovaglia come fosse assente. I farisei non sanno che dire… Ma Gesù apre la bocca all’improvviso, quando la conversazione e l’argomento parevano finiti, e dice: «Il perché è questo. Essi (ed accenna farisei e scribi) vogliono stabilire che il tuo risorgere non fu che un ben congegnato giuoco per accrescere la mia stima presso le folle. Io ideatore, voi complici per tradire Dio e prossimo. No. Io lascio le ciurmerie agli indegni. Non ho bisogno di stregonecci, né di stratagemmi, di giochetti o di complicità, per essere ciò che sono. Perché volete negare a Dio il potere di restituire l’anima ad una carne? Se Egli la dà, quando la carne si forma, e crea le anime di volta in volta, non potrà renderla quando l’anima, tornando alla carne per preghiera del suo Messia, può essere fomite di venuta alla Verità di molte turbe? Potete negare a Dio il potere del miracolo? Perché lo volete negare?»
«Sei Tu Dio?».
«Io sono chi sono. I miei miracoli e la mia dottrina dicono chi Io sia».
«Ma allora perché costui non ricorda, mentre gli spiriti evocati sanno dire cosa è l’al di là?».
«Perché quest’anima parla la verità, già santificata come è dalla penitenza di una prima morte, mentre ciò che parla sulle labbra dei negromanti non è la verità».
«Ma Samuele…».
«Ma Samuele venne per ordine di Dio, non della maga, a portare al fedifrago della Legge il verdetto del Signore che non si irride nei suoi comandi».

6«E allora perché i tuoi discepoli lo fanno?».
La voce arrogante di un fariseo, che punto sul vivo alza il tono della stessa, richiama l’attenzione degli apostoli che sono nella stanza di fronte, separati da un corridoio largo poco più di un metro, non isolati da porte o tende pesanti. Sentendosi chiamati in causa, si alzano e vengono senza far rumore nel corridoio in ascolto.
«In che lo fanno? Spiegati, e se la tua accusa è vera Io li avviserò di non fare più cosa contraria alla Legge».
«In che cosa lo so io, e con me molti altri. Ma Tu che risusciti i morti e ti dici più che profeta, scoprila da Te. Noi non te la diremo certo. Hai occhi, del resto, per vedere anche molte altre cose, fatte quando non si devono fare, o non fatte quando si devono fare, commesse dai tuoi discepoli. E Tu non te ne curi».
«Vogliate indicarmene alcune».
«Perché i tuoi discepoli trasgrediscono le tradizioni degli antichi? Oggi li abbiamo osservati. Anche oggi! Non più tardi di un’ora fa! Essi sono entrati nella loro sala per mangiare e non si sono purificate, avanti, le mani!». Se i farisei avessero detto: «e prima hanno sgozzato dei cittadini», non avrebbero avuto un tono simile di profondo orrore.

7«Li avete osservati, sì. Ci sono tante cose da vedere. E belle e buone. Cose che fanno benedire il Signore di averci dato la vita perché avessimo modo di vederle e perché ha creato o permesso quelle cose. Eppure voi non le osservate. E con voi molti altri. Ma perdete tempo e pace coll’inseguire le cose non buone.
Sembrate sciacalli, meglio, iene correnti sulla scia di un fetore, trascurando le ondate di profumi che vengono nel vento da giardini pieni di aromi. Le iene non amano gigli e rose, gelsomini e canfore, cinnamomi e garofani. Per loro sono sgradevoli odori. Ma il lezzo di un corpo putrefacente in fondo ad un burrone, o su una carraia, sepolto sotto i rovi dove l’ha gettato l’assassino, o gettato dalla tempesta sulla spiaggia deserta, gonfio, violaceo, crepato, orrendo, oh! quello è profumo gradevole alle iene! E fiutano il vento della sera, che condensa e trasporta con sé tutti gli odori che il sole ha distillato dalle cose che ha scaldato, per sentire questo vago, invitante odore, e scopertolo, e afferratane la direzione, eccole partire di corsa, col muso all’aria, i denti già scoperti nel fremito delle mascelle simile ad un isterico riso, per andare là dove è putrefazione. E, sia cadavere d’uomo o di quadrupede, o di biscia spezzata dal contadino, o di faina uccisa dalla massaia, fosse anche un semplice topo, oh! ecco che piace, piace, piace! E in quel fetore ribollente si affondano le zanne, e si pasteggia, e ci si lecca le labbra…
Degli uomini si santificano giorno per giorno? Non è cosa che interessi! Ma se uno solo fa del male, o in più d’uno lasciano, non un comando divino, ma una pratica umana - chiamatela pure tradizione, precetto, come volete, è sempre cosa umana - ecco che allora si va, si nota. Si va anche dietro a un sospetto… tanto per godere, vedendo che il sospetto è realtà.

8Ma allora, rispondete, rispondete voi che siete venuti non per amore, non per fede, non per onestà, ma per malvagio scopo, rispondete: perché voi trasgredite il comando di Dio per una vostra tradizione? Non vorrete già dirmi che una tradizione è da più di un comandamento? Eppure Dio ha detto: “Onora il padre e la madre, e chi maledirà il padre e la madre è reo di morte”! E voi invece dite: “Chiunque abbia detto al padre e alla madre: ‘Quello che dovresti avere da me è corban’, non è più obbligato ad usarlo per padre e madre”. Dunque voi con la vostra tradizione avete annullato il comando di Dio.
Ipocriti! Ben disse di voi Isaia profetando: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da Me, perciò mi onorano invano insegnando dottrine e comandamenti d’uomo”.
Voi, mentre trascurate i precetti di Dio, state alle tradizioni degli uomini, alle lavature di anfore e calici, di piatti e di mani, e simili altre cose. Mentre giustificate l’ingratitudine e l’avarizia di un figlio coll’offrirgli la scappatoia dell’offerta di sacrificio per non dare un pane a chi lo ha generato ed ha bisogno di aiuto, ed egli ha l’obbligo di onorarlo perché gli è genitore, avete scandalo perché uno non si lava le mani. Voi alterate e violate la parola di Dio per ubbidire a parole da voi fatte e da voi elevate a precetto. Voi vi proclamate perciò più giusti di Dio. Voi vi arrogate il diritto di legislatori mentre Dio è Legislatore nel suo popolo. Voi…».
E continuerebbe, ma il gruppo nemico esce, sotto la grandine delle accuse, urtando gli apostoli e quanti erano nella casa, ospiti o aiutanti della padrona, e che si erano raccolti nel corridoio, attirati dallo squillo della voce di Gesù.

9Gesù, che si era alzato in piedi, si torna a sedere, facendo cenno ai presenti di entrare tutti dove Egli è, e dice loro: «Ascoltatemi tutti e intendete questa verità. Non vi è nulla fuori dell’uomo che entrando in esso possa contaminarlo. Ma quello che esce dall’uomo, questo è quello che contamina. Chi ha orecchie per intendere intenda e usi ragione per comprendere e volontà per attuare. E ora andiamo. Voi di Naim perseverate nel bene e sia sempre con voi la mia pace».
Si alza, saluta in particolare i padroni di casa e si avvia per il corridoio.
Ma vede le donne amiche, che raccolte in un angolo lo guardano incantate, e va diretto da loro dicendo: «Pace a voi pure. Vi compensi il Cielo per avermi sovvenuto con un amore che non mi ha fatto rimpiangere la tavola materna. Ho sentito il vostro amore di madri in ogni mica di pane, in ogni intingolo o arrosto, nel dolce del miele, nel vino fresco e profumato. Vogliatemi sempre bene così, buone donne di Naim. E un’altra volta non fate tanta fatica per Me. Basta un pane e un pugno di ulive condito col vostro sorriso materno e il vostro sguardo onesto e buono. Siate felici nelle vostre case, perché la riconoscenza del Perseguitato è su di voi ed Egli parte consolato dal vostro amore».
Le donne, beate eppure piangenti, sono tutte in ginocchio, ed Egli, nel passare, le sfiora una per una sui capelli bianchi o neri, come a benedirle. E poi esce e riprende il cammino…
Le prime ombre della sera calano nascondendo il pallore di Gesù amareggiato da troppe cose.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

Da quod iubes et iube quod vis

DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO
SU SANT'AGOSTINO

(Roma, 17 settembre 1986)

Egregi Professori,

1. Un saluto cordiale a voi tutti che siete convenuti da varie parti del mondo per questo Congresso Internazionale, al fine di approfondire e illustrare l'esperienza, il pensiero, l'eredità di S. Agostino nel XVI centenario della sua conversione. Sono molto lieto di essere potuto venire in mezzo a voi.

Desidero esprimere le mie congratulazioni innanzitutto all'Ordine di S. Agostino per aver chiamato a raccolta tanti studiosi in questa straordinaria circostanza, e poi a tutti voi che vi siete qui raccolti per portare il contributo della vostra dottrina e per attingere nuovi stimoli al vostro impegno di ricerca e di divulgazione.

Ho sentito con piacere dal P. Trapè che sono qui rappresentate oltre 100 Università; saluto cordialmente i singoli professori e, mediante le loro persone, saluto le Istituzioni universitarie a cui appartengono, alle quali vanno il mio pensiero affettuoso e l'espressione della mia stima.

Mi compiaccio per il vasto ed articolato programma che state svolgendo. Era opportuno associare al tema della conversione l'esame degli aspetti filologici, storici, filosofici, teologici e spirituali dell'immensa produzione letteraria di questo infaticabile e sommo Dottore, e trattare, poi, dell'influenza da lui esercitata lungo i secoli nella Chiesa e nella civiltà occidentale.

Soffermandovi sul passato, voi avete prospettato il futuro: dalla storia alla profezia il passo è breve. La Chiesa è ormai alla soglia del terzo millennio della sua storia. Per muoversi con sicurezza verso il futuro, deve tener fisso lo sguardo al passato, all'esempio e all'insegnamento dei suoi Padri e dei suoi Dottori. Tra essi, in posizione eminente, deve annoverarsi S. Agostino. Questo eccelso Dottore ha accompagnato il cammino della Chiesa e della civiltà cristiana in tutto il secondo millennio e in gran parte del primo: dobbiamo auspicare che lo accompagni anche nel terzo.

Tale è uno degli intenti della mia recente Lettera Apostolica (Augustinum Hipponensem), nella quale, rievocando la figura e il pensiero del vescovo d'Ippona, ho esortato a studiarne le opere, nelle quali, come scrive il primo biografo, l'amico Possidio, semper vivere a fidelibus invenitur1.

Il programma del vostro congresso suggerisce alcune riflessioni che proiettano il pensiero di Agostino nel futuro, affinché egli resti per noi, come è stato nel passato, un grande maestro e, diciamo pure, il Padre comune della nostra civiltà cristiana.

La conversione

2. S. Agostino fu e restò sempre il grande convertito. Grande per i mirabili effetti che la conversione operò nella sua vita, per l'atteggiamento costante di umile adesione a Dio, per la fiducia illimitata nella grazia divina. Il suo animo di convertito si esprimeva in quella celebre preghiera tante volte da lui ripetuta: Da quod iubes et iube quod vis2.

La conversione, secondo il Vescovo d'Ippona, raggiunge le profondità stesse del nostro essere. "Se l'uomo vuol essere qualcosa, scrive il nostro Dottore, - ut homo sit aliquid -, deve convertirsi a Colui dal quale è stato creato... così custodirà davvero la somiglianza e l'immagine secondo la quale è stato creato"3. Egli osserva poi che questo cammino di conversione, che importa l'azione di Dio nell'uomo e la permanenza costante dell'uomo in Dio, dev'essere senza soluzione di continuità. "Dobbiamo esser sempre fatti da Lui, sempre perfezionati, aderire a Lui e restare in quella conversione che a Lui ci conduce... Infatti siamo sua creazione non solo in quanto uomini, ma anche in quanto uomini buoni"4.

La necessità di questa conversione continua deriva non solo dalla nostra condizione di creature, ma anche dalla natura della nostra perfezione qui in terra, che è sempre limitata e mutabile, mai piena. Per questo, guidato dalla fede e dall'esperienza, Agostino si oppone decisamente alla tesi pelagiana della perfezione assoluta, cui sostituisce quella della perfezione sempre perfettibile, sempre bisognosa di ripetere il dimitte nobis debita nostraAnzi scrive risolutamente che il modo perfetto di tendere alla perfezione consiste nel sapere di essere imperfetti5.

Quest'idea della conversione continua come ritorno dell'uomo in se stesso e a Dio, per cui noi siamo strappati dalla fugacità del tempo e dalla mutabilità incessante delle cose, per essere inseriti nella stabilità dell'essere - ut et tu sisesclama energicamente il nostro Dottore, transcende tempus6 -, costituisce il messaggio prezioso che Agostino, studioso del tempo quanto avido d'eternità, trasmette agli uomini di tutti i tempi, a noi in particolare e agli uomini del terzo millennio cristiano.

A servizio della verità

3. Consentitemi di raccogliere un altro frutto della conversione di Agostino: il suo servizio indefesso, umile e totale alla verità, che egli amò appassionatamente: la considerò la luce della mente, il bene supremo dell'uomo, la fonte della libertà. Non c'è bisogno di citare molti testi agostiniani. Scrive: "La nostra mente, che è l'occhio dell'anima, se non viene irradiata dalla luce della verità e non viene mirabilmente rischiarata da Colui che illumina senza dover essere illuminato, non potrà pervenire né alla sapienza né alla giustizia"7. Ora la sapienza non è che la verità "nella quale si percepisce e si possiede il sommo bene"8. Nella percezione e nel possesso di questa verità consiste la nostra libertà, poiché "l'uomo non può godere di nessuna cosa con libertà se non ne gode con sicurezza... "9.

Il Regno di Dio è quello, per definizione, nel quale trionfa la verità: in quo victoria veritas10 oper usare un'altra celebre espressione agostiniana: "di cui regina è la verità, legge la carità, misura l'eternità"11.

Ma in Agostino l'amore diventa servizio, che implica un'indagine continua, una scrutazione profonda, una contemplazione assidua. Dalla conversione in poi non attese che a questo: approfondire, diffondere, difendere la verità. Chi volesse, potrebbe dividere le sue innumerevoli opere in tre gruppi secondo che domini in esse l'uno o l'altro di questi intenti. Molte infatti sono destinate a rispondere ai quesiti che la sua alta mente si poneva o gli venivano proposti da altri, e quindi destinate ad approfondire la verità. Tra queste deve ricordarsi in primo luogo la grande opera su La Trinità, profonda per la speculazione filosofica, teologica e mistica. 
Altre sono destinate a comunicare la verità ai fedeli o ai catecumeni, come i discorsi, che sono moltissimi. Infine vi sono molte opere polemiche, che Agostino scrisse per smascherare gli errori serpeggianti tra i fedeli e per riaffermare la verità cattolica. Egli fu un polemista forte, indefesso, abilissimo, ma nel cuore portò sempre l'amore, un grande amore per gli erranti. Non vincit, diceva, nisi veritas. Non dunque l'uomo su l'uomo, ma la verità sull'errore; aggiungeva però subito: victoria veritatis est caritas12Dei donatisti, che gli furono avversari feroci fino a tendergli insidie per ucciderlo, diceva ai fedeli cattolici: Diligamus illos et nolentes13.

Perciò egli voleva che per le questioni riguardanti la fede si restasse uniti nella Chiesa e in essa si discutesse pure sulle verità non ancora manifeste; si discutesse senza fumo d'orgoglio, senza testardaggine d'arroganza, senza spirito di contraddizione o d'invidia, ma - continua - cum sancta humilitate, cum pace catholica, cum caritate christiana14.

Concetto dell'uomo

4. In questa linea di umile e coraggioso servizio alla verità, il Vescovo d'Ippona servì l'uomo, servì la sua sublime grandezza, la sua natura autentica, i suoi destini eterni. Egli si trovò a vivere in un tempo nel quale il concetto dell'uomo veniva gravemente deformato da molti pensatori, compresi quei neoplatonici che rappresentavano la filosofia dominante del tempo. Da alcuni di costoro, penso ai manichei, Agostino si era lasciato influenzare. Liberatosene, modellò il concetto dell'uomo che sta alla base della nuova cultura, quella cristiana, che egli contribuì in modo impareggiabile ad illustrare e a perfezionare.

Dell'uomo difese la sostanziale bontà contro i manichei; l'unità profonda tra l'anima e il corpo, contro i platonici15; l'interiorità come suo punto focale, poiché nell'intimo dell'uomo dimora la verità16 e si accoglie, impressa nella natura immortale dello spirito, l'immagine di Dio17; l'originalità nei riguardi dell'universo materiale, nel quale nulla è più alto dell'uomo, nulla è più vicino a Dio18; la libertà, che lo rende degno di merito e di demerito19; la beatitudine, che non può essere vera se noti è eterna20; il bisogno costituzionale di giungere a Dio, che solo costituisce il nostro riposo21.

Ma pur intento a scrutare la grandezza dell'uomo, Agostino non ne dimenticò la condizione terrena, le miserie, i mali, specialmente la mortalità, la debolezza morale, la lotta tra la carne e lo spirito. A causa di questa condizione l'uomo diventa un grande problema, un problema inestricabile alla ragione, un enigma. Il Vescovo d'Ippona lo studiò a fondo e ne trovò la soluzione in un solo nome: Cristo. La conclusione della sua antropologia, così vasta e profonda, può essere la seguente: come non s'intende la natura dell'uomo senza il riferimento a Dio, che ne è la spiegazione, così non s'intende la sua condizione di fatto in questa terra senza il ricorso a Cristo, che ne è la liberazione e la salvezza.

Il senso della storia

5. Consentitemi un altro breve pensiero. Agostino ebbe profondo il senso della storia. Ne è monumento l'opera immortale della Città di Dio. In questo capolavoro infatti la dottrina viene esposta nell'arco della storia che va dalla creazione fino ai suoi termini escatologici. La dottrina agostiniana, che s'incarna, per così dire, nel dinamismo storico dell'umanità in cammino verso la salvezza, è qui dominata da tre grandi idee: la Provvidenza, la giustizia, la pace.

La Provvidenza guida la storia non solo degli individui, ma anche delle società e degli imperi; la giustizia, impressa come ideale da Dio nel cuore dell'uomo22, deve stare a fondamento d'ogni regno umano - sono sue queste forti espressioni: Remota iustitia, quid sunt regna, nisi magna latrocinia?23 - e sta alla base di ogni vera legge - sono sue parimenti queste altre non meno forti parole: Mihi lex esse non videtur quae iusta non fuerit24 -. Con la giustizia sorge la pace: pace terrena che lo Stato deve promuovere e difendere, possibilmente, attraverso la pace, non attraverso la guerra: Pacem pace non bello; e la pace celeste, che è propria della Città di Dio, cioè "la concordissima e ordinatissima società di coloro che godono di Dio e l'un dell'altro in Dio"25.

Maestro impareggiabile di vita spirituale

6. Vorrei concludere ricordando le parole del mio venerato predecessore Paolo VI, che fu un grande ammiratore del Vescovo d'Ippona: "Agostino, diceva, è un maestro impareggiabile di vita spirituale"26. Aveva ragione. In realtà egli fu anche un grande mistico e maestro di spiritualità. Per convincersene basta leggere alcune pagine delle Confessioni, quelle soprattutto che parlano delle ascensioni spirituali e della contemplazione27.

Egli fondò queste ascensioni sulla delectatio veritatis28, felice espressione che indica insieme le due grandi forze dello spirito: verità e amore; due forze che sono radicate profondamente nell'animo umano e che lo Spirito Santo suscita in noi diffondendo nei cuori l'amore29. Di questo amore che lo Spirito Santo diffonde nei cuori Agostino mette in rilievo il dinamismo insuperabile, la radicalità intransigente, il disinteresse totale, l'ardore progressivo, il fondamento nell'umiltà, l'alimento nella grazia. Sull'azione dello Spirito Santo nella Chiesa mi sono intrattenuto a lungo nella mia recente enciclica Dominum et vivificantem.
Seguire il Maestro Ipponense nelle vie dello spirito giova a tutti. Lo raccomando in particolare alle Famiglie che a lui s'ispirano, cioè agli Agostiniani e alle Agostiniane, specialmente alle Comunità dedicate alla contemplazione: ne trarranno incalcolabili vantaggi per sé e per la Chiesa!

Ecco alcuni pensieri raccolti dall'immenso panorama dell'insegnamento agostiniano: essi vogliono manifestare la mia stima per i vostri studi e confermarvi in essi, affinché il magistero agostiniano continui, anche per opera vostra, nel futuro, ed in auspicio di ciò su tutti invoco la costante assistenza del Signore, mentre di cuore vi benedico.



AMDG et BVM

DIE 29 AUGUSTI IN DECOLLATIONE SANCTI JOANNIS BAPTISTÆ Duplex majus

DIE  29  AUGUSTI
IN  DECOLLATIONE
SANCTI  JOANNIS  BAPTISTÆ
Duplex  majus




 Introitus Ps. 118, 46-47

 Loquébar de testimóniis tuis in conspéctu regum, et non confundébar : et meditábar in mandátis tuis, quæ diléxi nimis. Ps. 91, 2. Bonum est confitéri Dómino : et psállere nómini tuo, Altíssime. V/. Glória Patri. Loquébar.

Oratio

Sancti Joánnis Baptístæ Præcursóris et Mártyris tui, quaésumus, Dómine, veneránda festívitas : salutáris auxílii nobis præstet efféctum : Qui vivis.

Et fit Commemoratio S. Sabinæ Martyris :

Oratio

Deus, qui inter cétera poténtiæ tuæ mirácula étiam in sexu frágili victóriam martýrii contulísti : concéde propítius; ut, qui beátæ Sabínæ Mártyris tuæ natalítia cólimus, per ejus ad te exémpla gradiámur. Per Dóminum.

Léctio Jeremíæ Prophétae Jer. 1, 17-19

In diébus illis : Factum est verbum Dómini ad me, dicens : Accínge lumbos tuos, et surge, et lóquere ad Juda ómnia, quæ ego præcípio tibi. Ne formídes a fácie eórum : nec enim timére te fáciam vultum eórum. Ego quippe dedi te hódie in civitátem munítam, et in colúmnam férream, et in murum aéreum, super omnem terram, régibus Juda, princípibus ejus, et sacerdótibus, et pópulo terræ. Et bellábunt advérsum te, et non prævalebunt : quia ego tecum sum, ait Dóminus, ut líberem te.

Graduale. Ps. 91, 13 et 14. Justus ut palma florébit : sicut cedrus Líbani multiplicábitur in domo Dómini. V/. Ibid., 3. Ad annuntiándum mane misericórdiam tuam, et veritátem tuam per noctem.

Allelúja, allelúja. V/. Osee 14, 6. Justus germinábit sicut lílium : et florébit in ætérnum ante Dóminum. Allelúja.



Sequéntia sancti Evangélii secúndum
Marcum             Marc. 6, 17-29

In illo témpore : Misit Heródes, ac ténuit Joánnem, et vinxit eum in cárcere propter Herodíadem, uxorem Philíppi fratris sui, quia dúxerat eam. Dicébat enim Joánnes Heródi : Non licet tibi habére uxórem fratris tui. Heródias autem insidiabátur illi, et volébat occídere eum, nec póterat. Heródes enim metuébat Joánnem, sciens eum virum justum et sanctum : et custodiébat eum, et audíto eo multa faciébat, et libénter eum audiébat. Et cum dies opportúnus accidísset, Heródes natális sui cœnam fecit princípibus et tribúnis et primis Galilaéæ. Cumque introísset fília ipsíus Herodíadis, et saltásset, et placuísset Heródi simúlque recumbéntibus; rex ait puéllæ : Pete a me, quod vis, et dabo tibi. Et jurávit illi : Quia quidquid petiéris dabo tibi, licet dimídium regni mei. Quæ cum exiísset, dixit matri suæ : Quid petam? At illa dixit : Caput Joánnis Baptístæ. Cumque introísset statim cum festinatióne ad regem, petívit dicens : Volo, ut protínus des mihi in disco caput Joánnis Baptístæ. Et contristátus est rex : propter jusjurándum et propter simul discumbéntes nóluit eam contristáre : sed misso spiculatóre, præcépit afférri caput ejus in disco. Et decollávit eum in cárcere. Et áttulit caput ejus in disco : et dedit illud puéllæ, et puella dedit matri suæ. Quo audíto, discípuli ejus venérunt et tulérunt corpus ejus : et posuérunt illud in monuménto.

Offertorium. Ps. 20, 2-3. In virtúte tua, Dómine, lætábitur justus, et super salutáre tuum exsultábit veheménter : desidérium ánimæ ejus tribuísti ei.

 Secreta

Múnera, quæ tibi, Dómine, pro sancti Mártyris tui Joánnis Baptístæ passióne deférimus : quaésumus; ut ejus obténtu nobis profíciant ad salútem. Per Dóminum.

Pro S. Sabina                            Secreta

Hóstias tibi, Dómine, beátæ Sabínæ Mártyris tuæ dicátas méritis, benígnus assúme : et ad perpétuum nobis tríbue proveníre subsídium. Per Dóminum.

Communio. Ps. 20, 4. Posuísti, Dómine, in cápite ejus corónam de lápide pretióso.

Postcommunio

Cónferat nobis, Dómine, sancti Joánnis Baptístæ sollémnitas : ut et magnífica sacraménta, quæ súmpsimus, significáta venerémur, et in nobis pótius édita gaudeámus. Per Dóminum.

Pro S. Sabina                             Postcommunio

Divíni múneris largitáte satiáti, quaésumus, Dómine, Deus noster : ut, intercedénte beáta Sabína Mártyre tua, in ejus semper participatióne vivámus. Per Dóminum.

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La diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre

Giovanni il Battista è stato mandato da Dio per preparare un popolo ben disposto ad accogliere il suo Signore, il suo Salvatore, il suo Redentore e Dio, venuto nel mondo in carne e cuore di uomo. Lui si è dedicato totalmente al combattimento contro ogni iniquità, malvagità, cattiveria, ipocrisia, menzogna esistenziale, idolatria ed empietà. Ebbene, proprio dalla malvagità dell'uomo è stato decapitato. Il mondo non sopporta i veri profeti. Accoglie tutti i falsi e li incorona. I veri li decapita e li crocifigge.


Il malvagio da solo può poco. La malvagità però diviene sempre complice ricercatrice di altra malvagità. Il peccatore si unisce al peccatore ed insieme, concordi nel male e nella cattiveria del cuore, riescono là dove da soli mai sarebbero riusciti. Erode, re empio, scaltro, malvagio, iniquo, mai da solo avrebbe ucciso Giovanni il Battista. La sua iniquità si sposò con la malvagità della moglie di suo fratello. 

A queste due cattiverie se ne aggiunse una terza: quella della figlia di Erodiade, Salome. Salome ed Erodiade, coalizzate nella loro malvagità e cattiveria, giunsero a far uccidere Erode in modo legale, poiché obbligarono lo stesso re a far sì che desse l'ordine di tagliare la testa del profeta del Dio vivente.

Se avessimo il coraggio e soprattutto l'intelligenza di leggere nella nostra vita, ci accorgeremmo che sempre la nostra malvagità o cattiveria è andata alla ricerca di altra malvagità e cattiveria e il male ha cominciato a diffondersi per mezzo nostro. 


Chi vuole interrompere il male, una cosa deve fare; tenersi lontano dal peccato, dalla cattiveria del cuore, dalla malvagità, da ogni nefandezza. La nostra malvagità attira altra malvagità alla stessa maniera che un cadavere attira le mosche. Noi siamo il cadavere e la cattiveria degli altri ci divora. Erode è divorato dalla malvagità di Salome e di Erodiade. La colpa è però interamente sua. Il suo rattristarsi è purissima ipocrisia. Non potrà mai rattristarsi chi ordina il male e lo compie. 
Il modo per essere veramente triste è uno solo: pentirsi del peccato commesso, riparare, togliendolo dal proprio corpo e dalla propria casa. Iniziare un vero cammino di conversione, stare lontano da ogni malvagità, disporre il proprio animo ad una sequela più perfetta della Legge del Signore. Chi è fermo nei Comandamenti, mai potrà essere causa di morte.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, allontanateci dalla malvagità.
*

S. Petri Ap. ad Vincula | Pro Ss. Machabæis Mm. | S. Alfonsi Mariæ de Ligorio Ep., Conf. et Eccl. Doct. | Pro S. Stephano I Pp. et Mart. | In Inventione S. Stephani Protomart. | S. Dominici Conf. | In Dedicatione S. Mariæ ad Nives | In Transfiguratione D. N. J. C. | Pro Ss. Xysto II Pp. Felicissimo et Agapito Mm. | S. Cajetani Conf. | Pro S. Donato Ep. et Mart. | Ss. Cyriaci, Largi et Smaragdi Mm. | S. Joannis Mariæ Vianney Conf. | In Vigilia S. Laurentii Mart. | Pro S. Romano Mart. | S. Laurentii Mart. | Ss. Tiburtii et Susannæ Virg. Mm. | S. Claræ Virg. | Ss. Hippolyti et Cassiani Mm. | In Vigilia Assumptionis B. Mariæ Virg. | Pro S. Eusebio Conf. | IN ASSUMPTIONE B. MARIÆ VIRG. | S. Joachim Patris B. M. V., Conf. | S. Hyacinthi Conf. | Pro Octava S. Laurentii Mart. | Pro S. Agapito Mart. | S. Joannis Eudes Conf. | S. Bernardi Abb. et Eccl. Doct. | S. Joannæ Franciscæ Fremiot de Chantal Vid. | Immaculati Cordis B. Mariæ Virg. | Pro Ss. Timotheo, Hippolyto et Symphoriano Mm. | S. Philippi Benitii Conf. | In Vigilia S. Bartholomæi Ap. | S. Bartholomæi Ap. | S. Ludovoci Regis, Conf. | S. Zephyrini Pp. et Mart. | S. Josephi Calasanctii Conf. | S. Augustini Ep., Conf. et Eccl. Doct. | Pro S. Hermete Mart. | In Decollatione S. Joannis Baptistæ | Pro S. Sabina Mart. | S. Rosæ a Sancta Maria Virg. Limanæ | Pro Ss. Felice et Audacto Mm. | S. Raymundi Nonnati Conf.

..."et vinxit eum in cárcere propter Herodíadem, uxorem Philíppi fratris sui, quia dúxerat eam. Dicébat enim Joánnes Heródi : Non licet tibi habére uxórem fratris tui."


AMDG et BVM

venerdì 28 agosto 2015

DIE 28 AUGUSTI SANCTI AUGUSTINI EP., CONF. ET ECCL. DOCT. Duplex


DIE  28  AUGUSTI
SANCTI  AUGUSTINI
EP.,  CONF.  ET  ECCL.  DOCT.
Duplex

Introitus
Eccli. 15, 5
In médio Ecclésiæ apéruit os ejus : et implévit eum Dóminus spíritu sapiéntiæ et intelléctus : stolam glóriæ índuit eum. Ps. 91, 2. Bonum est confitéri Dómino : et psállere nómini tuo, Altíssime. V/. Glória Patri. In médio.

Oratio

Adésto supplicatiónibus nostris, omnípotens Deus : et, quibus fidúciam sperándæ pietátis indúlges, intercedénte beáto Augustíno Confessóre tuo atque Pontífice, consuétae misericórdiæ tríbue benígnus efféctum. Per Dóminum.

Et fit Commemoratio S. Hermetis Mart. :

Oratio

Deus, qui beátum Hermétem Mártyrem tuum virtúte constántiæ in passióne roborásti : ex ejus nobis imitatióne tríbue; pro amóre tuo próspera mundi despícere, et nulla ejus advérsa formidáre. Per Dóminum.

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli
ad Timótheum        II Tim. 4, 1-8

Caríssime : Testíficor coram Deo, et Jesu Christo, qui judicatúrus est vivos et mórtuos, per advéntum ipsíus et regnum ejus : prǽdica verbum, insta opportúne, importúne : árgue, óbsecra, íncrepa in omni patiéntia, et doctrína. Erit enim tempus, cum sanam doctrínam non sustinébunt, sed ad sua desidéria coacervábunt sibi magístros, pruriéntes áuribus, et a veritáte quidem audítum avértent, ad tábulas autem converténtur. Tu vero vígila, in ómnibus labóra, opus fac Evangelístæ, ministérium tuum ímpie. Sóbrius esto. Ego enim jam delibor, et tempus resolutiónis meæ instat. Bonum certámen certávi, cursum consummávi, fidem servávi. In relíquo repósita est mihi coróna justítiæ, quam reddet mihi Dóminus in illa die, justus judex : non solum autem mihi, sed et iis, qui díligunt advéntum ejus.

Graduale. Ps. 36, 30-31. Os justi meditábitur sapiéntiam, et lingua ejus loquétur judícium. V/. Lex Dei ejus in corde ipsíus : et non supplantabúntur gressus ejus.

Allelúja, allelúja. V/. Ps. 88, 21. Invéni David servum meum, óleo sancto meo unxi eum. Allelúja.

Sequéntia sancti Evangélii secúndum
Matthaéum           Matth. 5, 13-19

In illo témpore : Dixit Jesus discípulis suis : Vos estis sal terræ. Quod si sal evanúerit, in quo saliétur? Ad níhilum valet ultra, nisi ut mittatur foras, et conculcétur ab homínibus. Vos estis lux mundi. Non potest cívitas abscóndi supra montem pósita. Neque accéndunt lucérnam, et ponunt eam sub módio, sed super candelábrum, ut lúceat ómnibus qui in domo sunt. Sic lúceat lux vestra coram homínibus, ut videant ópera vestra bona, et gloríficent Patrem vestrum, qui in coelis est. Nolíte putáre, quóniam veni sólvere legem aut prophétas : non veni sólvere, sed adimplére. Amen, quippe dico vobis, donec tránseat coelum et terra, jota unum aut unus apex non praeteríbit a lege, donec ómnia fiant. Qui ergo solvent unum de mandátis istis mínimis, et docúerit sic hómines, mínimus vocábitur in regno coelórum : qui autem fécerit et docúerit, hic magnus vocábitur in regno coelórum.

Credo.

Offertorium. Ps. 91, 13. Justus ut palma florébit : sicut cedrus, quæ in Líbano est, multiplicábitur.

 Secreta
Sancti  Augustíni Pontíficis tui atque Doctóris nobis, Dómine, pia non desit orátio : quæ et múnera nostra concíliet; et tuam nobis indulgéntiam semper obtíneat. Per Dóminum.

Pro S. Hermete                            Secreta

Sacrifícium tibi, Dómine, laudis offérimus in tuórum commemoratióne Sanctórum : da, quaésumus; ut, quod illis cóntulit glóriam, nobis prosit ad salútem. Per Dóminum.

Communio. Luc. 12, 42. Fidélis servus et prudens, quem constítuit dóminus super famíliam suam : ut det illis in témpore trítici mensúram.

Postcommunio

Ut nobis, Dómine, tua sacrifícia dent salútem : beátus Augustínus Póntifex tuus et Doctor egrégius, quaésumus, precátor accédat. Per Dóminum.

Pro S. Hermete                             Postcommunio

Repléti, Dómine, benedictióne cælésti, quaésumus cleméntiam tuam : ut, intercedénte beáto Herméte Mártyre tuo, quæ humíliter gérimus, salúbriter sentiámus. Per Dóminum.

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S. Petri Ap. ad Vincula | Pro Ss. Machabæis Mm. | S. Alfonsi Mariæ de Ligorio Ep., Conf. et Eccl. Doct. | Pro S. Stephano I Pp. et Mart. | In Inventione S. Stephani Protomart. | S. Dominici Conf. | In Dedicatione S. Mariæ ad Nives | In Transfiguratione D. N. J. C. | Pro Ss. Xysto II Pp. Felicissimo et Agapito Mm. | S. Cajetani Conf. | Pro S. Donato Ep. et Mart. | Ss. Cyriaci, Largi et Smaragdi Mm. | S. Joannis Mariæ Vianney Conf. | In Vigilia S. Laurentii Mart. | Pro S. Romano Mart. | S. Laurentii Mart. | Ss. Tiburtii et Susannæ Virg. Mm. | S. Claræ Virg. | Ss. Hippolyti et Cassiani Mm. | In Vigilia Assumptionis B. Mariæ Virg. | Pro S. Eusebio Conf. | IN ASSUMPTIONE B. MARIÆ VIRG. | S. Joachim Patris B. M. V., Conf. | S. Hyacinthi Conf. | Pro Octava S. Laurentii Mart. | Pro S. Agapito Mart. | S. Joannis Eudes Conf. | S. Bernardi Abb. et Eccl. Doct. | S. Joannæ Franciscæ Fremiot de Chantal Vid. | Immaculati Cordis B. Mariæ Virg. | Pro Ss. Timotheo, Hippolyto et Symphoriano Mm. | S. Philippi Benitii Conf. | In Vigilia S. Bartholomæi Ap. | S. Bartholomæi Ap. | S. Ludovoci Regis, Conf. | S. Zephyrini Pp. et Mart. | S. Josephi Calasanctii Conf. | S. Augustini Ep., Conf. et Eccl. Doct. | Pro S. Hermete Mart. | In Decollatione S. Joannis Baptistæ | Pro S. Sabina Mart. | S. Rosæ a Sancta Maria Virg. Limanæ | Pro Ss. Felice et Audacto Mm. | S. Raymundi Nonnati Conf.